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s ommario Italiano Inglese Arte e immagine Matematica, Scienze, Tecnologia Storia, Geografia, Studi sociali IRC Competenze europee e discipline Italiano Inglese Arte e immagine Matematica, Scienze, Tecnologia Storia, Geografia, Studi sociali IRC Corpo, movimento, sport Musica Competenze europee e discipline Italiano Inglese Arte e immagine Matematica, Scienze, Tecnologia Storia, Geografia, Studi sociali IRC Corpo, movimento, sport Musica Competenze europee e discipline Italiano Inglese Arte e immagine Matematica, Scienze, Tecnologia Storia, Geografia, Studi sociali IRC Corpo, movimento, sport Musica Competenze europee e discipline 46 51 53 54 60 64 65 66 67 83 85 86 92 96 97 98 99 100 105 107 108 114 118 119 120 121 122 127 129 130 136 140 141 142 143 Classe terza Classe quarta Classe quinta Editoriale La curiosità è scientifica La Redazione di Scuola Italiana Moderna Il quadrante della scuola La Costituente della scuola Sergio Govi La finestra sul mondo La composizione delle classi Antonio Augenti La finestra sul cortile Una cordata per l’INVALSI Damiano Previtali TIC-I prodotti I DSA guardano alla LIM Caterina Cangià TIC-La didattica Pro e contro della classe capovolta: prima parte Maurizio Gentile Intercultura-La didattica Cittadini globali come ospiti dei sistemi naturali Elena Camino Intercultura-Italiano come L2 Attività con approccio “ludicompetente” Monica Oppici BES In classe ho un bambino che ha difficoltà a esprimersi Simone Consegnati - Anna Maria Forini - Teresa Natale L’angolo dello psicologo Fuga nel virtuale Maria Chiara Fiorin Competenze europee e discipline Competenze sociali e civiche Mario Castoldi Italiano Inglese Arte e immagine Matematica, Scienze, Tecnologia Storia, Geografia, Studi sociali IRC Corpo, movimento, sport Musica Competenze europee e discipline 4 6 7 8 10 11 12 16 18 12 23 24 29 31 32 38 42 43 44 45 Classe prima/seconda Classe prima Classe seconda n. 7 • marzo 2014 • anno 121 1 DOSSIER Accendere la curiosità

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sommarioItaliano

Inglese

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Storia, Geografia, Studi sociali

IRC

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Italiano

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Matematica, Scienze, Tecnologia

Storia, Geografia, Studi sociali

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Classe terza

Classe quarta

Classe quinta

EditorialeLa curiosità è scientificaLa Redazione di Scuola Italiana Moderna

Il quadrante della scuolaLa Costituente della scuolaSergio Govi

La finestra sul mondoLa composizione delle classiAntonio Augenti

La finestra sul cortileUna cordata per l’INVALSIDamiano Previtali

TIC-I prodottiI DSA guardano alla LIMCaterina Cangià

TIC-La didatticaPro e contro della classe capovolta: prima parteMaurizio Gentile

Intercultura-La didatticaCittadini globali come ospiti dei sistemi naturaliElena Camino

Intercultura-Italiano come L2Attività con approccio “ludicompetente”Monica Oppici

BESIn classe ho un bambino che ha difficoltàa esprimersiSimone Consegnati - Anna Maria Forini - Teresa Natale

L’angolo dello psicologoFuga nel virtualeMaria Chiara Fiorin

Competenze europee e disciplineCompetenze sociali e civicheMario Castoldi

Italiano

Inglese

Arte e immagine

Matematica, Scienze, Tecnologia

Storia, Geografia, Studi sociali

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Classe prima/seconda

Classe prima

Classe seconda

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DOSSIER

Accendere la curiosità

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I quattro elementi naturaliParlare, implicitamente, di colori, suo-ni, sapori, odori, sensazioni tattili ci esor-ta dunque a considerare il rapporto che il bambino intrattiene primariamente con elementi ricchi di stimoli sensoriali, e pe-raltro riconosciuti come vitali dalla cul-tura occidentale, quali la terra, l’acqua, il fuoco e l’aria. Esemplificando, il rapporto che il bam-bino instaura con la terra e con gli ele-menti connessi, come le pietre e l’argilla, o con quelli che rimandano a essa, come il pongo e il das, è il rapporto che instaura parallelamente con i concetti di duro, molle, liscio, ruvido e similari. Il bam-bino tocca la materia e, retroattivamente, viene toccato da essa, accorgendosi, grazie a continue manipolazioni, della moltepli-cità delle forme e dei gradi di consistenza che essa presenta.Con l’acqua, poi, il bambino si comporta da vero scienziato. Prendiamo, ad esem-pio, le “ricerche” che conduce sul galleg-giamento degli oggetti. Da queste riesce a capire che ve ne sono alcuni che posso-no modificare il loro stato (la spugna, la carta, il cotone ecc., che affondano perché assorbono acqua) e altri che non posso-no farlo, per la proprietà della materia di cui sono costituiti, se non opportunamen-te zavorrati. Comprende che, attraverso manipolazioni o combinazioni con altri elementi, gli stessi oggetti possono pas-sare da una situazione di galleggiamento al suo opposto e viceversa. Elabora ipote-si, si esercita nel problem solving, esplici-ta previsioni che giungono finanche a “va-

Proseguiamo la nostra riflessione, aper-ta nel numero scorso della rivista,

sull’immaginario scientifico infantile, ana-lizzando ciò che avviene durante l’esplo-razione di quell’universo fisico e naturale che, tra gli altri, è forse il luogo più idoneo a mantenere desta la curiosità infantile e a facilitare lo strutturarsi dei processi d’in-terrogazione che stanno alla base del cam-biamento e dell’evoluzione dello stesso si-stema concettuale.

I sensiPrima di tutto una breve sottolineatura in ordine al “veicolo” che favorisce l’ingres-so del bambino in questo universo: i sen-si. L’esperienza sensoriale, oltre a essere la prima esperienza del bambino, è quel-la che, mentre consente di “entrare” nel mondo e di esserne “posseduti”, mette in atto meccanismi di memoria, ricono-scimento e, perciò, di appartenenza ed esclusione. In poche parole, “rappresenta il punto di partenza di ogni relazione con l’altro da sé e con l’ambiente che circonda ogni individuo, della sua storia, quindi, e dei suoi vissuti”. In questa esperienza, la persona «tende a fondersi nell’oggetto, a tornare nei paraggi dell’originario: tattili-tà e sinestesia sono il ciglio sensibile da cui tentare il salto che dalla percezione (che inaugura la conoscenza) si accosta a un sentire articolato sull’affettività pro-fonda»1. Ancora una volta, né scientismo, né cognitivismo, bensì occasione di mu-tamento come proiezione verso un dover essere, ossia opportunità di transizione da uno stato meramente percettivo-sensoria-le a una ricaduta funzionale dei suoi effetti su quello affettivo, con conseguente possi-bilità di rivedere, ripensare e riconfigurare i confini del proprio vissuto.

La curiosità è scientifica

Editoriale

1 L. Salzillo, Materiali d’arte, elementi di vita, in M.G. Cocconi, L. Salzillo, A. Zanolli, Il bambino creatore, Franco Angeli, Milano 2004, p. 16

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no le nuvole e rimangono estasiati e stu-piti di fronte a un paracadutista che libra leggero.

Apprendere agendoIl bambino riceve numerosi stimoli ai quali risponde con comportamenti adatti-vi che rappresentano altrettanti input per l’ambiente esterno, cioè azioni tese a mo-dificare gli oggetti ai quali si rapporta, co-me pure la percezione, la conoscenza e la comprensione degli stessi. All’interno di tale circolarità egli apprende agendo, va-le a dire che le cose e i fenomeni sfuggo-no alla dimensione dell’ignoto tanto quan-to si sforza di agire su di essi. Grazie alla bilateralità del feedback, inoltre, il bam-bino riesce a far propria la differenziazio-ne esistente tra se stesso e ciò che è altro da sé, giungendo a elaborare il concetto che, sopra tutti, è alla base dello sviluppo del pensiero logico-scientifico: il concet-to di causa, nella sua triplice accezione di volontaria o finalistica, cioè connessa all’intenzione del soggetto, casuale e og-gettiva, vale a dire dipendente da leggi fi-siche3. Ne deriva confermata l’importanza di un contatto diretto e non mediato, sollecita-to, ma non imposto, in modo tale che la promozione di atteggiamenti scientifici, come l’esplorazione, la scoperta, la ri-cerca, l’esperienza, il controllo e la ve-rifica, favorisca nel bambino la cono-scenza graduale – questa volta elaborata in prima persona, con impegno e fatica – del proprio ambiente di vita, traducibile nell’acquisizione di un metodo scientifico adeguato alla comprensione della real-tà oggettiva, che non sia esclusivamente in senso naturalistico, ma anche in senso umanistico.

gliare” e “discriminare” differenze di peso e di materiale, ad “analizzare” come l’og-getto si comporta in acqua (resta sulla su-perficie o a mezz’acqua), l’influenza della sua forma, della presenza/assenza di aria/vuoto e dei rapporti di equilibrio tra ac-qua e oggetto (fa appello alla “robustezza” dell’acqua e al fatto che essa “appesanti-sca” le cose). In sostanza, il bambino passa dal prova-re che cosa succede se fa qualcosa alla an-ticipazione/attesa di un determinato com-portamento, fino alla formulazione di vere e proprie ipotesi che tengono conto delle condizioni di galleggiamento e delle varia-bili ammissibili2. Non possiamo ignorare l’attrazione che il fuoco esercita nei confronti del bambino. Per ogni uomo, invero, il fuoco, prima del calore e dell’atmosfera prodotta dal focola-re domestico, prima del mezzo di cottura, fa venire in mente il pericolo di bruciar-si, di scottarsi, di morire arsi. Saperlo ge-stire, di conseguenza, così come annulla-re la sua azione, permettono di rafforzare il senso di padronanza della realtà, di au-tostima, di fiducia in se stessi e nei propri poteri autonomi. Concentriamoci su un esempio innocuo, che ha per protagonista una semplice candela accesa: di fronte a questa, il piccolo si chiede che cosa gene-ri il fuoco, come si alimenti, come faccia a sciogliersi la cera e può constatare, co-prendo per intero la stessa candela con un bicchiere rovesciato, che senza ossigeno la fiammella si spegne lentamente. Per ciò che concerne l’aria, invece, forse per la sua inconsistenza e invisibilità ap-parenti, l’approccio “scientifico” alla sua conoscenza procede attraverso innumere-voli esperimenti: dalla “misurazione” per-cettiva della velocità impiegata da oggetti di peso differente per raggiungere il suolo dopo essere stati fatti cadere dall’alto ai di-segni fatti con le dita sull’alone creato dal fiato sul vetro, allo spostamento delle co-se ottenuto soffiando; inoltre, il bambino osserva curiosamente il cielo e si interroga e interroga su come facciano gli aeropla-ni e gli uccelli a volare, su che cosa sia e da dove nasca il vento, su come si sposti-

La Redazionedi Scuola Italiana Moderna

2 D. Castiglia, C. Pontecorvo, R. Stilli, Conoscere a scuola: una ricerca sul galleggiamento, in AA.VV., Il bambino e la scienza, La Nuova Italia, Firenze 1986, pp. 31-433 G. Brambilla, L’interazione dinamica tra il bambino e l’ambiente, in AA.VV., La formazione di atteggiamenti e di abiti scientifici nel bambino, La Scuola, Brescia 1996

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La Costituentedella scuola

Nel momento di licenziare que-sta pagina, non erano ancora

note le tematiche definite dal mini-stro Carrozza per la costituente del-la scuola.Ci limitiamo, quindi, a richiamare l’annuncio della sua iniziativa, av-venuto nel corso di un’intervista, e, soprattutto, a svolgere alcune rifles-sioni sul possibile metodo da segui-re per partecipare a questa grande consultazione di massa.In una intervista a La Repubblica il ministro ai primi di gennaio ha an-nunciato la Costituente per la scuo-la: «La Costituente della scuola sarà la più grande domanda, e mi augu-ro la più grande risposta sulla scuo-la italiana contemporanea»; ma non da parte dei soliti “addetti ai lavori” in un ennesimo convegno: «Voglia-mo aprire un dibattito in tutto il Pa-ese su questo bene primario che è la scuola. Cosa ne pensano, e come la vorrebbero, presidi, insegnanti, stu-denti, genitori, partiti, fondazioni, associazioni. Domande semplici su dieci temi. Non si è mai fatto pri-ma».

Sul sito del M.I.U.R., ha precisato il ministro, sarà inserito un questio-nario online su dieci temi-cardine al quale tutti potranno rispondere fino a maggio. Poi «a giugno ren-deremo pubblici i risultati», assicu-ra il ministro, e «a settembre diremo quali indicazioni il ministero ha re-cepito». Nell’intervista l’onorevole Carrozza non ha fatto l’elenco dei dieci temi che saranno oggetto del questiona-rio. «Da ministro ho le mie idee – ha detto – ma se non capisco quelle del Paese, non posso elaborare l’ul-tima riforma della riforma della ri-forma. Vorrei fare insieme agli Ita-liani la grande e giusta riforma della scuola italiana.»La parola, dunque, agli Italiani, do-centi, dirigenti scolastici, genito-ri, studenti e altri ancora. Da qui a maggio la scuola potrebbe avere un ruolo di centralità nel dibattito della gente. Forse.Con franchezza bisogna dire che probabilmente questo non è il mo-mento più adatto per pensare a una grande riforma dell’istruzione italia-na. Non che non ce ne sia bisogno. Anzi. Per una società in crisi, come quella attuale, un grande rilancio condiviso sulla scuola potrebbe co-stituire un elemento propulsore per lo sviluppo.È piuttosto il quadro politico, la te-nuta della maggioranza, la prospet-tiva sicura di un anticipato sciogli-mento del Parlamento a costituire nell’insieme una non-condizione di fattibilità possibile per una riforma di grande respiro.

Ma l’occasione della Costituen-te c’è e va sfruttata fino in fondo, per lasciare, nel peggiore dei casi, una memoria di un disegno rifor-matore da attuarsi in tempi mi-gliori.Si potrebbe cominciare con la costi-tuzione di gruppi di preparazione composti da docenti e genitori con il compito di scegliere una o più te-matiche tra quelle proposte dal mi-nistro.Sulle tematiche scelte aprire il dibat-tito con tesi a confronto, interventi di esperti per documentare e analiz-zare, preparando la base per appro-fondire, orientare e proporre.Potrebbero essere prodotti, alla fine, documenti con tesi di maggioranza e minoranza o con un consenso pie-no e condiviso.Vale la pena provare. Il dibattito, co-munque, potrebbe servire, quanto meno, a chi partecipa alla discussio-ne e al confronto, arricchendone le conoscenze sul mondo dell’istruzio-ne e acuendo la personale sensibili-tà educativa.Discutere e confrontarsi, in campo scolastico, non fa mai male.

Sergio GoviEsperto in normativa scolastica

Il quadrante della scuola

Sergio Govi

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cia degli insegnamenti e alla validità didattica. Altri ne mettono in forse il modello: problemi di spesa a cari-co della collettività, insufficienza di diversità nelle classi piccole milite-rebbero a favore della composizione di classi con un più elevato numero di alunni, anche perché non sembra dimostrato, sul terreno della ricerca scientifica, che classi con un nume-ro ridotto di alunni diano seguito a risultati didattici migliori.La composizione delle classi e la lo-ro dimensione sono falsi problemi, come taluni sostengono? La verità è che se ne parla e se ne discute non sempre in possesso di dati di evi-denza scientifica. Come dimostrano alcuni studi condotti da E. Hanushek e B. Sch-neider, la questione è tutta da ap-profondire. Alle stesse conclusioni perviene l’indagine condotta dall’Istituto di Scienze dell’Educazione dell’Uni-versità di Londra che nel 2008, cir-ca la dimensione delle classi, così si esprimeva: «Le piccole classi non sono da scartare, ma non sono un toccasana per i problemi della didat-tica e della sua efficacia». Diversi anni prima, nel 2001, il Con-seil de l’Education de l’Ecole aveva espresso l’avviso che «La grandezza delle classi non è determinante per la riuscita degli alunni». D’altra parte, il noto programma americano STAR (Student-Teacher-Achievement-Ratio), lanciato nel lontano 1985, aveva tentato di di-mostrare, con qualche successo, che le classi piccole ottenevano risultati

Un grande quotidiano italia-no riferiva qualche settima-

na fa gli esiti del lavoro intrapreso dai docenti di una scuola situata in un piccolo comune della provincia di Torino, in terre alte del Piemon-te, dove si è sperimentato e si spe-rimenta ancora il funzionamento di una pluriclasse con bambini di diversa età. Veniva evocato il mo-dello della scuola seguito da Don Milani e se ne sosteneva la propo-nibilità didattica. In verità, non si tratta di un’assoluta novità: esempi del genere si sono avuti anche tren-ta-quarant’anni fa, necessitati spes-so dalla collocazione di bambini in aree territoriali non facilmente rag-giungibili (zone di montagna, pic-cole isole distanti dalla terraferma). Non si può dire che i risultati scola-stici siano stati negativi; anzi, se ne sono sottolineati gli aspetti molto confortanti talora.Altro caso è rappresentato dalla di-mensione numerica delle classi. Si annoverano difensori a oltranza del-le classi piccole, vantandone tutti i vantaggi che ne derivano all’effica-

La composizione delle classi

La finestrasul mondo

Antonio AugentiEsperto in sistemi

formativi comparati

Antonio Augenti

migliori rispetto a quelli conseguiti dalle classi normali.Per ciò che riguarda la composizio-ne delle classi, si registrano altret-tante diverse opinioni. Alcuni, co-me nell’esempio sopra riportato, ne magnificano i vantaggi; altri ne contestano il modello pedagogico, anche alla luce di quanto indicato dall’UNESCO,che ne ha raccoman-dato l’adozione nelle regioni in via di sviluppo.Ciò che si può affermare in conclu-sione è che quello segnalato non è un falso problema. La dimensione e la composizione delle classi costi-tuiscono una variabile importan-te del miglioramento dei processi di apprendimento. Non va sotto-stimato, tuttavia, l’insieme di al-tri numerosi fattori come la qualità professionale dei docenti, l’uso del-le tecnologie, la presenza di alunni con disabilità o con disagio, la fidu-cia dei genitori, che sono da corre-lare al modo di guardare alla classe. E allora? La ricerca scientifica su questioni del genere va rilanciata, non trascurando il contributo che a essa deriva dal lavoro condotto da insegnanti seri, responsabili e pre-parati.

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Una cordata per l’INVALSI

Si è chiuso con l’inizio di gen-naio il bando per la scelta del

nuovo Presidente dell’INVALSI e, probabilmente, all’uscita di questo numero conosceremo il suo nome. Con le dimissioni dell’attuale presi-denza dell’INVALSI e con l’apertura

di una pubblica “chiamata” si apre non solo una procedura per occu-pare un posto nella pubblica ammi-nistrazione, ma soprattutto una fa-se determinante per lo sviluppo del sistema di valutazione. Infatti, tut-ti percepiamo le difficoltà del dia-logo dell’INVALSI con le scuole e vediamo come lo sviluppo del rego-lamento sul sistema di valutazione (D.P.R. 80/2013) sia arenato nelle stanze ministeriali e così per molti altri aspetti legati ai temi della va-lutazione. In definitiva i prossimi anni e le azioni del prossimo Pre-sidente saranno fondamentali per la valutazione nel nostro Paese. Da qui alcune persone, che vivono quotidianamente la scuola e credo-no nella leva della valutazione per

il miglioramento, hanno deciso di portare a evidenza pubblica alcune riflessioni e di lasciarle alla libera sottoscrizione, Una “cordata” della scuola per il “nostro” INVALSI. Il documento integrale è ritracciabi-le in:https://dl.dropboxusercontent.com/u/91849908/Documento%20invalsi-Per%20una%20cordata-30dic2013.pdf mentre la sottoscrizione è possibile accedendo al sito pubblico: http://firmiamo.it/una--corda-ta--della-scuola--per-il--nostro--invalsi#petition. Essendo uno dei primi firmatari provo a riprendere qui alcuni pas-saggi del documento riportando al-cuni punti, che dovrebbero figurare

La finestrasul cortile

Damiano Previtali

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Damiano PrevitaliDirigente scolastico

e consulente INVALSI

in qualsiasi disegno strategico sullo sviluppo dell’INVALSI: • una valutazione per conoscere e migliorare – in quanto va salva-guardato il principio che ogni valu-tazione – a tutti i livelli, dagli allievi alle scuole, al sistema – sia finalizza-ta alla conoscenza, allo sviluppo e al miglioramento dei processi educati-vi, non al giudizio o alla sanzione. Una corretta cultura della valutazio-ne si costruisce attraverso la condi-visione, il lavoro di ricerca, la for-mazione in servizio. Solo attraverso un processo partecipato la valuta-zione sarà percepita come un “van-taggio” per la scuola; • valorizzare la dimensione forma-tiva della valutazione – in quanto l’attenzione esclusiva e pressante – in questi ultimi anni – verso le sole prove standardizzate, accompagnata dall’ansia comparativa, ha rischiato di impoverire la dimensione forma-tiva della valutazione. La valutazio-ne nella scuola richiede una plurali-tà di strumenti capaci di “descrivere” la progressiva acquisizione di cono-scenze, abilità, competenze e non so-lo di misurarle indipendentemente dai contesti educativi reali. • l’uso delle prove INVALSI per le scuole – infatti siamo convinti che le prove INVALSI di rilevazione de-gli apprendimenti non dovrebbe-

ro tornare a essere solo a campio-ne (come qualcuno pure chiede), perché, in tal modo, risulterebbero strumenti di nicchia, preziosi for-se per studiosi e decisori, ma scar-samente influenti per la totalità del-le scuole. Va ricordato, infatti, che le prove non sono un “metro” per misurare il rendimento scolastico né tanto meno “il valore” dello stu-dente, ma costituiscono soprattutto uno strumento prezioso per cono-scere, diagnosticare e orientare; • la comparazione e la rendiconta-zione con valore sociale – in quanto va fatto un uso ragionato dei dati IN-VALSI, per non creare una impropria competizione tra le scuole, che in-centiverebbero fenomeni di cheating e teaching to the test, falsando e stru-mentalizzando tutto il sistema della prove standardizzate. La compara-zione più significativa non è tra le diverse istituzioni, ma della scuola con se stessa, nel corso del tempo, per collegare i cambiamenti e i mi-glioramenti riscontrati alla riflessio-ne interna, alle decisioni e alle scelte didattiche, organizzative e professio-nali che ogni scuola compie, avva-lendosi degli spazi di autonomia che vanno comunque potenziati;• mettere in gioco i processi, i contesti, le professionalità – infat-ti è necessario allargare il focus della

valutazione dai risultati degli allie-vi, ai processi organizzativi e didat-tici, ai contesti sociali e culturali e ai fattori che fanno qualità. In que-sta prospettiva sistemica entrano in gioco anche le professionalità degli operatori, da valutare, valorizzare e riconoscere (in termini di capitale professionale, comunità di pratica, clima educazionale, impegni e me-riti), quali fattori decisivi per pren-dersi cura dell’istruzione dei nostri ragazzi e del loro benessere forma-tivo. Per dare respiro “riflessivo” al-la valutazione è decisivo il ruolo dei dirigenti scolastici, quello degli in-segnanti e di tutte le professionalità che operano nella scuola.Le stesse scuole saranno pronte alla collaborazione nel momento in cui vedranno consolidarsi nell’INVAL-SI sicure competenze, indipendenza di elaborazione e non banale corri-spondenza a qualche cordata politi-ca, sindacale o accademica. Da qui le candidature e la scelta del Presidente dovranno offrire un se-gnale di chiarezza e di orientamen-to rispetto alla strada che s’intende percorrere.

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righe o colonne, una a una, attire-ranno l’attenzione e aiuteranno la concentrazione e, poco a poco, raf-fineranno i piccoli nella lettura. Spesso, nel caso di difficoltà nella letto-scrittura, sono concomitanti disturbi dell’attenzione. Ecco al-lora che si ottengono eccellenti ri-sultati con la LIM proprio perché la modalità multimediale di presenta-zione dei contenuti, abbinata all’of-ferta di interattività, favorendo la manipolazione, facilita la concen-trazione e, nel caso di alunni disles-sici, non pone la richiesta costante di decifrare testi. Ma la LIM fa an-cora di più per andare incontro al-le difficoltà di letto-scrittura! Que-sto avviene attraverso la possibilità di registrare tutto ciò che viene scritto sulla “lavagna magica”. Pagine e pagine di documentazione dell’attività svolta in classe vengono riprese dal registratore interno che non tralascia nessuno dei movimen-ti fatti che hanno prodotto disegni e annotazioni – senza dimenticare le voci quando è presente un micro-fono – che vengono poi salvate ed esportate in vari formati. Quale ric-ca attività può seguire poi, quando si rivedono le spiegazioni e si apro-no discussioni sui perché si è proce-duto in una certa maniera. E quale offerta di rinforzo per gli alunni con difficoltà nell’apprendimento!Nel caso di difficoltà motorie lie-vi o severe, il fatto che la lavagna sia di grandi dimensioni facilita il tocco e l’interazione. Nel caso spe-cifico di alunni con un range di movimento limitato, è buona cosa

Esistono applicazioni per la LIM dedicate agli alunni con difficol-

tà? Chi ha problemi legati alla lettura e alla scrittura è facilitato nel raggiun-gere i contenuti grazie a immagini, simboli, etichette e mappe, che sem-plificano l’identificazione corretta dei concetti e regalano un’accresciu-ta autonomia ai bambini: costoro riescono, in questo modo, a mani-polare le idee senza inciampare nel testo scritto, fitto di parole e di pa-ragrafi. Non ci stancheremo mai di ripetere che la forza vincente della LIM è la multimedialità. Guardiamo da vicino la lettura. Per renderla più facile agli alunni di-slessici sarebbe necessario isolare le varie righe, mostrandole una per volta. Ecco che ci viene incontro lo strumento pannello (o tendina, co-me spesso lo chiamano i bambini), di colore grigio, che copre tutta la superficie dello stage o pagina e che, preso da una maniglia collocata a destra, a sinistra, in alto e in basso, lascia scoperto solo lo spazio testua-le che si desidera mostrare. Perciò,

I DSA guardano alla LIM

TIC-I prodotti

Caterina Cangià

Caterina CangiàUniversità LUMSA di Roma

collegare file sonori o clip video a un’icona e chiedere a bambini con difficoltà motorie di toccare con il dito l’icona e, man mano, rimpic-ciolirla affinché l’esercizio sia utile all’affinamento del coordinamento occhio-mano. È possibile anche po-sizionare le immagini sempre più in alto con la richiesta di esercizio mu-scolare per raggiungerle e attivarle.Facciamo inoltre ricorso ai materiali messi a disposizione dagli stessi pro-duttori, come fa, con molta regolari-tà, il maggiore produttore mondiale di LIM, la SMART Technologies che, oltre a offrire agli insegnanti un otti-mo ventaglio di materiali pronti per l’uso, pubblica resoconti di espe-rienze in vari contesti scolastici, an-che con utenti che soffrono di DSA. Non dimentichiamo che la LIM sarà davvero un aiuto nei casi specifici di DSA solo se si saprà con chiarezza quali processi cognitivi e motivazio-nali lo strumento attiva. Non trala-sciamo mai di applicare le varie strategie compensative che, nel-la nostra esperienza, hanno dato frutti, potenziandole con quanto man mano la tecnologia ci mo-strerà. Va da sé che è necessaria an-che un’ottima conoscenza e pratica di come lo strumento LIM vada uti-lizzato.

Ulteriore materiale

è a disposizione nel sito

www.lascuola.it

nella sezione RIVISTE

www

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Pro e contro della classe capovolta:prima parte

Riprendo quanto scritto in un pre-cedente articolo (SIM 1, 2013-

2014) a proposito della classe ca-povolta. Si tratta di una strategia didattica basata sulla visione di video al posto dell’assegnazione dei compiti a casa, e sullo svolgimento dei compi-ti a casa in classe. L’ordinaria sequen-za è capovolta. I bambini lavorano in classe sotto la supervisione del docen-te oppure supportati dai compagni in apprendimento cooperativo: gruppi da quattro, revisione tra pari, lavoro a coppie, giro di tavolo simultaneo, mappa nel mezzo ecc. In classe, inol-tre, il docente può prevedere strategie di personalizzazione seguendo il mo-dello della differenziazione didattica di Carol Ann Tomlinson. La classe capovolta non è sinonimo di visione di video online. Al con-trario, è un modo di comunicare le conoscenze disciplinari e di entrare in relazione con gli alunni. L’effica-cia della classe capovolta può essere, solo in parte, spiegata con la qualità tecnica dei video o il loro contenuto informativo. Ciò che fa la differenza, a mio avviso, è la progettazione di at-

tività di apprendimento significative e motivanti una volta che gli alunni ritornano in classe. Affinché funzio-ni suggerisco di pensare ad attività basate su una forte interazione tra docente e alunni e tra alunni-alunni. Vorrei fare un bilancio di vantaggi e svantaggi della classe capovol-ta. In rete c’è molta discussione a ri-guardo. Ovviamente, la sintesi non sarà del tutto esaustiva, ma suffi-cientemente rappresentativa delle posizioni che sembrano più utili e interessanti per la pratica didattica. In questo primo articolo parlerò dei vantaggi partendo da un esempio.Giorgio, terza elementare, ha studiato in classe la divisione a due cifre. L’in-segnante assegna come compiti a ca-sa di Matematica la soluzione di 4 di-visioni a due cifre. È chiaramente un compito di rinforzo. Nello svolgimen-to delle quattro operazioni, Giorgio incontra le prime difficoltà: si ferma, riprende, impiega più di venti minu-ti per risolvere la prima operazio-ne. Qualcosa non va! Il papà lo vede in difficoltà, decide di dargli un ma-no. Qui i primi problemi. Il genitore lo aiuta a risolvere l’operazione con la procedura che lui conosce e che ha imparato durante la scuola elementa-re. Nella mente di Giorgio cominciano a emergere le prime interferenze co-gnitive ed emotive: «Faccio come dice papà, così mi sbrigo e vado a giocare a calcio? Lui non si arrabbia e io fini-sco i compiti? Ma la maestra che cosa voleva dire quando ci ha spiegato che il resto… hmm… Come devo farla la divisione? Come mi ha insegnato la maestra o come dice papà?»

Assistiamo a una fase cruciale del processo di apprendimento di Gior-gio: se non risolta può essere fonte di misconcezioni nel calcolo scrit-to e mentale. Quale potrebbe essere una soluzione basata sulla classe capovolta? Pensiamo al seguente scenario alternativo. L’insegnante spiega in classe la divi-sione a due cifre. Prima di assegna-re i compiti, ha preparato una video-lezione di 2 minuti su come svolgere l’operazione. Ha postato il video sulla piattaforma Edmodo, nella classe vir-tuale della III A. La piattaforma no-tifica la pubblicazione sia agli alunni sia ai genitori. Entrambi adesso dispongono di una guida che possono consultare più volte, che viene in soccorso se il bambino ha dimenticato “come fa-re” o se fa confusione tra regole ma-tematiche da applicare. Il video co-stituisce una base sicura per evitare di insegnare strategie che possono creare interferenze, o conflitti co-gnitivi. Al di là delle polemiche tra sosteni-tori e detrattori della classe capovol-ta, ho cercato di dimostrare che le tecnologie da sole non producono migliori risultati di apprendimento. Abbiamo sempre bisogno di pensare il loro uso in termini metodologici. Non resta che provare!

TIC-La didattica

Maurizio Gentile

Maurizio GentileRicercatore e docente

in Pedagogia Sperimentale, Università LUMSA di Roma

Ulteriore materiale

è a disposizione nel sito

www.lascuola.it

nella sezione RIVISTE

www

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Cittadini globali come ospiti dei sistemi naturali

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Le Indicazioni Nazionali: come superare le contraddizioni?

Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo (entrate in vigore con

il Decreto Ministeriale n. 254 del 16 novembre 2012) sono un testo di riferimento unico per tutte le scuo-le autonome che sostituisce quelli che, un tempo, si chiamavano “Pro-grammi ministeriali”. Dalla lettura emerge un notevole sforzo di ade-guamento della visione del ruolo educativo della scuola ai cambia-menti in atto nella società, non so-lo italiana, ma più in generale quella ormai mondiale, globalizzata. Re-stano inevitabilmente elementi di visione del passato, che non sono ancora sufficientemente trasformati per affrontare il presente. Vediamo-ne alcuni:• la presa di coscienza delle tu-multuose trasformazioni in at-to…«… abbiamo vissuto il passaggio da una società relativamente sta-bile a una società caratterizzata da

molteplici cambiamenti e disconti-nuità…»; «… sono mutate le forme della socialità spontanea… l’intesa tra adulti non è più scontata… una molteplicità di culture e di lingue sono entrate nella scuola…»; «la scuola è chiamata a realizzare per-corsi formativi sempre più rispon-denti alle inclinazioni personali de-gli studenti…»; «insegnare le regole del vivere e del convivere è per la scuola un compito oggi ancora più ineludibile rispetto al passato…» Discontinuità, complessità, diversi-tà sono gli elementi che caratteriz-zano l’odierna società liquida. La scuola viene riconosciuta come luo-go in cui apprendere regole nuove di convivenza, fluide e progressiva-mente condivisibili;• l’attaccamento alle forme con-solidate dell’istruzione«… curare e consolidare le compe-tenze e i saperi di base, irrinuncia-bili, perché sono le fondamenta per l’uso consapevole del sapere diffu-so…»; «… l’obiettivo della scuola è quello di formare saldamente ogni persona…»; «Valorizzando le com-petenze acquisite dagli allievi… gli insegnanti potranno costruire una sequenza di esperienze che nel lo-ro insieme consentano di sviluppare gli argomenti basilari di ogni setto-re scientifico.»; «… verifiche perio-diche e sistematiche dell’apprendi-mento…» Le basi, le fondamenta, la formazione salda, gli argomenti basilari: da queste frasi traspare che lo sguardo è rivolto al passato, nel tentativo di salvaguardare un nu-cleo di saperi consolidati che ha ca-

ratterizzato la storia dell’istruzione in Occidente. Come conciliare questo nucleo – in qualche misura “cristallizzato” – con l’esigenza di fluidità e di aper-tura che richiede la società globale? Come valorizzare il contributo di al-tre culture nella costruzione di un nuovo sapere condiviso, soprattutto in contesti, come è sempre più quel-lo della scuola primaria, in cui sono presenti bambini provenienti da Pa-esi e società molto diversi, che por-tano concretamente in classe altre lingue, storie, visioni del mondo? • la grande assenteSecondo le Indicazioni nazionali per il curricolo lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tut-ti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, eti-ci, spirituali, religiosi…. Si ricono-sce l’importanza del gruppo-classe come luogo accogliente in cui pro-muovere i legami cooperativi e im-parare insieme a gestire i conflit-ti…, ma nessun cenno viene fatto all’esigenza di imparare a vivere in modo “leggero” in un mondo che mostra ormai segni inequivo-cabili di trasformazione, in con-seguenza dell’impatto dell’uma-nità sui sistemi naturali. Il nostro pianeta, l’unico che abbiamo a di-sposizione (nonostante i costosi in-vestimenti che si continuano a de-stinare alle imprese spaziali), è la nostra unica dimora: ci accoglie al suo interno e fornisce tutto ciò che ci è necessario per vivere. Il proces-so di globalizzazione (che le Indica-zioni nazionali richiamano in alcu-

Intercultura- La didattica

Elena Camino

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Elena Camino, Istituto di Ricerche

Interdisciplinari sulla Sostenibilità

(www.iris.unito.it),Università di Torino

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ni punti) è intimamente connesso ai processi di trasformazione globale della Terra, che stanno modificando rapidamente le condizioni di abita-bilità del pianeta. Ma di questo non si fa cenno;• l’area scientificaLeggendo i Traguardi per lo svilup-po di competenze al termine della scuola primaria si scopre che sono promossi atteggiamenti di curiosi-tà, che vengono sviluppate capacità di osservare, descrivere, misurare e riprodurre con modelli fatti, organi-smi, modi di vivere di animali e ve-getali… Si richiama l’attenzione per il proprio corpo (la struttura, gli or-gani, il funzionamento); si sollecita rispetto e apprezzamento del valo-re dell’ambiente sociale e naturale. Traguardi del tutto analoghi a quelli del secolo scorso!Viene assunta e valorizzata la visio-ne tradizionale della Scienza, pre-sentata ancora come metodo di in-dagine fondato sull’osservazione dei fatti e sulla loro interpretazione: una scienza oggettivante, analitica e quantitativa, che tante responsa-bilità ha avuto – e continua ad ave-re – nel favorire la frammentazione del pensiero e dell’azione. Inoltre si propone ancora un modello di Scienza descrittiva e interpretativa,

mentre è ormai evidente che la mo-derna tecnoscienza ha assunto un carattere fortemente trasformativo e manipolativo. Le dichiarazioni espresse nelle pri-me pagine del documento (La scuo-la nel nuovo scenario) fanno pensare a una revisione profonda dei proces-si di insegnamento/apprendimento:«In un tempo molto breve, abbiamo vissuto il passaggio da una società relativamente stabile a una socie-tà caratterizzata da molteplici cam-biamenti e discontinuità. La scuola è perciò investita da una domanda che comprende, insieme, l’appren-dimento e “il saper stare al mon-do”».«Ogni specifico territorio possiede legami con le varie aree del mondo e con ciò stesso costituisce un mi-crocosmo che su scala locale ripro-duce opportunità, interazioni, ten-sioni, convivenze globali».Nonostante queste dichiarazioni, la formazione scientifica prevista per i bambini elude la necessità di una presa di coscienza della dipen-denza umana dai sistemi natura-li, dell’intreccio inestricabile tra i flussi di energia, materia e infor-mazione che attraversano tutti i livelli della vita, delle relazioni di interdipendenza che collegano modi di vivere e di agire umani in parti diverse del mondo, con esi-ti in grado di modificare profon-damente gli equilibri naturali e le relazioni sociali.

Quali competenze, dunque?Qualche indizio che potrebbe aiu-tare gli insegnanti a intraprendere percorsi formativi che – a partire dall’ambito scientifico – consen-tano di aprire lo sguardo in una prospettiva inter- e trans-disci-plinare si coglie, sempre leggendo le Indicazioni nazionali, a pagina 66: «In rapporto all’età e con richiami graduali lungo tutto l’arco degli an-ni scolastici fino alla scuola secon-daria, dovranno essere focalizzati alcuni grandi organizzatori con-

cettuali quali: causa/effetto, siste-ma, stato/trasformazione, equili-brio, energia ecc.».Proviamo allora a partire da lì, in-ventando percorsi nuovi grazie ai quali insegnanti e allievi possano esplorare il mondo, ed esplorare se stessi, utilizzando questi organiz-zatori concettuali. Dati i limiti di spazio propongo un solo esempio, a partire dal concetto di sistema (Scheda 1). Ma ogni organizzatore concettuale si presta a esplorare il mondo e a promuovere nei bambi-ni competenze utili a “stare al mon-do”.

Il sistema globaleUna parte dell’umanità – grazie al-la sua ricchezza, alle conoscenze ac-quisite, al potere che esercita – sta trasformando le espressioni di vita sul nostro pianeta. Non si tratta solo di consumare risorse e di produrre rifiuti, ma di alterare, in modi rapidi e con esiti sconosciuti, quei mecca-nismi che nel corso dell’evoluzione hanno prodotto i sistemi con cui noi ora interagiamo o di cui siamo fatti: gli ecosistemi in cui le società si in-sediano (boschi, pianure, coste…), i corpi grazie ai quali realizziamo la nostra identità, la pluralità di or-ganismi (gli ecosistemi) con i qua-li stabiliamo di continuo rapporti di competizione o di alleanza… È urgente e prioritario che la scuola promuova lo sviluppo di una consa-pevolezza dell’inestricabile intreccio e delle relazioni di interdipendenza tra l’umanità e i sistemi naturali, e offra ai bambini di oggi gli strumen-ti concettuali, la sensibilità affettiva, le capacità relazionali per esprimer-si – sistemi dentro altri sistemi – in modo meno distruttivo all’interno di Gaia, la nostra Madre Terra.

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Approfondimenti

Il sistema come definizione Di solito pensiamo ai sistemi a livello macroscopico. L’ecosistema, ad esempio, è un concetto trattato in tutti i programmi, e i libri di testo ne forniscono una definizione consolidata. Con i bambini possiamo affrontare l’argomento in tanti modi. Quel-lo più tradizionale consiste forse nel leggere insieme a loro la definizione fornita dal libro di testo. Se vogliamo in qualche misura prepararci ad approfondire quello che un libro per bambini offre, possiamo cercare informazioni e spunti anche sui siti web(uno per tutti, Wikipedia). Anche se – lo sappiamo – molti insegnanti tendono a insegnare le Scienze più favorendo l’apprendimento del linguaggio scientifico, che incoraggiando l’attitudine a porsi domande, a formulare interpretazioni personali e proponendo riflessioni critiche, possiamo decidere di ridurre il carico lessicale. Interrogando un motore di ricerca su “ecosistema definizione per bambini”; ecco alcuni esempi di ciò che troviamo:• È un ambiente in cui ci sono organismi animali e vegetali, aria, acqua, terreno, luce e calore del sole che interagiscono tra lo-ro: ogni elemento entra in relazione con gli altri1;• L’ecosistema è costituito dall’insieme di tutti gli esseri viventi di un determinato ambiente fisico e delle relazioni che intercor-rono sia tra loro che tra loro e l’ambiente fisico2. Se l’intervento dell’insegnante si limita a proporre questa definizione, magari arricchendola di esempi (animali come il co-niglio, la talpa, la zanzara…), l’immagine che i bambini costruiscono nella mente è quella di un contenitore (un ambiente delimitato, chiuso) dentro al quale ci sono degli oggetti (organismi, esseri viventi, acqua, aria…) collegati tra di loro, dei pro-dotti, quindi, come pezzi di Lego, frammenti di puzzle, da incastrare gli uni accanto agli altri per comporre il quadro gene-rale.

L’ecosistema da concetto a strumento concettualePur partendo dalla definizione, possiamo sollecitare i bambini a porre delle domande, proporre correzioni e integrazioni, of-frire prospettive diverse (secondo le Indicazioni nazionali: «… favorire la presenza simultanea di molti e diversi codici; rea-lizzare percorsi formativi rispondenti alle inclinazioni personali; favorire l’autonomia di pensiero…»). Ecco alcune domande: Come si fa a stabilire i confini di un ecosistema? E chi lo fa? I confini sono chiusi o porosi? Gli elemen-ti di un ecosistema sono elementi fissi, o piuttosto dei “processi” che si trasformano nel tempo? Che cosa hanno a che fare i processi con le relazioni? Gli ecosistemi cambiano con il passare del tempo? O sono i loro componenti che si trasformano? Che tipi di relazioni si possono trovare tra elementi di un ecosistema? Se da un ecosistema scompare qualche elemento, o ne arriva uno nuovo, che cosa succede? Tutti sono ugualmente importanti oppure no? Che dimensioni può avere un ecosistema? Possiamo dunque arricchire il concetto di ecosistema attraverso la discussione e con il contributo dei bambini, fino a tra-sformarlo in uno strumento concettuale: uno strumento cioè che possiamo applicare al di fuori del contesto in cui l’abbiamo imparato (e in cui storicamente è stato inventato) per esplorare altri ambiti del mondo naturale.

Esplorare una varietà di scale spaziali. Come suggeriscono alcune ricercatrici in Didattica delle Scienze (Gambini et alii, 20083), scorze e cortecce sono considera-te dalla maggior parte delle persone come rivestimenti contro il freddo, talvolta come protezioni contro l’intrusione di inset-ti. Ma le possiamo considerare anch’esse dei veri e propri ecosistemi che pullulano di relazioni. L’oggetto della vita quoti-diana, il pezzo di corteccia qualunque, diventa oggetto di studio, di lavoro intellettuale e può così trasformarsi in oggetto culturale.Possiamo guardarci intorno e cercare con i bambini di far emergere la natura di ecosistemi di oggetti che di solito vengono visti sotto prospettive diverse. E lo possiamo fare proponendo attività coinvolgenti: ad esempio, possiamo proporre uno schie-ramento chiedendo loro di prendere posizione rispetto all’affermazione «un corpo umano è un ecosistema»4. A partire da una varietà di possibili posizioni, possiamo arrivare ad acquisire una consapevolezza maggiore del nostro corpo e della sua natura complessa, transitoria e pluri-abitata.

La natura sistemica del viventeDal concetto di ecosistema possiamo passare a quello, più generale, di sistema, e applicarlo, di nuovo come strumento con-cettuale, a scale spaziali diverse. L’idea di cellula, trasferita direttamente dai disegni ottocenteschi derivanti dall’osservazio-ne al microscopio fino alle immagini colorate e tridimensionali dei nostri tempi, continua ad avere l’aspetto di un grosso contenitore chiuso: tutto avviene al suo interno, al punto che l’ambiente esterno non viene neppure tratteggiato. Con il pas-sare degli anni, semplicemente, si sono aggiunti elementi che vanno a stipare sempre più i disegni, e a mettere alla prova le capacità di memoria dei bambini.

1 http://www.cadnet.marche.it/nostrolibro/3/scienze/ecosistema.htm2 http://www.atuttascuola.it/risorse/scuola_elementare/ecosistema.htm3 A. Gambini, A. Pezzotti, A. Broglia, “Sussidiari ed esperienze didattiche di tipo pratico: due modi contrapposti con cui affrontare a scuola la complessità dei temi ambientali”, XVIII Congresso Nazionale di Ecologia, Parma 20084 A. Giordan, Le corps humain, la première merveille du monde, Lattès, 1999

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Se proviamo a “vedere” la cellula come un sistema, ci possiamo rendere conto che:• si tratta di un mondo in continuo movimento, in cui le strutture che vengono disegnate come oggetti stabili sono in realtà in continua costruzione, movimento, trasformazione, dialogo;• ogni parte della cellula influisce sulle altre e ne è influenzata;• l’identità di una cellula è l’espressione – istante dopo istante – dell’insieme di milioni di processi di interazione, la maggior parte dei quali a noi totalmente sconosciuti;• parte essenziale del sistema-cellula è la fitta rete di scambi con il mondo esterno, grazie al quale la cellula non solo si nu-tre, respira, espelle i prodotti metabolici, ma anche sa orientarsi, sa con chi ha a che fare e come comportarsi, sa come re-agire (nella misura in cui le è possibile) alle perturbazioni dei sistemi esterni – altre cellule, un organismo che la contenga, altre realtà più lontane. Ogni cellula ha dunque un’intensa vita di relazione ed ha la straordinaria capacità di mantenere la propria identità pur tra-sformandosi continuamente grazie al flusso di materia, energia e informazioni che scambia con il mondo esterno… proprio come ciascuno di noi, o come un ecosistema.

Confrontare naturale e artificialeRagionare con i bambini in termini di sistema ci permette di approfondire il confronto tra viventi e oggetti costruiti dall’uo-mo. Possiamo arrivare così a scoprire che – dove è presente la vita (in una cellula, in un fiore, o un prato, o un bosco…) i sistemi viventi sono tutti aperti, e scambiano materiali, energia, informazioni tra loro e con l’ambiente che li accoglie. Inoltre tutti contengono in sé alcune straordinarie capacità, grazie alle quali continuamente si autocostruiscono5 integrando le in-formazioni che contengono con la situazione in cui si trovano di volta in volta a vivere. Gli oggetti costruiti dall’uomo, invece, sono fatti da pezzi che qualcuno deve montare seguendo istruzioni esterne agli og-getti stessi, e i loro scambi con l’ambiente esterno sono governati da soggetti esterni. A differenza dei viventi, possono es-sere molto complicati, ma il più delle volte non sono complessi.

Verso forme di conoscenza aperte e umiliAiutare i bambini a sviluppare strumenti concettuali li rende sicuramente più pronti a capire e a interiorizzare nuove cono-scenze e nuove visioni che la Scienza propone, a esplorarle con spirito curioso e critico, a ridurre la propensione all’ogget-tivazione e cristallizzazione, e a prendere coscienza dei limiti del sapere umano. Un recente numero di «Science» (vol. 342, 6 dicembre 2013) dal titolo Cells go solo (che si potrebbe tradurre come Le cellule come voci soliste) ci fornisce un esempio utile. Di recente – raccontano gli autori – è stato possibile monitorare eventi in singole cellule e si è visto, ad esempio, che in al-cune cellule (ma non in altre dello stesso tipo) il passaggio delle informazioni genetiche dal nucleo al citoplasma può esse-re intermittente. Alcuni risultati fanno pensare che certe caratteristiche strutturali di singole cellule (la forma del citosche-letro, la contiguità con altre cellule) impongano dei vincoli alle possibilità espressive delle cellule stesse. Inoltre l’attivazione della sintesi proteica (cioè la costruzione di parti di sé della cellula) può esibire un andamento pulsante: un aspetto che non era mai stato evidenziato studiando popolazioni cellulari. Con parole più semplici, che cosa ci dicono questi scienziati? Ci dicono che ogni cellula ha una sua identità unica, comples-sa, mutevole, in grande misura a noi sconosciuta, che si manifesta attraverso il continuo dialogo tra le sue parti e con l’am-biente esterno. Altro che “sacchettino pieno di oggetti”, come raffigurato nei disegni dei libri di testo! Esplorando l’ambien-te sempre più piccolo, il mondo a noi invisibile, invece di trovare elementi sempre più semplici assemblati insieme, troviamo nuovi mondi di complessità inafferrabile. Forme di vita che funzionano come noi, che continuiamo a essere sconosciuti a noi stessi. Forme di vita che meritano di suscitare ammirazione e rispetto.

   

5 Secondo il concetto introdotto da H. Maturana e F. Varela di “auto poiesi”, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio, 1985

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Attività con approccio “ludicompetente”

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Un obiettivo centrale di un pro-getto educativo-didattico che

voglia favorire l’incontro intercultu-rale e rendere tutti gli alunni com-petenti risulta essere quello di ren-dere la scuola, la classe e il gruppo, comunità di apprendimento all’in-terno delle quali ciascuno possa percepire e vivere, in situazioni au-tentiche, un senso di appartenen-za e un coinvolgimento diretto ri-spetto a obiettivi condivisi, con un progressivo e apprezzabile passag-gio dall’“io” al “noi”. In questa pro-spettiva le competenze del comu-nicare, partecipare e collaborare risultano ambiti trasversali nel-la quasi totalità delle esperienze di apprendimento, sia in contesto scolastico sia extrascolastico, con la conseguente necessità per l’inse-gnante di trovare occasioni signifi-cative per promuoverle.A questo scopo potrà essere strate-gico utilizzare il gioco per valoriz-zarlo, indirizzarlo e potenziarlo in termini più esplicitamente educati-vi e cooperativi e per promuovere la costruzione e ricostruzione verbale,

cognitiva e metacognitiva di azio-ni e strategie impiegate nelle attivi-tà ludiche, ma anche per consentire all’insegnante di osservare e coglie-re, nelle differenti situazioni, trat-ti d’identità personale e autostima come esito di un confronto positi-vamente dialogico con l’altro da sé, profili multidimensionali di gruppo e/o eventuali difficoltà a livello so-ciale e comunicativo. Collegati agli obiettivi di cui sopra, proponiamo a seguire, a titolo esem-plificativo, alcuni giochi cooperativi con riferimenti metodologici a:• situazioni autentiche per la pro-mozione di competenze comuni-cative, linguistiche e metalingui-stiche funzionali alla realizzazione dei giochi, con stimoli differenziati per rispondere alle diverse capaci-tà e bisogni presenti all’interno del gruppo-classe;• la promozione di abilità di ascol-to, condivisione di esperienze, at-tenzione selettiva, concentrazio-ne, memoria e metamemoria;• stimoli per riflettere -pre, -in e -post azione per il potenziamento dell’elaborazione cognitiva e me-tacognitiva delle azioni, con un fo-cus sulla consapevolezza di schemi e strategie attivati e sulla conside-razione di possibili esiti e varia-zioni rispetto a iter inizialmente pensati;• possibili sviluppi per creare un le-game e richiamo virtuoso tra gio-co e apprendimento;• ricerca di transfer di quanto ap-preso in altri contesti e autovaluta-zione.

Giochi per conoscere e per conoscerci In un primo gioco, che potrà vedere il gruppo seduto in cerchio, potrem-mo proporre a due o tre bambini di collocarsi al centro di questo. Invi-teremo gli altri alunni, in coppia, a trovare una caratteristica che possa accomunare questi compagni. Ini-zialmente potranno essere scelti cri-teri più immediati (ad esempio, ca-ratteristiche fisiche, nome, iniziali ecc.) per poi cercare – anche ponen-do domande – di individuare aspet-ti meno evidenti (ad esempio, gusti personali, attività preferite e non, aspetti del carattere ecc.), allo scopo di attivare una più profonda cono-scenza reciproca. Per gli alunni non italofoni l’attività potrà essere molto utile per incon-trare, memorizzare e/o consolida-re in una situazione comunicativa motivante gli esponenti linguisti-ci utili (strutture e lessico) per la descrizione fisica di persone e per porre e rispondere a domande su aspetti personali. Esempio: Manuela e Antonella han-no i capelli neri e gli occhi marroni… Francesco, Stefano e Antonio abita-no in via Europa… Io e Marco siamo amici… Noi giochiamo a basket…Dove abitate? Qual è la vostra attività preferita? Avete un fratello? Quando è il vostro compleanno? Venite a scuola a piedi / in autobus / in auto…? Sai usare lo skateboard?…Il gioco sarà inoltre un’occasione piacevole e stimolante anche per la produzione orale in quanto per-metterà a ciascuno di dare il proprio

Intercultura- Italiano come L2

Monica Oppici

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contributo alla conoscenza recipro-ca, con il nostro eventuale supporto linguistico, se necessario.In un secondo gioco invitiamo ogni bambino a disegnare su un carton-cino il proprio soggetto preferito ri-spetto a un determinato ambito (ad esempio, attività scolastiche, atti-vità del tempo libero, libri e lettu-re, animali, cibi, colori, aspetti del carattere, punti di forza e di debo-lezza ecc.), tenendolo segreto. Una volta ritirati i cartoncini, potremo annotare su di un foglio soggetto e nome di ciascuno, in modo da po-ter ricordare i diversi abbinamenti e un bambino, a turno, potrà pren-dere un cartoncino per poi cercare di individuarne il possibile autore. Sarà importante in questo caso sti-molare l’attenzione del gruppo-clas-se sulle possibili “mosse” da met-tere in campo per trovare insieme strategie funzionali a conseguire l’obiettivo del gioco – e, dal nostro punto di vista, per imparare a im-parare. Tra queste potrà emergere il non indovinare a caso, per far inve-ce riferimento a conoscenze, ricordi ed esperienze, oltre che all’utilità di attivare inferenze, andando a cer-care e raccogliere informazioni non immediatamente esplicite per creare legami tra dati apparentemente non visibili e/o collegate tra loro. Per potenziare la memorizzazio-ne, ma soprattutto lo sviluppo di strategie di metamemoria, po-tremo infine cercare di rendere vi-sibile in situazione l’importanza di ricordare i tentativi precedenti fat-

ti da altri compagni e le risposte via via date per trovare la corretta asso-ciazione richiesta dal gioco. Alcu-ne domande-guida potranno aiutare questa rielaborazione: Come possiamo ricordare le diverse informazioni che ci danno i compa-gni? Troviamo insieme una strategia? Come avete fatto? Tu come hai fatto? Prova a spiegarlo ai compagni…A questo punto, il bambino chia-mato a individuare l’autore del car-toncino-soggetto, dopo aver detto il nome del presunto autore, sarà in-vitato a verbalizzare e ad argomen-tare le ragioni della sua scelta. Il/la compagno/a chiamato/a potrà, da parte sua, confermare se la risposta sia corretta, aggiungendo anche al-tre motivazioni per la propria op-zione, oppure comunicare il proprio soggetto con le relative motivazio-ni (ad esempio, No, la mia attività preferita è Arte perché posso dipinge-re mentre a casa non posso farlo… / Il mio libro preferito non è “Harry Pot-ter”, ma “Matilda” perché…).Per gli alunni non italofoni l’ascol-to delle risposte sarà di nuovo molto utile per riprendere strutture e les-sico, per poi dare anche qui il pro-prio contributo, avvantaggiandosi di modelli comunicativi ascoltati e memorizzati.A seguire potrà essere interessante spiegare, motivare e condividere le modalità di pensiero e azione scelte, con il richiamo e la rielaborazione di ricordi di esperienze scolastiche e non svolte insieme, ma anche con la comunicazione di reciproche sco-

perte che potremo poi riprendere in testi cooperativi che intitolere-mo Incontri e incroci di amici. In questo ambito ogni bambino potrà scegliere uno o più compagni e re-digere una descrizione degli aspetti comuni, con l’utilizzo di forme mor-fosintattiche e lessicali collegate ai diversi livelli di abilità. Esempi: Io credevo che Andrea fosse appassionato solo di sport. Oggi ho scoperto però che ama anche legge-re libri fantasy... Questo genere di li-bri è il preferito anche per Stefano e Francesco. / Ad Alejandra piace col-lezionare piccoli draghi. Oggi ho sco-perto che li colleziona perché il dra-go è un animale simbolo Maya. Xiao l’anno scorso ci ha raccontato alcune tradizioni cinesi collegate alla figura del drago ed io ho raccontato una leg-genda sui draghi che mi aveva detto la mia nonna che vive a Bormio… Il drago è il nostro elemento comune… / A me piace molto il calcio. A Mimmo piace giocare a calcio. Anche a Nino piace giocare a calcio. Noi giochiamo insieme a calcio ogni giorno in corti-le… Al termine dei gioco, per aiutare il gruppo e ogni alunno a implemen-tare• le capacità di imparare a impa-rare• l’autoregolazione pre e post-azione• la rielaborazione sul piano me-tacognitivo delle esperienze e de-gli step che li hanno portati a de-terminati risultati potremo utilmente riprendere i pas-saggi del gioco, ma anche le rifles-sioni preliminari alle attività ludi-che (Testo 1), per verificare insieme le nostre ipotesi e strategie iniziali e per renderci consapevoli di con-quiste e difficoltà e autovalutare quanto appreso.

Monica OppiciDocente e formatore

• Vi sono piaciuti questi giochi? Perché?• Quale gioco avete preferito?• Quale gioco (o parte del gioco) è stato difficile, secondo voi? • Che cosa vi ha aiutato?• Durante il gioco che cosa vi è stato utile ricordare?• Che cosa avete imparato su voi stessi in questi giochi?• Che cosa avete imparato su altri compagni in questi giochi?• In quali situazioni secondo voi potrà esservi utile ciò che avete imparato in questi giochi?

• . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Testo 1

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di comunicazione, è un organizzatore della realtà: l’esperienza, quando è ver-balizzata, si articola in soggetti, oggetti, azioni, in tempi e luoghi. Acquista co-sì un ordine che ne permette l’interpre-tazione in termini logici. Ma il vissuto non è solo un sistema di eventi, è an-che il prodotto di un’esperienza emoti-va che ognuno vive in modo non sempre consapevole. Per questo l’attenzione al-le modalità espressive di ogni alunno non deve essere mai disattesa, soprattutto nei casi in cui le difficoltà linguistiche rendo-no difficile la comprensione dei messaggi verbali.

Rafforzamentodel patrimonio lessicaleSecondo noi, l’attenzione deve essere po-sta soprattutto sul patrimonio lessicale, prima ancora che sulla complessità sintat-tica. Conoscere parole significa prendere consapevolezza dell’esistenza di ciò che è nominato. Anche da un punto di vista di-dattico è importante, quindi, valorizzare e arricchire il patrimonio semantico di ogni bambino. L’apprendimento di nuove pa-role non è semplicemente un fatto lega-to alle potenzialità mnestiche dei fanciulli, ma implica complessi processi cognitivi che permettono l’associazione tra suo-no della parola e significato. Per S. D’Amico e A. De Vescovi ogni bam-bino è dotato di architetture cognitive che gli permettono d’individuare relazioni tra il suono della parola e l’arbitrarietà del si-gnificato. Tali forme mentis sono: a) il principio della mutua esclusività, secondo il quale ogni bambino associa a ogni referente un solo nome;b) il principio dell’attribuzione rapida del significato, che permette l’associazio-

In classe ho un bambino che ha difficoltà ad esprimersi

Lorenzo ha 8 anni. È un bambino che mostra difficoltà linguistiche ed è

spesso aggressivo.

Le insegnanti, in accordo con la famiglia, ri-feriscono che il bambino incontra ancora no-tevoli difficoltà nel leggere e nello scrivere sia a livello strumentale sia a livello funzio-nale. Non è in grado di argomentare, narrare e descrivere in maniera adeguata rispetto ai coetanei. Di conseguenza ha serie difficoltà a porsi in relazione quando ricorre al codice linguistico sia con i compagni di classe, sia con gli adulti. Non riesce a intervenire nelle conversazioni in classe. La lettura è incer-ta, difficilmente comprende ciò che legge: ha difficoltà a distinguere le scene entro cui si svolgono le storie, a individuare i personag-gi principali, a comprendere chiaramente i messaggi.

E. Baraldi, L. Brugioni, G. Zucchi, I. Folloni, Valutare nella classe 3a, «Oggiscuola»,

n. 10, novembre 1989, p. 52

Lorenzo ha difficoltà d’espressione, sia orale sia scritta. Occorre quindi una par-ticolare attenzione nella quotidianità della vita di classe, per offrirgli opportunità che gli permettano di giungere a un successo formativo adeguato alle sue capacità. Quando si parla di bisogni educativi spe-ciali è importante, nell’elaborazione di iti-nerari didattici personalizzati, non dimen-ticare le strette correlazioni tra capacità narrativa e condizioni psicologiche non funzionali nei fanciulli e negli adolescen-ti. Vi è spesso una relazione stretta tra problemi comportamentali e la diffi-coltà a esprimersi. La povertà di alfabeti, anche emotivi, non permette la rielabora-zione razionale dell’esperienza. Il codice linguistico, prima ancora che un mezzo

BES

Simone Consegnati

Anna Maria Forini

Teresa Natale

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Ulteriore materiale

è a disposizione nel sito

www.lascuola.it

nella sezione RIVISTE

www

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scorso, caratterizzato dalle relazioni psicologiche tra cause agenti, mo-tivazioni e fini. L’importanza della narrazione è data dal fatto che es-sa è una mappa cognitiva che agevo-la la comprensione delle dinamiche pragmatiche della comunicazione, favorisce i processi di adattamento sociale e la capacità di negoziazio-ne del Sé come immagine pubblica2.In pratica, possiamo ricorrere alle fiabe traducendole in significati-vi strumenti di recupero non solo psicologico. In queste pagine pro-poniamo alcune attività (Schede di-sponibili nelle Risorse 1-2-3-4) ri-ferendoci alla fiaba di Cappuccetto Rosso (Testo 1 a pag. 20), conosciu-ta da molti bambini. Il ricorso a un racconto già noto permette all’alun-no in difficoltà di ridurre l’ansia e di economizzare nello sforzo di com-prensione dei significati, nella me-morizzazione di sequenze narrative, nel riconoscimento di personaggi, nell’individuazione di ambienti e luoghi.Dopo aver letto il racconto, possia-mo proporre ai nostri alunni diverse attività, relative a:• il rafforzamento della capaci-tà di ordinare sequenze in ordine temporale;• il potenziamento del patrimonio lessicale e della correttezza orto-grafica. Potremmo proporre ulteriori atti-vità, introducendo l’insieme delle parole che si riferiscono alla fauna e alla flora del bosco, all’uso di do-mande-guida per ricostruire il rac-conto, all’ideazione creativa e im-maginativa di un altro finale…

pacità che, attraverso la loro azio-ne sinergica, permettono la costru-zione di strutture in cui gli eventi, le azioni (compiute o probabili) e le motivazioni che le orientano, le riflessioni e l’emotività che appar-tiene a ogni individuo, si organiz-zano in costrutti consequenziali, logici e significativi.In uno studio di A. Pranu, A. Pre-ti, D.R. Petretto, C. Masala, si con-fermano le potenzialità terapeutiche e l’applicabilità in ambito educati-vo della fiaba, come forma narrati-va intrinseca alle strutture culturali e come racconto legato all’immagi-nifico. Non poche, inoltre, sono le potenzialità didattiche della fiaba, strumentale all’ampliamento del patrimonio semantico e all’acquisi-zione della competenza narrativa, ovvero della capacità di gestire, in modo articolato e creativo, le strut-ture linguistiche, contestualizzando le azioni negli eventi, cioè nella se-quenzialità logica dei fatti in un di-

ne tra il nuovo oggetto con la parola non conosciuta;c) il vincolo dell’oggetto integro, per il quale ogni nome viene dato all’inte-ro oggetto e non a parti di esso;d) il vincolo tassonomico, per il quale ogni nuovo nome viene inclu-so in una categoria1.

Rafforzamento delle capacità narrativeOltre all’arricchimento dei magaz-zini semantici, possiamo lavorare sul rafforzamento di altre capacità, quelle legate alle potenzialità nar-rative del soggetto con svantaggio scolastico e in situazione di disagio scolastico. Il disagio, nelle sue diverse forme, può esprimersi attraverso il raccon-to assumendo forme metaforiche che, alla sensibilità dell’insegnante, non devono passare inosservate. La narrazione è infatti un’attività co-gnitiva complessa, resa possibile dalla partecipazione di diverse ca-

Simone ConsegnatiAnna Maria Forini

Teresa NataleUniversità LUMSA di Roma

1 S. D’amico, A. De Vescovi, Comunicazione e linguaggio nei bambini, Carocci, Roma 2003, p. 622 A. Pranu, A. Preti, D.R. Petretto, C. Masa-la, La fiaba: prospettive storiche, educative e terapeutiche della competenza narrativa, in «Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza» n. 2, vol. 73, 2006, pp. 343-354.

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C’era una volta una bambina che indossava sempre una mantellina con il cappuccio di colore rosso che le

aveva fatto la sua nonna, così tutti i vicini la chiamavano Cappuccetto Rosso.Un giorno la mamma le disse di portare un cestino con una focaccia e una bottiglia di vino alla nonna che abitava al di là del bosco e le raccomandò più volte di stare attenta lungo la strada e di comportarsi bene dalla nonna. Cappuccetto Rosso uscì di casa con il cestino in mano e si inoltrò nel bosco. Dopo una mezz’oretta di cammino, Cappuccetto Rosso incontrò un lupo, ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura. Il lupo le chiese dove stava andando, la piccola rispose che andava dalla nonna e gli spiegò dove abitava. Su invito del lupo, la bimba si soffermò poi a accogliere dei fiorellini, mentre il lupo andò di corsa a casa della nonna. Facendo la vocina come se fosse la nipotina, si fece dire come aprire, entrò e in un sol boccone la mangiò. Poi indossò la sua camicia da notte, la cuffietta e si infilò sotto le coperte ad aspettare Cappuccetto Rosso. Quando questa arrivò, guardò con meraviglia la sua non-nina, che le sembrava avere le mani grandi, le orecchie

grandi e anche la bocca; e fu con la bocca che il lupo fa-cendo un balzo la inghiottì. Fatto il suo buon pasto il lupo doveva tornare nel bosco, ma era talmente pieno che de-cise di fermarsi a fare un pisolino. Nel frattempo proprio vicino alla casetta passava un cac-ciatore che fu attirato dal forte russare del lupo e decise di entrare. Appena lo vide dormire sul letto, con il pancione e la bocca aperta, s’immaginò tutto. Subito prese delle forbi-ci e iniziò a tagliare la pancia del lupo, prima uscì Cappuc-cetto Rosso e dopo la nonna. Cappuccetto decise di farla pagare al lupo, così prese del-le grosse pietre che il cacciatore infilò dentro la pancia del lupo e la ricucì. Quando egli si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano così pesanti che subito s’accasciò e cadde morto.Erano contenti tutti e tre: il cacciatore scuoiò il lupo e si portò via la pelle; la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che aveva portato Cappuccetto Rosso, e si rianimò; ma Cappuccetto Rosso pensava che non avrebbe più disob-bedito alla mamma.

https://sites.google.com/site/ifiabesperti/la-scquola/cappuccetto, riassunto, visitato il giorno 1 novembre 2013, ore 22,06

Testo 1

Cappuccetto Rosso

IN ATTESA DI DISEGNI DA LUCA DA INSERIRE IN TESTO 1

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L’angolo dellopsicologo Fuga

nel virtuale

Maria Chiara Fiorin

Nome Cognometesto da inserire

Maria Chiara FiorinPsicoterapeuta

[email protected]

Il caso

Mario, 9 anni, è dotato di un’in-telligenza intuitiva. Apprende

facilmente e ha buone capacità logi-che, per questo è abituato ad aspettar-si buoni risultati immediati. Tuttavia, quando deve impegnarsi con eserci-zi e prove ripetute, mostra difficoltà a tollerare la frustrazione, con rica-dute sulla propria autostima. Si sente stupido e incapace e preferisce rinun-ciare al compito, dichiarando con rab-bia il proprio disinteresse e ritirando-si nell’uso compulsivo dei videogiochi. Nel mondo virtuale, infatti, ritrova il controllo e la sensazione di competen-za personale.

La riflessioneL’apprendimento, come si sa, pas-sa spesso attraverso una ripeti-zione di tentativi ed errori, prima di trovare la giusta soluzione o ri-sposta. Questo implica la capaci-tà di tollerare la frustrazione e di riconoscere i propri limiti, senza sentire minacciato il valore per-sonale. Alcuni bambini, come Ma-rio, sono abituati a ricevere conti-nui rinforzi da parte dell’ambiente

esterno, rispetto alle proprie capaci-tà, perché molto lodati proprio per le loro performance, piuttosto che per la fatica e l’impegno nel proces-so di apprendimento. La realtà che li circonda appare molto sensibile ai risultati, in base ai quali viene stabi-lito il livello del valore personale. In questa logica, però, solo chi riesce, può sentirsi capace, mentre chi, pur sforzandosi e applicandosi, arriva a un risultato parziale, o addirittura nullo, avverte su di sé l’incombere del fallimento.Anche il sistema dei videogiochi funziona in questa modalità di ti-po “tutto o nulla”, per cui o si vin-ce o, di solito, si muore. Sorprende però che bambini come Mario, che nella vita reale faticano a sopporta-re la ripetizione e l’errore, quando si dedicano al videogioco, impieghino molta tenacia ed energia nel ripetere fino allo sfinimento le stesse azioni, pur di riuscire a dominare il livello e poterlo così superare. Che cosa cambia tra la situazio-ne reale e quella virtuale? Ciò che sembra costituire un fattore pro-tettivo rispetto all’ansia da presta-zione è la mancanza di un osser-vatore esterno. Quando il bambino gioca, si trova proiettato in una re-altà di fantasia in cui non teme le aspettative o il giudizio degli adulti. Il piccolo è libero di sperimentarsi con i propri limiti e si sente incorag-giato dalla curiosità a scoprire come procede il gioco. Anche questo ele-mento sembra essere fondamentale nell’alimentare la capacità di persi-stenza;, infatti, la dimensione ludi-

ca riconsegna al piccolo il piace-re di imparare, senza rendersene conto. Spesso di parla delle nuove tecnolo-gie pensando ai rischi che compor-tano, come la dipendenza da un si-stema premiante privo di relazioni e quindi il timore che possa portare a un allontanamento dalla realtà rea-le faticosa, per rifugiarsi in un vir-tuale dove domina l’onnipotenza. Si tratta di rischi concreti, che vanno prevenuti attraverso un’educazione all’uso delle tecnologie e una pre-venzione dell’abuso. Accanto a questi aspetti, tuttavia, vale la pena soffermarsi a riflettere su che cosa renda così attraenti que-sti sistemi e in che modo possano es-sere utilizzati in funzione dell’ap-prendimento, come strumento di potenziamento, riparazione delle fragilità narcisistiche e anche fat-tore motivazionale, specialmente per quei bambini, come Mario, che fanno fatica a investire i tradizionali modelli di insegnamento.

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Competenzeeuropee e discipline

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Competenze sociali e civiche

Mario Castoldi

Focalizzando l’attenzione sulla di-namica collaborativa sottesa a que-sto ambito di competenza si eviden-zia in primo luogo la condivisione degli scopi, che evidenzia la capa-cità di sentirsi parte di un gruppo e di condividere traguardi e proget-ti con gli altri componenti. Vi è poi l’organizzazione del lavoro coope-rativo, che richiama la capacità di interagire in funzione di uno scopo

comune: articolazione dei ruoli, de-finizione dei compiti, modalità di comunicazione interna ed esterna al gruppo, processi decisionali ecc.I processi di co-elaborazione pon-gono l’attenzione sulla dinamica re-lazionale attraverso cui si sviluppa il lavoro cooperativo e riguardano il ri-spetto dei ruoli e delle regole, la con-siderazione dei diversi punti di vista, la gestione della conflittualità, la sin-

tesi dei diversi contributi ecc. I diver-si elementi considerati richiedono di essere sottoposti a monitoraggio e regolazione, ovvero di essere tenuti sotto controllo e revisionati in fun-zione degli scopi del gruppo, attra-verso un costante processo di adatta-mento in itinere dei comportamenti individuali e collettivi.Evidentemente ciò che abbiamo evidenziato può essere osserva-to a livello di dinamica di gruppo complessiva, ma anche a livello in-dividuale, per riconoscere in quale misura il singolo adotta comporta-menti cooperativi. Da quest’ultima prospettiva acquista rilievo l’auto-stima, ovvero la considerazione di se stesso nella relazione con gli al-tri, e l’accettazione della diversità, condizione strutturale della dinami-ca relazionale da riconoscere in rap-porto alla diversità sessuale, di ca-pacità, etnica, religiosa ecc.

Mario CastoldiUniversità degli Studi di Torino

Analisi dei processi-chiave

Accettazione della diversità

Co-elaborazione

Monitoraggioe regolazione

Autostima

Condivisione scopi

Organizzazione del lavoro cooperativo

Dalla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006: Includono competenze personali, interpersonali e interculturali e riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate, come anche a ri-solvere i conflitti ove ciò sia necessario. La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno alla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopoli-tici e all’impegno a una partecipazione attiva e democratica.

Dal Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione – Indicazioni na-zionali 2012:Ha cura e rispetto di sé, come presupposto di un sano e corretto stile di vita. Assimila il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile. Ha attenzione per le funzioni pubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui questo può avvenire: momenti educativi informali e non for-mali, esposizione pubblica del proprio lavoro, occasioni rituali nelle comunità che frequenta, azio-ni di solidarietà, manifestazioni sportive non agonistiche, volontariato ecc.

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segue da p. 10

Strategie didattiche complementari alla classe capovolta• M. Gentile, Differenziare l’apprendimento nel contesto della classe, «L’educatore» (2008), pp. 44-47• M. Gentile, La classe capovolta, «Scuola Italiana Moderna», (a. 121) 1 (2013), pp. 10-11 • M. Gentile, F. Pisanu, S. Tabarelli, Personalizzare l’apprendimento nel contesto della classe, Provincia Autonoma di Trento, Trento 2012• C.A. Tomlinson, The differentiated classroom. Responding to the needs of all learners, Alexandria 2003, VA-ASCD

Compiti a casa• Effetti dei compiti a casa sull’apprendimento e gli abiti mentali:http://www.successoformativo.it/download.php?view.4• Il mito dei compiti a casa:http://www.alfiekohn.org/teaching/edweek/homework.htmhttp://www.alfiekohn.org/books/hm.htm

Discussioni in rete• I migliori post sulla classe capovolta:http://larryferlazzo.edublogs.org/2012/08/11/the-best-posts-on-the-flipped-classroom-idea/• Pro e contro della classe capovolta:http://www.edutopia.org/blog/flipped-classroom-pro-and-con-mary-beth-hertz• Buone pratiche della classe capovolta:http://blogs.edweek.org/teachers/classroom_qa_with_larry_ferlazzo/2013/12/response_to_flip_or_not_to_flip_a_classroom_-_that_is_the_question.html• Gruppo Facebook sul tema della classe capovolta:https://www.facebook.com/groups/laclassecapovolta/• Tutti i lunedì una chat su Twitter dedicata alla flipped classroom:hashtag #flipclass

Sitografia e Bibliografia

• C. Cangià, Teoria e pratica della comunicazione multimediale, Multidea e Tut-toscuola, Roma 2013• C. Cangià, Didattica i LIM itata, Multidea, Roma 2012

Bibliografia

segue da p. 11