Omelia 1 gennaio 2012

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Maria Madre di Dio 1 gennaio 2012 Il tempo di Natale è il tempo della manifestazione di Dio, tempo in cui Lui si rivela, si mostra, si fa conoscere. L’apice di questo tempo è la festa dell’Epifania, che significa appunto manifestazione, rivelazione. E abbiamo visto come si rivela: nella povertà di Betlemme, nella semplicità di una famiglia normale, nello spazio che la storia riserva ai piccoli. E abbiamo visto – e vedremo- a chi si rivela: ai pastori, a Simeone e Anna, ai Magi, e cioè agli ultimi, ai piccoli, ai lontani, a chi si mette in cammino, a chi cerca, a chi fa di Lui il centro dei propri desideri, ma anche a chi non pensa di meritarselo, a chi non se l’aspetta. Quando Dio si rivela, questo suo rivelarsi non è fine a se stesso. Dio non si rivela tanto per rivelarsi, ma per entrare in relazione con l’uomo, per aprire una strada di incontro con Lui. E ogni volta che Dio rivela qualcosa di Sé, in realtà rivela anche qualcosa dell’uomo, perché, per sapere chi siamo noi, abbiamo bisogno di sapere chi è Lui. Natale è rivelazione di Dio, ma anche rivelazione dell’uomo, verità dell’uomo. E questa festa di oggi ci è data proprio per questo: in questo tempo di Natale, in cui lo sguardo è fisso su di Lui, su questo Dio che si fa bambino, oggi lo sguardo si sposta, e si ferma su di noi. Parte da Lui, ma ritorna a noi, con una domanda: Se Dio è questo Bambino, noi chi siamo? Le letture della Liturgia di oggi ci donano almeno due risposte. 1. La prima ci viene dalla seconda lettura (Gal 4,4-7), e ci dice che noi siamo figli. S. Paolo, nella lettera ai Galati, fa tutto un cammino per spiegare in cosa consiste la novità del cristianesimo, una novità radicale, che provoca una rottura con il mondo della legge, della circoncisone, dei sacrifici, e di una giustificazione che bisognava conquistarsi attraverso tutte queste opere … E Paolo vuole arrivare a qui, a dire che la novità del cristianesimo è la libertà dei figli di Dio. Libertà dalla legge, dal peccato, da ogni forma di schiavitù, dal dovere di meritarsi la giustificazione … Per Paolo la relazione con Dio è un’altra cosa, ed è questa relazione fra i figli e il loro Padre. Questa relazione non è una relazione che si merita: non meriti di diventare figlio, semplicemente questo è naturale: nel momento in cui tu esisti. Se sei, sei figlio. Così è anche per il cristiano: se sei battezzato, sei figlio di Dio. Figli si nasce, e figli si rimane. Non si smette mai di essere figli. Non so se ci rendiamo conto di cosa significa questo. Significa che abbiamo la Sua vita, che siamo vivi della Vita di Dio. Significa che noi, nella casa di Dio, nella relazione con lui, ci stiamo come di diritto. Come un 1

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Maria Madre di Dio 1 gennaio 2012

• Il tempo di Natale è il tempo della manifestazione di Dio, tempo in cui Lui si rivela, si

mostra, si fa conoscere. • L’apice di questo tempo è la festa dell’Epifania, che significa appunto manifestazione,

rivelazione. • E abbiamo visto come si rivela: nella povertà di Betlemme, nella semplicità di una

famiglia normale, nello spazio che la storia riserva ai piccoli. • E abbiamo visto – e vedremo- a chi si rivela: ai pastori, a Simeone e Anna, ai Magi, e

cioè agli ultimi, ai piccoli, ai lontani, a chi si mette in cammino, a chi cerca, a chi fa di Lui il centro dei propri desideri, ma anche a chi non pensa di meritarselo, a chi non se l’aspetta.

• Quando Dio si rivela, questo suo rivelarsi non è fine a se stesso. Dio non si rivela tanto per

rivelarsi, ma per entrare in relazione con l’uomo, per aprire una strada di incontro con Lui. • E ogni volta che Dio rivela qualcosa di Sé, in realtà rivela anche qualcosa dell’uomo,

perché, per sapere chi siamo noi, abbiamo bisogno di sapere chi è Lui. • Natale è rivelazione di Dio, ma anche rivelazione dell’uomo, verità dell’uomo.

• E questa festa di oggi ci è data proprio per questo: in questo tempo di Natale, in cui lo sguardo è fisso su di Lui, su questo Dio che si fa bambino, oggi lo sguardo si sposta, e si ferma su di noi. Parte da Lui, ma ritorna a noi, con una domanda:

• Se Dio è questo Bambino, noi chi siamo?

Le letture della Liturgia di oggi ci donano almeno due risposte.

1. La prima ci viene dalla seconda lettura (Gal 4,4-7), e ci dice che noi siamo figli. S. Paolo, nella lettera ai Galati, fa tutto un cammino per spiegare in cosa consiste la novità del cristianesimo, una novità radicale, che provoca una rottura con il mondo della legge, della circoncisone, dei sacrifici, e di una giustificazione che bisognava conquistarsi attraverso tutte queste opere … E Paolo vuole arrivare a qui, a dire che la novità del cristianesimo è la libertà dei figli di Dio. Libertà dalla legge, dal peccato, da ogni forma di schiavitù, dal dovere di meritarsi la giustificazione … Per Paolo la relazione con Dio è un’altra cosa, ed è questa relazione fra i figli e il loro Padre. Questa relazione non è una relazione che si merita: non meriti di diventare figlio, semplicemente questo è naturale: nel momento in cui tu esisti. Se sei, sei figlio. Così è anche per il cristiano: se sei battezzato, sei figlio di Dio. Figli si nasce, e figli si rimane. Non si smette mai di essere figli. Non so se ci rendiamo conto di cosa significa questo. Significa che abbiamo la Sua vita, che siamo vivi della Vita di Dio. Significa che noi, nella casa di Dio, nella relazione con lui, ci stiamo come di diritto. Come un 1

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figlio abita la casa del proprio padre, così noi siamo nella casa di Dio. Non come degli ospiti, tantomeno come dei servi.

Dio poteva accontentarsi di avere dei servi, e di essere un buon padrone per questi servi, avrebbe potuto trattarci con benevolenza, ma senza fare di noi dei figli, senza compromettersi così tanto da farci entrare in casa sua come dei familiari. E invece no!

Significa anche che tutto ciò che è Suo, è nostro. Che cos’ha il Padre, che diventa anche nostro? Lo dice ancora S. Paolo, ed è molto significativo, molto forte. La prova che tutto questo è vero è che noi abbiamo lo Spirito Santo, ovvero che ciò che il Padre aveva di più Suo, cioè il Figlio, ce lo ha donato. E ciò che Gesù aveva di più Suo, ciò che ha ricevuto dal Padre, cioè lo Spirito, anche Lui ce lo ha donato. Che siamo figli ne è prova il fatto che Dio ci ha donato il Suo spirito, che il Verbo si è fatto carne per farci questo dono. Non poteva bastare un profeta, per fare questo, non poteva bastare una legge. Il Figlio doveva farsi uomo, per fare di noi dei figli di Dio. 2. La seconda risposta ci viene da Maria, dalla festa di oggi che la celebra Madre di Dio, ed è una risposta più impegnativa, direi quasi un po’ scandalosa. Se S. Paolo ci ha detto che noi siamo figli di Dio, Maria ci dice che siamo anche madri di Dio! Perché ciò che Maria ha vissuto, questo suo generare il Cristo, non è una prerogativa solo sua, ma è un dono che poi passa alla Chiesa, ad ogni cristiano. Tanti santi, tanti mistici (anche Francesco e Chiara), hanno percepito così la vita cristiana, come una lunga gestazione, un continuo lasciare che Cristo nasca in noi, e attraverso di noi. Ma cosa vuol dire? Vuol dire innanzitutto che Cristo abita su questa terra, che il Suo regno è presente, se qualcuno lo lascia vivere in sé. Se lo accoglie come una madre accoglie un figlio, se diventa dimora Sua. Se accetta di fare di questa relazione l’evento centrale della vita. Una donna sa cosa quanto è forte il rapporto con il proprio bambino, quanto un figlio cambia completamente la vita: è un’esperienza unica di intimità, di accoglienza, di amore, di familiarità, di confidenza, di conoscenza. … Questa è la relazione che Gesù vuole instaurare con noi: come una madre vive per il proprio figlio, così noi siamo chiamati a vivere per Lui. Generare non è questione di pensieri, non è un fatto mentale. È un evento che passa per la carne e per il sangue, per il nostro corpo. Cristo nasce in noi, quando il nostro corpo è donato, quando il dono di noi stessi passa per la nostra vita, tocca tutto il nostro essere. Lì, allora, senza forse neanche troppo rendercene conto, generiamo il Signore. La nostra vita, con i suoi eventi grandi o piccoli, è chiamata ad essere questo, a questo generare Lui. Non si tratta semplicemente di fare cose buone, e neanche di farle per Lui. Si tratta di qualcosa di molto più grande, di ciò che veramente rende grande la nostra vita: si tratta di diventare anche noi madri del Signore Gesù. Noi spesso cerchiamo Dio molto lontano, e dimentichiamo che non possiamo trovarlo se non generandolo, se non impregnando tutto il nostro essere di Lui, se non compiendo la volontà del Padre. 2

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Il Vangelo ci racconta di un atteggiamento molto bello di Maria, che custodisce tutto quello che accade, meditandolo nel proprio cuore. Essere madri è proprio questo atteggiamento silenzioso che accoglie la vita, che ti rende un luogo dove semplicemente la vita può accadere, dove anche Dio può accadere. Essere figli, dunque, ed essere madri. Due atteggiamenti apparentemente contrapposti, ma in realtà tanto legati l’uno all’altro. Semplicemente perché genera Cristo chi vive in pienezza il proprio essere figlio di Dio, che accoglie lo Spirito e vive di esso, così come lo Spirito si è posato su Maria a Nazareth, e l’ha resa feconda. Mi piace che ogni anno, che quest’anno, inizi con questo grande orizzonte, con questo sguardo spalancato su questa verità di ciò che siamo. Poi, durante l’anno, sicuramente a volte abbasseremo il tiro, restringeremo l’orizzonte, ma rimane il fatto che questa possibilità rimane aperta, ci è rinnovata. Che a questo siamo chiamati, e che la vita di ciascuno, lì dov’è, porta questa dignità immensa, che niente e nessuno può cancellare. Questa è la pienezza dei tempi. E forse la pace passa proprio per qui, per queste relazioni di intimità profonde, che generano nel mondo le opere di Dio.

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