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12 Le campane di Varallo e Pombia Pellegrini, esploratori o turisti? Il Sacro Monte di Varallo e il viaggio interiore Riflessione a cuore aperto di mons. Franco Giulio Brambilla cammino cristologico, che percorre la via di Gesù. Naturalmente Maria è presente, co- me Madre, figura del discepolo, ombra luminosa di Cristo. Questo itinerario storico-artistico deve diventare un itinerario spirituale. Proporrò per l’Anno della Fede un grande pellegri- naggio in Terra Santa. E tuttavia vorrei che tutti coloro che non potranno partecipare al pellegrinaggio in Terra Santa potessero venire proprio qui a Varallo a fare in piccolo il grande pellegri- naggio. Sarebbe l’occasione propizia per compiere il pellegrinaggio che è segno este- riore di un cammino interiore, quello che ciascuno deve fare in questo Anno della Fede, attraverso la visita alle 44 cappelle e l’approdo al Monte Sacro. Il cardinal Rava- si, un grande biblista che voi conoscete, quando ci spiegava il Vangelo, per invoglia- re a leggerlo ci diceva con ironia che… finiva bene. Ci invitava, però, a capire il senso di questo “finire bene” del Vangelo. Il Vangelo finisce bene per il cammino che ci propone, per i momenti nei quali si fa fatica a vivere, a camminare, ad attraversare l’avventura della vita. Allora guardando le cappelle dove Cristo è annunciato, nasce, soffre, muore, risorge, troviamo ispirazione e risorse per il nostro cammino di figli di Dio, per crescere nella libertà. C’è una cosa, infatti, che unifica tutti noi: siamo tutti figli. E continuiamo a rimanere figli. Non è un caso che sia proprio il Figlio colui che è presso il cuore del mistero di Dio e che ha camminato in mezzo a noi. Per questo è importante intendere la vita come cammino e pellegrinaggio. Il soffrire, il faticare, il guarire, il parlare, il dialogare, il piangere di Cristo, che viene rievocato dalle immagini delle cappelle, ci deve porta- re a lasciarci guardare da queste immagini, a lasciarci interpellare da Cristo. C’è una cosa commovente che troviamo nella cappella della Crocifissione: il percor- so prevedeva che si entrasse da una parte, si sfilasse davanti e ci si fermasse a guardare e a lasciarsi guardare dal Crocifisso, uscendo poi dalla parte opposta. Ma sul muro, ac- canto alla porta d’uscita, ci sono raffigurati due volti di pellegrini che guardano al Cro- cifisso. Come a dirci: prima di uscire, fer- mati, guarda ancora indietro verso Colui che ha dato la vita per te. Questo è il percorso interiore che dovrem- mo fare, camminando attraverso le cappelle del Sacro Monte. Si potranno proporre per- corsi diversi: per i credenti, per quelli in ricerca, per i non credenti, per quelli che faticano a credere. Ognuno entra dalla sua porta, e noi dovremo avere una grande ac- coglienza per far sperimentare in modo nuovo il “pellegrinaggio”, perché rimanga la voglia di visitare il Sacro Monte non da turisti o da esploratori, ma da pellegrini. Il pellegrinaggio è sempre stato un momento particolarmente significativo nella vita del cristiano. Intorno al Mille e fino al Millecinquecen- to era importante, nel cammino della vita di una persona, trovare un tempo dove si la- sciava la casa per cercare se stessi, attraver- so un percorso che diventava un itinerario dell’anima verso Dio. Fin verso il Seicento, il pellegrino aveva una meta, un traguardo, un punto di riferi- mento, tanto è vero che una volta arrivati si ritornava cambiati. Chi era andato a Geru- salemme e, tornando portava una palma, poteva fregiarsi del nome di “palmiere”, chi era andato a Roma in pellegrinaggio poteva fregiarsi del nome di “romeo”, e chi era andato a Santiago di Compostela poteva fregiarsi del nome di “pellegrino”, perché era andato nel posto più peregrino, più lon- tano del mondo allora conosciuto, fini ai confini della terra. A volte, addirittura si cambiava l’identità, si mutava nome. Lo si faceva con un significato penitenziale. I pellegrini volevano veramente cambiare qualcosa della loro vita, uscire dal modo di vivere abituale, uscire dalle condizioni della vita quotidiana per ritornarvi rinnovati. Dal Seicento fino all’Ottocento, il pelle- grino perde la meta religiosa del proprio cammino, diventa un esploratore, va a ve- dere le tribù antiche, le farfalle, le specie rare, ecc., e scopre il mondo, anzi scopre l’evoluzione del mondo. Quello che una volta era il pellegrino, ora ha abbassato lo sguardo, non ha più una mèta alta, punta sul microcosmo, sulle leggi della realtà, vuol vedere i particolari, vuol cogliere il meccanismo della vita, impara a fare tante cose, ma disimpara il sapere fon- damentale, che è il “saper vivere”. Il pelle- grino antico cercava la stella polare per trovare il senso della vita. L’esploratore cerca il meccanismo del mondo che condu- ce al sapere tecnico e a manipolare il mon- do. Poi arriva il Novecento, e anche l’esploratore si perde e l’uomo diventa turi- sta, bighellone, colui che va in giro senza una meta, o cerca una meta comoda e poco costosa, è un tipo da “last minute”. Oggi molti non sanno dove andare, vanno alla ventura, aspettando che qualcosa susci- ti in loro un’emozione forte, lasci una trac- cia che, una volta tornati, scompare, per tornare a nuove emozioni e avventure l’anno dopo. Ma non c’è più una stella da seguire (il pellegrino) e neanche una curiosi- tà da perseguire (l’esploratore), ma solo un’avventura da cercare (il turista per caso). A questo punto la mia domanda è: possia- mo noi ritornare a essere antichi pellegrini che, mentre cercano la stella dietro la quale camminare, ritrovano l’itinerario interiore, che consente di ritrovare non solo se stessi ma anche il volto dell’altro, il volto della famiglia, il significato del proprio lavoro, i gesti che facciamo ogni giorno? Questa è la posta in gioco del pellegrinaggio. Nella nostra fede cristiana è rimasta solo la domenica come un fatto che coinvolge tutta la nostra vita quotidiana, il nostro corpo. Avete visto che ormai la cosa più geniale che pensa un papà per tenersi buoni i figli è quello di portarli la domenica a pranzo (si fa per dire…) alla città mercato. Che colpo di genio! Che guizzo di creatività! Capite? Per questo sono diventato un difensore accanito della domenica, perché è rimasta l’unico baluardo di difesa di una religione che vuole essere incarnata nella vita. Noi avevamo ben altro nel passato, avevamo il pellegrinaggio, che metteva in gioco la tota- lità della persona perché coloro che andava- no in Palestina, non sapevano se sarebbero tornati indietro: si rischiava veramente la vita, ma lo si faceva per rinnovare la vita! Anche il pellegrinaggio interiore che o- gnuno di noi può e deve fare, dovrebbe essere un pellegrinaggio a rischio della vita, dove uno si mette di nuovo in gioco, in qualsiasi tappa della vita. Infatti, giunge sempre un momento in cui uno si deve ri- mettere in campo, in cui si deve rigiocare la partita della vita. Noi vorremmo che nella circostanza dei cinquecento anni della Pare- te Gaudenziana, il pellegrinaggio diventasse un’esperienza di trasformazione spirituale. E anche culturale, capace di cambiare e di cambiarci. Vedremo come fare, con chi farlo, a chi proporlo. In quest’anno, l’Anno della Fede, dobbia- mo chiederci: Chi siamo noi? Come stiamo vivendo la nostra corporeità, i nostri sogni, i nostri sentimenti, le nostre paure, le nostre angosce, le nostre rabbie, i nostri risenti- menti, le nostre gioie, i nostri progetti? Ritorniamo di nuovo a imparare ad essere pellegrini! (Continua da pagina 3) Buon Natale! “Il Natale è gioia perché vediamo e siamo finalmente sicuri che Dio è il Bene, la Vita, la Verità dell’uomo e si abbassa fino all’uomo, per innalzarlo a Sé: Dio diventa così vicino da poterlo vedere e toccare” (Benedetto XVI) Particolare del presepio a Cascinetta Il presepio nella parrocchiale di Varallo IN QUESTO NUMERO Dal Paraguay ci scrive padre Dell’Amore a pagina 2 In piazza San Pietro cinquanta anni fa a pagina 3 Dalla Casa di riposo a pagina 6 L’Adozione a vicinanza dei Vincenziani a pagina 7 BOLLETTINO DELLE PARROCCHIE DEI SANTI VINCENZO E ANASTASIO E DI SAN VINCENZO E SANTA MARIA Anno I N.3 Dicembre 2012 Don Giuseppe Rossi, il 3 novembre con il vescovo ricordati i 100 anni dalla nascita a pagina 2 Suor Elena Arcolin, le Giuseppine e la comunità in festa per la prima professione religiosa a pagina 9 «Ritorniamo ad essere pellegrini»: la riflessione a cuore aperto di mons. Brambilla a pagina 3 ALL’INTERNO Dal Cinquecento ai giorni nostri la storia di Varallo nell’archivio parrocchiale a pagina 5 Il presepio in Santa Maria a Pombia Una porta già aperta in noi dal momento del Battesimo C arissimi, da pochi mesi è iniziato l’Anno della Fede che vede impegnata tutta la chiesa in uno sfor- zo di riflessione e rinnovamento. Anche noi, come comunità cristiana, siamo invitati a compiere dei passi che ci portino ad attraversare “la porta della fede”. La porta è unica, ma le esperienze possono essere molteplici. Non dobbiamo dimenticare che è Dio che apre la porta della fede, non siamo noi. Questa porta è sempre aperta e lo sarà per tutto il tempo della nostra vita: sta a noi attraversarla. In effetti la porta della fede è già a- perta in noi dal momento del Battesi- mo, l’invito che ci viene rivolto è quello di scegliere con consapevolez- za di appartenere alla Chiesa. Con l’Avvento abbiamo iniziato un nuovo anno liturgico mettendo al centro il Vangelo di Luca che ci ac- compagnerà nel conoscere sempre meglio chi è il Signore Gesù ed esse- re suoi discepoli. Il Signore viene, andiamogli incontro con fede! La fede si rafforza e cresce solo cre- dendo. Riscopriamo insieme alcuni segni che troviamo ogni qualvolta entria- mo in chiesa. Il primo è il segno della croce. Pensiamo al gesto che compie il sa- cerdote sulla fronte del bambino nel rito del Battesimo, è l’inizio di un cammino, la porta che si apre per entrare a far parte della Chiesa. Ma pensiamo anche al segno della croce ogni qual volta iniziamo a pre- gare, è un metterci in contatto con Dio anche se ci troviamo in casa. I segni, come quello della croce, pos- sono assumere significati diversi a seconda o no dell’apertura del nostro cuore. Riscopriamo questo gesto come espressione di fede e di amore. (Continua a pagina 9)

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12 Le campane di Varallo e Pombia

Pellegrini, esploratori o turisti? Il Sacro Monte di Varallo e il viaggio interiore Riflessione a cuore aperto di mons. Franco Giulio Brambilla

cammino cristologico, che percorre la via di Gesù. Naturalmente Maria è presente, co-me Madre, figura del discepolo, ombra luminosa di Cristo.

Questo itinerario storico-artistico deve diventare un itinerario spirituale. Proporrò per l’Anno della Fede un grande pellegri-naggio in Terra Santa.

E tuttavia vorrei che tutti coloro che non

potranno partecipare al pellegrinaggio in Terra Santa potessero venire proprio qui a Varallo a fare in piccolo il grande pellegri-naggio. Sarebbe l’occasione propizia per compiere il pellegrinaggio che è segno este-riore di un cammino interiore, quello che ciascuno deve fare in questo Anno della Fede, attraverso la visita alle 44 cappelle e l’approdo al Monte Sacro. Il cardinal Rava-si, un grande biblista che voi conoscete, quando ci spiegava il Vangelo, per invoglia-re a leggerlo ci diceva con ironia che…finiva bene. Ci invitava, però, a capire il senso di questo “finire bene” del Vangelo. Il Vangelo finisce bene per il cammino che ci propone, per i momenti nei quali si fa fatica a vivere, a camminare, ad attraversare l’avventura della vita. Allora guardando le cappelle dove Cristo è annunciato, nasce, soffre, muore, risorge, troviamo ispirazione e risorse per il nostro cammino di figli di Dio, per crescere nella libertà. C’è una cosa, infatti, che unifica tutti noi: siamo tutti figli. E continuiamo a rimanere figli.

Non è un caso che sia proprio il Figlio

colui che è presso il cuore del mistero di Dio e che ha camminato in mezzo a noi. Per questo è importante intendere la vita come cammino e pellegrinaggio. Il soffrire, il faticare, il guarire, il parlare, il dialogare, il piangere di Cristo, che viene rievocato dalle immagini delle cappelle, ci deve porta-re a lasciarci guardare da queste immagini, a lasciarci interpellare da Cristo.

C’è una cosa commovente che troviamo

nella cappella della Crocifissione: il percor-so prevedeva che si entrasse da una parte, si sfilasse davanti e ci si fermasse a guardare e a lasciarsi guardare dal Crocifisso, uscendo poi dalla parte opposta. Ma sul muro, ac-canto alla porta d’uscita, ci sono raffigurati due volti di pellegrini che guardano al Cro-cifisso. Come a dirci: prima di uscire, fer-mati, guarda ancora indietro verso Colui che ha dato la vita per te.

Questo è il percorso interiore che dovrem-

mo fare, camminando attraverso le cappelle del Sacro Monte. Si potranno proporre per-corsi diversi: per i credenti, per quelli in ricerca, per i non credenti, per quelli che faticano a credere. Ognuno entra dalla sua porta, e noi dovremo avere una grande ac-

coglienza per far sperimentare in modo nuovo il “pellegrinaggio”, perché rimanga la voglia di visitare il Sacro Monte non da turisti o da esploratori, ma da pellegrini. Il pellegrinaggio è sempre stato un momento particolarmente significativo nella vita del cristiano.

Intorno al Mille e fino al Millecinquecen-

to era importante, nel cammino della vita di una persona, trovare un tempo dove si la-sciava la casa per cercare se stessi, attraver-so un percorso che diventava un itinerario dell’anima verso Dio.

Fin verso il Seicento, il pellegrino aveva

una meta, un traguardo, un punto di riferi-mento, tanto è vero che una volta arrivati si ritornava cambiati. Chi era andato a Geru-salemme e, tornando portava una palma, poteva fregiarsi del nome di “palmiere”, chi era andato a Roma in pellegrinaggio poteva fregiarsi del nome di “romeo”, e chi era andato a Santiago di Compostela poteva fregiarsi del nome di “pellegrino”, perché era andato nel posto più peregrino, più lon-tano del mondo allora conosciuto, fini ai confini della terra. A volte, addirittura si cambiava l’identità, si mutava nome. Lo si faceva con un significato penitenziale. I pellegrini volevano veramente cambiare qualcosa della loro vita, uscire dal modo di vivere abituale, uscire dalle condizioni della vita quotidiana per ritornarvi rinnovati.

Dal Seicento fino all’Ottocento, il pelle-

grino perde la meta religiosa del proprio cammino, diventa un esploratore, va a ve-dere le tribù antiche, le farfalle, le specie rare, ecc., e scopre il mondo, anzi scopre l’evoluzione del mondo.

Quello che una volta era il pellegrino, ora

ha abbassato lo sguardo, non ha più una mèta alta, punta sul microcosmo, sulle leggi della realtà, vuol vedere i particolari, vuol cogliere il meccanismo della vita, impara a fare tante cose, ma disimpara il sapere fon-damentale, che è il “saper vivere”. Il pelle-grino antico cercava la stella polare per trovare il senso della vita. L’esploratore cerca il meccanismo del mondo che condu-ce al sapere tecnico e a manipolare il mon-do.

Poi arriva il Novecento, e anche

l’esploratore si perde e l’uomo diventa turi-sta, bighellone, colui che va in giro senza una meta, o cerca una meta comoda e poco costosa, è un tipo da “last minute”.

Oggi molti non sanno dove andare, vanno

alla ventura, aspettando che qualcosa susci-ti in loro un’emozione forte, lasci una trac-cia che, una volta tornati, scompare, per tornare a nuove emozioni e avventure l’anno dopo. Ma non c’è più una stella da

seguire (il pellegrino) e neanche una curiosi-tà da perseguire (l’esploratore), ma solo un’avventura da cercare (il turista per caso).

A questo punto la mia domanda è: possia-

mo noi ritornare a essere antichi pellegrini che, mentre cercano la stella dietro la quale camminare, ritrovano l’itinerario interiore, che consente di ritrovare non solo se stessi ma anche il volto dell’altro, il volto della famiglia, il significato del proprio lavoro, i gesti che facciamo ogni giorno? Questa è la posta in gioco del pellegrinaggio. Nella nostra fede cristiana è rimasta solo la domenica come un fatto che coinvolge tutta la nostra vita quotidiana, il nostro corpo. Avete visto che ormai la cosa più geniale che pensa un papà per tenersi buoni i figli è quello di portarli la domenica a pranzo (si fa per dire…) alla città mercato. Che colpo di genio! Che guizzo di creatività! Capite?

Per questo sono diventato un difensore

accanito della domenica, perché è rimasta l’unico baluardo di difesa di una religione che vuole essere incarnata nella vita. Noi avevamo ben altro nel passato, avevamo il pellegrinaggio, che metteva in gioco la tota-lità della persona perché coloro che andava-no in Palestina, non sapevano se sarebbero tornati indietro: si rischiava veramente la vita, ma lo si faceva per rinnovare la vita!

Anche il pellegrinaggio interiore che o-gnuno di noi può e deve fare, dovrebbe essere un pellegrinaggio a rischio della vita, dove uno si mette di nuovo in gioco, in qualsiasi tappa della vita. Infatti, giunge sempre un momento in cui uno si deve ri-mettere in campo, in cui si deve rigiocare la partita della vita. Noi vorremmo che nella circostanza dei cinquecento anni della Pare-te Gaudenziana, il pellegrinaggio diventasse un’esperienza di trasformazione spirituale. E anche culturale, capace di cambiare e di cambiarci. Vedremo come fare, con chi farlo, a chi proporlo.

In quest’anno, l’Anno della Fede, dobbia-

mo chiederci: Chi siamo noi? Come stiamo vivendo la nostra corporeità, i nostri sogni, i nostri sentimenti, le nostre paure, le nostre angosce, le nostre rabbie, i nostri risenti-menti, le nostre gioie, i nostri progetti?

Ritorniamo di nuovo a imparare ad essere

pellegrini!

(Continua da pagina 3)

Buon Natale! “Il Natale è gioia perché vediamo e siamo finalmente sicuri che Dio è il Bene, la Vita,

la Verità dell’uomo e si abbassa fino all’uomo, per innalzarlo a Sé: Dio diventa

così vicino da poterlo vedere e toccare” (Benedetto XVI)

Particolare del presepio a Cascinetta

Il presepio nella parrocchiale di Varallo

IN QUESTO NUMERO

Dal Paraguay ci scrive padre Dell’Amore

a pagina 2

In piazza San Pietro cinquanta anni fa

a pagina 3

Dalla Casa di riposo a pagina 6

L’Adozione a vicinanza dei Vincenziani

a pagina 7

BOLLETTINO DELLE PARROCCHIE DEI SANTI VINCENZO E ANASTASIO

E DI SAN VINCENZO E SANTA MARIA

Anno I N.3 Dicembre 2012

Don Giuseppe Rossi, il 3 novembre con il vescovo ricordati i 100 anni dalla nascita

a pagina 2

Suor Elena Arcolin, le Giuseppine e la comunità in festa per la prima professione religiosa

a pagina 9

«Ritorniamo ad essere pellegrini»: la riflessione a cuore aperto di mons. Brambilla

a pagina 3

ALL’INTERNO

Dal Cinquecento ai giorni nostri la storia di Varallo nell’archivio parrocchiale

a pagina 5

Il presepio in Santa Maria a Pombia

Una porta già aperta in noi dal momento del Battesimo

C arissimi, da pochi mesi è iniziato l’Anno della Fede che vede

impegnata tutta la chiesa in uno sfor-zo di riflessione e rinnovamento. Anche noi, come comunità cristiana, siamo invitati a compiere dei passi che ci portino ad attraversare “la porta della fede”. La porta è unica, ma le esperienze possono essere molteplici. Non dobbiamo dimenticare che è Dio che apre la porta della fede, non siamo noi. Questa porta è sempre aperta e lo sarà per tutto il tempo della nostra vita: sta a noi attraversarla. In effetti la porta della fede è già a-perta in noi dal momento del Battesi-mo, l’invito che ci viene rivolto è quello di scegliere con consapevolez-za di appartenere alla Chiesa. Con l’Avvento abbiamo iniziato un nuovo anno liturgico mettendo al centro il Vangelo di Luca che ci ac-compagnerà nel conoscere sempre

meglio chi è il Signore Gesù ed esse-re suoi discepoli. Il Signore viene, andiamogli incontro con fede! La fede si rafforza e cresce solo cre-dendo. Riscopriamo insieme alcuni segni che troviamo ogni qualvolta entria-mo in chiesa. Il primo è il segno della croce. Pensiamo al gesto che compie il sa-cerdote sulla fronte del bambino nel rito del Battesimo, è l’inizio di un cammino, la porta che si apre per entrare a far parte della Chiesa. Ma pensiamo anche al segno della croce ogni qual volta iniziamo a pre-gare, è un metterci in contatto con Dio anche se ci troviamo in casa. I segni, come quello della croce, pos-sono assumere significati diversi a seconda o no dell’apertura del nostro cuore. Riscopriamo questo gesto come espressione di fede e di amore.

(Continua a pagina 9)

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2 Le campane di Varallo e Pombia

“Grati al Signore per la testimonianza di amore”

Il centenario di don Giuseppe Rossi alla presenza del Vescovo

Nel pomeriggio di domenica 4 novembre la nostra comunità parrocchiale, per la prima volta, ha accolto monsignor Bram-billa: l’occasione della visita da parte del Vescovo è stato il centenario della nascita di don Giuseppe Rossi. All’inizio della Celebrazione eucaristica padre Matteo ha dato il benve-nuto a monsi-gnor Brambil-la, esprimen-do viva rico-noscenza per la sua presen-za, ha salutato i parenti di don Rossi, le autorità e la locale sezione Avis, ringra-ziandola per aver riparato la tomba di don Giuseppe, ed ha quindi tracciato una breve biografia di don Giuseppe Rossi. “Don Rossi nac-que a Varallo Pombia il 3 novembre 1912 e fu battezzato il 10 novembre, mentre il 5 dicembre 1920 ricevette la Cresima. Il germe della vocazione era venuto alla luce con l’arrivo in parrocchia di don Gio-vanni Preti, un sacerdote abitato da un forte carisma, che era capace di trattare con i giovani: un prete da ammirare e da imitare. Nell’autunno del 1925 entrò nel seminario San Carlo di Arona, accolto dal rettore don Silvio Gallotti, gemma dei sacerdoti di quel tempo e ora proclamato venerabile. Dopo gli ordini minori, diven-tò sacerdote il 29 giugno 1937 per le mani di monsignor Castelli e la domenica 4 luglio celebrò la sua prima Messa in que-sta chiesa. Sull’immaginetta ricordo tro-viamo chiaramente il programma della sua missione racchiuso in un versetto della seconda Lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi: Darò tutto quello che ho, anzi

darò tutto me stesso per le anime vostre. Fu poi inviato parroco a Castiglione Os-sola, dove il 26 febbraio 1945 fu barbara-mente ucciso mentre proteggeva il gregge a lui affidato”. Nel 2002 è stato aperto il Processo Diocesano per la beatificazione di don Rossi ed ora la Causa è stata trasfe-

rita a Roma. Padre Matteo si è poi rivolto al Vescovo: “Grati al Si-gnore di que-sta testimo-nianza di amore a Dio e alla sua gente, le chiediamo una parola di i n c o r a g g i a -mento, che in

questo Anno della Fede ci aiuti a vivere con fedeltà e gioia il nostro cammino”. Durante l’omelia il Vescovo ha detto di aver accolto volentieri l’invito ad essere presente per commemorare la nascita di don Giuseppe Rossi ed ha ricordato di essere stato anche a Castiglione Ossola dove sono ancora presenti le sue tracce ed anche nella sacrestia dell’episcopio vi è l’immagine di questo sacerdote, ma non aveva ben presente che fosse così giovane, solo 33 anni, quando ha compiuto il gesto eroico di donare la vita per la sua gente. Ne ha tessuto l’elogio come figura di sa-cerdote che si rifà a Gesù, che è sacerdote nella maniera più radicale, per intercedere per loro. Durante la processione offerto-riale sono stati portati all’altare il pane, il vino e l’atto di battesimo di don Giuseppe quale segno del suo ingresso nella Chiesa e della grande fede che lo ha accompagna-to nella sua vita. Le offerte raccolte du-rante la Celebrazione sono state devolute ai cristiani perseguitati della Siria come segno di solidarietà e vicinanza ai fratelli che soffrono a causa della Fede e, come fece don Rossi, per amore seguono Cristo fin sulla Croce. Al termine della Messa, concelebrata da padre Matteo, padre Mar-co Canali, don Sabino, don Vittorio Moia e don Francesco Parachini, monsignor Brambilla si è trattenuto in chiesa per incontrare e salutare sindaco, vicesindaco, autorità ed i numerosi fedeli presenti.

Anna Parachini

Ci scrive padre Dell’Amore, missionario in Paraguay Caro don Matteo, scusami per il ritardo con cui ti scrivo. Mi hai chiesto di presentarmi brevemente: ho cinquanta anni, sono stato ordinato sacerdote quindici anni fa nella Fraternità Sacerdotale dei Missionari di san Carlo Borromeo. Fraternità Sacerdotale, perché la vita comune é un punto fondamentale e distintivo della nostra vita di preti, e Missionari, perché siamo inviati in tutto il mondo perchè gli altri uomini possano incontrare quel Re, di cui oggi è la festa, che ha affascinato e affascina la nostra vita. Dopo la mia ordinazione sono stato 7 anni a Novosibirsk (Siberia - Russia), dove ero cappellano delle carceri di quella città, insegnavo Storia d’Italia all’Università. Dopo sono stato viceparroco a Roma, dove ci é stata affidata una parrocchia nel centro della città (il Colosseo fa parte della parrocchia). Dopo 4 anni il mio superiore, mons. Camisasca, che proprio in questi giorni sarà ordinato Vescovo di Reggio Emilia, mi ha chiesto se ero disponibile a partire per il Paraguay. E così ora mi trovo qui, ad Asuncion, la capitale del Paraguay, in una parrocchia della città. Vivo con altri due preti, italiani: padre Alberto Bertaccini, di Forlí, che é il parroco, e padre Aldo Trento, che é il fondatore della Fundacion san Rafael, una opera di carità che ocupa di ammalati terminali (creando una clínica per loro), di bambini e anziani abbandonati. Esiste anche una scuola, aperta specialmente a bambini e ragazzi poveri. Il mio incarico principale é quello di cappellano della Cappella san Blas (san Biagio), una cappella che si trova nel territorio della parrocchia e che ha una sua particolare storia e autonomía. Mi é stata affidata una parte della catechesi, la Cresima, nella Parrocchia, a cui partecipano un centinaio di ragazzi. Almeno una volta alla settimana vado a Itauguà, un paese a circa 40 km da Asunción, dove seguo e collaboro con la casa “Virgen de Caacupè”, una casa di acco-glienza per minori incarcerati o in situazioni di rischio. Con alcuni amici mi occupo anche del cen-tro culturale “don Danilo Muzzin”, sorto nel 2008, che propone differenti attività cultura-li. Il Paraguay è un paese abbastanza povero e non molto sviluppato. Una povertà non solo economica, che è forse la più evidente, ma soprattutto spirituale. Un paese in cui tutto sembra riferirsi a delle radici cristiane, dove la maggior parte delle imprese e negozi hanno nomi di origine cristiana (la linea di autobus si chiama Nuestra Señora de la A-suncion, non si contano i negozi con nomi tipo: Ferramenta san Josè o Alimentari Divi-

(Continua a pagina 10)

LE CAMPANE DI VARALLO E POMBIA Bollettino parrocchiale

Direttore responsabile padre Matteo Borroni

Redazione c/o casa parrocchiale Impaginazione e stampa in proprio

mail: [email protected]

In copertina: la chiesa di San Vincenzo in Castro di Pombia (a sinistra) e quella dei Santi Vincen-

zo e Anastasio di Varallo Pombia (a destra).

Le campane di Varallo e Pombia 11

VARALLO Per la Chiesa Parrocchiale N.N. 30 – Per funerale di Ignazio Dainese 150 – In memoria di Italo Comizzoli 100 - N.N. 50 - N.N. 20 – Per funerale di Mafalda Berto 100 - N.N. 20 – Per funerale di Maria Ghiro 150 - N.N. 50 - N.N. 100 – Famiglia Boglio in memoria di Angelina Boggio 50 – Per funerale di Marino Mattiazzi 50 – Per 50° di matrimonio di Pietro Tonioli e Rina 50 - N.N. 20 – Matrimonio Antonello-Provenzano 200 - N.N. 100 – Matrimonio Parachini-Di Terlizzi 150 – N.N. 50 – Battesimo De Biase 20 – Matrimonio Azara-Beccegato 100 – Per funerale di Guido Ingignoli 100 – Per funerale di Maria Teresa Poli 50 - N.N. 50 - N.N. 80 - N.N. 70 – Famiglia Spiga 50 – Famiglia Lazzari 50 – Battesimo Ercole Bolognini 50 – Matrimonio Mussetta-Cerutti 400 - N.N. 800 - N.N. 3.000 - Battesimo Ludovica Rita Favini 100 – Battesimi Cavalieri e Mot-ti 100 – Coscritti del 1940 80 - N.N. 40 – Per funerale di Gianni Spiga 50 - N.N. 40 - N.N. 20 - N.N. 95 – Battesimo Benedet-ta Ferrari 100 – 50° di matrimonio 50 - N.N. 100 - N.N. 50 - N.N. 50 - N.N. 70 – Battesimi 250 – Per funerale di Fernanda Viganò 100 - N.N. 60 – Famiglia Pietro Favini 100 – La nipote in memoria di don Giuseppe Rossi 60 - N.N. 50 - N.N. 100 - N.N. 100 – Ammalati 55 - N.N. 55 - N.N. 130 – Battesimo 30 – Coscritti del 1942 185 - N.N. 30 – Per funerale di Luciano Bensi 500 - N.N. 50 - N.N. 60 – I coscritti del 1966 100 – Battesimo di Carabelli Martina 50 – N.N. 50 – N.N. 30 – Lazzaro per 50° di Matrimonio 150 – N.N. 80 - Azione Cattolica 100 - N.N. 125 - N.N. 500 - Per funerale di Agnese Cavallini 50 -Genieri, artiglieri e alpini 100 - Matrimonio Marini-Pozzoni 150 - Per funerale di Maria Baldissin 150 - N.N. 30 Per la Chiesa della Madonna La nonna per matrimonio di Miriam e Fabrizio 100 – N.N. in memoria di Silvana Rossi 150 - N.N. 500 – In memoria di Ignazio Dainese: i parenti 360; le amiche del Rosario Perpetuo 105 – Matrimonio Potettu-Marucci 100 - N.N. 100 - N.N. 50 - Matrimonio Garavaglia-Vittimani 200 - N.N. 7.150 - N.N. per tetto 100 - N.N. 100 – As-sociazione Pro Baby 200 – Vendita torte 515 Chiesa di Cascinetta La famiglia in memoria di Adele 40 - 50° di matrimonio 100 - N.N. 100 Per la Casa di riposo Famiglia Adricino-Silvestri 100 – Famiglia Daniela e Sabina Ingignoli 100 – In memoria di Pia Aleman-ni 50 - Maria Verga ha donato un’autoclave per l’infermeria Per ristrutturazione Casa parrocchiale N.N. 70 - N.N. 50 Per Oratorio Coscritti del 1932 100 Per restauro Madonna lignea N.N. 60 – N.N. 50 - N.N. 20 Per Bollettino parrocchiale N.N. 20 - N.N. 10 - N.N. 10 Per nuova bacheca N.N. 400 - N.N 150 Giornata Missionaria Varallo 1.200 – Cascinetta 415 Contributo Comune per Grest 9.000 Questue Messe 14.356 Questue Cascinetta 1.315 Candele 2.415

POMBIA

Per la Chiesa N.N. 40 – Ammalati 60 - N.N. 20 - N.N. 30 – Per funerale di Luigia Mattiazzi 100 – In memoria di Luigia Mat-tiazzi 50 – In memoria di Pino Re 50 - N.N. 50 – In memoria di Giovanni Colombo e Luigina Repossi 30 – Per funerale di Prospera Toffanello 50 – Matrimonio Melone 390 – Festa della Madonna: questue 370, incanto offerte 650, buste 600 – Per funerale di Maria Finotti 100 – Famiglia Scarani per la Madonna del Rosario 100 – Per funerale di Piera Boccadelli 150 - N.N. 380 - N.N. 300 - N.N. 100 – Per funerale di Maria Rosa Comi 100 - Per funerale di Amelia Monaco 100 – N.N. 250 -Per funerale di Luigia Rubert 150 Giornata Missionaria 415 Questue Messe 3.855 Candele 1.308

La generosità dei parrocchiani

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10 Le campane di Varallo e Pombia

Se ascoltando San Paolo, pensiamo alle nostre comunità cristiane come ad un unico corpo, dove i gruppi e le associa-zioni sono le varie membra, dovremmo dire che l’Oratorio è il cuore della comu-nità, poiché in esso si radunano, si forma-no e crescono i nostri bambini e i nostri giovani che sono il futuro della Chiesa e quindi anche delle nostre parrocchie. A questo proposito vorrei citare ciò che il Papa ha detto lo scorso 2 giugno, incon-trando migliaia di giovani allo stadio Meazza di Milano in occasione della Giornata mondiale delle Famiglie. Così dunque si esprimeva: “Cari amici, voi siete fortunati perché nelle vostre parroc-chie ci sono gli oratori, un grande dono! L’oratorio, come dice la parola, è un luo-go dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si fa cate-chesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere, si impara a vi-vere, direi. Siate frequentatori assidui del vostro oratorio, per maturare sempre più nella conoscenza e nella sequela del Si-gnore!” . Il dono di cui parla il Santo Padre è an-che il nostro perché negli ultimi diciotto anni il nostro Oratorio è cresciuto in ma-niera esponenziale, sia con le sue nuove strutture ma soprattutto con la presenza di tanti giovani e di volontari. Ma in che modo è cresciuto e come si svolge la vita del nostro Oratorio durante l’anno? Innanzi tutto un grazie particola-re va riconosciuto a don Pierangelo che, negli anni della sua presenza, ha creduto molto nell’Oratorio dandogli la preceden-

za e investendo forze e risorse per il rifa-cimento delle strutture. Vanno anche ricordate le numerose persone che con il proprio lavoro o con le proprie offerte hanno sostenuto quest’opera. Però sareb-be inutile avere bei locali se poi restano vuoti! In questi anni c’è stato un fruttuoso pas-saggio di testimone tra i coadiutori che si sono succeduti. Don Paolo è stato il pio-niere che ha riaperto l’oratorio dopo gli anni difficili della sua sciagurata chiusu-ra. Don Massimo ha poi lavorato per riunire un buon gruppo di genitori che col loro lavoro garantiscono ancora oggi i servizi essenziali. Io ho avuto la fortuna di crescere e lavorare sempre negli orato-ri e, con l’aiuto di ottimi educatori, in questi anni abbiamo ricostruito i gruppi giovanili che ora, in maniera stabile, fre-quentano l’oratorio e i gruppi di forma-zione. Anche quest’anno sono quasi un centinaio i ragazzi che frequentano i gruppi giovanili. Un momento forte è sicuramente l’esperienza del Grest estivo; un intenso mese di lavoro che nell’ultima estate ha visto coinvolti tra bambini ed animatori 430 ragazzi. I campi scuola chiudono le attività dell’anno pastorale; essi sono davvero un’esperienza di grazia per i nostri giovani. Ci sono ancora due sottolineature che vorrei fare. La prima riguarda l’unione tra i due Oratori di Varallo e di Pombia. In questi anni si è parlato molto del cam-mino che le due comunità devono affron-tare insieme. L’esempio più bello è dato dai nostri ragazzi. Dal 2006 i cammini di

formazione ed ogni attività sono vissute insieme dai ragazzi di Varallo e di Pom-bia. C’è una perfetta sintonia e, per le nuove generazioni, è cosa normale sentir-si un unico corpo. Questo senza nulla togliere alla storia e alle specificità delle due comunità. L’ultima sottolineatura è circa il lavoro più nascosto che si compie ogni giorno in Oratorio. Sappiamo tutti quanto sia im-portante fornire ai ragazzi luoghi di in-contro sicuri. La presenza del sacerdote, delle suore e a volte anche degli educatori è molto importante. Ogni giorno osser-viamo e parliamo con i ragazzi. Ci ven-gono confidati i loro problemi, le loro aspettative a volte anche i loro segreti. Noi abbiamo l’opportunità di intervenire subito quando un ragazzo comincia a girare con pericolose compagnie, possia-mo esortarli a vigilare sulle scelte che fanno ma soprattutto, capita che anche tra una partita a ping pong o a carte, essi chiedano consigli ed aiuto. Ha ragione il Papa, gli Oratori sono un dono per le parrocchie e per le famiglie. Ogni giorno svolgiamo il nostro lavoro con la consapevolezza di aiutare i genito-ri nel loro compito educativo e di fare cosa gradita offrendo la nostra costante presenza. Se tutto questo è importante e se davvero vogliamo bene ai giovani allo-ra, come comunità, continuiamo a crede-re e a sostenere il nostro Oratorio. È il “cuore” ed il cuore garantisce la vita futu-ra della nostra piccola Chiesa locale.

don Sabino

Il Grest estivo è uno dei momenti ‘forti’

Oratorio, un grande dono!

Dal 2006 i cammini di formazione ed ogni attività sono vissute insieme dai ragazzi di Varallo e di Pombia

no Niño Jesus) ma in cui la vita segue un altro cammino e altre direzioni, che non quelle indicate da Gesú.

Come in tutto il resto del mondo, probabil-mente. Cosí che l’invito che il Papa ha fatto a tutta la Chiesa perché riscopra il dono e la bellezza della fede, arriva anche a noi, in questo paese evangelizzato 500 anni fa da francescani e gesuiti, e che nella sua storia, certamente non molto lunga, ha visto mo-menti di luce e di grande ombra. In una prossima lettera, che ti prometto di scrivere con più sollecitudine, cercherò di raccontarti anche qualche fatto interessante. Per ora stiamo aspettando l’inizio dell’Avvento e il Natale. Non mi sono ancora abituato a questo stra-no Avvento: essendo qui estate e trovando-ci ai tropici, la temperatura é già abbastanza

estiva (ieri il termometro segnava 35 gradi, ma salirà molto di più in gennaio). Tutti si preparano al Natale sotto un sole cocente. Un “caldo” saluto a te e a tutti i tuoi parroc-chiani

Padre Ferdinando* Asuncion, 25.11.2012

Festa di Cristo Re dell’Universo *i nonni paterni di padre Ferdinando Dell’Amore sono pombiesi; la mamma ed il papà (scomparso l’anno scorso) si sono trasferiti qualche anno fa a Pombia dove padre Ferdinando torna appena possibile

Ci scrive padre Dell’Amore, missionario in Paraguay (Continua da pagina 2)

Le campane di Varallo e Pombia 3

L’APPROFONDIMENTO - L’11 ottobre 1962 il ‘discorso della luna’ di Giovanni XXIII

In piazza San Pietro, quella sera di cinquant’anni fa... L’11 ottobre del 1962 è una data davvero importante per la Chiesa Cattolica: alla sera piazza San Pietro è gremita di folla per l’apertura del Concilio Vaticano II. Le persone presenti percepiscono l’importanza di que-sto evento ed a gran voce chiamano il Pa-pa ad affacciarsi. Gio- vanni XXIII è molto stanco per le lunghe celebrazioni che si erano svolte al matti- no nella Basilica di San Pietro per l’apertura del Concilio ed il proto- collo, come dice il suo segreta- rio Loris Ca-povilla, non preve- de questo e-vento. Ma il Papa buono si affac-cia per condivide- re con la piaz-za la soddisfazio- n e p e r l’apertura del Concilio e pronuncia uno dei più celebri discorsi, passato alla storia come il “discorso della lu-na”. È uno straordinario discorso a braccio: il Papa saluta la luna, i fedeli e pronuncia parole di stupefacen-te umiltà e coinvolgimento, partecipando alle sofferen-ze della gente: i fedeli sentono il Papa tra loro. Ogni volta che lo si rilegge o lo si riascolta si prova la stessa gioia e commozione che provarono i milioni di persone che stavano sia in piazza San Pietro sia davanti alla televisione.

C ari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la

luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’. Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rap-presentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi senti-te veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capi-tale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Conti-nuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardan-doci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficol-tà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una ca-rezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una paro-la di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte.

Vorrei rileggere con voi, cogliendo l’occasione dell’Anno della Fede, il senso della nostra vita. L’esistenza umana è “pellegrinaggio”. Il messaggio che voglio trasmettervi quest’anno è legato a una circo-stanza particolare. Il prossimo anno saran-no esattamente cinquecento anni (mezzo millennio) da che il nostro Gaudenzio Fer-rari dipinse la “Parete Gaudenziana”. Il vescovo desidera che questo anniversario non solo metta a fuoco l’importanza dell’affresco che Giovanni Paolo II definì la “Cappella Sistina del nord Italia”, ma attra-verso questa ricorrenza vogliamo ricuperare il posto e il senso di questa meraviglia dell’arte della nostra terra, mettendo in evidenza il percorso che i pellegrini faceva-no per giungere al Sacro Monte di Varallo.

I pellegrini, infatti, iniziavano dalla chie-

setta che c’è all’ingresso di Varallo (la cap-pella di Loreto), facendo una prima sosta (anche per rifocillarsi) e approdavano poi

davanti alla parete della chiesa della Ma-donna delle Grazie, dipinta da Gaudenzio Ferrari nel 1513. Qui, seduti, contemplava-no le 21 scene della parete prima di salire a piedi verso il Sacro Monte (la partenza anti-ca del pellegrinaggio iniziava proprio fuori dalla Chiesa delle Grazie). Probabilmente le scene della Parete venivano illustrate loro dal pulpito che campeggia al centro della prima aula in cui è suddivisa la Chiesa. Un’aula per la meditazione in immagini e parole.

Le scene che i pellegrini vedevano rappre-sentate sulla Parete Gaudenziana erano poi ritrovate nella visita alle 44 cappelle che portano al Sacro Monte, compresa la fonta-na al centro della piazza antistante il Santu-ario.

Un particolare: arrivati al centro della

piazza, tutti si dissetavano alla sua acqua. Anch’io, quando venivo con i ragazzi, tro-vavo naturale attingere a quella fonte alla

fine del cammino prima di immergermi nella penombra del Santuario. Forse biso-gna ricordare che la 44a cappella non è sol-tanto la fontana per rinfrescarsi, ma è la cappella della Risurrezione, la meta del pellegrino, l’acqua viva che rinnova il corpo e lo spirito, prima di entrare nel Santuario, dove si venera la Vergine Assunta nella vertiginosa cupola barocca, e visitare lo scurolo della Dormizione di Maria

Attraverso la visita che vi ho brevemente

descritto, troviamo disegnato il percorso della vita di Cristo, cioè la vita del Figlio che ha camminato in mezzo a noi, che ci ha insegnato come si cresce, si vive, si diventa grandi e si cresce come figli di Dio. Come è nato questo Santo Luogo? La ragione storica è nota: quando non fu più possibile andare in Terra Santa, il genio del francescano Caimi immaginò che si dovesse fare una Terra Santa “in miniatura”, per rendere accessibile il percorso a tutti quelli che non potevano più andare fino in Pale-stina.

Questo è il Sacro Monte di Varallo, la

Terra Santa in miniatura. Non è solo un Sacro Monte mariano, ma è soprattutto un

(Continua a pagina 12)

Pellegrini, esploratori o turisti? Il Sacro Monte di Varallo e il viaggio interiore Riflessione a cuore aperto di mons. Franco Giulio Brambilla

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4 Le campane di Varallo e Pombia

Il punto sui mutui parrocchiali Dopo la Pasqua 2013, la parrocchia di Varallo comincerà il rimborso del Prestito Beniamino

Sono tre i finanziamenti a lungo termine contratti con gli istituti di credito Fine dell’anno, tempo di bilanci: anche la Parrocchia vuole fare il punto sulla situazione dei Mutui aperti e in corso di pagamento. Al 30 novembre la situazione è la seguente: La PARROCCHIA DI VARALLO sta pagando due mutui per i lavori di ristrutturazione dell’Oratorio. Mutuo presso Banco Popolare (ex Banca Popolare di Nova-ra) PER SALONE ORATORIO "DON ROSSI" Aperto il 28/06/2001 Scadenza 30/06/2016 Importo richiesto 180.759, 91 euro (350.000.000 vecchie lire) Rate 60 trimestrali (pagate 45, residue 15) Debito residuo 54.209,06 euro + quota interesse a tasso variabile Rata pagata il 30 settembre 3.760 euro (Le rate pagate nel corso dell’anno sono state di importo di-verso perché il mutuo è a tasso variabile)

Mutuo presso Banca di Legnano PER ORATORIO (Sala giochi, cucina, bar, abitazione coa-diutore) Aperto il 15/11/2006 Scadenza il 21/10/2026 Importo richiesto 400.000 euro Rate 239 mensili (pagate 72, residue 167) Debito residuo 312.322 euro + quota interesse a tasso varia-bile Rata pagata il 30 novembre 1.624 euro (Le rate pagate nel corso dell’anno sono state di importo di-verso perché il mutuo è a tasso variabile) Inoltre dopo la Pasqua del 2013 la Parrocchia dovrà comin-ciare a restituire i soldi del Prestito Beniamino, iniziato nel 2008. Venticinque famiglie hanno contribuito a pagare parte

delle spese per la costruzione dell’Oratorio, per un valore di 56.100 euro. Nei prossimi cinque anni verranno estratte a sorte cinque famiglie all’anno a cui restituire il capitale. La PARROCCHIA DI POMBIA sta pagando un mutuo per la Chiesa di Santa Maria. Mutuo presso Banca di Legnano PER CONSOLIDAMENTO CHIESA E CAMPANILE Aperto il 16/10/2006 Scadenza il 30/09/2026

Importo richiesto 180.000 euro Rate 239 mensili (pagate 73, residue 166) Debito residuo 139.433 euro + quota interesse a tasso varia-bile Rata pagata il 30 novembre euro 937 (Le rate pagate nel corso dell’anno sono state di importo di-verso perché il mutuo è a tasso variabile) A ciò va aggiunto che la Curia fino al 2010 ha rimborsato gli interessi passivi; per il 2011 li dovrebbe rimborsare a breve; dal 2012 non li rimborserà più e quindi resteranno a totale carico delle Parrocchie. Pur consapevole del difficile momento economico, la Parroc-chia continua a contare sulla generosità dei parrocchiani per mantenere gli impegni assunti. Per contribuire, oltre alle offerte in Parrocchia, è possibile effettuare anche un Bonifico bancario. Parrocchia di San Vincenzo e Santa Maria (Pombia) Banco Popolare: Iban IT 23 A 05034 45720 0000 0000 1459 Parrocchia dei Santi Vincenzo e Anastasio (Varallo) Banco Popolare: Iban IT 49 F 05034 45720 0000 0000 4067

padre Matteo e il Caep

L’oratorio di Varallo Pombia

La chiesa di Santa Maria durante i lavori

Le campane di Varallo e Pombia 9

Il secondo segno è legato al primo ed è quello dell’acqua che troviamo entrando in chiesa. Una volta nelle case c’era l’acquasantiera che conteneva l’acqua benedetta. Quest’acqua richiama il nostro essere figli di Dio attraverso il Battesimo. Lo sappiamo l’acqua è incolore, inodore e senza sapore, ma ci purifica ci disseta. Abbiamo bisogno di essere lavati dai nostri pec-cati e saziare la nostra sete di felicità. La Chiesa oltre il Battesimo ci offre il sacramen-to della riconciliazione che ci mette in grazia di Dio, cioè ci rinnova lungo il nostro cammino per incontrare in modo vero e autentico il Si-gnore Gesù. Mentre con l’acqua segniamo il nostro corpo facciamo si che anche la nostra coscienza sia purificata attraverso il sacramento del perdono. Infine l’ultimo segno che incontriamo è quello della luce che viene simboleggiato dalla candela. Anche questo è un segno battesimale che vede impegnato il papà nell’accendere la candela: “fiamma che sempre dovete alimentare” dice la liturgia. Ai cristiani è data la luce della fede. E’ dunque questa luce che bisogna accogliere e attraverso la quale lasciarsi illuminare e guidare. Con il Natale Dio si fa presente in mezzo a noi come la vera luce: “Io sono la Luce del mondo”. Questa luce, di cui noi tutti abbiamo bisogno, ci aiuta nel nostro cammino, a prendere delle deci-sioni che siano sempre per il bene comune e mai per il nostro egoistico tornaconto. Mettendo una candela accesa sulla finestra in attesa del Signore o semplicemente accendendo-la in chiesa come di abitudine, possiamo rinno-vare il nostro desiderio di alimentare la nostra fede. Il Natale del Signore ci aiuti ad essere luce a nostra volta, incominciando nelle nostre case e nei nostri ambienti di vita. Tutti abbiamo bisogno di questa Luce che illu-mini il cammino e tutti noi possiamo essere un segno di speranza per che ci vive accanto. Anche la Vergine Maria, che ci ha accompagna-to lungo questo tempo di preparazione al Nata-le, ci aiuti nei nostri propositi di bene. Lei che la liturgia invoca come “Porta del cie-lo”, ci sia sempre di aiuto nel cammino di fede e ci sostenga nell’affrontare le prove. Auguro a tutti di cuore un Natale di pace e gioia illuminata dalla vera fede che ci viene dall’incontro con il Signore, l’Emmanuele il Dio con noi e per noi.

padre Matteo

(Continua da pagina 1)

La parrocchia, porta

della fede

Ha concluso il noviziato ed è entrata a far parte di una comunità

La prima professione

di suor Elena Arcolin Il 29 settembre, la comunità di Varallo Pombia e tutte noi, suore di S.Giuseppe, abbiamo gioito per la prima professione religiosa di suor Elena Arcolin ringrazian-do il Signore per il rinnovato dono della vocazione consacrata e per ridire il nostro impegno di Congregazione di questi tre anni dentro questa comunità parrocchiale. Il cammino per diventare religiose, come lo è per il matrimonio, è lungo e impegna-tivo, le tappe si susseguono gradualmente per giungere, sempre più pienamente, ab-bandonate alla volontà di Dio e testimoni di una vita donata nella piccolezza, sem-plicità e umiltà tipiche del nostro carisma. Crediamo che sia stato questo percorso a guidarci in questi tre anni di presenza a Varallo e Pombia, anni ricchi di incontri, sguardi, dialoghi e preghiera con la gente e per la gente, senza fare rumore, in punta di piedi. Anche le letture della professione di Elena ce lo hanno richiamato: Dio si manifesta sempre in un vento leggero, come per il pro-feta Elia, non si dichiara nelle tempeste o nel fuoco e neppure nel rumore ma nella quotidianità e nella semplicità; è Lui che ci ha chiamate non in base alle nostre opere ma per Sua grazia e noi dobbiamo custodire questo dono con l’aiuto dello Spirito Santo che abita nei nostri cuori e farlo ger-mogliare nei fratelli. Dunque ogni giorno siamo invitate a confidare solamente nella Sua forza sapendo che il Suo amore passa anche attraverso le nostre debolezze e che tutto ciò che viviamo si deve riversare per il bene del “caro prossimo” co-me dice il nostro fondatore. Questo richiamo lo abbiamo ascoltato anche nel Vangelo di Marco in cui si ricorda il gesto di una donna con un vasetto di alabastro pieno di olio profumato che rompe e versa l’unguento sul capo di Gesù: i discepoli sono infuriati mentre il Signore apprezza moltissimo tale atto di gratuità. Siamo convinte di essere state chiamate a spendere la nostra vita con le stesse modalità, avendo l’obiettivo di piacere prima di tutto a Dio, spendendo le energie che ci dà per il Suo Regno come Lui desidera da ciascuna di noi secondo i doni ricevuti. Suor Elena ha finito così il noviziato ed è entrata a far parte di una comu-nità in Novara con altre sorelle cominciando un cammino di apostolato e di condivisione più forte della vita con l’Istituto. Anche per noi l’invito è quello di vivere pienamente i voti religiosi nella comunità che ci è data con spirito di obbedienza sapendo che dopo aver fatto tutto quanto ci è dato di fare, siamo servi inutili, come dice Gesù, ma contente solo di aver fatto la Sua volontà.

suor Carla

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8 Le campane di Varallo e Pombia

BATTESIMI Varallo Nicholas De Biase di Bruno e di Erica Co-rich Ludovica Rita Favini di Fabio e di Federica Zani Rebecca Cavalieri di Mirko e di Teresa Ma-strandrea Mattia Motti di Alberto e di Silvia Pauletto Benedetta Ferrari di Lorenzo e di Eliana Pezzarossi Desirée Pizzetta di Cristian e di Raffaella Folino Nicolò Munaro di Riccardo e di Katiuscia Spazian Manuel Prisco di Gianluca e di Gjeka Deni-sa Daniele Longhi di Franco e di Chiara Luini Alessio Schiavo di Stefano e di Filomena Luana Castaldo Martina Carabelli di Marco e di Catia Lu-nardelli

Sofia Airoldi di Marco e di Daniela Fisichel-la Pombia Aurora Chiodo di Stefano e di Mimoza Cu-pani

MATRIMONI Varallo Giuliano Antonello e Debora Provenzano Federico Parachini e Antonella Di Terlizzi Marco Mussetta e Chiara Cerutti Nicola Marini e Carla Martinez Pozzoni Alberto Paolo Garavaglia e Paola Vittimani Pombia Pier Angelo Borgogna e Lina Scalise Stefano Melone e Chiara Zanoni

DEFUNTI

Varallo Maria Ghiro, anni 78

Marino Mattiazzi, anni 82 Guido Ingignoli, anni 71 Maria Teresa Poli, anni 70 Gianni Spiga, anni 73 Maria Mozzanica, anni 88 Fernanda Viganò, anni 85 Luciano Bensi, anni 72 Agnese Cavallini, anni 84 Maria Baldissin, anni 79 Ugo Manfredi, anni 80 Pombia Luigia Mattiazzi, anni 77 Prospera (Elder) Toffanello, anni 81 Maria Finotti, anni 74 Piera Boccadelli, anni 91 Maria Rosa Comi, anni 67 Amelia Monaco, anni 88 Luigia Rubert, anni 89

Anagrafe parrocchiale

Con il pellegrinaggio nella suggestiva cornice del complesso monumentale e religioso del santuario di Oropa, all’inizio di settembre, sono ripresi gli incontri del gruppo anziani “Ritroviamoci” di Pom-bia. La Messa celebrata in mattinata nella basilica settecentesca e il Rosario recitato nel pomeriggio dal nostro parroco accom-pagnatore, padre Matteo, hanno aperto e concluso la magnifica e soleggiata giorna-ta. Lunedì 24 settembre ci siamo ritrovati nella chiesa di S. Maria, in cui padre Mat-teo, ricordando che nel mese di ottobre il nostro Papa Benedetto XVI avrebbe aper-to a Roma l’Anno della Fede, ci ha gui-dati in una particolare riflessione. E’ stato un invito rivolto a ciascuno di noi a ripercorrere con entusiasmo il pellegri-naggio della fede ini-ziato nel giorno del nostro Battesimo e a manifestare il deside-rio di intraprendere un cammino di sal-vezza, chiedendo a Dio la grazia del per-dono. Nel mese di ottobre grande partecipazione di persone hanno avu-

to gli incontri dedicati alla tradizionale castagnata d’autunno, con distribuzione di ottime caldarroste, e alla tombolata sempre gradita e seguita con attenzione dagli anziani. Nell’incontro del 12 novembre, il dottor Lazzarini ha intrattenuto i numerosi an-ziani presenti nel salone dell’oratorio, parlando dei farmaci, dell’uso e d e l l ’ a b u s o d e l l e m e d i c i n e , dell’importanza del vaccino antinfluenza-le per le persone a rischio ed ha risposto in modo chiaro ed esaustivo alle domande degli astanti. Anche il mese di dicembre è stato ricco di momenti particolarmente intensi. Il 10

dicembre l’incontro con il sindaco ed ma-resciallo dei Carabinieri per trattare il problemi dei furti e delle truffe ai danni degli anziani. All’inizio del mese di novembre, Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza seimila cantori delle corali d’Italia, conve-nuti a Roma per partecipare al convegno nazionale organizzato dall’Associazione Santa Cecilia. In quell’incontro il Santo Padre ha detto che: “Il pentagramma non è un accessorio o un abbellimento ma è esso stesso liturgi-a. Recuperate senza timore questa grande tradizione della Chiesa”. Sulla scia di questa esortazione, ricordia-mo, in occasione del Natale, il concerto del 23 dicembre nella chiesa di S. Maria con la Corale di Cressa. Al termine in oratorio una merenda preparata ed offerta da “Ritroviamoci” per scambiarsi gli au-guri. Il nuovo anno per gli assidui simpatizzan-ti di “Ritroviamoci” sarà foriero di mo-menti di solidarietà e di pomeriggi di alle-gria e di intrattenimento.

Paola Romano

Ripresi gli incontri di “Ritroviamoci” All’oratorio San Domenico Savio ogni secondo e quarto lunedì del mese

Gli anziani in pellegrinaggio al Santuario di Oropa dove hanno ripreso gli incontri dopo la pausa estiva

Le campane di Varallo e Pombia 5

Il lavoro di pulitura e sistemazione dell’armadio che conserva l’archivio parrocchiale di Varallo Pombia, realizzato con grande abilità da Franco Ceresa e Renzo Terazzi, ha permesso di ridare nuova vita ad un mobile di pregio che è ritornato a far bella mo-stra di sé nella sala della casa parrocchiale. Le ricerche compiute hanno permesso di appurare che venne realizzato nel 1851 dal falegname oleggese Girolamo Sireni e fu pagato 600 lire, comprensive del bell’intaglio del cartiglio centra-le che reca la scritta “Archivio parrocchiale”. Questo prezioso recupero è stata l’occasione di far sistemare completamente le carte dell’archivio stesso, che necessitavano di un riordino e di una nuova catalogazione. Il lavoro, svolto da Sergio Monferrini, si è basato sulla “Rubrica dell’Archivio parrocchiale” realizzata nel 1904, andando a rico-struire le “cassette” originarie e creandone di nuove per la docu-mentazione successiva. In questo modo si è mantenuta la dispo-sizione storica delle carte, conservando l’antica collocazione, e realizzando un nuovo inventario informatico, di facile e veloce consultazione, che contiene però i riferimenti al 1904. L’archivio parrocchiale è composto da 22 cassette, 20 cartelle, registri ed alcuni disegni, che raccontano la vita di Varallo Pom-bia e delle sue chiese dal Cinquecento ad oggi. Vi sono docu-menti della chiesa parrocchiale, di quelle di S. Pietro o della Madonna del Rosario, di S. Rocco e della SS. Trinità di Incuro-ne, oggi Cascinetta, oppure delle Confraternite di S. Giovanni, del SS. Sacramento, del Rosario, della Confraria di S. Spirito e della Cassa dei Morti, della Dottrina Cristiana, ma anche delle più moderne Pia Unione dei 7 dolori di Maria Santissima, Terz’Ordine di S. Francesco, S. Famiglia. Attraverso i libri dei conti, gli atti delle riunioni, i contratti è possibile seguirne le vicende per alcune centinaia di anni, testimonianza concreta della fede e della devozione di generazioni e generazioni di Va-

ralpombiesi. A queste si aggiungono le carte dei legati e dei be-nefici per la celebrazione di Messe negli altari delle varie chiese, che perpetuarono nel tempo il nome dei loro fondatori ed il suf-fragio delle loro anime (Caccia, Clerici, Favino, Franchini, Montagna, Panera, Zocco, ecc.), e quelle dell’Opera Pia Maraz-zini, confluita nel 1892 nella Congregazione di Carità. I registri delle nascite e battesimi (dal 1573), matrimoni (dal 1563) e morti (dal 1624), unitamente a quelli degli “Stati delle anime” (dal 1697), veri e propri censimenti realizzati dai parro-ci, permettono di ricostruire la genealogia delle famiglie di Va-rallo Pombia e sono strumento indispensabile per una storia della popolazione. Una cassetta conserva documenti del Vicariato di Varallo Pom-bia con documenti di Borgoticino, Conturbia, Divignano, Mara-no Ticino e Pombia. Completano l’archivio una bella raccolta di editti e circolari ve-scovili dal Settecento ed i libri per la liturgia, tra cui un Gradua-le, un Messale e due Antifonari stampati a Venezia nel Seicento. Un importante archivio per la storia di Varallo Pombia è così tornato a vivere.

A Varallo l’armadio ha più di 160 anni e fu costruito dall’oleggese Sireni per 600 lire

Recuperato e riordinato l’archivio parrocchiale

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6 Le campane di Varallo e Pombia

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Sempre nuove e divertenti le attività nella Casa di riposo “Don G. Nobile” di Varallo Pombia. L’estate è stata accolta con “Un gelato in compagnia” in cui ospiti, parenti e volontari hanno potuto gustare un fresco gelato insieme. In agosto “Giochi di gruppo” in cortile tra sfide a bowling e palla a mano. A settembre nei giorni di bel tempo gli ospiti hanno potuto godere di liete passeggiate nel parco di Villa Soranzo insie-me ai volontari della casa di ri-poso, mentre nei giorni di piog-gia si sono divertiti a cantare al Karaoke, condotto dal maestro Mario, e a vedere le numerose foto delle feste fatte insieme. Con l’arrivo dell’autunno la ca-stagnata insieme ai parenti ha permesso di riunire tutti in una ricca tombolata. Per Natale sono numerose le iniziative promosse dai volonta-ri: l’esposizione artigianale di Natale l’8 dicembre ha ospitato Paola e Alberto che hanno pro-posto agli ospiti un intratteni-mento musicale, mentre domeni-ca 9 è stato offerto un caldo tè a tutti i parenti e amici presenti. Domenica 16 l’esposizione arti-gianale in paese, dove è stato possibile anche conoscere le nu-merose iniziative promosse dalla Casa di riposo. Concluderemo infine l’anno con una ricca tombola, giovedì 27 dicembre, per i parenti, gli ospiti e per tutti gli amici che vorranno partecipare. Vi aspettiamo!

Sara Celano

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Tutti insieme al parco!

Tante divertenti attività alla Casa

di riposo

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Il gruppo di Volontariato Vin-cenziano ormai da molti anni opera a Varallo Pombia e nei paesi vicini offrendo beni di prima necessità, vestiti e anche servizi di trasporto alle persone che ne hanno bisogno. Per l'Avvento dello scorso an-no, l'allora vescovo di Novara Mons. Renato Corti, aveva lanciato l'iniziativa Adozione a vicinanza rispondendo alla grave crisi del pagamento degli affitti. Il gruppo dei Vincenziani ha raccolto l'iniziativa propo-

nendola alle comunità di Varal-lo Pombia, Pombia e Divigna-no. In collaborazione con i servizi sociali, i Vincenziani hanno individuato tre famiglie bisognose residenti nei tre co-muni. Hanno aderito all'inizia-tiva circa venti nuclei famigliari che hanno dato un'offerta in un'unica soluzione, mentre tre gruppi, l'Azione Cattolica, il gruppo guardaroba della San Vincenzo e il gruppo dei giova-ni dell'oratorio di Varallo Pom-bia ed una famiglia, hanno ver-

sato una quota mensile per un anno. Le quote raccolte ci hanno con-sentito di pagare l'affitto alle famiglie individuate: in un caso per sei mesi, in un'altro per dodici mesi, nel terzo caso per dodici mesi la metà della quota affitto. Le necessità famigliari sono sicuramente molte, ma siamo convinti di aver alleviato loro il carico economico con-sentendo di impiegare le loro poche risorse in altro modo. L'iniziativa ha avuto termine

con l'Avvento di quest'anno, ma ci faremo carico di proporne altre perché le richieste che arrivano al nostro "centro di ascolto" sono aumentate e per non far cadere lo splendido impulso di solidarietà dimostra-to dalle comunità dei nostri paesi. Ancora un grazie di cuore a tutti quelli che ci hanno consen-tito di portare a termine il pro-getto dell'Adozione a vicinanza.

Nicoletta Colombo

Gruppo Volontariato Vincenziano

Concluso il progetto Adozione a vicinanza

Quando i “gitanti” di Varallo e Pombia (oltre ad altri di Novara e Bellinzago raccolti lungo il percorso), 32 in tutto, alle 5 di lunedì 20 agosto, ancora asson-nati, si sono presentati in piazza Risorgimento per partire, assie-me a padre Matteo, alla volta della Basilicata, pensavano sì ad un bel viaggio, ma forse non si aspettavano tutte le sorprese incontrate durante i sette giorni trascorsi in questa bella e un po’ sconosciuta regione del nostro Paese. Le prime tappe in Campania, a Benevento e poi a Pietrelcina, paese natale di padre Pio, con la visita alla piccola casa che lo vide nascere e crescere, all’angusta camera in cui ritornò dopo la malattia e dove combat-té con le tentazioni del maligno ed al luogo in cui per la prima volta ricevette le stimmate. Quindi il trasferimento a Veno-sa, patria del poeta Orazio, e la visita alle rovine del periodo romano ed al castello: un pome-riggio sotto il sole rovente, ma che ha permesso di vedere bel-lezze artistiche di indubbio valo-re. Il giorno seguente la città di Matera ha lasciato tutti a bocca aperta: la visita ai “sassi”, alle

chiese rupestri, al museo arche-ologico, alla cattedrale, accom-pagnati da Luca, la giovane, ma preparata e simpatica guida che per tre giorni ha seguito il grup-po, è stata un susseguirsi di sco-perte e meraviglie, che facevano dimenticare la stanchezza dell’inerpicarsi lungo viottoli e scalinate. Oltre alle bellezze artistiche e storiche non è mancata una giornata nelle bellezze naturali del parco del Pollino, conclusa con la Messa al rifugio De Ga-speri in uno scenario spettacola-re: cielo terso e di un azzurro stupendo, piante secolari, natu-ra incontaminata facevano da

“cattedrale” per la Celebrazio-ne. “Guarda il creato e conosci il Creatore” così ha commenta-to padre Matteo citando sant’Agostino e in quel momen-

to forse è ciò che è passato nella mente di molti dei presenti. La gita volgeva al termine con il trasferimento sulla costa tirreni-ca, a Maratea, dominata dalla maestosa statua del Cristo Re-dentore collocata sul Monte san Biagio. È quindi iniziata la risa-lita verso nord, la sosta a Saler-no e infine, domenica mattina, la Messa, celebrata solennemen-te da padre Matteo nella basilica di Pompei per i gitanti e per numerosi altri fedeli. Molti i ricordi impressi nel cuore, non solo per le bellezze ammirate, ma anche per le tante impressio-ni condivise, con le chiacchiera-te durante i lunghi trasferimenti in pullman, oppure nelle serate trascorse conversando piacevol-mente.

A FATIMA DAL 3 AL 7 GIUGNO 2013

Le parrocchie di Varallo e Pombia, in collaborazione con Sogevi tour, organizzano per il prossimo giugno un pellegrinaggio a Fati-ma in aereo. Oltre che al santuario mariano, sono previste tappe a Aljustrel (il paesino natale dei tre pastorelli), a Loca do Cabezo (visita ai ricordi di Lucia, Giacinto e Fernando), a Coimbra (dove si trova il convento che ospitò suor Lucia); nei luoghi dei grandi monasteri del Portogallo, a Nazaré (santuario della Madonna del Latte) ed a Lisbona. La quota individuale di partecipazione è di 655 euro (minimo 20 paganti); supplemento stanza singola 95; acconto da versare all’atto dell’iscrizione 255. Per ulteriori informazioni e per il programma dettagliato rivolgersi in parrocchia.

Diario della gita parrocchiale d’agosto

Alla scoperta della Basilicata, sette giorni ricchi di sorprese