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OSSERVATORIO PREVISIONALE SUL SETTORE DEI MANUFATTI CEMENTIZI PRIMA PARTE: LE PROSPETTIVE DEGLI INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI IN ITALIA AL 2006 luglio 2005 PROMETEIA S.r.l.

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OSSERVATORIO PREVISIONALE SUL SETTORE DEI MANUFATTI

CEMENTIZI

PRIMA PARTE: LE PROSPETTIVE DEGLI INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI IN

ITALIA AL 2006

luglio 2005

PROMETEIA S.r.l.

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IL PRESENTE RAPPORTO E’ STATO ELABORATO CON LE INFORMAZIONI DISPONIBILI AL

15 luglio 2005, DA: Luca Agolini, Enrico Brandoli

Per informazioni e chiarimenti sul contenuto di questo Rapporto rivolgersi a:

Enrico Brandoli (PROMETEIA S.R.L.)

Composizione editoriale a cura di Elisabetta Altena

E’ vietata la riproduzione anche parziale con qualunque mezzo effettuata, comprese le fotocopie, se non autorizzate.

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Indice

Sintesi ....................................................................................................... 5

Capitolo 1 L’economia italiana

1.1 L'ECONOMIA MONDIALE ............................................................................. 7

1.2 L'ECONOMIA ITALIANA ............................................................................ 11

1.3 IL QUADRO TERRITORIALE ........................................................................ 15

Capitolo 2 Gli investimenti in costruzioni ............................................................ 17

2.1 INTRODUZIONE...................................................................................... 17

2.2 L'EDILIZIA RESIDENZIALE ........................................................................ 18

2.3 L'EDILIZIA NON RESIDENZIALE .................................................................. 22

2.4 IL GENIO CIVILE .................................................................................... 28

2.5 IL QUADRO TERRITORIALE DELLE COSTRUZIONI.............................................. 29

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Sintesi

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SINTESI

• Il quadro evolutivo dell’economia italiana ha continuato a registrare segnali

negativi anche nei primi mesi del 2005, in particolare, per quanto concerne

l’andamento delle esportazioni e della produzione industriale. La radice della crisi ri-

siede nelle difficoltà che le imprese manifatturiere italiane incontrano nella competi-

zione con i produttori dei paesi emergenti, accentuate anche dalla forza dell’euro. Le

possibilità di ripresa per l’industria italiana appaiono legate alla realizzazione di strate-

gie competitive sempre più finalizzate all’esigenza di evitare una competizione basata

principalmente o unicamente sul prezzo, che le vedrebbe sicuramente perdenti.

• Già a partire dal 2003, l’andamento degli investimenti in fabbricati destinati

alle attività produttive ha iniziato a evidenziare segnali di indebolimento, in

particolare proprio nel campo degli edifici destinati all’industria, che soffrono

da un lato dell’eccessiva attività di investimento effettuata negli ultimi anni, dall’altro

della crisi produttiva del settore industriale stesso. La produzione industriale ha evi-

denziato un andamento recessivo nel triennio 2001-2003, nel 2004 la crescita è stata

molto esigua (0.5%) considerando l’elevato tasso di sviluppo dell’economia mondiale e

la presenza di due giorni lavorativi in più rispetto al 2003. Infine nella prima parte del

2005 l’andamento è risultato nuovamente negativo, deludendo i segnali di ripresa ti-

midamente emersi nei mesi centrali del 2004.

• E’ invece proseguita la crescita dell’edilizia residenziale, sostenuta da un mer-

cato immobiliare (+5.4% le vendite di abitazioni nel 2004) ancora fortemente stimola-

to dai bassi tassi di interesse, e del Genio Civile, sul cui andamento futuro gravano

però i problemi che attanagliano la finanza pubblica italiana.

• Le prospettive per l’edilizia non residenziale indicano una moderata ripresa,

che tuttavia non coinvolgerà i fabbricati destinati al settore industriale. Il ca-

rattere poco dinamico che si prospetta per la produzione industriale anche nei prossimi

mesi e la crescente focalizzazione degli investimenti verso il miglioramento qualitativo

della produzione impediranno una ripresa della domanda di fabbricati industriali nel

2006.

• Verso la fine del 2006 è probabile che anche l’edilizia residenziale nuova entri

in una fase recessiva. L’assenza di fattori demografici o economici favorevoli,

l’aumento dei tassi di interesse e la crescita dei valori immobiliari nettamente superio-

re a quella del redditi delle famiglie porteranno ad evidenziare i primi segnali di cedi-

mento per la domanda di nuove abitazioni nella seconda parte del 2006.

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L'economia italiana

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1. L’ECONOMIA ITALIANA

1.1 L’ECONOMIA MONDIALE

L’economia mondiale, dopo aver registrato nel 2004 un incremento tra i più elevati degli

ultimi trenta anni, sta mostrando gli effetti dell’aumento del prezzo del petrolio e dei mi-

nori stimoli espansivi forniti dalle politiche economiche: sono infatti diffusi i segnali di u-

na, sia pur lieve, attenuazione dei ritmi di crescita dell’attività economica.

Stati Uniti e Cina, ossia i paesi che hanno trainato l’economia mondiale in questa fase di

crescita, si sono confermati, nei primi tre mesi dell’anno, tra i paesi più dinamici, sebbene

non in accelerazione.

Nel primo trimestre 2005 gli Stati Uniti – ancora caratterizzati da ampi squilibri – hanno

registrato un aumento del Pil in linea con quello del quarto trimestre (0.9%, sul prece-

dente, per un incremento tendenziale del 3.7%). In netta decelerazione sono risultati

principalmente gli investimenti non residenziali privati, a fronte di una sostanziale tenuta

dei consumi e degli investimenti residenziali; è migliorato invece il contributo, pur man-

tenendosi negativo, delle esportazioni nette. Le indicazioni congiunturali per il secondo

trimestre, benché ancora positive, portano a non escludere la possibilità di una lieve de-

celerazione della crescita del Pil. La fase di recupero del mercato del lavoro prosegue, ma

la fiducia dei consumatori ha presentato un andamento irregolare, risentendo anche del

rincaro del prezzo del petrolio e del rialzo dei tassi di interesse. Sul fronte dei prezzi, si

registra una lieve accelerazione dell’inflazione, che rimane comunque contenuta.

Tab. 1.1 L'economia mondiale

quote % sul

PIL mondiale

2000 (1) 2002 2003 2004 2005 2006

Unione Monetaria Europea 17 1.0 0.7 1.7 1.5 1.7 Nord America 24 2.0 3.0 4.3 3.3 2.8

Giappone 7 -0.3 1.4 2.6 1.4 1.8 Altri paesi ad a lto reddito 6 1.9 1.8 2.9 2.3 2.4

America Latina 8 -0.6 2.0 5.8 4.1 3.2 Est Europa, CSI e Turchia 6 4.4 5.5 6.6 4.8 4.5 Asia de l Pacifico 7 5.0 3.8 5.8 4.7 4.2 Cina e Sub continente indiano 19 6.7 8.1 8.4 8.0 7.3 Medio Oriente e Africa 6 2.7 4.7 4.8 4.6 3.9

Crescita PIL mondia le 2.7 3.6 4.8 4.0 3.6

(1) In termini di parità di potere d'acquisto (PPA).

Tassi di variazione medi annui

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

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In Cina, la crescita del Pil nel primo

trimestre di quest’anno è stata pari al

9.4% in termini tendenziali, ritmo ana-

logo a quello sperimentato nell’ultimo

quarto del 2004 (9.5%). Tale crescita è

stata sostenuta da un miglioramento del

contributo fornito dalle esportazioni net-

te, a fronte di un - sia pur lieve - rallen-

tamento della domanda interna, princi-

palmente nella componente investimen-

ti. Per gli investimenti è in atto una ri-

composizione, peraltro favorita dalle au-

torità di politica economica, verso i set-

tori in cui di recente sono emerse stroz-

zature, principalmente energia e tra-

sporti. L’attenuazione della crescita del-

le importazioni e la tenuta di quella delle esportazioni hanno dato luogo a un migliora-

mento del surplus nei conti con l’estero. Il tasso di inflazione si mantiene su valori infe-

riori a quelli raggiunti la scorsa estate (nel primo trimestre è stato pari al 2.8%), ma i

prezzi alla produzione continuano a registrare incrementi relativamente sostenuti (5.6%).

Tra i paesi industriali, Uem e Giappone hanno invece presentato qualche segno di miglio-

ramento, che tuttavia sembra destinato a essere temporaneo.

Dopo il rallentamento intervenuto nella seconda parte del 2004, la crescita economica

dell’area Uem ha mostrato una modesta accelerazione nel primo trimestre del 2005, pur

confermando un profilo contenuto (0.5% l’incremento del PIL sul trimestre precedente,

1.4% in termini tendenziali). Dal lato della domanda, la crescita è stata sostenuta dalle

esportazioni nette, mentre la domanda interna si è lievemente indebolita. Dal punto di vi-

sta geografico, questo risultato è spiegato dal recupero dell’economia tedesca (1% sul

precedente), che ha registrato una ripresa delle esportazioni, a fronte di una attenuazio-

ne del ritmo di crescita dei restanti paesi dell’area per i quali si dispone di valutazioni cir-

ca l’andamento del Pil. Data la modesta crescita dell’attività economica, il mercato del la-

voro rimane caratterizzato da condizioni di debolezza, come conferma un tasso di disoc-

cupazione attestato da oltre un anno su valori prossimi al 9% delle forze lavoro.

Le indicazioni congiunturali più recenti sembrano indicare un deterioramento del clima di

fiducia degli operatori in tutta l’area euro, segnalando la persistenza di cautela nelle deci-

sioni di spesa. In particolare, è da segnalare la non favorevole evoluzione che ha caratte-

rizzato negli ultimi mesi gli indicatori congiunturali relativi all’economia tedesca, che

sembrano indicare come temporaneo il recente miglioramento della crescita economica.

In questo contesto, nel secondo trimestre 2005 il ritmo di crescita del Pil - in Germania e,

conseguentemente, nell’area euro - potrebbe quindi lievemente attenuarsi.

Fig. 1.1 Stati Uniti: indicatori congiunturali (dati mensili)

90

95

100

105

1/99 1/00 1/01 1/02 1/03 1/04 1/050

10

20

30

40

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60

70

Indice di produzione (2000=100) (scala sin.)

Ind. saldo commerciale ( saldo nullo=100) (sc.ds)

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L'economia italiana

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Inaspettatamente sostenuto è stato in-

vece il recupero della crescita economi-

ca in Giappone, in recessione tecnica

intorno alla metà dello scorso anno ed

in stagnazione negli ultimi mesi del

2004. L’incremento del Pil è stato infatti

dell’1.3% sul precedente (0.8% in ter-

mini tendenziali), crescita più elevata di

quella dell’economia statunitense, grazie

all’accelerazione della domanda interna

a fronte di ridimensionamento delle e-

sportazioni. I consumi privati, dopo tre

trimestri di indebolimento, hanno pre-

sentato un incremento significativo

(1.2% sul precedente), che potrebbe ri-

flettere l’andamento più favorevole del

mercato del lavoro e delle retribuzioni, dopo diversi anni di deterioramento. In ripresa

anche gli investimenti privati non residenziali (2%, sul precedente). Questi risultati non

hanno però contribuito a diradare le incertezze sulle prospettive di questa economia, pe-

raltro ancora in deflazione. La decelerazione delle esportazioni potrebbe infatti avere ri-

flessi sull’attività di investimento e quindi sui consumi.

Tra i Paesi emergenti prevale la tendenza al rallentamento dell’attività economica.

Nell’area asiatica essa sembra da ascrivere agli effetti dell’aumento del prezzo del petro-

lio ed al rallentamento del commercio internazionale, oltreché a specificità nazionali, co-

me, ad esempio, le tensioni sociali in alcune regioni della Tailandia o la difficile uscita dal-

la crisi finanziaria che ha colpito le famiglie in conseguenza dell’eccessivo ricorso al credi-

to nella Corea del Sud.

Segnali di decelerazione della crescita economica e rientro dell’inflazione hanno caratte-

rizzato l’evoluzione più recente dei maggiori tra i nuovi membri dell’Unione europea.

In questi paesi le autorità monetarie hanno quindi ridotto i tassi di interesse. Per la Polo-

nia, in particolare, nel primo trimestre dell’anno in corso l’incremento tendenziale del Pil è

stato nettamente inferiore a quello del quarto 2004 (2.1% rispetto al 3.9%), scontando

sia un minor contributo della domanda interna – investimenti in particolare - che delle

esportazioni. All’interno di questo quadro potrebbero crearsi rischi per la prosecuzione

della ripresa degli investimenti iniziata da poco e ancora incerta. Fra i Paesi emergenti

europei, la crescita si mantiene sostenuta, anche se in rallentamento, in Russia, dove il

Pil è aumentato del 4.9% nel primo trimestre 2005 (7.1% nella media del 2004).

Un lieve rallentamento dell’attività economica ha interessato anche l’America latina; fra

i maggiori Paesi fa eccezione l’Argentina dove la crescita, benché con passo irregolare, si

conferma dinamica, grazie anche al contributo fornito da significativi aumenti salariali. In

Fig. 1.2 Uem: indicatori congiunturali (dati mensili)

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1/99 1/00 1/01 1/02 1/03 1/04 1/0590

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Indice di produzione (2000=100) (scala sin.)

Ind. saldo commerciale ( saldo nullo=100) (sc.ds)

UEM

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

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Brasile, Messico ed Argentina l’accelerazione dell’inflazione ha indotto le autorità moneta-

rie ad effettuare interventi restrittivi. In Argentina, in particolare, essa ha raggiunto valo-

ri tra i più elevati della regione, inferiori solo a quelli del Venezuela.

Il quadro prospettico è stato elaborato nell’ipotesi che il prezzo del petrolio, pur rientran-

do, rimanga elevato per tutto il corso della previsione (prossimo ai 45 dollari per barile

per il Brent) e che il riassorbimento degli squilibri presenti proceda lentamente, ipotesi

che portano a confermare lo scenario di ridimensionamento della crescita mondiale nel

2005 e nel 2006.

Negli Stati Uniti la politica di bilancio, pur meno espansiva che nel recente passato, non

sembra orientarsi in modo da favorire un veloce rientro degli squilibri di questa econo-

mia, mantenendo pressioni al ribasso sulle quotazioni del dollaro. La politica monetaria

dovrebbe rimanere orientata alla normalizzazione dei tassi di interesse.

Per la Cina si prospetta il mantenimento di politiche economiche caute, volte a favorire

una crescita più equilibrata. Nonostante qualche apertura delle autorità e le pressioni in-

ternazionali che hanno portato al recente abbandono della parità fissa col dollaro, non ri-

teniamo che nell’arco della previsione lo yuan venga sostanzialmente rivalutato.

All’interno di questo quadro, la crescita economica di Stati Uniti e Cina tenderebbe a ral-

lentare per gli effetti delle politiche di aggiustamento sulla domanda interna. Negli Stati

Uniti, in particolare, la crescita del Pil tornerebbe verso ritmi più in linea con il potenziale.

Come abbiamo precedentemente ricordato, la minor crescita del commercio mondiale

dovrebbe riflettersi sulla dinamica delle esportazioni giapponesi, condizionando, insieme

a una situazione dei conti pubblici che non lascia margini per interventi espansivi della

politica di bilancio, l’evoluzione della domanda interna. Pur prospettando la prosecuzione

della tendenza alla crescita, riteniamo che i ritmi osservati nel primo trimestre non pos-

sano essere sostenuti, almeno nel breve periodo, e quindi riteniamo probabile che il Pil

cresca a un tasso moderato nel periodo considerato.

L’andamento del ciclo economico internazionale dovrebbe influenzare anche la crescita

dell’Uem, che nel 2005 potrebbe risultare lievemente inferiore a quella dello scorso anno.

Essa potrebbe rafforzarsi, altrettanto lievemente, nel 2006 nell’ipotesi di un moderato

miglioramento della domanda interna, cui potrebbe contribuire il, sia pur lento, rientro

delle quotazioni del petrolio. La rivisitazione del Patto di Stabilità non sembra destinata a

creare spazi per nuovi impulsi espansivi. L’andamento dell’euro contribuirà ad attenuare

le spinte inflazionistiche derivanti dalle alte quotazioni del petrolio, consentendo alla poli-

tica monetaria di mantenere invariati i tassi di interesse di policy nel corso del 2005 e di

effettuare rialzi contenuti dal 2006 in concomitanza con la ripresa della domanda interna.

Complessivamente la crescita dell’economia mondiale potrebbe rallentare al 4% nel 2005

per poi assestarsi intorno al 3.6% nel 2006.

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L'economia italiana

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1.2 L’ECONOMIA ITALIANA

La fase di difficoltà dell’economia italiana, evidenziata nel quarto trimestre dello scorso

anno da una flessione del Pil, è proseguita nel primo trimestre. Infatti, l’attività economi-

ca ha registrato una ulteriore contrazione (-0.5% sul precedente, per una variazione ten-

denziale di -0.2%) e consente di parlare, in presenza di due flessioni consecutive del Pil,

di recessione tecnica. Questo peggioramento ha aumentato il differenziale di crescita ri-

spetto all’Uem, che ha invece mostrato nel trimestre segnali di ripresa. Secondo le infor-

mazioni disponibili, la flessione del Pil può essere ricondotta alla dinamica negativa

dell’attività industriale e alla battuta di arresto di agricoltura e servizi, comparti che ave-

vano sostenuto la crescita nel corso del 2004, sebbene su ritmi modesti. La tendenza

all’indebolimento della produzione industriale, in corso ormai da quattro anni, non si è in-

fatti arrestata e mostra prospettive di ulteriore deterioramento nel secondo trimestre,

sulla base della evoluzione degli indicatori di fiducia delle imprese.

Tab. 1.2 Quadro macroeconomico (var. %)

2002 2003 2004 2005 2006

Prodotto interno lordo 0.4 0.4 1.0 0.0 0.9

Consumi delle famiglie 0.4 1.4 1.0 0.6 1.1Investimenti fissi lordi 1.2 -1.7 2.1 0.0 1.7

Produzione industriale(*) -1.3 -1.2 0.4 -0.7 0.9

Tasso di inflazione 2.5 2.7 2.2 2.0 1.8

(*) indice non corretto per i giorni lavorati

Fig. 1.3 Indicatori congiunturali, Italia

90

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1/99 1/00 1/01 1/02 1/03 1/04 1/0595

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130

Indice di produzione (2000=100) (scala sin.)

Ind. saldo commerciale ( saldo nullo=100) (sc.ds)

ITA

1

2

3

4

5

6

7

1/99 1/00 1/01 1/02 1/03 1/04 1/05

Inflazione al consumo Tassi di interesse a breve

ITA

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Con riferimento alle componenti della domanda, il risultato del primo trimestre appare

imputabile al contributo negativo delle scorte, dopo essere aumentate su livelli indeside-

rati alla fine del 2004, e all’andamento sfavorevole delle esportazioni. Quest’ultimo, oltre

a riflettere fattori congiunturali, a partire dal rallentamento della crescita mondiale e

dall’apprezzamento dell’euro dei mesi scorsi , si può ricondurre alle difficoltà di ordine

strutturale che caratterizzano il modello di specializzazione dell’economia italiana, orien-

tato nei segmenti di mercato meno dinamici e più vulnerabili alla concorrenza dei paesi a

basso costo del lavoro.

Dovrebbe confermarsi debole la dinamica della domanda interna, in quanto i consumi

continuano ad essere condizionati da comportamenti di spesa delle famiglie orientati alla

prudenza, come dimostrato dal permanere dell’indice di fiducia su livelli storicamente mi-

nimi. Inoltre, i consumi, che nei trimestri precedenti avevano trovato sostegno soprattut-

to negli acquisti di beni durevoli, potrebbero risentire del rallentamento ciclico che sem-

bra caratterizzare questa componente di spesa nei primi mesi dell’anno.

Come accennato, le informazioni congiunturali relative al secondo trimestre confermano

la tendenza al rallentamento dell’attività e portano a prevedere, anche nell’ipotesi di un

ritorno a tassi di crescita positivi nella seconda metà dell’anno, una variazione sostan-

zialmente nulla del Pil in termini medi annui. Nel 2006, il Pil è atteso recuperare una di-

namica positiva, nell’ordine dello 0.9%. Questa previsione di ripresa dell’economia italia-

na appare giustificata sulla base delle prospettive di miglioramento della domanda inter-

na, che riceverà sostegno soprattutto dalla ricostituzione delle scorte delle imprese, e di

crescita sostenuta del commercio mondiale, anche se a tassi più moderati rispetto al

biennio passato. Inoltre, non si ritiene probabile che l’euro, al di là dei movimenti che

stanno caratterizzando questa estate, possa apprezzarsi significativamente rispetto al

dollaro, mantenendosi nel medio periodo intorno ad una quotazione di 1.30 dollari per

euro.

L’espansione della domanda estera dovrebbe sostenere l’avvio di un ciclo di investimenti

in macchinari e attrezzature, che riceverà impulso dai processi di ristrutturazione e di in-

novazione tecnologica attuati dalle imprese per conseguire guadagni di produttività e

fronteggiare le crescenti pressioni competitive sia sul mercato interno che su quello in-

ternazionale.

La dinamica dei consumi non potrà giovarsi di un significativo incremento della propen-

sione al consumo, che continuerà ad essere influenzata negativamente dalle incertezze

sulla crescita prospettica dell’economia e sulla esigenza di aggiustamento dei conti pub-

blici. La graduale ripresa dei consumi dunque potrebbe essere alimentata dalla evoluzio-

ne favorevole del reddito disponibile e dell’aumento della ricchezza finanziaria in termini

reali.

Il tasso d’inflazione si è attestato all’1.9% nei primi mesi dell’anno, evidenziando come i

recenti rialzi dei prezzi energetici abbiano prodotto effetti limitati sui prezzi al consumo a

causa della debolezza della domanda interna, oltre che del recente apprezzamento

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L'economia italiana

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dell’euro. Appare dunque improbabile che nel corso dei prossimi mesi possano manife-

starsi particolari tensioni inflazionistiche; ciò consentirà di realizzare nella media dell’anno

un tasso di inflazione prossimo al 2%, per scendere all’1.8% nel 2006.

L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche si è attestato nel 2004 al 3% del

Pil, in linea con gli obiettivi del programma di Stabilità, nonostante il peggioramento

dell’avanzo primario, grazie soprattutto al ricorso a misure correttive non permanenti.

L’andamento meno favorevole dell’attività rispetto alle previsioni e la necessità di sosti-

tuire le misure straordinarie sulle entrate rendono probabile un peggioramento del disa-

vanzo pubblico nel corso di quest’anno e, in misura più evidente, nel 2006, in quanto il

ciclo elettorale porterà a rinviare i necessari interventi restrittivi. Si prevede dunque che

il rapporto tra disavanzo delle Amministrazioni Pubbliche e Pil potrebbe attestarsi attorno

al 4.1% nell’anno in corso, per aumentare ulteriormente al 4.8% nel 2006.

I tassi di interesse

Come verrà evidenziato anche nel prossimo capitolo, i bassi i tassi di interesse hanno

rappresentato uno dei principali fattori che hanno sostenuto l’attività edilizia residenziale

negli ultimi anni ed è pertanto importante ai fini previsivi tracciarne un profilo evolutivo

futuro, sintetizzandone brevemente le ra-

gioni.

Negli Stati Uniti (Figura 1.6) la politica

monetaria seguirà un corso restrittivo an-

che nel 2005 ripercorrendo sostanzial-

mente l’azione messa in atto nell’anno in

corso che ha portato ad un aumento dei

tassi di interesse a breve termine. Tale

impostazione di politica monetaria dovrà

tuttavia essere sufficientemente “morbi-

da” da accompagnare la fase di rallenta-

mento economico attesa per il prossimo

anno a causa del venir meno degli stimoli

di natura “elettorale”, che hanno invece

caratterizzato il 2004, evitando di gene-

Tab. 1. 3 Italia: tassi di interesse (livelli medi annui)

2002 2003 2004 2005 2006

Tasso sui BOT a tre mesi 3.1 2.2 2.0 2.0 2.1

Tasso medio sui tito li di Stato a m/l 4.9 4.3 4.3 3.6 4.0

Tasso armonizzato sui prestiti bancari (*) n.d. 5.8 5.5 5.5 5.6

(*) Tasso armonizzato per l'area Uem, sui prestiti bancari ad 1 anno alle famiglie ed alle società non finanziarie; serie disponibile solo dal 2003

Fig. 1.4 Italia: tassi di interesse

4.75

5.25

5.75

6.25

6.75

7.25

7.75

giu-99 giu-00 giu-01 giu-02 giu-03 giu-04 giu-051

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

5

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rare timori di una forte frenata della domanda interna.

Nell’area Uem l’indirizzo della politica monetaria resterà, con molte probabilità, ancora

espansiva nel prossimo futuro, data la debole crescita economica ed una inflazione so-

stanzialmente sotto controllo, posticipando l’inizio della fase restrittiva al 2007. Questa

politica dovrebbe essere condizionata anche dalla situazione delicata dei conti pubblici di

diversi paesi membri (tra cui l’Italia), per i quali un aumento dei tassi di interesse porte-

rebbe ad un ulteriore aggravio.

Fig. 1. 5 Tassi di interesse a breve e a lunga

Stati Uniti Uem

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

IV-91 IV-93 IV-95 IV-97 IV-99 IV-01 IV-03 IV-05

a 3 mesi a lungo termine

0

1

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6

7

8

9

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IV-91 IV-93 IV-95 IV-97 IV-99 IV-01 IV-03 IV-05

a 3 mesi a lungo termine

In definitiva nell’arco del biennio 2005-2006 i tassi a breve in Italia dovrebbero rimanere

sostanzialmente invariati, mentre quelli al lungo termine inizieranno ad aumentare nei

primi mesi del prossimo anno, come riflesso delle aspettative di aumento dei tassi di rife-

rimento nei prossimi anni.

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L'economia italiana

15

1.3 QUADRO TERRITORIALE

Nord. Nelle regioni del Nord si è registrato negli ultimi anni una dinamica inferiore a

quella media dell’economia italiana; questo fenomeno si spiega sostanzialmente alla luce

dalla debolezza delle esportazioni italiane sui mercati internazionali. Il peso delle esporta-

zioni sul Prodotto Interno Lordo di quest’area territoriale ammonta al 30%, contro il 22%

della media nazionale. Non stupisce, pertanto, che le difficoltà sui mercati esteri abbiano

pesato maggiormente sull’evoluzione macroeconomica di quest’area rispetto al resto

d’Italia. Tuttavia, nell’anno di maggiore difficoltà sui mercati esteri (il 2003), la flessione

delle esportazioni nell’Italia settentrionale è risultata leggermente inferiore a quella accu-

sata dal resto del paese, fenomeno che ha concorso a determinare una crescita del PIL

maggiormente allineata alla media nazionale.

Nel biennio 2005-2006 l’evoluzione del PIL dell’Italia settentrionale di manterrà sostan-

zialmente allineata a quella prevista per il paese nel suo complesso.

Centro. In quest’area territoriale lo sviluppo economico degli ultimi anni ha registrato

andamenti leggermente più sostenuti rispetto all’evoluzione del quadro nazionale. La

maggior crescita del Prodotto interno lordo è stata favorita, da un lato, dalla minore im-

portanza delle esportazioni fra le determinanti della crescita economica, che ha ridotto gli

Tab. 1.4 Quadro macroeconomico territoriale (var%)

2002 2003 2004 2005 2006

Prodotto interno lordo

ITALIA 0.4 0.4 1.0 0.0 0.9

Nord 0.0 0.1 0.8 -0.1 0.9

Centro 0.6 0.8 1.3 0.3 1.0

Sud 1.1 0.5 1.0 -0.1 0.8

Consumi de lle famiglie

ITALIA 0.4 1.4 1.0 0.6 1.1

Nord 0.2 1.4 1.1 0.7 1.1

Centro 0.6 1.4 1.2 0.7 1.2

Sud 0.6 1.4 0.6 0.4 1.0

Investimenti fiss i lordi

ITALIA 1.2 -1.7 2.1 0.0 1.7

Nord 2.7 -2.6 1.6 -0.3 1.7

Centro -0.1 -5.0 0.1 -1.2 0.7

Sud -1.0 2.8 4.5 1.4 2.3

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

16

effetti dell’indebolimento della posizione competitiva accusata delle merci italiane

sull’arena internazionale negli ultimi anni, e, dall’altro, dal maggior impatto della crescita

degli investimenti pubblici.

Per quanto concerne il biennio 2005-2006, quest’area territoriale è attesa mantenere

un’evoluzione del Prodotto Interno Lordo leggermente superiore alla media nazionale.

Mezzogiorno. L’evoluzione macroeconomica evidenziata dall’area “Sud” fra il 1998 ed il

2001 appare leggermente più dinamica rispetto al resto del paese, anche se, come ri-

scontrato per le altre aree, le differenze non sono particolarmente accentuate. A deter-

minare questa evoluzione, che ha lasciato, comunque, sostanzialmente immutati i divari

in termini di PIL pro capite rispetto alle altre aree, ha concorso l’allentamento della politi-

ca fiscale che ha avuto luogo dal 1998 (per il venir meno dei vincoli di Maastricht), data

la maggior dipendenza di quest’area dai trasferimenti pubblici.

Inoltre, questa area presenta una struttura economica meno legata alle esportazioni, il

cui peso sul Prodotto Interno Lordo è meno della metà della media italiana (10% contro il

22%). Questo fattore ha reso meno pesante l’impatto della riduzione delle esportazioni

italiane accusata negli ultimi anni, in particolare nel biennio 2002-2003. Per contro, la ri-

presa dell’export che ha caratterizzato il 2004, e che sta proseguendo anche nel 2005,

avrà meno effetti di traino per il resto dell’economia.

Un altro fattore che potrebbe indebolire nei prossimi anni questa parte dell’economia ita-

liana è dato dall’allargamento della UE. L’aumento dell’area di applicazione dei fondi

strutturali comunitari (tutti i paesi entrati nel maggio 2004 hanno redditi pro capite net-

tamente inferiori alla media Ue) potrebbe, infatti, limitare la disponibilità di fondi per le

aree “deboli” dei paesi appartenenti all’Unione già prima del 2004.

Questi fattori dovrebbero tendere ad annullare l’effetto derivante dal maggior potenziale

di sviluppo che questa area presenta (legato al minor tasso di occupazione ed al minor li-

vello del PIL pro capite), portando ad una crescita simile a quella del resto del paese nel

biennio di previsione.

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Gli investimenti in costruzioni

17

2. GLI INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI

2.1 INTRODUZIONE

A partire dal 2003 il settore delle costruzioni, che negli anni precedenti aveva mostrato

una crescita diffusa a tutti i suoi comparti, ha iniziato ad evidenziare andamenti divergen-

ti. A fronte di un proseguimento del positivo sviluppo dell’edilizia residenziale e del Genio

Civile, sono iniziati ad emergere segnali negativi sul fonte dell’edilizia non residenziale le-

gati, da un lato, all’eccessiva attività di investimento registrata negli anni precedenti,

dall’altro, alla debolezza dell’attività produttiva, specie in campo industriale, che va a

comprimere la domanda di fabbricati da destinare alle attività produttive, peraltro ecces-

sivamente cresciuta negli anni precedenti.

Nei prossimi paragrafi verranno tracciate le linee evolutive dei singoli comparti che com-

pongono il settore delle costruzioni.

In sintesi, si delinea un quadro che vede mantenersi anche nel 2005 le linee di tendenza

descritte, pur con una attenuazione delle differenze fra il residenziale (che crescerà di

meno) ed il non residenziale (che accuserà una flessione meno evidente), mentre nel

2006, a fronte di un appiattimento dell’edilizia residenziale, si prospetta una stabilità per

il non residenziale, dal quale rimarrà comunque esclusa la componente dei fabbricati de-

stinati alle imprese industriali, attesa accusare un’ulteriore riduzione del 2% circa.

Tab. 2.1 Gli investimenti in costruzioni (var. %)

2002 2003 2004 2005 2006

Tota le costruzioni 3.3 1.8 3.0 1.3 0.8

-Residenzia le nuovo 5.9 4.0 4.2 2.1 0.5

-Ristrutturazione residenzia le 3.2 1.0 3.5 1.4 1.0

-Non residenzia le 1.2 0.5 -0.1 -0.4 0.0

di cui:

-Industria le (*) 8.6 -2.6 -7.3 -4.6 -2.1

-Commercia le (*) 1.2 -1.3 -3.2 0.9 2.9

- Agricoltura (*) -5.5 -5.0 -1.8 0.0 0.0

- Altri edifici (*) 2.5 0.9 2.5 1.0 1.0

- Ristrutturazione -1.7 2.9 2.9 0.6 0.2

-Genio civile 3.9 2.7 6.0 3.0 2.0

* nuovi fabbricati

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

18

2.2 EDILIZIA RESIDENZIALE

L’attuale fase di ripresa dell’edilizia residenziale di nuova costruzione fa seguito alla re-

cessione accusata nella parte centrale degli anni ’90. Un andamento dell’economia

tutt’altro che brillante, tassi di interesse elevati e prezzi reali degli immobili in calo (an-

che a causa della precedente bolla speculativa degli anni ‘80) determinarono una dinami-

ca recessiva che durò ininterrottamente dal 1993 fino al 1999 (-25% la flessione com-

plessiva), anno in cui, finalmente, emersero i primi segnali di un nuovo ciclo espansivo.

Alla fine degli anni ‘90, la ripresa della produzione di nuove abitazioni è stata anticipata

da una forte accelerazione dei volumi scambiati sul mercato immobiliare, che si è riflessa

anche sui prezzi delle abitazioni, tornati a crescere in termini reali. In base ai dati del Mi-

nistero degli Interni, il numero di transazioni nel 2004 ha superato le 800 mila unità con-

tro le 576 mila del 1998 (erano meno di 500 mila nei primi anni ‘90.

La vivacità del mercato immobiliare (che coinvolge anche i contratti di locazione) ha rap-

presentato un elemento di fondamentale importanza per l’avvio della fase di sviluppo

dell’edilizia residenziale nuova che stiamo osservando già da diversi anni.

Più in generale, l’insieme dei fattori che possono essere chiamati in causa per spiegare la

ripresa della produzione di nuove abitazioni nell’ultimo quinquennio possono essere sinte-

tizzati in questi punti:

1) Riduzione dei tassi di interesse e maggior facilità di accesso all’acquisto dell’abitazione.

Si tratta certamente del fattore di maggior importanza. La crescita del reddito disponibile

delle famiglie, insieme alla riduzione in termini reali dei prezzi degli immobili che ha avu-

to luogo nel corso degli anni ’90, ha migliorato progressivamente le possibilità d’accesso

all’acquisto dell’abitazione. Inoltre, la riduzione dei tassi di interesse avvenuta dopo

l’ingresso dell’Italia nell’Uem e la maggior concorrenza nel mercato dei mutui hanno age-

volato le possibilità di acquisto dal punto di vista della copertura finanziaria. Anche se

negli ultimi anni i prezzi delle abitazioni hanno segnato crescite superiori rispetto al red-

dito disponibile, le condizioni dal lato del credito sono rimaste favorevoli, grazie anche

all’ulteriore riduzione dei tassi avvenuta nel corso del 2003.

2) Insufficiente qualità del patrimonio abitativo esistente. Sebbene lo stock di abitazioni

risulti quantitativamente sufficiente per sopperire alle necessità abitative del paese, esso

non lo è dal punto di vista qualitativo. Ed è appunto la ricerca di abitazioni più confacenti

alle proprie necessità che spinge le famiglie italiane a cambiare abitazione e che giustifica

una produzione di nuove abitazioni superiore all’incremento del numero dei nuclei fami-

liari. Le principali agenzie di intermediazione immobiliare concordano nell’affermare che

la scarsità di unità abitative di qualità rappresenta attualmente l’elemento di maggior cri-

ticità ai fini di un miglior incrocio tra domanda ed offerta.

3) Fattori demografici. A fronte di una dinamica debole della popolazione complessiva, è

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Gli investimenti in costruzioni

19

aumentata significativamente nella seconda parte degli anni ‘90 la fascia di età compresa

tra i 30 ed i 40 anni (vale a dire le persone nate nel baby boom degli anni ‘60),

nell’ambito della quale solitamente le condizioni economico-finanziarie familiari consento-

no l’acquisto dell’abitazione. Inoltre, come verrà meglio puntualizzato nei capitoli succes-

sivi, negli ultimi anni i flussi migratori interni dal Sud al Nord sono aumentati e, som-

mandosi a quelli provenienti dall’estero, hanno contribuito a creare in alcune aree una

carenza di abitazioni.

4) Incentivi alla ristrutturazione. L’effetto incentivante sul comparto della ristrutturazione

è piuttosto ovvio, ma, per quanto possa apparire strano, gli incentivi alla ristrutturazione

hanno stimolato anche la produzione di nuove abitazioni. Infatti, sul piano legale, opera-

zioni di demolizione e ricostruzione (anche con modificazioni della distribuzione volume-

trica e dell’area di sedime) rientrano nel novero delle fattispecie coperte dagli incentivi,

anche se, dal punto di vista puramente “edilizio”, non sono diversi dai nuovi edifici. In

questo senso, la recente proroga degli incentivi per due anni, dovrebbe risultare partico-

larmente stimolante proprio per questo tipo interventi che richiedono tempi realizzativi

maggiori rispetto alle ristrutturazioni “leggere”.

5) Altri provvedimenti di natura fiscale. Tra essi ricordiamo l’abolizione dell’INVIM e la

parziale detassazione dei trasferimenti dei terreni edificabili (attraverso la rivalutazione

dal valore di base su cui calcolare la plusvalenza realizzata). Occorre comunque puntua-

lizzare come nel futuro le possibilità che l’evoluzione della legislazione fiscale possa anco-

ra risultare di sostegno all’edilizia residenziale appaiono seriamente minacciate dalla diffi-

cile situazione dei conti pubblici, come dimostra la recente rivalutazione della base impo-

nibile per le transazioni di seconde case.

6) Scarsa attrattività delle altre forme di investimento. Gli investimenti in titoli a reddito

fisso garantiscono rendimenti ben più modesti rispetto ai primi anni ‘90, mentre la Borsa

ha registrato fino a qualche tempo fa pesanti rovesci, solo in parte recuperati. A ciò si

aggiunge il clamore suscitato dagli scandali finanziari, italiani ed internazionali, che han-

no caratterizzato gli ultimi anni. Vi è infine la crescita dei fondi immobiliari che hanno

contribuito ad incanalare risorse finanziarie verso il “mattone”. Quest’ultimo fenomeno è

anche favorito dal fatto che nel nostro paese l’incidenza dell’indebitamento immobiliare

sul PIL (13%) è significativamente inferiore a quella dei principali paesi industrializzati,

statistica che contribuisce a rendere attraente il mercato immobiliare del nostro paese a-

gli occhi degli investitori internazionali.

Tutto ciò ha prodotto un forte sviluppo del mercato immobiliare sia in termini di transa-

zioni sia di prezzi, creando condizioni oggettivamente molto favorevoli per i costruttori,

evidenziate anche dal fatto che la percentuale di fallimenti fra le imprese di costruzioni è

attualmente un quarto di quella registrata a metà degli anni ‘90.

Nell’elenco di fattori or ora menzionati non compare, come si può facilmente comprende-

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

20

re, la crescita economica. Negli ultimi anni, infatti, il tasso di sviluppo economico è stato

poco brillante e non tale da apparire un elemento di sostegno allo sviluppo del mercato

immobiliare e dell’edilizia. Per quanto possa sembrare forse scontato, va comunque sot-

tolineato come l’evoluzione del PIL, e le sue conseguenze sulla formazione del reddito

delle famiglie, non sia priva di importanza per il settore delle costruzioni residenziali.

Dall’inizio di questo decennio l’Italia ha accusato una quasi stagnazione, non una vera e

propria recessione. E’ evidente che un’evoluzione dell’economia italiana fortemente re-

cessiva (come ad esempio quella che ha caratterizzato il 1993) avrebbe sicuramente

messo a repentaglio il positivo sviluppo dell’edilizia residenziale. Nonostante l’esperienza

degli ultimi anni continuiamo dunque a ritenere che esista un forte legame fra

l’andamento economico generale e l’andamento degli investimenti residenziali.

E’ ovviamente difficile dare un peso preciso ai fattori sopra elencati, vi è comunque una

elevata convergenza di opinioni sul fatto che i bassi tassi di interesse rappresentino

l’”asse portante” della positiva evoluzione osservata in questi anni. Questa considerazio-

ne è confermata dal fatto che ciò che è accaduto nel mercato immobiliare italiano negli

ultimi anni è accaduto anche, con una contemporaneità che non ha precedenti storici,

nella maggior parte dei paesi avanzati (con uniche rilevanti eccezioni per Germania e

Giappone, i cui andamenti divergenti sono però esaurientemente spiegati da fattori locali

come, ad esempio, l’eccessivo livello di edificazione degli anni post unificazione in Ger-

mania). Ciò che accomuna paesi come Italia, Australia, Stati Uniti, Spagna e Regno Unito

(per limitare l’elenco a quelli di maggiori dimensioni) è proprio la forte riduzione dei tassi

di interesse.

E’ comunque da mettere in preventivo una decelerazione della crescita dell’edilizia resi-

denziale nuova legata al lieve aumento dei tassi sui mutui e all’aumento dei prezzi delle

case accumulatosi in questi ultimi anni. Va però evidenziato che un eventuale indeboli-

mento del mercato immobiliare nel corso del 2005 non inciderebbe immediatamente

sull’attività edilizia (a meno che non assuma proporzioni particolarmente drammatiche),

ma soprattutto sulle nuove iniziative e dunque sui cantieri che verranno aperti negli anni

successivi.

Per quanto concerne l’attività di ristrutturazione delle abitazioni vi è stata, nel corso del

2004, una certa ripresa delle richieste per l’ammissione alla detrazione IRPEF del 36%,

che sembra recuperare la flessione accusata nel 2003. Pare dunque che lo strumento di

agevolazione continui ad esercitare un effetto di stimolo rilevante, nonostante si tratti

dell’ottavo anno consecutivo di applicazione (per un totale di oltre 2 milioni di richieste).

Va inoltre evidenziato come questa accelerazione sia avvenuta nonostante l’ultima proro-

ga abbia abbracciato un arco temporale biennale: era infatti lecito attendersi che il mag-

gior lasso di tempo concesso avrebbe portato ad una maggior “calma” nei processi deci-

sionali che precedono gli interventi.

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Gli investimenti in costruzioni

21

Queste considerazioni portano ad un certo ottimismo per quel che concerne l’evoluzione

degli investimenti in ristrutturazione residenziale nel 2005, anche se va considerato che

gli incentivi, ormai in vigore da molti anni, difficilmente potranno alimentare una crescita

elevata.

Dato questo quadro, ci attendiamo una crescita di poco superiore all’1% degli investi-

menti in edilizia residenziale nel 2005, cui dovrebbe far seguito un rallentamento nel

2006, che riguarderà sia la ristrutturazione sia le nuove abitazioni che nella seconda par-

te dell’anno inizieranno a registrare i primi segnali di recessione.

Fig. 2.1 Transazioni immobiliari residenziali (migliaia)

Fig. 2.2 Concessioni a edificare, residenziale (indici trimestrali)

300

350

400

450

500

550

600

650

700

750

800

850

85 88 91 94 97 01 0470

75

80

85

90

95

100

105

110

94 95 96 97 98 99 00 01 02

Fig. 2.3 Investimenti in ristrutturazione residenziale (Indice 1990=100)

Fig. 2.4 Investimenti in nuove abitazioni (indice 1990=100)

70

80

90

100

110

120

130

140

150

90 93 96 99 02 0570

75

80

85

90

95

100

105

110

90 92 94 96 98 00 02 04 06

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

22

2.3 L’EDILIZIA NON RESIDENZIALE

In questo paragrafo verranno delineate le linee di tendenza storico-previsive dell’edilizia

non residenziale. L’edilizia non residenziale fa riferimento alla realizzazione e nella ristrut-

turazione di edifici diversi da quelli destinati ad uso abitativo (edilizia residenziale); essa

non include il Genio Civile, che è invece quella parte degli investimenti in costruzioni de-

dicata alla realizzazione di opere diverse dagli edifici (strade, ferrovie, dighe, ecc..).

Edilizia industriale

Analizzando l’andamento degli investimenti in edilizia industriale in una prospettiva stori-

ca di medio termine, emerge una evoluzione caratterizzata da forti oscillazioni intorno ad

un trend solo leggermente crescente. La produzione industriale, pur essendo anch’essa

interessata da oscillazioni cicliche, è comunque caratterizzata da una tendenza espansiva

da cui ne consegue che il rapporto fra investimenti in fabbricati industriali e valore della

produzione ha mostrato una tendenza alla riduzione. La conseguenza di ciò (fig. 2.6) è

una tendenziale riduzione del rapporto fra lo stock di fabbricati detenuto dal sistema in-

dustriale ed il valore della produzione (in termini reali), contrariamente a ciò che accade

per le altre tipologie di beni capitali (macchinari, mezzi di trasporto, software,..). Si tratta

inoltre di una tendenza peculiare del settore industriale, che non si riscontra negli altri

comparti economici e che merita indubbiamente qualche riflessione.

In primo luogo, la crescita della produzione industriale italiana non avviene solo attraver-

so un aumento in termini meramente fisici, ma anche attraverso l’incremento della quota

di beni di maggior valore. Ciò fa sì che all’aumento tendenziale della produzione indu-

striale, corrisponda un incremento signifi-

cativamente inferiore dei volumi prodotti

in termini meramente fisici (misurati cioè

in peso o in volume). Poiché la necessità

di fabbricati industriali è legata soprattut-

to a quest’ultimo elemento, ne consegue

una tendenziale riduzione del rapporto fra

lo stock di fabbricati impiegati e produ-

zione.

Nel corso degli ultimi decenni, ma con

una drammatica accelerazione negli ultimi

anni, si è verificato un forte mutamento

delle condizioni competitive internazionali

a vantaggio dei paesi emergenti, in parti-

colare per quanto concerne l’aspetto me-

Fig. 2.5 Investimenti in edilizia industriale (indice 1990=100)

70

75

80

85

90

95

100

105

110

115

90 93 96 99 02 05

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Gli investimenti in costruzioni

23

ramente manifatturiero. Pertanto, si è ridotto il peso delle attività svolte in Italia nelle fa-

si più strettamente produttive della catena del valore, che vengono sempre più delocaliz-

zate nei paesi emergenti, contribuendo a ridurre le necessità di fabbricati industriali.

Come si può notare dalla fig 2.6, gli investimenti in fabbricati industriali rappresentano

un aggregato ben più volatile della produzione industriale (come lo sono generalmente gli

investimenti): fra il 1981 ed il 2003 il tasso di crescita della produzione industriale si è

mosso in un intervallo compreso fra il -3.4% ed il +4.5%, mentre il campo di variazione

degli investimenti in fabbricati industriali è stato compreso fra -13.4 e +17%.

L’elevata volatilità degli investimenti è, sul piano teorico, spiegata dal fatto che le varia-

zioni di questo flusso sono legate alla necessità di correggere agli squilibri che il ciclo e-

conomico determina fra lo stock di capitale effettivo e quello ottimale. Poiché la dimen-

sione dello stock di capitale è molto più grande di quella del flusso degli investimenti,

questi ultimi possono registrare, da un anno all’altro, variazioni in termini percentuali as-

sai elevate, per ottenere correzioni percentuali dello stock di capitale di entità assai infe-

riore. Nella realtà, vi sono vari fattori che influenzano gli investimenti delle imprese, al di

là degli effetti del ciclo economico, quali le condizioni economico-finanziare delle imprese,

le condizioni creditizie (tassi di interesse, politiche creditizie del sistema bancario,..) e le

politiche di incentivazione fiscale.

Questo complesso di fattori, incide sul ciclo degli investimenti sovrapponendosi agli effetti

indotti dalle oscillazioni dalla produzione industriale. Ad esempio, l’impatto della prima

Fig. 2.6 Industria: valore aggiunto, investimenti in costruzioni e stock di fabbricati (fonte ISTAT)

-16-14-12-10-8-6-4-202468

1012141618

1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 200562%

67%

72%

77%

82%

87%

var% valore aggiunto Stock fabbricati/valore aggiunto (sc. Des.)

var% investimenti in fabbricati

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

24

legge Tremonti ha portato ad una elevata crescita degli investimenti in fabbricati indu-

striali nel 1995 e nel 1996, che ha poi portato ad un indebolimento prolungato negli anni

successivi, nonostante la crescita della produzione industriale.

Negli ultimi anni sono state soprattutto le favorevoli condizioni dal lato del finanziamento

(bassi tassi di interesse, aumento dell’offerta del leasing,..) a sostenere il livello degli in-

vestimenti, pur a fronte di un progressivo indebolimento della produzione industriale, con

la conseguente crescita del rapporto fra lo stock di fabbricati ed il livello produttivo, che,

alla luce di ciò che è accaduto, è il segnale che precede la fase di contrazione degli inve-

stimenti (fig 2.6). Si tratta di una situazione simile a quella determinata dalla prima legge

Tremonti, che ha portato ad un aumento degli investimenti che si è prolungato anche nel

1996, nonostante l’incedere di una nuova fase di recessione.

La attuale fase di riduzione degli investimenti in fabbricati industriali può essere pertanto

letta come il tentativo da parte del sistema industriale di ripristinare un rapporto fra lo

stock di capitale in fabbricati e produzione adeguato alle effettive esigenze.

Il trascinarsi anche nei primi mesi del 2005 delle difficoltà delle produzione industriale

italiana e le incerte prospettive che avvolgono il futuro dell’industria italiana alla luce del-

le crescenti pressioni competitive da parte dei paesi in via di sviluppo rendono improbabi-

le una ripresa degli investimenti in edilizia industriale nel periodo di previsione.

Come già detto in precedenza il percorso che potrebbe portare almeno una parte del si-

stema industriale italiano a trovare un posizionamento competitivo difendibile passerà

necessariamente attraverso politiche di investimento volte migliorare la capacità di com-

petere sulla base di fattori diversi dal prezzo. Nell’ambito di tali politiche difficilmente i

fabbricati (tipico investimento finalizzato al mero aumento della capacità produttiva) po-

tranno avere un ruolo strategico. In altri termini le imprese industriali, o almeno quelle

destinate riposizionarsi in modo efficace nell’attuale contesto competitivo, focalizzeranno

sempre più in loro investimenti in tecnologia dell’informazione, marketing, logistica e at-

tività volte al costante miglioramento qualitativo dei prodotti e dei servizi ad essi connes-

si, mentre continuerà il processo di delocalizzazione degli impianti meramente produttivi

nei paesi in via di sviluppo.

Edilizia commerciale

Il primo elemento che vale la pena di considerare analizzando il settore commerciale è

che, a differenza di quanto osservato per il settore industriale, il rapporto fra lo stock di

fabbricati utilizzato ed il valore della produzione presenta una tendenza all’aumento.

Non è difficile leggere dietro questo indicatore lo sviluppo della distribuzione moderna,

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Gli investimenti in costruzioni

25

che utilizza fabbricati costruiti ad hoc, a differenza del commercio tradizionale che utilizza

spazi solitamente ricavati all’interno degli edifici residenziali (il tipico “negozio sotto ca-

sa”).

Per tale motivo l’edilizia commerciale, pur

risentendo, in modo accentuato degli ef-

fetti del ciclo economico analogamente al-

le altre tipologie di investimenti, eviden-

zia una tendenza di fondo all’aumento, in

una prospettiva storica di medio-lungo

termine, contrariamente a ciò che accade

per il settore industriale.

Considerando che lo sviluppo della distri-

buzione moderna affonda le proprie radici

in una maggior competitività nei confronti

della distribuzione tradizionale e che nel

nostro paese lo sviluppo della Gdo (Gran-

de Distribuzione Organizzata) è ancora

relativamente ridotto, queste tendenze dovrebbero senz’altro proseguire anche nel futu-

ro.

La concretizzazione di questo elevato potenziale di sviluppo passa tuttavia attraverso a-

spetti di natura normativa. Appare, ad esempio, evidente l’effetto della riforma del com-

mercio attuata nella seconda parte degli anni ‘90, che ha trasferito alle regioni le compe-

tenze decisionali in tema di autorizzazioni all’apertura di nuovi centri commerciali produ-

cendo inizialmente una sorta di blocco delle nuove iniziative, che si è successivamente

tradotto in un forte incremento degli investimenti nel momento in cui il nuovo sistema i-

niziava ad entrare a regime. Continua comunque a sussistere in molte realtà locali un

complicato intreccio normativo fra le competenze in tema di autorizzazione all’apertura di

nuove strutture distributive di grande dimensione, che fanno capo alle regioni, e la ge-

stione dei piani regolatori che fanno invece capo ai comuni.

Pertanto gli aspetti normativi rappresentano oggi, probabilmente un freno che porterà ad

uno sviluppo della GDO inferiore rispetto al potenziale.

L’attuale fase moderatamente recessiva dell’edilizia commerciale risente sostanzialmente

di due elementi. Il primo è rappresentato dall’elevata crescita registrata nel 2001 (che

come abbiamo riferito ha risentito della posticipazione di iniziative che avrebbero dovuto

aver luogo negli anni precedenti), il secondo è più semplicemente legato al rallentamento

dei consumi delle famiglie italiane che ha caratterizzato gli anni più recenti. Nel comples-

so i consumi delle famiglie hanno mostrato nell’ultimo triennio un tasso di crescita pari a

circa l’1% medio annuo, che, tuttavia, se si escludono i consumi di beni non veicolati dal-

la distribuzione (i consumi di servizi e di energia) si ridimensionano a meno dello 0.5%,

Fig. 2.7 Investimenti in edilizia commerciale (indice 1990=100)

70

80

90

100

110

120

130

90 93 96 99 02 05

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

26

con alcuni momenti caratterizzati dal segno negativo.

Nel periodo di previsione la dinamica leggermente più espansiva dei consumi e l’ulteriore

aumento della quota della distribuzione moderna dovrebbero favore un recupero degli in-

vestimenti in edilizia attivati da questo comparto economico.

Altra edilizia non residenziale

Il resto dell’edilizia non residenziale è rappresentato dai fabbricati destinati ad impieghi

nei settori agricoli e nel settore del terziario (uffici), inclusa la Pubblica Amministrazione.

L’edilizia agricola mostra una tendenza di lungo termine verso la riduzione, legata soprat-

tutto alla riduzione della stock di bestiame bovino, in parte compensata dall’incremento

del bestiame suino. Questi fenomeni riflettono da un lato la maggior dinamicità dei con-

sumi di carne suina (soprattutto i salumi) a fronte di quelli tendenzialmente calanti di

carne bovina, dall’altra la maggior competitività rispetto alla concorrenza estera da parte

dell’industria suinicola italiana. La forte contrazione subita negli ultimi anni degli investi-

menti in fabbricati agricoli porta a prevedere una stabilità nel periodo di previsione, che

tuttavia non preclude ad una stabile inversione di tendenza rispetto alla dinamica negati-

va mostrata negli ultimi anni.

Fig. 2.8 Distribuzione: valore aggiunto, investimenti in costruzioni e stock di fabbricati (fonte ISTAT)

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 200525%

27%

29%

31%

33%

35%

37%

39%

var% valore aggiunto Stock fabbricati/valore aggiunto (sc. Des.)var% investimenti in fabbricati

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Gli investimenti in costruzioni

27

Per quanto concerne le altre tipologie edilizie non residenziali (edifici pubblici e edifici de-

stinati al terziario non commerciale) si riscontra una dinamica meno sensibile al ciclo e-

conomico dal momento che le attività del terziario risultano generalmente caratterizzate

da uno sviluppo produttivo meno soggetto a “turbolenze” rispetto ad esempio a quello del

settore industriale. Per quanto concerne la componente “pubblica” di questa parte degli

investimenti in costruzioni, essa tende a recepire gli effetti delle modificazioni delle con-

dizioni finanziarie della Pubblica Amminstrazione, oltre agli effetti legati alle modificazioni

del quadro normativo (come accade anche per gli investimenti nel settore del Genio Civi-

le), fenomeni che hanno avuto un forte impatto negativo ad esempio nella prima parte

degli anni ‘90.

Attualmente l’edilizia pubblica appare minacciata dalla politica di contenimento della spe-

sa pubblica, che tuttavia potrebbe essere superato attraverso l’attivazione di strumenti di

finanziamento alternativi ai trasferimento provenienti dal Bilancio dello Stato.

Fig. 2.9 Investimenti in edilizia agricola (indice 1990=100)

Fig. 2.10 Investimenti in altri edifici non residenziale (*) (indice 1990=100)

70

75

80

85

90

95

100

105

90 93 96 99 02 05

70

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95

100

105

110

115

90 93 96 99 02 05

(*) edilizia pubblica e edilizia destinata al terziario e-sclusa la distribuzione

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

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2.4 IL GENIO CIVILE

Il Genio Civile rappresenta la “parte” del settore delle costruzioni che realizza o ristruttu-

ra opere diverse dagli edifici.

Oltre il 50% degli investimenti del Genio Civile è dedicato alle reti di trasporto (strade,

ferrovie, ponti, porti, ecc..) Il resto si ripartisce in una miriade di diverse tipologie di ope-

re fra cui, ad esempio, le reti idriche, elettriche, telecomunicazioni. Il fabbisogno di infra-

strutture in Italia è molto elevato e cresce in modo molto più accentuato rispetto alle reti

infrastrutturali stesse. Si tratta dunque di un settore caratterizzato da un potenziale di

sviluppo molto alto.

Si tratta, inoltre di un settore tradizio-

nalmente legato all’attività della Pubblica

Amministrazione (centrale e periferica)

sia per quanto concerne le disponibilità di

risorse finanziarie, sia per quanto concer-

ne la definizione del contesto normativo

che ne regola l’attività, creando spesso

forti ostacoli allo sviluppo.

Negli ultimi 10/15 anni, però, il legame

fra la PA ed il comparto del Genio Civile si

è andato modificando. La privatizzazione

di importanti Public Utility ha di fatto

svincolato l’andamento di alcune tipologie

di investimenti rispetto alla sfera pubbli-

ca, in particolare sotto il profilo del finanziamento, come accaduto ad esempio per le tele-

comunicazioni e la produzione/distribuzione di energia elettrica e di gas.

Negli ultimi anni, il comparto del Genio Civile ha vissuto una fase di forte rilancio legata

a vari fattori, i più rilevanti dei quali possono essere così sintetizzati:

1) l’allentamento dei vincoli alla spesa pubblica successivo all’ingresso dell’Italia nella

UEM;

2) l’oggettiva necessità di ampliamento delle reti infrastrutturali, in particolare per

quanto concerne le reti di trasporto, messe alla frusta dal continuo incremento del

traffico veicolare;

3) l’accresciuto ruolo delle amministrazioni locali, consapevoli dell’elevato impatto in

termini di consenso derivante da investimenti che creano beni di immediata ed e-

vidente percettibilità da parte dell’elettorato. Questo fenomeno è stato accentuato

dal processo di trasferimento di poteri dallo Stato alle amministrazioni locali e dal-

la riforma elettorale che ha sancito l’elezione diretta del sindaco.

Fig. 2.11 Investimenti in opere del Genio Civile (indice 1990=100)

60

65

70

75

80

85

90

95

100

105

90 93 96 99 02 05

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Gli investimenti in costruzioni

29

Il problema che attualmente questo settore è chiamato a fronteggiare è rappresentato

dalle difficoltà attraversate dalla finanza pubblica italiana e dalla conseguente “stretta”

dei trasferimenti statali agli enti locali.

Appare dunque evidente come il futuro per gli investimenti in opere infrastrutturali pas-

serà sempre più attraverso risorse finanziarie che non rientrano, almeno formalmente,

nel Bilancio dello Stato, il che significa sostanzialmente un maggior coinvolgimento dei

capitali privati e la creazione di imprese preposte alla realizzazione delle opere il cui in-

debitamento non rientri nella definizione di settore pubblico.

Riteniamo che il contesto meno favorevole dal lato dei finanziamenti che fanno capo al

Bilancio dello Stato non blocchi la crescita del Genio Civile. Tale ipotesi si basa essen-

zialmente sull’idea che il processo di allentamento dei legami fra il bilancio dello Stato e

le opere del Genio Civile, già precedentemente messo in luce, continui, ad esempio attra-

verso lo sviluppo della Finanza di Progetto, vale a dire la realizzazione dei opere che coin-

volgano sia sul piano finanziario sia su quello gestionale i privati, svincolandole del tutto

o in parte dalla necessità di attivare finanziamenti che gravino interamente sulla finanza

pubblica. Nel breve termine le opere del Genio Civile promosse dallo Stato dovrebbero ri-

cevere un sostegno finanziario dalle vendite e dalle cartolarizzazioni degli immobili pub-

blici.

2.5 QUADRO TERRITORIALE DELLE COSTRUZIONI

Molte delle considerazioni svolte nel paragrafo relativo all’edilizia residenziale hanno vali-

dità per tutte le aree geografiche del paese. In particolare, per quanto concerne lo svi-

luppo del mercato immobiliare (che ha sostanzialmente riguardato tutte le regioni),

l’effetto dei bassi tassi di interesse e la “crisi” delle forme di investimento alternative al

“mattone”.

L’evoluzione storica dell’attività edilizia residenziale, evidenzia, tuttavia, delle differenze

fra le varie aree del paese; in particolare un migliore andamento degli investimenti in e-

dilizia residenziale al Nord (2.5% il tasso di sviluppo medio annuo fra il 1998 ed il 2003)

a fronte di una maggior debolezza dell’area meridionale (-0.1% nello stesso periodo).

Sono sostanzialmente tre i fattori che hanno determinato queste differenze.

In primo luogo il fatto che il Nord ed il Centro si caratterizzino per una dimensione dello

stock di abitazioni che, in rapporto al numero di famiglie, risulta inferiore alla media na-

zionale (1.20 e 1.21 rispettivamente contro l’1.34 del Mezzogiorno).

Inoltre, a partire dalla metà degli anni 90 l’evoluzione demografica dell’area Centro-Nord

ha evidenziato una dinamica della popolazione decisamente più sostenuta.

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

30

L’ultimo fattore è rappresentato dal fatto che gli incentivi fiscali alla ristrutturazione (leg-

ge 449/97) sono stati utilizzati assai più intensamente nelle regioni del Nord.

Per comprendere le ragioni della differente dinamica demografica è opportuno scindere la

dinamica demografica in due distinte determinanti: il “saldo naturale” (differenza fra na-

scite e decessi) ed i flussi migratori netti (differenza fra immigrati ed emigrati). Nel corso

dello scorso decennio il contributo del saldo naturale alla dinamica demografica nazionale

si è indebolito (nel 1992 era positivo per circa 30 mila unità, mentre oggi è negativo per

circa 20 mila unità), mentre hanno assunto sempre maggior rilevanza i flussi migratori,

che hanno fornito un contribuito notevolmente più elevato alla crescita demografica

dell’area “Nord”. Per dare un’idea del fenomeno basta pensare che nel 2002 su quasi 1.5

milioni di permessi di soggiorno per extra-comunitari oltre 800 mila riguardavano l’area

“Nord”, mentre meno di 200 mila riguardavano il Mezzogiorno.

Inoltre, anche le migrazioni interne tendono a spostare popolazione dal Sud al Nord (con

flussi che variano dai 50 ai 100 mila individui all’anno). Infine, vari fattori, fra cui anche

l’aumento della presenza di immigrati caratterizzati da una maggiore prolificità, hanno

leggermente alzato il saldo naturale delle regioni del Centro-Nord (da -86 mila del 1995 a

-48 mila del 2002), mentre si è andato riducendo il saldo naturale del Mezzogiorno (dai

57 mila del 1995 ai 28 mila attuali).

Le previsioni per quanto concerne l’attività edilizia residenziale presentano qualche diffe-

renze fra le singole aree. Il maggior fabbisogno di investimenti in nuove abitazioni

dell’area Nord implicito nel più ridotto rapporto fra stock di abitazioni e numero di fami-

glie è già stato in parte colmato attraverso il maggior sviluppo degli ultimi anni che ha

portato ad un’incidenza degli investimenti in nuove abitazioni sullo stock di abitazioni su-

periore del 10% rispetto alla media nazionale. Specularmene, l’area del Mezzogiorno, ca-

Fig. 2.12 Dinamica della popolazione, Centro-Nord (indice 1991=100)

Fig. 2.13 Dinamica della popolazione, Mezzogiorno (indice 1991=100)

97

98

99

100

101

102

103

104

105

1991 1994 1997 2000 2003 200663.0

63.2

63.4

63.6

63.8

64.0

64.2

Popolazione% sul totale naz.(sc. des.)

99

99

100

100

101

101

102

102

103

103

1991 1994 1997 2000 2003 200635.4

35.6

35.8

36.0

36.2

36.4

36.6

Popolazione% sul totale naz.(sc. des.)

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Gli investimenti in costruzioni

31

ratterizzata da un minore fabbisogno di abitazioni, presenta già un livello di investimenti

relativamente ridotto. L’area Centro presenta un potenziale si sviluppo superiore alle al-

tre due aree legato al fatto che a fronte di un fabbisogno di nuove abitazioni simile a

quello dell’area Nord, non sembra essersi ancora realizzata una crescita significativa

dell’attività edilizia.

Per quanto concerne gli investimenti in costruzioni non residenziali si rileva, nel recente

passato, un ciclo della componente industriale maggiormente accentuato per il Centro-

Nord (forte crescita fino al 2002 e maggior flessione nel 2004), rispetto al Sud. Le pro-

spettive di sviluppo economico simile per le tre aree portano ad una previsione non parti-

colarmente diversa per l’edilizia industriale, che va dal -2.5% del Mezzogiorno al -2% del

Tab. 2.2 Gli investimenti in costruzioni, quadro territoriale (var. %)

2002 2003 2004 2005 2006

Totale costruzioni

ITALIA 3.3 1.8 3.0 1.3 0.8

Nord 3.5 3.2 3.1 1.3 0.7

Centro 4.5 1.0 2.8 2.1 0.9

Sud 2.2 -0.3 2.7 0.8 0.9

di cui:

Residenziale nuovo

ITALIA 5.9 4.0 4.2 2.1 0.5

Nord 5.5 3.9 4.3 2.2 0.5

Centro 8.3 3.4 5.6 3.2 1.0

Sud 5.4 4.4 3.3 1.4 0.2

Ediliz ia industria le

ITALIA 8.6 -2.6 -7.3 -4.6 -2.1

Nord 11.2 -0.8 -7.7 -4.4 -2.0

Centro 11.3 -2.5 -10.4 -4.3 -1.7

Sud 1.8 -6.9 -4.6 -5.2 -2.5

Ediliz ia commercia le

ITALIA 1.2 -1.3 -3.2 0.9 2.9

Nord 3.1 0.4 -3.8 -0.5 1.5

Centro -0.4 0.8 -6.5 -0.1 2.2

Sud -2.2 -5.6 -0.6 4.3 6.0

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PROMETEIA - ASSOBETON Luglio 2005

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Centro.

L’area del Mezzogiorno presenta invece un maggior potenziale di sviluppo per quanto

concerne l’edilizia commerciale, legate alla minore penetrazione della distribuzione mo-

derna in questa area. Per questa ragione ci attendiamo nel 2006 tassi si sviluppo sensi-

bilmente più elevati nel Mezzogiorno (6%), a fronte di uno sviluppo meno elevato nelle

altre due aree.

Complessivamente gli investimenti in costruzioni sono previsti crescere quest’anno del

2.1% nel Centro, dell’1.3% nel Nord e solo dello 0.8% nel Sud.

Nel 2006, il rallentamento previsto degli investimenti in edilizia residenziale nel Nord e

nel Centro e la prosecuzione delle difficoltà dell’edilizia industriale porteranno ad una cre-

scita del complesso degli investimenti in costruzioni in tutte e tre la aree inferiore all’1%.