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Il concetto di dimensione Tutti noi possediamo un concetto intuitivo di dimensione: il punto ha dimensione zero, la retta ha dimensione uno, il piano ha dimensione due, lo spazio ha dimensione tre. La retta ha dimensione uno ,mentre i bordi delle sue parti (segmenti) sono punti (cioè oggetti di dimensione zero) ovvero i punti (oggetti di dimensione zero) sono in grado di spezzare le rette. Il piano ha dimensione due perché le sue parti (superfici) hanno bordi di dimensione 1 e perché le rette (che sono di dimensione 1) lo spezzano in due. Analogo discorso per lo spazio Questo concetto intuitivo ben si accorda con le definizioni che Euclide pone come base ai suoi “Elementi” Definizione 1: Il punto è ciò che non ha parti. Definizione 2: Una linea è lunghezza senza larghezza. Definizione 3: Gli estremi di una linea sono punti. Definizione 4: Una linea retta è una linea che giace in modo uguale rispetto ai suoi punti. Definizione 5: Una superficie è ciò che ha solo lunghezza e larghezza. Definizione 6: I bordi di una superficie sono linee. Definizione 7: Una superficie piana è una superficie che giace in modo uguale rispetto alle sue rette. Successivamente, quando passa alla geometria solida, Euclide apre il Libro XI con le seguenti definizioni: Definizione 1: Un solido è ciò che ha lunghezza, larghezza e profondità. Definizione 2: La faccia di un solido è una superficie. La geometria analitica, con l’introduzione delle coordinate cartesiane, quantifica in modo semplice la dimensione dello spazio in cui vengono studiate le figure geometriche (insieme di punti) Un punto su una retta necessita di una sola coordinata, un punto nel piano è individuato da una coppia ordinata di numeri reali, nello spazio da una terna. Il concetto di dimensione ha assunto poi una forma molto più precisa con la dimensione topologica. Due spazi topologici hanno uguale dimensione se esiste ,tra i punti dell’uno e dell’altro ,una corrispondenza che sia biunivoca e bicontinua (omeomorfismo) Il modo di sconnettersi d’uno spazio topologico è un’indicazione della sua dimensione; un punto non può essere sconnesso; una linea può esser sconnessa da un punto, che costituisce la frontiera delle due semilinee che rimangono; una superficie può esser sconnessa da una linea, che costituisce la frontiera fra le due semisuperfici che rimangono; ecc.

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Il concetto di dimensione

Tutti noi possediamo un concetto intuitivo di dimensione: il punto ha dimensione zero, la retta ha dimensione uno, il piano ha dimensione due, lo spazio ha dimensione tre.

La retta ha dimensione uno ,mentre i bordi delle sue parti (segmenti) sono punti (cioè oggetti di dimensione zero)

ovvero

i punti (oggetti di dimensione zero) sono in grado di spezzare le rette.

Il piano ha dimensione due perché le sue parti (superfici) hanno bordi di dimensione 1 e perché le rette (che sono di dimensione 1) lo spezzano in due. Analogo discorso per lo spazio

Questo concetto intuitivo ben si accorda con le definizioni che Euclide pone come base ai suoi “Elementi”

Definizione 1: Il punto è ciò che non ha parti. Definizione 2: Una linea è lunghezza senza larghezza. Definizione 3: Gli estremi di una linea sono punti. Definizione 4: Una linea retta è una linea che giace in modo uguale rispetto ai suoi punti. Definizione 5: Una superficie è ciò che ha solo lunghezza e larghezza. Definizione 6: I bordi di una superficie sono linee. Definizione 7: Una superficie piana è una superficie che giace in modo uguale rispetto alle sue

rette.

Successivamente, quando passa alla geometria solida, Euclide apre il Libro XI con le seguenti definizioni:

Definizione 1: Un solido è ciò che ha lunghezza, larghezza e profondità. Definizione 2: La faccia di un solido è una superficie.

La geometria analitica, con l’introduzione delle coordinate cartesiane, quantifica in modo semplice la dimensione dello spazio in cui vengono studiate le figure geometriche (insieme di punti)

Un punto su una retta necessita di una sola coordinata, un punto nel piano è individuato da una coppia ordinata di numeri reali, nello spazio da una terna.

Il concetto di dimensione ha assunto poi una forma molto più precisa con la dimensione topologica.

Due spazi topologici hanno uguale dimensione se esiste ,tra i punti dell’uno e dell’altro ,una corrispondenza che sia biunivoca e bicontinua (omeomorfismo)

Il modo di sconnettersi d’uno spazio topologico è un’indicazione della sua dimensione;

un punto non può essere sconnesso;

una linea può esser sconnessa da un punto, che costituisce la frontiera delle due semilinee che rimangono;

una superficie può esser sconnessa da una linea, che costituisce la frontiera fra le due semisuperfici che rimangono;

ecc.

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Definizione (Dimensione topologica)

Uno spazio X ha dimensione 0 in un punto p (dim (X in p) = 0) se esistono intorni aperti arbitrariamente piccoli di p con frontiera vuota.

Si dice che X ha dimensione 0 (dim X = 0) se dim (X in p)= 0 per ogni p X.

Uno spazio topologico costituito da un solo punto ha dimensione 0.Infatti la frontiera del punto è vuota.

Si fissa per convenzione: Un insieme ha dimensione -1 se e solo se è l’insieme vuoto

Dimensione locale

Uno spazio X ha dimensione ≤n (n ≥0) in un punto p se p appartiene ad intorni aperti arbitrariamente piccoli la cui frontiera ha dimensione ≤(n-1).

X ha dimensione n in p se , ma è falsa.

Dimensione globale

Lo spazio X ha dimensione ≤n se dim (X in p)≤ n per ogni punto p in X; infine X ha dimensione n se (dim X ≤n) è vera, ma dim X≤ (n-1) è falsa.

Nella seconda metà dell'800 , nell’ambito della crisi di alcuni fondamenti della geometria euclidea, viene messo in discussione anche il concetto classico di dimensione.

Si affaccia l’ipotesi dell’esistenza di "figure intermedie" tra il punto e la linea, la linea e il piano, il piano e il volume. Questi "oggetti" vennero considerati delle bizzarrie o delle mostruosità matematiche e furono accantonati. Solo negli ultimi anni, con l'aiuto dei computer si è giunti a scoprire che tali prodotti mostruosi della matematica teorica erano invece legati alla realtà naturale più delle forme ottenute con la geometria euclidea.

La “ galleria dei mostri” Curva di Peano Nel 1890 il matematico Giuseppe Peano (1858-1932) pubblicò un articolo dal titolo "Sur une courbe qui remplit toute une aire plan" in cui presentava una curva che aveva la strana proprietà di riempire tutto un quadrato. Questo fatto lasciò molto perplessi poiché, per definizione, una curva è un ente geometrico ad una sola dimensione, mentre il quadrato ha due dimensioni. Eppure, la curva di Peano passa per tutti i punti del quadrato. Esempio di curva di Peano ( si tratta in effetti di una famiglia di curve) Si divida in tre parti uguali il segmento AB

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e si costruiscano due quadrati CEFD e CELG di lato CE=1/3 AB, come in figura:

Si ottiene una poligonale, formata da 9 segmenti, che può essere percorsa senza alzare la matita e senza passare due volte sullo stesso tratto.

Tale costruzione si ripete su ciascuno dei 9 segmenti, dividendo ognuno in tre parti uguali e costruendo sulla parte centrale un rettangolo con il medesimo procedimento

Continuando si realizza una curva che riempie ” l’intero quadrato! Insieme di Cantor (1884)

• PASSO 0. Prendiamo il segmento unitario, cioè quello di estremi 0 e 1

sull'asse x del piano cartesiano:

• PASSO 1. Eliminiamo il segmento centrale di lunghezza 1/3, ovvero tutti i

punti x tali che 1/3 < x < 2/3:

• PASSO 2. Ripetiamo il procedimento sui due intervalli rimasti, eliminando

su ognuno un segmento di lunghezza 1/9:

• PASSO 3. Ripetiamo il procedimento, eliminando su ogni intervallo rimasto

un segmento di lunghezza 1/27:

• PASSO 4. Ripetiamo il procedimento, eliminando segmenti lunghi 1/81:

• PASSO n. ….

• L’insieme di Cantor è l’insieme ottenuto

dopo uno numero infinito di passi

(“polvere di Cantor”)

• È privo di “punti interni”

• Non è “numerabile”

• Ha lunghezza uguale a zero

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Curva di von

Koch (1904)Passo 0:

Passo 1:

Passo 2:

Passo 3:

Passo 4:

Passo n:

• La curva di von Koch è l’insieme ottenuto dopo un numero infinito di passi

(definizione iterativa)

• È priva di tangente in ogni punto

• È una curva di lunghezza infinita

Il triangolo di Sierpinski 1915

Dato un triangolo equilatero pieno, lo si divida in 4 triangoli equilateri e si rimuova il triangolo centrale rivolto verso il basso. Rimangono 3 triangoli: ad ognuno di essi si applichi lo stesso procedimento all’infinito

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La dimensione frattale Per cercare di capire che cos’è la dimensione frattale, iniziamo con il considerare un segmento che dividiamo in tre parti uguali.

Consideriamo poi un quadrato e dividiamo ogni suo lato anche in questo caso in tre parti. Uniamo poi i punti corrispondenti dei lati paralleli in modo da ottenere 9 quadrati più piccoli. Prendiamo infine un cubo e dividiamo sempre per tre tutte le sue dimensioni.

Il cubo viene diviso in 27 cubetti uguali.

Oggetto Numero di divisioni k

Numero di parti delle figure N

Segmento 3 3 = 31

Quadrato 3 9 = 32

Cubo 3 27 = 33

Ipercubo 3 3n

Procedimento per ottenere la dimensione di un insieme

• Se dividiamo un segmento in k parti uguali, otteniamo N=k segmenti più piccoli • Se dividiamo i lati di un quadrato in k parti uguali, otteniamo N=k² quadrati più piccoli • Se dividiamo gli spigoli di un cubo in k parti uguali, otteniamo N=k³ cubi più piccoli • Se dividiamo gli spigoli di un ipercubo in k parti uguali, otteniamo N=kⁿ ipercubi più piccoli

Se indichiamo con d la usuale dimensione topologica di questi oggetti ,sussiste la relazione

N=kd, da cui

con il logaritmo preso in una base qualunque.

Tentiamo ora di applicare la stessa tecnica alle curve “patologiche” considerando l’elemento generatore

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Oggetto Numero di divisioni k

Numero di parti delle figure N

Insieme di Cantor

3 2

Curva di Koch

3 4

Triangolo di Sierpinski

2 3

Curva di Peano

3 9

Insieme di Cantor

• Al passo 1, si divide il segmento in 3 parti, e si ottengono 2 sotto-segmenti: k=3,N=2 • Al passo 2, ogni sotto-segmento è diviso in 3 parti, e si ottengono 2 sotto-sotto-segmenti:

k=3²,N=2² • Al passo n, otteniamo k=3ⁿ, N=2ⁿ

Osserviamo che anche ora, come prima, il rapporto

è costante (vale precisamente

),

solo che questo rapporto non è più intero ed è strettamente più grande della dimensione topologica dell'insieme di Cantor che è zero.

Curva di Koch

Se sezioniamo il segmento in k=3 parti uguali otteniamo 4 parti identiche e simili all'originale, se k=9 otteniamo 16 parti identiche e simili all'originale, e così via.

Questa volta il rapporto, ancora costante, vale

Anche ora il rapporto è non intero e

strettamente maggiore della dimensione topologica della curva che è uno.

Triangolo di Sierpinski

Si divide in k=2 parti il lato del triangolo di Sierpinski e otteniamo N=3 copie dell’originale, se lo dividiamo in 4 i triangoli saranno 9 ecc.

Questa volta il rapporto, ancora costante, vale

anche ora il rapporto è non intero e

compreso tra 1 e 2

Curva di Peano

E’ facile verificare che , in questo caso il rapporto è

=2

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In questo caso troviamo un numero intero che però è in contrasto con l’idea di curva come oggetto di dimensione 1

Questi rapporti devono avere un ben preciso significato molto vicino al concetto classico di dimensione.

In realtà, il fatto che per l'insieme di Cantor questo numero sia maggiore di zero soddisfa una certa idea intuitiva secondo cui la dimensione zero, attribuita con il metodo tradizionale, sia un po' troppo poco per un insieme che ha così tanti punti.

Analogo discorso per la curva di Koch e per il Triangolo di Sierpinski ,dove il fatto che questo rapporto sia maggiore di uno è in accordo con l'idea intuitiva che l'oggetto sia un po' più di una curva, anche se non è chiaramente una superficie, che avrebbe dimensione due.

La curva di Peano, invece, viene ad avere proprio la stessa dimensione del quadrato

Il valore

corrisponde proprio alla definizione di dimensione frattale.

Per alcuni oggetti (quali il segmento, il quadrato , il cubo) essa coincide con la dimensione topologica, per altri no.

In effetti la dimensione frattale caratterizza una proprietà degli oggetti che non è presa in considerazione dal concetto classico di dimensione :il livello di autosimilarità .

Si chiama frattale un oggetto autosimile per cui la dimensione frattale è strettamente maggiore di quella topologica