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ESAME DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE – POSSIBILI DOMANDE

Organizzazione aziendale

Che cos’è l’organizzazione aziendale? In cosa consiste? Cosa studia???

L’organizzazione aziendale è il complesso delle modalità di divisione del lavoro e del coordinamento tra attività interdipendenti tra di loro. Quindi per organizzazione intendiamo un complesso di persone, associate per uno scopo unitario, fra cui si dividono le attività da svolgere, secondo certe norme, stabilendo dei ruoli collegati tra di loro in modo gerarchico. Gli elementi chiave dell’organizzazione aziendale sono quindi la divisione del lavoro e il coordinamento. La divisione del lavoro ( scomporre cioè un’attività complessa in più attività semplici ed assegnare la responsabilità della loro gestione ad attori diversi), crea differenziazione e quindi specializzazione nel lavoro da svolgere, dato che ogni attore si concentra su una determinata attività e si specializza sulla medesima. Tuttavia la divisione del lavoro crea necessariamente interdipendenza tra le varie attività, infatti si pensi ad esempio ad una catena di montaggio, dove ad ogni postazione troviamo un attore con un proprio compito, ed ovviamente ogni individuo non può compiere il proprio lavoro se quello precedente non ha portato a termine il proprio.Di conseguenza queste forti interdipendenze, che possono essere ( transazionale - semplice, transazionale - complessa, associativa - semplice, ed associativa- complessa) generano coordinamento. Esso infatti ha lo scopo di armonizzare e regolare le decisioni e le attività dei vari attori.

Cosa si intende per attore organizzativo???

L’attore organizzativo è l’unità di analisi elementare dell’organizzazione aziendale. Esso è identificato con un individuo o un gruppo di individui caratterizzati da percezioni omogenee in relazione al problema in esame. Quindi l’attore organizzativo può essere:

un individuo, a livello di analisi micro un’unità organizzativa, una funzione aziendale, a livello di analisi meso l’azienda nel suo complesso, a livello di analisi macro

L’attore organizzativo è caratterizzato dall’avere impegni e diritti, quali di azione, di decisione, di informazione e comunicazione, di controllo, di proprietà, e di ricompensa. Infine l’attore organizzativo è un uomo amministrativo, cioè rispetta il modello della razionalità limitata, con un ipotesi di fondo per cui le azioni umane derivano da processi di ricerca ed apprendimento.

Conoscenze

Analizza la struttura cognitiva come sistema di conoscenza che nutre ed è nutrita dal processo decisionale.

L’elemento base del processo decisionale sono i dati. Essi vengono percepiti dal soggetto, selezionati, interpretati ed immagazzinati in relazione ad altri per diventare delle informazioni.

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A loro volta poi le informazioni, come i dati vengono selezionate, interpretate e fondano le basi della conoscenza. Quindi la conoscenza è il frutto di informazioni considerate. ??? Esistono tre tipi di conoscenza:

Le conoscenze paradigmatiche. Le conoscenze paradigmatiche sono acquistate in modo acritico, e sono conoscenze accettate per convenzione, non soggette cioè a discussione o verifica. Infatti in certe situazioni spesso alle persone conviene fidarsi di qualche maestro, dell’esperienza passata, visto che non sarebbe conveniente ogni volta ripartire da zero e riverificare le conoscenze e gli assunti su cui si basavano le conoscenze ereditarie. Tuttavia le azioni economiche che ne deriveranno esibiranno un elevato grado di inerzia e saranno maggiormente soggette a processi di selezione naturale e sociale.

Le conoscenze esperienziali. Un altro strato di conoscenze è quello rappresentato dalle conoscenze acquisite dall’attore attraverso la propria diretta esperienza ( learning by doing), o attraverso l’osservazione di esperienza altrui, che a detta di Bandura è preferibile alla prima, perché è un processo meno rischioso e costoso in termini di tempo. Inoltre il learning by doing, quindi l’apprendimento tramite il fare, contribuisce anche alla formazione di conoscenze tacite. Infatti secondo Polanyi, le persone sanno fare più di quanto non sappiano spiegare. Le conoscenze tacite si identificano con le capacità innate della persone, come un talento sportivo, oppure di un artigiano. Una conseguenza importante delle conoscenze tacite è che esse, per definizione, non sono facilmente codificabili e trasferibili tra soggetti, per cui le azioni organizzative che ne derivano sono soggette a processi di apprendimento osservativo e vicario.

Le conoscenze esplicite. Le conoscenze esplicite infine sono acquistate tramite procedure razionali di ricerca ed apprendimento. Sono conoscenze codificabili e facilmente trasferibili. Per cui le azioni organizzative che ne derivano sono soggette a procedure razionali di ricerca ed apprendimento.

Le principali distorsioni indotte dai limiti della razionalità.

Gli input decisionali, e quindi i dati e le informazioni, definiti dalla percezione e dal giudizio sono soggettivi e fallibili, perché la nostra mente è spesso sottoposta a distorsioni, cioè illusioni ottiche ed errori inconsapevoli che, qualora fossero “visti” dai decisori genererebbero una correzione del processo decisionale e delle scelte effettive. In particolare spesso si affida agli eurismi. Il termine eurisma, indica qualsiasi regola o procedura atta a generare o trovare qualcosa che si sta cercando. In altri termini è un metodo di ricerca che consente di risparmiare tempo ed intelletto. Sono quindi delle azioni che si compiono automaticamente.

Gli input di un processo decisionale.

Gli input di un processo decisionale sono: la definizione dei problemi, la ricerca di informazioni ed alternative, i giudizi di probabilità, l’inferenza basata sull’esperienza.

La definizione dei problemi. Molti processi decisionali partono da problemi. Tuttavia nessun problema esiste in natura, ma esso è sempre frutto di un modello mentale, di una serie di percezioni ed interpretazioni dell’attore. Quindi gode di soggettività, dato che quello che per una persona può essere un problema per un'altra non lo è. Inoltre la definizione di un problema è anche selettiva, cioè implica il considerare alcuni aspetti della realtà, trascurandone altri, dal momento che nessun decisore, nemmeno il più avveduto può considerarli tutti. Percepire un problema significa infatti percepirlo in un modo piuttosto che in un altro, utilizzare un frame e non un altro. I problemi si suddividono in problemi strutturati e problemi non strutturati. I primi sono ben definiti ed hanno una sola soluzione. I secondi sono poco definiti e hanno più di una soluzione. La definizione di un problema può

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prevedere la comparsa del cosiddetto EFFETTO FRAMING. Esso prevede l’adozione di un particolare punto di vista che esclude gli altri. Esso, per questo motivo, può provocare due tipi di distorsioni. A volte, a causa dell’effetto framing, ci si ferma al punto di vista elaborato e si perde la capacità di valutarne di nuovi. Inoltre, il frame adottato, può anche non dipendere necessariamente dall’elaborazione del decisore, ma dal linguaggio e dai punti di riferimento inconsciamente adottati ( EFFETTO PROSPETTIVA). Frames diversi producono stili cognitivi diversi, che sono quindi influenzati dalle diverse esperienze quotidiane e passate, e che producono così modi di essere e di agire diversi per ogni attore. Questa differenziazione cognitiva è un fattore di varietà ed innovazione e quindi è ben accetta, ma d’altra parte la rigidità stessa dei frames e l’incapacità di vedere aspetti nuovi della realtà, crea difficoltà di comprensione fra i vari attori con schemi cognitivi diversi. Due sono gli antidoti a tale problema, il primo è la comunicazione, dato che la difficoltà di comunicazione non significa necessariamente incomunicabilità, ed il secondo è la moltiplicazione dei frames disponibili per ogni decisore, attraverso ad esempio l’utilizzo del gruppo e della mente aperta.

I tre eurismi di base che tendono ad imprigionare la ricerca locale.

La nostra mente spesso tende inconsapevolmente ad indirizzare e limitare la ricerca in delle direzione, entrando nella così detta trappola della ricerca locale. I tre eurismi di base che tendono ad imprigionare la ricerca di informazioni ed alternative sono: - disponibilità: con quest’eurisma il giudizio sull’importanza dei vari fattori viene influenzato dalla facilità con cui si riescono a generare tali informazioni. La facilità non deriva però solo dalla frequenza del fenomeno stesso, ma anche dalla salienza, l’intensità cognitiva ed emotiva che l’informazione suscita nel decisore. - rappresentatività: essa consiste nell’attribuire i tratti più rappresentativi di una categoria ad un soggetto. E questo conduce a credere a previsioni e stime con un grado di sicurezza spesso ingiustificato. - ancoraggio: quest’ultimo eurisma consiste nell’ancorarsi ad un punto di partenza che condiziona la scelta finale. Infatti nessuna stima o giudizio è possibile senza punti di riferimento, tuttavia spesso ci si fa condizionare talmente da queste informazioni che la decisione finale risulta essere poco sensibile ai fattori correttivi e troppo ancorata a tali valori noti iniziali.

Fra gli antidoti più importanti alle tre distorsioni ci sono: la check-list sui fattori più importanti da considerare nei vari processi decisionali aziendali; e l’uso del gruppo, che se è adeguatamente variegato nella composizione può ridurre la tendenza alla ricerca locale e l’eccesso di sicurezza ingiustificato.

Le trappole dell’apprendimento.

La prima trappola dell’apprendimento è la trappola dell’auto conferma, cioè la tendenza a cercare esempi confermativi sulle proprie ipotesi d’azione, piuttosto che possibili contro esempi.Suddetta trappola inoltre è accentuata dai seguenti fattori:

- feedback parziali: le alternative scartate scompaiono - effetti di trattamento: le ipotesi del decisore influiscono sui comportamento delle alternative - mino reddito: controllare un’ipotesi è meno costoso

Altra trappole dell’apprendimento è l’errore di attribuzione causale. Ovvero la tendenza degli attori a considerare i decisori stessi come cause di eventi e risultati. Queste distorsioni di illusione di controllo sorge però solo se i risultati economici sono positivi, dato che in tal caso il decisore se ne

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attribuirà i meriti, al contrario se i risultati della stessa azione sono negativi, il decisore attribuirà le cause ad altri fattori da lui non controllabili. Quindi in definitiva la possibilità di un apprendimento efficace è legato in primo luogo alla presenza di un contesto che permetta la sperimentazione e l’ammissione di errori non sia immediatamente e prontamente ripetuta; inoltre ci deve essere disponibilità di molte teorie ed ipotesi; ricordarsi di osservare i risultati, ecc.

Strategie (o processi) decisionali.

Una volta definito il problema ed individuate le alternative, occorre definire una strategia in grado di risolvere il problema stesso. Le diverse strategie decisionali si definiscono in funzione delle diverse combinazioni degli elementi cognitivi fondamentali:

a) modalità di definizione degli obiettivib) modalità di generazione di alternativec) regole di valutazione e di sceltad) regole di apprendimento

Sulla base dei comportamenti decisionali assunti si possono ricostruire tre tipi principali di razionalità:

I) modello di razionalità deduttiva (basato sull’ottimizzazione) per risolvere problemi molto strutturati ovvero gli obiettivi sono ben noti, chiari e misurabili, e le alternative sono finite e definite. Questo modello quindi prescrive di scegliere l’alternative che apporti al decisore il massimo dei benefici al minore dei costi. Un limite di tale modello sono i costi di ricerca, infatti è difficile cercare e gestire un numero elevato di informazioni e infine pur individuando la soluzione ottimale, spesso questa non si può conseguire data la scarsità di risorse.

II) modello di razionalità euristica (basato sull’accettabilità) per risolvere problemi poco strutturati, gli obiettivi ampi e da verificare nel processo e le alternative potenzialmente infinite. In tal caso la migliore strategia decisionale è quella basata sulla ricerca e inoltre il decisore può modificare tutti gli elementi della decisione nel corso del processo di fronte ad un evidenza che contraddica o falsifichi le ipotesi di base. Si può investire sulla ricerca ex-ante e ex-post rispetto all’azione:ex-ante se il problema è stabile e le teorie sono note ed è quindi possibile prevedere le conseguenze; ex –post se la ricerca ex-ante non è possibile.

III) Modello di razionalità automatica il quale prevede che le azioni da intraprendere non implichino previsioni di costi e di benefici. Può essere suddiviso in ulteriori modelli:

Modelli incrementali: in tale modello il decisore ha poco chiari sia il problema sia gli obiettivi da raggiungere o perché il problema è poco strutturato o perché è il decisore stesso a non avere abbastanza esperienza. Una strategia decisionale, ragionevole in tal senso prevede che si provi ad attuare soluzioni diverse da quelle precedentemente prese in modo incrementale e graduale se le azioni lo richiedono. Il punto debole di tale modello è che non sempre azioni incrementali generano risultati incrementali, infatti è possibile che piccole variazioni inneschino un processo di reazioni a catena che conducano a grandi variazioni.

Modello del rinforzo e cibernetici: una strategia decisionale cibernetica implica i seguenti tipi di giudizio:la capacità di distinguere gli scostamenti di alcune grandezze

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rispetto a uno standard di riferimento, il possesso di un repertorio di azioni possibili, adeguate, applicabili al ricorrere di una certa situazione; la capacità di riconoscere una situazione corrente. Il criterio decisionale cibernetico è semplicemente la sopravvivenza, le alternative non vengono valutate, pertanto tali processi possono essere applicati a situazioni estremamente incerte. Alla base del processo decisionale cibernetico vi è il principio di rinforzo che permette un’evoluzione del sistema mediante l’imitazione di azioni di successo le quali vengono ripetute in successive occasioni simili se registrano effetti positivi. I processi decisionali cibernetici, pur possedendo grandi vantaggi da un lato, sono limitati a situazioni decisionali che si ripetono costantemente nel tempo tra diversi soggetti e ad azioni facilmente reversibili.

Le competenze.

Le competenze sono identificate con le caratteristiche strutturali dell’attore stesso, da ciò che è capaci di fare.

Due sono i principali filoni di studio sulle competenze: - stratificazione e combinabilità delle competenze- specificità e specializzazione delle competenze

Nella prima tradizione le competenze sono considerate come una struttura stratificata, a forma piramidale, analoga a quella della conoscenza. Diversi tipi di competenze infatti sono stati definiti secondo il grado di profondità e incorporazione nelle risorse umane. Spencer e Spencer propongono l’immagine dell’iceberg per spiegare l’idea che le competenze abbiano strati sommersi che non possono essere chiaramente visti nemmeno dagli attori che le posseggono.

o Lo strato più profondo, o nocciole delle competenze è infatti costituito dei tratti e dalle doti della persone, fisiche ed emotive, da ciò che si è capaci di fare per natura, e queste sono associate alle conoscenze paradigmatiche, dato che entrambe sono difficilmente trasferibili.

o Una componente più visibile, e più facile da trasferire, associata alle conoscenze tacite è identificate nelle skills, o abilità. Esse sono capacità apprese in modo esperienziale, diretto o tramite osservazione.

o Infine le nozioni e la preparazione professionale sono le competenze più esterne e facilmente trasferibili da un soggetto ad un altro, e si identificano con le conoscenze esplicite.

Il secondo filone di studio si basa sulla specificità e specializzazione delle competenze.La specificità rispetto ad un uso o ad un’attività, esprime la differenza tra il valore dei servizi resi e in quell’attività rispetto al miglior impiego alternativo. Ad esempio la segretaria personale di un manager ha un grado si specificità elevatissimo, perché conosce tutto di quella persona e per questo ha una valore aggiunto molto alto, e qualsiasi altra segretaria anche la migliore non potrà certamente sostituirla. La specializzazione invece esprime il grado di divisone del lavoro. Quindi la competenza specifica perde valore se trasferita in modo imitativo ad altre attività solo nominalmente simili. Mentre le competenze specializzate si basano sulla ripetizione di pratiche di una stessa area e possono essere quindi trasferite tranquillamente tra attività di uno stesso tipo.

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AUTOSTIMA – SELF-CONFIDENCE – AUTOEFFICACIA

Il possesso di competenze non porta automaticamente al loro utilizzo. Una variabile intermedia importante è la percezione delle proprie competenze e il grado di fiducia nelle proprie capacità. Una persona che attribuisce buone probabilità di successo alle proprie azioni, ha una buona dose di self - confidence (fiducia in se stesso), da cui deriva il grado di propensione al rischi. L’autoefficacia è invece il giudizio che le persone hanno delle proprie capacità di organizzare di eseguire i corsi per raggiungere determinati livelli di performance. Essa è strettamente collegata all’apprendimento, che può avvenire in tre modi:- sperimentazione diretta: basata su esperienze personali;- sperimentazione vicaria: grazie all’osservazione di altri attori dotati di risorse e competenze simili alle proprie- modeling: attraverso la costruzione di modelli comportamentali generali. A differenza dell’autostima, che è la percezione media o globale di sé che un attore sviluppa attraverso una miriade di esperienze su attività specifiche, essa si riferisce ad una data azione in un dato campo.

La motivazione

L’insieme dei motivi che ci spingono ad agire, che sono in relazione a diversi obiettivi e interessi e che sono guidati da processi cognitivi ed emotivi (Pilati, 1995)

Le teorie della motivazione: Le teorie del contenuto: sottolineano l’importanza delle cause che originano il comportamento in quanto spiegano gli aspetti del comportamento stesso, in base ai bisogni umani e ai fattori specifici che lo guidano;Le teorie del processo: spiegano il modo in cui i comportamenti cambiano e il modo in cui una persona comincia ad agire differentemente.

LA TEORIA DEI BISOGNI DI MASLOW ( teoria del contenuto)

Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954.La gerarchia dei bisogni di Maslow è una delle teorie del contenuto. Secondo Maslow il bisogno consiste nella percezione di un gap, di un deficit da colmare; si suppone, infatti, che sia la soddisfazione di un bisogno a spingere all’azione per ristabilire un’ equilibrio; quindi il bisogno si configura come una fonte motivazionale.Questo modello offre una classificazione dei bisogni in cinque classi:

- Bisogni fisiologici (come fame, sete, sonno);

- Bisogni di sicurezza (sicurezza economica, fisica);

- Bisogni di appartenenza (essere accettati da un gruppo);

- Bisogni di autorealizzazione (sviluppo delle proprie competenze).Inoltre Maslow divide i bisogni in due ordini: inferiori e superiori, secondo un ordine gerarchico ed afferma che gli uomini non possono avvertire bisogni di ordine superiore se prima non sono stati sufficientemente colmati i bisogni di ordine inferiore. Quest’ultimo punto, più di altri, è fonte di maggiori critiche da parte degli studiosi.

FATTORI DUALI – HERZBERG ( teoria del contenuto)

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Hertzberg, superando la scala gerarchica di Maslow, mostra come le persone concepiscano contemporaneamente bisogni inferiori e superiori. Pertanto egli suddivide i bisogni in due classi:

- Fattori igienici: sono, in generale, tutti quei fattori che vengono percepiti solo quando vengono a mancare, poiché si crea un gap da colmare (ambiente fisico di lavoro, condizioni di sicurezza fisica e personale);

- Fattori motivazionali: comprendono tutti quei fattori che, essendo percepiti come “surplus” rispetto ad uno standard, motivano l’attore.

BISOGNI APPRESI…McClelland ( teoria del contenuto)

La teoria dei bisogni di McClelland, dei bisogni appresi (learned needs) è quella che più chiaramente si distacca dalla concezione innatistica dei bisogni. Essa ha mostrato che le persone acquisiscono o apprendono certi bisogni piuttosto che altri, sia dalla cultura della società in cui vivono, sia in modo diretto in base alle proprie esperienze. McClelland individua tre categorie di bisogni, in base a distinti processi di apprendimento e rinforzo:

- i bisogni di potere ( need for power), il bisogno cioè di imporsi agli altri, di mantenere o ristabilire il proprio prestigio o potere.

- i bisogni di appartenenza/ affiliazione ( need for affilation), il bisogno di sentirsi accettati ed approvati da altri

- i bisogni di autonomia/ o successo-riuscita ( need for achievment), autodeterminare le proprie azioni, il bisogno di portare a termine un compito con successo.

Teoria del processo motivazionale – Modello di Vroom della massimizzazione dell’aspettativa/ valenza

L’aspettativa è il giudizio che l’attore formula sulle probabilità di raggiungere un certo risultato, la valenza invece è il valore, l’utilità assegnata dall’attore alle conseguenze. Questo modello si può applicare quando le alternative sono note e comparabili, quando vi sono abbastanza informazioni da poter esprimere delle stime di probabilità riferiti a singoli valori delle conseguenze. Vroom propose di misurare quest’ultima su una scala da +1 a -1, ma gli studi successivi mostrarono che per predire i comportamenti, la misura della valenze deve includere sia la valenza “estrinseca” ( cioè ricompense monetarie e non che quindi motivano e fanno agire l’attore), la valenza “intrinseca” ( cioè il senso di auto-realizzazione), e la valenza negativa, che può essere associata allo sforzo lavorativo. Per le aspettative invece Vroom distinse i giudizi sulla probabilità di produrre una data prestazione applicando certi sforzi e competenze, che comprende quindi un giudizio di auto-efficacia e una valutazione del peso di fattori esogeni sulla prestazione, e giudizi sulla probabilità che a quella prestazione siano legati determinati risultati, riguardante quindi la possibilità di accedere a delle ricompense.

Teoria del processo motivazionale – Goal Sitting

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Il Goal Sitting è un modello del processo motivazionale. In esso gli obiettivi (o goal) vengono percepiti come traguardi, mete da raggiungere, e le azioni svolte sono i mezzi per il loro raggiungimento.Il problema principale che pone questo modello è la definizione del livello degli obiettivi da raggiungere: se troppo basso non è abbastanza motivante, la ricerca si riduce e ci si accontenta dei primi risultati; al contrario livelli di aspirazione troppo alti possono indurre l’attore alla “non azione”. Nel goal setting il livello delle performance realizzate dipende dal:

Grado di difficoltà Grado di precisione Grado di auto-determinazione

Inoltre i risultati empirici non sono influenzati solo dal livello di difficoltà degli obiettivi, ma anche dal grado di specificità. Infatti si è mostrato che obiettivi poco specifici non motivano abbastanza.

Teorie del processo motivazionale - Modelli cibernetici e del rinforzo

Tale modello del processo motivazionale ipotizza che quest’ultimo sia regolato da aggiustamenti automatici al feedback collegato alle conseguenze delle azioni, piuttosto che da anticipazioni e previsioni sulle conseguenze. Spesso criticato perché accusato di considerare gli attori come scatole nere, tuttavia esso comporta un risparmio di energia cognitiva, ma è applicabile solo a situazioni decisionali che si ripetono con caratteristiche simili nel tempo e ad azioni facilmente reversibili e definisce i problemi come scostamento da uno stato di “funzionamento”, ad uno di “non funzionamento”. Inoltre questo modello si basa sulla teoria del rinforzo. Infatti le azioni che producono effetti positivi vengono ritenute in memoria come corrette e ripetute in successive simili occasioni ripetutamente, mentre se le azioni producono conseguenze negative, tale probabilità diminuisce. I rinforzi possono essere diretti ( premi o punizioni collegati alle azioni), o indiretti ( astensioni da o assenza di premi o punizioni). Pertanto il modello considera quattro situazioni tipo:

- rinforzo positivo diretto- rinforzo negativo indiretto - rinforzo negativo diretto, punizione- rinforzo positivo indiretto, estinzione

LA PRESTAZIONE (fattori della !!!)

La prestazione è la funzione di due fattori: F( motivazione X capacità) :

• Motivazione: insieme dei motivi che ci spingono ad agire, che sono in relazione a diversi obiettivi e interessi che sono guidati dai processi cognitivi ed emotivi

• Capacità: insieme delle caratteristiche intellettive dell’individuo, delle abilità (mentali, meccaniche e psicomotorie), del livello delle conoscenze e del grado di utilizzo della tecnologia nello svolgimento dell’attività

• Contesto: sistema di fattori situazionali che costituiscono l’ambiente e definiscono le condizioni all’interno delle quali l’attività lavorativa si svolge

I fattori rilevanti nella prestazione sono tre:

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task performance: cioè attività per lo svolgimento della propria mansione; contextual performance: attività che vanno al di là della propri mansione, ma che

contribuiscono ad aumentare l’efficienza organizzativa, migliorando il clima lavorativo;

ethical performance: fare le cose eticamente corrette

In base alla tecnologia le prestazioni si distinguono in:

- task-skill dominated, in cui il fattore più importante ai fini della prestazione sono le capacità individuali;

- task and tecnology dominated, in cui il fattore più importante ai fini della prestazione è la tecnologia.

MECCANISMI DI COORDINAMENTO

La teoria dei giochi

La teoria dei giochi è nata nel 1944, ad opera di un matematico John Von Neumann ed un economo Morgestern, con l’intento di descrivere matematicamente il comportamento umano in determinate situazioni di conflitto. Nel gioco ogni attore decide la propria “mossa” tenendo conto delle possibili azioni degli altri concorrenti e di ciò che essi pensano egli possa fare. Quindi tale teoria permette di analizzare le situazioni di conflitto, ricercare la situazione di natura competitiva o cooperativa tramite l’applicazione di modelli che hanno ripercussioni sulla controparte. Esistono quattro strutture di gioco:

- giochi a somma zero: nei giochi a somma zero, la comunicazione tra gli attori, non solo non è necessaria, ma è anche inutile, infatti non vi è nessun esito su cui le parti si possono accordare per avere risultati migliori entrambi. Da cui l’esito finale per ciascuno è il minore dei mali, in una situazione di equilibrio “0,0”;

- giochi puramente integrativi/ corporativi: - giochi con potenziale di comunicazione - giochi con potenziale di opportunismo

I MECCANISMI DI COORDINAMENTO

Il coordinamento è la regolazione efficace delle interdipendenze tra gli attori e le attività. Esso implica un’esercizio di influenza reciproca tra gli attori influenti ed una valutazione dei risultati desiderati. I principali meccanismi di coordinamento sono:

- coordinamento tramite decisione unilaterale (prezzo e voto), che si caratterizza per assenza di comunicazione e decisione unilaterale degli attori;

- coordinamento tramite decisione congiunta (l’autorità, l’agenzia, gruppo e negoziazione), si caratterizza per un’ alta presenza di comunicazione e le decisioni vengono prese congiuntamente;

- coordinamento tramite norme istituzionalizzate (norme e regole), gli attori in questo meccanismo non decidono, ma si affidano a norme.

PREZZO E VOTO

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PREZZI LIBERI E PREZZI AMMINISTRATI

Il prezzo è un meccanismo di coordinamento che permette di raggiungere un’efficiente allocazione delle risorse con un minimo di scambio di informazione. Esso quindi rappresenta un’informazione altamente codificata e sufficientemente rappresentativa delle condizioni della domanda e dell’offerta. Inoltre i prezzi, si suppone, non siano mai stabiliti unilateralmente. Esistono due tipologie di prezzo:

- Prezzi liberi: un prezzo si definisce libero quando viene stabilito dall’incontro tra produttori e consumatori. Dal lato dell’offerta l’aggiustamento dei prezzi avviene nella direzione ovvia indicata dal tipo di squilibrio osservato. Se la domanda supera l’offerta è ovvio pensare che il prezzo tenderà a salire o viceversa tenderà ad abbassarsi se l’offerta supera la domanda. Dal lato della domanda per far sì che i produttori percepiscano un eventuale malcontento dei consumatori, bisogna che questi reagiscano con l’uscita graduale dal mercato e che siano liberi di farlo. Infatti se tutti i consumatori uscissero improvvisamente l’impresa non sopravvivrebbero.

- Prezzi amministrati: all’interno delle imprese vi sono veri e proprio mercati interni del lavoro e delle conoscenze ed è proprio il prezzo a fungere da meccanismo di coordinamento. I prezzi amministrati si dividono in due categorie:

i prezzi di trasferimento che rappresentano i valori monetari assegnati ai beni e ai servizi oggetti di scambio interni all’impresa o ad un gruppo di imprese;gli incentivi sono invece premi economici offerti per diversi livelli di prestazione.

Voto come meccanismo di coordinamento

Il voto è un meccanismo di coordinamento che presenta caratteristiche simili a quelle del prezzo, ovvero: assenza di comunicazione e decisione unilaterale. Il voto permette di coordinare un gran numero di attori, attraverso l’utilizzo delle alternative diverse, che devono essere note, predefinite e strutturate in modo da escludersi a vicenda, per permettere il ricorso al voto. Il voto è un sistema che richiede grandi numeri di decisori, attori e un limitato numero di informazioni. Coordina l’interdipendenza da azione comune, cioè l’opportunità di condividere risorse in modo tale da ottenere maggiori benefici. Il voto comporta però due tipi di costi: - costi esterni cioè di mancata rappresentanza di tutti gli attori; - costi interni che fanno riferimento invece al tempo necessario a prendere decisioni. Esiste, quindi, un trade-off tra la democrazie e l’efficienza che può essere superato grazie all’eurisma della maggioranza. Di solito ad ogni attore è assegnato un singolo voto. Tuttavia in altre situazioni, soprattutto in ambito aziendale, sii verifica il voto ponderato, esso assegna un peso proporzionale al numero di persone che costituiscono l’attore collettivo votante????? o alle risorse da esso conferito.

AUTORITA’

AUTORITA’ COME MECCANISMO DI COORDINAMENTO

Una relazione di autorità tra due attori ha luogo quando una delle parti accetta di conformare??? i propri comportamenti alle decisioni dell’altra parte relativamente ad un’area definita di comportamenti. Sistemi di autorità sono una rete di comunicazione parzialmente connessa, perché

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solo alcuni modi???? possono comunicare e la decisione è bilaterale. Esistono diverse forme di autorità:- autorità basate sulle competenze, la base di questo tipo di relazioni è esclusivamente la competenza, essa può essere tecnica o sociale, ma in entrambi i casi la ompetenza del leader, deve essere considerato non solo maggiore di quella che accetta di subire la sua influenza, ma sufficientemente grande da essere in gradi di risolvere il problema in questione. Ovviamente si presume che non vi sia conflitto d’interesse.

- autorità basata sull’efficienza decisionale: si nomina una figura autoritaria, per allineare e coordinare gli attori interdipendenti con un minimo di tempo e comunicazione. Tuttavia di fronte a problemi complessi e nuovi, il confronto tra attori produce risultati migliori ed efficienti rispetto alle decisioni di un unico attore;

- autorità arbitrale: in questo caso gli interessi sono in conflitto e gli attori non sono in grado di risolvere il problema da soli, quindi si nomina una figura neutrale che avrà il compito di regolare tale conflitto. Questa figura dovrà avere elevate competenze sulla materia del contendente;

- autorità basata sullo scambio (Simon): l’autorità può essere un meccanismo efficace ed efficiente anche quando chi lo esercita ha interessi in conflitto con chi la subisce. Infatti un individuo ( ad esempio nel caso di un rapporto di lavoro subordinato) può cedere ad un altro il diritto di dirigere un certo insieme di propri comportamenti in cambio di qualcosa ( come un salario);

- autorità basata sull’efficienza nel controllo: tale autorità nasce con lo scopo di ridurre gli incentivi al free – riding, cioè ridurre i propri sforzi senza ridurre i propri benefici. Se il team è piccolo, i membri hanno la capacità di autogestirsi; al contrario se il team è costituito da molti attori, sarà conveniente istituire una figura autoritaria che si dedichi a tale controllo.

Le patologie dell’autorità

Le patologie dell’autorità sono distorsioni che si hanno quando tale meccanismo non funziona efficacemente. Esse sono:

- autoritarismo: un comportamento autoritario confonde il diritto di servirsi di certi contributi, con il diritto di essere servito come persona, può essere accompagnato da eccessiva aggressività, pretende di dirigere tutti i comportamenti del subordinato, valuta solo negativamente l’operato dei suoi dipendenti, e trascura gli scambi sociali;

- manipolazione: si tratta di una figura di opportunismo che può essere esercitata sia da parte dei subordinati, sia da parte del leader. In questo caso non si trascurano le relazioni sociali, che emergono dal rapporto lavorativo, ma le sfruttano ai fini produttivi.

- Paternalismo: essa riguarda soprattutto le relazioni di autorità basate sullo scambio, e confonde questa relazione con quella di padre- figlio, nella quale il padre è il decisore e esperto e lungimirante che provvede a tutto, in particolare agli interessi del figlio non ancora in grado di giudicare, che insicuro chiede pareri e consigli. Tuttavia solo in condizioni di grande disparità nei livelli d’istruzione, maturità ed autostima questa relazione può essere accettata da entrambi;

- permissivismo: quando le relazioni sociali ed interpersonali sono buone, diventa difficile dare feed-back negativi, e rilevare inadempienze per il controllore. Egli che con il suo compito aumenta l’efficienza del sistema, può incorrere in perdite personali di amicizie, affetto e sostegno emotivo. In questo caso è come se le relazioni produttive siano state imprigionate in quelle affettive ( al contrario della manipolazione).

LA RELAZIONE DI AGENZIA

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La relazione di agenzia è una relazione di scambio tra un attore e il principale, che delega ad un altro attore (l’agente) il potere di agire nell’interesse del principale. Un esempio di relazione d’agenzia è il rapporto tra i dirigenti d’azienda e i proprietari e le parti civili delegano agli avvocati la condizione di una causa(MA COSA SIGNIFICA FLORINDA HA TRASCRITTO IL DISCORSO TRA LEI E FRANCESCO???). La delega può avvenire sia per mancanza di tempo che di risorse. A differenza del rapporto di autorità, il principale ha un’informazione incompleta relativamente ai comportamenti dell’agente. Infatti questi ultimi non sono osservabili e dipendono spesso da fattori esogeni. Vi sono due possibili mezzi per far si che tale contratto d’agenzia sia rispettato: il primo è quello del ricorso ad un sistema di incentivi contingenti ai risultati; il secondo è quello di investire in sistemi di controllo delle performance.

GRUPPO

PARADOSSO DEL GRUPPO

Il paradosso del gruppo consiste nelle diverse proprietà del gruppo, che viene usato sia come strumento di decisione, che come strumento di controllo.In teoria non è possibile pensare che un gruppo possa assumere entrambe le vesti; tuttavia è molto complicato che i membri di un gruppo sviluppino capacità così sofisticate di comportamento contingente.

IL GRUPPO COME STRUENTO DECISIONALE

Il gruppo è un meccanismo di coordinamento nel quale due o più individui interagiscono e dipendono l’uno dall’altro. Infatti il meccanismo centrale del gruppo è il confronto tra gli attori in condizioni di parità. Ciò offre la possibilità di vedere aspetti prima non considerati del problema, di accedere a nuove informazioni, di ridurre l’effetto “framing”.Saranno quindi i problemi nuovi, complessi, multidisciplinari a richiedere l’utilizzo di processi decisionali di gruppo. Inoltre il gruppo comporta anche vantaggi motivazionali, come l’accettazione e la convinzione sulle azioni da compiere. Tuttavia il gruppo funziona bene solo se si è in presenza di una rete di comunicazione totale in cui tutti possono comunicare con tutti ed effettivamente lo fanno in condizioni di parità, dotati cioè di capacità di influenza equilibrate e spinti da interessi comuni.Il gruppo è tuttavia un’arma a doppio taglio. Esso può fungere da decisore “superumano”, ma allo stesso tempo può provocare notevoli distorsioni come la pressione di gruppo (o groupthink), che può portare ad “abbagli” generali, piuttosto che a decisioni vincenti. Con il groupthink, gli individui meno estroversi trovano difficile esprimere la propria opinione, perché sopraffatti dal parere altrui. Esso provoca poi, una maggiore propensione al rischio rispetto alle decisioni individuali, poiché si ha l’impressione che il gruppo sia invulnerabile.Un ultimo svantaggio nell’utilizzo del gruppo come strumento decisionale può essere il “free riding” a livello di responsabilità; ovvero che i singoli si deresponsabilizzano poiché i contenuti e le responsabilità individuali non sono discernibili nelle decisioni di gruppo.Ne deriva che, per evitare le suddette patologie nelle decisioni di gruppo occorrono i seguenti supporti:

- Coinvolgimento nella definizione dei problemi;

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- Generazione di alternativa libera e indipendente;

- Conflitti sui problemi e non con le persone;

- Differenziazione dei ruoli.

IL GRUPPO COME STRUMENTO DI CONTROLLO

Il controllo di gruppo implica innanzitutto che i membri possano osservarsi reciprocamente. Infatti la performance, ovvero il contributo di ogni singolo individuo deve essere rilevabile dagli altri. Il controllo avviene attraverso tre operazioni:

- Rilevazione, osservazione reciproca;

- Valutazione delle qualità delle performance dei membri;

- Ricompensa o punizione.Il gruppo è inevitabilmente un luogo di scambio sociale. Infatti fa si che nascano anche relazioni sociali all’interno di esso, nonché beni sociali. Questi ultimi sono lo status, il potere, la stima, l’appartenenza.

NORME E REGOLE

Cultura organizzativa

La cultura organizzativa è un sistema di norme e modelli di comportamento prescritti e accettati dai partecipanti di un sistema di azioni, e relativamente ai fini dell’azione economica e sociale. Consente un risparmio di sforzo cognitivo sia riguardo ai costi di ricerca e di elaborazione informativa, sia riguardo ai costi di negoziazione e risoluzione dei conflitti. Consente, quindi, di programmare una serie di comportamenti e azioni che potranno svolgersi così in modo sistematico e verranno riviste solo quando si osserveranno segnali di obsolescenza. Tale meccanismo di coordinamento si divide in tra stadi o livelli:

un primo livello di base si identifica nei valori o principi, essi sono “ assunti” fuori discussione, spesso condiviso all’interno di intere società ( ad esempio, la missione aziendale), lasciano un’elevata discrezionalità agli attori e per questo sono in grado di governare attività ad alto grado di variabilità e complessità;

un livello intermedio di cultura è rappresentato da eurismi e leggi empiriche che si suppone generino azioni corrette in specifici campi d’azione. Essi incorporano conoscenze procedurali ( cioè il “come” fare) anziché sostantive ( il “cosa” fare). Ne sono un esempio le regole non scritte su come condurre una buona ricerca in azienda o come tenere una corretta condotta professionale.

un terzo livello è la routine: si tratta di regole che prescrivono quali azioni intraprendere in presenza di determinate situazioni. Esse produce, a differenza delle altre due, un allineamento di comportamenti, piuttosto che di obiettivi, di interessi o valori. Pertanto l’efficacia della routine come modalità di comportamento dipende da condizioni di elevata stabilità. Esse sono costituite da programmi, procedure, abitudini e pratiche.

NEGOZIAZIONE ????

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FORMA ORGANIZZATIVA

Una definizione di forma organizzativa.

La forma organizzativa è un particolare modello di divisione del lavoro di coordinamento efficace ed efficiente per gestire le attività e le relazioni tra di esse. Essa è un modello allargato perché:

risulta applicabile a livello micro quando si concentra sull’organizzazione di singole persone, a livello meso quando si occupa delle funzioni aziendali, ed infine a livello macro quando si occupa dell’azienda nel suo complesso;

vi è un integrazione tra i modelli esistenti; il disegno dell’organizzazione è un problema poco strutturato e molto complesso con

divergenze tra gli attori.

La forma organizzativa si basa su tre elementi fondamentali: - attività: che dovrebbero essere ogni volta riviste e non considerate come date;- attori: che sono visti come processori di risorse e competenze; - risorse: esse, come osserva Penrose, sono strutturate come unità discrete ( boudless) più ampie

rispetto al particolare uso che può aver originato un fabbisogno per quella risorsa.

Il concetto di risorsa ha acquistato un’importanza elevatissima nell’analisi organizzativa, tant’è che l’impresa viene vista come un’insieme di risorse. Esse possono essere suddivise in:

risorse umane: che non si identificano con le persone, ma sono viste come insieme di conoscenze e competenze intrinseche nelle persone. Le azione, infatti, non comprano le persone (pratica della tratta), ma le loro competenze e conoscenze;

risorse tecniche: più facilmente trasferibili, sono strutture che incorporano conoscenze e competenze rendendole relativamente indipendenti dai loro ideatori e produttori;

risorse finanziarie: sono quelle più indipendenti da specifici usi. Hanno un ambito di applicazione molto ampio rispetto a quello per cui sono state inventate. Pertanto sono il tipo di risorse più facilmente trasferibili.

Le variabili della progettazione organizzativa

Le variabili fondamentali nella progettazione organizzativa sono: - le economie di specializzazione- le economie di scala- le economie di “scope”- complementarietà- insostituibilità delle risorse - complessità informativa ed incertezza- forme d’indipendenza - conflitto tra interessi e potenziale di opportunismo

ECONOMIE DI SPECIALIZZAZIONE

Il principio cardine di tale economia, fortemente sostenuta da Adam Smith, è la divisione del lavoro. Con la specializzazione ci si focalizza sulle singole attività, ciò permette di aumentare la destrezza nel lavoro, di risparmiare tempo, poiché non si passa da un’attività all’altra, ed inoltre possono essere individuati nuovi modi, nuove tecniche per svolgere quella determinata mansione. Quando ci si specializza su una determinata attività, si sviluppa una forma-mentis specifica, cioè si assumono orientamenti cognitivi ed emotivi adatti a quella determinata attività.

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Uno degli svantaggi dell’economia di specializzazione è la mancanza di flessibilità ( che è l’opposto della specializzazione). Infatti in questo tipo ti economia è difficile ritrovare la plusvalenze delle risorse. ( utilizzare le stesse risorse per più attività). Un rischio invece è l’alienazione dell’attore, che nello svolgere sempre la stessa attività perde la motivazione, o che comunque essendosi specializzato fortemente su quell’attività non sia in gradi di fare altro.

ECONOMIE DI SCALA

L’economia di scala si realizza quando si riduce il costo unitario della produzione all’aumentare delle quantità prodotte. Si può parlare di economie di scala sia con riferimento a beni materiali, sia a servizi, sia a risorse umane ( a livello micro). Ovvie mante la riuscita delle economie di scala dipende dalle dimensioni del mercato e dalla capacità di assorbimento dei prodotti.

ECONOMIE DI SCOPE ( o raggio d’azione).

In questo tipo di economie i costi unitari di produzione diminuiscono grazie alla produzione congiunta, cioè si utilizza la stessa risorsa per produrre più beni. Questo è uno dei motivi per cui si ha differenzazione nella produzione. Un elemento fondamentale di quest’economia è l’apprendimento (diverso dall’apprendimento di specializzazione), inteso come l’apprendimento per l’appunto o la scoperta di altre attività sinergiche con quelle già condotte. Ovviamente sono necessarie risorse in eccesso sia tecniche che umane, ed è importante che sia la tecnologia, che il know-how, che le competenze delle persone, siano flessibili ( o core), e quindi potenzialmente comuni a più attività e soprattutto difficilmente imitabili dai concorrenti. Un limite per tale economie è l’appropri abilità delle risorse comuni e di base. COMPLEMENTARIETA’

Questa variabile sfrutta in maniera sinergica le qualità di uno stesso prodotto. La complementarietà ha lo scopo di creare valore aggiunto. Infatti vi sono imprese con competenze diverse, ma orientate alla ricerca, allo sviluppo e alla realizzazione di nuovi prodotti. Risorse e competenze complementari consentono di generare output di valore diverso da quelli già esistenti o a minor costo.

INSTOTUIBILITA’ DELLE RISORSE

Una risorsa è insostituibile se è rara e scarsa, ed ha quindi valore aggiunto per l’azienda. Si tratta però di un concetto relativo e non assoluto. Tra le fonti insostituibili, vi sono:

- il personale- l’innovazione- la differenziazione del proprio output da quello dei concorrenti

transizione, cioè costi di ricerca, di trattazione, di clausole, di spedizione, ecc…

COMPLESSITA’ INFORMATIVA ED INCERTEZZA

Una variabile fondamentale dell’attività economica è l’incertezza. Essa indica l’incapacità di prevedere la probabilità che un evento si verifichi. Non sapere, quindi, cosa e quando si verifichi…

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FORME D’INTERDIPENDENZA

Una variabile utilizzatissima nella progettazione dei modelli economici è l’interdipendenza. Esistono vari tipi di interdipendenza:

- transazionali: si riferisce al trasferimento di beni e servizi attraverso interfacce tecnicamente separabili. Essa si divide in interdipendenza transazionale sequenziale, cioè A genera un output che viene trasferito come input ad un attività B; interdipendenza transazionale reciproca, cioè l’output di A è input per B e l’output di B è input per A, vi è quindi uno scambio simmetrico;

- associativa: non implica trasferimento di beni e servizi, bensì implica un unione di sforzi, azione comune, allineamento dei comportamenti. La forma più semplice è la pooled interdipendence, ad esempio l’uso degli stessi uffici, impianti, know-how, ecc. Situazioni d’interdipendenza associativa piu complessa, come un’equipe di specialisti medici in un’ intervento chirurgico sono dette “associative intensive”.

CONFLITTO D’ INTERESSI E POTENZIALE DI OPPORTUNISMO

Il comportamento opportunistico è un comportamento che tradisce gli accordi di cooperazione presi in precedenza ed è caratterizzato da azioni che accrescono i propri benefici e danneggiano quelli degli altri. La possibilità di adottare tale comportamento dipende anche dal grado di sostituibilità delle parti; ossia quando le minacce di uscita dalle relazione siano credibili. Quindi il comportamento opportunistico è generato da tre elementi: incertezza, insostituibilità, e conflitto d’interesse.

LE RETI DI BAVELAS

Bavelas studiò diversi schemi di comunicazione e decisione, nei quali ciascun individuo era in possesso di informazioni locali e potevano comunicare tra di loro in modo diverso a seconda delle reti di comunicazione adottate.Le reti di comunicazione a loro disposizione erano:

- rete totale, nella quale tutti gli attori possono comunicare tra di loro e scambiarsi le informazioni locali;

- rete a catena;- rete a cerchio;- rete a stella.

FORMA UNITARIA O FUNZIONALE

La forma unitaria è una particolare forma organizzativa nella quale le diverse attività, che richiedono le stesse competenze ed utilizzano lo stesso tipo di risorsa, sono raggruppate per funzioni fondamentali: acquisti, produzioni, vendita. Prima degli anni 60° ….??? Lowrence e Lorsh

Esistono quattro tipologie di forma unitaria:

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forma unitaria burocratica meccanica: essa si configura come una “macchina organizzativa” e si caratterizza per processi di lavoro fortemente standardizzati con netta divisione delle mansioni, per la specializzazione nelle proprie competenze tecniche, per una chiara divisione orizzontali tra unità funzionali, e per una chiara divisione verticale tra organi di decisione e controllo ed organi operativi. Il lavoro operativo di routine, è semplice e ripetitivo. Tutto ciò si può verificare quando un’azienda opera in ampi mercati e gli output sono standardizzati, come ad esempio il McDonald. I vantaggi collegati a questa tipologia di forma unitaria sono sicuramente i minor costi, riduzione dell’incertezza, dato che quel modello si può replicare in più posti ( si pensi ai vari McDonald del mondo, tutti funzionanti allo stesso modo), economie di scala e riduzione della discrezionalità dei dipendenti. Tuttavia procura svantaggi quali monotonia e poca autonomia del lavoro.Il meccanismo di coordinamento utilizzato è l’autorità.

forma unitaria burocratica professionale: essa si applica nei contesti in cui le persone hanno investito tantissimo sulle proprie risorse e competenze, sono cioè professionisti. Si basa quindi sulla standardizzazione delle conoscenze e delle competenze, anziché sulla standardizzazione dei materiali o dei processi produttivi. Il meccanismo di coordinamento è la negoziazione per cui il dipendente ha più autonomia. Sono esempi di tale forma unitaria le università e gli ospedali;

Forma unitaria burocratica richiede sostanziale stabilità del mercato, delle tecnologie, dei processi di trasformazione. Impresa industriale classica, mercati ampi, standardizzazione dell’output, forme di controllo accentrato. Es. classi di prodotti quali piccoli elettrodomestici, elettronica tascabile, automobili.

forme ad alta differenziazione ed integrazione: essa, partendo dall’ipotesi di partenza che non tutti i sottosistemi di un sistema presentano, in un dato momento, lo stesso grado di complessità informativa, presenta al suo interno due funzioni: di confine, quelle maggiormente colpite da variabili esogene e da richieste di adattabilità e flessibilità, quindi più a contatto con l’esterno ( clienti, fornitori, marketing, ecc); e interne, dotate di minor complessità informativa, e quindi più rigide, ad esempio produzione o amministrazione. Per gestire tale differenziazione organizzativa si ricorre ad organi d’integrazione. Essi si dividono in:

- organi d’integrazione per prodotti o clienti: per risolvere problemi generati dall’evoluzione della domanda e della concorrenza. Il più noto organo addetto all’integrazione è il product manager, egli opera nelle imprese che gestiscono un’ampia gamma di prodotti in uno stesso settore ed operano in modo trasversale, si occupa cioè di una data attività e delle sue relazioni con le altre. Il suo ruolo è però più sostanziale che formale, per cui non gode di un’autorità riconosciuta e questo comporta un clima diffuso di ambiguità e frequenti conflitti. Altra figura è il brand manager, egli opera nelle organizzazioni commerciali delle imprese che commercializzano e producono beni industrialmente poco differenziati e commercializzati con molte varianti sotto diversi marchi. Tale manager coordina e si occupa di tutte le fasi relative ad una brand, marca. Invece l’account manager si occupa di gestire i clienti (grandi e piccoli), e delle vendite in generale.

- organi d’integrazione per progetti la figura principale è il project manager. Egli è responsabile di organi creati ad hoc per risolvere progetti complessi, ed interdisciplinari che hanno bisogno del supporto di tutte le funzioni. Tali progetti possono riguardare ad esempio lo sviluppo di un nuovo prodotto o la realizzazione

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di una commessa aziendale. Il gruppo del progetto è quindi formato da persone provenienti da tutte le funzioni aziendale che insieme risolvono il problema, sotto l’autorità gerarchica del capo progetto; ( Ex: Pringles, nuovo prodotto per Procter e Gamble);

- organi d’integrazione per processi la figura principale è il capo commessa. Utilizzata anche nella imprese di piccole e medie dimensioni, egli controllo e coordina a livello trasversale, attraversando cioè tutte le funzioni, lo stato di avanzamento della commessa. Inoltre più recentemente si è anche sviluppata la figura di process owner, con responsabilità più ampie ed imprenditoriali sull’efficienza complessiva di “catene del valore” interne;

forme unitarie reticolari : la forma organizzativa che ha attratto il massimo interesse durante gli anni 70° è la forma a matrice che si caratterizza per una logica organizzativa doppia, basata sulla specializzazione per funzione e sulla specializzazione per prodotto o progetto. Essa è centrata sul principio del two boss manager, infatti coesistono due responsabili, quello della propria funzione e quello del progetto, e ciò spesso risulta essere un problema e rende difficile il coordinamento. Per ovviare alla doppiezza di tale forma quindi i meccanismi di coordinamento adottati sono:

- la gerarchia ( che si esprima nelle figure dei due responsabili di prodotto e funzione)- programmazione ( delle attività interne alle funzioni e quelle relative al progetto) - incentivazione ( basata su una logica di risultano nel prodotto/progetto e su una

prestazione specialistica) - processi di decisione congiunta ( negoziazione);

Il limite di tale forma organizzativa è la complessità informativa da gestire, infatti è diffusa soprattutto in imprese molto sofisticate tecnicamente, come le aerospaziali o le società di ingegneria impiantistica. Un’altra forma unitaria reticolare che si sviluppò negli anni 80° sono le “reti interne”:

- sistemi di nodi o poli di competenze che si possono aggregare flessibilmente secondo necessità;

- forma organica ed orientata all’innovazione- forma piatta con un reticolo di unità-nodi posti tendenzialmente sullo stesso piano.

Vantaggi e svantaggi di una forma unitaria.

Il grande vantaggio della struttura unitaria risiede nell’economia di scala e nella specializzazione, ottenibile grazie all’aggregazione di attività tecnicamente omogenee. I grandi problemi sono invece:

- i comportamenti orientati ad obiettivi parziali; - indistinguibilità dei risultati economici di prodotti o servizi all’interno della

produzione di squadra, cui contribuiscono più funzioni. Ovvero se vi è un risultato negativo, è difficile attribuirlo ad una specifica funzione, perché è difficile capire chi è la causa di tale andamento;

- interessi culturali e locali, ovvero il rischio di focalizzarsi sulla propria funzione più che sul risultato complessivo aziendale.