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LE ORIGINI DELLA CHITARRA Tutti gli strumenti musicali, in origine, non nascono per motivi di espressione artistica: in genere erano utensili che servivano ad esempio per emettere suoni che attiravano le prede durante la caccia o per creare ambiente in situazioni rituali o religiose. Quindi è molto frequente imbattersi, quando si ricercano le origini degli strumenti musicali, in oggetti che avevano tutt’altro utilizzo e che, in un secondo tempo, furono manipolati e adattati per un uso musicale. Gli archi da caccia furono gli antenati degli strumenti a corda da essi fu poi molto naturale passare da un solo laccio a più corde poste parallelamente. Il suono che veniva prodotto era ovviamente molto esile, per cui fu necessario un ulteriore sviluppo dello strumento. In alcuni luoghi riscontriamo l’uso di diverse casse di risonanza, come ad esempio noci di cocco o zucche vuote. La combinazione di un arco con molte corde e una cassa di risonanza diede vita all’arco arpa. Tra gli strumenti della antica Grecia compare la LIRA, presente anche in Egitto, formata da un guscio di tartaruga sul quale veniva tesa una pelle animale. Al guscio di testuggine venivano messe due braccia che potevano essere o corna animali o semplici pezzi di legno, e messa poi una struttura dove venivano legate le corde, che potevano variare da tre a sette (numeri sacri, sette erano le porte di Tebe) La lira greca era solitamente suonata con un PLECTRUM (plettro), sottile lista di corno animale. Le corde erano di canapa. La musica greca era rappresentativa, veniva usata per adunanze politiche, culti religiosi, opere teatrali. La loro musica non ci è pervenuta, perché usavano un tipo di scrittura MNEMONICO, cioè venivano segnate le note ma non il ritmo. Mentre la LIRA era uno strumento per dilettanti e molto più popolare, la KITHARA (altro strumento greco) era uno strumento per professionisti. Molto più complessa rispetto alla LIRA, era formata da un unico pezzo di legno scavato per ottenere la cassa armonica, sopra la quale veniva inchiodato un piano armonico. Vi era una sorta di rullo dove venivano legate le corde per poter cambiare l’accordatura dello strumento. Per far vibrare le corde più a lungo, venne trovato un sistema fatto di molle che permettevano la vibrazione dei due bracci e quindi delle corde stesse. Veniva sempre utilizzato un PLECTRUM e lo strumento veniva appoggiato al torace (in spagnolo KITAROS significa torace). Strumenti con lunghi manici e piccole casse rotonde o rettangolari esistevano in Mesopotamia fin dal 2000 A.C. e in Egitto fin dal 1500 A.C. Il NEFER, strumento egiziano, aveva una cassa bombata con la parte superiore in pelle e un manico lungo che lo attraversava completamente.

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LE ORIGINI DELLA CHITARRA Tutti gli strumenti musicali, in origine, non nascono per motivi di espressione artistica: in genere erano utensili che servivano ad esempio per emettere suoni che attiravano le prede durante la caccia o per creare ambiente in situazioni rituali o religiose. Quindi è molto frequente imbattersi, quando si ricercano le origini degli strumenti musicali, in oggetti che avevano tutt’altro utilizzo e che, in un secondo tempo, furono manipolati e adattati per un uso musicale. Gli archi da caccia furono gli antenati degli strumenti a corda da essi fu poi molto naturale passare da un solo laccio a più corde poste parallelamente. Il suono che veniva prodotto era ovviamente molto esile, per cui fu necessario un ulteriore sviluppo dello strumento. In alcuni luoghi riscontriamo l’uso di diverse casse di risonanza, come ad esempio noci di cocco o zucche vuote. La combinazione di un arco con molte corde e una cassa di risonanza diede vita all’arco arpa. Tra gli strumenti della antica Grecia compare la LIRA, presente anche in Egitto, formata da un guscio di tartaruga sul quale veniva tesa una pelle animale. Al guscio di testuggine venivano messe due braccia che potevano essere o corna animali o semplici pezzi di legno, e messa poi una struttura dove venivano legate le corde, che potevano variare da tre a sette (numeri sacri, sette erano le porte di Tebe) La lira greca era solitamente suonata con un PLECTRUM (plettro), sottile lista di corno animale. Le corde erano di canapa. La musica greca era rappresentativa, veniva usata per adunanze politiche, culti religiosi, opere teatrali. La loro musica non ci è pervenuta, perché usavano un tipo di scrittura MNEMONICO, cioè venivano segnate le note ma non il ritmo. Mentre la LIRA era uno strumento per dilettanti e molto più popolare, la KITHARA (altro strumento greco) era uno strumento per professionisti. Molto più complessa rispetto alla LIRA, era formata da un unico pezzo di legno scavato per ottenere la cassa armonica, sopra la quale veniva inchiodato un piano armonico. Vi era una sorta di rullo dove venivano legate le corde per poter cambiare l’accordatura dello strumento. Per far vibrare le corde più a lungo, venne trovato un sistema fatto di molle che permettevano la vibrazione dei due bracci e quindi delle corde stesse. Veniva sempre utilizzato un PLECTRUM e lo strumento veniva appoggiato al torace (in spagnolo KITAROS significa torace). Strumenti con lunghi manici e piccole casse rotonde o rettangolari esistevano in Mesopotamia fin dal 2000 A.C. e in Egitto fin dal 1500 A.C. Il NEFER, strumento egiziano, aveva una cassa bombata con la parte superiore in pelle e un manico lungo che lo attraversava completamente.

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Lo sviluppo di queste strutture diede vita a un’infinità di strumenti in tutto il mondo, fra i quali i più importanti furono il Pandora greco e romano, il Sitar, il Surbahar e il Tanpura indiani, il Samisen giapponese, il Pipa cinese. Gli strumenti a corda furono diffusi in Europa dai Romani, i più comuni erano il Pandura, la Cithara, la Fidicula. Uno sviluppo della LIRA greca portò nel medioevo alla comparsa della CITOLA (il nome è una nomenclatura della KHITARA) Nell’ottavo secolo, l’invasione dei MORI introdusse in Spagna uno strumento arabo molto importante, IL LIUTO, in arabo AL UD che significa “pezzo di legno”. AL UD diventa LAUD, LAUTO e infine LIUTO. Durante l’occupazione dei Mori dal 711 al 1492 si sviluppa poi in tutta Europa. vedremo più avanti come questo strumento condizionerà lo sviluppo della chitarra. Il suo luogo d’origine è il sud dell’IRAQ. A Bagdad esisteva un incredibile museo di strumenti musicali dove vi erano collezionati liuti arabi molto antichi, bombardato poi per sbaglio da una bomba intelligente nella guerra del Golfo nel ’91. I primi strumenti che si possono avvicinare a quello che noi oggi conosciamo come chitarra comparvero solo dal primo Rinascimento. E’ questo il punto di partenza dal quale si può cominciare a parlare di CHITARRA, soprattutto perché la si può considerare in relazione alla sua musica. Questi strumenti erano l’evoluzione della GUITARRA LATINA e della GUITARRA MORESCA, molto diffusi in Spagna nel XIV secolo. Molte illustrazioni di questi strumenti compaiono nelle miniature delle Cantigas di Alfonso de Sabio, re di Spagna. Mentre la guitarra moresca assomiglia più ad un liuto, la guitarra latina può essere considerata molto più simile ad una chitarra. Gradualmente i termini latina e moresca vennero abbandonati e cominciarono a diffondersi strumenti a corda in tutta Europa che venivano chiamati con diversi nomi a seconda della zona di diffusione: guitarra, gittern, guitern e chitarra.

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LA VIHUELA Nel Rinascimento la VIHUELA divenne il più importante fra gli strumenti della famiglia delle chitarre, anche se questo termine fu usato in senso generale per identificare una particolare forma. Infatti le VIHUELE venivano chiamate per il modo con cui venivano suonate: Vhiuela de arco suonata con l’archetto, come oggi un violino, Vihuela de penola suonata con un plettro e Vihuela de mano pizzicata con le dita come oggi si suona una chitarra. In Italia gli stessi strumenti venivano chiamati VIOLA. E’ opportuno iniziare a considerare la Vihuela da una citazione di JOHANNES TINCTORIS, importante trattatista dell’epoca che nel 1487 descrive “uno strumento inventato dagli spagnoli che sia loro che gli italiani chiamano viola ma i francesi mezzo-liuto. Questa viola differisce dal liuto per il fatto che questo ha forma di testuggine, mentre la viola è piatta e per lo più con entrambi i lati curvati verso l’interno” DIA 6 Questo è l’unico esemplare esistente di VIHUELA del XVI secolo. La tavola armonica è in legno di abete con cinque rose finemente intagliate e delle piastrine incastonate con legno a mosaico e pietre preziose. Le fasce e il fondo sono costruite con un complicato lavoro di intarsi e incastri alternando legno di bosso a legno di palissandro. Anche la tastiera e il manico sono lavorati in questo modo. Probabilmente è arrivata ai giorni d’oggi proprio per la sua qualità come opera d’arte. Un riferimento a questo metodo costruttivo si trova nell’ EXAMEN DE VIOLEROS (1502) che include una vihuela grande de piesas nella lista che l’aspirante liutaio deve essere in grado di costruire. Questo strumento è conservato al museo Jacquemart-Andrèe a Parigi. Tinctoris aggiunge il seguente commento: “mentre alcuni suonano ogni tipo di composizione sul liuto con grande divertimento, al contrario in Italia e in Spagna è usata più spesso la viola senza arco”. Non c’è da meravigliarsi nel trovare uno strumento spagnolo in uso in Italia, poiché a quel tempo le cose spagnole erano molto in voga in questo Paese, come risultato della dominazione spagnola a Napoli. Nonostante la Viola da mano appaia così frequentemente nelle iconografie italiane, non si pubblicò alcuna musica per questo strumento, ma musica quasi esclusivamente per liuto. Tuttavia ci sono un certo numero di riferimenti sull’impiego della viola da mano come accompagnamento alla voce. Sempre in un riferimento di TINCTORIS, in cui si sostiene che “la Casa Reale della vihuela è la Spagna”, è confermata la ricchezza di musica che si pubblicò nel XVI secolo.

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Nel 1536 si ha la prima pubblicazione di un libro dedicato alla vihuela, dove il rispetto per il musicista è ben illustrato dal titolo: “EL MAESTRO” di LUIS MILAN. Mentre nel resto d’Europa comparvero dall’inizio del ‘500 libri di musica per Liuto, in Spagna si pubblicò esclusivamente per vihuela. LUIS MILAN era il più conosciuto tra i vihuelisti spagnoli dell’epoca. La sua pubblicazione era divisa in due parti, la prima con musica per principianti, dove l’autore dà qualche consiglio sulla tecnica esecutiva, su come accordare lo strumento e come intonarlo, aggiustando i legacci in budello; la seconda parte era indirizzata a suonatori più esperti. Le corde degli strumenti rinascimentali erano in budello animale finemente lavorate dai cordai che le calibravano a misura. Era però molto difficile riuscire ad accordare bene uno strumento con questo tipo di corde, soprattutto perché il budello si dilatava e ritirava in base all’umidità dell’aria. La Vihuela veniva suonata con una tecnica particolare, molto simile a quella usata per il liuto: si appoggiava il mignolo della mano destra alla tavola armonica e si pizzicavano le corde con il pollice e indice alternati oppure con indice e medio. I vihuelisti godevano di un ottima reputazione ed erano solitamente musicisti di professione al servizio delle case reali o nell’aristocrazia. Tra i migliori esecutori oltre a Luis Milan ricordiamo MUDARRA, NARVAEZ, FUENLLANA, ENRIGUEZ e anche loro, dietro l’esempio di Luis Milan, pubblicarono per tutto il ‘500 libri di musica per questo strumento. Le musiche pubblicate da questi vihuelisti traggono ispirazione da semplici fatti di vita popolare dove nasce il VILLANCICO (particolare forma musicale) oppure da poemi epici medioevali, da fatti eroici o avvenimenti di portata storica, dove nasce il ROMANCE (anche questa è una articolare forma musicale). Altre forme strumentali erano la FANTASIA, la GAGLIARDA, la PAVANA, la FOLLIA, che accompagnavano le danze. La VIHUELA fu uno strumento dalla breve vita ed è notevole che si sia raggiunto tale livello in un arco di tempo così breve. La sua splendida musica ci rende difficile capire come mai sia scomparsa nell’ultima parte del 16° secolo. Una facile risposta è che essa fu rimpiazzata dalla chitarra, ma questa non fu in realtà una sostituzione, poiché la chitarra non ispirò una letteratura paragonabile a quella della vihuela. Essa ebbe moltissime cose in comune con il liuto, ma questo continuò tuttavia a prosperare fino al 18° secolo. Probabilmente in Spagna non vi furono più vihuelisti del calibro e della statura degli antichi maestri e forse la difficoltà di esecuzione mancò di ispirare giovani musicisti. Qualunque sia la ragione, la vihuela dette origine alla chitarra a cinque cori, ma prima di analizzare il suo sviluppo bisogna considerare il suo diretto predecessore, la chitarra a quattro cori del 16° secolo. LA CHITARRA A QUATTRO CORI DIA 7-8 Esaminando i pochissimi esemplari di chitarre a 4 cori esistenti e confrontandole alle iconografie se ne deduce che queste erano molto più piccole

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della vihuela. Un’altra particolare differenza è che, a differenza delle vihuele, esistevano sia chitarre a fondo piatto che chitarre a fondo costruito a doghe incurvate similmente al liuto. Questo metodo di costruzione si può osservare nella chitarra a quattro cori costruita da GIOVANNI SMIT a Milano nel 1646, uno dei pochissimi esemplari di chitarre a quattro cori, conservata al museo di Vienna: essa presenta fasce e fondo in palissandro separate da filetti in avorio, tavola armonica intarsiata in tipico stile italiano del 18° secolo, tastiera con incisa una scena di caccia. Tinctoris ci dà ulteriori informazioni sull’influenza del liuto sulla chitarra: “vi è uno strumento inventato dai Catalani che alcuni chiamano guiterra ed altri ghitern. E’ derivato ovviamente dal liuto poiché è a forma di testuggine (sebbene molto più piccolo) ed ha la stessa accordatura e modo di essere accordat”.. La duplice influenza del liuto e della vihuela sulla chitarra ha avuto strani effetti. La confusione di strumenti a fondo piatto e bombato continuò fino a che il liuto passò di moda nel 18° secolo. E’ abbastanza chiaro che la chitarra, strumento soprattutto popolare, abbia copiato le caratteristiche del nobile liuto e della vihuela. Entrambi erano strumenti per professionisti e la loro musica, spesso contorno della vita a corte e dell’aristocrazia, dava loro uno status molto maggiore di quanto non godesse la chitarra. Verso la fine del ‘500 lo strumento a quattro cori passò di moda e cominciò ad affermarsi la chitarra a cinque cori. LA CHITARRA A CINQUE CORI Un documento letterario, la DOROTEA di Lope de Vega attribuisce a Vincente Espinel, poeta e musicista, l’aggiunta della PRIMA CORDA e fu per questa ragione per cui la chitarra a cinque cori fu conosciuta in Europa come CHITARRA SPAGNOLA. La maggior parte delle chitarre ancora esistenti furono costruite in Italia e Francia, molte delle quali da liutai tedeschi che vivevano nel nostro Paese. In Spagna la chitarra era considerato uno strumento popolare e quindi di scarso valore, mentre in Italia essendo utilizzato a corte e nell’aristocrazia era costruita con preziosità e maestria. Accanto alla cinque cori tradizionale esisteva, soprattutto in Italia, la chitarra battente. Era suonata a plettro, aveva corde di metallo che passavano sopra il ponte ed erano ancorate con piroli alla base della cassa. La parte posteriore della tavola armonica era generalmente inclinata, e al posto di legacci di budello venivano usati tasti di metallo. DIA 9 Chitarra battente di GIORGIO SELLAS, Venezia 1627, molto ornata, di una maestria unica con figure intarsiate di madreperla, avorio ed ebano su manico, paletta e tastiera. Giorgio e Matteo Sellas erano i più importanti liutai italiani del periodo DIA 10 In questa diapositiva vediamo un’altra abitudine decorativa favorita dai costruttori tedeschi, cioè l’incisione di scene di caccia o altri temi. Chitarra battente di

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JACOBUS STADLER, 1624. Anche questa è una chitarra battente e fu utilizzato avorio e palissandro. DIA 11 Un altro straordinario strumento non battente ma chitarra a cinque cori costruita da JOACHIM TIELKE nel 1693, VICTORIA E ALBERT MUSEUM a Londra. Fasce e fondo sono intarsi di avorio e tartaruga e lo spessore è talmente sottile che risulta trasparente si può guardare attraverso. DIA 12 Esempio di chitarra spagnola a cinque cori molto più semplice in cipresso e palissandro senza particolari decorazioni. DIA 13 Antonio Stradivari 1688, museo di OXFORD. La nuova era della chitarra a cinque cori avviene verso la fine del 16° secolo e dalla Spagna si diffonde presto in tutta Europa. In questo periodo viene pubblicato un libro di musica per questo nuovo strumento rivolto al vasto pubblico con lo scopo di insegnare al lettore la tecnica del rasgeado, per poter imparare gli accordi base soprattutto per accompagnare la voce. Questo trattato ebbe una vastissima popolarità, e venne ristampato più volte. LETTURA DI VARI COMMENTI E TESTIMONIANZE SULLA CHITARRA SPAGNOLA L’uomo principalmente responsabile del favore che godette la chitarra nei circoli reali fu un italiano FRANCESCO CORBETTA, Pavia, 1615. Da questo momento in poi lo stile e la tecnica utilizzata sulla chitarra subiscono un graduale cambiamento e dal facile RASGEADO si passa a lavori di natura sempre più complessa. DALLA CINQUE CORI ALLA SEI CORDE Il passaggio dalla cinque cori alla sei corde è abbastanza complesso e non presenta una singola linea di sviluppo. In Spagna la chitarra a 5 cori acquistò un coro ulteriore prima che le corde divenissero singole, mentre in italia e in francia sembra che lo strumento abbia perso le corde doppie prima dell’aggiunta della sesta corda. Nel 1780 si pubblicò in Spagna la prima pubblicazione di chitarra a sei ordini. In Spagna, o meglio in Andalusia, che è il luogo in cui più rimase la dominazione araba (quasi otto secoli) assistiamo ad uno sviluppo sostanzialmente diverso della chitarra. Sulle origini del flamenco sono state avanzate diverse ipotesi. I cronisti del flamenco preferiscono ignorare i fondamentali contributi arabi alla loro musica, tendendo a darne la paternità ad una musica spagnola zingara e ad antiche musiche ebraiche. Il

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flamenco è un’eco del passato islamico dell’Andalusia, quasi otto secoli di occupazione avevano lasciato delle fortissime tracce culturali. In molte aree locali la musica araba fu l’unica conosciuta dalle popolazioni locali per secoli. Il flamenco non fu la musica delle classi spagnole più elevate, che avevano gusti più simili a quelli europei. Il flamenco si sviluppò come musica popolare. Gli esecutori di flamenco vedevano la chitarra come qualcosa di supplementare. Fondamentalmente il flamenco è una forma vocale e di danza. Lo strumento doveva solo fornire la possibilità di dare ritmo, di creare una basa armonica e di accompagnare il canto. Quando l’Andalusia venne riconquistata alla fine del 15° secolo, i conquistatori spagnoli erano occupati dalla conquista delle ricchezze dei Mori e dal consolidamento del potere, e l’aristocrazia non si occupò dei cittadini tranne che per tassarli. Questo fatto ebbe come conseguenza che la popolazione Andalusa non fu esposta alla cultura e ai manierismi della classe di governo e di conseguenza non fu tentata di sviluppare una musica popolare ad imitazione dei suoi governanti, come fu invece comune in altre parti d’Europa, con la POLKA e la SCOZZESE, il VALZER e perfino la PAVANA e la CIACCONA mentre la musica Andalusa, la quale si mantenne ben ancorata ad antiche tradizioni arabe. Da una parte la chitarra cerca di evolversi cercando di soddisfare le esigenze tecniche di una musica sempre più in voga in Italia, Francia, Germania e Austria, cercando di interpretare la musica secondo un concetto polifonico, con fraseggi melodici anche su note più acute, con chiarezza ed equilibrio nella risposta. Dall’altra parte l’unica esigenza per strumenti rivolti al flamenco era quella di fornire corpo al suono ed avere gli accordi nella tecnica del rasgeado il più corposi possibile. DIA 14-15-16 Chitarre spagnole Andalusia PAGES – BENEDIT DIA 17-18-19-20-21 Chitarre europee STAUFER (Germania) DIA 22-23-24-25 Chitarre europee PANORMO (Italia-Inghilterra) DIA 26 In questo periodo si può assistere alla produzione di chitarre inconsuete. E’ un periodo di transizione e di grosse modifiche e appare un po’ di confusione sull’evoluzione dello strumento. La terminologia utilizzata per questi strumenti illumina sulla loro origine: ARPA CHITARRA – ARPA LIUTO – LIRA CHITARRA. In Europa agli inizi del 19° secolo vi fu un rinnovato interesse per la chitarra, dopo la nascita della chitarra a sei corde singole. Dei molti professionisti che suonarono, scrissero ed insegnarono nei primi decenni del 19° secolo, due furono particolarmente importanti: MATTEO CARCASSI (Firenze) e FERDINANDO CARULLI (Napoli).

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Francisco Tàrrega nacque a Valencia nel 1852: importantissimo chitarrista definì le basi della tecnica moderna. Da questo momento tenere lo strumento sulla gamba sinistra divenne una pratica standard ed è in parte conseguenza degli strumenti di maggior dimensione introdotti da Torres. Tàrrega si fece conoscere in Italia, Francia ed Inghilterra, ma rimase molto legato alla sua terra d’origine. Egli compose un certo numero di lavori per chitarra, principalmente pezzi leggeri di carattere romantico. Inoltre egli aumentò il repertorio della chitarra trascrivendo un’ampia varietà di musica. Tra gli allievi di Tàrrega vi furono Miguel Llobet ed Emilio Pujol, che attraverso concerti e attività musicali fecero molto per porre la chitarra in una salda posizione. Tuttavia il vero animatore dell’attuale interesse per la chitarra fu un altro spagnolo, ANDRES SEGOVIA, che, come il suo illustre predecessore LUIS MILAN, fu un autodidatta (allievo e maestro di se stesso). Il compito che Segovia si prefisse fu duplice: estendere il repertorio della chitarra e presentarlo ad un pubblico più vasto possibile, con lo scopo di confermare la chitarra definitivamente tra gli strumenti di prestigio. Nato a Linares nel 1893, iniziò i suoi studi musicali a Granada. Tàrrega ampliò la tecnica dello strumento, ma Segovia la perfezionò (con una nuova impostazione della mano destra). Segovia ampliò talmente tanto le sue tournée che sarebbe difficile nominare un Paese dove non abbia suonato. Egli doveva essere giustamente orgoglioso delle sue conquiste, molti dei suoi allievi sono a loro volta concertisti e attraverso il loro insegnamento nei Conservatori di tutto il mondo stanno mantenendo e confermando ancora più stabilmente l’attuale interesse per la chitarra. Tutto questo è stato facilitato da un crescente repertorio di musica scritta appositamente per la chitarra e di nuovo qui Segovia ha avuto un ruolo primario, soprattutto grazie alle innumerevoli trascrizioni tra cui la Ciaccona e le Suites per liuto di Johan Sebastian Bach. Attraverso le sue sensibili esecuzioni, egli attirò i compositori verso le possibilità espressive della chitarra e la sua letteratura iniziò ad espandersi come mai prima d’allora. Segovia emerge chiaramente come figura dominante della prima metà del 20° secolo. Come risultato dei suoi sforzi, la chitarra si è ben consolidata negli Stati Uniti, in Sud America, nel Medio Oriente, in Oriente, in Australia e naturalmente in tutti i Paesi d’Europa. Essa ora può veramente essere considerata un vero strumento internazionale. Se si considera il grado di popolarità della chitarra, si può benissimo dire che la chitarra oggi sta attraversando un periodo di rinascita. Durante gli ultimi due secoli la chitarra si è diffusa e sviluppata in tutto il mondo. In parte ciò è avvenuto per la più generale diffusione della cultura occidentale nell’epoca contemporanea, ma la chitarra ha anche mostrato come, specialmente nelle aree di incrocio di culture diverse, possa soddisfare esigenze musicali molteplici. L’incontro e la sintesi di queste diverse culture ha prodotto, a volte, nuove forme. Quando la chitarra, espressione di una data cultura, è stata introdotta in un nuovo Paese, subito è stata accettata e spesso anche modificata. Possiamo citare l’America Latina con il tango, la samba, il bolero, il cha cha cha, o il Nord America con il blues, il folk, il rock, il jazz,

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e l’utilizzo di un’innumerevole quantità di chitarre acustiche, semi acustiche ed elettriche, o l’Europa con il flamenco, l’accompagnamento al bouzouki greco, i canti dei gitani, dei rom o degli zingari russi. E’ questa la vera entità della chitarra, la sua capacità di trasformarsi e cambiare personalità a seconda della cultura che se ne appropria, e forse è anche grazie a questa sua straordinaria caratteristica che è riucita a sopravvivere in questi tumultuosi secoli, da quando ha avuto origine fino ad oggi.