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Università Telematica Pegaso Il metodo della comparazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 IL METODO DELLA COMPARAZIONE: CENNI INTRODUTTIVI --------------------------------------------- 3
1.1. COMPARAZIONE CONOSCITIVA, PER MODELLI E PER MODELLI STORICIZZATI ---------------------------------------- 4 1.2. LE CINQUE TESI DI TRENTO: LA COMPARAZIONE MEDIANTE FORMANTI E CRIPTOTIPI ------------------------------ 8
2 GLI STRUMENTI PER UNA VALIDA COMPARAZIONE -------------------------------------------------------- 12
3 CENNI CIRCA I PRINCIPALI ORDINAMENTI PENALI DEL MONDO -------------------------------------- 13
3.1. I GRANDI INSIEMI PENALI -------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18
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1 Il metodo della comparazione: cenni introduttivi
Il diritto penale rappresenta una materia particolarmente complessa e di rilevanza soprattutto
pratica, nel senso che la sua importanza e specificità si riscontra nelle aule di giustizia. Gli avvocati,
i magistrati e gli altri operatori del diritto sono i suoi veri protagonisti.
Con riferimento ad una simile disciplina, al fine di poter svolgere una comparazione che abbia una
qualche funzione propria, l’individuazione di un valido metodo di approccio di natura comparativa
risulta più che mai necessario ed imprescindibile; solo in questo modo infatti la comparazione può
assumere un suo valore e dunque essere utile al giurista sia questi un pratico di tribunale, ovvero
legislatore o studioso universitario.
La comparazione in materia penale può essere statica o dinamica.
Quella statica è ancorata alle regole giuridiche in un determinato momento (come la responsabilità
penale delle persone giuridiche, nel presente e/o nel passato; la concezione della colpevolezza in
alcuni ordinamenti normativi attuali e/o superati) (1).
La comparazione dinamica, invece, è orientata all’evoluzione, alle tendenze, alla storia e al futuro
delle norme penali (come gli elementi costitutivi del reato nel singolo diritto penale; la
responsabilità penale dell’organizzatore nel diritto penale di certi paesi; la comparazione delle
norme di vari sistemi sulla partecipazione nel reato; lo sviluppo delle norme sui collaboratori di
giustizia; lo sviluppo del concetto di giusto processo o di due process of law ecc..
Sotto il profilo metodologico, va subito segnalato come le ricerche degli studiosi comparatisti
hanno riguardo a diversi campi che vanno, dall’elaborazione di elementi degli ordinamenti giuridici
messi a raffronto, all’individuazione di lineamenti “paragiuridici”, cioè sociali, economici, morali e
altri (2).
Tali dati vengono, poi, sottoposti ad una attenta e ragionata analisi, ove vengono applicate le
conoscenze e le esperienze acquisite al fine di individuare il miglior percorso per le riforme
legislative, gli scopi scientifici o le richieste della prassi giudiziaria.
1 K. ZWIGART – H. KOTZ, Introduzione al diritto comparato, Milano, 1998, p. 35 ss.
2 F. PALAZZO – M. PAPA, Lezioni di diritto penale comparato, II ed., Torino, 2008, p. 27 ss.
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A tal fine, però, è indispensabile l’individuazione di elementi metodici, cioè di categorie
fondamentali necessarie per la loro corretta gestione (3).
Occorre, in primo luogo, procedere all’assunzione e alla sistemazione dell’inventario delle fonti di
ricerca, e quindi in particolare degli atti legislativi, giurisprudenzali e dottrinali, procedendo, in un
secondo momento, alla loro analisi sistematica e, infine, all’interpretazione e all’esposizione dei
risultati (4).
1.1. Comparazione conoscitiva, per modelli e per modelli storicizzati
Esistono diversi modi di comparazione, che di volta in volta vengono individuati e praticati
dai ricercatori, a seconda delle proprie esigenze conoscitive, per meglio arrivare alla realizzazione
dell’obbiettivo posto.
Vi è, ad esempio, la comparazione a scopi conoscitivi ed informativi, che riguarda la cognizione
sommaria del diritto straniero; una sorta di studio panoramico (panorama, dal greco, panos ramos:
guardare dal di fuori) di quella che è la situazione giuridica in un determinato paese.
Essa può avere ad oggetto sia la spiegazione del diritto di una altro paese ai propri lettori, sia la
spiegazione del proprio diritto ai lettori di un altro paese.
Comunque sia il suo scopo è meramente illustrativo; esso riguarda la descrizione sommaria del solo
sistema straniero o nazionale (5).
Ciò di cui soffre questo metodo è la mancanza di un studio delle problematiche interne al sistema
penale oggetto di studio.
Spesso, esso si esaurisce nella parafrasi di testi legislativi, frustrando spesso e volentieri le esigenze
pratiche, cui il diritto è chiamato a risolvere.
3 Il metodo del diritto penale comparato abbraccia la ricerca sugli atti legislativi, le decisioni giurisprudenziali e le fonti
dottrinali. Negli atti legislativi oggi vengono in rilievo non solo le fonti del diritto penale in senso stretto, ma anche le
norme costituzionali e altre norme (particolarmente quelle internazionali) nel campo della tutela dei diritti fondamentali
dell’uomo. Le decisioni giurisprudenziali esprimono la propria natura di fonti costitutive e conoscitive con speciale
riferimento ai sistemi di common law, i cui territori d’origine dell’Inghilterra e della Scozia non hanno mai avuto i
codici. 4 Per ulteriori approfondimenti, v. A. SHEGANI, E drejtë penale e krahasuar, II ed., Tiranë, 2008, p. 32 ss.
5 F. PALAZZO – M. PAPA, op cit., p. 28.
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Ciò che manca è infatti l’elaborazione del diritto cosi come viene interpretato dalla giurisprudenza e
dalla dottrina; e ciò sia perché un simile lavoro chiede un notevole approfondimento conoscitivo,
sia perché lo stesso non potrebbe essere fatto in modo sintetico, con un metodo che punta ad
illustrare e non ad approfondire la conoscenza dei singoli istituti penalistici.
A ciò si aggiungono delle difficoltà pratiche: è particolarmente difficile riuscire a spiegare con
chiarezza e sinteticità complicati meccanismi giuridici, soprattutto elaborate interpretazioni
dottrinali e/o giurisprudenziali, soprattutto se si tiene conto che si tratta di opere dirette a degli
stranieri, abituati con un diritto fatto da propri schemi ermeneutici.
Con ciò non si vuole ovviamente negare che esistono delle opere giuridiche di altissimo livello
realizzate seguendo proprio questo metodo. Anzi, spesso la conoscenza del diritto straniero spinge il
ricercatore a studiarlo in modo sempre più approfondito; entrando in contatto con tale nuova realtà,
egli non può esimersi dal metterla in raffronto con quella del suo paese di provenienza. Anche
questa è comparazione.
Con tale metodo, spesso e volentieri il ricercatore estraneo mette alla luce aspetti nuovi del diritto
oggetto di studio. Non di rado giunge a delle interpretazioni che, per vari motivi, sfuggono ai
giuristi del paese di riferimento.
Ad esempio, nel paesi in via di sviluppo, un contributo cospicuo, per non dire fondamentale viene
dato dai loro stessi studiosi soprattutto quando vanno per lunghi periodi di studio all’estero.
Al loro ritorno in patria, dovendosi confrontare con il diritto patrio, sono costretti non solo a
conoscere quest’ultimo, ma anche ad interpretarlo. E nel fare ciò si avvalgono dell’esperienza
maturata durante gli studi all’estero.
Cosi come, quando gli studiosi di un determinato paese vanno in un altro al fine di contribuire al
suo sviluppo giuridico (si pensi ad esempio alle varie missioni UE in paesi in via di sviluppo volte
al miglioramento e al consolidamento del loro sistema giuridico), da un lato, a conoscenza del
diritto straniero di riferimento e, dall’altro, facendo tesoro delle esperienze maturate nei propri paesi
di provenienza, essi riescono a dare un importantissimo sviluppo del diritto dei paesi in cui vanno
ad insediarsi per determinati periodi di tempo.
Ad esempio, in Albania è operativa da diversi anni la Missione EURALIUS, per il miglioramento e
il consolidamento della giustizia in quel paese. Guidata dai magistrati del Consiglio Superiore della
Magistratura e della Corte di Cassazione Italiana, il suo operato è stato di importanza fondamentale
per lo sviluppo giuridico dell’Albania, tanto da aver permesso a quest’ultima di fare il salto di
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qualità e ad essere promossa dall’Unione Europea, quale stato con lo status di candidato al fine di
entrare a far parte della stessa.
Dietro a questi successi vi è il lavoro congiunto tra gli esperti italiani e quelli del posto, con i primi
che, innanzitutto, oltre al diritto cosi come scritto dal legislatore, hanno dovuto conoscere anche la
sua dimensione pratica nonché la realtà sociale, politica ed economica del posto; con i secondi,
invece, che, grazie all’ausilio dei primi, hanno potuto riflettere in modo più approfondito su alcuni
aspetti del diritto patrio. In questo modo si sono riuscite ad apprendere questioni teoriche che hanno
messo a nudo tutti i problemi pratici e che hanno poi portato all’elaborazione di una serie di
proposte migliorative, specie del codice di procedura penale.
Insomma, per quanto lo studio del diritto straniero possa avere una dimensione di natura meramente
conoscitiva, si tratta sempre di lavori di natura dialettica, dovendo il ricercatore continuamente
confrontare il proprio sistema giuridico e la propria cultura giuridica con il sistema e la cultura dei
destinatari della comunicazione.
Altro metodo di comparazione è quello per modelli.
Si tratta di un metodo che fa dell’astrazione e della generalizzazione, da un lato, e della
comparazione, dall’altro, i perni attraverso i quali costruire modelli generali (6).
Classico esempio in tal senso è quello inerente la distinzione tra modello accusatorio e modello
inquisitorio; ovvero la distinzione tra il modello unitario e quello differenziato nel concorso di
persone.
Mentre nel primo il legislatore non distingue le diverse forme di partecipazione, ma, come nel caso
dell’articolo 110 c.p. assoggetta alla stessa pena tutti coloro che in vario modo hanno dato un
contributo alla commissione di un determinato reato, nel secondo, invece, vengono tipizzate precise
forme di partecipazione, ove vengono distinte varie figure di concorrenti come, ad esempio,
l’esecutore, l’istigatore, il coautore, il determinatore, il complice ecc..
Trattasi di un metodo orientato alla realizzazione di massimi sistemi, famiglie o istituti giuridici che
dovrebbero avere una valenza erga omnes, puntando alla realizzazione di modelli sistematici, il
metodo de quo risulta congeniale per la realizzazione di costruzioni sopranazionali in grado di
superare i particolarismi nazionali ed erigersi a fonti guida di natura universalistica.
E’ proprio la vocazione universalistica infatti che rappresenta uno dei tratti essenziali di questo
metodo, il quale, facendo dei principi e dell’estrazione dogmatica il punto focale di un determinato
6 F. PALAZZO – M. PAPA, op cit., p. 29.
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sistema di ragionamento, giunge a realizzare costruzioni giuridiche in cui tutte possono riconoscersi
(7).
Si pensi, ad esempio, ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, oppure alla Corte
Penale Internazionale; si tratta di realtà frutto di una lunga riflessione che ha visto impegnati giuristi
di tutto il mondo.
E che dire, poi, della categoria dei delitti contro l’umanità, venuta ad affermarsi con forza dopo la
seconda guerra mondiale, quale esigenza di reprimere le barbarie perpetrate dai nazisti.
Certo, il metodo de quo pone alcune controindicazioni.
In primis, vi è il rischio di esporsi ad una ossessiva astrazione delle categorie e dei concetti e
dunque di allontanarsi dalla realtà pratica, rimanendo al più appannaggio degli accademici.
Sull’altro versante, stante la sua marcata vocazione logico-dogmatica, rischia di rimanere troppo
relegato a concezioni di natura giusnaturalistiche e razionalistiche, senza fare i conti fino in fondo
con gli aspetti di natura storica, sociale e culturale che costituiscono la base nella formazione dei
singoli ordinamenti.
Altro valido metodo attraverso cui poter fare della buona comparazione, è quello attraverso i c.d.
modelli storicizzati.
Trattasi di un metodo di particolare fascino, il quale mira a comprendere non solo in singoli istituti
nella loro dimensione pratico-dinamica, ma anche allo studio e all’analisi delle loro rodici storiche e
culturali.
Esso si preoccupa di indagare sul perché in un paese in un determinato momento storico è stato
adottato un determinato modello (8).
Ad esempio, per capire il perché nei paesi dell’est europeo per anni si è aderito alla teoria
dell’unitarietà del reato, senza preoccuparsi della sua struttura (bipartita/tripartita ecc.), al principio
di legalità e l’antigiuridicità in senso sostanziale, all’ammissibilità dell’analogia in campo penale,
bisogna salire alle radici culturali e politiche di questi paesi; cosi facendo non immediatamente
viene in rilievo che la dottrina marxista leninista e l’ideologia della lotta di classe costituivano i
fattori principali per l’affermazione di quelle soluzioni normative.
Pietro Nuvolone osservava al riguardo che “lo studio del diritto penale comparato, ai fini di una
ricerca di politica criminale, deve seguire una metodologia differenziale. Le norme penali dei vari
ordinamenti devono essere classificate in funzione delle diverse componenti pregiuridiche da cui
7 Ibidem.
8 F. PALAZZO – M. PAPA, op cit., p. 30.
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traggono origine e delle diverse finalità cui possono servire: e questo deve essere, a sua volta, il
punto di partenza per giudicare della loro adattabilità a situazioni similari […].
Sulla scorta di questa classificazione, si noteranno le differenze tra paese e paese e tra gruppi di
Stati. L’ultima fase della ricerca sarà quella di studiare gli effetti di queste norme nella loro
concreta applicazione al fine di costruire modelli giuridici di raffronto, sulla base dei quali
impostare una ricerca finalistica sul piano della critica e delle riforme […].
In conclusione, lo studio del diritto comparato nella prospettiva oggetto della nostra indagine, è
sostanzialmente uno studio del diritto nella sua dimensione dinamica, piuttosto che nella sua
dimensione statica […].
Il diritto penale comparato diventa non più unicamente l’oggetto di una scienza autonoma, ma
anche il mezzo per trovare soluzioni comuni a problemi comuni, nello spirito di una collaborazione
teorica e pratica sul piano internazionale, ai fini di una migliore organizzazione della difesa della
società contro il delitto; e diventa il fondamento di una scienza penale a carattere universale” (9).
Il rischio di tale approccio è tuttavia quello che il giurista si improvvisi ora storico, ora sociologo,
ora filosofo del diritto andando fuori da quello che è il naturale perimetro di studio, ossia quello del
diritto positivo.
1.2. Le cinque tesi di Trento: la comparazione mediante formanti e criptotipi
Gli studiosi che si sono incimentati nello studio del diritto comparato hanno elaborato una
serie di linee guida che dovrebbero essere seguite da coloro che intendono incamminarsi nel
bellissimo percorso della comparazione.
Nel 1987, presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, un gruppo di studiosi ha presentato cinque
tesi utili per lo studio del diritto comparato, note anche come le tesi di Trento.
Esse furono elaborate dal noto giurista italiano Rodolfo Sacco e sottoscritte da autorevoli
comparatisti come F. Castro, P. Cendon, A. Frignani, A. Gambaro, M. Guadagni, A. Guarnieri e P.
G. Monasteri, con l'adesione di Gianmaria Ajani e Ugo Mattei.
Le stesse possono essere considerate un manifesto culturale sulla scienza della comparazione
giuridica.
http://it.wikipedia.org/wiki/Rodolfo_Saccohttp://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Gianmaria_Ajani&action=edit&redlink=1http://it.wikipedia.org/wiki/Ugo_Mattei
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Il testo, suddiviso in cinque punti, si propone infatti di descrivere il compito del diritto comparato
nonché il metodo d'indagine del comparatista stesso.
Segnatamente:
Prima tesi: Il compito della comparazione giuridica, senza il quale essa non sarebbe
scienza, è l'acquisizione di una migliore conoscenza del diritto, così come in generale il
compito di tutte le scienze comparatistiche è l'acquisizione di una migliore conoscenza dei dati
appartenenti all'area a cui essa si applica. L'ulteriore ricerca e promozione del modello legale
o interpretativo migliore sono risultati considerevolissimi della comparazione, ma quest'ultima
rimane scienza anche se questi risultati fanno difetto.
Seconda tesi: La comparazione rivolge la sua attenzione ai varii fenomeni giuridici
concretamente realizzati nel passato o nel presente, secondo un criterio per cui si considera
reale ciò che è concretamente accaduto. In questo senso, la comparazione ha lo stesso criterio
di validazione delle scienze storiche.
Terza tesi: La comparazione non produce risultati utili finché non si misurano le differenze
che intercorrono fra i sistemi giuridici considerati. Non si fa comparazione finché ci si limita
agli scambi culturali o all'esposizione parallela delle soluzioni esplicitate nelle diverse aree.
Quarta tesi: La conoscenza dei sistemi giuridici in forma comparativa ha il merito specifico
di controllare la coerenza dei varii elementi presenti in ogni sistema, dopo aver identificato e
ricostruito questi stessi elementi. In specie, essa controlla se le regole operazionali presenti nel
sistema siano compatibili con le proposizioni teoretiche elaborate per rendere conoscibili le
regole operazionali.
Quinta tesi: La conoscenza di un sistema giuridico non è monopolio del giurista
appartenente al sistema dato; se da una parte è favorito dall'abbondanza delle informazioni,
sarà però impacciato più di ogni altro dal presupposto che gli enunciati teoretici presenti nel
sistema siano pienamente coerenti con le regole operazionali del sistema considerato.
Dalla loro analisi emerge in tutta evidenza come la scienza comparata fa parte delle scienze storiche
(seconda tesi), analizzando i fenomeni giuridici realizzati nel passato e nel presente.
9 P. NUVOLONE, Il diritto penale comparato quale mezzo di ricerca nell’ambito della politica criminale, in Indice
penale, 1980, p. 5 ss.
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Non v’è dubbio che vari sistemi giuridici possono partorire delle disposizioni normative molto
differenti tra di loro sotto il profilo contenutistico e tuttavia in grado di disciplinare in modo
identico uno stesso fenomeno e, viceversa, regole identiche possono portare ad una profonda
diversità di disciplina.
Insomma, non si può pretendere di fare della buona comparazione attraverso il mero confronto delle
regole positive, poiché ben può succedere che uno stesso fenomeno seppur regolato in modo
identico in due diversi paesi porti a delle soluzioni pratiche del tutto differenti.
Facciamo subito un esempio: il codice di procedura penale albanese è identico al codice di
procedura panale italiano; ciò nonostante, molte delle regole previste dal primo vengono applicate
in modo del tutto avulso rispetto al secondo.
Lo stesso dicasi con riferimento al codice penale. Il codice penale albanese prevede espressamente
la responsabilità penale e colpevole, in modo del tutto analogo a quanto è previsto in Italia sul tema
a seguito della sentenza 364/1988 della Corte Costituzionale.
L’articolo 4 del codice penale albanese ha, infatti, lo stesso contenuto dell’articolo 5 del codice
penale italiano come riletto dalla predetta sentenza, ossia che l’ignoranza della legge penale è
inescusabile salvo si tratti di ignoranza inevitabile. Eppure i casi di applicazione oggettiva delle
disposizioni penali sono alla luce del giorno, mentre dei principi affermati, salvo che nelle carta,
non vi è alcuna traccia nell’applicazione pratica.
Certo l’analisi anche della prassi può essere un valido strumento per conoscere più affondo le
peculiarità di un altro sistema, ma non è sufficiente.
Ciò che è importante ai fini di una buona comparazione è di prendere in considerazione tutti gli
elementi che contribuiscono a plasmare una c.d. “regola operazionale” (cioè le regole
effettivamente praticate).
E’ opportuno, infatti, distinguere tra le regole operazionali, cioè le regole che effettivamente
disciplinano il fenomeno, dalle regole verbali (i testi scritti) che si trovano negli atti di legge o nelle
sentenze.
Del resto le leggi sono mere proclamazioni e non spesso i loro enunciati rispondono alle regole
operazionali che sono la vera fonte degli eventi giuridici.
E’ del tutto evidente, allora, che il compito del comparatista è proprio quello di scoprire queste
regole, nonché i fattori in grado di incidere su di loro.
Insomma il compito del comparatista è quello di individuare i c.d. formanti; mutuato dalle scienze
linguistiche, con tale termine si è soliti indicare le caratteristiche sostanziali dell’ordinamento.
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I formanti possono essere espressi (leggi, sentenze, atti normativi), o inespressi, c.d. criptotipi.
I formanti espressi nascono già verbalizzati mediante parole. Tra i formanti entrano per esempio le
forme del reato, cause di esclusione del reato, presunzione d’innocenza, principio del
contraddittorio, etc.
I criptotipi rappresentano, invece, le regole inespresse e che tuttavia incidono in modo determinante
all’interno di un ordinamento.
Si tratti, in particolare, dei fattori che contribuiscono a plasmare le mentalità e la prassi dominante
in un determinato ambiente giuridico. Insomma si tratta di regole non verbalizzate che vengono
percepite e trasmesse da una generazione di giuristi a quella successiva, così da costituire la
“mentalità dell’ambiente giuridico”.
Tali sono ad esempio gli elementi costitutivi del reato, il carattere del processo penale, il principio
del favor rei, etc.
I formanti, specie quelli espressi, contribuiscono alla differenziazione dei sistemi giuridici, dal
momento che sono il prodotto di fattori scio-culturali di carattere locale, mentre il criptoti al loro
avvicinamento.
Per fare un esempio: il tentativo viene disciplinato in modo diverso in diversi paesi. In alcuni, come
in quello francese, si distingue tra atti preparatori ed atti esecutivi; in altri, come in quello italiano,
tra atti idonei ed univoci.
Nella prassi però tale diversità dei formanti legali è mitigata dagli orientamenti giurisprudenziali
che, mediante l’interpretazione di quei dati normativi cosi diversi, finiscono tuttavia per assimilare
gli effetti presupposti della responsabilità a titolo di tentativo.
Se cosi stanno le cose, non vi è chi non si accorga del ruolo centrale della comparazione all’interno
delle scienze giuridiche.
L’analisi comparata consente infatti, proprio attraverso il confronto tra esperienze diverse, di
dissociare i formanti: l’osservazione delle corrispondenze o delle mancate corrispondenze tra
formanti nell’ambito di due o più ordinamenti, permette, da un lato, di mettere a fuoco la reale
incidenza dei singoli formanti, dall’altro, di scoprire, a poco a poco, i c.d. criptotipi, cioè le regole
rimaste inespresse, implicitamente all’interno di un singolo sistema.
La comparazione serve qui a capire – attraverso il confronto – come funzionano davvero i singoli
sistemi giuridici. Attraverso il chiarimento delle differenze, e del ruolo giocato dai vari formanti, si
comprende come funziona ciascun sistema, in primis il proprio.
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2 Gli strumenti per una valida comparazione
Nel campo del diritto penale comparato come strumenti metodologici principali possono
essere utilizzati: a) le caratteristiche determinanti, b) la funzione dell’istituto e c) il modello
dell’ordinamento.
La caratteristica determinante è quella che appartiene all’ordinamento giuridico come nozione
chiave; esprimendo un’influenza generale essa costituisce un principio fondamentale
dell’ordinamento (p. e. i principio di legalità, individualizzazione della colpevolezza, irretroattività,
responsabilità delle persone giuridiche, elementi e classificazione dei reati, presunzione di
innocenza, contraddittorio e altri).
La funzione, invece, è un concetto che parte dal (e si basa sul) fatto che nei diversi ordinamenti
penali, istituti differenti servono in tutto o in parte allo stesso fine ovvero soddisfano in tutto o in
parte il medesimo scopo.
In tale modo il concetto della funzione dell’istituto (l’equivalenza) esprime l’identità funzionale
come fondamento della comparazione dei diversi istituti.
Non è escluso che allo stesso scopo siano indirizzati diversi istituti sostanziali e processuali (per
esempio il principio di opportunità, il patteggiamento e il concetto di fatto penalmente irrilevante).
Il modello dell’ordinamento penale, infine, rappresenta il punto di partenza nell’analisi e costituisce
la base fondamentale per l’interpretazione.
Per il diritto penale comparato hanno valore essenziale diversità estreme nell’ambito del diritto.
Esse sono le prime e più evidenti contrapposizioni o differenze che possono manifestarsi fra sistemi
differenti.
Una di tali primarie distinzioni nel campo del diritto penale comparato riguarda la presenza o
l’assenza nell’ordinamento, di un organo o di un’autorità dotata di una competenza legislativa
generale (diritto con o senza legislatore).
Altra è, per esempio, la presenza o l’assenza di giuristi (diritto con o senza giuristi). Ancora è la
distinzione basata sul legame diritto-Stato (diritto con o senza lo Stato).
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3 Cenni circa i principali ordinamenti penali del mondo
Gli ordinamenti penali si diversificano in dipendenza della circostanza della destinazione
prevalente dell’ordinamento penale alla tutela di beni individuali (i sistemi dei Paesi democratici) o
collettivi (l’insieme dei passati sistemi dei Paesi socialisti) (10
).
La struttura delle fonti delle norme penali è un ulteriore criterio molto significativo per l’analisi
comparata.
Gran parte degli ordinamenti moderni sono fondati sullo stato laico e garantista ove è possibile
distinguere da un lato gli ordinamenti penali di civil law, dall’altro quelli di common law.
Con riferimento ai primi le norme presentano origine legislativa (statute law), hanno carattere
scritto e natura generale e astratta.
In tali ordinamenti l’ amministrazione della giustizia è fondata sul metodo di ragionamento
deduttivo, secondo il quale la soluzione del caso concreto deve essere inferita con
un’argomentazione che muova dal generale (norma) al particolare (fatto) (11
).
Dall’altro lato si rinvengono gli ordinamenti penali di common law.
Essi hanno natura (prevalentemente) giurisprudenziale (case law), in quanto basati sui precedenti
giurisprudenziali ai quali si riconosce la capacità di generare norme valide anche per il futuro (stare
decisis) in osservanza al principio della loro efficacia vincolante (binding authority).
Peraltro vi sono due importanti fenomeni sempre più diffusi nei sistemi penali di common law,
soprattutto nell’area europea (e ciò ovviamente anche per l’esistenza delle istituzioni comunitarie e
della cultura giuridica comune): per un verso si assiste ad una sempre maggiore previsione di norme
penali legislative (statute law), le quali comunque trovano applicazione secondo le regole proprie
dei sistemi di appartenenza; per altro verso si sono succeduti nel tempo diversi progetti di
codificazione penale con i quali si è cercato di affrontare le questioni più delicate emergenti dal
funzionamento dei sistemi di natura giurisprudenziale (12
).
10
L’appartenenza della norma al diritto sostanziale, formale (procedurale), esecutivo, organico è un criterio elementare,
già utilizzato nello studio generale del diritto penale. Invece nella disciplina del diritto penale comparato l’approccio
alla classificazione e sistemazione della materia è diverso. I principi fondamentali del processo penale costituiscono
parte integrante della parte generale del diritto penale comparato. Il resto della materia processuale appartiene alla parte
speciale come insieme particolare. 11
Per ulteriori approfondimenti v. E. GRANDE, voce Reato in diritto comparato, in digesto delle discipline
penalistiche, vol XI, Torino, 1996, p. 282 ss. 12
A. SHEGANI, op cit., p. 44 ss.
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Il criterio classificatorio appena esaminato è il fondamento principale della teoria delle fonti dei
sistemi penali e allo stesso tempo il punto di partenza per lo studio comparato dell’insieme degli
ordinamenti penali dei Paesi europei.
Un grande numero di Paesi europei prevede nelle Costituzioni principi e regole fondamentali di
natura penale. Questo esprime la tendenza alla costituzionalizzazione dell’ordinamento penale
(come negli artt. 13-28, 111 e altri della Costituzione italiana). Con ciò tali canoni diventano norme
superiori nella gerarchia dell’ordinamento penale.
Come si è sottolineato nelle lezioni precedenti, la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 è anch’essa una fonte di capitale valore per il diritto
penale (specie gli artt. 3, 5, 6 e 8).
Le norme di tale Convenzione e anche di altri atti internazionali (in primis il Patto internazionale
sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti culturali, economici e sociali, entrambi
del 1966) si collocano in una posizione sovraordinata rispetto alle altre norme legislative. In alcuni
Paesi sono equiparate con le norme costituzionali, in altri sistemi sono allocate tra le norme
costituzionali e le norme legali.
L’Europa continentale di civil law ha promosso l’idea di codificazione della materia del diritto
penale.
Questo è un elemento comune, tipico per i sistemi europei continentali.
Nell’ambito dei Paesi di common law, invece, il ruolo del giudice come creatore della norma penale
espressa nelle decisioni concrete è ancora dominante.
L’Inghilterra, ad esempio, è uno tra i pochi Stati al mondo che non possiede un codice penale e un
codice di procedura penale. Ma le tendenze verso la codificazione sono già presenti anche in tale
ambiente e si sono manifestate per un verso con i primi testi legislativi (statute law) e per altro
verso con diversi progetti di codificazione (13
), producendo materiali di grande interesse per la
discussione specialistica e non solo (14
).
13
J. PRADEL, Droit pénal Comparé, Paris, 1995, p. 67. 14
I modelli del diritto penale degli ex Stati socialisti europei (ex Jugoslavia e Paesi del passato socialismo reale sotto
l’influenza dominante dell’ex Unione Sovietica) sono stati sostituiti nell’ultimo decennio con nuovi atti legislativi
strutturati attorno ai modelli tradizionali delle codificazioni europee, e in particolare sull’esperienza tedesca o italiana.
Malgrado l’abrogazione di tali precedenti sistemi legislativi il loro contenuto mantiene grande importanza storica nello
studio comparato del diritto penale.
Nell’ambiente giuridico penale europeo alcuni ordinamenti contemplano anche fonti basate su modelli diversi. Questo
è il risultato delle comunicazioni e interferenze tra i differenti sistemi penali europei e non, ma oggi soprattutto
dell’attuale processo di transizione dei vari sistemi penali.
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Ci sono poi gli ordinamenti costruiti attorno a norme religiose, all’idea di accordo sociale, a costumi
tradizionali.
I principali sistemi riconducibili a tale categoria sono (non-europei), da un lato, quelli del modello
del diritto islamico, e dall’altro quelli delle tradizioni indu, confuciana, buddista, zen e taoista.
In genere, collocati nel medio e lontano Oriente, i Paesi appartenenti a tale categoria presentano
alcune caratteristiche ordinamentali comuni di particolare interesse, quali un alto grado di
pluralismo giuridico anche nella creazione delle norme di diritto penale, la frequente precedente
conoscenza del modello penale occidentale per esperienze coloniali o propositi di modernizzazione
con il quale il sistema attuale mantiene relazioni diverse, la natura trascendentale del diritto quale
conseguenza dell’assenza della divisione tra diritto e tradizione filosofica-religiosa.
Trattasi di sistemi penali contraddistinti soprattutto dalla particolare analiticità nella previsione delle
tipologie e della procedura commisurativa e applicativa delle pene (e altre sanzioni penali), nonché
dalla scarsa determinatezza e numero limitato delle fattispecie penali (15
).
3.1. I grandi insiemi penali
Lo spazio di comparazione penale presuppone in primo luogo la determinazione dei gradi di
sistemazione.
Il primo grado è la differenziazione tra macro-insiemi, fondamentale al fine di formare i grandi
raggruppamenti del diritto penale.
15
In questo ambito il più importante appare il modello del diritto islamico basato sul Corano.
Con riferimento alle fonti dottrinali per lo studio del diritto penale comparato, queste si possono classificare in tre
gruppi.
Il primo gruppo contiene gli studi dedicati ad un ordinamento penale nel suo insieme (la legge penale di un singolo
Paese, la legge sui tribunali ecc.) o un complesso di istituti penali affini (concorso di più persone nel reato o i mezzi di
prova nel diritto vigente dei singoli Paesi europei).
Il secondo gruppo contempla gli studi di un istituto in diversi ordinamenti penali (la difesa legittima nel diritto penale
vigente dei Paesi scandinavi, il regime dell’interrogatorio dell’imputato nella nuova legislazione processuale penale dei
Paesi in transizione).
Il terzo gruppo, infine, comprende gli studi incentrati sull’analisi di un concetto dogmatico precisamente determinato
che viene approfondito nelle sue manifestazioni in ordinamenti penali diversi (il principio del nullum crimen sine lege
certa nella storia recente della legislazione penale dei Paesi ex socialisti, l’indipendenza del giudice, i diritti nel
processo).
A fianco degli studi dottrinali in senso stretto esistono altre tipologie di studi scientifici, ovvero le ricerche empiriche,
che costituiscono ulteriori fonti di grande valore e interesse. In generale tali ricerche possono avere natura qualitativa, in
quanto costruite attorno all’intervista libera o strutturata di soggetti comuni o privilegiati rispetto ai fenomeni rilevanti,
ovvero natura quantitativa, in quanto imperniate sull’ideazione, la somministrazione e l’elaborazione di questionari di
indagine sui fenomeni di interesse.
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I grandi insiemi del diritto penale svolgono qui la stessa funzione metodologica delle grandi
famiglie nel diritto comparato generale. Essi abbracciano l’intero diritto penale, anche nei casi in
cui un sistema come quello italiano appartiene a diversi sistemi, (cioè nel campo del diritto penale
sostanziale al sistema romano-germanico o euro-continentale, mentre in quello del processo penale
è più vicino al sistema accusatorio di common law anglosassone).
Il secondo grado rappresenta la classificazione in diversi gruppi. I gruppi tipici sono i sistemi
romano-germanico, scandinavo, dei Paesi dell’ex sistema del socialismo reale (dall’influsso
determinate del diritto sovietico), di common law, i sistemi penali fondati sulle radici storiche
medioevali (come quelli della Repubblica di San Marino e dello Stato di Città del Vaticano).
La disciplina del diritto penale comparato sollecita alcune precauzioni conoscitive.
Anzitutto appare necessario tenere conto delle circostanze sociali (le condizioni dell’ambiente
sociale, il grado dello sviluppo economico, il regime costituzionale, lo stato e le caratteristiche della
criminalità, e altro).
Inoltre i contenuti reali della giurisprudenza manifestano una conseguente importanza fondamentale
per il diritto penale comparato (circa le norme di diritto penale sostanziale obsolete, le modalità con
le quali si realizzano concretamente le garanzie processuali, le posizioni reali di soggetti
processuali, e così via).
Le difficoltà e le barriere linguistiche hanno nel campo del diritto penale comparato un influsso
forse più importante che negli altri campi del diritto comparato.
Una lingua come mezzo di comunicazione nel campo della comparazione penale – per esempio
l’inglese come lingua sempre più mondiale – non è di grande efficacia quando è destinata ad
esprimere il senso di una nozione specifica del diritto penale euro-continentale come dolo, indagini
preliminari, Ermittlungsgrundsatz, Inquisitionsprinzip, Instruktionsprinzip (massima istruttoria) o
Untersuchungsrichter (giudice istruttore), l’interrogatorio dell’imputato al dibattimento, mai esistiti
nei regni del diritto di common law.
Analogo problema è, viceversa, quello trovare la traduzione adeguata per le nozioni di conspiracy,
recklessness e negligence dei sistemi di common law negli ambienti dei sistemi di diritto penale
euro-continentali.
Di fronte ad un problema di traduzione al comparatista si presentano differenti soluzioni: perseguire
la corrispondenza concettuale e semantica (legittima difesa – difesa indispensabile); lasciare
nell’originale le nozioni non traducibili (kolhoz come nozione fondamentale dell’ex ordinamento
giuridico sovietico); accettare la disparità di contenuto e di significato di termini affini ma non
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identici (Untersuchungsrichter - giudice istruttore e Ermittlungsrichter - giudice per le indagini
preliminari); introdurre un neologismo necessario all’espressione concettuale corrispondente
(corroborate, discovery, poliziale).
Alcuni autori segnalano le serie difficoltà nel campo fondamentale della traduzione delle singole
nozioni nei differenti sistemi.
In primo luogo si tratta dei “falsi amici” ovvero le parole che hanno forma uguale o affine ma
significato sostanzialmente diverso in due o più lingue (preliminary hearin inglese e enquête de
police, l’instruction, la poursuit francese, indagini preliminari italiano, crime americano e crime
francese).
Il secondo gruppo è composto dalle espressioni letteralmente non traducibili, come ad esempio il
reato di razbojnička krađa nella legislazione croata o di räuberischer Diebstahl tedesco che
letteralmente significa in italiano “furto rapinatorio”, e perciò deve essere resa in modalità
interpretativa come “furto violento”.
La stessa situazione è relativa a numerose parole del corpo delle nozioni chiave dei sistemi di
common law, come per esempio actus reus, mens rea, sentencing, coroner.
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Bibliografia
GRANDE E., voce Reato in diritto comparato, in digesto delle discipline penalistiche, vol
XI, Torino, 1996.
NUVOLONE N., Il diritto penale comparato quale mezzo di ricerca nell’ambito della
politica criminale, in Indice penale, 1980, p. 5 ss.
PALAZZO F. – PAPA M., Lezioni di diritto penale comparato, II ed., Torino, 2008.
PRADEL J., Droit pénal Comparé, Paris, 1995, p. 67.
SHEGANI A., E drejtë penale e krahasuar, II ed., Tiranë, 2008.
ZWIGART K. – KOTZ H., Introduzione al diritto comparato, Milano, 1998.