Outdoor Life web-magazine - 04

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OUTDOOR LIFE WEB-MAGAZINE NATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE

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Alle radici dell'escursionismo. Magazine di natura, ambiente, escursionismo, mountainbike.

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OUTDOORLIFE WEB-MAGAZINENATURA.AMBIENTE.ESCURSIONISMO.MOUNTAINBIKE

Page 2: Outdoor Life web-magazine - 04

COME PER IL SOLE GIOISCO,

ALLORQUANDO PER IL SOLE GIOISCE

l’umore animale che arriva soffiato dal vento

oggi gestisce ed incide la mia giornatacosì che partirò a cercare requie

laddove il larice si rigenera

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COME PER IL SOLE GIOISCO,

ALLORQUANDO PER IL SOLE GIOISCE

l’umore animale che arriva soffiato dal vento

oggi gestisce ed incide la mia giornatacosì che partirò a cercare requie

laddove il larice si rigenera

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EDITORIALECapricci.Dovremmo essere qui a salutare la primavera accorciando maniche e braghe, esponendo lembi di pelle bianca al primo caldo sole di primavera ed invece:capricci.Laddove ti aspetti l’esplosione delle gemme, l’apertura del fiore, il verde dei prati che acquista vividezza e saturazione, troviamo invece:capricci.Già, perché Natura fa ciò che vuole e suo figlio il meteo ne è la più congeniale delle incarnazioni; così entrambi ora si prendono e ritardano il nostro risveglio di primavera e soddisfano i loro:capricci. E a noi non resta che pazientare ché siamo solo uomini e Natura non si comanda né tantomeno se ne impediscono i:capricci.

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EDITORIALECapricci.Dovremmo essere qui a salutare la primavera accorciando maniche e braghe, esponendo lembi di pelle bianca al primo caldo sole di primavera ed invece:capricci.Laddove ti aspetti l’esplosione delle gemme, l’apertura del fiore, il verde dei prati che acquista vividezza e saturazione, troviamo invece:capricci.Già, perché Natura fa ciò che vuole e suo figlio il meteo ne è la più congeniale delle incarnazioni; così entrambi ora si prendono e ritardano il nostro risveglio di primavera e soddisfano i loro:capricci. E a noi non resta che pazientare ché siamo solo uomini e Natura non si comanda né tantomeno se ne impediscono i:capricci.

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SOMMARIO

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SOMMARIOPAROLA D’ORDINE: SPETTACOLARIZZAREMedia e Natura: come cambia il rapporto

METEO: AMICO NEMICOLa primavera tarda ad arrivare: ce ne parla il metereologo

SALTI DEL DIAVOLOIn fuga dal traffico ancora una volta

VAL D’ORSIGNASui passi di Tiziano Terzani

GLI OCCHI SULLA NUCAImpariamo a vedere anche quello che c’è dietro di noi

VALLONE DI SAN GRATOZaino in spalla e fotografie

TRA VIGNETI E CASTELLISulle colline del basso Garda

TRAILEXPERIENCETedeschi di Liguria

IMPREVISTI IN MTBLa vignetta di Paolo Deandrea

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PAROLA D’ORDINE: SPETTACOLARIZZARE

Lorenzo Bassi

Capita ahimè sempre più spesso di imbattersi in un nuovo fenomeno che cresce sottotraccia e acquisisce spazio che non meriterebbe. Ma sic-come siamo fessi, tale fenomeno trova terreno fertile nella nostra fes-situdine (consentitemi il neologi-smo): sto parlando dell’operazione di spettacolarizzazione con cui ultima-mente i media approcciano e pro-pongono la Natura. Sia chiaro, non tutti sono coinvolti, ma la tendenza è quella di trasfor-mare ciò che fenomeno non è, perché semplicemente naturale, in un fenomeno da circo. Si sa da qualche anno ormai che il pesce grande mangia il pesce picco-lo ma se ciò in Natura è semplice-mente normale, per i media il pesce grande è un serial killer. Un assassi-no che viene presentato e descritto in modo morboso con il solo scopo di colpire sul piano emotivo in modo violento.È pur vero che la velocità sempre maggiore con cui si vive oggi porta

all’esagerazione e all’esasperazione finalizzate a produrre emozioni dirompenti e viva attenzione. Tutto ciò però a scapito della verità e della realtà che vengono distorte e rese inverosimili. Che messaggio passa se non quello che la Natura è perico-losa e bisogna starne il più lontano possibile?Mi ricordo che da bambino aspettavo con ansia le tre del pomeriggio per vedere il documentario sul 2. Il signore che conduceva, seduto in maniera elegante e composta, de-scriveva con tono pacato l’inevitabile naturalezza con cui mille ghepardi rincorrevano a cent’all’ora le loro mille prede. Alcune le raggiungeva-no e se le mangiavano.E di quelle immagini, ciò che da allora mi rimane nel cuore e nella pancia, non è né disgusto né spa-vento ma solo lo spettacolo della Natura.

Spettacolo, non avanspettacolo.

Media e Natura: come cambia il rapporto

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PAROLA D’ORDINE: SPETTACOLARIZZARE

Lorenzo Bassi

Capita ahimè sempre più spesso di imbattersi in un nuovo fenomeno che cresce sottotraccia e acquisisce spazio che non meriterebbe. Ma sic-come siamo fessi, tale fenomeno trova terreno fertile nella nostra fes-situdine (consentitemi il neologi-smo): sto parlando dell’operazione di spettacolarizzazione con cui ultima-mente i media approcciano e pro-pongono la Natura. Sia chiaro, non tutti sono coinvolti, ma la tendenza è quella di trasfor-mare ciò che fenomeno non è, perché semplicemente naturale, in un fenomeno da circo. Si sa da qualche anno ormai che il pesce grande mangia il pesce picco-lo ma se ciò in Natura è semplice-mente normale, per i media il pesce grande è un serial killer. Un assassi-no che viene presentato e descritto in modo morboso con il solo scopo di colpire sul piano emotivo in modo violento.È pur vero che la velocità sempre maggiore con cui si vive oggi porta

all’esagerazione e all’esasperazione finalizzate a produrre emozioni dirompenti e viva attenzione. Tutto ciò però a scapito della verità e della realtà che vengono distorte e rese inverosimili. Che messaggio passa se non quello che la Natura è perico-losa e bisogna starne il più lontano possibile?Mi ricordo che da bambino aspettavo con ansia le tre del pomeriggio per vedere il documentario sul 2. Il signore che conduceva, seduto in maniera elegante e composta, de-scriveva con tono pacato l’inevitabile naturalezza con cui mille ghepardi rincorrevano a cent’all’ora le loro mille prede. Alcune le raggiungeva-no e se le mangiavano.E di quelle immagini, ciò che da allora mi rimane nel cuore e nella pancia, non è né disgusto né spa-vento ma solo lo spettacolo della Natura.

Spettacolo, non avanspettacolo.

Media e Natura: come cambia il rapporto

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METEO: AMICO NEMICO

La redazione10

La primavera tarda ad arrivare: ce ne parla il meteorologo.

Zaino e scarponi sono lì che ti guar-dano e aspettano solo la tua chiama-ta. Purtroppo però fuori piove da setti-mane ormai e, nonostante la contrat-tazione quotidiana con Giove Pluvio, non sembra proprio voler smettere. Ma le previsioni cosa dicono? Quando esploderà la primavera? Ne parlo con il caro amico Lorenzo Cra-veri, agrometeorologo di ARPA. “Vedi - mi dice - se cerchi conforto nella meteorologia, sbagli già in par-tenza. Perché la meteorologia è una scienza che, seppur consapevole dei propri limiti, non può mentire. Vuoi che ti dica quando esploderà la primavera? Attualmente i modelli dicono che siamo in presenza di una situazione tipicamente primaverile ed instabile ma con temperature fresche per il periodo; quindi, se ti dicessi con certezza che settimana prossima potrai andare per sentieri in braghette corte oppure che dovrai aspettare ancora 15 giorni, sarei un ciarlatano. E poiché la meteorologia non mente, se non sa, non dice (o almeno do-vrebbe essere così anche se per qualcuno “basta dire” per “fare ascol-to”).Cerco di incalzare Lorenzo per farlo sbottonare un po’ ma lui, che al con-

trario di me è un vero scienziato, mi rimbrotta. “Le previsioni hanno un’alta attendibilità nei 3, massimo 5 giorni. Dal sesto giorno invece si parla di tendenza perché l’attendibilità ovviamente si abbassa man mano ci sia allontana dal mo-mento della previsione”. Cerco di fargli capire che a me queste cose non interessano e lui mi blocca subito. “Invece è fondamentale cono-scere questi aspetti della meteorolo-gia perché solo così potrai consultare i siti che parlano di meteorologia con occhio critico e capire se una previ-sione è sensata o se invece è frutto di interpretazioni un po’ artistiche della materia”.Alla fine comunque, vedendo che non parlo più e intuendo il mio dispia-cere, mi confida che l’ultima elabora-zione del “monthly model” (che lui consulta con le dovute cautele scien-tifiche ogni giovedì, giorno di uscita settimanale) mostra una situazione tendente a rientrare nella norma quindi con la primavera prossima all’arrivo, seppur in modo non esplo-sivo. “Peccato” dice. “Perché?” gli chiedo. “Perché la ripresa delle tue escursioni significa la fine delle mie sciate”.

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METEO: AMICO NEMICO

La redazione10

La primavera tarda ad arrivare: ce ne parla il meteorologo.

Zaino e scarponi sono lì che ti guar-dano e aspettano solo la tua chiama-ta. Purtroppo però fuori piove da setti-mane ormai e, nonostante la contrat-tazione quotidiana con Giove Pluvio, non sembra proprio voler smettere. Ma le previsioni cosa dicono? Quando esploderà la primavera? Ne parlo con il caro amico Lorenzo Cra-veri, agrometeorologo di ARPA. “Vedi - mi dice - se cerchi conforto nella meteorologia, sbagli già in par-tenza. Perché la meteorologia è una scienza che, seppur consapevole dei propri limiti, non può mentire. Vuoi che ti dica quando esploderà la primavera? Attualmente i modelli dicono che siamo in presenza di una situazione tipicamente primaverile ed instabile ma con temperature fresche per il periodo; quindi, se ti dicessi con certezza che settimana prossima potrai andare per sentieri in braghette corte oppure che dovrai aspettare ancora 15 giorni, sarei un ciarlatano. E poiché la meteorologia non mente, se non sa, non dice (o almeno do-vrebbe essere così anche se per qualcuno “basta dire” per “fare ascol-to”).Cerco di incalzare Lorenzo per farlo sbottonare un po’ ma lui, che al con-

trario di me è un vero scienziato, mi rimbrotta. “Le previsioni hanno un’alta attendibilità nei 3, massimo 5 giorni. Dal sesto giorno invece si parla di tendenza perché l’attendibilità ovviamente si abbassa man mano ci sia allontana dal mo-mento della previsione”. Cerco di fargli capire che a me queste cose non interessano e lui mi blocca subito. “Invece è fondamentale cono-scere questi aspetti della meteorolo-gia perché solo così potrai consultare i siti che parlano di meteorologia con occhio critico e capire se una previ-sione è sensata o se invece è frutto di interpretazioni un po’ artistiche della materia”.Alla fine comunque, vedendo che non parlo più e intuendo il mio dispia-cere, mi confida che l’ultima elabora-zione del “monthly model” (che lui consulta con le dovute cautele scien-tifiche ogni giovedì, giorno di uscita settimanale) mostra una situazione tendente a rientrare nella norma quindi con la primavera prossima all’arrivo, seppur in modo non esplo-sivo. “Peccato” dice. “Perché?” gli chiedo. “Perché la ripresa delle tue escursioni significa la fine delle mie sciate”.

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12 il Monkotesti e fotografie

SALTI DEL DIAVOLOIn fuga dal traffico ancora una volta

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12 il Monkotesti e fotografie

SALTI DEL DIAVOLOIn fuga dal traffico ancora una volta

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Come al solito, tutte le volte che prendo la macchina, e sono poche, finisco in una serie infinita di ingorghi colossali: quello per uscire dalla città, quello per uscire dalla tan-genziale e oggi anche questo: Cisa, auto-strada Parma - La Spezia.Decidiamo di uscire e percorrere la vecchia strada della Cisa, madre dell’autostrada e figlia della via Francigena che da queste parti passava per portare i pellegrini france-si dalla Val d’Aosta attraverso gli appennini e poi giù fino a Roma.Appena abbandonato l’ingorgo, clacson, prima-seconda, prima-seconda, folle e motore spento, imprecazioni e sproloqui, ci ritroviamo in un altro mondo. La mia utilitaria romba percorrendo su e giù la stretta linea d’asfalto che attraversa paesi semifantasmi dove abitazioni medievali si accompagnano a caselli e costruzioni anni ’50 dalla tipica, orrenda, forma parallelepipeda. Immagino quante auto e quanti camion siano passati da qui prima del 24 maggio 1975, data di apertura dell’autostrada che corre laggiù nel fondovalle. Quante storie di uomini e donne, di lavoro e fatica impegnati a dar vita al sogno della rinascita, al boom economico degli anni ’60.E ancor di più penso ai pellegrini che qui, freddo, caldo, pioggia vento e sole, passa-vano calpestando i sentieri verso il passo della Cisa e poi giù fino al Tirreno.Capitiamo a Cassio, ho fame… ci sarà qual-cuno che mangia in questo paese fantasma! Ci fermiamo nel negozietto che vende “com-mestibili” e la signora, che potrebbe avere l’età della nonna di mia nonna, mentre affet-ta pane e salame, ci chiede che ci facciamo lì e se siamo venuti per vedere i “Salti del Diavolo”.

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Come al solito, tutte le volte che prendo la macchina, e sono poche, finisco in una serie infinita di ingorghi colossali: quello per uscire dalla città, quello per uscire dalla tan-genziale e oggi anche questo: Cisa, auto-strada Parma - La Spezia.Decidiamo di uscire e percorrere la vecchia strada della Cisa, madre dell’autostrada e figlia della via Francigena che da queste parti passava per portare i pellegrini france-si dalla Val d’Aosta attraverso gli appennini e poi giù fino a Roma.Appena abbandonato l’ingorgo, clacson, prima-seconda, prima-seconda, folle e motore spento, imprecazioni e sproloqui, ci ritroviamo in un altro mondo. La mia utilitaria romba percorrendo su e giù la stretta linea d’asfalto che attraversa paesi semifantasmi dove abitazioni medievali si accompagnano a caselli e costruzioni anni ’50 dalla tipica, orrenda, forma parallelepipeda. Immagino quante auto e quanti camion siano passati da qui prima del 24 maggio 1975, data di apertura dell’autostrada che corre laggiù nel fondovalle. Quante storie di uomini e donne, di lavoro e fatica impegnati a dar vita al sogno della rinascita, al boom economico degli anni ’60.E ancor di più penso ai pellegrini che qui, freddo, caldo, pioggia vento e sole, passa-vano calpestando i sentieri verso il passo della Cisa e poi giù fino al Tirreno.Capitiamo a Cassio, ho fame… ci sarà qual-cuno che mangia in questo paese fantasma! Ci fermiamo nel negozietto che vende “com-mestibili” e la signora, che potrebbe avere l’età della nonna di mia nonna, mentre affet-ta pane e salame, ci chiede che ci facciamo lì e se siamo venuti per vedere i “Salti del Diavolo”.

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Presto detto, presto fatto. Quella che sembrava ormai essere una giornata da incubo, si trasforma in una folgo-rante scoperta.I salti del Diavolo.Prendiamo il sentiero chiamato “Via degli Scalpellini” ancora innevato che scende verso il torrente Baganza e lentamente ci immergiamo in un fitto bosco di quercia, cerro e carpino. Pur essendo fine marzo, i colori rossastri

delle foglie secche e l’azzurro del cielo ci fanno sentire in autunno (mentre la temperatura ci fa sentire in inverno). Sopra di noi si stagliano nel cielo i Salti del Diavolo, strette guglie e pareti rocciose che emergono in modo brusco ed impprovviso per alcune decine di metri rispetto al terreno cir-costante. Costituite da compatta roccia arena-ria, queste conformazioni sono state

usate come miniere dagli scalpellini locali per realizzare sculture ed ele-menti architettonici di pregio (portali, fontane, camini) che ancora oggi adornano le case e i borghi della Val Baganza e le pievi romaniche colloca-te lungo la Via Francigena.Giunti al torrente Baganza, ci riposia-mo: purtroppo si è fatto tardi e non possiamo salire, come la nonna della mia nonna ci aveva consigliato, fino a

Chiastre. Ma tanto ci basta: oggi ab-biamo scoperto un luogo nuovo, spet-tacolare e alternativo ai soliti circuiti. Esattamente come piace a noi.

Grazie agli amici di Liberi SpaziOutdoor Free Life - Free minds community

www.liberispazi.it

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Presto detto, presto fatto. Quella che sembrava ormai essere una giornata da incubo, si trasforma in una folgo-rante scoperta.I salti del Diavolo.Prendiamo il sentiero chiamato “Via degli Scalpellini” ancora innevato che scende verso il torrente Baganza e lentamente ci immergiamo in un fitto bosco di quercia, cerro e carpino. Pur essendo fine marzo, i colori rossastri

delle foglie secche e l’azzurro del cielo ci fanno sentire in autunno (mentre la temperatura ci fa sentire in inverno). Sopra di noi si stagliano nel cielo i Salti del Diavolo, strette guglie e pareti rocciose che emergono in modo brusco ed impprovviso per alcune decine di metri rispetto al terreno cir-costante. Costituite da compatta roccia arena-ria, queste conformazioni sono state

usate come miniere dagli scalpellini locali per realizzare sculture ed ele-menti architettonici di pregio (portali, fontane, camini) che ancora oggi adornano le case e i borghi della Val Baganza e le pievi romaniche colloca-te lungo la Via Francigena.Giunti al torrente Baganza, ci riposia-mo: purtroppo si è fatto tardi e non possiamo salire, come la nonna della mia nonna ci aveva consigliato, fino a

Chiastre. Ma tanto ci basta: oggi ab-biamo scoperto un luogo nuovo, spet-tacolare e alternativo ai soliti circuiti. Esattamente come piace a noi.

Grazie agli amici di Liberi SpaziOutdoor Free Life - Free minds community

www.liberispazi.it

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CASSIO

SALTI DEL DIAVOLO

Partenza: Cassio (PR)Tappa intermedia: Torrente BaganzaArrivo: Cassio (PR)Distanza totale: 4,2 kmAltitudine massima: 809 mAltitudine minima: 578 mTotale salita: 233 mDifficoltà: T

google earthvedi mappascarica GPX

TORRENTE BAGANZA0 2

600

1 3 4,2km4

700800900

SALTI DEL DIAVOLO

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CASSIO

SALTI DEL DIAVOLO

Partenza: Cassio (PR)Tappa intermedia: Torrente BaganzaArrivo: Cassio (PR)Distanza totale: 4,2 kmAltitudine massima: 809 mAltitudine minima: 578 mTotale salita: 233 mDifficoltà: T

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TORRENTE BAGANZA0 2

600

1 3 4,2km4

700800900

SALTI DEL DIAVOLO

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24 Gianfranco Braccitesti e fotografie

VAL D’ORSIGNASui passi di Tiziano Terzani

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24 Gianfranco Braccitesti e fotografie

VAL D’ORSIGNASui passi di Tiziano Terzani

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« Girati intorno Gianfranco. Guarda che spettacolo naturale! Hai mai visto niente di più bello ed intatto? Questa piccola valle è uguale a come la poteva vedere Adamo! Una bellezza arrivata a noi grazie alla mise-ria dei suoi abitanti, al suo decentramento, grazie al fatto che qui non ci sono impianti di risalita. Una bellezza che noi vorremmo rimanesse tale e quale fino alle prossime generazioni ed oltre. Tu puoi aiutarci a fare questo?”Con queste parole, il famoso scrittore Tizia-no Terzani, ormai scomparso, che ad Orsi-gna abitava almeno cinque mesi l’anno, dividendo la propria residenza fra l’Appennino e l’Himalaya, mi accolse nella sua panoramica casa immersa nel verde.Poi, sotto la sua bianca barba, riprese: “Dovete sapere che il rifugio Duca degli Abruzzi del CAI di Bologna è il più vecchio dell’intero Appennino (Giugno 1878). All’epoca si andava in Appennino con lo stesso spirito pionieristico con il quale si va adesso in Himalaya…con tanto di portatori locali. Era il tempo della nascita delle sezio-ni del Club Alpino Italiano di Bologna e di Firenze ed il Corno alle Scale con i suoi 2000 metri scarsi appariva una montagna impegnativa da scalare e da studiare Arri-varci dall’Orsigna è una gita bellissima che facevo da ragazzo”.

Ai tempi di Terzani si andava al Lago Scaffa-iolo solo per vedere nascere il sole, oppure nelle serate estive di luna piena. Adesso il rifugio è Posto Tappa G.E.A. (Grande Escursione Appenninica) ed è aperto quasi tutto l’anno.Noi quel giorno prendemmo la strada asfal-tata che dal villaggio di Orsigna sale alla “La Selva”.

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« Girati intorno Gianfranco. Guarda che spettacolo naturale! Hai mai visto niente di più bello ed intatto? Questa piccola valle è uguale a come la poteva vedere Adamo! Una bellezza arrivata a noi grazie alla mise-ria dei suoi abitanti, al suo decentramento, grazie al fatto che qui non ci sono impianti di risalita. Una bellezza che noi vorremmo rimanesse tale e quale fino alle prossime generazioni ed oltre. Tu puoi aiutarci a fare questo?”Con queste parole, il famoso scrittore Tizia-no Terzani, ormai scomparso, che ad Orsi-gna abitava almeno cinque mesi l’anno, dividendo la propria residenza fra l’Appennino e l’Himalaya, mi accolse nella sua panoramica casa immersa nel verde.Poi, sotto la sua bianca barba, riprese: “Dovete sapere che il rifugio Duca degli Abruzzi del CAI di Bologna è il più vecchio dell’intero Appennino (Giugno 1878). All’epoca si andava in Appennino con lo stesso spirito pionieristico con il quale si va adesso in Himalaya…con tanto di portatori locali. Era il tempo della nascita delle sezio-ni del Club Alpino Italiano di Bologna e di Firenze ed il Corno alle Scale con i suoi 2000 metri scarsi appariva una montagna impegnativa da scalare e da studiare Arri-varci dall’Orsigna è una gita bellissima che facevo da ragazzo”.

Ai tempi di Terzani si andava al Lago Scaffa-iolo solo per vedere nascere il sole, oppure nelle serate estive di luna piena. Adesso il rifugio è Posto Tappa G.E.A. (Grande Escursione Appenninica) ed è aperto quasi tutto l’anno.Noi quel giorno prendemmo la strada asfal-tata che dal villaggio di Orsigna sale alla “La Selva”.

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Noi quel giorno prendemmo la strada asfaltata che dal villaggio di Orsigna sale alla “La Selva”.Passo dopo passo, avvolti nell’ombrosa e silente foresta, cominciavamo a capire il perché il grande giornalista e scrittore volesse sempre ritornare in quella valle, un mondo ovattato ed appartato situato a poche decine di chilometri dal città di Pistoia. Procedendo lungo la mulattiera, ben evidenziata da lastre di pietra messe per coltello ai bordi della via, mi veniva in mente l’Irlanda. Poi la salita si faceva sempre più ripida per guadagnare la faggeta costeggiata da fitti filari di alberi nodosi e secolari. Quel tratto ci appariva davvero suggestivo: ed alla lenta cadenza del passo, si potevano provare le stesse sensazioni dei nostri avi: taglialegna, carbonai e contrabbandieri, tutti viaggiatori poveri che vivevano grazie al bosco che, rimasto intatto nei secoli, ammalia ancora il visitatore moderno che riesce a percepirne l’energia positiva.Poi lentamente uscimmo dal bosco per giungere al Rifugio di Porta Franca, toponimo eloquente sulla posizione del luogo che una volta fungeva da frontiera fra antichi stati.Appena sopra, nella solare luce dell’alta montagna, ci fermammo per abbeverarci alla fresca fonte dell’Uccelliera dove il panorama si allargava verso le valli interne dell’Emilia: quinte ricoperte di vegetazione apparivano come in un sogno dove le “nude” e i prati a

mirtillo, sembravano lottare con la faggeta che i forti venti dominanti obbligano a crescere più in basso. Ancora qualche minuto di cammino e giungemmo al passo del Cancellino dove ci apparve superba la parete del Corno alle Scale (1943 m) che strapiomba giù in basso. Affrontata la dura ma breve salita dello Strofinatoio che immette nel circo glaciale del Corno alle Scale ci sedemmo un istante ad ammirare lo stupendo panoramma che da lì abbraccia l’Appennino. Saziato il nosrto sguardo, riprendemmo il cammino e in breve giungemmo al laghetto dello Scaffaiolo ed al suo storico rifugio ormai ricostruito con semplice e confortevole modernità. Il piccolo specchio d’acqua, nei secoli ha dato origine a varie leggende che trovano riscontro nei terribili venti di tempesta che tutt’oggi riescono talvolta a sollevarne le onde fino a cinque metri di altezza. Noi però quel giorno fummo molto più fortunati e, prima di entrare in rifugio a bere un thè caldo, ci sdraiammo sulla rive a goderci il sole della tarda primavera.

Gianfranco BracciSlow & cultural tourism

www.gianfrancobracci.it/ www.appenninoslow.it/

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Noi quel giorno prendemmo la strada asfaltata che dal villaggio di Orsigna sale alla “La Selva”.Passo dopo passo, avvolti nell’ombrosa e silente foresta, cominciavamo a capire il perché il grande giornalista e scrittore volesse sempre ritornare in quella valle, un mondo ovattato ed appartato situato a poche decine di chilometri dal città di Pistoia. Procedendo lungo la mulattiera, ben evidenziata da lastre di pietra messe per coltello ai bordi della via, mi veniva in mente l’Irlanda. Poi la salita si faceva sempre più ripida per guadagnare la faggeta costeggiata da fitti filari di alberi nodosi e secolari. Quel tratto ci appariva davvero suggestivo: ed alla lenta cadenza del passo, si potevano provare le stesse sensazioni dei nostri avi: taglialegna, carbonai e contrabbandieri, tutti viaggiatori poveri che vivevano grazie al bosco che, rimasto intatto nei secoli, ammalia ancora il visitatore moderno che riesce a percepirne l’energia positiva.Poi lentamente uscimmo dal bosco per giungere al Rifugio di Porta Franca, toponimo eloquente sulla posizione del luogo che una volta fungeva da frontiera fra antichi stati.Appena sopra, nella solare luce dell’alta montagna, ci fermammo per abbeverarci alla fresca fonte dell’Uccelliera dove il panorama si allargava verso le valli interne dell’Emilia: quinte ricoperte di vegetazione apparivano come in un sogno dove le “nude” e i prati a

mirtillo, sembravano lottare con la faggeta che i forti venti dominanti obbligano a crescere più in basso. Ancora qualche minuto di cammino e giungemmo al passo del Cancellino dove ci apparve superba la parete del Corno alle Scale (1943 m) che strapiomba giù in basso. Affrontata la dura ma breve salita dello Strofinatoio che immette nel circo glaciale del Corno alle Scale ci sedemmo un istante ad ammirare lo stupendo panoramma che da lì abbraccia l’Appennino. Saziato il nosrto sguardo, riprendemmo il cammino e in breve giungemmo al laghetto dello Scaffaiolo ed al suo storico rifugio ormai ricostruito con semplice e confortevole modernità. Il piccolo specchio d’acqua, nei secoli ha dato origine a varie leggende che trovano riscontro nei terribili venti di tempesta che tutt’oggi riescono talvolta a sollevarne le onde fino a cinque metri di altezza. Noi però quel giorno fummo molto più fortunati e, prima di entrare in rifugio a bere un thè caldo, ci sdraiammo sulla rive a goderci il sole della tarda primavera.

Gianfranco BracciSlow & cultural tourism

www.gianfrancobracci.it/ www.appenninoslow.it/

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ORSIGNA

M.te CORNO

M.te GENNAIO

Partenza: Orsigna (PT)Arrivo: Rif. GEA Distanza totale: 11,5 kmAltitudine massima: 1855 mAltitudine minima: 806 mTotale salita: 1484 mDifficoltà: E

0 2

1000

1500

2000

6 8 10 11,5km

google earthvedi mappascarica GPX

M.te ORSIGNA

Rif. DUCA DEGLI ABRUZZI

4

Rif. PORTA FRANCA

SCAFFAIOLO

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ORSIGNA

M.te CORNO

M.te GENNAIO

Partenza: Orsigna (PT)Arrivo: Rif. GEA Distanza totale: 11,5 kmAltitudine massima: 1855 mAltitudine minima: 806 mTotale salita: 1484 mDifficoltà: E

0 2

1000

1500

2000

6 8 10 11,5km

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M.te ORSIGNA

Rif. DUCA DEGLI ABRUZZI

4

Rif. PORTA FRANCA

SCAFFAIOLO

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GLI OCCHI SULLA NUCA

www.sittablog.comGiorgio Sitta36

Uno dei vezzi più diffusi tra i fotografi di paesaggio, soprattutto se si muo-vono su un sentiero "ad anello" è quello di guardare e fotografare sol-tanto ciò che hanno davanti a sé e, al limite, al loro fianco.Questo vizio aumenta poi spesso in modo esponenziale con la difficoltà dell'escursione e in presenza di sog-getti noti di fronte a noi.Per correggere questa abitudine radicata vi suggerisco di provare a muovervi in un'escursione molto semplice, che vi lasci tutto il tempo per fermarvi con calma e guardarvi alle spalle.I due scatti che vi propongo sono il risultato di un esperimento di questo tipo.Sono stati effettuati lungo il sentiero (segnavia n. 14) che collega il

comune di Gressoney Saint Jean con quello di Gressoney La Trinité, in Valle d'Aosta.Salendo si è spesso in vista del Monte Rosa, fotografato in mille im-magini simili a quella che vedete a sinistra.Guardare verso il fondovalle, invece, mi ha permesso un secondo scatto, a mio avviso più interessante per le forme della neve, per la composizio-ne e per la drammaticità del controlu-ce e delle nuvole (vedi pag. seguen-te). È interessante notare che la post produzione delle due fotografie è stata più o meno simile, ma con due risultati molto differenti anche in ter-mini di mood.Impariamo, quindi, a vedere anche quello che c'è dietro di noi.

Impariamo a vedere anche quello che c’è dietro di noi

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GLI OCCHI SULLA NUCA

www.sittablog.comGiorgio Sitta36

Uno dei vezzi più diffusi tra i fotografi di paesaggio, soprattutto se si muo-vono su un sentiero "ad anello" è quello di guardare e fotografare sol-tanto ciò che hanno davanti a sé e, al limite, al loro fianco.Questo vizio aumenta poi spesso in modo esponenziale con la difficoltà dell'escursione e in presenza di sog-getti noti di fronte a noi.Per correggere questa abitudine radicata vi suggerisco di provare a muovervi in un'escursione molto semplice, che vi lasci tutto il tempo per fermarvi con calma e guardarvi alle spalle.I due scatti che vi propongo sono il risultato di un esperimento di questo tipo.Sono stati effettuati lungo il sentiero (segnavia n. 14) che collega il

comune di Gressoney Saint Jean con quello di Gressoney La Trinité, in Valle d'Aosta.Salendo si è spesso in vista del Monte Rosa, fotografato in mille im-magini simili a quella che vedete a sinistra.Guardare verso il fondovalle, invece, mi ha permesso un secondo scatto, a mio avviso più interessante per le forme della neve, per la composizio-ne e per la drammaticità del controlu-ce e delle nuvole (vedi pag. seguen-te). È interessante notare che la post produzione delle due fotografie è stata più o meno simile, ma con due risultati molto differenti anche in ter-mini di mood.Impariamo, quindi, a vedere anche quello che c'è dietro di noi.

Impariamo a vedere anche quello che c’è dietro di noi

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40 Giorgio Sittatesti e fotografie

VALLONE DI SAN GRATOZaino in spalle e fotografia

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40 Giorgio Sittatesti e fotografie

VALLONE DI SAN GRATOZaino in spalle e fotografia

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SHOOTING SPOTIl Vallone di San Grato a Issime (AO)Se siete appassionati di fotografia, vi consi-gliamo una gita nel Vallone di San Grato, rag-giungibile dal comune di Issime (AO), situato nella Valle del Lys (che alcuni chiamano anche Valle di Gressoney).Sorpassato (salendo) il centro abitato, girate a sinistra e seguite le indicazioni per Grand Champ, Crose e Rollie, sino a quando la strada è interdetta al traffico, percorribile, nel caso di interruzioni momentanee prima del punto di chiusura ufficiale. Dopo avere parcheggiato l'auto, dovete pro-seguire lungo la strada principale che, con un percorso lungo e pieno di tornanti, porta fino alla chiesetta di San Grato, per raggiungere (segnavia 1C, in alternativa si può percorrere una sorta di anello, salendo per un tratto per il sentiero 1 per poi riprendere l’1C) in direzione sud-est per poi puntare a est, gli altri insedia-menti Walser. Seguendo sempre la stessa direzione si giunge nel pieno del vallone, lungo il sentiero che costeggia il bosco. Proseguendo lungo il sentiero si giunge nella parte finale del vallone, in vista del colle Don-deuil e delle Dame di Challand.L'escursione è facile (tanto da essere accessi-bile anche agli iscritti ai nostri corsi di fotogra-fia di architettura, molti dei quali portano con sé il pesante e ingombrante banco ottico), percorribile anche in MTB e unisce notevoli aspetti paesaggistici e splendidi esempi di architettura Walser

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SHOOTING SPOTIl Vallone di San Grato a Issime (AO)Se siete appassionati di fotografia, vi consi-gliamo una gita nel Vallone di San Grato, rag-giungibile dal comune di Issime (AO), situato nella Valle del Lys (che alcuni chiamano anche Valle di Gressoney).Sorpassato (salendo) il centro abitato, girate a sinistra e seguite le indicazioni per Grand Champ, Crose e Rollie, sino a quando la strada è interdetta al traffico, percorribile, nel caso di interruzioni momentanee prima del punto di chiusura ufficiale. Dopo avere parcheggiato l'auto, dovete pro-seguire lungo la strada principale che, con un percorso lungo e pieno di tornanti, porta fino alla chiesetta di San Grato, per raggiungere (segnavia 1C, in alternativa si può percorrere una sorta di anello, salendo per un tratto per il sentiero 1 per poi riprendere l’1C) in direzione sud-est per poi puntare a est, gli altri insedia-menti Walser. Seguendo sempre la stessa direzione si giunge nel pieno del vallone, lungo il sentiero che costeggia il bosco. Proseguendo lungo il sentiero si giunge nella parte finale del vallone, in vista del colle Don-deuil e delle Dame di Challand.L'escursione è facile (tanto da essere accessi-bile anche agli iscritti ai nostri corsi di fotogra-fia di architettura, molti dei quali portano con sé il pesante e ingombrante banco ottico), percorribile anche in MTB e unisce notevoli aspetti paesaggistici e splendidi esempi di architettura Walser

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Non a caso abbiamo scelto quest'area come location privilegiata per alcuni dei nostri workshop fotografici, ma è un luogo che consigliamo veramente

a chiunque. Nella stagione invernale occorre prestare preventivamente molta attenzione per le condizioni della neve e per quelle della strada di

accesso, spesso chiusa. Conviene sempre informarsi prima di raggiunge-re la località.Stagione privilegiata per i “cacciatori

di immagini” è, ovviamente, l’autunno.

Giorgio Sittawww.giorgiositta.com/

www.sittablog.com/

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Non a caso abbiamo scelto quest'area come location privilegiata per alcuni dei nostri workshop fotografici, ma è un luogo che consigliamo veramente

a chiunque. Nella stagione invernale occorre prestare preventivamente molta attenzione per le condizioni della neve e per quelle della strada di

accesso, spesso chiusa. Conviene sempre informarsi prima di raggiunge-re la località.Stagione privilegiata per i “cacciatori

di immagini” è, ovviamente, l’autunno.

Giorgio Sittawww.giorgiositta.com/

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ISSIME - Loc. S. Margherita

Partenza: Issime Loc. S. Margherita (AO)Arrivo: Issime Loc. S. Margherita (AO)Distanza totale: 10,1 kmAltitudine massima: 1985 mAltitudine minima: 1425 mTotale salita: 560 mDifficoltà: E

0 2

2000

1600

6 8 10,1km

google earthvedi mappascarica GPX

4

SAN GRATO

MADONNA d. NEVI

1800

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ISSIME - Loc. S. Margherita

Partenza: Issime Loc. S. Margherita (AO)Arrivo: Issime Loc. S. Margherita (AO)Distanza totale: 10,1 kmAltitudine massima: 1985 mAltitudine minima: 1425 mTotale salita: 560 mDifficoltà: E

0 2

2000

1600

6 8 10,1km

google earthvedi mappascarica GPX

4

SAN GRATO

MADONNA d. NEVI

1800

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WORKSHOP18-19 maggio 2013

ESCURSIONISMO

FOTOGRAFIA

Il GPS per le attività outdoor

La luce, il paesaggio e il software

Coordinatore: Lorenzo Bassi - Naturtecnica

Coordinatore: Giorgio Sitta - Mountaincreativelab

VIDEOCorso base di video digitaleCoordinatore: Davide Grimoldi - Mountainclick

Prim’Alpe - Canzo (CO)

Un intero weekend dedicato agli escursionisti che vogliono migliorare la conoscenza e l’utilizzo degli strumenti cartografici, fotografici e video!

CONTATTI: [email protected] tel. 340 3468347

In collaborazione con:

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WORKSHOP18-19 maggio 2013

ESCURSIONISMO

FOTOGRAFIA

Il GPS per le attività outdoor

La luce, il paesaggio e il software

Coordinatore: Lorenzo Bassi - Naturtecnica

Coordinatore: Giorgio Sitta - Mountaincreativelab

VIDEOCorso base di video digitaleCoordinatore: Davide Grimoldi - Mountainclick

Prim’Alpe - Canzo (CO)

Un intero weekend dedicato agli escursionisti che vogliono migliorare la conoscenza e l’utilizzo degli strumenti cartografici, fotografici e video!

CONTATTI: [email protected] tel. 340 3468347

In collaborazione con:

Info e programma

Info e programma

Info e programma

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52 Lorenzo Bassitesti e fotografie

TRA VIGNETI E CASTELLISulle colline del basso Garda

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52 Lorenzo Bassitesti e fotografie

TRA VIGNETI E CASTELLISulle colline del basso Garda

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Si parte così, senza nessuna aspettativa, approfittando di una rara giornata di sole di cui questo lungo inverno è stato assai avaro. L’importante però oggi è andare e pedalare, il più possibile lontano dal bitume, dal gas di scarico e dal traffico.Per me che vivo in città, è inevitabile il para-dosso di dover contribuire io stesso al traffi-co per uscire dal traffico, allungare la coda per allontanarmi dalle code. Decido così, d’impulso: dopo aver passato tutto l’inverno a pedalare e spingere la mia MTB nella neve, accetto, seppur controvo-glia, di essere e fare traffico per un’infinita ora e mezza e dirigo la mia utilitaria verso una zona che dovrebbe essere scevra di neve. Questo, per quel che ne so, potrebbe essere l’unico pregio.Arrivo a Lonato del Garda e parcheggio nel parcheggio di un immenso centro commer-ciale: sceso dall’auto, mi prende a sberle un vento gelido. Odio il vento ancor più quando è gelido.Salto sulla MTB e mi dirigo, ovviamente controvento, seguendo la traccia GPS scari-cata da un social verso l’inizio del sentiero.Essendo una traccia scaricata da un social e senza nessuna “certificazione”, dopo un chilometro mi sono già perso e per recuperare la direzione giusta devo attra-versare trasversalmente un campo appena arato. Temo fortemente la schioppettata dell’agricolo incazzato.Controvento freddo, percorso inesistente e bersaglio mobile: è l’inizio della giornata.Ma, come sempre accade, quando tutto sembra dimostrare che forse oggi avresti fatto bene a startene a casa, ecco che esplode la sorpresa.

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Si parte così, senza nessuna aspettativa, approfittando di una rara giornata di sole di cui questo lungo inverno è stato assai avaro. L’importante però oggi è andare e pedalare, il più possibile lontano dal bitume, dal gas di scarico e dal traffico.Per me che vivo in città, è inevitabile il para-dosso di dover contribuire io stesso al traffi-co per uscire dal traffico, allungare la coda per allontanarmi dalle code. Decido così, d’impulso: dopo aver passato tutto l’inverno a pedalare e spingere la mia MTB nella neve, accetto, seppur controvo-glia, di essere e fare traffico per un’infinita ora e mezza e dirigo la mia utilitaria verso una zona che dovrebbe essere scevra di neve. Questo, per quel che ne so, potrebbe essere l’unico pregio.Arrivo a Lonato del Garda e parcheggio nel parcheggio di un immenso centro commer-ciale: sceso dall’auto, mi prende a sberle un vento gelido. Odio il vento ancor più quando è gelido.Salto sulla MTB e mi dirigo, ovviamente controvento, seguendo la traccia GPS scari-cata da un social verso l’inizio del sentiero.Essendo una traccia scaricata da un social e senza nessuna “certificazione”, dopo un chilometro mi sono già perso e per recuperare la direzione giusta devo attra-versare trasversalmente un campo appena arato. Temo fortemente la schioppettata dell’agricolo incazzato.Controvento freddo, percorso inesistente e bersaglio mobile: è l’inizio della giornata.Ma, come sempre accade, quando tutto sembra dimostrare che forse oggi avresti fatto bene a startene a casa, ecco che esplode la sorpresa.

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Il percorso che sto seguendo un po’ sul GPS e un po’ per istinto comincia ad addentrarsi su e giù per le colline del Basso Garda bresciano. Si alternano vigneti e maneggi nel silenzio assoluto e vuoi per la conformazione collinare del luogo, vuoi perché pedalando ci si riscalda, il controvento freddo svanisce. Se ci aggiungiamo poi che le mie natiche sono state risparmiate dall’agricola schioppettata, beh, ecco, forse… manca solo…E invece trovo anche quel “solo”: al di là di una curva mi si apre un sorprendente paesaggio bucolico fatto di pascoli ampissimi sui quali il bestiame, vacche e cavalli, pascola e rumina placido e silenzioso. E là in fondo, al termine della strada bianca che sto percorrendo, si erge un fantastico castello che poi scopro essere il Castello di Drugolo. Non posso che fermarmi a contemplare: il posto, oltre ad essere fuori dal mondo, sembra essere anche fuori dal tempo tanto che io e la mia MTB, così moderni e tecnologici, rischiamo quasi di rovinare l’atmosfera antica.Lungo il percorso incontro poi altri luoghi ricchi di fascino, come l’Abazia di Maguzzano e il Castello di Padenghe sul Garda, tutti immersi in un quieto paesaggio collinare così intriso dell’azione dell’uomo.Un’azione morbida e conservatrice però, alternativa a quella aggressiva del bitume dalla quale ogni giorno scappo, se non fisicamente, almeno col pensiero.

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Il percorso che sto seguendo un po’ sul GPS e un po’ per istinto comincia ad addentrarsi su e giù per le colline del Basso Garda bresciano. Si alternano vigneti e maneggi nel silenzio assoluto e vuoi per la conformazione collinare del luogo, vuoi perché pedalando ci si riscalda, il controvento freddo svanisce. Se ci aggiungiamo poi che le mie natiche sono state risparmiate dall’agricola schioppettata, beh, ecco, forse… manca solo…E invece trovo anche quel “solo”: al di là di una curva mi si apre un sorprendente paesaggio bucolico fatto di pascoli ampissimi sui quali il bestiame, vacche e cavalli, pascola e rumina placido e silenzioso. E là in fondo, al termine della strada bianca che sto percorrendo, si erge un fantastico castello che poi scopro essere il Castello di Drugolo. Non posso che fermarmi a contemplare: il posto, oltre ad essere fuori dal mondo, sembra essere anche fuori dal tempo tanto che io e la mia MTB, così moderni e tecnologici, rischiamo quasi di rovinare l’atmosfera antica.Lungo il percorso incontro poi altri luoghi ricchi di fascino, come l’Abazia di Maguzzano e il Castello di Padenghe sul Garda, tutti immersi in un quieto paesaggio collinare così intriso dell’azione dell’uomo.Un’azione morbida e conservatrice però, alternativa a quella aggressiva del bitume dalla quale ogni giorno scappo, se non fisicamente, almeno col pensiero.

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LONATO

Partenza: Lonato (BS)Arrivo: Lonato (BS)Distanza totale: 23 kmAltitudine massima: 235 mAltitudine minima: 95 mTotale salita: 252 mTotale discesa: 252 m PADENGHE

google earthvedi mappascarica GPX

0 5

250

15 23km10 20

DRUGOLO

MAGUZZANO

200

150

100

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LONATO

Partenza: Lonato (BS)Arrivo: Lonato (BS)Distanza totale: 23 kmAltitudine massima: 235 mAltitudine minima: 95 mTotale salita: 252 mTotale discesa: 252 m PADENGHE

google earthvedi mappascarica GPX

0 5

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DRUGOLO

MAGUZZANO

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TRAILEXPERIENCETedeschi di Liguria

testo Enrico Frumentofotografie Mathias Marschner

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TRAILEXPERIENCETedeschi di Liguria

testo Enrico Frumentofotografie Mathias Marschner

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Come tutte le avventure che si rispettano anche questa inizia per caso, complice una rinnovata passione per la mia terra, per Facebook e la malattia della mountain bike. Ma andiamo con ordine. È da quanto il virus della MTB si è impa-dronito di me che ho ripreso ad esplorare la mia terra di origine; da sempre ho avuto la passione per le camminate lungo i sen-tieri dei monti della provincia di Imperia, alla ricerca delle storie che le pietre sanno raccontare, delle testimonianze di un pas-sato mai del tutto passato. Ho sempre amato parlare con le persone dei paesi, scoprire i sentieri dei loro rac-conti e percorrerli per riappropriarmi del senso delle cose andate e di quelle a venire. Complice il poco tempo, avevo lentamente abbandonato questo tipo di trekking, poiché per coprire grandi distanze, di tempo, ne occorre tanto. La MTB è stata in questo senso una folgo-razione visto che permette di percorrere gli stessi sentieri con molto meno tempo e tanta soddisfazione! Ho quindi ripreso qualche anno addietro ad esplorare meto-dicamente le valli Imperiesi: con libri di storia, mappe militari e racconti del nonno alla mano, mi sono documentato ed ho riscoperto una serie infinita di sentieri, mu-lattiere, storie e passioni. Ho scoperto come la valle Prino in partico-lare sia un crocevia unico di sentieri e di mulattiere che ha pochi pari in Italia: una zona ricca produttrice di oro liquido (olio) contesa da sempre fra tre stati, Piemonte, Repubblica di Genova e Francia. Un vero divertimento per l'animo il fisico, l'occhio ed il palato.

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Come tutte le avventure che si rispettano anche questa inizia per caso, complice una rinnovata passione per la mia terra, per Facebook e la malattia della mountain bike. Ma andiamo con ordine. È da quanto il virus della MTB si è impa-dronito di me che ho ripreso ad esplorare la mia terra di origine; da sempre ho avuto la passione per le camminate lungo i sen-tieri dei monti della provincia di Imperia, alla ricerca delle storie che le pietre sanno raccontare, delle testimonianze di un pas-sato mai del tutto passato. Ho sempre amato parlare con le persone dei paesi, scoprire i sentieri dei loro rac-conti e percorrerli per riappropriarmi del senso delle cose andate e di quelle a venire. Complice il poco tempo, avevo lentamente abbandonato questo tipo di trekking, poiché per coprire grandi distanze, di tempo, ne occorre tanto. La MTB è stata in questo senso una folgo-razione visto che permette di percorrere gli stessi sentieri con molto meno tempo e tanta soddisfazione! Ho quindi ripreso qualche anno addietro ad esplorare meto-dicamente le valli Imperiesi: con libri di storia, mappe militari e racconti del nonno alla mano, mi sono documentato ed ho riscoperto una serie infinita di sentieri, mu-lattiere, storie e passioni. Ho scoperto come la valle Prino in partico-lare sia un crocevia unico di sentieri e di mulattiere che ha pochi pari in Italia: una zona ricca produttrice di oro liquido (olio) contesa da sempre fra tre stati, Piemonte, Repubblica di Genova e Francia. Un vero divertimento per l'animo il fisico, l'occhio ed il palato.

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Ma è questo punto in cui inizia la storia che vi voglio raccontare...Nel pieno delle mie esplorazioni mi imbatto un giorno, tramite Facebook, in Mathias: un ragazzo tedesco (bavarese ci tiene a precisare lui) che accompagna altri biker con una picco-la ditta di nome "Progetto Annibale", diventata poi TrailXperience. Lui, scopro, ha in testa un’idea ambi-ziosa: portare dei turisti biker a passa-re delle settimane nella valle che io

stavo proprio iniziando a riscoprire. Anche lui era stato ammaliato per caso dalle bellezze dei posti e dalla infinita combinazione di sentieri che la valle offre. C'era capitato per caso di rientro dalla costa azzurra! Più tardi, al nostro primo incontro, avrà occasione di dirmi, nel suo tipico italiano tedescoide: "ho girato tanti posti ma valle Prino è perfecta per biker, sentieri, kultura, bike nature & soul" (vabbè esagero un poco, lui in

realtà parla bene l'italiano). Ho capito comunque subito che c'era spazio per intendersi: il suo motto " bike nature & soul" mi piaceva, era esattamente il mio a pensarci bene!Mi sono quindi subito proposto per fargli da guida locale, di insegnargli alcuni sentieri e raccontargli le storie che conoscevo tanto bene: incredibi-le, avevo trovato uno che mi stava a sentire e pensava pure che fossero cose interessanti!

Tanto è vero che subito lui e gli altri amici di TrailXperience hanno iniziato a chiamarmi il loro "rolling history book".È verso Natale del 2011 però che la storia prende una piega interessante: Mathias mi dice che intende organiz-zare una settimana itinerante nella valle Prino, portando un gruppo di una decina di biker in giro per 6 giorni, ad assaporare sentieri, posti, cibo e storie.

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Ma è questo punto in cui inizia la storia che vi voglio raccontare...Nel pieno delle mie esplorazioni mi imbatto un giorno, tramite Facebook, in Mathias: un ragazzo tedesco (bavarese ci tiene a precisare lui) che accompagna altri biker con una picco-la ditta di nome "Progetto Annibale", diventata poi TrailXperience. Lui, scopro, ha in testa un’idea ambi-ziosa: portare dei turisti biker a passa-re delle settimane nella valle che io

stavo proprio iniziando a riscoprire. Anche lui era stato ammaliato per caso dalle bellezze dei posti e dalla infinita combinazione di sentieri che la valle offre. C'era capitato per caso di rientro dalla costa azzurra! Più tardi, al nostro primo incontro, avrà occasione di dirmi, nel suo tipico italiano tedescoide: "ho girato tanti posti ma valle Prino è perfecta per biker, sentieri, kultura, bike nature & soul" (vabbè esagero un poco, lui in

realtà parla bene l'italiano). Ho capito comunque subito che c'era spazio per intendersi: il suo motto " bike nature & soul" mi piaceva, era esattamente il mio a pensarci bene!Mi sono quindi subito proposto per fargli da guida locale, di insegnargli alcuni sentieri e raccontargli le storie che conoscevo tanto bene: incredibi-le, avevo trovato uno che mi stava a sentire e pensava pure che fossero cose interessanti!

Tanto è vero che subito lui e gli altri amici di TrailXperience hanno iniziato a chiamarmi il loro "rolling history book".È verso Natale del 2011 però che la storia prende una piega interessante: Mathias mi dice che intende organiz-zare una settimana itinerante nella valle Prino, portando un gruppo di una decina di biker in giro per 6 giorni, ad assaporare sentieri, posti, cibo e storie.

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Lasciatemelo dire, una occasione fantasti-ca per fare da cicerone a qualcuno di nuovo, mi sono proposto subito come guida, aiuto-guida o almeno scopino (l'ultimo della fila). Ed è così che conosco gli altri del gruppo: Kerstin, Tobias, Bastian e Rönne.Il tempo passa, la prima edizione è previ-sta per Aprile e tutta la macchina per attrar-re bikers deve mettersi in moto: durante quei mesi i ragazzi di TrainXperience rea-lizzano alcuni video (uno lo trovate in questo numero del magazine), si provano i sentieri, si organizza la settimana, si trova dove dormire ecc.. Il risultato è che parte in Aprile il primo TrailCamp Liguria: 6 giorni di avventure in bici, con istruttori e guide qualificati (non io, visto che la mia tecnica era decisamente limitata), sentieri da sogno totalmente ine-diti, un "rolling history book" privato (questo sì, io), pappa, nanna e officina con servizio bagagli. All-inclusive, Venghino signori, Venghino!Che dire rispetto al modo solito di concepi-re le vacanze in bici per me è una rivoluzio-ne: salire in montagna, godersi un picnic organizzato in vetta con pane e tumatte, mortadella e parmigiano, fare un bel corso di tecnica di guida e poi giù per i sentieri a smaltire la pappa e sperimentare quanto imparato. Questo è (a mio modo di vedere) l’all-mountain più vero, in cui alla tecnica del sentiero si affiancano una serie lunga di altre sensazioni.La settimana è divisa in due: la prima metà a girare nella valle Prino su sentieri abba-stanza differenti fra loro, per armonizzare il livello tecnico del gruppo, la seconda metà invece ci si trasferisce poco a nord per cambiare zona.

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Lasciatemelo dire, una occasione fantasti-ca per fare da cicerone a qualcuno di nuovo, mi sono proposto subito come guida, aiuto-guida o almeno scopino (l'ultimo della fila). Ed è così che conosco gli altri del gruppo: Kerstin, Tobias, Bastian e Rönne.Il tempo passa, la prima edizione è previ-sta per Aprile e tutta la macchina per attrar-re bikers deve mettersi in moto: durante quei mesi i ragazzi di TrainXperience rea-lizzano alcuni video (uno lo trovate in questo numero del magazine), si provano i sentieri, si organizza la settimana, si trova dove dormire ecc.. Il risultato è che parte in Aprile il primo TrailCamp Liguria: 6 giorni di avventure in bici, con istruttori e guide qualificati (non io, visto che la mia tecnica era decisamente limitata), sentieri da sogno totalmente ine-diti, un "rolling history book" privato (questo sì, io), pappa, nanna e officina con servizio bagagli. All-inclusive, Venghino signori, Venghino!Che dire rispetto al modo solito di concepi-re le vacanze in bici per me è una rivoluzio-ne: salire in montagna, godersi un picnic organizzato in vetta con pane e tumatte, mortadella e parmigiano, fare un bel corso di tecnica di guida e poi giù per i sentieri a smaltire la pappa e sperimentare quanto imparato. Questo è (a mio modo di vedere) l’all-mountain più vero, in cui alla tecnica del sentiero si affiancano una serie lunga di altre sensazioni.La settimana è divisa in due: la prima metà a girare nella valle Prino su sentieri abba-stanza differenti fra loro, per armonizzare il livello tecnico del gruppo, la seconda metà invece ci si trasferisce poco a nord per cambiare zona.

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Durante la settimana Tobias e Mathias danno il loro meglio e finalmente riesco ad imparare una volta per tutte come si va in MTB. Una lezione che non scorderò mai: come bilanciare i pesi, come affrontare le curve, in generale come sentirsi più sicuri. Cose base direte voi, ma la mountainbike, l'ho scoperto proprio allora, è un po’ come l'inglese: impari a parlarlo da solo e riesci a farti capire, ma raramente qualcuno ti cor-regge e continui a perseverare con i tuoi errori. Il fatto che uno riesca a fare un sentiero senza cadere non è necessariamente indice del fatto che sappia andare in bici!La settimana vola, riscopro e faccio risco-prire cose che la tradizione ligure ci ha tra-mandato e scopro come anche solo rac-contare come si coltivano gli ulivi sia fonte di grande stupore da parte di questi ragaz-zi. Proprio allora, ancora una volta, realizzo che i più stolti siamo noi che abbiamo tanto di quel “bello” sotto gli occhi e non ce ne accorgiamo. Non è un caso che metà dei paesi della valle Prino siano abitati quasi esclusivamente da tedeschi!Dopo la prima edizione TrailXperience ci ha preso gusto e continua ad organizzare TrailCamp (una formula che applicano anche in altre “location” come ad esempio in Andalusia, Scozia e Dolomiti) nell'impe-riese e nelle alpi del mare.

TrailexperienceBike. Nature. Soul.

www.trailxperience.com

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Durante la settimana Tobias e Mathias danno il loro meglio e finalmente riesco ad imparare una volta per tutte come si va in MTB. Una lezione che non scorderò mai: come bilanciare i pesi, come affrontare le curve, in generale come sentirsi più sicuri. Cose base direte voi, ma la mountainbike, l'ho scoperto proprio allora, è un po’ come l'inglese: impari a parlarlo da solo e riesci a farti capire, ma raramente qualcuno ti cor-regge e continui a perseverare con i tuoi errori. Il fatto che uno riesca a fare un sentiero senza cadere non è necessariamente indice del fatto che sappia andare in bici!La settimana vola, riscopro e faccio risco-prire cose che la tradizione ligure ci ha tra-mandato e scopro come anche solo rac-contare come si coltivano gli ulivi sia fonte di grande stupore da parte di questi ragaz-zi. Proprio allora, ancora una volta, realizzo che i più stolti siamo noi che abbiamo tanto di quel “bello” sotto gli occhi e non ce ne accorgiamo. Non è un caso che metà dei paesi della valle Prino siano abitati quasi esclusivamente da tedeschi!Dopo la prima edizione TrailXperience ci ha preso gusto e continua ad organizzare TrailCamp (una formula che applicano anche in altre “location” come ad esempio in Andalusia, Scozia e Dolomiti) nell'impe-riese e nelle alpi del mare.

TrailexperienceBike. Nature. Soul.

www.trailxperience.com

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PIANAVIA

M.te ACQUARONE

Partenza: Pianavia (IM)Arrivo: Pianavia (IM)Distanza totale: 37,6 kmAltitudine massima: 754 mAltitudine minima: 9 mTotale salita: 1022 mTotale discesa: 1022 m

IMPERIA

google earthvedi mappascarica GPX

M.te CROCE

M.te PISSIBINELLI

M.te DEI PRATI

0 5

250

15 25 37,6km10 20 30 35

500

7501000

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PIANAVIA

M.te ACQUARONE

Partenza: Pianavia (IM)Arrivo: Pianavia (IM)Distanza totale: 37,6 kmAltitudine massima: 754 mAltitudine minima: 9 mTotale salita: 1022 mTotale discesa: 1022 m

IMPERIA

google earthvedi mappascarica GPX

M.te CROCE

M.te PISSIBINELLI

M.te DEI PRATI

0 5

250

15 25 37,6km10 20 30 35

500

7501000

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DOLCEDO

Partenza: Dolcedo (IM)Arrivo: Dolcedo (IM)Distanza totale: 34 kmAltitudine massima: 962 mAltitudine minima: 81 mTotale salita: 1242 mTotale discesa: 1242 m

google earthvedi mappascarica GPX

M.te SCUASSI

0 34km10 20 30

200

1000

400600800

VALLORIAPRAELA

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DOLCEDO

Partenza: Dolcedo (IM)Arrivo: Dolcedo (IM)Distanza totale: 34 kmAltitudine massima: 962 mAltitudine minima: 81 mTotale salita: 1242 mTotale discesa: 1242 m

google earthvedi mappascarica GPX

M.te SCUASSI

0 34km10 20 30

200

1000

400600800

VALLORIAPRAELA

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PANTASINAPartenza: Pantasina (IM)Arrivo: Pantasina (IM)Distanza totale: 39 kmAltitudine massima: 1008 mAltitudine minima: 84 mTotale salita: 1505 mTotale discesa: 1505 m

DOLCEDO

google earthvedi mappascarica GPX

M.te FAUDO

0 39km10 20 30

1200

VALLORIA

1000

800600400200

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PANTASINAPartenza: Pantasina (IM)Arrivo: Pantasina (IM)Distanza totale: 39 kmAltitudine massima: 1008 mAltitudine minima: 84 mTotale salita: 1505 mTotale discesa: 1505 m

DOLCEDO

google earthvedi mappascarica GPX

M.te FAUDO

0 39km10 20 30

1200

VALLORIA

1000

800600400200

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dpacartoons.itPaolo DeandreaLA VIGNETTA86

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dpacartoons.itPaolo DeandreaLA VIGNETTA86

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