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Corriere della Sera Lunedì 8 Gennaio 2018 TERZA PAGINA 33 Manifattura siciliana, Stendardo (1690, particolare) È un peccato che siano an- date perdute le Memorie di Costantino Nigra, che fu il più stretto collaboratore del conte di Cavour. Anche se opere del genere rispecchia- no sempre un punto di vista particolare (e a volte sono re- ticenti), quei ricordi sarebbe- ro stati molto utili per saper- ne di più sul Risorgimento. Ciò nonostante Franca Por- ciani, sfruttando le fonti di- sponibili, ha scritto una bio- grafia vivace dell’accorto di- plomatico, intitolata Costan- tino Nigra (Rubbettino) e introdotta da Franco Cardini. Un ritratto che ci parla non solo del diretto interessato, ma di tutta una classe dirigen- te, capace e spregiudicata, alla quale dobbiamo la creazione dello Stato unitario. Nato nel 1828, Nigra era uno studente di bell’aspetto, intelligente e ambizioso, che a vent’anni si arruolò volonta- rio per combattere gli austria- ci nella Prima guerra d’indi- pendenza, rimanendo ferito a un avambraccio. Ma il suo de- stino era servire la causa ita- liana non sui campi di batta- glia, ma nelle stanze riservate dei conciliaboli politici. Nel 1851 entrò in diploma- zia, quindi divenne il braccio destro di Cavour e gestì i deli- cati rapporti con la Francia di Napoleone III, sfruttando an- che il fascino della contessa di Castiglione, divenuta l’aman- te dell’imperatore. Vinta la Se- conda guerra d’indipendenza nel 1859, annesso il Sud dopo la spedizione dei Mille, Nigra fu segretario della luogote- nenza a Napoli, dove capì che l’estensione rigida delle leggi vigenti in Piemonte alle regio- ni meridionali era un grave errore. Ma poté fare poco. Morto Cavour, fu ambascia- tore a Parigi, dove pare abbia avuto una relazione con l’im- peratrice Eugenia: Franca Porciani approfondisce la questione e conclude che mancano prove sicure, ma certo fra i due vi fu «un lega- me che lasciò una traccia». Poi Nigra passò a dirigere le ambasciate di San Pietrobur- go, Londra, Vienna. Massone, elegante, signorile, cultore della letteratura raffinata co- me dei canti popolari pie- montesi, lasciò il servizio nel 1904 e morì tre anni dopo. La sua fedeltà a Cavour si spinse fino al punto di recuperare e distruggere le lettere del con- te all’amante Bianca Ronzani, dalle quali Nigra temeva uscisse incrinata l’immagine dello statista. Forse la medesi- ma riservatezza è la ragione per cui oggi non disponiamo delle sue Memorie. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nigra fece l’Italia con le armi (della seduzione) Personaggi Franca Porciani firma una biografia (Rubbettino) del diplomatico che fu braccio destro del conte di Cavour La filosofia per i bambini P arlare di filosofia e associarla all’infanzia può risultare rischioso. Soprattutto per la complessità di certi temi, difficilmente fruibili da un pubblico giovane. Se invece si utilizza questa disciplina con lo scopo di metterla a «disposizione» dell’infanzia stessa, e più in generale della scuola, allora si aprono scenari importanti. Il tema è al centro di un volume curato da Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin, dal titolo Philosophy for children in gioco (Mimesis, pp. 228, e 20), concepito a partire da un progetto scolastico proposto negli istituti di via San Giacomo e di via Palmieri, a Milano, grazie al Centro italiano aiuti all’infanzia (Ciai). Il libro, corredato da un dvd, ruota proprio intorno al concetto di «filosofia per l’infanzia»: ovvero, la volontà di portare nelle aule un tipo di riflessione che metta in discussione metodologie troppo rigide e che apra a nuovi spunti di riflessione. Come spiegano gli autori, «in gioco c’è il pensiero delle bambine e dei bambini, la loro autonomia e il loro sguardo critico». Come emerge dalle pagine del libro, l’infanzia è stata spesso considerata «un affare non sufficientemente serio» per la filosofia: l’invito è dunque ad ascoltare anche ciò che i più piccoli hanno da dire. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Marco Bruna In pagina Roberta Civiletto e Salvatore Rizzo, Nobili trame. L’arte tessile in Sicilia dal XII al XIX secolo (Sanfilippo editore, pp. 352, e 78) Il volume propone una selezione di pianete, piviali, mitre, paliotti, ma anche arazzi, sten- dardi, drappi, sotto-marsine. Considerati espressione di un’arte minore questi manu- fatti sono stati rivalutati quando hanno cominciato a furoreggiare le cosiddette «arti applicate» e il design. Per la ricostruzione storica, gli autori si servo- no anche dei documenti ritrovati in una sinagoga egi- ziana nel XIX secolo U n mondo senza donne. Niente ma- dri, né figlie. Dove non ci sono nean- che nonne e sorelle. Un pianeta de- clinato solo al maschile. Le donne vittime di un letargo misterioso. Addormen- tate sotto una coltre appiccicosa. Un «fazzo- letto delle fate» che le copre non appena prendono sonno. E guai a svegliarle. L’incan- tesimo si rompe, ma non c’è nessun principe azzurro a baciare la principessa. La fine del sonno scatena l’inferno: la donna liberata si avventa sul suo salvatore e lo azzanna (non è un eufemismo): nasi staccati dal viso, unghie conficcate negli occhi, sangue che sgocciola dalle gole. Una fiaba nera che non sai come andrà a finire. Di quelle che gli effetti specia- li sono così reali da crederci. Se non fosse che a scrivere una storia così sia Stephen King, questa volta a quattro mani con il figlio Owen, si potrebbe liquidare come il «solito» romanzo horror. Il Re, invece, è un’altra cosa. E la paura è solo un tassello di un mosaico più complicato. C’è di mezzo l’inconscio e la parte oscura di ognuno di noi. Le sue sono storie così disperate che finisci per credere alla Speranza. La location sembra fatta apposta. L’Ameri- ca profonda che non vedi nei film e nei noti- ziari del tg. Questa volta sono le contee ai piedi degli Appalachi, West Virginia. Washin- gton non è lontana, ma neanche vicina. Terra di boscaioli e minatori con camicie scozzesi e lunghe ore davanti a una birra. E magari di più, fino a perdere il conto. L’incubo bussa alla porta di una roulotte. E ha un viso e due occhi che non puoi dimenticare anche se fatichi a ricordare. Si chia- ma Evie e puoi giocare con la radice del nome: Evie come Evil, il Male o come Eva, la prima donna? O forse con tutte e due? Lei appare, mas- sacra un paio di bestioni e poi niente sarà più come prima. Una forza inaudita la circonda, dalla sua bocca escono falene numerose come formiche addosso al miele. E viene in mente il protagonista del Miglio Verde. Infatti anche in Sleeping beau- ties (Sperling & Kupfer, traduzione di Gio- vanni Arduino, pp. 652, e 21,90) il carcere è un elemento centrale. Un luogo di detenzio- ne per donne. Prostitute, tossiche o sempli- cemente disadattate. Che bastava nascere cento miglia più in là o scegliersi genitori diversi per cambiarsi la storia. Quando la pandemia si diffonde per loro è allarme rosso. E anche tutte le donne della contea di Dooling vivono nella certezza che quando le sorprenderà il sonno, il risveglio non sarà il passo successivo. Ci sono anche gli uomini. E non ne escono bene. Insicuri. Immaturi. Impauriti. Che ti viene da chieder- ti se non fosse stato meglio che a dormire fossero loro. Clint Norcross fa lo psichiatra del carcere. Sua moglie, Lila, lo sceriffo. Han- no un figlio Jared e (il marito), forse, anche un’altra figlia: Shannon. Clint è uno strizza- cervelli che comprende il dolore degli altri perché è anche il suo. Ma capire non vuol dire superare i traumi come direbbe un bra- vo psicoanalista. Lila è tosta e vulnerabile. Il figlio è venuto su bene, nonostante tutto. Anche perché a guardarsi attorno non faresti cambio con nessuno. Le detenute sono sto- rie finite male, ma guai a prendersela con il Dna o i genitori. Sono scuse e pretesti ai qua- li non crederebbe più neanche Freud. Il bello del libro dei due King è che alla fine capisci che il tuo destino dipende da te. Anche in un mondo impazzito, dove regna la magia e le forze soprannaturali ti travolgono. Succede quando finalmente ti accorgi che quel mondo è solo dentro di te, anche il Ma- le. E quello che sta fuori lo riconosci al- l’istante. E ci vuole poco per metterlo fuori combattimento. Anche quando ti graffia e fa la voce truce. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Carlo Baroni I drappi arabi e la seta di Ruggero II : la storia di Sicilia vive nei suoi tessuti Arti «Nobili trame» di Roberta Civiletto e Salvatore Rizzo (Sanfilippo) scopre tesori finora inesplorati L’horror di Stephen e Owen King Nella fiaba nera il femminile rinasce E impazzisce di Sebastiano Grasso Il volume A pagina 282 di Nobili trame. L’arte tessile in Sicilia dal XII al XIX secolo, c’è una pianeta, del 1745, della basili- ca di Santa Maria a Randazzo (Catania), una volta borgo me- dievale con cento chiese, co- struito con pietra lavica. Nel li- bro di Roberta Civiletto e Sal- vatore Rizzo (Sanfilippo edito- re), il paramento sacerdotale, con ricami di decorazioni flo- reali a volute, rococò, riprende in parte la composizione dei marmi mischi. E fa parte del tesoro della cattedrale che, co- struita nelle prime tre decadi del 1200, in stile gotico, subì vari interventi architettonici nel Rinascimento tanto da di- ventare, soprattutto all’inter- no, simile alla chiesa di San Lorenzo a Firenze. La memoria... Matrice di Santa Maria, 1954: un bambi- no di sette anni, portato dalla zia ad assistere ad una funzio- ne religiosa, curiosa un po’ e poi infila la testa fra le sbarre di una sedia delle ultime file. Il gioco finisce nel momento in cui non riesce a tirarla fuo- ri. Intervengono astanti vicini. Niente da fare. Si forma un ca- pannello. Don Giuseppe inter- rompe la messa, lascia l’altare e raggiunge il bambino. Tenta anche lui, inutilmente, poi or- dina al sagrestano di rompere una sbarra dello schienale. Quando il bambino, liberato, alza gli occhi verso l’enorme cupola, si accorge che gli an- geli delle grandi vetrate latera- li, a colori, continuano a guar- darlo impassibili. La pianeta, s’è detto. E pivia- li, mitre, paliotti, ma anche arazzi, stendardi, drappi, sot- to-marsine. Arte «minore»? Sino a quando hanno comin- ciato a furoreggiare le cosid- dette «arti applicate» e il desi- gn. Quindi, la riscoperta, il re- cupero. Studi approfonditi, specialistici. Nobili trame è uno di questi. «La Sicilia è ter- ra di tesori tutt’ora, in parte, inesplorati», scrive Mario Ciancio, nella prefazione. Un esempio? I beni tessili auro-serici che «rappresenta- no un settore affascinante per ricchezza ed originalità fra i più interessanti d’Europa». Ed ecco, allora, che Civiletto e Rizzo scandagliano alcuni se- coli, corredando il tutto con duemila manufatti tessili. Punto di partenza, il Rina- scimento. Senza dimenticare, però, la tradizione medievale («di cui è rimasto poco») che ha goduto di ampio respiro già con i drappi prodotti sotto la dominazione araba, cui se- gue un periodo di «grande splendore» col regno nor- manno di Ruggero II e Federi- co II. «Sfarzo e ricchezza» nel Rinascimento e «propensione al lusso» anche perché la Sici- lia produce ed esporta la seta. Per la ricostruzione storica, i due autori si servono anche dei documenti ritrovati in una sinagoga egiziana nel XIX se- colo. Da qui, un viaggio anche a ritroso. La conquista araba dell’831, Siracusa e la Val De- mone del XI secolo, la presen- za normanna dal 1095 in un’isola dove si parlava greco, arabo e latino. Miscuglio di linguaggi, ma anche di arte classica, punica, islamica con elementi decorativi di origine persiana e irachena. Occorre fondere gli sfarzosi modelli bizantini con quelli musulmani, diceva Ruggero II (1095-1154). Si veda il suo manto, del 1133, tessuto nel- l’opificio reale di Palermo, adesso conservato al Kunsthi- storisches Museum di Vienna («Un semicerchio di seta inte- ramente ricamato in oro e ar- ricchito da perline e piastre in smalto cloisonné, raffigurante coppie speculari di leoni posti ai lati di una palma, che trion- fano sui cammelli»). Tredici anni dopo, Ruggero, fatta la pace con Bisanzio, «fa depor- tare in Sicilia uomini e donne esperti nell’arte tessile, cattu- rati a Tebe e a Corinto, impo- nendo loro di insegnare l’arte della seta agli artigiani del luogo». Le «affinità» dei tessuti sici- liani con quelli bizantini (e re- lative tecniche esecutive) si espandono a macchia d’olio a corte, in chiese, monasteri, abbazie, nei palazzi dei nobili. Si leggano le cronache del tempo. Man mano cambiano le tipologie. Nel 1412 la Sicilia viene annessa alla corona d’Aragona. Risale a circa tren- t’anni dopo il Trionfo della morte di anonimo catalano (attualmente a Palazzo Abatel- lis di Palermo) da cui Picasso scopiazzò Guernica. Naturalmente, vesti, tuni- che, ornamenti vari entrano a far parte della pittura (Dama con cestello di fusi, del 1514, attribuito ad Andrea del Sarto; Eleonora di Toledo col figlio Giovanni, del 1544, di Agnolo Bronzino: entrambi agli Uffizi di Firenze). Barocco, rococò, neoclassi- cismo. Non mancano le curio- sità. Un paliotto di fattura messinese (fine sec. XVII) — in questo caso il rivestimento di stoffa della parte anteriore dell’altare, è ricamato in oro, argento, con aggiunta di co- ralli, granati rossi — rappre- senta Gesù che salva Simone dalla tempesta, mentre l’im- barcazione ondeggia, per al- cuni richiama un disegno di Federico Barocci. Ma certa- mente è stato visto da Giorgio de Chirico, pictor optimus, che ne ha rapito l’atmosfera metafisica. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA L’agente Il libro di Franca Porciani Costantino Nigra. L’agente segreto del Risorgimento è edito da Rubbettino (pp. 156, e 15) Paliotto messinese (fine secolo XVII) di Antonio Carioti

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Corriere della Sera Lunedì 8 Gennaio 2018 TERZA PAGINA 33

Manifattura siciliana, Stendardo (1690, particolare)

È un peccato che siano an-date perdute le Memoriedi Costantino Nigra, che

fu il più stretto collaboratoredel conte di Cavour. Anche seopere del genere rispecchia-no sempre un punto di vistaparticolare (e a volte sono re-ticenti), quei ricordi sarebbe-ro stati molto utili per saper-ne di più sul Risorgimento.

Ciò nonostante Franca Por-ciani, sfruttando le fonti di-sponibili, ha scritto una bio-grafia vivace dell’accorto di-plomatico, intitolata Costan-tino Nigra (Rubbettino) eintrodotta da Franco Cardini.

Un ritratto che ci parla nonsolo del diretto interessato,ma di tutta una classe dirigen-te, capace e spregiudicata, allaquale dobbiamo la creazionedello Stato unitario.

Nato nel 1828, Nigra erauno studente di bell’aspetto,intelligente e ambizioso, chea vent’anni si arruolò volonta-rio per combattere gli austria-ci nella Prima guerra d’indi-pendenza, rimanendo ferito aun avambraccio. Ma il suo de-stino era servire la causa ita-liana non sui campi di batta-glia, ma nelle stanze riservatedei conciliaboli politici.

Nel 1851 entrò in diploma-zia, quindi divenne il bracciodestro di Cavour e gestì i deli-

cati rapporti con la Francia diNapoleone III, sfruttando an-che il fascino della contessa diCastiglione, divenuta l’aman-te dell’imperatore. Vinta la Se-conda guerra d’indipendenzanel 1859, annesso il Sud dopola spedizione dei Mille, Nigrafu segretario della luogote-nenza a Napoli, dove capì chel’estensione rigida delle leggivigenti in Piemonte alle regio-ni meridionali era un graveerrore. Ma poté fare poco.

Morto Cavour, fu ambascia-tore a Parigi, dove pare abbiaavuto una relazione con l’im-peratrice Eugenia: FrancaPorciani approfondisce laquestione e conclude chemancano prove sicure, ma

certo fra i due vi fu «un lega-me che lasciò una traccia».

Poi Nigra passò a dirigere leambasciate di San Pietrobur-go, Londra, Vienna. Massone,elegante, signorile, cultoredella letteratura raffinata co-me dei canti popolari pie-montesi, lasciò il servizio nel1904 e morì tre anni dopo. Lasua fedeltà a Cavour si spinsefino al punto di recuperare edistruggere le lettere del con-te all’amante Bianca Ronzani,dalle quali Nigra temevauscisse incrinata l’immaginedello statista. Forse la medesi-ma riservatezza è la ragioneper cui oggi non disponiamodelle sue Memorie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nigra fece l’Italia con le armi (della seduzione)Personaggi Franca Porciani firma una biografia (Rubbettino) del diplomatico che fu braccio destro del conte di Cavour

La filosofiaper i bambini P arlare di filosofia e associarla

all’infanzia può risultare rischioso.Soprattutto per la complessità dicerti temi, difficilmente fruibili da

un pubblico giovane. Se invece si utilizza questa disciplina con lo scopo di metterla a «disposizione» dell’infanzia stessa, e più in generale della scuola, allora si

aprono scenari importanti. Il tema è al centro di un volume curato da Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin, dal titolo Philosophy for children in gioco (Mimesis, pp. 228, e 20), concepito a partire da un progetto scolastico proposto negli istituti di via San Giacomo e di via Palmieri, a Milano, grazie al

Centro italiano aiuti all’infanzia (Ciai). Il libro, corredato da un dvd, ruota proprio intorno al concetto di «filosofia per l’infanzia»: ovvero, la volontà di portare nelle aule un tipo di riflessione che metta in discussione metodologie troppo rigide e che apra a nuovi spunti di riflessione. Come spiegano gli autori, «in gioco c’è il

pensiero delle bambine e dei bambini, la loro autonomia e il loro sguardo critico». Come emerge dalle pagine del libro, l’infanzia è stata spesso considerata «un affare non sufficientemente serio» per la filosofia: l’invito è dunque ad ascoltare anche ciò che i più piccoli hanno da dire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Marco Bruna

In pagina

Roberta Civiletto e Salvatore Rizzo, Nobili trame. L’arte tessile in Sicilia dal XII al XIX secolo (Sanfilippo editore, pp. 352, e 78)

Il volume propone una selezione di pianete, piviali, mitre, paliotti, ma anche arazzi, sten-dardi, drappi, sotto-marsine. Considerati espressione di un’arte minore questi manu-fatti sono stati rivalutati quando hanno cominciato a furoreggiare le cosiddette «arti applicate» e il design. Per la ricostruzione storica, gli autori si servo-no anche dei documenti ritrovati in una sinagoga egi-ziana nel XIX secolo

U n mondo senza donne. Niente ma-dri, né figlie. Dove non ci sono nean-che nonne e sorelle. Un pianeta de-clinato solo al maschile. Le donne

vittime di un letargo misterioso. Addormen-tate sotto una coltre appiccicosa. Un «fazzo-letto delle fate» che le copre non appena prendono sonno. E guai a svegliarle. L’incan-tesimo si rompe, ma non c’è nessun principe azzurro a baciare la principessa. La fine del sonno scatena l’inferno: la donna liberata si avventa sul suo salvatore e lo azzanna (non è un eufemismo): nasi staccati dal viso, unghie conficcate negli occhi, sangue che sgocciola dalle gole. Una fiaba nera che non sai come andrà a finire. Di quelle che gli effetti specia-li sono così reali da crederci. Se non fosse che a scrivere una storia così sia Stephen King, questa volta a quattro mani con il figlio Owen, si potrebbe liquidare come il «solito» romanzo horror. Il Re, invece, è un’altra cosa. E la paura è solo un tassello di un mosaico più complicato. C’è di mezzo l’inconscio e la parte oscura di ognuno di noi. Le sue sono storie così disperate che finisci per credere alla Speranza.

La location sembra fatta apposta. L’Ameri-ca profonda che non vedi nei film e nei noti-ziari del tg. Questa volta sono le contee ai piedi degli Appalachi, West Virginia. Washin-gton non è lontana, ma neanche vicina. Terra di boscaioli e minatori con camicie scozzesi e lunghe ore davanti a una birra. E magari di più, fino a perdere il conto. L’incubo bussa

alla porta di una roulotte. Eha un viso e due occhi chenon puoi dimenticare anchese fatichi a ricordare. Si chia-ma Evie e puoi giocare con laradice del nome: Evie comeEvil, il Male o come Eva, laprima donna? O forse contutte e due? Lei appare, mas-sacra un paio di bestioni e

poi niente sarà più come prima. Una forza inaudita la circonda, dalla sua bocca escono falene numerose come formiche addosso al miele. E viene in mente il protagonista del Miglio Verde. Infatti anche in Sleeping beau-ties (Sperling & Kupfer, traduzione di Gio-vanni Arduino, pp. 652, e 21,90) il carcere è un elemento centrale. Un luogo di detenzio-ne per donne. Prostitute, tossiche o sempli-cemente disadattate. Che bastava nascere cento miglia più in là o scegliersi genitori diversi per cambiarsi la storia.

Quando la pandemia si diffonde per loro èallarme rosso. E anche tutte le donne della contea di Dooling vivono nella certezza che quando le sorprenderà il sonno, il risveglio non sarà il passo successivo. Ci sono anche gli uomini. E non ne escono bene. Insicuri. Immaturi. Impauriti. Che ti viene da chieder-ti se non fosse stato meglio che a dormire fossero loro. Clint Norcross fa lo psichiatra del carcere. Sua moglie, Lila, lo sceriffo. Han-no un figlio Jared e (il marito), forse, anche un’altra figlia: Shannon. Clint è uno strizza-cervelli che comprende il dolore degli altri perché è anche il suo. Ma capire non vuol dire superare i traumi come direbbe un bra-vo psicoanalista. Lila è tosta e vulnerabile. Il figlio è venuto su bene, nonostante tutto. Anche perché a guardarsi attorno non faresti cambio con nessuno. Le detenute sono sto-rie finite male, ma guai a prendersela con il Dna o i genitori. Sono scuse e pretesti ai qua-li non crederebbe più neanche Freud.

Il bello del libro dei due King è che alla fine capisci che il tuo destino dipende da te. Anche in un mondo impazzito, dove regna la magia e le forze soprannaturali ti travolgono. Succede quando finalmente ti accorgi che quel mondo è solo dentro di te, anche il Ma-le. E quello che sta fuori lo riconosci al-l’istante. E ci vuole poco per metterlo fuori combattimento. Anche quando ti graffia e fa la voce truce.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Carlo Baroni

I drappi arabi e la seta di Ruggero II:la storia di Sicilia vive nei suoi tessuti

Arti «Nobili trame» di Roberta Civiletto e Salvatore Rizzo (Sanfilippo) scopre tesori finora inesplorati L’horror di Stephen e Owen King

Nella fiaba nerail femminile rinasce E impazzisce

di Sebastiano GrassoIl volume

A pagina 282 di Nobilitrame. L’arte tessilein Sicilia dal XII alXIX secolo, c’è una

pianeta, del 1745, della basili-ca di Santa Maria a Randazzo(Catania), una volta borgo me-dievale con cento chiese, co-struito con pietra lavica. Nel li-bro di Roberta Civiletto e Sal-vatore Rizzo (Sanfilippo edito-re), il paramento sacerdotale, con ricami di decorazioni flo-reali a volute, rococò, riprendein parte la composizione deimarmi mischi. E fa parte deltesoro della cattedrale che, co-struita nelle prime tre decadidel 1200, in stile gotico, subìvari interventi architettonicinel Rinascimento tanto da di-ventare, soprattutto all’inter-no, simile alla chiesa di SanLorenzo a Firenze.

La memoria... Matrice diSanta Maria, 1954: un bambi-no di sette anni, portato dallazia ad assistere ad una funzio-ne religiosa, curiosa un po’ epoi infila la testa fra le sbarredi una sedia delle ultime file.Il gioco finisce nel momentoin cui non riesce a tirarla fuo-ri. Intervengono astanti vicini.Niente da fare. Si forma un ca-pannello. Don Giuseppe inter-rompe la messa, lascia l’altaree raggiunge il bambino. Tentaanche lui, inutilmente, poi or-dina al sagrestano di rompereuna sbarra dello schienale.Quando il bambino, liberato,alza gli occhi verso l’enorme cupola, si accorge che gli an-geli delle grandi vetrate latera-li, a colori, continuano a guar-darlo impassibili.

La pianeta, s’è detto. E pivia-li, mitre, paliotti, ma anchearazzi, stendardi, drappi, sot-to-marsine. Arte «minore»?Sino a quando hanno comin-ciato a furoreggiare le cosid-dette «arti applicate» e il desi-gn. Quindi, la riscoperta, il re-cupero. Studi approfonditi,specialistici. Nobili trame èuno di questi. «La Sicilia è ter-ra di tesori tutt’ora, in parte,

inesplorati», scrive MarioCiancio, nella prefazione.

Un esempio? I beni tessiliauro-serici che «rappresenta-no un settore affascinante perricchezza ed originalità fra ipiù interessanti d’Europa». Edecco, allora, che Civiletto e Rizzo scandagliano alcuni se-coli, corredando il tutto conduemila manufatti tessili.

Punto di partenza, il Rina-scimento. Senza dimenticare,però, la tradizione medievale(«di cui è rimasto poco») che

ha goduto di ampio respirogià con i drappi prodotti sottola dominazione araba, cui se-gue un periodo di «grandesplendore» col regno nor-manno di Ruggero II e Federi-co II. «Sfarzo e ricchezza» nelRinascimento e «propensioneal lusso» anche perché la Sici-lia produce ed esporta la seta.Per la ricostruzione storica, idue autori si servono anchedei documenti ritrovati in unasinagoga egiziana nel XIX se-colo.

Da qui, un viaggio anche aritroso. La conquista arabadell’831, Siracusa e la Val De-mone del XI secolo, la presen-za normanna dal 1095 inun’isola dove si parlava greco,arabo e latino. Miscuglio dilinguaggi, ma anche di arte classica, punica, islamica conelementi decorativi di originepersiana e irachena.

Occorre fondere gli sfarzosimodelli bizantini con quellimusulmani, diceva Ruggero II(1095-1154). Si veda il suomanto, del 1133, tessuto nel-l’opificio reale di Palermo,

adesso conservato al Kunsthi-storisches Museum di Vienna(«Un semicerchio di seta inte-ramente ricamato in oro e ar-ricchito da perline e piastre insmalto cloisonné, raffigurantecoppie speculari di leoni postiai lati di una palma, che trion-fano sui cammelli»). Tredicianni dopo, Ruggero, fatta lapace con Bisanzio, «fa depor-tare in Sicilia uomini e donneesperti nell’arte tessile, cattu-rati a Tebe e a Corinto, impo-nendo loro di insegnare l’artedella seta agli artigiani delluogo».

Le «affinità» dei tessuti sici-liani con quelli bizantini (e re-lative tecniche esecutive) siespandono a macchia d’olio acorte, in chiese, monasteri,abbazie, nei palazzi dei nobili.Si leggano le cronache deltempo. Man mano cambianole tipologie. Nel 1412 la Siciliaviene annessa alla coronad’Aragona. Risale a circa tren-t’anni dopo il Trionfo dellamorte di anonimo catalano(attualmente a Palazzo Abatel-lis di Palermo) da cui Picassoscopiazzò Guernica.

Naturalmente, vesti, tuni-che, ornamenti vari entrano afar parte della pittura (Damacon cestello di fusi, del 1514, attribuito ad Andrea del Sarto;Eleonora di Toledo col figlioGiovanni, del 1544, di AgnoloBronzino: entrambi agli Uffizidi Firenze).

Barocco, rococò, neoclassi-cismo. Non mancano le curio-sità. Un paliotto di fatturamessinese (fine sec. XVII) — in questo caso il rivestimentodi stoffa della parte anterioredell’altare, è ricamato in oro,argento, con aggiunta di co-ralli, granati rossi — rappre-senta Gesù che salva Simonedalla tempesta, mentre l’im-barcazione ondeggia, per al-cuni richiama un disegno diFederico Barocci. Ma certa-mente è stato visto da Giorgiode Chirico, pictor optimus,che ne ha rapito l’atmosferametafisica.

[email protected]© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’agente

Il libro di Franca Porciani Costantino Nigra. L’agente segreto del Risorgimento è edito da Rubbettino (pp. 156, e 15)

Paliotto messinese (fine secolo XVII)

di Antonio Carioti