Religioni, civiltà, culture e INTERCULTURA

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www.religioweb.it Liceo classico “A. Oriani” - Corato Appunti I.R.C. prof. Antonio de Palma V°ginnasio Modulo didattico Religioni, civiltà, culture e.. intercultura.

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Liceo classico “A. Oriani” - Corato

Appunti I.R.C. prof. Antonio de Palma

V°ginnasio Modulo didattico

Religioni, civiltà, culture e..

intercultura.

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RELIGIONI, CULTURE, CIVILTA'..

Introduzione: … etimologie, definizioni, differenze.

► Cosa è la religiosità , la religione .. cosa sono i Sistemi storici religiosi ?

► Cosa è una Cultura ?

• In italiano, cultura è un termine che riprende la parola latina cultura-ae, derivato dal verbo colo, ui, cultum, colere che significava coltivare, da cui proviene per es. agricoltura, la coltivazione dei campi che esige cure continue e attente, per cui in una società di agricoltori come quella della Roma delle origini, fu facile estendere l’uso del verbo colere a tutte le attività e situazioni che richiedevano un’assidua cura, per esempio tutto ciò che riguardava (vedi Cicerone) il rapporto con le divinità, per cui riti, cerimonie, feste a loro dedicate presero il nome di CULTO da cultus, participio passato sostantivato.

• Nel linguaggio comune il termine cultura ha avuto per molto tempo una dimensione individuale significando il patrimonio di conoscenze di cui una persona si è impadronisce nel corso della sua vita. Si parla allora di "uomini di grande cultura", di persone "colte".

Ma il concetto di cultura ha assunto il suo assetto attuale grazie all‘antropologia, etnologia, sociologia. Con lo sviluppo delle scienze sociali nel XIX secolo ha subito un ampliamento concettuale. Non venne più utilizzato per definire una proprietà soggettiva, individuale, ma in primis una proprietà sociale, collettiva.

L'inglese Ernest Bennet Tylor, (Londra 1832 - Wellington 1917 antropologo britannico) consacrò ufficialmente questa operazione nel volume Primitive Culture (1871). Nella definizione di cultura Tylor comprendeva non soltanto l'attività intellettuale di ordine superiore cioè la conoscenza, ma anche quella parte consistente del comportamento che l'individuo acquisisce per il solo fatto di essere membro di una società: credenze, capacità, abitudini, costumi, modi di agire e di pensare condivisi da un gruppo sociale. In sostanza, gli elementi concettuali più rilevanti della definizione tyloriana di cultura possono essere così segnalati:

► la cultura è in primo luogo patrimonio di una società e non l'elaborazione personale di individui; ► la cultura coincide con tutti gli aspetti del comportamento trasmessi mediante la vita sociale; ► la cultura implica un meccanismo di trasmissione che si differenzia tanto dall'eredità biologica, quanto dall'elaborazione individuale ma è determinato da un ambiente culturale che preesiste all'individuo e lo condiziona.

Il concetto di Cultura assume un ruolo centrale negli studi antropologici e sociali, divenendo una delle idee chiavi del pensiero contemporaneo. Ogni società (ogni gruppo sociale significativo: etnico, religioso, politico ecc.) ha dunque una propria cultura; questa viene acquisita e trasmessa per la semplice partecipazione alla vita sociale. ► Cosa è una Civiltà ? • Per i latini la civilitas era la cittadinanza cioè la comunità organizzata degli abitanti di

una città (civitas-atis), contrapposta a quelle rurali (rus-ruris=campagna), comunità meno evolute. A partire da questa interpretazione, per molti secoli, si è inteso con la parola ”civiltà“ la manifestazione degli aspetti superiori e più evoluti della convivenza umana quindi un’accezione valutativa, riferita alla cultura più avanzata di una società.

Con lo sviluppo delle scienze sociali, questa sfumatura valutativa si venne attenuando. La differenziazione tra civiltà e Cultura inizia tra ’800 e ‘900 col pensiero filosofico e sociologico tedesco. Spengler, Weber, Toynbee, Morgan, ecc. hanno avuto il merito di porre problemi di grande significato antropologico, contribuendo a chiarire anche i concetti di civiltà e di cultura e riconoscendo nella Civiltà una fase evolutiva della stessa Cultura ma non secondo l’interpretazione illuministica, valutativa. Nella visione antropologica il concetto di Civiltà si propone quindi come..

una GRANDE CULTURA che evolvendosi, travalica i propri confini e si impone attraverso i cosiddetti « processi civilizzatori» (Darcy Ribeiro) sulle altre culture limitrofe influenzandone le trasformazioni tecnologiche, lo sviluppo economico, politico, amministrativo, giuridico, ma anche raffinando l’or ganizzazione della sfera religiosa, etica e intellettuale, ponen do le basi per idee morali, sistemi di calcolo, di pensiero e di signif icato comuni, fino a diventare un grande universo culturale dotato di

1. grande estensione intersocietaria e di 2. prolungata permanenza nel tempo .

Si parla di civiltà romana, di civiltà greca .. o di civiltà cristiana, di civiltà arabo islamica là dove le religioni hanno influenzato la cultura di un popolo e quindi di ogni singola persona

� sia negli aspetti riflessivi (filosofia, letteratura, poesia, ecc)

� sia aspetti espressivi (pittura, scultura, musica, architettura..)

� sia aspetti sociali (usi, costumi, feste, norme di comportamento, ecc)

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Che cosa caratterizza il mondo contemporaneo ?

Per lungo tempo siamo stati abituati a pensare il mondo in termini di continenti (dal latino continere, "tenere insieme") una suddivisione arbitraria anche tra gli stessi geografi e geologi (sono 7, 6,5,4.. ?), comunque divisi in nazioni racchiuse nei propri confini e ogni nazione con una propria CULTURA. ► Per millenni ogni popolo ha avuto il suo spazio, il suo

territorio, il suo habitat. Anzi ci sono state guerre per conquistare altri spazi e sottomettere popoli, per cancellare confini e per difenderli, per creare muraglie, barriere.

Dalla globalizzazione..

Tutto il pianeta pervaso di reti di comunicazione è diventato un " villaggio globale ".

► Più che dai continenti, il mondo contemporaneo è caratterizzato da CIVILTA'.. che si incontrano, si confrontano, che entrano in competizione, che si scontrano: a tutti i livelli.

► E’ necessario, allora, pensare al mondo in modo nuovo e globale. La nuova coscienza del mondo, che muta continuamente e rapidamente, richiede una nuova mentalità, una nuova cultura.

Quale? Ovviamente non può essere la cultura dello scontro ("facciamo a botte e chi vince comanda"? a quale prezzo?). Può essere solo

una.. cultura della convivenza pacifica perchè il rischio è una guerra totale di tutti contro tutti.

… alla glocalizzazione Glocalizzazione o glocalismo è un termine introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman

per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le

loro relazioni con gli ambienti internazionali.

Non c’è più un mondo globale fatto di civiltà ed un mondo locale fatto di una sola civiltà: il mondo contemporaneo è globale anche a livello locale, è un mondo "glocale" cioè ogni comunità locale tende a diventare essa stessa multietnica, multireligiosa, multiculturale, plurale.

Tutti hanno studiato, a scuola, ciclicamente, le civiltà antiche: Egizi, Indoeuropei, Sumeri, Babilonesi, Cinesi, Indù, Slavi, poi Romani, Greci, Persiani, Mongoli, etc. Oggi a scuola, poco si studia delle civiltà contemporanee.

Il mondo della scuola fatica a prolungare la storia dell'umanità fino al mondo contemporaneo. Eppure è a questo mondo che deve "iniziare" le nuove generazioni.

Le civiltà contemporanee non coesistono nel mondo come "blocchi" chiusi in se stessi: esse comunicano e si confrontano. Tutti comunicano con tutti e tutti si spostano e vanno dappertutto: le civiltà si ritrovano nella loro pluralità non solo nel mondo globale ma anche localmente, nelle città piccole e grandi del pianeta.

� I nonni di oggi quando erano a scuola, dovendo rappresentare il mondo in termini di civiltà avrebbero rappresentato il mondo locale con una sola civiltà, quella occidentale. La famiglia e la scuola li preparavano a vivere in quella civiltà: era sufficiente conoscere storia, geografia, lingua dell'Italia, letteratura, arte, qualcosa dell'Europa e poco del resto del mondo; era obbligatoria solo la scuola elementare.

� Quando sono andati a scuola i vostri genitori il mondo era già cambiato: si parlava di Europa unita e la società era già diventata più mobile; si rendeva necessaria una conoscenza più complessa

� Oggi il mondo è diventato ancora più complesso e famiglia e scuola devono preparare i giovani a vivere bene in questo nuovo ambiente che è il mondo glocale.

La scuola in particolare deve accompagnare gli studenti in nuovi percorsi che trasmettano conoscenze e abilità per attrezzarli bene per il nuovo mondo (altrimenti rischia di prepararli per un mondo che non c'è più) e la famiglia deve orientare i figli verso nuovi modelli di vita che realizzino i valori "sicuri" della tradizione.

Oggi il mondo è sempre più globalmente connesso e interattivo: • alle reti aeree, navali, stradali, autostradali e ferroviarie • si sono aggiunte le

- reti telematiche (internet) - reti telefoniche cellulari - reti televisive - reti satellitari - reti di solidarietà , etc.

Le nuove tecnologie permettono ai singoli come ai popoli di comunicare fra loro in tempo reale.

Nell'epoca della globalizzazione economica e culturale e delle grandi migrazioni,

� è ancora più difficile tracciare confini rigidi tra le diverse etnie e le diverse regioni culturali.

� Gli individui, inoltre, si spostano spesso, e sempre più entrano in contatto con persone di culture diverse: così fanno propri usi, modi di pensare e di vivere tipici di altri luoghi.

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Religioni e Civiltà

Il mondo

contemporaneo globalizzato

e glocalizzato è ormai

un intreccio di culture e di civiltà

.. fondate e fecondate

dalle religioni.

.

Le religioni c’entrano ! Tutte le civiltà si sono sviluppate intorno alle religioni: civiltà infatti non è solo organizzazione della vita materiale e sociale delle persone ma anche della loro vita religiosa. Dove c'è il buddhismo, dall'urbanistica alla vita sociale, tutto si orienta a favore delle pratiche buddhiste; così per l'Islam, l'Induismo, il Cristianesimo , etc.

Appartenere ad una cultura significa sempre in qualche modo appartenere

anche ai valori religiosi di quella cultura. Per esempio:

� Essere occidentali significa essere cresciuti in una società permeata di valori cristiani. Società che si sono organizzate lungo la storia in modo da favorire lo sviluppo della vita cristiana personale e comunitaria: l'occidente è pieno di Chiese, croci, istituzioni che vengono dalla Chiesa (università, ospedali, mutuo soccorso, etc.). Certo, non tutti gli occidentali aderiscono alla religione cristiana (nelle sue diverse confessioni) ma tutti si riconoscono nei suoi valori fondamentali così ben coniugati nella Carta ONU dei Diritti Umani.

� Essere cinesi significa essere cresciuti in un mondo in cui il Confucianesimo è stato religione dell'Impero per secoli e secoli.

� Essere Giapponesi significa anche essere scintoisti e condividerne i valori.

Nel mondo glocale che muta continuamente e rapidamente le religioni diventano sempre di più il riferimento stabile per orientare la propria esistenza personale e sociale.

o Nel passato le religioni sono state determinanti nella formazione delle culture e delle civiltà e o ancora oggi, sono la parte fondamentale delle tradizioni (cioè l’insieme dei valori che vengono trasmessi

di generazione in generazione in quanto considerati un riferimento sicuro per la buona riuscita della vita personale e sociale) di tutte le civiltà.

Tradizione e modernità coesistono in tutte le culture e civiltà. � La tradizione raccoglie l'esperienza

positiva del passato e ne trasmette i valori di generazione in generazione in quanto considerati un riferimento sicuro per la buona riuscita della vita personale e sociale di un popolo o di una civiltà: famiglia e scuola sono sempre stati i depositari ed i trasmettitori della tradizione.

� La modernità invece adegua i valori sperimentando nuovi modelli di vita più consoni al mondo che cambia.

L’urto tra civiltà sfocerà in uno

scontro globale? Huntington, politologo autore di "Clash of civilizations?", affermava: "Oggi l’Islam, domani la Cina cioè il Confucianesimo. E Poi? "

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Civiltà e religioni a confronto ► La civiltà occidentale ,

Geograficamente la definizione civiltà occidentale oggi individua una vasta area che comprende l'Europa occidentale (da tutti riconosciuta come la sua culla) l'Europa orientale (dal crollo dei regimi comunisti, viene solitamente inclusa nel concetto di Occidente), l'America Settentrionale, America Centrale, America Meridionale, includendo in senso più allargato, paesi con simili caratteristiche come l'Australia, la Nuova Zelanda.

Storicamente, questa area afferma di essere erede della democrazia e del pensiero razionalista della Grecia antica (ripresi nel '700 dall'Illuminismo, dalla Rivoluzione americana e francese); degli ideali di universalità e dalla cultura organizzativa e giuridica propri

dell'Impero romano e, nei suoi valori più profondi, influenzata per secoli, sin dalla svolta costantiniana, dall'esperienza religiosa giudaico-cristiana e dalla Bibbia, definita il suo Grande Codice.

La Bibbia ha ispirato la letteratura, l'arte, la musica, la filosofia e la società occidentale, debitrice, nei suoi temi e nelle sue realizzazioni, ai motivi e alle immagini bibliche. Le traduzioni moderne della Bibbia, come la traduzione tedesca di Martin Lutero (completata nel 1534), non solo hanno permeato

profondamente la letteratura, ma hanno anche plasmato l'evoluzione della lingua. I popoli slavi hanno gettato le basi della loro cultura attraverso l'opera di traduzione dei libri sacri operata da Cirillo e Metodio, così come simili effetti continuano a essere avvertiti nelle nazioni di recente formazione, dove le traduzioni della Bibbia nell'idioma locale concorrono a formare le tradizioni linguistiche.

La giurista e donna politica francese Simone Veil, di religione ebraica, afferma: "La religione ha avuto in ogni tempo e in ogni Paese (...) una funzione dominante nello sviluppo della cultura, del pensiero, della civiltà umana. Una scuola dove non si parli di religione è un'assurdità. D'altra parte (...) è naturale che essendo in Europa si debba soprattutto discorrere di cristianesimo." “Se noi occidentali vogliamo sapere di che cosa siamo fatti, se amiamo rivedere il tempo della nostra adolescenza, tutti, nessuno escluso, e quali che siano le opinioni e le convinzioni religiose e filosofiche di ciascuno di noi, con la nostra propria qualità di uomini, dobbiamo far riferimento alla Bibbia, a questo Libro, a questo capitolo della storia del mondo. Esso ci appartiene”.

È vero che i poemi omerici, l'Iliade, l'Odissea e poi l’'Eneide di Virgilio sono alla base della nostra cultura umanistica; eppure la loro incidenza nella storia dell'arte e nella letteratura è infinitamente inferiore a quella che ha avuto la Bibbia.

Quante pitture e sculture di Enea, di Achille o di Ulisse popolano i nostri musei? Certamente molte, ma il numero non è paragonabile a quelle di Abramo, Isacco, Mosè o alle miriadi di opere riguardanti Gesù, Maria, gli apostoli... Il nostro patrimonio artistico è tutto un fiorire di opere che hanno la sacra Scrittura come base e fonte d'ispirazione.

Ma dire “civiltà occidentale” è come dire “civiltà cristiana”? Rémi Brague, professore di Filosofia araba alla Sorbona e anche all’Università Ludwig-Maximilian di Monaco dice: “Il cristianesimo non ha niente d’occidentale. È venuto da Oriente. I nostri avi sono diventati cristiani. Il cristianesimo non è riservato solo agli europei o agli occidentali. È missionario. Cristo non è venuto per costruire una civiltà, ma per salvare gli uomini di tutte le civiltà. Quella che si chiama “civiltà cristiana” non è altro che l’insieme degli effetti collaterali che la fede in Cristo ha prodotto sulle culture che ha trovato sul suo cammino.”

Dunque, partendo dalla Bibbia, l’occidente ha elaborato una piattaforma di valori, li ha definiti “Diritti Umani” e li ha espressi ed accolti all'ONU il 10 dicembre 1948 nella

Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo

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Affermare che esistono dei diritti umani significa ammettere che ogni persona ha dei diritti fondamentali che gli altri devono riconoscere perchè sono definiti: • NATURALI (appartengono all’essere umano in quanto tale) • UNIVERSALI (appartengono a tutti gli uomini) • INALIENABILI (nessuno può esserne privato), • INDIVISIBILI (se uno solo manca, la dignità della persona è

compromessa)

Le idee portanti alla base di tale Dichiarazione sono:

1. La DIGNITA’ dell'uomo: (art. 1)

• Ogni persona è libera

La libertà indica, in senso più ampio, la facoltà dell’uomo di agire e di pensare in piena autonomia. La libertà è la condizione di chi può agire secondo le proprie scelte, in certi casi grazie ad un potere specifico riconosciutogli dalla legge. (Sub lege LIBERTAS) La libertà rende autentico ogni gesto, ma anche, rende l'uomo responsabile dei suoi atti, proprio perchè volontari. La libertà è necessaria per lo sviluppo della persona e della società; è un'esigenza inseparabile dalla dignità della persona umana. Ogni individuo ha il diritto alla libertà individuale, (diritto alla vita, diritto all'autodeterminazione, diritto ad un'esistenza dignitosa) alla libertà di pensiero e alla libertà religiosa. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione.

• Ogni persona è uguale agli altri in dignità e diritti, quindi possiede dei diritti inerenti alla sua natura: nessuno glieli da, ma li ha in quanto è una persona umana

• Ogni persona è unica quindi diversa una dall'altra e non solo geneticamente (DNA). La diversità di situazioni individuali, sociali, economiche, culturali comporta il rispetto delle differenze di tutti e dell'identità di ciascuno;

2. La FAMIGLIA è il nucleo fondante della società e a lei spetta l'educazione dei figli;

3. La DEMOCRAZIA è la forma di governo in cui la sovranità risiede nel popolo che la esercita per mezzo delle persone e degli organi che elegge a rappresentarlo;

4. La SOLIDARIETA’ (dare) e la SUSSIDIARIETA’ (scambiare). Ogni persona vive in una società ed è fatta per aprirsi agli altri offrendo e ricevendo aiuto.

5. La LAICITA’ (dal greco laòs, popolo) intesa come distinzione, separazione (ma non contrapposizione) e reciproco rispetto tra sfera politica e sfera religiosa; separazione tanto più necessaria, quanto più ci si avvia verso un mondo globale dove religioni e culture sono destinate a convivere sullo stesso territorio apprendendo la pratica della tolleranza e dell'ospitalità. L’introduzione del principio separatistico, (contro sia il confessionalismo che il laicismo) è teso a configurare un modello di stato laico garante di libertà nei confronti dei singoli (credenti e non credenti) e nei confronti di tutte le istituzioni religiose.

La laicità non deve tradursi in situazioni di intolleranza religiosa o forme laiciste di anticlericalismo. Purtroppo questi scenari, che hanno caratterizzato alcuni periodi della storia italiana passata specialmente durante il Risorgimento, stanno affiorando nuovamente nella storia più recente. Ricordiamo che il primo laico è stato Gesù Cristo quando ha detto:"Il mio regno non è di questo mondo.. // ... date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" Inizia con Gesù Cristo la storia della libertà umana. Gesù ha desacralizzato il potere il quale da sempre ha usato le religioni per assolutizzare se stesso. Dopo Gesù, Cesare non si può più sovrapporre a Dio, non può avere più un potere assoluto sulle persone e le cose.

Questi valori sono proposti a tutte le altre culture o civiltà, insieme a modelli organizzativi.. per es. economici (neocapitalismo liberista ), politici (democrazia), sociali (libertà e stato sociale) e militari (esercito di autodifesa attiva e preventiva, di polizia internazionale a servizio del diritto internazionale, di servizio alla pace tra i popoli) messe in atto per realizzarli.

In tutto l’occidente, ma specialmente in Usa e in Gran Bretagna, è forte la convinzione che una civiltà che non tenda a realizzare universalmente questi valori non può dirsi pienamente umana.

In verità, questa, è una posizione fondamentalista, che propone in modo forte i suoi valori fondamentali (come libertà, uguaglianza, democrazia, etc.) con la presunzione di universalità e di assolutezza, e con la tendenza ad adottarli come criteri determinanti per l'universalità e per la superiorità di una civiltà umana sulle altre.

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► La civiltà arabo-islamica Origine storica ed espansione geografica,

La nascita dell'Islam fu l'evento più importante della storia mondiale, nel millennio che intercorse tra la caduta dell'impero romano e l'èra delle grandi scoperte. La missione storica del suo fondatore Maometto, nato nel 570 alla Mecca, fu quella di riunire le tribù arabe disperse intorno ad una nuova religione monoteistica. Il messaggio del profeta suscitò agli inizi l'ostilità da parte degli abitanti della Mecca che vedevano minacciati i loro culti. Nel 622 Maometto fu costretto ad emigrare e qui gli storici considerano il vero inizio dell'era islamica. Infatti, dopo 8 anni ritornò alla Mecca da trionfatore. Prima che il Profeta morisse nel 632,, all'età di 63 anni, gran parte dell'Arabia era musulmana, e già a un secolo dalla sua morte, prima con Abu Bakr primo califfo, subito dopo con Omar, in seguito con Othman e poi con Alì, marito di Fatima e genero di Maometto, che disconobbe tutti i precedenti Califfi, l'Islam conquistò l’Occidente fino alla Spagna, e l’Oriente fino alle porte dell’India. Nella storia della grande espansione islamica oltre alla spinta del nuovo slancio religioso vi era anche il prevalere della collaudata combattività dei conquistatori arabi. L'avanzata iniziale fu favorita dalla decadenza sia dell'impero romano che dell'impero persiano, entrambi lacerati da conflitti interni. L‘omogeneità culturale: islamizzazione

L’islam ha plasmato lo spazio conquistato in secoli di conquiste e ha cercato di ricondurre gli uomini che ne facevano parte all’unità delle sue leggi, dei suoi costumi e della sua cultura. L’Islamizzazione era in primis di natura religiosa, basata sulla diffusione del Corano e della fede.

Islàm in arabo significa “abbandono”, “dedizione totale”, “sottomissione” ed indica l’atteggiamento di fondo di chi professa la religione fondata da Maometto, che vede in Allah il solo Essere Supremo a cui dedicare se stessi e tutta la propria esistenza. Il verbo arabo SLM “salima”, che vuol dire “sottomettersi”, è la radice sia di islàm che è l’infinito sostantivato, sia di muslim (da cui deriva l’italiano musulmano) che è il participio che indica “colui che si sottomette”. Per questo dire “musulmano” o “islamico” è dire la stessa cosa.

L’Islam, quindi, nella sua veloce espansione, ha integrato, convertendole alla sua religione, popolazioni diverse come i Berberi del Nord Africa, i Turchi dell’Asia e i Mamelucchi d’Egitto, i Persiani dell‘Iran, ecc. Di conseguenza ha diffuso su un’area molto vasta (162 paesi del mondo) comportamenti e costumi uniformi: dall’urbanistica (medina: costruzioni di case e strade) alle moschee, che sono costruite con uno stile ricorrente da Cordoba a Baghdad, con decorazioni basate su motivi geometrici e quindi aniconiche, dall’abbigliamento basato sulla tunica e il turbante, ad altri elementi unificanti come la lingua araba, la scrittura e la letteratura, alla stessa vita pubblica e privata.. TUTTO è stato regolamentato dai dettami del CORANO che è riuscito a garantire una forte omogeneità culturale e religiosa in tutti i suoi paesi.

Negli ultimi decenni l’Islam, che ha avuto sempre una forte tendenza ad espandersi, sta manifestando fasi di chiaro fondamentalismo, proponendo in modo forte i suoi valori, quelli individuabili nel Corano, nella vita e nei detti di Maometto e proclamati ufficialmente nella

Dichiarazione sui diritti umani nell’Islam, della Conferenza Islamica dei Ministri degli Esteri riuniti al Cairo il 5 agosto 1990. Tale Dichiarazione è divisa in 25 articoli molto simili per aspetti alla Dichiarazione Universale. Ma negli ultimi articoli 24 e 25 viene sottolineato il modo di interpretare i diritti: mai in modo individuale ma sempre secondo la Sharia islamica (art. 24) che è la sola fonte di riferimento (art. 25). Quindi … .

► Valori interpretati dalla SHARIA (diritto islamico) Sharia (shari’ah) significa, alla lettera, "la via da seguire", ma si può anche tradurre con "Legge divina". Se Islam significa totale sottomissione a Dio,il diritto islamico non si sottrae a questa sottomissione. Shari’ah è quindi un complesso di norme.. ● religiose, dove convivono regole teologiche, morali, rituali;

● giuridiche, quindi norme fiscali, penali, processuali e di diritto bellico;

● sociali, direttamente fondate sulla dottrina coranica.

La mancanza di qualsiasi forma di "laicità" e quindi la superiorità dell'elemento religioso comporta molto spesso la soggezione (e non solo del credente musulmano) alla Sharìa, indipendentemente dalla sua appartenenza ad uno Stato con un diverso sistema giuridico.

.

► Valori diversi da quelli occidentali per esempio: ● la diversità di diritti e doveri tra uomo e donna, tra bambini e adulti, tra religiosi e civili;

la prevalenza del diritto del clan su quelli dell'individuo. ● la negazione di diverse forme di libertà, in particolare di quella religiosa.

In alcuni paesi è rispettata alla lettera la tradizione del Profeta che afferma: "Colui che cambia religione, uccidetelo". Ricordiamo il caso di Salman Rushdie, e più recentemente di Asia Bibi "condannati a morte"dalle autorità religiose dei loro paesi per non essere più musulmani e per aver pubblicato un libro critico nei confronti della legge coranica. In Europa agli islamici sono assicurati tutti i diritti, ma non è così per gli europei che vanno a lavorare nei paesi arabi o per i pochi cristiani autoctoni, costretti spesso a vivere la propria fede in clandestinità, a cambiare il proprio nome cristiano in uno islamico.. o le donne cristiane a vestirsi da "musulmane" per ottenere lavoro nelle imprese o negli alberghi dei paesi arabi.

● le punizioni corporali e le pene di mutilazione: taglio delle mani per i ladri, lapidazioni per le adultere, torture, impiccagioni in pubblico, ecc.

● Il diritto alla guerra santa il jihad. Molti musulmani si sentono obbligati dalla loro fede a impegnarsi in una guerra di conquista, con la promessa, se uccisi, di entrare direttamente in Paradiso dove saranno consolati dalle huri. Purtroppo ai fanatici "Kamikaze" che terrorizzano periodicamente il mondo non è servito finora il chiarimento che illustri dottori della legge islamica hanno fatto in merito al concetto di jihad. Essi dicono che la radice del termine è ja-ha-da che vuol dire letteralmente "fare uno sforzo" e va riferito all’impegno che ogni essere umano deve mettere nella lotta contro il male. Questo sforzo detto jihad, è al centro della spiritualità islamica.

► Valori proposti con presunzione di universalità e di assolutezza dai fondamentalisti islamici.. in quanto ritenuti parte inscindibile della rivelazione divina scritta nel Corano.

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► La civiltà orientale o indo-cinese Alle origini della CIVILTÀ INDIANA

Anche il “grande padre” Indo, come il Tigri, l’Eufrate, il Giordano e il Nilo, è uno dei grandi fiumi della Storia. Sulle sue rive, già a partire dal III millennio a.C., erano insediate, in villaggi, piccole comunità di allevatori e di agricoltori. Verso il 2500 a.C. la Civiltà dell’Indo si fondava su una agricoltura progredita, su un artigianato di buon livello e un attivo commercio. Era conosciuta la scrittura, che, però, non è ancora stata decifrata.

o La Civiltà dell’Indo decadde attorno al 1500 a.C., quando il territorio fu invaso dagli Arii, una popolazione di guerrieri, che combattevano su carri leggeri, trainati da cavalli. Essi imposero la loro lingua, il sanscrito (che si conservò come lingua sacra) divisero la società in caste, cioè in gruppi rigidamente separati tra loro sulla base di leggi religiose e politiche e diffusero la loro religione.

La religione: un aspetto importante della Civiltà indiana La forma primitiva della religione indiana è detta vedica, (VEDISMO) dal nome dei più antichi libri sacri, i Veda. La religione vedica si sviluppò nel BRAMANESIMOSMO. Nel corso dei secoli i sacerdoti brahmani fusero insegnamenti religiosi di altri popoli con quelli Veda, in un complesso di dottrine che oggi chiamiamo INDUISMO. L’esperienza religiosa era intesa come un mezzo per la ricerca della verità dell’uomo e dell’Universo. Importante, a questo fine, era la meditazione, attraverso la quale l’uomo giungeva a identificarsi con lo spirito universale e a comprendere gli altri.

o Un notevole contributo alla dottrina religiosa giunse da Gotama Siddharta (566-486 a.C. circa), detto Buddha, “l’illuminato”. Egli perfezionò la tecnica della meditazione interiore e combatté la divisione in caste.

La cultura: l'India è considerata una terra dotata di un ricco patrimonio culturale e di una fiorente tradizione popolare tramandatasi per generazioni e visibile in svariati settori: nella musica e danza (Intonare frasi e parole sacre come l' OM, richiede un'estrema precisione in quanto questi canti erano parte integrante di ciò che serviva a mantenere l'ordine dell'universo), nell'architettura, (la creatività e l'ingegno degli artigiani dell'India è visibile ancor oggi negli antichi monumenti storici, negli edifici e nelle sculture. La tecnica della scultura della roccia fu perfezionata dai buddhisti) nelle cerimonie (In India vi sono numerose tradizioni e cerimonie che vengono celebrate in speciali occasioni. Usi e costumi affascinano per la grazia e la bellezza con cui ingentiliscono la normale vita quotidiana coi suoi affanni fino alla morte.), nelle credenze e tradizioni (L'India è ricchissima di credenze e tradizioni. Si crede che gli esseri umani, sin dalla nascita, siano predestinati e continuino a perpetuare

molte tradizioni ereditarie quali: la cerimonia del nome, la cerimonia per inaugurare una nuova casa, fino a quella relativa al matrimonio. Digiuno e preghiere sono parte integrante di cerimonie strettamente religiose), e nelle lingue parlate. (La Costituzione indiana riconosce ben 18 lingue, cui vanno aggiunti oltre 1600 dialetti, come documentato nel corso dell'ultimo censimento. La lingua ufficiale nazionale è l'Hindi. anche se l'inglese è ampiamente diffuso e rimane la lingua ufficiale della legge)

Alle origini della CIVILTÀ CINESE La civiltà cinese ha avuto origine dalla media valle del Fiume Giallo. Qui, a partire dal 6000 a.C. circa, si sviluppò un’agricoltura di buon livello, favorita dalla fertilità del terreno. La comunità cinese si organizzò progressivamente, all’inizio del II millennio a.C., in forma di monarchia ereditaria e, nel tempo, si succedettero numerose dinastie di imperatori. Gli imperatori attuarono una politica di espansione e imposero la cultura cinese a tutte le popolazioni sottomesse.

o Al III secolo a.C. risalgono anche grandi lavori come le strade, i canali di irrigazione e le opere difensive. A nord fu costruita la Grande Muraglia, per difendere il territorio dagli attacchi dei popoli nomadi.

L’unificazione della Cina fu opera di Ch’in Shi Huangdi (III secolo a.C.), la cui dinastia fondò l’Impero cinese (da Ch’in deriva il nome Cina). Questa dinastia gettò le basi per un’organizzazione politica che durò per oltre duemila anni, fino al 1912, quando fu deposto l’ultimo imperatore e proclamata la Repubblica.

2 importanti correnti di pensiero furono elaborate in Cina nel VI secolo a.C.: il TAOISMO (fondato da Lao-Tzu) e il CONFUCIANESIMO (dal nome del pensatore Confucio), che caratterizzarono profondamente non solo la cultura del popolo cinese, ma anche quella di tutto l’Estremo Oriente. Secondo una mentalità diffusa in Cina, perciò, l'uomo, pur essendo limitato per natura, può superare il suo limite raggiungendo la Perfezione. Si diventa "perfetti" e si entra nei mondi dei beati principalmente :

1. inserendosi misticamente nel corso della natura (taoismo) 2. liberandosi dai legami dell’illusione della realtà (buddhismo) 3. educandosi al bene (confucianesimo),

Sono le tre tradizioni religiose antiche che si distinguono, non si contrappongono e lasciano a ciascuno la libertà di adesione a una, due o a tutte e tre.

Oggi La civiltà indo-cinese sembra essere un ibrido in costante evoluzione sia dal punto di vista economico che politico, ma l’antica spiritualità indù e la proverbiale saggezza confuciana permea trasversalmente tutti gli strati della società orientale.

Page 9: Religioni, civiltà, culture e INTERCULTURA

Il fondamentalismo

Fondamentalismo era un termine utilizzato ampiamente dalle scienze sociali nel senso generico di un particolare richiamo a fondamenti ineludibili e immutabili da parte di credenti di una religione, o di appartenenti a una cultura, a una idea politica di fronte a novità considerate non compatibili con la propria tradizione. Esso non portava con se una valenza negativa.

Oggi, purtroppo, il termine ha acquistato nel linguaggio mediatico (e di conseguenza nel linguaggio comune), un senso peggiorativo, viene utilizzato per designare non solo la propria posizione, ma anche l'atteggiamento verso gli altri, giudicati in modo negativo. Esso può essere religioso ma anche laico. Indica un particolare modo di vivere l'appartenenza: ► ad una cultura, ► ad una religione, ► ad una idea politica ... cioè con una modalità aggressiva di incontrare coloro che non vi appartengono. Abitualmente il fenomeno implica..

la proclamazione della autorità di una tradizione culturale o sacra, ed è quindi una forma di tradizionalismo che, oggi più che mai, si traduce per alcune frange in antimodernismo cioè il rifiuto della "modernità”. la preoccupazione di non mutare nulla della cultura o della religione di cui si è espressione ma di conservare tutti i

dati trasmessi dalle generazioni passate ed è quindi integralismo . la convinzione di avere nella propria cultura tutti i principi necessari per risolvere i problemi umani, personali e sociali.

In questo senso è integrismo perchè esclude la possibilità di confronti con le altri espressioni culturali e religiose

La ragione della assolutezza con cui una persona è portata a difendere la propria cultura e religione si collega a quei processi di identificazione personale che avviene nei gruppi e nelle società umane. Quando questa identità è messa in pericolo da sovvertimenti culturali, entrano in azione profondi meccanismi di difesa, tanto più energicamente quanto più veloci e radicali sono i cambiamenti in atto. I meccanismi di difesa implicano sempre dinamiche di aggressività e di emarginazione nei confronti dei diversi e acquistano particolare vigore quando i punti di riferimento sono formule, simboli, riti o libri sacri. Il fondamentalismo, così vissuto, mina la pacifica convivenza sociale sia a livello locale, nazionale sia a livello mondiale e si traduce spesso in fenomeni di intolleranza e violenza come il RAZZISMO, XENOFOBISMO, ANTISEMITISMO, LAICISMO, TERRORISMO,ecc.

Come si configura oggi una "cultura della mondialità" per la pace?

Le civiltà contemporanee coesistono in questo mondo cercando, ciascuna secondo culture proprie, di migliorare la vita degli uomini. Ciascuna civiltà si pone come la migliore possibile per tutti gli uomini che abitano l'area in cui essa sussiste. Ed è naturale che sia così: ogni civiltà è il frutto di una elaborazione culturale durata secoli o millenni.

La condizione che rende possibile l'esistenza e lo sviluppo delle civiltà umane è la coesistenza pacifica fondata sulla o tolleranza (significa accettare la diversità), o rispetto (significa accogliere la diversità come valore da difendere e sviluppare), e

o dialogo (significa scambio culturale paritario). Questi sono gli elementi fondamentali per la pace

Dalla multiculturalità .. all'intercultura.

La società del domani sarà una società multiculturale. Lo sarà con i problemi e le difficoltà che ogni diversità razziale, religiosa, sociale ed economica porta con sé. I concetti di integrazione, di tolleranza, solidarietà diventano un impegno urgente e devono essere nuovamente discussi e approfonditi alla luce dei nuovi fenomeni interculturali. E' questa una delle frontiere più difficili anche per l'educazione ai nostri giorni.

Che una società plurale e multiculturale è, di per se stessa, una società piena di conflittualità è scontato. La relazione con l’alterità ci costringe a chiederci: noi chi siamo? La risposta, troppo spesso, è: "Non lo sappiamo". Ma siccome senza identità non si può vivere ecco allora la corsa verso la riscoperta e l'attaccamento ai vecchi simboli, alle tradizioni,.. al campanile, alla croce come simbolo di appartenenza ad un mondo, non certo ad una esperienza di fede. Un rischio va tuttavia evitato. Possiamo chiamarlo rischio della sterilizzazione. Massimo Cacciari, laico, ateo ed esponente di sinistra, scrive "Un paese non è un foglio di carta bianca, è un foglio dove c'è scritta una storia. Saremmo dei barbari a cancellare le nostre tradizioni.// Se il processo di secolarizzazione è fare tabula rasa, allora vuol dire che è un processo di instupidimento generale". A volte pare di leggere, nelle persone che parlano di intercultura, la pretesa di instaurare rapporti interculturali a partire da un grado zero di realtà nel quale presentarsi in maniera neutra. Si tratta di una grave confusione.

Quando si dice inter-cultura si dice proprio relazione tra culture.

Intercultura vuol dire impegno a conoscere altre culture e instaurare nei loro confronti atteggiamenti di disponibilità, di apertura, di dialogo per un arricchimento reciproco.