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    XIII domenica del tempo Ordinario

    ANNO C

    1Re 19,16b.19-21; Sal 15; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62

    La relazione con il Signore passa attraverso il cammino di sequela di un uomo: di Elia (I

    lettura), di Ges (vangelo). I due testi convergono anche nel presentare un inizio: lincontro

    di Elia con Eliseo segna per questultimo una frattura nella sua vita. Egli si separa dai suoi,

    abbandona il lavoro e inizia una nuova fase della sua vita al servizio di Elia. Nel vangelo Ges

    entra in una nuova fase della sua vita: dopo aver operato in Galilea, ora Ges si dirige con

    risolutezza verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51), dove si compir il suo destino. Linizio qui

    significa un andare pi a fondo del cammino gi intrapreso. Con i tre personaggi anonimi che

    entrano in scena nei vv. 57-62 il vangelo presenta anche tentativi abortiti di inizio o,

    quantomeno, le difficolt che linizio di una sequela di Ges pone. Presunzione di s (v. 57) e

    condizioni poste preliminarmente alla sequela (vv. 59.61) intralciano quella sequela che pone

    il credente sotto il primato del Regno di Dio.

    Nessuno che ha messo mano allaratro e poi si volge indietro adatto per il Regno diDio (Lc 9,62): questa parola di Ges suppone che la sequela esiga risolutezza. Perch?

    Perch Ges stesso ne ha avuto bisogno: egli rese dura la sua faccia per andare a

    Gerusalemme (Lc 9,51; la Bibbia CEI traduce: prese la ferma decisione di mettersi in

    cammino verso Gerusalemme). Lespressione indica la decisione presa nel cuore

    diperseguire fino in fondo il cammino intrapreso: la risolutezza la necessaria mobilitazione

    delle energie e della volont per non fallire lo scopo. Ma indica anche la concentrazione di chi

    si prepara a resistere alle difficolt, alle opposizioni e alle violenze che la propria missione

    pu riservargli. La risolutezza cristiana non ha nulla a che fare con lincoscienza o con la non

    assunzione dei propri limiti: essa determinazione, che etimologicamente rinvia al porre dei

    confini, e dunque capacit di conoscere e assumere i propri limiti. Essa un aspetto della

    fortezza cristiana e la fortezza presuppone la vulnerabilit: essere forte significa saper

    accettare una ferita (Josef Pieper). Cos abbozzata, la risolutezza cristiana appare unumile

    risolutezza, mite, mai arrogante, mai presuntuosa, ma convinta e tenace.

    La missione a cui Ges invia comporta la possibilit della non accoglienza degli inviati,

    esattamente come Ges stesso ha conosciuto la non accoglienza (cf. Lc 9,53). Anzi, non

    accolto dai Samaritani perch diretto verso Gerusalemme, Ges sar rigettato anche dalla

    citt santa, la citt che uccide i profeti e lapida coloro che le sono inviati (cf. Lc 13,34).

    Laccoglienza e il riconoscimento per Ges non sono un diritto. Ma questo, Ges deve

    insegnarlo ai suoi discepoli, tentati di reagire con zelo cattivo allo sgarbo ricevuto (cf. Lc

    9,54-55). Non una parola di rimprovero per i Samaritani, che vengono accolti nella loro non

    accoglienza, e invece un aspro rimprovero per i discepoli (Lc 9,55): sono i cristiani chedevono vivere il Vangelo ed essere rimproverati se assumono forme di presenza e di azione

    mondane. Inviati dallAgnello come agnelli in mezzo ai lupi (Lc 10,3), a essi non concesso

    di travestirsi da lupi (Mt 7,15). Infatti, la qualit della loro presenza che narra il volto di

    Cristo agli uomini. la loro vita altra e differente rispetto al mondo che narra la santit di

    Dio.

    La sequela di Ges esige anche la fatica del quotidiano, del giorno dopo giorno (cf. Lc

    9,23): la risolutezza necessaria per non lasciarsi bloccare dalla banalit dei giorni e dalle

    abitudini, per sostenere la vita del discepolo che sotto il segno dellaprecariet (v. 58) e per

    dareperseveranza alla sequela e non ridurla allavventura di una stagione della vita. Linizio

    della sequela importante proprio perch il cristiano non chiamato solo a iniziare maa dare continuit al suo cammino e a rimanere. Non porre condizioni (v. 61), non

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    predeterminare le prestazioni, non lasciarsi guidare solamente dallentusiasmo (v. 57), non

    nutrire nostalgie che si rivelerebbero paralizzanti (v. 62), sono condizioni essenziali per una

    sequela duratura.

    LUCIANO MANICARDI

    Comunit di BoseEucaristia e Parola

    Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno C

    2009 Vita e Pensiero

    http://www.monasterodibose.it/content/view/5132/1911/lang,it/ (27.06.2013)