Organo ufficiale della Diocesi di san severo · Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo...

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…avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv. 13, 1) Organo ufficiale della Diocesi di san severo Anno XVIII n° - 1 POSTE ITALIANE - spedizione in abbonamento postale - 70% CNS - FOGGIA

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…avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv. 13, 1)

Organo ufficiale della Diocesi di san severo

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Oltre la Porta Febbraio 2018

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Organo ufficiale della Diocesi di san severo

IN QUESTO NUMERO

4 Memoria ed impegno di Michele Gravina

5 Un rapporto "inaccettabile" di don Andrea Pupilla

L'INTERVISTA

6 Perdere tempo con i giovani di antonio guidone

VITA ECCLESIALE IN DIOCESI

E NELLE PARROCCHIE

8 Piccoli missionari crescono… anche a Cotiakou

di don Angelo Valente

APPROFONDIMENTI

9 La semina "mancata" di antonio guidone

VITA DI DIOCESI

10 Ciao, don Dario di Margaret Di Pumpo

Anno XVIII n. 2Febbraio 2018

Iscrizione Tribunale di Foggia n. 4 del 22/02/2001

Editore: Diocesi San Severowww.diocesisansevero.it

Direttore responsabileAntonio Guidone

DirettoreAntonio Guidone

Comitato di RedazioneElvira de Felice, don Antonio di Domenico, Francesco Lozupone,

Amelia Montanaro, Beniamino Pascale

Hanno collaborato a questo numero: Giuseppe Basile, don Giovanni Berti,

Mons. Giovanni Checchinato, don Nico d'Amicis, Margaret Di Pumpo, Michele

Gravina, Nazario Marinacci, Mons. Michele Prattichizzo, don Andrea

Pupilla, Giorgio Rico, Dante Scarlato, Vito Sibilio, don Angelo Valente, Cancelleria Diocesana, Epicentro Giovanile, Segreteria del Vescovo.

Redazione: Oltre la Porta c/o Centro Diocesano Sichem Viale san Giovanni Bosco, 3

71016 San Severo (Fg) tel. e fax: 0882 226252 - 0882 681467

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La collaborazione al giornale è gratuita. Articoli e foto, anche se

non pubblicati, non si restituiscono. La redazione si riserva, a termini

di legge, di sintetizzare gli articoli e le lettere quando ciò si renda

necessario per esigenze tipografiche o di spazio e lascia agli autori

delle lettere e degli interventi la responsabilità degli stessi.

I dati personali sono trattati in base alla legge 196/03.

Questo numero di “Oltre la Porta”, stampato in 1200 copie, è stato chiuso

in redazione il 19 marzo 2018

DAL SEMINARIO

11 [Voci dal Seminario] Un nuovo "Lettore" di Nazario Francesco Marinacci

VITA DI DIOCESI

12 A ricordo di don Cesare di Franco Lozupone

13 Don Felice verso gli Altari di antonio guidone

14 [Riti e tradizioni in Diocesi] I Venerdì di Quaresima nella

parrocchia del "Carmine" in San Nicandro Garganico

di Giuseppe Basile

A San Severo tra tradizione e secolarizzazione

di Dante Scarlato

NOTIZIE DA FUORI DIOCESI

15 A 50 anni dalla morte di Vito Sibilio

Anniversari, ricorrenze e compleanni in Diocesi

IN EVIDENZA

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Imparare a donare, ricchi e poveri, non cose, ma vita, attenzione, Amore

Nel tempo di quaresi-ma, come in altri tem-pi “speciali” della vita liturgica della Chiesa

siamo invitati a “ricordarci” dei pove-ri, a praticare l’elemosina, a vivere in maniera tutta speciale la carità.

E in questi tempi diventano più ferventi le operazioni di raccolta e di distribuzione di beni alimentari e non, da donare a chi è sprovvisto del necessario, siano essi vicini o lontani.

L’effetto di simili azioni è general-mente positivo: nei beneficiati perché ricevono qualcosa che corrisponde ai loro bisogni, nei generosi scaturisce un senso di gioia legato al dono com-piuto nei confronti dei più bisognosi.

Ma è proprio questo il messaggio della Scrittura sui poveri? Ed è solo questo che il Signore ci chiede quando ci invita a fare del bene ai poveri?

La prima cosa che la Scrittura ci insegna è che l’uomo ha responsabi-lità sulla vita dell’uomo e del creato: e farsi carico “gli uni dei pesi degli altri” non dovrebbe rappresentare una eccezione alla vita feriale del credente. Ma c’è di più: la “vocazio-ne” che abbiamo ricevuto, di essere gli uni bisognosi degli altri, ci spinge a pensare che non c’è nessuno che non sia radicalmente povero e biso-gnoso dell’aiuto dell’altro, né - d’altro canto - possiamo sostenere che ci sia qualcuno che non sia ricco suffi-cientemente da non dovere donare qualcosa agli altri; non c’è nessuno che possa sottrarsi alla condivisione della propria vita con gli altri.

Il messaggio grande che la Scrit-

tura ci consegna può essere cristal-lizzato in una parola: “responsabilità”, capacità, cioè, di “dare risposta” all’interlocutore che incontro nella mia esperienza di vivente.

Dietro alla esperienza della “ca-rità” intesa come elemosina può infatti nascondersi anche un grande inganno: che i ricchi sono quelli che hanno e debbono dare e che i poveri sono quelli che debbono ricevere e di fatto ricevono.

Ma questo pensiero può parados-salmente perpetuare e radicalizzare la povertà, che diventa così un fatto “normale” della società.

È significativo, infatti, che nono-stante l’abbondanza di beni materiali che abbiamo e che “generosamente” doniamo, continuino a verificarsi accanto a casa nostra episodi che ci narrano di persone più o meno anziane che muoiono sole e che

vengono ritrovate anche mesi dopo la loro morte.

È ugualmente penosa la solitu-dine che vivono tanti anziani, ormai dimenticati dai figli e dai nipoti, che pur avendo sufficienti risorse econo-miche, sono tuttavia prive del bene più prezioso di cui abbiamo bisogno: la presenza di qualcuno che ci regali un sorriso o che scambi due chiac-chiere con noi.

Solo due esempi che rimanda-no ad una povertà come problema trasversale, che riguarda ciascuno di noi, bisognosi sì di cose, ma bisogno-si soprattutto di relazioni, di tempo donato all’ascolto, all’accoglienza, al “prenderci cura” gli uni degli altri.

Abbiamo tante cose, e siamo an-che generosi nel donare cose… ma siamo un po’ in difficoltà quando si tratta di donare vita; ricchi di cose e poveri di umanità.

Possiamo imparare a crescere nel donare attenzione, tempo, ascolto a chi ci è accanto, che è mia sorella, mio fratello, figlio dello stesso Padre che è in cielo e che invoco tutti i giorni nella preghiera.

X don Gianni, Vescovo

"AMARE, VOCE DEL VERBO MORIRE" (don Tonino Bello)

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VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieIN EVIDENZA

di Michele Gravina

MEMORIA ED IMPEGNOHa fatto tappa anche a San Severo, don Luigi Ciotti in preparazione alla Giornata della Memoria e dell’Impegno del 21 marzo a Foggia

In vista XXIII edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle

mafie, organizzata quest’anno a Foggia dall’associazione Libera, per parlare di legalità, impegno e giustizia, lunedì 26 febbraio, Don Luigi Ciotti è stato anche a San Severo, nella gremitissima chiesa parrocchiale di San Bernardino, per dire di “Passione Civile e impegno sociale, per un cambiamento possibile”.

Ad aprire la serata Padre Andrea Tirelli, parroco e padrone di casa, che ha ringraziato Libera e Don Luigi per la presenza a San Severo. Hanno introdotto l’incontro Sasy Spinelli, referente di Libera per la provincia di Foggia e Federica Bian-chi della segreteria regionale della stessa associazione. Prima dell’atteso intervento di Don Ciotti, Michele Gravina, responsa-bile dell’area sud di Banca Etica e Mauro Camillo per l’Epicentro Giovanile hanno fatto una breve analisi della situazione locale e posto alcune domande, in parti-colare su come realizzare una comunità che costruisca e pratichi la legalità e come coinvolgere i giovani su queste tematiche.

Ad inizio del suo intervento, don Luigi ha raccontato che la Giornata della Me-moria e dell’Impegno nasce dal dolore di Carmela, la madre di Antonino Montina-

ro, il capo scorta di Giovanni Falcone, che chiede che anche suo figlio venga chiama-to per nome, insieme ai colleghi Rocco e Vito, tutti morti nella strage di Capaci, e non ricordati come “i ragazzi della scorta”.

Da quel dolore, quindi, è nata l’idea di fare memoria di tutte le vittime innocenti di mafia, nel giorno dell’avvio della prima-vera, il 21 marzo di ogni anno. Ma anche un’occasione per professare il proprio impegno e per dire da che parte si sta, se con la legalità o contro.

Quest’anno si è scelto Foggia e la Capi-tanata perché questa terra ha bisogno di essere raccontata, e perché le mafie del fog-giano sono state per troppi anni trascurate, considerate delle semplici faide tra pastori. Invece, dallo scorso anno ad oggi le vittime sono già una ventina (su una popolazione di circa 600.000 abitanti), la violenza e la ferocia della criminalità organizzata è in aumento, nonostante la Stato stia facendo vedere la propria presenza con l’invio di reparti specializzati. Ovviamente non si recuperano gli ultimi 20 anni di assenza in pochi mesi, ma è importante aver iniziato.

Da questa situazione si esce solo con il

NOI, è il noi che vince, tutti insieme. Così come Libera, che mette insieme associa-zioni e persone di provenienza culturale e religiosa diversa, altrettanto devono fare le Istituzioni, la Chiesa, la società civile.

Si vince insieme e mostrando quan-to di bello ha da offrire la nostra terra. Anche la Capitanata ha da raccontare le sue storie eroiche di resistenza alla mafia, basti ricordare il funzionario pubblico Francesco Marcone e l’imprenditore Giovanni Panunzio, ma anche una dignità e una resistenza che non fa rumore, ma che dimostra il bello che c’è nella gente di Capitanata.

Don Ciotti ha parlato anche del tema dell’accoglienza, prendendo spunto dal vicino “ghetto di Rignano”. Si sconfigge la malavita se si fa vera accoglienza, perché non c’è legalità senza giustizia. Vanno stroncati i traffici di esseri umani e lo sfruttamento soprattutto in agricoltura, ma le persone vanno accolte e a loro va restituita la speranza. Bisogna continuare a lavorare su una filiera etica del prodotto e su un riconoscimento di un equo prezzo ai produttori, ma al centro dell’azione va messa la salvaguardia degli ultimi, dei più deboli e dei poveri. Don Luigi ha più volte citato il gruppo Abele, da cui lui proviene e dove continua a vivere, a contatto con gli ultimi, i poveri, i diseredati.

Don Luigi ha concluso facendo un ap-pello all’impegno di ognuno, nel proprio quotidiano, per far crescere la cultura del-la legalità, dai più piccoli ai più grandi, di farlo insieme, solo così potremo salvarci e solo così il 21 marzo 2018 non sarà una inutile marcia.

All’incontro, oltre a tanti comuni cittadini, rappresentati di movimenti e associazioni, erano presenti anche il Vescovo Mons. Gianni Checchinato e il Sindaco di San Severo, Francesco Miglio, segno di una disponibilità delle rispettive istituzioni.

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Futuro anteriore è il titolo del Rapporto 2017 sulla po-vertà ed esclusione sociale

in Italia, a cura di Caritas Italiana. Il titolo del Rapporto evidenzia una novità rispetto al passato: la povertà aumenta e colpisce i più giovani. I figli stanno peggio dei loro genitori, i nipoti peggio dei loro nonni. La scelta di porre la questione giova-nile al centro di questo studio sulla povertà è in sintonia con l’attenzione di tutta la Chiesa alle future gene-razioni nell’anno in cui si celebrerà l’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, il prossimo otto-bre, sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale».

I giovani esigono da noi un cambia-mento, ben sapendo che continuando di questo passo non è possibile co-struire un futuro migliore.

Gli aspetti problematici messi in luce dal rapporto sono: il divario in-tergenerazionale che penalizza i gio-vani nei confronti delle classi di età più anziane, meglio retribuite e con livelli di protezione sociale maggiori; la povertà culturale e la dispersione scolastica; la disoccupazione giova-nile e il numero alto di NEET, cioè di giovani che non lavorano e non studiano e sono fuori dai circuiti di formazione professionale; le condi-zioni di vita dei giovani stranieri, con un particolare occhio ai rifugiati e ai

UN RAPPORTO "INACCETTABILE"Desolanti e preoccupanti i dati sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia, resi noti dalla Caritas

di don Andrea Pupilla richiedenti asilo; il difficile accesso dei giovani alla casa che ostacola la costruzione del futuro per le giovani generazioni.

È allarmante il grido che Papa Francesco ha lanciato lo scorso 19 marzo nella riunione pre-sinodale con i giovani: «Mi sembra che siamo circondati da una cultura che, se da una parte idolatra la giovinez-za cercando di non farla passare mai, dall’altra esclude tanti giovani dall’essere protagonisti. È la filosofia del trucco. Le persone crescono e cercano di truccarsi per sembrare più giovani, ma i giovani non li lascia crescere. Questo è molto comune. Perché? Perché non si lascia che vengano interpellati. È importan-te. Spesso siete emargi-nati dalla vita pubblica ordinaria e vi trovate a mendicare occupazioni che non vi garantiscono un domani».

La presenza di un gran numero di persone in giovane età nell’esercito dei poveri di oggi ci inter-pella come Chiesa. La ri-sposta deve andare oltre gli approcci tradizionali che consistono nell’aiuto materiale.

Occorre investire mol-to sull’aspetto formativo,

facendo leva sulla componente moti-vazionale e di autonomia personale o sulla riqualificazione professionale come sull’accompagnamento e il tu-toraggio per la creazione di impresa.

Parlare di lavoro è quasi un’im-presa impossibile, specialmente al Sud. Ma la progettazione di percorsi innovativi su versanti e ambiti di lavo-ro inediti, quali l’agricoltura sociale, il turismo solidale, l’artigianato locale, la valorizzazione di beni culturali e ambientali, l’aiuto alla persona, l’inte-grazione degli immigrati, può essere una strada concreta e praticabile che possa evitare la perdita della speranza dei giovani.

Azioni di questo tipo sono im-portanti nell’ottica di offrire “segni” di speranza ad una generazione che rischia di scivolare in un circolo vizioso dal quale sarà difficile uscire. La man-canza di futuro è la povertà più grande che dobbiamo affrontare con un per-corso che metta al centro il lavoro e le condizioni per un nuovo patto sociale, soprattutto tra generazioni.

È la sfida che chiama certamente in causa il Parlamento e il Governo che si apprestano ad insediarsi, ma dalla quale non ci sentiamo esclusi sia come cittadini sia come credenti.

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PERDERE TEMPO CON I GIOVANI

VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieL'INTERVISTA

Epicentro giovanile, un nome, forse, “ambizioso”. Ma cos’è l’Epicentro, come e perché è nato?

«Più che ambizioso direi che descrive bene la nostra “esuberante” e “vivace” realtà: un punto di riferimento per i giovani, un luogo di incontro, di svago, di crescita, una seconda casa, una fa-miglia. Non sono io a dirlo ma i ragazzi stessi che spesso dicono anche che se l'Epicentro non esistesse, non saprebbero dove andare. Alcuni si chiedono pure che fine avrebbero fatto se non l’avessero

L’Epicentro giovanile di San Severo: una realtà della Diocesi, che da 25 anni lavora con e per i giovani, raccontata dal suo “papà”, don Nico d’Amicis

frequentato. Non amo attribuirmi meriti non miei: l’Epicentro è nato da una idea, a mio avviso geniale, di Mons. Cesare Bonicelli. Ricordo le sue parole che mi hanno accompagnato lungo questi 25 anni: “Nico, la Chiesa ama tutti i giovani non solo quelli che vanno in parrocchia. Il centro giovanile deve essere un luogo aperto a tutti i giovani”. Ecco l’Epicentro è nato così, da questa idea di una Chiesa che va incontro ai giovani, che non li giudica ma li ama e offre opportunità di incontro, di crescita e di formazione.»

Chi sono i frequentatori della strut-tura che ha la sua sede in San Severo

presso l’ex istituto dei Salesiani?«Sono ragazzi e ragazze dai 14 anni

in su che non frequentano le parrocchie. Alcuni presentano situazioni di disagio più o meno importanti, la stragrande mag-gioranza vive le normali problematiche adolescenziali alle quali cerco di prestare sempre la massima attenzione gestendole come opportunità per crescere cercando di evitare che sfocino in situazioni a rischio.»

Se e come è cambiato l’Epicentro in questi 25 anni di attività?

«Francamente all’inizio non è che avessi ben chiaro cosa dovevo fare. Si trattava di una novità assoluta non solo per la nostra diocesi ma anche per me. Ho cercato, per quello che ho potuto, di realizzare il sogno di Mons. Cesare. All’i-nizio ci sono state difficoltà, a volte ho incontrato incomprensioni e diffidenze. Poi con il tempo e la conseguente cresci-ta della conoscenza dell’Epicentro, con l’aumento delle attività, tutto è stato più semplice. Oggi l’Epicentro è una realtà importante per la nostra città: lo dicono non solo i giovani ma anche i genitori, gli insegnanti e gli adulti in genere.»

Qual è il “segreto”, se ce n’è uno, del “successo” dell’Epicentro?

«Non so se è un segreto. Più che altro credo si tratti di un insieme di re-altà che noi adulti forse abbiamo un po’ dimenticato. La prima è il tempo. Con i

di antonio guidone

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giovani bisogna “perdere tempo”, starci insieme, costruire relazioni, seguire i loro passi, conoscere i loro gusti, il loro modo di pensare, le novità che non c’erano “ai nostri tempi”. La seconda, strettamente legata alla prima, è la pazienza. Con i ragazzi bisogna saper aspettare e non avere fretta: si rischia di perderli. La terza è la passione educativa, quella che Mons. Cesare chiamava il “virus dell’educazione”. Senza passione, senza amore si rischia di cadere nell’aridità, nelle inutili paternali e nella mitizzazione dei bei tempi andati. La quarta è il primato dell’esperienza. All’Epicentro cerchiamo di fare esperienze dirette (Scampia, Caivano, i viaggi in Be-nin, le esperienze in carcere, alla Caritas, con gli anziani), conoscere i testimoni del nostro tempo. Le riflessioni e le discussioni vengono dopo e sono una conseguenza di ciò che si è vissuto.»

Quali i momenti ed i ricordi più belli e più brutti di questi primi 25 anni di attività dell’Epicentro?

«Ricordi belli ce ne sono tanti… Impossibile individuarne qualcuno in particolare. Comunque sono sempre le-gati alla vita dei ragazzi, alle esperienze vissute insieme, ai piccoli grandi traguar-di raggiunti. Quando li vedi cambiare, fare scelte importanti, ringraziarti per ciò che hanno sperimentato e vissuto è davvero fantastico. Poi una grande gioia è stato l’apprezzamento e il sostegno che il nostro vescovo ha manifestato in più di una occasione. I momenti più brutti sono legati ai fallimenti che pure ci sono stati… Inoltre c’è stato un momento in cui la “sopravvivenza” dell’Epicentro è stata in serio pericolo. Una situazione davvero brutta.»

Da responsabile e direttore dell’Epi-centro, c’è qualcosa che ti rimproveri, o che avresti voluto fare o non fare in questi anni?

«Più di qualcosa. Soprattutto il non riuscire a coinvolgere tutti i ragazzi che comunque passano dall’Epicentro: sto veramente male quando vedo che per-dono delle opportunità ed è inevitabile interrogarmi e fare un esame di coscien-za. Vorrei tanto riuscire a fare qualcosa di più grande per i ragazzi rispondendo alle tante necessità del nostro territorio ma sono consapevole dei miei limiti. Non sono riuscito poi a coinvolgere altri adulti in questa avventura.»

È possibile dare dei numeri, indican-do, approssimativamente quanti sono i giovani passati per l’Epicentro?

«Sicuramente siamo nell’ordine delle migliaia. Ogni anno superiamo abbondan-

temente le 100 iscrizioni ma ci sono tanti che frequentano senza iscriversi. Sempre più spesso mi capita di essere salutato da persone, che fatico a riconoscere, che mi dicono di aver frequentato il centro. In quei momenti mi rendo conto che sono davvero tante le persone che ho incontrato.»

Secondo te, l’Epicentro giovanile di San Severo ha avuto un ruolo sulle co-scienze ed i comportamenti dei giovani che l’hanno frequentato, lo frequentano o ne hanno anche solo sentito parlare?

«Sicuramente sì. Lo riscontro nei ra-gazzi più grandi e nei giovani adulti che al centro hanno avuto la possibilità di fare determinati percorsi. L’età dei ragazzi che frequentano il centro è l’età della semina e come un agricoltore nutro la speranza che un domani essi possano raccogliere. L’idea che mi ha sempre animato è quella di S. Giovanni Bosco che attraverso la sua

azione educativa mirava a formare buoni cristiani e onesti cittadini.»

Progetti per i prossimi 25 anni?«Tra 25 anni avrò 80 anni! Un ra-

gazzino o poco più! A parte lo scherzo, mi ritrovo molto nella frase di Pablo Picasso: “Ci si mette molto tempo per diventare giovani”. Il tempo passa e no-nostante ciò, francamente, con i giovani mi trovo sempre meglio, non mi manca l’entusiasmo e la voglia di continuare ad essere loro compagno di strada. Mi sento travolto dal loro affetto che mi dà tanta forza. Mi piacerebbe in futuro che alcuni giovani passati dal centro potessero la-sciarsi contagiare anche loro dal “virus dell’educazione” e dedicassero parte del loro tempo all’Epicentro sentendolo importante così come lo sento io. Consi-dererei una benedizione poter continuare a servire i giovani fino alla fine.»

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PICCOLI MISSIONARI CRESCONO… ANCHE A COTIAKOUDalla nostra missione in Benin, il racconto di una nuova "particolare" esperienza di evangelizzazione

di don Angelo Valente

VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle Parrocchie

VITA ECCLESIALEnotizie dalla Diocesi e dalle Parrocchie

Carissimi amici,voglio raccontarvi una

breve e piccola esperienza, ma immensamente importante per la nostra comunità. Era il 25 febbra-io scorso. Quella domenica con un gruppo di nostri bambini del MA-DEB (Mouvement d’Apostolat Des Enfants du Bénin) e alcuni respon-sabili del gruppo (anch’essi molto giovani), ci siamo recati nel villaggio di Koronkoré per pregare insieme ai battezzati e ai catecumeni e per fare animazione con gli altri bambini del posto. Arrivati davanti alla cappel-la c’era solo un gruppo sparuto di bambini, ma appena i nostri hanno iniziato a mettersi in cerchio e a cantare, il numero dei bambini è

cresciuto a dismisura.Abbiamo celebrato messa insie-

me nella Cappella dedicata a San Pio e, subito dopo, canti, danze e gioia grande da parte di tutti.

I nostri bambini hanno persino preparato dei piccoli sacchettini di popcorn da condividere con gli altri bambini e le donne di Koronkoré hanno preparato una bevanda al cocco per tutti i presenti. È stata un’esperienza bellissima e indimen-ticabile. Ma ciò che c’è di più bello in questa storia è che sono stati i nostri bambini stessi a chiedermi di poter fare animazione negli altri villaggi della parrocchia, di incontra-re e trasmettere la loro gioia ad altri bambini.

Il vangelo di quella domenica parlava della Trasfigurazione di

Gesù, un evento che ci ha fatto riflettere su ciò che c’era oltre la fi-gura esteriore di Gesù, su ciò che Lui era ed è per noi nel più profondo di se stesso. Ebbene, in qualche modo questi bambini hanno fatto vivere quel giorno la trasfigurazione anche alla nostra comunità parrocchia-le perché hanno mostrato ai loro coetanei e ai più grandi una caratte-ristica essenziale di ogni comunità di battezzati, spesso nascosta o poco visibile: la missionarietà. Questi bambini sono stati missionari e te-stimoni del Signore non con discorsi fatti di paroloni, ma semplicemente condividendo la loro preghiera e la loro gioia con chi neanche conosce-vano.

Quest’esperienza bellissima non è stato un evento isolato, ma avrà un seguito. Abbiamo già program-mato altre due uscite in due villaggi diversi. E per l’anno prossimo con-tinueremo il giro dei nostri villaggi fino ad averli percorsi tutti.

Accompagnate questi nostri bambini con la preghiera perché, proprio con la loro semplicità, con-tinuino ad essere un segno evidente dell’amore di Dio per ciascuno.

Don Angelo con alcuni giovani "missionari"

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Le elezioni del 4 marzo 2018 saranno ricordate per aver ridisegnato un po’ la geo-grafia politica e dei partiti

in Italia, rimodulando anche rapporti di forza all’interno di coalizioni ed alleanze.

Così come ampiamente previsto prima del 4 marzo pressoché da tutti gli analisti, inoltre, dal voto non è scaturita una maggioranza che possa governare da sola il Paese. Del resto, la legge elettorale, il “Rosatellum”, per come congegnata, probabilmente era proprio questo ciò che voleva, anche se i suoi “padri” negano assoluta-mente questa tesi. Resta il fatto che i possibili scenari politici non sono tanti, come conferma anche padre France-sco Occhetta, gesuita politologo de La Civiltà Cattolica, in una sua intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000.

«Gli italiani hanno scelto e il voto va rispettato. La legge elettorale in-vece di premiare la governabilità ha premiato la rappresentatività. Per questo saranno necessarie le alleanze tra forze molto diverse da loro. Sarà la scelta interna al Pd a determinare lo scenario politico possibile del Paese. Se la parte di Renzi sceglie di non entrare,

il governo non potrà essere sostenuto dal Pd. Se invece la seconda linea del Pd, incluso Gentiloni, sceglierà per il bene del Paese di accordarsi con il M5S su punti concreti per dare un governo al Paese e cambiare la legge eletto-rale questo potrebbe essere il primo scenario. Il secondo scenario possibile potrebbe essere quello di un accordo tra Salvini e Di Maio. Questo accordo è però difficile perché sono entrambi protagonisti e uno non potrà cedere all’altro la narrazione dell’opposizione perché li farebbe diventare poco credi-bili di fronte all’elettorato.»

Chiaro anche il pensiero di padre Francesco Occhetta sul flop di quelle liste che si presentavano esplicita-mente come cattoliche e sulla parte-cipazione dei cattolici alla vita politica.

«La cultura contadina ci insegna che non si può raccogliere se prima non si semina. Abbiamo un debito di formazione e preparazione su conte-nuti specifici».

Come dire che per i cattolici bi-

Il risultato delle elezioni nell'ottica dell'impegno (scarso) dei cattolici in Politica

di antonio guidone

sogna ripartire dall’ABC della forma-zione e della politica. Quella politica, che sul nostro territorio ha visto il Movimento 5 stelle prevalere in tutti e due i rami del parlamento con oltre 10 punti di vantaggio sia alla Camera (43,70%) che al Senato (43,28%) sulla coalizione di centro-destra arrivata seconda. Con il centrosinistra che non ha raggiunto neppure il 18%, in nes-suna delle due camere, e con tutti gli altri partiti fuori dai raggruppamenti, escluso LeU che ha superato di poco il 2%, che non sono riusciti nemmeno a raggiungere l’1% dei consensi.

Contrariamente a quanto accadu-to a livello nazionale, in Capitanata nella coalizione di centro-destra, Forza Italia continua a tenere la lea-dership, anche se la Lega di Matteo Salvini ottiene un buon risultato su-perando in entrambi i rami il 7% dei voti. A dimostrazione che il restyling della Lega ha funzionato in termini di ritorno di voti anche fra gli elettori del Sud dell’Italia.

Il risultato elettorale è la con-ferma, anche, di un certo diffuso malessere collettivo su questioni come l’immigrazione e la sicurezza. Malessere che ha spinto molti elet-tori a guardare verso forze politiche, che alle volte propongono soluzioni non sempre in perfetta sintonia con le linee indicate su questi temi dal Vangelo e dalla Chiesa.

Anche per questo è necessario, come suggerisce padre Occhetta, una nuova e buona semina nel mondo cattolico, per un buon raccolto anche in politica, oltre che nella società.

LA SEMINA "MANCATA"

VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieAPPROFONDIMENTI

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di Margaret di Pumpo

VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieVITA DI DIOCESI

Dinanzi alla scomparsa di un sacerdote che è stato per trent’anni il tuo parroco, il tuo

confidente, la tua guida, la tua presenza costante e certa pur nella discrezione, non è facile domare i sentimenti, dare alle parole il giusto spessore, dare area e forma consistente e reale ai pensieri. Scrivo queste righe poco dopo aver ce-lebrato le esequie di Don Dario Faienza, sacerdote, parroco del Santuario Maria SS. della Fontana di Torremaggiore. Per trentasette anni Don Dario ha svolto il suo ministero all’ombra del campa-nile, sotto il manto della Vergine della Fontana, dissetato da quella Fonte di Acqua Viva che è la sola necessaria alla vita dell’anima. Se dovessi descrivere la figura di Don Dario, ricorrerei senz’altro alle parole del Salmo 109:

“Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». / Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: «Domina in mezzo ai tuoi nemici. / A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato». / Il Signore ha giurato e non

si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek»”.

Fu proprio Don Dario a spiegarmi il significato di questoo salmo durante un incontro di preghiera con i giovani.

Siamo abituati a leggere storie, o seguire racconti e filmati in cui il "super eroe" compie dei gesti rispet-tando alcune caratteristiche che pian piano diventano talmente familiari da apparire quasi scontate. Il super eroe affronta il nemico più potente e alla fine vince, anche se deve passare momenti di "lotta" decisamente forti, il cui esito non sembra sempre scontato. Se non fosse così, ovvero se al nostro personaggio non capitassero prima o poi quei determinati fatti, non riu-sciremmo a riconoscerlo come tale, e non attirerebbe più la nostra simpatia e interesse.

Melchisedek è un super eroe strano, ha origini misteriose e il suo ministero è definitivo. Il sacerdozio ha origini misteriose, perché dipende dall’im-perscrutabile disegno che Dio ha su ciascuno di noi. È generato dal seno dell’aurora ed è come rugiada perché conforta e ristora la terra. Ma terribile e potente è questa consacrazione perché è voluta, determinata e resa eterna da

Dio stesso che ne è l’artefice. Nessun pentimento, nessun ripensamento è ammesso. Non c’è compromesso. Il sacerdote è sacerdote per sempre. Ecco, dunque, che la parabola terrena di Don Dario diventa straordinariamen-te corrispondente a quella di questo misterioso personaggio.

“Dario”, come lo chiamavano gli amici, estremamente vivace, da picco-lo, non immaginava affatto quale tela grandiosa stava tessendo il Signore. Nato in tempi difficili per tutti (siamo alle porte della Seconda Guerra Mon-diale), entra in seminario giovanissimo e forse anche un po’ per costrizione. Ma il Signore, si sa, a volte usa “mezzi” non proprio canonici per realizzare i suoi disegni. Diventato sacerdote, resta al servizio della curia vescovile come vice parroco della Cattedrale in San Severo. Sono gli anni dell’apprendistato, del martello e dell’incudine; sono gli anni in cui il Signore lo tempra e lo forgia come vaso di argilla nelle sua mani. L’indole e il carattere vivace scalpitano sotto le briglie di un così severo Maestro, ma è uno scalpitare necessario e il Vasaio sa che la materia buona è quella più difficile da modellare e proprio per que-sto l’asseconda apparentemente per poi darle comunque la forma voluta. Nel 1981 Don Dario fa ritorno a Tor-remaggiore, questa volta, il compito affidatogli è davvero grande: parroco del Santuario della Madonna della Fontana, dopo la parentesi difficile da eguagliare di Don Francesco Vassallo.

Definire l’attività sacerdotale di Don Dario in quegli anni è praticamente im-possibile. Si fa promotore di una serie di iniziative che hanno lasciato impronte ancora oggi visibili nella storia del san-tuario: l’Incoronazione della Madonna della Fontana, il restauro della chiesa, il rifacimento della facciata della stessa, la realizzazione della piazza con la fontana monumentale con la preziosa effigie bronzea della Vergine, il restauro conti-nuo del simulacro della Vergine. Ancora più numerose le iniziative pastorali. Se dovessimo definire le direttive di azione del suo ministero, si può senza ombra di dubbio dire che la devozione mariana e la tenerezza del Natale avevano un posto di primaria importanza.

Innamorato della Vergine della Fontana, ne era custode geloso. La sua trepidazione nei giorni di festa, durante la processione era evidente. Ne esaltava

CIAO, DON DARIOLa scomparsa ed il ricordo del parroco di Torremaggiore

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[Voci dal Seminario]

la possanza e nello stesso tempo la ma-ternità dei tratti tanto che era solito dire: “la nostra Madonna ha il petto grande” e lui sul quel petto si rifugiava spesso, per trarne forza, per ritemprare le forze, per prendere coraggio. Per il Natale aveva una singolare attenzione. Sua l’inizia-tiva del presepe vivente nella notte di Natale. E che dire, poi, dei presepi che avidamente collezionava? Diceva che averne attorno tanti era come ricor-dargli continuamente che Cristo si era incarnato per lui. Era un modo per cari-carsi, ma anche per ricordarsi di quella famosa chiamata da cui era partita la sua missione. La sua vocazione mariana lo portava a compiere ogni anno il pel-legrinaggio al Santuario della Madonna di Lourdes. Era una tappa obbligata e immancabile. L’adorazione eucaristica era la sua “manna” quotidiana.

Don Dario non amava farsi vedere. Amava raccogliersi in preghiera nei mo-menti più impensabili, quando nessuno poteva vederlo. Così mentre annaffiava le piante, ci si rendeva conto che in realtà stava recitando il Santo Rosario dalla coroncina che timidamente faceva capolino tra le sue dita. La sua era una presenza discreta ma costante. Era in ciascuno di noi un punto fermo che non

si imponeva ma che comunque esisteva. Sempre molto obiettivo, non amava fare giri di parole. Noi giovani lo abbiamo sempre definito “anima e sangue”. Te-stardo, caparbio e vero leone da combat-timento. Non è questo il luogo deputato ad elencarne le qualità. Anche perché, credo, che tutti noi, essendo creature, possiamo solo respirare la perfezione del nostro Creatore. Ma è proprio la nostra imperfezione che ci rende umani e ama-bili agli occhi di Dio Padre. Questo ancor più per un sacerdote.

Don Dario non era un sacerdote per-fetto, era un sacerdote “umano”, ma ciò

Lo scorso 9 marzo, presso la cappella maggiore del Seminario Arcivescovile di Benevento, durante la Concelebra-zione Eucaristica presieduta da Sua Ecc. Mons Felice Accrocca, Arcivescovo Metropolita di Benevento, mi è stato conferito il Ministero del Lettorato.

Presenti alla celebrazione c’erano Mons. Pietro Florio rettore del Seminario Arcivescovile, Don Salvatore Soreca vi-cerettore, Don Leonardo Lepore direttore spirituale, fra Giampiero Canelli Ofm Cap. parroco di pastorale, Don Roberto De Meo, parroco in San Nicandro Garganico di Santa Maria del Borgo, mia parrocchia di origine, che è giunto insieme ad una rappresentanza della comunità parrocchiale.

Nella sua omelia, Mons. Accrocca ha sottolineato che ogni ministero che viene conferito ad un giovane in cammino verso il sacerdozio, oltre ad essere una tappa raggiunta è principalmente una sosta dove il giovane, aiutato nel discernimento dai propri formatori e dal rapporto personale con Dio, è invitato a fare chiarezza sul proprio stato attuale e sulle sue intenzioni più profonde.

“Quello del lettorato - ha sottolineato l'arcivescovo - non è soltanto un ministero liturgico, ma dopo l'interiorizzazione della Parola di Dio, l'istituito lettore è chiamato a fare della propria stessa vita un annuncio di quella Parola che salva e dà speranza in mezzo ad un mondo in rapida evoluzione e che chiede sempre più concrete risposte di fede.”

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che mi sostengo in questo cammino di sequela e di ascolto del Signore che chiama ciascuno a conse-guire la meta della santità.

Nazario Francesco Marinacci

che lo ha reso “amabile” è esserlo stato per sempre nonostante tutto. Gli ultimi anni, segnati dalla malattia, sono stati gli esami di “maturità” di una vita sacerdo-tale lunga e proficua. Lo spirito con cui ha affrontato la malattia, il suo non darsi per vinto, il suo pugno di ferro con un de-stino beffardo sono stati da esempio per tutti. Un guerriero? No, assolutamente no! Don Dario è stato solo un sacerdote che sapeva che, come l’origine di ogni vocazione è misteriosa, così altrettanto misteriosa ne è la fine. Perché ciò che conta è quel “per sempre” pronunciato dall’oracolo del Signore.

Don Dario Faienza nasce a Torremaggiore il 15 febbraio 1938Entra nel Seminario Vescovile di San Severo l'8 dicembre 1955Dal Seminario Maggiore di Benevento, dove era arrivato, passa poi a TortonaRiceve la Sacra Tonsura il 1° gennaio 1964Negli anni dal 1964-1965 riceve gli Ordini Minori, il Suddiaconato e il Dia-conatoViene Ordinato presbitero da Mons. Valentino Vailati il 14 agosto 1966 ed è Vicario cooperatore in Cattedrale.A seguito della morte di mons. Francesco M. Vassallo, avvenuta il 26 gennaio 1981, gli succede come Parroco nella Parrocchia Santuario "Maria Ss. della Fontana" in Torremaggiore.Ricopre l'incarico di responsabile diocesano dei Pellegrinaggi e dal 2001 al 2004 è Vicario Foraneo per la zona pastorale Nord-Ovest (Torremaggiore-San Paolo Civitate- Serracapriola-Chieuti)Don Dario Faienza muore in Torremaggiore alle 00.10 del 28 febbraio 2018.

UN NUOVO “LETTORE”

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VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieVITA DI DIOCESI

Presentato il “Centro Studi Pastorali "

Franco Lozupone

A RICORDO DI DON CESARE

Presso un affollatissimo Salo-ne dei PP. Cappuccini in San Severo, lo scorso 6 febbraio

è stato presentato il Centro Studi intitolato al compianto Vescovo, alla presenza del nostro Vescovo S.E. Mons. Giovanni Checchinato e di S.E. Mons. Domenico D’Ambrosio, con l’occasione è stato anche presentato il sito del Centro.

Il Centro costituisce a un impegno a non disperdere la testimonianza del Vescovo bergamasco che ha lasciato una traccia importante nella nostra Comunità diocesana. Articolato e ric-co di riferimenti l’intervento di Mons. D’Ambrosio, che ha ricostruito attra-verso l’esame degli scritti, il magiste-ro di mons. Bonicelli, aggiungendo alcuni ricordi personali. Mons. Chec-chinato ha spiegato che, nonostante siano trascorsi soltanto alcuni mesi dal suo arrivo in Diocesi, ha potuto rilevare da numerose testimonianze quanto la memoria dell’operato del vescovo Bonicelli sia ancora molto viva tra la gente.

L’introduzione alla serata ha spie-gato che non si è trattato di una commemorazione, bensì di un evento di Chiesa, che si ritrovata insieme a riflettere su un insegnamento, quello del caro don Cesare, Vescovo con noi dal 1991 al 1997.

Attraverso il ricordo personale, sono stati evidenziate dinamiche e alcuni profili comportamentali e umani del Vescovo Bonicelli, che hanno particolarmente inciso durante il suo episcopato e ancor oggi sono ricordati.

Tra le altre virtù, si possono ricordare l’estrema coerenza, la schiettezza, il non consentire duran-te gli incontri che si parlasse di altri o che si facesse pet-tegolezzo sugli altri. Mons. Bonicelli ave-va una sola preoccu-pazione, annunciare il Vangelo e portarlo a tutti. Ecco, con lui si poteva discutere di questo, della Pa-

rola di Dio e dell’ansia della Chiesa di far conoscere Gesù, il Kyrios come spesso sottolineava.

Mons. Bonicelli ha educato all’ec-clesialità, a non agire per compar-timenti stagni, secondo logiche di gruppi chiusi autoreferenziali, che operano secondo lo stile delle sette. Ha educato a relazionarsi con tutti i vescovi, andando oltre le persone. Un cristiano, una comunità matura, infat-ti, non si attiva con il vescovo “Tizio” e diviene inerte, o addirittura avversa pubblicamente, il Vescovo “Caio”. Cammina. Chiunque la guidi, perché è sospinta dallo Spirito. Comportamenti contrari a tali criteri - mons. Bonicelli - denotano mancanza di fede e grave carenza di educazione ecclesiale.

Il Vescovo si è speso senza ri-sparmio di energie, personalmente, per i giovani, le famiglie, gli adulti, i seminaristi, i giovani preti e per tutto il clero, per gli oratori, per l’Epicen-

tro e per l’apertura della Diocesi alla missione ad extra: è stata una grande semina, di cui ancora stiamo racco-gliendo i frutti.

Dopo la sua morte, auspici il ve-scovo Renna e Padre Luciano Lotti, mons. Bonicelli è stato ricordato con una pubblicazione curata dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose e poi ripresa anche da altri.

Sin da allora, in tanti, hanno chie-sto al vescovo Renna di ricordare in qualche modo istituzionale mons. Cesare Bonicelli, la cui memoria non è uno strumento o patrimonio particolare di pochi, ma appartiene a tutti, alla nostra Chiesa diocesana e a tutta la Chiesa universale, in virtù della sua appartenenza al collegio apostolico. E così il Vescovo Renna, dopo diversi passaggi e consultazioni anche istituzionali, ha deciso di istitu-ire il Centro di Studi Pastorali, legan-dolo alla memoria di mons. Bonicelli, attribuendogli scopi di formazione, confronto culturale, informazione e comunicazione, facendone un organi-smo diocesano di servizio alla Diocesi. Collegato al sito della Diocesi, quello del Centro (www.centrostudibonicel-li.it) ospiterà commenti su un canale You Tube sui diversi ambiti oggetto di programmazione, nei quali interver-ranno anche gli esperti invitati.

Con particolare attenzione alla co-municazione e al coinvolgimento della realtà giovanile, il Centro intende inizia-re a riflettere su tematiche di bioetica e sulla situazione sociale, proponendo il magistero della Chiesa.

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A che punto è la Causa di Beatifi-cazione e Canonizzazione del Servo di Dio don Felice Canelli? A Roma c’è qualcuno che la segue per conto della diocesi, oppure tutto va avanti automaticamente?

«Don Pierluigi Cameroni, salesia-no, nominato Postulatore dalla par-rocchia di Croce Santa in San Severo, è la persona che segue ogni passo della Causa. La parrocchia ha voluto affidarla ad un salesiano poiché don Felice era un salesiano cooperatore.

A don Pierluigi, dopo la chiusura dell’inchiesta diocesana svoltasi a San Severo dal 25 marzo 2009 al 30 no-vembre 2013, sono stati affidati gli Atti dell’inchiesta da consegnare alla Con-gregazione delle Cause dei Santi. I plichi, regolarmente sigillati, sono pervenuti in Congregazione l’8 gennaio 2014. Una data che ricorderò: è il mio compleanno.

Da quel momento è iniziata la “fase romana” della Causa di beatificazione e canonizzazione di don Felice, fase in cui la Chiesa perviene ad un giudizio

sulla fama di santità e sulle virtù eroi-che del Servo di Dio attraverso l’esame delle prove testimoniali e documentali raccolte nella Diocesi di San Severo du-rante l’inchiesta diocesana. Il giudizio ultimo, ovviamente, spetterà al Santo Padre, al quale verranno presentati i giudizi degli organi collegiali preposti per tale compito.»

Come procederanno questi organi collegiali nell’esaminare e valutare tutto il materiale che da San Severo è pervenuto a Roma?

«Prima di ogni altra cosa, la Con-gregazione delle Cause dei Santi veri-ficherà che tutto il lavoro nella diocesi sia stato svolto correttamente, che nulla di quanto stabilito dalle Norme sia stato trascurato e che ogni compo-nente degli organi collegiali preposti a valutare la Causa sia messo in grado di poter pervenire ad esprimere un giudizio di merito.

Il 27 marzo 2014 la Congrega-zione, su richiesta del Postulatore e in sua presenza, ha provveduto ad aprire i plichi contenenti gli Atti della Causa e constatato che essi erano

debitamente sigillati, completi ed in-tegri, ha proceduto successivamente alla numerazione delle pagine ed ha disposto che tutti i documenti fosse-ro rilegati in volumi. Il materiale era enorme, basti pensare che sono stati rilegati ben 76 volumi.»

Tutti documenti utili alla Causa e giuridicamente validi?

«Il Postulatore il 15 ottobre 2014 ha chiesto alla Congregazione di voler accertare che tutto il lavoro svolto a San Severo sia stato rispettoso delle Norme stabilite dalla Chiesa. Così, ad un Officiale del Dicastero è stato affidato di esaminare con attenzione i 76 volumi e predisporre un giudizio scritto e dettagliato sulla validità giuridica dell’inchiesta, mettendo in evidenza “gli aspetti formali degli atti e la consistenza dell’apparato proba-torio, il numero e la qualità dei testi, i documenti raccolti, ecc., riferendo pure sull’osservanza dei Decreti di Urbano VIII sul non culto”. Il giudizio dell’Offi-ciale è stato quindi sottoposto all’esa-me dei Superiori della Congregazione.

Certi che tutte le prove sono state raccolte nel modo giuridicamente stabilito: che i testi sono stati escussi secondo la legge attuale, che tutti i documenti sono stati raccolti, esibiti e inseriti tra gli Atti dell’Inchiesta dioce-sana, il Dicastero il 28 novembre 2014 ha pubblicato il Decreto sulla validità giuridica dell’Inchiesta.»

L’intervista con Mons. Michele Prattichizzo, in merito all’iter seguito ed all’attuale situazione della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio don Felice Canelli, proseguirà sul prossimo numero di Oltre la Porta.

� Giovedì 5 aprile, chiesa Sant’Antonio Abate in San Severo, ore 19,30: approfondimento sulla vita del Servo di Dio negli anni 1904 – 1926;

� Mercoledì 6 giugno (luogo ed ora da stabilire): celebrazione per anni-versario ordinazione sacerdotale del Servo di Dio;

� Giovedì 7 giugno, chiesa Sant’Antonio Abate in San Severo, ore 20,00: approfondimento sulla vita del Servo di Dio negli anni 1927 – 1938;

� Venerdì 8 giugno: ritiro del clero sulla spiritualità sacerdotale; � Domenica, 14 ottobre, chiesa S. Antonio Abate in San Severo, ore 19,30:

approfondimento sulla vita del Servo di Dio negli anni 1939 – 1954; � Venerdì 23 novembre, chiesa S. Antonio Abate in San Severo, ore 19,30:

approfondimento sulla vita del Servo di Dio negli anni 1955 – 1977; � Sabato 24 novembre (luogo ed ora da stabilire): chiusura della mani-

festazioni di celebrazione del 40° anniversario della nascita al Cielo del Servo di Dio don Felice Canelli.

Nel corso dell’anno, con data e luogo da definirsi ancora, ci sarà anche un convegno interdiocesano di storia, santità e giovani sul tema “Capitanata, giovani e santità”.

DON FELICE VERSO GLI ALTARIIn una intervista esclusiva per Oltre la Porta, Monsignor Michele Prattichizzo, ripercorre, spiegandole, le varie tappe, sino ad ora, della Causa per la beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio don Felice Canelli

di antonio guidone

Gli appuntamenti in Diocesi sulla figura di don Felice Canelli

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VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieVITA DI DIOCESI

Volendo riflettere sulla religiosità e sulla partecipazione alla vita diocesana dei fedeli, è doveroso constatare come si conservino ancora molto forti particolari momenti di aggregazione comunitaria che, essendo mossi dalla pietà popolare

e da un forte spirito di identità, trovano sempre una larga partecipazione.Tra questi particolare momenti di fede, la Settimana Santa a San Severo, che

si sviluppa attorno al momento dell’Incontro del Venerdì Santo mattina tra Gesù alla Colonna e la Vergine Addolorata, per l’intensità e la partecipazione emotiva al momento che si “rievoca”, occupa un posto privilegiato.

Ma cosa fa sopravvivere davvero questi riti? La sola fede? Sarebbe pietismo. La sola tradizione? Ci porterebbe a seguire le consuetudini senza comprenderle del tutto. Come è possibile fare sintesi tra due concetti che sembrano essere in perenne antitesi? È Papa Francesco a darci risposte più concrete su questo argomento. Al punto §122 della Evangelii Gaudium infatti, parlando della forza evangelizzatrice della pietà popolare, il Pontefice fa una sintesi conciliatrice tra fede e tradizione: “Ciascuna porzione del Popolo di Dio, traducendo nella propria vita il dono di Dio secondo il proprio genio, offre testimonianza alla fede ricevuta e la arricchisce con nuove espressioni che sono eloquenti.”

Le espressioni di culto popolari, infine, sono viste come strumento prezioso e intangibile da un lato, ma anche come patrimonio “da convertire” in opere, senza questo ultimo passaggio anche il primo perderebbe di senso.

Tra le pratiche religiose devo-zionali che si svolgono nella Parrocchia del Carmine ci sono

i Venerdì di Quaresima che si tengono in due momenti della giornata: nella prima mattinata, presso la rettoria detta della Pietà o dei Morti, con la celebrazione della Santa Messa e della Via Matris e, nel tardo pomeriggio, presso la chiesa del Carmine, con la pratica della Via Crucis resa parti-colarmente suggestiva con l’assistenza in processione dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento e del Coro parrocchiale.

La chiesa della Pietà, dedicata alla Vergine Addolorata, è un piccolo scrigno popolarmente denominata

[Riti e tradizioni in diocesi]I VENERDÌ DI QUARESIMA NELLA PARROCCHIA DEL CARMINE IN SAN NICANDROdi Giuseppe Basile L’Adduluràta, ricca nella soffittatura dei

preziosi dipinti degli anni Trenta del se-colo scorso, realizzati dal compaesano Vincenzo Luigi Torelli. Dopo la Messa i fedeli devoti restano per celebrare la Via Matris in cui si prega e si medita sui Sette dolori di Maria Addolorata. La celebrazione è assistita dai Fratelli di Congrega della Pietà o dei Morti.

La Via Crucis, invece, si svolge nel tardo pomeriggio presso la chiesa del Carmine, con la processione della croce quaresimale accompagnata dal sacerdote e da alcuni membri dell’arciconfraternita.

La processione sosta progressiva-mente davanti a ciascuna delle quat-tordici Stazioni della Via Crucis. Mentre, da tutti i partecipanti, viene intonata la giaculatoria alla “Santa Madre” addolo-rata per chiederle di condividere le sof-ferenze della Passione di Cristo, quindi il sacerdote fa una breve presentazione del momento vissuto dal Redentore e illustrato nella Stazione di sosta e, pro-clamando la benedizione dell’offerta redentrice del sacrificio del Cristo, invita tutti ad adorarLo in perfetto silenzio. Ad ogni Stazione, il coro intona una strofa ripresa dallo struggente canto quaresi-male composto in San Nicandro, negli anni Cinquanta, dal primo parroco don Guglielmo Guerrieri. Testimonianze o meditazioni sulla carità sono lette a turno da ciascun gruppo ecclesiale

parrocchiale. Durante il breve trasfe-rimento alla Stazione successiva viene ricantata la giaculatoria. Il parroco, don Giancarlo Borrelli, ha presentato i Venerdì di Quaresima sul foglio di collegamento che viene diffuso ogni inizio mese in parrocchia prendendo spunto dal Messaggio di quest’anno di Papa Francesco per la Quaresima: “Come evitare di avere un cuore fred-do” in effetti riprende Mt 24, 12 e cioè l’affermazione di Gesù secondo cui “Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti”.

L’appello del parroco quindi è tripli-ce: sostenere la fede con la preghiera, intensa, perseverante, illuminante; praticare l’astinenza e il digiuno pre-scritti come atti di penitenza; esercitare l’elemosina nella condivisione. Infatti, durante tali venerdì vengono raccolti fondi per i poveri locali, poi distribuiti dalla Caritas parrocchiale, e per la Mis-sione diocesana di Cotiakou.

A SAN SEVERO FRA TRADIZIONE E SECOLARIZZAZIONEdi Dante Scarlato

Deposizione dalla croce, del pittore sannicandrese Torelli

Una delle Stazioni della Via Crucis nella chiesa del Carmine

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VITA ECCLESIALE notizie dalla Diocesi e dalle ParrocchieNOTIZIE DA FUORI DIOCESI

A 50 ANNI DALLA MORTEUn ricordo del transito di San Piodi Vito Sibilio

Cinquant’anni fa nasceva al Cielo uno dei più grandi, amati e venerati Santi della Chiesa

Cattolica: Pio da Pietrelcina. Come pretendere di ricordare una personalità così complessa in poche battute? Ma anche come esimersi dal farlo, visto che in mezzo a noi ancora tanti hanno un vivo ricordo di lui e lo considerano un sicuro punto di riferimento spirituale?

Egli fu innanzitutto un grande uomo, che seguì con coraggio e abnegazione la via della sua esistenza, non tirandosi indietro dinanzi alle prove, alle persecu-zioni, alle incomprensioni, alle malattie, alla solitudine e non sentendosi mai estraneo a quanto riguardava gli altri esseri umani suoi fratelli, sia vicini che lontani.

Ma questa sua umanità fu preco-cemente immersa in una dimensione soprannaturale che la sublimò immediata-mente. Egli fu uno dei mas-simi mistici della Cristianità, sia per la profondità della sua vita interiore sia per le grazie che la adornarono e che la mostrarono al mondo intero, a dispetto del volere stesso del Santo.

San Pio, l’uomo della tra-sverberazione, l’uomo delle Stigmate visibili, fresche e sanguinanti per mezzo se-colo, l’uomo che quasi ogni settimana riviveva l’Agonia

e la Flagellazione e quasi ogni giorno la Coronazione di Spine, l’uomo che serbò nascosta per tutta la vita una piaga sulla spalla destra simile a quella del Redentore, offrì per l’umanità pec-catrice questi spasmi che alle persone comuni sono impossibili con un amore per Dio che all’uomo normale spesso è estraneo.

Fu chiamato, per usare una felice espressione del suo direttore di co-scienza padre Benedetto da San Marco in Lamis, alla corredenzione, ossia a completare ciò che manca alla Passione di Cristo a favore del Suo Corpo che è la Chiesa, ossia noi tutti. Questa sua mis-sione venne dal Signore accreditata con estasi, visioni, profezie, locuzioni, bilo-cazioni, miracoli, effluvi, discernimenti degli spiriti, familiarità con gli Angeli, i Santi, la Vergine e Gesù, lotte coi de-moni e altri eccezionali ed impegnativi

doni, per cui il Santo fu e apparve come posto su una sorta di ponte tra due dimensioni, la terrena e l’ultraterrena. I fedeli quindi gli si avvicinano come ad un potente intercessore, un valido aiuto e un confermatore della fede.

Da questa condizione singolare trassero significato gli altri aspetti della sua esistenza: il suo spirito sacerdotale che viveva della Messa; il suo carisma di direttore di coscienza, di eroe del Confessionale e di maestro di preghiera in quei Gruppi la cui rivitalizzazione non può che auspicarsi anche nella nostra Diocesi; il suo magistero, contenuto nel monumentale epistolario, simile a quello di tanti grandi Dottori della Chiesa; la sua carità attiva che creò la Casa Sollievo.

Anche da morto egli continua a suscitare opere socio-assistenziali, di ricerca medico-scientifica, di comunica-zione sociale e artistico-culturali. Que-sto cinquantesimo non passi dunque infruttuoso per noi, rinnovandoci nella devozione di un così amabile Santo.

Anniversari, Ricorrenze e compleanni in diocesi

MARZO 20186 …… 69° Anniversario ordinazione padre Luigi Ciannilli ……… e padre Cipriano de Meo……… 7° Anniversario morte don Michele Rendina; ……… Compleanno don Massimo Gagliardi, 42 anni18 … Compleanno di don Matteo de Meo, 51 anni……… 10° Anniversario ordinazione don Salvatore Ricci

APRILE 20183 …… Compleanno don Roberto de Meo, 40 anni

6 …… Compleanno don Matteo Pensato, 80 anni7 …… 39° Anniversario ordinazione don Carlo Gravina8 …… Compleanno don Carlo Gravino, 65 anni11 … Compleanno don Umberto Lipartiti, 33 anni……… 3° Anniversario ordinazione Federico Ferrucci ……… e Umberto Lipartiti17 … 25° Anniversario ordinazione don Antonio Soccio……… Compleanno don Franco Manzari, 77 anni23 … Compleanno don Nazareno Galullo, 49 anni

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