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C:\EUDORA~2\attach\atti 3 lucciolata.doc 1 Milano, 20 giugno 2003 Oggetto: Convegno “Umanizzazione assistenza socio sanitaria in Regione Lombardia e Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice” Il Convegno “Umanizzazione Assistenza socio-sanitaria in Regione Lombardia” è stato promosso dalla Società Italiana di Psico-oncologia (SIPO Lombardia), dall’Assessorato alla Sanità e dall’Assessorato alla Famiglia/Solidarietà Sociale, secondo il programma allegato (all. 1 e 2). La 1 a giornata (21 maggio) si è svolta nell’Aula magna dell’Università degli Studi di Milano, la 2 a giornata (22 maggio) nelle aule didattiche dell’IRCCS Istituto Nazionale Tumori, la 3 a giornata (23 maggio) nella Sala Conferenze dell’IRCCS Istituto Europeo di Oncologia. La sera di venerdì 23 maggio si è svolta, sempre all’IEO, la Manifestazione pubblica “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice”, con riflessioni di parole, immagini, odori e suoni sul tema della fase terminale della vita. La manifestazione – in ricordo di G.M. Pace, V. Floriani e F. Gallini – si è conclusa con la 3 a lucciolata milanese sino all’interno di Cascina Brandezzata, dove i partecipanti sono stati accolti dalla Banda del Comune di Milano. Questo sintetico verbale vuole solo documentare un evento di cui si desidera conservare memoria. Il verbale del Convegno sarà inviato a tutti coloro che hanno partecipato ai Gruppi di lavoro e alle Sessioni aperte al pubblico. Si ringraziano, per aver promosso il Convegno, il Direttivo SIPO Lombardia e la prof.ssa G. Morasso (Presidente Società Italiana di PsicoOncologia), il dr. Carlo Borsani (Assessore alla Sanità - Regione Lombardia) ed il dr. Gian Carlo Abelli (Assessore alla Famiglia / Solidarietà Sociale - Regione Lombardia). Si ringraziano, per la concessione del patrocinio, il Ministero della Salute, il Comune di Milano, l’Università degli Studi di Milano, la ASL Città di Milano, l’IRCCS Istituto Nazionale Tumori, l’IRCCS Istituto Europeo di Oncologia, l’IRCCS Ospedale Maggiore, l’Ordine dei Medici di Milano, l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, il Collegio I.P.A.S.Vi. di Milano-Lodi, la Lega Italiana contro i Tumori, la Federazione Cure Palliative, la Società Italiana di Cure Palliative (S.I.C.P.), l’Associazione Italiana Oncologia Medica (A.I.O.M.), l’Associazione Infermieristica Assistenza Oncologica (A.I.A.O.), l’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (A.I.R.C.), l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, la Fondazione Floriani, la Fondazione Lu.V.I. Onlus, l’Associazione VIDAS, Europa Donna. Si ringraziano, per la loro disponibilità, i Relatori, i Moderatori e gli Esperti che hanno coordinato i Gruppi di lavoro. Si ringraziano gli Attori (Antonella Ferrari ed Antonio Bozzetti), i Musicisti (Flaviano Rossi ed Elena Spotti), gli Artisti (Sissel Tolaas ed Alessandra Pace) e tutti coloro che hanno collaborato a

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Milano, 20 giugno 2003

Oggetto: Convegno “Umanizzazione assistenza sociosanitaria in Regione Lombardia e Manifestazione“Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice”

Il Convegno “Umanizzazione Assistenza socio-sanitaria in Regione Lombardia” è statopromosso dalla Società Italiana di Psico-oncologia (SIPO Lombardia), dall’Assessorato alla Sanitàe dall’Assessorato alla Famiglia/Solidarietà Sociale, secondo il programma allegato (all. 1 e 2).

La 1a giornata (21 maggio) si è svolta nell’Aula magna dell’Università degli Studi di Milano,la 2a giornata (22 maggio) nelle aule didattiche dell’IRCCS Istituto Nazionale Tumori, la 3a

giornata (23 maggio) nella Sala Conferenze dell’IRCCS Istituto Europeo di Oncologia.La sera di venerdì 23 maggio si è svolta, sempre all’IEO, la Manifestazione pubblica

“Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice”, con riflessioni di parole, immagini, odori esuoni sul tema della fase terminale della vita. La manifestazione – in ricordo di G.M. Pace, V.Floriani e F. Gallini – si è conclusa con la 3a lucciolata milanese sino all’interno di CascinaBrandezzata, dove i partecipanti sono stati accolti dalla Banda del Comune di Milano.

Questo sintetico verbale vuole solo documentare un evento di cui si desidera conservarememoria.

Il verbale del Convegno sarà inviato a tutti coloro che hanno partecipato ai Gruppi di lavoro ealle Sessioni aperte al pubblico.

Si ringraziano, per aver promosso il Convegno, il Direttivo SIPO Lombardia e la prof.ssa G.Morasso (Presidente Società Italiana di PsicoOncologia), il dr. Carlo Borsani (Assessore alla Sanità- Regione Lombardia) ed il dr. Gian Carlo Abelli (Assessore alla Famiglia / Solidarietà Sociale -Regione Lombardia).

Si ringraziano, per la concessione del patrocinio, il Ministero della Salute, il Comune diMilano, l’Università degli Studi di Milano, la ASL Città di Milano, l’IRCCS Istituto NazionaleTumori, l’IRCCS Istituto Europeo di Oncologia, l’IRCCS Ospedale Maggiore, l’Ordine dei Medicidi Milano, l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, il Collegio I.P.A.S.Vi. di Milano-Lodi, la LegaItaliana contro i Tumori, la Federazione Cure Palliative, la Società Italiana di Cure Palliative(S.I.C.P.), l’Associazione Italiana Oncologia Medica (A.I.O.M.), l’Associazione InfermieristicaAssistenza Oncologica (A.I.A.O.), l’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (A.I.R.C.), l’Istitutodi Ricerche Farmacologiche Mario Negri, la Fondazione Floriani, la Fondazione Lu.V.I. Onlus,l’Associazione VIDAS, Europa Donna.

Si ringraziano, per la loro disponibilità, i Relatori, i Moderatori e gli Esperti che hannocoordinato i Gruppi di lavoro.

Si ringraziano gli Attori (Antonella Ferrari ed Antonio Bozzetti), i Musicisti (Flaviano Rossied Elena Spotti), gli Artisti (Sissel Tolaas ed Alessandra Pace) e tutti coloro che hanno collaborato a

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realizzare la Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice”. Un abbraccio aRose Marie Pace, a Loredana Floriani e a Carmen Gallini per la loro partecipazione.

Si ringraziano Don Ruggero Camagni, il soprano Simona Forni, la Corale Coro’n’aria e laCorale Polifonica Sforzesca per il Concerto di musica polifonica svoltosi nella Chiesa di S. Mariadell’Assunta.

Un ultimo grazie a tutti coloro che hanno collaborato a livello organizzativo (in particolare aNordiana Baruzzi, Adriana Ferrari, Claude Fusco, Massimo Corradino, Rocco Ditaranto, CarloRossetti, Marzia Castelpietra).

Tutti coloro che hanno partecipato lo hanno fatto sia per solidarietà nei confronti dellepersone malate non più presenti e dei pazienti che vivono oggi una situazione di dolore, sia nellaconsapevolezza che tutti dobbiamo confrontarci con la fine della vita.

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Aula Magna Università degli Studi di Milanomercoledì 21 maggio 2003

ore 14.30 Presentazione del Convegno (Bruno Andreoni)Perché un Convegno sul tema “Umanizzazione dell’assistenza socio-sanitaria inRegione Lombardia”? Perché l’obiettivo della Sanità, oggi (nel mondo, in Europa,in Italia ed in Lombardia), è quello di soddisfare il bisogno di Salute dell’Uomo inuna continuità assistenziale dalla nascita alla fase terminale della vita: questoobiettivo purtroppo non è stato ancora raggiunto.In accordo con l’Assessorato alla Sanità e con l’Assessorato alla Famiglia/SolidarietàSociale, la Società Italiana di Psico-oncologia (di cui sono Coordinatore per laRegione Lombardia) ha pertanto deciso di promuovere questo Convegno che siarticola in 3 giornate secondo un programma costruito nel corso di diverse riunionida parte di uno specifico Comitato organizzatore:- La 1a giornata è quella di oggi, con una forte presenza delle Istituzioni che sono

coinvolte nel processo di Umanizzazione dell’Assistenza socio-sanitaria (oltreall’Università, la Regione con i due Assessorati, il Comune, la ASL, gli Ordinie i Collegi professionali, le Società scientifiche, le Organizzazioni dei Medici edegli Infermieri di Famiglia, il Volontariato e le Associazioni non profit).

- La 2a giornata si svolgerà domani (22 maggio) all’Istituto Nazionale Tumori, invia Venezian, dove si terranno 5 Gruppi di lavoro sul tema dellaComunicazione e del Consenso informato in Oncologia; la giornata siconcluderà con una Tavola Rotonda cui tutti sono invitati.

- La 3a giornata si svolgerà venerdì (23 maggio) all’Istituto Europeo diOncologia, in via Ripamonti. Nella mattinata proseguirà l’attività dei 5 Gruppidi lavoro interprofessionali (Medici, Infermieri, Psicologi, Assistenti Sociali eSanitari, Volontari, ecc), mentre nel pomeriggio tutti sono invitati alla TavolaRotonda su “L’Ospedale senza dolore” e su “L’Ospedalizzazione domiciliare”.Alle ore 18.00 inizierà, sempre all’Istituto Europeo di Oncologia, laManifestazione pubblica “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice”,con riflessioni sul tema della fase terminale della vita. Il Convegno siconcluderà con la 3a Lucciolata milanese dall’Istituto Europeo di Oncologiasino all’interno della Cascina Brandezzata (antica cascina lombarda diproprietà dell’Ospedale Maggiore di Milano), dove nei mesi prossimi verràrealizzato il progetto “Cascina Brandezzata” con un Hospice per malatiterminali ed un Centro Universitario di ricerca e di formazione. Il progetto,approvato dalla Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia, è statofinanziato con oltre 2 miliardi di Lire dal Ministero della Salute. I Cittadinipartecipanti alla Lucciolata saranno accolti all’interno della Cascina dallaBanda del Comune di Milano.

ore 14.45 Saluto ai partecipanti del Preside della Facoltà di Medicina (Guido Coggi)Il Preside Coggi trasmette un messaggio di saluto del Magnifico Rettoredell’Università degli Studi di Milano.L’interesse della Facoltà di Medicina nei confronti del tema del Convegno èmotivato dalle seguenti considerazioni:a) Coerenza di un impegno di solidarietà socio-sanitaria con gli obiettivi di forte

interazione che la Facoltà intende stabilire con la Società Civile: la Facoltà di

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Medicina vuole costruire il proprio sapere a partire dalla vita quotidiana dellaSocietà.

b) Interesse scientifico: la Ricerca non è solo ricerca biomedica (Biologiamolecolare, Genomica, ecc), ma anche applicazione della metodologiascientifica ad analisi e problemi di carattere socio-sanitario. E’ Ricercascientifica anche lo studio di soluzioni ai problemi della Società el’elaborazione di nuovi modelli organizzativi socio-sanitari.

c) Rinnovamento degli Ordinamenti didattici nella consapevolezza deicambiamenti in atto nell’attuale Società (aumento dell’età della popolazione eincremento delle malattie cronico-degenerative con le loro complessità). LaFacoltà di Medicina sta realizzando uno sforzo di adeguamento dei programmididattici di cui alcuni segnali sono il nuovo Corso integrato “Relazione eComunicazione in Medicina” e le tematiche di diversi Corsi elettivi e Mastercon attenzione ad alcuni aspetti di Solidarietà sociale.

ore 15.00 Saluto a nome del Presidente dell’Ordine dei Medici di Milano (Stefano Caruso)

ore 15.10 Lettura Magistrale “Aspetti antichi e moderni dell’Umanizzazione in Ospedale”(Giorgio Cosmacini)L’Umanizzazione dell’Ospedale sembra un paradosso perché l’Ospedale è nato comeluogo istituzionale di assistenza all’Uomo in difficoltà: pertanto l’Ospedale dovrebbeessere per statuto “umanizzato”. Ma allora perché l’Ospedale si è disumanizzato?Analisi storica:Nel Medio Evo cristiano si dà fondamento etico all’“Ospitalità” e nasce l’ospedaleper i sofferenti e per i poveri (malati poveri o poveri malati). Nel 1288, Bonvesindella Riva (un nostro concittadino) scriveva: “ nell’Ospedale del Brolo [il più grandeOspedale del tempo (Brolo = Orto)] tutti i malati poveri sono ristorati”. Ma già nel‘400, degli Infermi non si parla quasi più.All’inizio del ‘500, nasce il nuovo Ospedale Maggiore di Milano e Martin Luterocosì scrive: “In Italia gli Ospedali sono di qualità, con generosa attenzione aiPazienti.” Ma Altri diversamente descrivono gli Ospedali disumanizzati dell’epoca.Dopo il 1789 si realizza l’“Umanizzazione clinica” degli Ospedali, convalorizzazione della storia clinica del paziente e con l’osservazione della malattia:l’Ospedale è il luogo per l’Uomo malato. Segue l’“Umanizzazione igienizzata”(sepsi, antisepsi, disinfestazione e sterilizzazione) per cui la nuova Medicinadell’Ospedale diventa la somma di Clinica e di Igiene. Si arriva così all’attuale“Umanizzazione tecnologica”, che possiamo considerare accettabile se al Centrorimane l’Uomo e se la Tecnologia è usata per servire l’Uomo (“il mezzo non devediventare il fine”, come dice Kant).Oggi si assiste anche all’“Umanizzazione economica”, che significa non solobilancio tra spese e ricavi, ma soprattutto razionale investimento di risorse per leesigenze dell’Uomo: l’Umanizzazione dell’Ospedale è valutabile non tanto intermini di prestazioni prodotte, quanto in termini di produzione di salute e benessere.

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ore 15.30 Simposio-Tavola Rotonda“Il rapporto tra Ospedale e Territorio”Moderatore: Roberto Satolli

v Ruolo della ASL e del Distretto socio-sanitario (Patrizia Bertolaia e MaurizioPellegrini).

a) P. BertolaiaLa ASL considera prioritari i seguenti obiettivi:

− porre al centro la Persona;− identificare percorsi omogenei e trasparenti per l’accesso ai Servizi;− fornire un servizio in cui sia previsto anche il tempo per la relazione

come parte del lavoro e non solo come impegno extra a caratterevolontario;

− disegnare la Carta dei Servizi (diritti e doveri degli utenti).Il rapporto tra Ospedale e Territorio consiste nella necessità di

perseguire la continuità delle cure particolarmente evidente per chi soffre diuna malattia cronico-degenerativa.

La ASL deve anche supportare la famiglia nell’utilizzo della rete deiServizi con i suoi diversi nodi di offerta socio-sanitaria.

Si segnalano, come esempio, due progetti della ASL:1. Costruzione di un progetto di rete oncologica nella città di Milano

con la partecipazione di 9 Ospedali pubblici milanesi e dirappresentanti dei Medici di famiglia: il progetto di rete dovrà oradiventare operativo.

2. Protocollo di intesa firmato da ASL e Comune di Milano perun’integrazione dei Servizi sociali con i Servizi sanitari avantaggio dei Cittadini: è stato così aperto uno “sportello unico”di accesso e si è stabilita una collaborazione tra Operatori socialied Operatori sanitari, in particolare per i bisogni dei Cittadinianziani.

b) M. PellegriniIl Distretto considera il Territorio come la Comunità di cittadini che

possono avvalersi di tutte le prestazioni socio-sanitarie non residenziali: inparticolare assistenza domiciliare ed ambulatoriale con fortecoinvolgimento dei MMG e dei PLS.

Ai fini di un’Umanizzazione della propria attività, il Distretto ha 4obiettivi:− garantire equità nell’accesso ai Servizi;− migliorare l’appropriatezza delle prestazioni;− garantire la continuità delle cure con una flessibilità di offerta

assistenziale la cui intensità dipende dal bisogno del Cittadino e nondalla capacità di risposta della struttura che eroga le prestazioni;

− migliorare la qualità dei propri servizi (amministrativi, medico legali,sanitari e socio-sanitari).Per raggiungere i 4 precedenti obiettivi, è indispensabile una

collaborazione tra Medicina generale, Medicina specialistica e Strutture

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socio sanitarie per definire percorsi diagnostico-terapeutici assistenzialiorientati al Paziente e non solo alla malattia.

v Ruolo dei Servizi sociali del Comune (Laura Anzaghi).

Dopo i saluti dell’Assessore Tiziana Maiolo, non presente per impegni istituzionaliirrinunciabili, vengono presentati i Servizi del Comune dedicati ai Cittadini dal SettoreAnziani (a Milano sono attualmente presenti circa 384.000 abitanti over 60 e 155.000over 75).

La fragilità dell’Anziano condiziona una maggiore complessità di risposteassistenziali se si pone il bisogno della Persona al centro di ogni attività. Il Comunepersegue la strategia “Welfare mix-community” (evoluzione della strategia “Welfarestate”): integrazione di 4 componenti essenziali rappresentate dal “Pubblico”, dal“Privato”, dal “3° Settore” (Privato sociale e Cooperative sociali) e dal “4° Settore”(Volontariato e Famiglia). La solidarietà del Privato deve supportare il Pubblico.

Il Comune vuole “prevenire” prima che insorga la malattia con Servizi Socialivisibili, sicuri e percorribili da tutti i Cittadini, soprattutto se “fragili”.

Che cosa fa il Comune?v Servizi di prevenzione- Centri socio-ricreativi-culturali (28 Centri per 4.500 anziani ogni giorno): in

questi luoghi gli anziani vivono bene il loro tempo.- Soggiorni climatici con contributi economici.- Carta 60: ogni anno a circa 20.000 Cittadini che compiono 60 anni.v Servizi di sostegno- 28 Centri Multiservizi Anziani (CMA)- Assistenza domiciliare (sono seguiti 5.000 Anziani)- Servizio di prossimità o Portierato sociale: sono seguiti così 3.000 Anziani

soprattutto nelle periferie.- Servizio di podologia (per un Anziano è fondamentale poter camminare).- Servizio “pasti caldi a domicilio” (un Operatore sociale non solo porta a

domicilio il pasto, ma anche intrattiene una relazione).- Interventi economici (sussidi e assegni).- Centri diurni integrati socio-sanitari.- Teleassistenza.v Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA): strutture aperte al territorio per

Anziani non autosufficienti che non possono vivere nel loro domicilio. E’ inqueste strutture residenziali che deve fortemente intervenire la “Comunità”(es. il Volontariato).

v Ruolo del Medico Ospedaliero (Giordano Beretta).

Per garantire la continuità assistenziale, il Medico ospedaliero deve interagire conil Medico di Medicina Generale: l’ideale (Privacy consentendo) è una “gestione on line”quale potrebbe realizzarsi con un’adeguata Carta sanitaria del Paziente.

In Ospedale è necessario trovare un tempo che non sia solo volontaristico per unacorretta relazione / comunicazione. Purtroppo in un Ospedale, sempre più orientato allagestione tecnologica della malattia, è talora difficile trovare il tempo per il Paziente.

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v Ruolo della Medicina di Famiglia (Carlo Celentano e Giovanni Muttillo).

a) C. CelentanoLa Medicina Generale è radicalmente cambiata negli ultimi anni: dal Medico dellamutua ad una Medicina integrata di gruppo nel Territorio.Nei Gruppi di Cura primaria e nei Centri polifunzionali, i MMG e gli Infermieri difamiglia garantiranno sempre più una continuità assistenziale adeguata al bisognodel Cittadino.L’Ospedale è un luogo solo per le patologie acute in cui, anche per la logicaintrinseca ai DRG, le degenze saranno sempre più brevi e le dimissioni semprepiù precoci, con i problemi conseguenti a domicilio. Il Territorio è invece il luogoper le patologie cronico-degenerative, per la fragilità degli anziani, dei disabili edei pazienti terminali. E’ indubbio che il Paziente “fragile” preferisce non essereistituzionalizzato (ovvero emarginato in strutture residenziali), ma preferisce ingenere vivere a casa sua anche la fase terminale della sua vita. Perché la vita adomicilio sia di qualità, è necessario un supporto talora anche di notevoleintensità.L’Umanizzazione dell’Assistenza in Regione Lombardia si confronterà presto(dal 1° luglio 2003) con la nuova realtà del voucher socio sanitario con i 3 livellidi tariffa (1° livello 362 €, 2° livello 464 € e 3° livello 619 € per mese).

b) G.A. MuttilloPer chi lavora, come nel mio caso, in una U.R.P., le principali lamentele deiCittadini riguardano carenze assistenziali per mancanza di integrazione traOspedale e Territorio.Nel Territorio esiste un’enorme esigenza di Infermieri ancora più evidente diquanto avviene in Ospedale (dato OCSE 2000: in Italia 5.9 Medici x 1000abitanti, 5.3 Infermieri – in Europa 2.9 Medici, 7.0 Infermieri).Attualmente:- la maggior parte degli Infermieri lavora come dipendente, solo una piccola

parte come Libero Professionista sul Territorio;- la maggior parte dei MMG lavora senza l’ausilio di un Infermiere nel suo

studio professionale;- non sempre il Servizio pubblico garantisce a domicilio una continuità

assistenziale da parte dello stesso Infermiere.Considerata la realtà attuale, è necessario valorizzare la figura dell’Infermiere diFamiglia. Solo in un programma di collaborazione tra MMG ed Infermiere diFamiglia è possibile garantire la continuità assistenziale con piani di curadisegnati secondo il bisogno dei Pazienti.In analogia a quanto avviene con i MMG, vi è necessità di stipulare unaConvenzione tra Infermieri di famiglia e S.S.R. e contratti libero-professionali traMMG ed Infermieri.Considerando la prossima introduzione in Lombardia del voucher socio-sanitario,è evidente che, indipendentemente dalla sua efficacia che sarà presto verificata, ilvoucher non può essere l’unico strumento per garantire la permanenza a domiciliodell’utente con gravi malattie cronico-degenerative che condizionano la qualità divita (assistenza di qualità per una vita autonoma a domicilio che rappresenta unodegli obiettivi prioritari del nuovo Piano Socio Sanitario 2002-2004 della RegioneLombardia).

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v Ruolo delle Associazioni non profit e del Volontariato (Furio Zucco e Claude Fusco).

a) F. Zucco (Presidente Federazione Cure Palliative – FCP)La FCP raccoglie 46 Associazioni non profit che si occupano di Cure palliative. LaFederazione vuole essere uno stimolo alle Istituzioni per la realizzazione di unmodello organizzativo che garantisca una migliore assistenza ai Pazienti terminali.In particolare la Federazione vuole valorizzare il ruolo del 3° e del 4° settore nellarealizzazione di una rete di Servizi secondo i principi della Solidarietà sociale esecondo requisiti minimi che i Soggetti accreditati devono rispettare nell’erogaregli interventi assistenziali e che le Istituzioni devono controllare.

b) C. Fusco (Settore Volontariato Lega Italiana contro i Tumori)Che cos’è il Volontariato (4° Settore) in Italia? La risposta è sintetizzata nelleseguenti Tabelle:

Tab. 1 - Censimento non profit in ItaliaN° Personale retribuito Personale non retribuito

Associazioni 202.061 281.094 3.039.088Cooperative sociali 6.952 196.067 15.934Fondazioni 3.008 56.145 65.432Comitati 33.832 1.813 39.224ONG 170 - 1.526Altre tipologie 7.861 146.000 94.000

TOTALE 223.084 681.895 3.255.113

Tab 2 - Nella Provincia di MilanoN° Associazioni N° Volontari %

Totale Associazioni Volontariato 11.362 220.041Assistenza Sociale 1.284 31.414 14%Assistenza Sanitaria 571 30.572 13%

Tab. 3 - Associazioni presenti in 3 Ospedali LombardiN° Associazioni N° Volontari

IRCCS I.N.T. Milano 7 990A.O. ICP Milano 41 572A.O. H Riuniti Bergamo 12 470

Scopo delle Associazioni di Volontariato in un Ospedale è quello di dare aiPazienti quel tempo che spesso purtroppo i Medici e gli Infermieri non hanno (loslogan è: “non più un pigiama, ma una Persona”).I punti di forza del Volontariato sono:- Motivazioni.- Spirito di iniziativa.- Rigore ideale.I punti deboli attuali del Volontariato sono:- Crescita incontrollata dell’Associazionismo.- Calo raccolta fondi.I pericoli del Volontariato sono:

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- “Guerra dei poveri” tra Associazioni non profit.- Corsa al ribasso per conquistare un mercato (che non dovrebbe essere del

Volontariato) con conseguente deterioramento dei Servizi.- Indebolimento del Servizio pubblico.

v Discussione

a) Emma Vitti (Associazione “Cominetta”)Presentazione: successivamente alla mia personale esperienza di moglie di unpaziente con malattia neurologica progressiva inguaribile (sclerosi lateraleamiotrofica), ho fondato un’Associazione che si occupa di formazione degliOperatori per le cure nella fase terminale della vita di pazienti con malattieneurologiche inguaribili. Esprimo, in qualità di utente, la forte necessità che iPazienti ed i loro Familiari hanno di ricevere “informazioni” da parte del Medicospecialista, del Medico di Medicina Generale, da parte delle Strutture sanitarie e daparte delle Istituzioni.In mancanza di adeguate informazioni, chi paga è il Paziente e la sua Famiglia:anche in presenza di Servizi efficienti, non è possibile avere l’assistenza giusta almomento giusto, ma è necessario arrangiarsi; il familiare, invece di stare vicino alpaziente, è costretto, per la non conoscenza delle procedure di accesso ai Servizi,ad occuparsi di problemi organizzativi ed amministrativi.

b) Adele Patrini (Volontaria, Società Italiana di Psico-Oncologia)Avendo vissuto una precedente esperienza di malattia, rappresento la voce delPaziente, il suo dolore, la sua sensazione di essere perso. Il Cittadino malato habisogno di comunicazione e di relazione; ha necessità di trovare nel Medico nonsolo competenza professionale, ma anche tempo di ascolto. Il Paziente ha bisognodi trovare “compagni di viaggio” con cui condividere la propria sofferenza.In sintesi, una forte richiesta ai Medici ed agli Infermieri: dedicate più tempo perascoltare le nostre storie, le nostre paure e il nostro grido di dolore.

c) Gabriella Maggioni (ex Paziente, Lega Italiana contro i Tumori – Lecco)La sofferenza del Paziente è spesso secondaria ad una carenza di relazione (traMedico e Paziente, tra Medico specialista e MMG, tra Medico ed Infermiere, ecc).Le giustificazioni, non più accettabili, sono le seguenti: non c’è tempo, non c’èsufficiente formazione.

d) Giorgio Troisi (Associazione VIDAS)Ci si domanda: quale malato terminale sarà possibile assistere con 613 € al mese?

e) Raffaella Speranza (UCP H Bassini)Sicuramente 613 € al mese non sono sufficienti per assistere un Paziente terminale.Le UCP erogano un’assistenza a forte intensità sanitaria: purtroppo i pazienti ed iloro familiari spesso non sono adeguatamente informati dalla ASL sull’offertaassistenziale erogabile dalla rete di UCP esistente nel Territorio, per cui ilCittadino talora ha difficoltà a compiere le sue scelte.

v Conclusione di Roberto SatolliLa discussione ha evidenziato il problema della carenza di Relazione, Informazione eComunicazione: la causa principale sembra essere la mancanza di tempo. Ma

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probabilmente, anche se il tempo fosse infinito, il problema dell’incomunicabilitàcontinuerebbe ad esistere.Un altro problema su cui riflettere è quello del voucher, anche perché sappiamo che iltempo è denaro: ci si potrebbe chiedere, con 613 €/mese, quanto tempo e disponibilitàdi professionisti della Salute (Medici, Infermieri, Psicologi, Fisioterapisti, ecc) èpossibile comprare?

ore 17.00 L’Umanizzazione dell’assistenza in Regione Lombardia allaluce del nuovo piano socio-sanitario” (Assessorato alla Sanità eAssessorato alla Famiglia / Solidarietà Sociale)

a. A. Gandini (Assessorato alla Sanità)Trasmetto il saluto dell’Assessore Carlo Borsani, che purtroppo non ha potutopartecipare al Convegno per impegni istituzionali non rinunciabili. Essendoreferente dell’Assessore sul tema dell’Umanizzazione dell’Assistenza sanitariain Regione Lombardia, confermo che l’argomento Umanizzazione, che pone ilCittadino – Paziente al centro del Sistema Sanitario, è obiettivo prioritario siadella Legge sanitaria Regionale, sia del nuovo Piano Socio Sanitario 2002-2004.

b. U. Fazzone (Direttore Generale Assessorato alla Famiglia / Solidarietà Sociale)L’Assessorato alla Famiglia si occupa di interventi sociali e di interventi socio-sanitari. Umanizzazione dell’assistenza significa:- porre al centro del Sistema il bisogno del Cittadino;- definire i bisogni dell’Utente;- accreditare le Strutture ed i Servizi secondo requisiti minimi che

consentano risposte di qualità alla domanda assistenziale degli Utenti.L’assistenza domiciliare è obiettivo prioritario dell’Umanizzazione per evitare,ove possibile, l’istituzionalizzazione in RSA o in Ospedale per acuti (conricoveri spesso impropri).Relativamente allo strumento voucher, esiste molta confusione: il voucher con isuoi 3 livelli si riferisce all’assistenza domiciliare integrata che non èassistenza sanitaria domiciliare che deve essere affrontata con interventi dicarattere intensivo sanitario (“Ospedalizzazione domiciliare”) che non vannoorganizzati dall’Assessorato alla Famiglia.Pertanto l’ADI è un intervento assistenziale che non deve avere alto contenutointensivo sanitario. Per evitare inutili allarmismi, va detto che le risorseimpegnate per l’ADI nel 2002 sono state di 105 miliardi di Lit/anno, mentre nel2003 sono di 165 miliardi (ciò significa un incremento del 60% che non è pocose consideriamo le attuali limitate risorse economiche disponibili).E’ evidente che ove esistano intense esigenze sanitarie (ad es. nel caso di alcuniPazienti terminali) sono previsti altri interventi sanitari puri che dovrannosostituire o integrare l’ADI.Il “percorso voucher” si riferisce solo all’ADI per cui verranno mantenute leconvenzioni tra ASL e A.O., Associazioni private profit e non profit pergarantire interventi sanitari a domicilio (es. Cure palliative, Ossigenoterapia,NPT, ecc).L’intervento socio-sanitario dell’ADI è articolato su 3 livelli di “fragilità”(come avviene in altri Paesi europei come la Germania), cui corrispondono 3

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livelli di finanziamento con il voucher (è evidente che il livello di interventosocio-assistenziale per un cittadino anziano è in genere inferiore rispetto aquello di un paziente terminale).Sinteticamente, i tempi della procedura voucher:- attivazione da parte del MMG;- valutazione multidimensionale della ASL con definizione del livello di

fragilità;- erogazione del voucher alle famiglie;- acquisto delle prestazioni erogate da Soggetti pubblici e privati

accreditati dalle ASL.E’ evidente che, come normalmente avviene con tutte le tariffe, periodicamenteil valore del voucher potrà essere modificato (a parità di risorse complessivedisponibili) in base a quanto la pratica suggerirà in rapporto ai differentibisogni dei Pazienti.

ore 18.00 L’Umanizzazione della Ricerca (sì all’uso delle Tecnologie per l’Uomo,no all’uso dell’Uomo per la Ricerca) [Umberto Veronesi, Bruno Andreoni]

B. Andreoni (Fondazione Lu.V.I. Onlus)Cercando di esprimere il pensiero del prof. U. Veronesi (assente per impegninon rinunciabili) citerò 3 suoi slogans sull’argomento (dalla Lettura “Scienza,Ricerca, Società” in occasione del saluto al Rettore Mantegazza – Aula MagnaUniversità, 7 novembre 2001):• Si cura meglio dove si fa Formazione e Ricerca• La missione del Ricercatore, oggi:

- conoscere- saper fare- far sapere (Formazione / Educazione)

• Sì all’uso della Scienza e della Tecnologia per l’Uomo, no all’usodell’Uomo per la Ricerca

Sempre nell’Aula Magna dell’Università, in una lettura su “Interrogazione sulsenso della Medicina e della Scienza”, in occasione della Festa del PerdonoIRCCS Ospedale Maggiore (26 marzo 2001), il Cardinale Carlo Maria Martinicosì diceva: “La malattia non è solo una questione tecnologica, ma è unproblema soprattutto etico che riguarda la speranza dell’Uomo che cerca unasalvezza talvolta in modo disperato”.Il Card. Martini definiva un IRCCS come un intreccio di Cura, Ricerca,Didattica e Cultura per l’Umanizzazione della Medicina. In un Ospedale diinsegnamento, la Ricerca e le Biotecnologie sono finalizzate ad una “migliorequalità di vita dell’Uomo”. Le Biotecnologie non sono un fine, ma un mezzoper migliorare la qualità di vita di tutti gli Uomini in rapporto al loro realebisogno di salute. La Ricerca clinica deve soddisfare il bisogno di Salute inuna continuità assistenziale dalla nascita alla fase terminale della vita(centralità dell’Uomo).Anche l’Assessorato alla Sanità e l’Assessorato alla Famiglia / SolidarietàSociale incentrano il Piano socio-sanitario regionale 2002-2004sull’argomento della Tecnologia al servizio della Salute dedicando ampiospazio ai temi della Formazione, della Ricerca e dell’innovazione tecnologica(Telemedicina, Tecnologie della Comunicazione, ecc).

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Anche nel Piano socio-sanitario, si ribadisce che l’Ospedale di Ricerca e diInsegnamento deve essere un modello organizzativo in cui la Scienzabiomedica deve coniugarsi con l’efficienza, la qualità, la giustizia e lasolidarietà. La Ricerca deve consentire il più razionale utilizzo di risorse perottenere il massimo risultato di Salute. Le nuove super tecnologie al serviziodell’Uomo non devono “penalizzare”, ma devono facilitare la “relazioneumana Medico-Paziente”.La Ricerca clinica deve soddisfare il bisogno di Salute, in una continuitàassistenziale dalla nascita alla fase terminale.Considerando i Pazienti terminali (non solo oncologici), si potrebbe cosìadattare uno dei 3 iniziali slogans del prof. Veronesi:- Conoscere (il bisogno dell’uomo al termine della vita).- Saper fare (l’assistenza di qualità nella rete per le cure palliative).- Far sapere (Formazione degli operatori dell’équipe per le cure palliative,

Educazione della Cittadinanza perché nasca nella gente una nuovacultura Hospice).

Poiché il progresso scientifico non è di per sé umano (l’utile, obiettivo dellesupertecnologie, non sempre coincide con il buono che corrisponde albenessere della Società), è necessario che la Ricerca sia al servizio della Veritàe della Giustizia.

Coerentemente con lo slogan: sì all’uso delle Supertecnologie per l’Uomo, noall’uso dell’Uomo per la Ricerca”, concluderemo la 1a giornata di questoConvegno con un video di Oliviero Toscani (“Picture in picture”), che affrontain modo fortemente suggestivo il tema del contrasto tra supertecnologie e realtàsociale.

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Istituto Nazionale Tumori (via Venezian, 1)giovedì 22 maggio 2003

Il Consenso informato in Oncologia: strategie comunicative edimplicazioni psicologiche nelle diverse fasi della malattia

ore 8.30 Saluto ai partecipanti e apertura dei lavori della giornata (Andrea Mattiussi –Commissario Straordinario IRCCS Istituto Nazionale Tumori)

ore 9.00 Gruppi di lavoro

1. Fase diagnostica iniziale di malattia [Coordinatori: L. Murru (Ps), R. Mazza(Ip), L. Erizzo (Vol), B. Stefanon (M) – Membri iscritti del Gruppo: BinTiziana (Ip) - Brescia Anna (Ip) - Carsillo Saveria (Vol) - Colombo Sergio(M) - Comi Elena (M) - Covini Luigi (Vol) - De Leo Carmen (Ip) - DelVecchio Giuseppina (Ip) - Doriguzzi Franca (Fs) - Dreosto Tiziana (Ip) -Giani Marina (Vol) - Laurenza Stefania (Ip) - Lupo Francesca (Ps) -Maldifassi Andrea (Ps) - Marras Alessandra (Ip) -Mazzuca Emilia (Fs) -NegriAnna Maria (Ip) - Romano Annunziata (Ip) - Russo Sara (Ip) - Salvetti Franca- Scarpa Rosanna (Ip) – Susani (Ass. San) - Tidone Enrica (Ass. San.) -Zafagnini Emanuela (Ip)].

Il gruppo era costituito da 24 persone, di cui 3 medici, 3 psicologi, 2assistenti sanitarie, 1 capo-sala, 4 volontari, 2 ex-malati e 9 infermieriprofessionali. L’ambito lavorativo di provenienza non era per tuttil’oncologia: questo ha reso ancor più interessante il confronto, in quanto si èevidenziato in modo ancor più preciso quanto il “comunicare cattive notizie”sia un ambito che interessa non solo l’oncologia ma anche altri settori sanitaridove le malattie sono particolarmente serie ed invalidanti. Le pazientipresenti, una operata per un tumore al seno e l’altra all’intestino, hannoraccontato in che modo è stata loro comunicata la diagnosi. Successivamenteha preso la parola il medico che ha affrontato il tema della comunicazionedella diagnosi e di tutte le sue implicazioni, affrontandole dalla parte di chi le“cattive notizie” le deve dare. Il confronto è stato arricchito dall’esperienza diuna persona che fa volontariato all’Istituto Nazionale dei Tumori che haraccontato come si sia ritrovata a dover essere lei a comunicare la diagnosi diuna patologia neoplastica alla figlia. Il dibattito che si è sviluppato è statoparticolarmente intenso, stimolante e partecipato. Nella seconda parte dellamattinata si è presentato e discusso dei modelli (relativi sia alle figuremediche che infermieristiche) che offre la letteratura psicologica sul temadella comunicazione delle cattive notizie.

2. Fase di trattamento [Coordinatori: L. Gangeri (Ps), E. Baietta (M), M.Sorgato (Ip), D. Viaro (Vol) – Membri iscritti del Gruppo: PessarossiGiovanna (Ass.San.) - Bardelli Daniela (Ps) - Brambilla Adriana (Ass. Soc.) -

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Colombo Antonella (Ip.) - Contessi Gabriella (Ip) - Cordani Anna (Ip) -Cresta Filomena (Ip) - D’Alisa Simonetta (Ip) - Dal Cin Valeria (Ip) - DeMarco Cosima (Ip) - Erba Agnese (Ip) - Fais Anna Maria (Vol) - FazioAlessandro (Ip) - Gaibina Amalia (Ass. San.) - Galbiati Mina (Vol) - IzzoAnna (Ip) - Lucchi Emanuela (Ip) - Monetti Lucia (Fs) - Paulon Assunta (Ip)- Pelligrino Franco (Ip) - Piatti Chiara (M) - Ronchetti (Ps) - SacaccabarozziEnrica (Vol) - Sala (Ps) - Salvetti Franca (Vol) - Tubiana Claudia (Ip) -Tuttino Rosita (Ip)].

E’ stato affrontato il tema del paziente oncologico in fase di trattamentoosservandolo da 4 punti di vista differenti: psicologico, medico, umano edinfermieristico.La prima parte del lavoro è stata infatti caratterizzata dalla presentazione, daparte di un’infermiera, di una psicologa, di un medico oncologo e di unvolontario degli aspetti che riguardano il paziente, la sua famiglia el’interazione con l’équipe curante cercando di evidenziare gli elementi chedeterminano questa particolare fase. Sono stati considerati aspetti cheriguardano la scelta del trattamento ed il processo di adattamento allo stesso.Nella seconda parte del lavoro che ha coinvolto tutti i partecipanti (20infermieri, 1 medico, 2 psicologi, 2 fisioterapisti) è stato messo in scena,utilizzando la tecnica della drammatizzazione, un caso clinico che haevidenziato le problematiche del paziente che rifiuta la proposta terapeuticapermettendo ai partecipanti di discutere sulle ripercussioni psicologiche edinamiche che una situazione di questo tipo può scatenare.

3. Fase di recidiva [Coordinatori: C. Borreani (Ps), G.D. Beretta (M), D.Pontremoli (Ip), M. Cantoni (Vol) – Membri del Gruppo: Minora Giulia(Ass. San.) - Beltrami Silvia (Ps) - Diodati Carla (Ip) - Duo Alessia (Ip) -Estevez Posada (Ip) - Fanni Marco (Ip) - Ferro Zino (Ip) - Gotti Elena (Ip) -Guzman Maryla (Ip) - Lucchini Diana (Ps) - Mapelli Paolo (Vol) - MaraiLuisa (Ip) - Monzani Barbara (Ip) - Palopli Daniela (Ip) - Piazza Chiara (Fs) -Scevola Annita (Vol) - Sgaramella M. (Ip) - Sociale Orsola (Ip) - TarolliVittoria (Ass. San.) - Turturro Antonio (M) - Vicenza Vera (Vol) - VillaBruna (Ip) - Villa Silvia (Ip)].

I partecipanti ai lavori erano 12, così suddivisi rispetto alla loro professione: 7infermieri, 1 medico, 1 psicologa, 3 volontari, 1 tecnico della riabilitazione.I lavori sono stati aperti con la presentazione, da parte di ognuno dei 4coordinatori, di una breve relazione che aveva l’obiettivo di analizzare leproblematiche di tipo comunicativo e relazionale che il paziente con recidivapone ad ogni specifica categoria professionale (al medico, all’infermiere, allopsicologo ed al volontario).Successivamente i partecipanti al gruppo sono stati invitati a discutere edapprofondire i temi proposti dai coordinatori integrandoli con altri tratti dallaloro esperienza professionale. Il punto di vista del malato è stato analizzatoattraverso la lettura ed il commento di 3 storie di pazienti che narravano laloro esperienza di recidiva.La discussione successiva è stata finalizzata a mettere in luce le specificitàdella situazione di recidiva e all’identificazione di strategie di comportamentoe di supporto utili per gli operatori che si trovano a gestire una relazione conil paziente in questa fase della malattia.

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4. Fase terminale [Coordinatori: P. Trimigno (Ps), R. Speranza (M), S. Ferrario(Ip), G. Frangipante (Vol) – Membri iscritti del Gruppo: ConfalonieriGabriella (Ass. San.) - Bottega Silvia (Ass. Soc.) - Cofrancesco Elisabetta(M) - Botto Floriana (M) - Monteleone A. (M) - Aghemo Claudio (Vol) -Marroni Assunta (Vol) - Conter Luisa (Vol) - Mondini Cristina (Vol) - FarinaMaria C. – (Vol) - Chiambretto Paola (Vol) - Coppo Giuseppina (Ps) -Morandi Miriam (Ip) - Beneduce Anna (Ip) - Narciso Vncenza (Ip) -Santospirito Simona (Ip) - Condoleo (Ip) – Lamperti Caterina (Ip) - La RicciaGraziella (Ip) - Trevisan Loredana (Ip) - Bertoni Nora (Ip) - Mascheroni (AssSan) - Lattanzi Almerida F. (Ip) - Zanelli Enrico (Ip) - Macassi Martha Dalia(Ip) -Paolo Franceschi (M) - Cinquetti (Ip) - Colombo (Ip) - Gaitani (Ip) - DiCaprio Margherita (Ip) - Guarino Gina (Ip) - Centrone Lucrezia (Ip) -Maggiore Giovanni (Ip) - Ridolfi Giancarlo (Ip) - Irene Rossi (Ip)].

Il gruppo era costituito per la maggior parte da infermieri, alcuni medici evolontari della Lega Tumori. E’ stato proposto uno stimolo audiovisivo conla proiezione di alcune parti tratte dal film “My life” riguardante lacomunicazione della terminalità. L’impatto emotivo è stato molto forte.Dopo una breve introduzione sul consenso informato e la sua applicazionenelle cure palliative e nei diversi ruoli professionali, la discussione di un casoclinico ha consentito di evidenziare i limiti e le difficoltà dellacomunicazione nella fase terminale. La sintesi finale si è focalizzata sullepossibili prospettive nella relazione tra operatori sanitari, paziente e famiglianell’ottica di incremento della consapevolezza dei vissuti emozionali di tuttele persone interagenti.

5. L’esperienza dell’Oncologia Pediatrica può essere esportata nel mondo degliadulti? [Coordinatori: F. Fossati-Bellani (M), C. Clerici (M), A. Ferrari (M),G. Casiraghi (Ass. San.) – Membri iscritti del Gruppo: Meneghello Emanuela(Ass. San.) - Barbaresco Daniela (Ip) - Barbieri M. Luisa (Ip) - BarcellaMaria Caterina (M) - Basile Raffaella (Ip) - Bocchiola Roberta (Ip) - BettegaSilvia (Ass. Soc.) - Cara Manuela (Ip) - Colombo Anna Maria (M) - GalfrèDaniela (IP - Gelo Carlo (Ps) - Goy M. Carla (Vol) - Lazzari Cosetta (Ip) -Magri Miriam (Ip) - Mandracchia Carmelina (Ip) - Ognibene Giovanni (Ip) -Parian Gigliola (Fs) - Perletti Giovanna (Vol) - Piotti Cristina (Stud univ) -Rossi Irene (Ip) - Satriano Teresa (Ps) - Sno Carla (Ps) - Suardi Enrico (Vol)- Vaccari Alessandra (Ip)].

Durante la discussione del gruppo di lavoro si è evidenziato comel’esperienza dell’Oncologia pediatrica nel rapporto Curanti-Pazienti si siasviluppata negli anni in linea con il modello teorico di una medicina centratonon tanto sulla “patologia” quanto sul “paziente”. Il suo punto di forza è laconsiderazione verso il soggetto malato ed il suo contesto psico-sociale e nonsoltanto verso la malattia; ogni atto comunicativo non è un momento a séstante ma si inserisce in un processo di relazione di cui tutti i membridell’équipe sono attori; è parte delle competenze mediche e può essereinsegnato ed appreso. Da lungo tempo ormai è considerato indispensabile chel’équipe curante lavori nell’ottica di mantenere condizioni di vita fisica ementale dei piccoli pazienti il più possibile normali. Inoltre, l’Oncologiapediatrica si è posta nel tempo il problema di dare reali e concrete rispostealle istanze psicologiche e sociali dei pazienti e delle famiglie, riconoscendofra gli obiettivi prioritari l’assegnazione di risorse per garantire la presenza

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continuativa in reparto di un servizio sociale e di operatori specialistinell’area del disagio mentale.

ore 16.00 Simposio/Tavola Rotonda“Il Consenso informato in Oncologia:luci ed ombre”Moderatore: Marcello TamburiniRelatori: Antonella Cremonese (Giornalista Corriere della Sera), Fulvio Scaparro(Psicoterapeuta – Comitato Etico INT), Natale Cascinelli (Direttore ScientificoIRCCS INT), Gabriella Morasso (Presidente Società Italiana di Psico-Oncologia),Sandro Barni (Oncologo Medico – AIOM Lombardia)

ore 18.00 Discussione con il pubblico

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Istituto Europeo di Oncologia (via Ripamonti, 435)venerdì 23 maggio 2003

Umanizzazione dell’assistenza socio sanitaria in Regione Lombardia

ore 8.30 Gruppi di lavoro

1. L’Umanizzazione dell’assistenza al paziente terminale [Coordinatori: A.Sbanotto (M), D. Cattaneo (M), E. Scaffidi (Ps) – Partecipanti iscritti: BasileRaffaella (Ip) - Beltrami Silvia (Ps) - Bertoni Nora (Fs) - Centrone Lucrezia(Ip) - Cinquetti Daniela (Ip) - Colombo Anna Maria (M) - Colombo Chiara (Ip)- Colombo S. (M) - Comi Elena (M) - Contessi Gabriella (Ip) - Dal CinValeria (Ip) - De Marco Cosima (Ip) - Duo Alessia - (Ip) - Erba Agnese (Ip) -Gaitani Carmen (Ip) - Ghioni Mara - Guarino Gino (M) - Maggiore Giovanni(Ip) - Maldifassi Andrea (Ps) - Marradini Deborah - Marras Alessandra (Ip) -Mascheroni Carla (Ass. San.) - Monzani Barbara (Ip) - Narciso Vicenza (Ip) -Negri Anna Maria (Ip) - Pariani Gigliola (Fs) - Pellegrino Franco (Ip) -Pessarossi Giovanna (Ass. San) - Ridolfi Giancarlo - Ronchetti Daniela (Ps) -Sociale Orsola (Ip) - Suardi Enrico (Vol) - Taralli Vittorina (Ass. San.)- Tidone(Ass. San.) - Tubiana Claudia (Ip) - Tutino Rosita (Ip) - Villa Silvia (Ip)].

Metodologia scelta:• Discussione di 3 casi clinici nei 3 sottogruppi composti da infermieri,

medici, psicologi.• Momento congiunto di sintesi della discussione dei 3 gruppi per

elaborazione esposizione finale in plenaria.I punti che sono emersi dai 3 gruppi sono stati i seguenti:• La comunicazione (informazione, dialogo, ascolto) al paziente e alla

famiglia quale processo fondamentale per costruire un'assistenza nellaterminalità in cui gli assistiti sono parte del processo decisionale, in grado dicapire e quindi influenzare l'approccio.

• La decisione terapeutica/assistenziale quale momento critico di espressionedel potere sanitario da porre in discussione rispetto ai principi di dignità chequel paziente terminale interpreta.

• L'équipe interprofessionale quale condizione essenziale per l'elaborazionee l'analisi delle scelte assistenziali/terapeutiche in funzione di una centralitàdei valori e del vissuto del paziente e della sua famiglia.

Condizioni necessarie per l’assistenza al paziente terminale:• Circolarità di informazioni/confronto tra gli operatori che assistono un

paziente terminale e la sua famiglia.• Comunicazione costante tra gli operatori e il paziente/ famiglia.• Momenti dedicati al confronto tra gli operatori coinvolti nell'assistenza e

altri operatori attivi nella terminalità (medici, psicologi, assistenti sociali,volontari, fisioterapisti, infermieri).

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2. L’Umanizzazione dell’assistenza al paziente anziano non autosufficiente[Coordinatori: F. Giunco (M), J. Bisceglia (M), G. Mazzocchi (Ass. Soc.) –Partecipanti iscritti: Barcella Maria Caterina (M) - Bertoni Nora (Fs) -Brambilla Adriana (Ass. Soc.) - Covini Luigi (Vol) - De Leo Carlo (Ip) - DelVecchio Giuseppina (Ip) - Di Caprio Margherita (Ip) - Dreosto Tiziana (Ip) -Fais Anna Maria (Ip) - Fanni Marco (Ip) - Gaibina Amalia (Ass. San.) -Guarino Gina (Ip) - Lamperti Caterina (Ip) - Lattanzi Almerinda (Ip) - LucchiEmanuela (Ip) - Monetti Lucia (M) -Monteleone Antonio (Vol) - PalopliDaniela (Ip) - Piatti Chiara (M) - Romano Annunziata (Ip) - Satriano Teresa(Ps) - Sno Carla (Ps) - Villa Bruna (Ip) - Zafagnini Emanuela (Ip)].

Il gruppo di lavoro era composto in prevalenza da operatori sanitari (medici,infermieri, fisioterapisti), ma con una significativa presenza anche di operatorisociali. La riunione è stata avviata con una presentazione reciproca:coordinatori e partecipanti hanno descritto brevemente la propria collocazioneed esperienza professionale. Sono stati quindi sinteticamente introdotti iseguenti temi:• riflessione sulla specificità della condizione anziana, ma anche

sull’esistenza di ambiti nei quali l’età sembra condizionare ilriconoscimento di diritti e tutele, anche costituzionalmente sanciti;

• identificazione di obiettivi e indicatori utili per guidare l’azione dellestrutture e dei servizi per anziani non autosufficienti in un’assistenza “amisura d’uomo”.

La discussione è quindi stata avviata utilizzando come spunto di riflessionealcune storie o progetti di assistenza proposti ai componenti del gruppo.L’analisi del caso e l’interazione fra i partecipanti hanno prodotto un’analisidettagliata dei diversi temi che l’argomento propone.E’ stato innanzitutto sottolineato il rischio di utilizzare l’età anziana come unasorta di contenitore indifferenziato nel quale far confluire condizioniesistenziali, esigenze psico-sociali, di malattia o di disabilità altrimenti bendistinguibili. Il rischio è quello di porre in discussione – per età, luoghi econtesti di cura – lo stesso sistema dei diritti elementari. Sono stati portatialcuni esempi:• L’atto di indirizzo e coordinamento sull’integrazione socio-sanitaria

distingue in diverse occasioni fra disabili gravi e disabili nonautosufficienti, assegnando ai primi una maggiore copertura economicadelle spese sanitarie, come se fra le due dimensioni esistesse davvero unadifferenza per quanto riguarda l’autonomia o la dipendenza con leconseguenti esigenze di cura.

• La Regione Lombardia richiede alle RSA – Residenze sanitarieassistenziali per anziani non autosufficienti – 901 minuti di assistenzasettimanali per ospite; la stessa regione richiede alle RSD – Residenzesanitarie per disabili – dai 950 ai 2200 minuti di assistenza e con tariffesuperiori. Il paradosso è che, se le RSD accolgono anche – come avvienesempre più spesso – disabili che hanno superato i 65 anni: a questivengono attribuite le stesse tariffe e gli stessi minuti di assistenza degliospiti delle RSA pur essendo accolti in RSD.

• Gli anziani accolti nelle RSA ricevono un contributo regionale acopertura delle spese di competenza sanitaria o a rilevanza sanitaria,mentre a loro carico restano le spese di competenza alberghiera. In realtà,il primo contributo è di entità non sempre proporzionata alle esigenze di

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cura della persona, posto che a fronte di tale contributo le RSA sonotenute a garantire – e quindi ad acquistare – anche farmaci, presidi edausili. Il paradosso è che – in termini di bilancio complessivo – glianziani ricoverati possono vedere ricaricate sulla quota alberghiera spesealtrimenti a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Esistono altri ambiti che propongono delicati problemi etici e spunti diriflessione proporzionati. Sono diffuse prassi e consuetudini discutibili checoinvolgono la popolazione anziana – ma anche altri soggetti deboli – quandochiamati ad interagire con il sistema dei servizi. Queste prassi, ancorchédiffuse, lasciano emergere la necessità di una evoluzione delle modalità diapproccio o la necessità di ricercare soluzioni alternative praticabili:• Il 73% dei referenti di 37 strutture residenziali inglesi che accoglievano

anziani affetti da demenza ha dichiarato che nelle proprie strutture èconsuetudine somministrare farmaci di nascosto 1. Il 96% degli operatoriintervistati riteneva tale prassi occasionalmente giustificabile, fatta salval’eventuale preliminare consultazione di un medico. Per il timore diazioni disciplinari molti operatori evitavano di registrare i farmaci cosìsomministrati. Gli autori segnalano, come motivo di preoccupazione, chesolo poche delle strutture avevano una politica esplicita sull’argomento eche il clima di segretezza e la paura di conflitti contribuivano amantenere sommerso un problema probabilmente diffuso. Non esistonodati di letteratura italiani, ma l’esperienza dei partecipanti al gruppo portaa ritenere che anche in Italia tali modalità siano diffuse.

• Un altro lavoro – sempre pubblicato sul BMJ2 - riporta i giudizi di 74pazienti anziani ricoverati in due ospedali londinesi (età media 81 anni).L’82% non aveva mai sentito parlare di direttive anticipate; qualcuno leconfondeva con aspetti economico-testamentari. Una volta informati, il74% dei pazienti ha espresso interesse a compilare un modulo di direttiveanticipate. In previsione di una possibile fase terminale il 94% harifiutato l’approccio chirurgico, il 93% la nutrizione artificiale, il 92% laventilazione assistita, il 90% la RCP, l’86% perfusioni e terapieendovenose e l’82% trattamenti antibiotici. La singola condizione piùtemuta è stata la demenza avanzata, soprattutto se combinata ad altredisabilità; meno temuto l'utilizzo di una sedia a rotelle. Sorprese harivelato la scelta del riferimento per le decisioni in caso di propriaincapacità: la moglie era segnalata solo nel 17% dei casi, mentre nel 63%si preferiva un altro familiare e nel 22% il proprio medico. Anche aquesto proposito l’esperienza dei partecipanti al gruppo di lavoro haconfermato la scarsa diffusione di modalità strutturate di informazionedel paziente anziano, la diffusione del coinvolgimento in decisioniessenziali di familiari o altri referenti, la mancata consuetudine arichiedere l’espressione di direttive anticipate.

• La demenza non è solo nei timori dei pazienti, ma appare un rilevantefattore prognostico3. Confrontando la mortalità a sei mesi di pazientiricoverati per polmonite e frattura di femore, la mortalità dei pazientidementi era rispettivamente del 53% e del 55%, contro il 13% ed il 12%dei pazienti non dementi. Più critico il fatto che l’utilizzo di procedureinvasive non era diverso nei due gruppi e che solo il 24% dei pazienti

1 Blythe J. Study question ethics of covert medication. BMJ 2000; 321:4022 Schiff R. Views of elderly peolple on living wills: interview study. BMJ 2000: 320:16403 Morrison RS. Survival in end-stage dementia following acute illness. JAMA 2000; 284:47

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dementi con frattura di femore era stato trattato con farmaci analgesici.L’influenza prognostica negativa, peraltro nota, è legata alla capacitàdecisionale del paziente, alla compliance, alla difficoltà per gli operatoridi comprendere o rilevare reazioni avverse nonché alle incertezzeriguardo i limiti individuali dei processi diagnostici e terapeutici deipazienti con prognosi limitata4. In questo caso il parere dei componentidel gruppo è stato più articolato, riflettendo la maggiore o minoreconsuetudine ad affrontare pazienti con demenza. Soprattutto in ambitodomiciliare è emerso il rischio di non riconoscere livelli più o menoelevati di deterioramento cognitivo in pazienti gestiti in contesti nonformalizzati e, di conseguenza, di non adattare le soluzioni assistenzialialle esigenze di un paziente con demenza.

La discussione fra i componenti del gruppo si è quindi spostata dal pianogenerale a quello della concreta gestione dei servizi. Il tema dellaumanizzazione è stato declinato a diversi livelli:• Per la persona anziana e molto anziana la dimensione affettivo-

relazionale assume un valore particolare. I luoghi, le storie, le relazionipossono influire in modo determinante sulla qualità percepita delle curericevute. Temi come quello della rassicurazione, dell’accoglienza deldisagio, della comprensione delle paure esplicite o non dichiarate devonofar parte del patrimonio culturale dell’operatore e tradursi in soluzioniorganizzative. Ancora, il tempo e i tempi della persona anziana hannoritmi diversi rispetto a quelli di interlocutori più giovani ma devonoessere accolti entro il progetto di cura, che non può svilupparsi con lastessa rapidità propria degli interventi in classi di età più giovanili:proporre soluzioni assistenziali anche corrette può imporre tempi lunghiprima che la persona possa accettare l’intervento.

• Un modello di cura basato sulla “vendita di prestazioni” può non essereadeguato ad affrontare in termini globali le esigenze delle persone piùanziane, e concetti come libera scelta o libera concorrenza possonorivelarsi inadeguati per persone fragili e non sostenute da una rete disostegno. Queste persone possono non possedere gli strumenti perscegliere e costruire autonomamente un progetto di cura.

• Il sistema attuale sembra orientato verso soluzioni tutto o nulla.Rilevazioni Istat e Censis dicono che poco meno dell’80 per cento deglianziani con gravi problemi di autonomia viene gestito integralmente dalproprio gruppo familiare, e almeno due terzi dei restanti sono sostenutiattraverso soluzioni private, spesso legate al reperimento sul mercato difigure prive di qualificazione professionale. Solo una piccola percentualedegli anziani non autosufficienti vede le proprie esigenze sostenute daServizi formalizzati e, in questo ambito, soprattutto di tipo residenziale.Manca, cioè, una diversificazione delle soluzioni di cura proporzionataalla diversificazione della domanda e, soprattutto, un’accoglienza delladimensione della complessità assistenziale. Questa sembra caratterizzarein modo prevalente tanto la grave fragilità che la non autosufficienza.

Solo in termini sintetici – la discussione è stata particolarmente vivace earticolata – si riportano di seguito e divise per contesto di cura alcune delleannotazioni espresse successivamente alla fase di discussione preliminare:

4 Brauner DJ. Treating non-dementia illnesses in patient with dementia. JAMA 2000; 283:3230

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In generale:• La necessità di una formazione specifica del personale e di un particolare

addestramento e supervisione nella gestione di relazioni complesse.• Il paziente e il familiare come risorsa del progetto di cura e non come

semplice cliente, controparte, ostacolo.• La capacità di identificare le difficoltà specifiche nella gestione della

propria salute di anziani con disabilità, limitazioni sensoriali, fragilità maanche con crescenti difficoltà a essere sostenuti da familiari e altri attoridella rete dei servizi. Il peso delle limitazioni sensoriali, dei deficitmnesici, delle limitazioni fisiche, delle difficoltà di utilizzare i mezzi ditrasporto pubblico o gli strumenti di comunicazione telefonica, nellagestione di terapie delicate – insulina, terapia anticoagulante orale,polifarmacoterapie complesse – o nella gestione di iter diagnostici o difollow up.

Nel contesto ospedaliero:• Necessità di collegamento con le esigenze delle comunità territoriali. I

criteri di ammissione in Ospedale sembrano oggi escludere gli anzianiportatori di esigenze cliniche complesse e di lunga durata; la dimissioneavviene regolarmente senza recepire i criteri di qualità che le regole dibuona prassi e la migliore letteratura hanno già descritto: analisimultidimensionale del bisogno, raggiungimento della stabilità clinica,atteggiamento riabilitativo attivo e avvio del riadattamento allaquotdianità, collegamento con le équipe di cura territoriali.

• Rispetto per l’individualità della persona e definizione di piani diassistenza individualizzati con il rischio delle etichettature: “è demente;non serve fare nulla”.

• Adattamento fisico dei luoghi alle esigenze e alle caratteristiche dei piùanziani: barriere architettoniche, ausili per l’orientamento, scelta degliarredi, attenzione all’impatto della tecnologia sui soggetti deboli.

• Formazione del personale: linguaggio, rispetto dei tempi e degli spazipersonali, rispetto della fisicità e intimità, attenzione alla rassicurazione ealla accoglienza dei timori.

• Ricerca del consenso e della condivisione delle scelte terapeutiche; iltema delle direttive anticipate applicato anche ai più anziani, sia in sensopositivo – “decidiamo insieme cosa fare” – che negativo: “non facciamo,non facciamo più, ti rimandiamo a casa”.

• Aggressività e accanimento terapeutico verso atteggiamento “a priori”palliativo, applicato anche alle patologie non oncologiche. Il confine frala palliazione e la mancata volontà di prendere in carico.

• La sensazione diffusa di una ridotta attenzione verso la prevenzione deglieventi evitabili: la sindrome ipocinetica da allettamento improprio, lelesioni da decubito, le interazioni farmacologiche e gli effetti indesideratidelle polifarmacoterapie, l’eccessivo ricorso ai presidi per incontinenza oal catetere vescicale.

• La scarsa diffusione di una cultura interpretativa dei sintomi e delleanomalie del comportamento degli anziani affetti da deterioramentocognitivo, e l’eccessivo ricorso alla contenzione fisica o farmacologica.

• Il pericolo delle etichettature: il mancato trattamento dei sintomi, adesempio del dolore o della temporanea ipomobilità, degli anziani confusio dementi.

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• Il paziente pluripatologico: la scarsa abitudine a ricomporre le abitudinidelle diverse specialità in progetti di cura globali. La terapia per lapersona e non per la malattia.

In RSA:• L’RSA come una delle possibili soluzioni e non come l’unica soluzione

proponibile: la più diffusa, l’unica sostenuta economicamente, l’unicaaffrontata o valorizzata nei documenti ufficiali.

• Il sottodimensionamento e la scarsa diversificazione della rete dei serviziper anziani.

• L’RSA dovrebbe essere solo uno dei nodi di una rete dei servizidifferenziata rispetto alle esigenze e prevalentemente orientata verso ladomiciliarità: Servizi di sostegno logistico, Servizi domiciliari di tiposociale, socio-sanitario e sanitario, Servizi diurni a prevalentecomponente aggregativa o a maggiore intensità assistenziale, Residenzesociali e socio-sanitarie a bassa soglia di intensità assistenziale (ilmodello delle comunità alloggio); le residenze di sollievo; le soluzioniabitative protette o condivise; le RSA a diversa articolazione:riabilitative, temporanee, abitative permanenti, a maggiore intensitàsanitaria.

• Le RSA come unità d’offerta funzionali alla cultura della domiciliarità enon ad una cultura della rimozione e della delega: il contenitore nel qualeracchiudere e nascondere tutti i problemi esistenziali e assistenziali dellasenilità problematica.

• Soluzioni non affidate alla sola buona volontà del singolo operatore, ma amodelli organizzativi sostenuti da risorse adeguate agli obiettivi: lanecessità di maggiori risorse umane e economiche, per qualificarel’assistenza rispetto alla crescente complessità degli anziani accolti.

• Permettere alle persone l’espressione della propria storicità e delleproprie risorse residue: conoscenza biografica della persona, rispettodegli spazi personali e dei tempi delle persone, adeguamento degli orariai tempi naturali degli ospiti e dei loro familiari.

• Attenzione alle soluzioni architettoniche: intimità, familiarità, spazi perla relazione, spazi per la sofferenza, personalizzazione degli ambienti,adattamento alle esigenze ed alle peculiarità dei soggetti disabili o condemenza;

• L’RSA come luogo privilegiato per sperimentare soluzioni adeguate allagestione degli stati pluripatologici avanzati. Adattare la metodologiapalliativa per garantire qualità delle cure e dell’accompagnamento allafine della vita anche negli stati terminali non oncologici, di lunga duratao del malato non consapevole.

Nei servizi domiciliari:• Luogo privilegiato per esercitare l’effettiva integrazione fra interventi

sociali e interventi sanitari e per adottare modelli di azioni globali edorientate al paziente.

• La casa come luogo naturale di vita del paziente, espressione della suastoricità e della storicità dei suoi desideri e delle sue relazioni.

• Attenzione al carico assistenziale e emotivo che i sistemi di cura possonoimporre – per tempi anche prolungati - ai familiari. Attenzione alleesigenze proprie dei familiari, a volte appena meno fragili e meno malatidella persona in cura.

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3. L’Umanizzazione dell’assistenza al paziente disabile grave [Coordinatori: A.Mantovani (M) , M. Maioli (M) – Partecipanti iscritti: Susani (Ass. San.) -Brugnoli Roberta (Ps) - Chiambretto Paola (Ps) - Cofrancesco Elisabetta (M) -Colombo Sergio Gianni (M) - Cordani Anna (Ip) - Cresta Filomena (Ip) -D’Alisa Simonetta (IP - Diodati Carmela (Ip) - Estevez Posada M. G. (Ip) -Ferro Zino (Ip) - Izzo Anna (Ip) - Macassi Martha (Ip) - MandracchiaCarmelina (Ip) - Marai Luisa (Ip) - Monetti Lucia (Fs) - Pariani Gigliola (Fs) -Paulon Assunta (Ip) - Piazza Chiara (Fs) - Rossi Irene (Ip) - Russo Sara (Ip) -Trevisan Loredana (Ip) - Turturro Antonia (M) - Vaccari Alessandra (Ip)].

Il gruppo di lavoro, cui hanno partecipato infermieri professionali – psicologi –medici di strutture residenziali dedicate a pazienti disabili gravi e a pazienti conproblematiche psichiatriche – medici di medicina generale – genitori di disabiliha avuto come spunto per la discussione il film “La nuova frontieradell’accoglienza” che illustra l’attività medica prestata ai disabili gravi pressol’Ospedale San Paolo nell’ambito del Progetto DAMA.E’ stata anzitutto definita la tipologia dell’intervento (disabili gravi intellettivi,neuromotori da patologie degenerative e condizioni postraumatiche); è stataquindi illustrata la storia del progetto, con l’avvio della fase sperimentale e conla valutazione della richiesta del Territorio. E’ stata infine presentata l’attivitàsvolta in termini quantitativi con i risultati più significativi.E’ stato così possibile riconoscere insieme che la necessità principale perquesta fascia di popolazione fragile è quella di interventi sanitari coordinati dadifferenti figure di personale sanitario e dai volontari che siano integrati con ilterritorio.In questa ottica sono emerse le necessità di chiarificazione dei ruoli dellediverse figure sanitarie, e, facendo leva sulle differenti esperienze professionalidei partecipanti al gruppo di lavoro, è emerso in modo chiaro che leproblematiche mediche frequentemente passano in secondo piano rispetto alproblema principale della disabilità con le sue ricadute sugli equilibri familiari.Da quest’esigenza discende la necessità di percorsi preferenziali, cherappresentano una modalità di presa in carico del problema sanitariodiagnostico-terapeutico.Tutte le persone intervenute hanno convenuto sulla necessità di acquisire unmetodo personalizzato di rapporto con la persona disabile, sottolineando ilsignificato del contatto anche fisico con il paziente: la tecnologia apparestrumento per acquisire elementi diagnostici ma non sostituisce l’umanità e laprofessionalità del personale.E’ ancora emerso che il ruolo dei Volontari non deve essere sussidiario allacarenza delle risorse ma integrativo per la soluzione di problemi medici,psicologici ed organizzativi dei disabili e delle loro famiglie. L’attività deiVolontari rappresenta per le famiglie il volto senza camice della sanità, equindi una immagine talora più gradita a coloro che sono più fragili.E’ stata riflessione comune, peraltro, che una organizzazione ben coordinatafrequentemente è in grado di fornire una risposta qualitativamente equantitativamente più ampia, soprattutto se assume come approccio sistematicoil lavoro d’équipe.Non potevano essere assenti alla discussione le necessità formative e quelledella comunicazione, rivolte al personale e alle famiglie.Esiste la necessità di una formazione di base e di formazione professionalespecifica.

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Come da più parti sottolineato tutto ha comunque significato se inquadrato inuna assistenza globale alla persona fragile, integrata con il Territorio intesocome rete fra Servizi, Medici di Medicina Generale e, anche se ancoraindefinita come figura, Case Managers.

4. L’Umanizzazione dell’assistenza al paziente extracomunitario [Coordinatori:G. Carrara (operatore sociale), M. Mazzetti (M), A. Grassini (M) – Partecipantiiscritti: Barbaresco Dani (Ip) - Barbieri M. Luisa (Ip) - Beneduce Anna (Ip) -Bocchiola Roberta (Ip) – Bottega (Fs) - Botto Floriana (M) - Cara Emanuela(Ip) - Coppo Giuseppina (Ps) - Fazio Alessandro (Ip) - Franceschi Paolo (M) -Galfrè Daniela (Ip) - Lazzari Cosetta (Ip) - Lupo Francesca (Ps) - MapelliPaolo (Vol) - Marila Guzman (Ip) - Mazzuca Emilia (Vol) - Meneghello (Ass.San.) - Morroni A. (Vol) - Ognibene Giovanni (Ip) - Scarpa Rosanna (Ip) -Zanelli Enrico (Ip) - Gelo Carlo (Ps) - Francesca Fabbri (Vol)].

Il gruppo di lavoro ha analizzato i problemi assistenziali dei pazientiextracomunitari con o senza permesso di soggiorno.Sono state evidenziate le difficoltà linguistiche e culturali (importanza dei“mediatori culturali”). La legislazione italiana prevede che tutti gli stranieri nonappartenenti alla Comunità Europea presenti in Italia con regolare permesso disoggiorno hanno l’obbligo di iscriversi al SSN (in tal modo l’assistenza ègarantita anche ai familiari a carico): l’iscrizione si effettua presso la ASL diresidenza e vale sino allo scadere del permesso. Gli stranieri “irregolari” (cioèprivi di permesso di soggiorno) hanno comunque diritto a tutte le cure urgenti oessenziali (ambulatoriali od ospedaliere) nei presidi pubblici o privatiaccreditati per malattie, infortuni ed interventi di medicina preventiva [le ASLrilasciano una tessera con codice STP (Straniero Temporaneamente Presente)].I Coordinatori hanno successivamente proposto ai partecipanti al gruppo dilavoro le seguenti domande:- Quanti sono gli immigrati con regolare permesso di soggiorno in Italia?- Quanti gli “irregolari”?- Quali sono le 3 più frequenti malattie tra gli immigrati?- Quali sono le più frequenti cause di ricovero in regime ordinario ed in

regime di “day hospital”?Le risposte sono state estremamente differenti ed imprecise, documentando lascarsa conoscenza dell’argomento e l’esistenza di pregiudizi anche presso gliOperatori sanitari motivati.Proposte per un miglioramento dei Servizi:- Realizzazione di un “manuale multilingue” per gli Operatori socio-sanitari.- Formazione degli Operatori per una cultura “multietnica”.- Formazione di mediatori linguistici e culturali.- Coinvolgimento Volontariato e Rappresentanti dei diversi gruppi etnici.- Educazione sanitaria per gli stranieri.- Educazione della cittadinanza con interventi anche nelle Scuole.- Servizi “dedicati” nelle strutture sanitarie (Ambulatori per stranieri

regolari ed irregolari).- Potenziamento Servizi di “Assistente sociale”- Snellimento pratiche burocratiche.

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- Segnaletica specifica negli Ospedali e materiale informativo in varielingue per garantire un più efficace accesso ai Servizi.

Conclusioni:Il Paziente extracomunitario va considerato come Persona inserita in unospecifico contesto socio-culturale.Il “bisogno sanitario” rappresenta uno stress aggiuntivo per uno straniero chegià vive una situazione di disagio.In una Società multietnica la Sanità deve evolvere da un modello biomedico dicura ad un modello biopsicosociale.L’immigrato deve essere percepito non come una fonte di problemi, ma comeuna risorsa.

5. L’Umanizzazione dell’assistenza al paziente oncologico nella MedicinaGenerale (MMG, PLS, Infermieri di famiglia) [Coordinatori: L. Vettore (M),R. Bollina (M), M. Lunardelli (Ps) – Partecipanti iscritti: Barcella MariaCaterina (M) - Bardelli Daniela (Ps) - Bin Tiziana (Ip) - Brescia Anna (Ip) -Colombo Antonella (Ip) - Condoleo Rosetta (Ip) - Confalonieri Gabriella (Ass.San.) - Cordani Anna (Ip) - Doriguzzi Franca (Fs) – Gelo (Ps) - Gotti Elena(Ip) - La Riccia Graziella (Ip) - Laurenza Stefania (Ip) - Lucchi Emanuela (Ip) -Lucchini Daniela (M) - Magri Miriam (Ip) - Minora (Ass. Soc.) - MorandiMiriam (Ip) - Sala Graziella (Ps) - Santospirito Simona (Ip) - Sgaramella Maria(Ip)].

Chiunque si trovi ad operare nell’assistenza domiciliare al paziente oncologicodeve, quotidianamente, confrontarsi con una realtà ricca di difficoltà eproblematiche che spesso vengono percepite come specifiche ed uniche dellapropria situazione. Un primo, ma non sottovalutabile, passo in avanti è trovarsiattorno ad un tavolo e condividere le proprie esperienze. Sembrerà incredibile,ma non siamo soli e ciò che ci poteva sembrare più unico che raro, accadeanche al nostro vicino. Infermieri, Assistenti Sociali, Assistenti Sanitari,Psicologi, Fisioterapisti, Volontari…e latitanti Medici (ahimè non eranopresenti nel gruppo di lavoro) si sono trovati a riflettere su quale sia la realtànella quale si trovano ad operare quotidianamente. Innanzitutto questo vuoledire confrontare la propria modalità di lavoro con le altre e quindi mettersi ingioco come professionisti e come persone. Il clima che si può respirare è quellodi un’occasione unica, di quelle che (e cercheremo di capire come mai) noncapitano frequentemente, ma che vanno sfruttate. Non stupisce quindi cheinizialmente emerga un coro confuso di lamentele rispetto a situazioni chevengono vissute come delle realtà consolidate e immodificabili: “non abbiamoil tempo per dedicare al paziente lo spazio che merita”, “mi sono sentitacatapultata nella realtà del paziente oncologico…”, “ ho cercato sul campodelle conferme a delle idee che mi ero fatta da sola…”, “non esiste un supportopsicologico per le famiglie dei pazienti che quindi si appoggiano troppo a noi”,“si basa tutto sul volontariato perché non ci sono soldi…”. Queste le voci chesi levano dal malessere di fondo. Ma cerchiamo di fare ordine.La sensazione è che le diverse problematiche qui solamente accennate, possanoin realtà essere suddivise in alcune aree critiche separate le une dalle altre e checiò sia più utile per poi poter individuare delle strategie di intervento piùoperative e poter quindi evidenziare se ci siano delle aree più immediatamentemodificabili rispetto ad altre.

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Difficoltà• Contesto

La realtà sanitaria impone agli operatori che vi lavorano di convivere (esarà sempre più così) con regole imposte da dinamiche di mercatopiuttosto che di assistenza sanitaria. A queste si aggiungono“incombenze” burocratiche e medico-legali. Il tutto genera la sensazionein chi opera di dover dedicare più tempo a questi aspetti piuttosto che allepratiche sanitarie che sono ritenute le parti fondamentali del propriolavoro. Queste problematiche, che indubbiamente sono presenti e che nonvanno dimenticate, sono da inserire nell’area del contesto in cui lavoral’operatore e non dipendono dall’operatore stesso, ma dalla società.Indubbiamente una discussione sulle regole che impone la società e sulladirezione che essa sta prendendo esula dagli obiettivi di un gruppo dilavoro di questo genere. È quindi questa un’area da riconoscere, ma lacui relativa immodificabilità è da accettare.

• Operatore sanitarioGli interventi che sono stati inseriti in questa seconda area sono in realtàpoi suddivisibili in tre sottoaree:- Emotività. Gli operatori mostrano una profonda difficoltà nella

gestione delle proprie e altrui emozioni durante la relazione di aiutocon il paziente oncologico e con la sua famiglia. Lamentano unascarsa formazione in questo ambito e riferiscono la necessità diformarsi da soli e sul campo per poter “sopravvivere”quotidianamente. Spesso l’operatore si trova in situazioni in cui adottastrategie dettate solo dal buon senso e che generano vissuti diinadeguatezza. Talvolta invece l’operatore “chiude la porta in faccia alpaziente” per non essere travolto umanamente, ma spesso consentimenti di colpa.

- Comunicazione. Diversi interventi hanno mostrato una carenza nellecompetenze comunicative nei confronti dei pazienti. Esistono diversesituazioni (domande difficili, cattive notizie…) in cui l’operatore nonsa che cosa dire al paziente o al parente del paziente. Da un lato ildiritto all’informazione del paziente, dall’altro la volontà di nonvolerlo ferire. Il problema del: “Come glielo dico?”.

- Equipe. Non esiste solo il problema della comunicazione con ilpaziente, ma anche quello della comunicazione fra operatori. Nonsapere che cosa i colleghi stanno facendo e che cosa hanno detto alpaziente. Da un lato mostrarsi compatti alla famiglia ed al soggetto,dall’altro tollerare le divisioni interne al gruppo. Non si può parlare diéquipe se non vi è comunicazione e dialogo fra i suoi membri.

• EticaUn gruppo di operatori sanitari che discute di difficoltà nella relazione diaiuto e che ragiona su come possa rendere più “umano” il rapporto con ilpaziente, si scontra inevitabilmente con i dilemmi etici della medicina:“fino a dove mi devo spingere con questo paziente sul pianoterapeutico?”, “dove finisce la terapia e dove comincia l’accanimento?”.Una terza area che indubbiamente è distinta dalle precedenti, ma cherientra nelle difficoltà con cui gli operatori devono confrontarsiquotidianamente.

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RischiÈ interessante osservare che le tre aree che sono state precedentementeindividuate e che contengono tutti gli interventi che sono emersi possanoportare ad un’unica conseguenza: la demotivazione dell’operatore sanitario.SoluzioniDiventa quindi possibile, alla luce dei raggruppamenti effettuati, individuarealcune possibili interventi. Il vantaggio delle proposte consiste, anche se nonnell’immediatezza, nella assoluta concretezza ed operatività.• Formazione

Gli operatori riuniti hanno ritenuto irrinunciabile l’inserimento di adeguatipercorsi formativi, nell’ambito dei corsi di studio che preparano allaprofessione sanitaria, che si occupino di comunicazione e relazione con ilpaziente. All’interno del percorso di studi infatti l’operatore viene formatoper la gestione delle difficoltà relative all’area della patologia, ma èlasciato da solo per quanto concerne l’aspetto della relazione e per lagestione della sfera emotiva.I percorsi formativi dovrebbero inoltre essere finalizzati ad una maggiorecompetenza anche relativamente alla componente comunicativorelazionale fra figure professionali ed in particolare volte allarealizzazione di équipe che lavorino comunicando. La proposta che èemersa, forse volutamente provocatoria, è che la comunicazione ed ildialogo siano il prerequisito fondamentale per poter parlare di équipe.

• RegiaIn conclusione il gruppo si è soffermato su di un aspetto organizzativoimprescindibile per la realizzazione dell’équipe. L’assegnazione almedico di famiglia della gestione del paziente oncologico domiciliare.Questo, affiancato da un infermiere professionale e da un’assistentesociale, dovrebbe coordinare le diverse figure professionali attive nellacura ed evitare quindi di disperdere le risorse a disposizione del paziente ecatalizzare lo scambio di informazioni fra le diverse figure.

ore 16.00 Simposio/Tavola Rotonda“Una nuova Sanità per l’assistenzaalla Persona”Moderatore: F. Porciani (Giornalista Corriere della Sera)

I. L’Ospedale senza doloreRelatori: A. Sbanotto (Oncologo palliativista IEO), O. Corli (Direttore UCP HBuzzi – Osservatorio Italiano Cure Palliative)

Franca PorcianiUmberto Veronesi, in qualità di Ministro della Sanità, ha fortemente promossoil progetto “Ospedale senza dolore”, non solo per quanto si riferisce al pazienteoncologico [“Linee guida per la realizzazione dell’Ospedale senza dolore”(Conferenza Stato Regioni, 24/5/2001) – “Norme per agevolare l’impiego deifarmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore” (Legge 8/2/2001, n. 12)].

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Considerando il dolore acuto postoperatorio, risulta che solo nel 20% deipazienti il dolore viene adeguatamente trattato dopo un intervento chirurgico.Considerando il dolore cronico del paziente terminale, un recente studiorealizzato da Franco Toscani (Istituto Maestroni di Ricerca in MedicinaPalliativa – Cremona) in oltre 300 pazienti ospedalizzati alla fine della vita,documenta che oltre il 60% dei pazienti soffre di un dolore intenso oinsopportabile negli ultimi due giorni di vita. Dalla ricerca di Toscani emergeanche che, nonostante il precedente dato, la maggior parte degli Operatorisanitari si ritiene soddisfatto della gestione attuale del sintomo dolore.

Oscar CorliDopo il grande entusiasmo suscitato dal progetto “Ospedale senza dolore”avviato dal prof. Veronesi, si è verificata una pausa anche se due settimane orsono si è riunita una nuova Commissione per la cura del dolore per iniziativadel Ministro della Salute, prof. G. Sirchia. E’ stato recentemente deciso dalMinistero:a. Una semplificazione ulteriore del ricettario per la prescrizione degli

stupefacenti (D.M. “Nuove regole per la prescrizione dei farmacioppiacei” – G.U. 122, 28/5/2003).

b. L’istituzione di un Corso di aggiornamento obbligatorio per tutti iMedici, con attribuzione di un numero consistente di Crediti ECM. IlCorso è finalizzato a promuovere, mediante la formazione, una nuova“cultura” e una più forte “consapevolezza” presso i Medici e i Farmacistiitaliani.

Presenterò i risultati di uno studio condotto dell’Osservatorio Italiano CurePalliative sull’argomento del Trattamento del dolore nei malati oncologici incarico presso Centri specialistici per le cure palliative.La metodologia dello studio si è basata su uno strumento di ricerca innovativorappresentato dal sito web dell’Osservatorio Italiano Cure Palliative(www.oicp.org), che collega in rete oltre 180 Unità di Cure Palliative e 170Organizzazioni non profit con attività nel settore delle Cure palliative. I Centridella rete hanno realizzato nel 2002 uno studio osservazionale utilizzandointernet come unico strumento di osservazione: l’obiettivo primariodell’indagine è stato quello di fotografare come viene condotto in Italia iltrattamento del dolore nel paziente oncologico in fase avanzata.Sono stati osservati 843 pazienti seguiti con un programma di cure palliative adomicilio o in Hospice, in 51 UCP partecipanti alla ricerca promossa dalCentro Studi dell’Osservatorio Italiano Cure Palliative (OICP). La trasmissionedei dati è completamente avvenuta per via informatica per cui tutto lo studio siè realizzato “on-line” senza alcun spostamento dei Ricercatori dalla loro sedeoperativa. I costi della ricerca sono stati così “abbattuti” ed i risultati sono statiottenuti in tempi estremamente rapidi.L’indagine ha riguardato l’attività di cure domiciliari e in Hospice di Unitàspecialistiche con esperienza nel trattamento del dolore oncologico e si èfocalizzata sulla valutazione del processo “decision making”, che potevaindurre il Palliativista a cambiare la terapia del dolore alla fine di unavalutazione medica che consisteva in 3 momenti successivi:- visita medica iniziale con descrizione del trattamento antidolorifico in

corso;- misura del dolore attuale, esistente nonostante lo schema terapeutico;- decisione di mantenere invariato o di modificare lo schema di

trattamento.

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I risultati dello studio (realizzato con osservazioni, registrate nella settimana13-17 maggio 2002, in 843 pazienti) sono stati pubblicati (con il supporto diGrünenthal Formenti) nel volume “Il trattamento del dolore nei malationcologici in carico alle cure palliative” (progetto 2002 – Centro Studi eRicerche OICP).E’ in fase di realizzazione nel 2003 un nuovo progetto che, con la stessametodologia, vuole analizzare il dolore del paziente nel momento in cui accedead un Servizio specialistico di erogazione di cure palliative (al progettoaderiscono 84 UCP).

Alberto SbanottoL’”Ospedale senza dolore” è un’iniziativa promossa per la prima volta dalGoverno Francese, che decise di avviare alcuni interventi per misurare econtrollare il sintomo dolore nei pazienti ricoverati negli Ospedali francesi. InItalia il progetto “Ospedale senza dolore” si è sviluppato a diversi livelli[Ministero della Salute – Assessorato alla Sanità Regione Lombardia –Istituzioni ospedaliere (tra cui l’Istituto Europeo di Oncologia)]. Presso l’IEO,il progetto è stato avviato nel 2000 con l’obiettivo prioritario di aumentare laconsapevolezza degli Operatori sanitari (Medici e Infermieri) in modo damodificare gli orientamenti e le attitudini. Presso l’IEO, è stato osservato che ilproblema “controllo del dolore” è più rilevante come dolore acutopostoperatorio che come dolore cronico oncologico. Gli interventi eseguiti (es.introduzione di un semplice strumento di misura con registrazione giornalierariportata nella cartella clinica come per i più consueti parametri quali polso,pressione, temperatura) hanno consentito, grazie anche ad un programma diformazione – informazione per Medici, Infermieri e Capo Sala, di ridurresoprattutto l’incidenza del “dolore di forte intensità”, che risulta attualmenteessere presente in circa il 3% dei pazienti ricoverati (contro la media riportataintorno al 6% in altri Ospedali Oncologici).L’esperienza IEO documenta come sia più facile migliorare le attitudini degliInfermieri rispetto a quelle dei Medici: ciò è interpretabile da un lato con unamaggiore attenzione ai bisogni assistenziali della Persona malata da parte diOperatori quali gli infermieri, che hanno un rapporto più diretto e continuativocon i Pazienti e dall’altro da evidenti carenze soprattutto nella formazione pre-laurea dei Medici.

II. L’ospedalizzazione domiciliareRelatori: S. Del Missier (Direttore Generale ASL Pavia – PresidenteCommissione ministeriale Ospedalizzazione domiciliare), G. Scaccabarozzi(Responsabile Servizio Cure domiciliari ASL Lecco – membro Commissioneministeriale Ospedalizzazione domiciliare), G.L. Polvani (CardiochirurgoCentro Cardiologico Monzino – Responsabile Progetto Dorica), A. Scanni(Coordinatore AIOM Lombardia)

Franca PorcianiL’Ospedalizzazione domiciliare dovrebbe consentire ai Pazienti una dimissionepiù precoce, protetta qualora esista la garanzia di un’adeguata assistenza adomicilio.

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Stefano Del MissierIl tema dell’Ospedalizzazione domiciliare è trattato in modo approfondito nelDocumento conclusivo del “Comitato ministeriale Ospedalizzazionedomiciliare”, istituito con il D.M. 12/4/2002.Il Documento conclusivo è stato presentato il 30 settembre 2002 ed è riportatonel sito del Ministero della Salute (www.ministerosalute.it) a cui pertanto sirimanda.Nel documento, l’Ospedalizzazione domiciliare viene definita come una formacomplessa ed avanzata di assistenza sanitaria che consente di trasferiremodalità di cura e tecnologie proprie di un Ospedale al domicilio del Pazienteposto al centro del Sistema Sanitario. Oltre al gradimento dei Cittadini, èindispensabile garantire l’appropriatezza degli interventi e la costruibilità deimodelli.Il contesto normativo fa riferimento, in uno scenario definito dalla modifica deltitolo V della Costituzione con maggiori competenze in materia sanitariaassegnate alle Regioni, ai Piani Sanitari Nazionali [1994-96 (AssistenzaDomiciliare Integrata), 1998-2000 (passaggio dal “malato che ruota intornoalle strutture erogatrici” alle “strutture e professioni che pongono al centro laPersona con i suoi bisogni”), 2002-2004 (creazione di una rete integrata diServizi socio-sanitari per l’assistenza ai malati cronici con interventi di tiporesidenziale e di tipo domiciliare)].Nel DPCM 29/11/2001, con la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza,vengono ulteriormente definiti e valorizzati gli interventi di cure domiciliari.Negli ultimi anni la spesa per i Servizi domiciliari (da quelli a bassa intensità aquelli con elevato contenuto sanitario) viene nettamente incrementata rispettoalla sempre prevalente spesa ospedaliera.Anche le Regioni emanano normative che prevedono una particolare attenzionealla rete delle Cure domiciliari (vedi Piano Socio-Sanitario Regione Lombardia2002-2004).In una logica sanitaria che pone al centro il bisogno del Cittadino – Paziente, ilDocumento ministeriale presenta un’analisi dei bisogni socio-sanitari, prima didefinire le caratteristiche dei Servizi di Cure domiciliari.Le Cure domiciliari devono essere integrate, personalizzate alle particolariesigenze del Paziente e devono essere continuative per garantire la “continuitàassistenziale”. E’ necessaria un’integrazione tra Cure domiciliari ed Assistenzaospedaliera con previsione anche di trasferimento di procedure, competenze etecnologie dall’Ospedale al domicilio quando appropriato e conveniente alPaziente. Devono essere definiti indicatori adeguati ad un monitoraggio dellaqualità degli interventi.Il problema delle Cure domiciliari è quello della “governance” dei processi edei percorsi di cura.Il problema non è quello di “razionare” la spesa sanitaria, ma quello di“razionalizzarla” garantendo l’appropriatezza degli interventi.Se non si crea un’efficace ed efficiente rete di Cure domiciliari, ben venganonell’interesse dei Pazienti anche i “ricoveri inappropriati”.

Gianlorenzo ScaccabarozziL’Ospedalizzazione domiciliare e l’Assistenza Domiciliare Integrata sono inespansione a causa del progressivo incremento delle malattie cronico-degenerative in una popolazione sempre più anziana.

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Per consentire che l’Ospedale vada nella Casa del Paziente, è necessario che iServizi territoriali siano continuativi (anche la notte e nei giorni festivi). E’necessario, per governare la rete, l’uso delle nuove tecnologiedell’Informazione (Telemedicina, Teleassistenza, Rete informativa).Il risultato di un buon funzionamento della rete per le Cure domiciliari [checomprende l’ADI (40% delle risorse, 60% della casistica)] è che, per quantoriguarda i Pazienti terminali nel Territorio della ASL di Lecco, il 95% deiPazienti muore al suo domicilio senza la necessità di “ricoveri impropri” perandare a morire in un Ospedale per acuti.

Gianluca PolvaniIl Centro Cardiologico Monzino sta realizzando da alcuni anni un progetto diOspedalizzazione domiciliare per una gestione globale dei Pazienti cardiologicie cardiochirurgici.L’obiettivo è quello di consentire una dimissione precoce in condizioni disicurezza (non solo oggettiva, ma anche soggettiva nella percezione delPaziente). I risultati del progetto documentano che il monitoraggio a domicilio(il paziente dimesso è dotato di un elettrocardiografo a 12 derivazioni in modoche una volta al giorno venga inviato via telefono un tracciato alla Centrale diTelecardiologia sita presso l’Istituto Monzino) ha consentito una riduzione dimortalità e morbilità e una diminuzione di nuovi ricoveri nel periodoimmediatamente successivo alla dimissione.Con il nostro programma il Paziente è monitorizzato ed assistito a domiciliocome se fosse ancora ricoverato: è naturale che il Servizio venga molto graditopsicologicamente dal Paziente e dai suoi Familiari.Il progetto di Ospedalizzazione domiciliare, oltre alla Telecardiologia, prevedevisite domiciliari programmate di Medici ed Infermieri competenti.Il progetto di Ospedalizzazione domiciliare del Centro Cardiologico Monzino,per le sue evidenti ricadute favorevoli sull’organizzazione del SistemaSanitario Regionale è stato riconosciuto dalla Regione Lombardia con unfinanziamento di Ricerca Finalizzata. Grazie al progetto in corso, il tasso diriospedalizzazione dopo la dimissione si è ridotto al 6.6% (negli USA il tassovaria a seconda dell’Istituzione ospedaliera dall’8 al 24%).

Alberto ScanniGli Oncologi medici nella loro grande maggioranza hanno promosso da tempoun programma di “deospedalizzazione” dei pazienti oncologici con particolareattenzione alla qualità delle cure. Attualmente la Chemioterapia vienerealizzata in genere non in ricovero ordinario, non a domicilio, ma in DayHospital. La scelta di questa modalità di erogazione è stata attuataconsiderando i bisogni del malato e non per considerazioni economiche (anchese il vantaggio economico è risultato evidente).Gli Oncologi medici credono nella continuità dell’Assistenza nei pazientioncologici dalla prevenzione alla fase terminale della vita.L’Assistenza domiciliare è un Servizio indispensabile anche per un supportoalla Famiglia (presso l’H Fatebenefratelli, è attiva una Scuola di Educazionedella Famiglia per l’assistenza domiciliare del paziente oncologico).Un’Assistenza domiciliare adeguata deve essere garantita ai Pazientioncologici non deambulanti per i quali non è più opportuna una chemioterapiacon intenti curativi, quando esistono condizioni logistiche adeguate a domicilio(es. presenza di un Care Giver). Se il domicilio non è adeguato oppure quandolo richiede il Paziente, è opportuno il ricovero in un Hospice (recentemente all’

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H Fatebenefratelli abbiamo completato i nostri “livelli” di cura realizzandoanche un Hospice).Gli Oncologi medici, pur favorevoli all’Assistenza domiciliare ed alle Curedomiciliari a contenuto sanitario intensivo da parte di UCP ospedaliere, sonocontrari alla chemioterapia infusionale domiciliare (soprattutto per motivi disicurezza legati ai possibili effetti tossici dei farmaci chemioterapici).

Franca PorcianiPongo una domanda ai Relatori: E’ possibile “risparmiare” conl’Ospedalizzazione domiciliare?

Stefano Del MissierLa “politica sanitaria” deve essere fatta per “razionalizzare” e non tanto per“razionare”. Una giornata in Ospedale può essere più costosa, se il pazientepuò essere trattato “bene” a domicilio. Il problema non è “risparmiare ad ognicosto”, ma “curare secondo il bisogno”. E’ evidente che è opportuno utilizzarecon appropriatezza le risorse limitate esistenti: ma, se non esiste una rete dicure domiciliari efficiente, sono giustificati anche eventuali ricoveri“inappropriati” nell’Ospedale per acuti perché bisogna garantire l’assistenzapiù dignitosa possibile in rapporto alla rete di Servizi esistente nella realtà delterritorio di riferimento.

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Manifestazione pubblica

Dall’Ospedale al Territorio,dalla Casa all’Hospice

(venerdì 23 maggio 2003)

ore 18.00 Merenda della Solidarietà

ore 18.30 Riflessioni con parole, immagini, odori e suoni sultema della fase terminale della vita(in ricordo di Giovanni Maria Pace, Virginio Floriani e Franco Gallini)

§ Introduzione [B. Andreoni – Fondazione Lu.V.I. Onlus]

La 3a Manifestazione per la Cittadinanza milanese si svolge quest’anno nellaSala Conferenze dell’Istituto Europeo di Oncologia perché si concluderà conuna lucciolata sino all’interno della Cascina Brandezzata, dove prestoinizieranno i lavori di ristrutturazione per realizzare il progetto “CascinaBrandezzata”, elaborato dalla Fondazione Luogo di Vita e di Incontro (Lu.V.I.Onlus). La manifestazione si svolge in ricorso di 3 grandi Uomini che sonorecentemente mancati: Giovanni Maria Pace, Virginio Floriani e FrancoGallini, che tanto hanno creduto e fatto perché nascesse in Italia una nuovacultura per le Cure al termine della vita.Viene proiettato un breve video realizzato lo scorso anno in occasione della 2a

Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casa all’Hospice” (TeatroEdi, quartiere Barona – 23 marzo 2002): anche quest’anno lo studio di AdrianaFerrari preparerà un breve video che sarà inviato a tutti coloro che ne farannorichiesta alla Segreteria della Fondazione Lu.V.I. Onlus.Dopo proiezione del video, le riflessioni sul tema della fase terminale della vitasi svolgeranno valorizzando tutti i nostri organi di senso:- l’udito, con le parole di Antonio Bozzetti e di Antonella Ferrari;- ancora l’udito, con i suoni del duo musicale di flauto (Flaviano Rossi) e

di arpa (Elena Spotti);- la vista con la proiezione di alcuni video;- l’olfatto con gli odori e i profumi di Sissel Tolaas e di Alessandra Pace;- ed infine il tatto con le “mani del Giudizio Universale” di Michelangelo e

con le “mani tibetane” di Olivier Föllmi. Le mani dei Pazienti, deiFamiliari, dei Medici e degli Infermieri sono gli strumenti dicomunicazione più importante in un Hospice dove la metodologia dilavoro e di comunicazione si sintetizza nello slogan “Low tech, hightouch”.

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• Riflessioni

− Antonella Ferrari inizia le riflessioni sul tema della fase terminale dellavita: “Alle persone malate non più presenti e ai loro familiari ancorapresenti; a tutti coloro che oggi si trovano in una situazione di dolore edi lutto e a tutti coloro che in futuro dovranno confrontarsi con la finedella vita”

− Don Ruggero Camagni, parroco della vicina Madonna di Fatima, presentaun evento musicale che si terrà martedì 3 giugno 2003 alle ore 21.00presso la Chiesa di S. Maria dell’Assunta. Il Concerto si svolgerànell’ambito della Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casaall’Hospice”, con un programma di musica polifonica offerto dalla CoraleCoro’n’aria (maestro P. Negri) e dalla Corale Polifonica Sforzesca(maestro F. Moretti). La partecipazione al Concerto sarà gratuita. Tutta laCittadinanza milanese è invitata.

− Due letture di Antonio Bozzetti:- Silvio Garattini (1999). La medicina dei giorni nostri è molto

spesso ingiusta perché tende ad abbandonare coloro che hannopiù bisogno di aiuto. Sembra quasi che il medico, nel momentoin cui non è più possibile la guarigione, si allontanisdegnosamente dal paziente. In altre parole potremmo dire chela medicina decide di “non prendersi cura” del paziente quandonon può più guarire. In questo senso la medicina è specchiodella società utilitaristica ed egoistica in cui vive.

- Vittorio Ventafridda. Il paziente terminale è una persona che haun “dolore totale” (fisico, psicologico, sociale e spirituale)causato da una condizione patologica con aspettativa di morte abreve scadenza, come conseguenza di una malattia nonguaribile avanzata (tumore, AIDS, patologie neurodegenerative,demenza di Alzheimer, distrofie muscolari, patologiecardiorespiratorie croniche avanzate).

− I primi 2 brani musicali del duo di arpa e flauto (Jacques Ibert,“Entre’acte” e Gabriel Fauré, “Berçeuse” da “Dolly Suite”)

− Antonella Ferrari con alcune riflessioni sulla morte:- Padre A. Pangrazzi, 1991. La morte è sempre un evento

drammatico e devastante per chi resta, perché ogni perdita è undistacco da una parte di sé:chi perde un genitore, piange per la perdita del passato;chi perde un coniuge, piange per la perdita del presente;chi perde un figlio, piange per la perdita del futuro.

- Don V. Colmegna, dal seminario “La tutela della salute nellaComunità” (Università degli Studi di Milano, 28 gennaio 2000):Il dolore accompagna la vita dell’uomo, dalla nascita alla morte.Non sempre ne siamo consapevoli. Eppure il malato è spessol’inquilino della porta accanto, è la persona che incrociamocontinuamente nel nostro tran tran quotidiano. A volte, per undolore e una grave malattia inguaribile, bussano alla nostra porta

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sconvolgendo i nostri fragili equilibri personali e sociali. Benchéla sofferenza della morte sia qualcosa in cui ci si imbatte nellanostra esperienza quotidiana, si tratta di una realtà cui sivorrebbe pensare poco o nulla.

- Giorgio Cosmacini, dal seminario “Storia del Sapere e del Fare inOncologia” (Università degli Studi di Milano, 16 gennaio 1999):Da L’Italia Sanitaria, 1899: “La vecchietta moriva. Il male ondeera tormentata, nei suoi ultimi giorni, non consentiva illusioni:moriva. Tuttavia l’inferma aveva detto al medico condotto, conun filo di voce: Torna ancora a vedermi nella notte? E il medicoaveva promesso di tornare. Anche i parenti, tutti raccolti intornoal letto della morente, avevano ripetuto la preghiera: Torni,dottore! Ed egli, chinando la fronte, aveva replicato la promessa:Tornerò.

− Un senso “trascurato” è l’olfatto.Per un Paziente con una grave malattia avanzata, il classico odore diOspedale non è sempre gradevole. Sissel Tolaas, un’artista norvegese chevive a Berlino, ha eseguito ricerche in diversi Ospedali e propone unodore che i Pazienti hanno giudicato gradevole e rilassante.Sissel, con la traduzione di Alessandra Pace, vi spiega il significato deisuoi studi.

− Il 3° brano musicale è una sonata per flauto ed arpa di Gaetano Donizetti(larghetto ed allegro).

− Il Comitato Scientifico della Fondazione Luogo di Vita ed Incontro(Fondazione che ha promosso il progetto “Cascina Brandezzata”) hadeciso che la 3a Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casaall’Hospice” si svolgesse nel ricordo di G.M. Pace, V. Floriani e F.Gallini.Anche a nome della sig.ra Loredana Floriani e della sig.ra CarmenGallini, Rose Marie Pace comunica un messaggio in ricordo di GiovanniMaria Pace (Giornalista scientifico e membro del Comitato Scientificodella Fondazione Lu.V.I.), in ricordo di Virginio Floriani (Uomoilluminato che ha promosso la nascita e lo sviluppo della FondazioneFloriani) e in ricordo di Franco Gallini (Cittadino friulano generoso cheha costruito l’Hospice “via di Natale” e che ha inventato le “lucciolate”).

− L’architetto Massimo Corradino presenta in sintesi il progetto diristrutturazione della Cascina Brandezzata. Nella Cascina, di proprietàdell’IRCCS Ospedale Maggiore, avrà sede un Hospice per Pazientiterminali, un Centro di ricerca ed un Master Universitario per le Curepalliative al termine della vita. Il Progetto Cascina Brandezzata,approvato dalla Direzione Generale Sanità, sarà finanziato dal Ministerodella Salute e dalla Fondazione Lu.V.I. Onlus, grazie anche al contributodi Cittadini generosi.

− Il 4° brano musicale è di Gioacchino Rossini: “Andante con variazioni”dal “Tancredi”.

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− Antonella Ferrari con “Pensieri ed aforismi sul tema della morte”:- Proverbio africano : Sono i vivi che chiudono gli occhi ai morti ed

i morti che aprono gli occhi ai vivi.- Cicerone (Filippiche): La vita dei morti sta nella memoria dei vivi.- Luigi Pirandello (Il fu Mattia Pascal): Non possiamo comprendere

la vita, se in qualche modo non ci spieghiamo la morte.- Jean Jacques Rousseau (Emile): Se qualcuno ci offrisse

l'immortalità in terra, chi vorrebbe accettare questo triste regalo?- Seneca (La brevità della vita): Ci vuol tutta la vita per imparare a

vivere; e, ciò che è più strano ancora, ci vuol tutta la vita perimparare a morire.

− Alcune riflessioni sul tema della Pace e della Guerra (ovvero della Vitae della Morte):- Antonio Bozzetti: Cesare Pavese da “La Casa in Collina”

Ora che ho visto cos'è la guerra, cos'è la guerra civile, so chetutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: «E dei cadutiche facciamo? Perché sono morti?» Io non saprei cosarispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri losappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per lorola guerra è finita davvero.

- Antonella Ferrari: Bertoldt Brecht, PoesieLa guerra che verrànon è la prima. Primaci sono state altre guerre.Alla fine dell'ultimac'erano vincitori e vinti.Fra i vinti la povera gentefaceva la fame. Fra i vincitorifaceva la fame la povera gente egualmente.

− I prossimi 2 brani musicali sono di Georges Bizet (“Entr’acte dallaCarmen”) e di Wilh Popp (“Air bohémien russe”).

− Alcune riflessioni con parole sul tema “Parliamo di morte ai bambini”:- Antonella Ferrari, una favola di Francesco Campione

Tre bambinetti giocavano felici davanti a casa, quando unostrano uccello blu volteggiò incerto sulle loro teste e stramazzòstecchito ai loro piedi.I bambini gli si avvicinarono esitanti e scoprirono che l’uccelloportava un messaggio legato ad una zampina.Presero il foglietto, lo aprirono e lessero: “Io sono la morte”. Lapaura s’impadronì dei piccoli volti e dei loro sguardi, e i trebimbi si volsero verso casa, verso il naturale rifugio.Il più buono disse: “Io non ho paura, perché Gesù ci hapromesso la vita eterna”.Il più incosciente disse: “E’ solo uno scherzo, la morte nonesiste”.Il più riflessivo disse: “La morte esiste: anche Gesù è morto. Mapoi è risorto”.

- Antonio Bozzetti, una poesia di Gianni Rodari

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Ci sono cose da fare ogni giorno:lavarsi, studiare, giocare,preparare la tavola,a mezzogiorno.Ci sono cose da fare di notte:chiudere gli occhi, dormire,avere sogni da sognare,orecchie per non sentire.Ci sono cose da non fare mai,né di giorno né di notte,né per mare né per terra:per esempio, la guerra.

− E ancora sullo stesso argomento “Parliamo di morte ai bambini”, alcuniinterventi registrati dalla Tavola Rotonda “E’ bene parlare della finedella vita ai bambini?”- Antonio Bozzetti

- Augusto Caraceni: Penso che si debba fare, a scuola sidovrebbe imparare molto sulla vita e sulla morte. I bambinipossono benissimo capire la realtà.- Carla Ripamonti: Sono certa che è un bene. Naturalmentedeve essere fatto da persone serene e preparate a interagirecon i bambini e soprattutto da persone che abbiano giàaffrontato il problema della loro propria morte.

- Antonella Ferrari- Luciana Murru: La risposta è “sì”. E mi viene in mente il filmcon il quale Roberto Benigni ha vinto l’Oscar e unamoltitudine di altri premi. “La vita è bella” è un film che fapiangere e ridere allo stesso tempo. Una delle scene finali miha particolarmente colpita ed emozionata:Guido (Benigni) viene catturato dal soldato nazista che lo staportando in un angolo per fucilarlo; il bambino (il figlio cheGuido ha nascosto nel campo di concentramento) è chiusodentro il bidone da dove, attraverso due fessure, può guardareall’esterno. Guido sa che il figlio lo sta guardando e trasformala sua morte in una sorta di gioco per il bambino: guardandoin direzione del figlio, inizia a camminare come un burattinocon il fucile del soldato tedesco sulla sua schiena, il bambinoride divertito, entrambi (soldato e prigioniero) scompaionodietro l’angolo e si sente il rumore della fucilata. E’ chiaro cheè solo finzione cinematografica, credo che la vita dei deportatinei campi di concentramento fosse ben più difficile,drammatica e senza nessuna possibilità di nascondiglio (cosìcome fa credere Benigni). Tuttavia mi colpisce la qualità dellacura nel rapporto tra l’adulto e il bambino che il registamostra nella sua opera. E’ un rapporto fatto di protezione: nelmomento in cui non si può abolire l’orrore facciamo in modoche il passaggio di questo evento alla mente di un bambinoavvenga nel modo meno traumatico possibile.

− Il 7° brano musicale è: “Scena dei campi elisi” dall’ ”Orfeo” di Gluck.

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− A. Ferrari ed A. Bozzetti da un’intervista su “Come parlare della morteai propri figli”, a cura di Patrizia Trimigno

- Angela, una mamma di 38 anni:Mio figlio di 10 anni da un po’ di tempo è irrequieto a scuola einoltre litiga spesso con i compagni, gli insegnanti segnalanoscarso rendimento nelle attività scolastiche. In quest’ultimoperiodo non ho potuto dedicarmi a lui perché mio marito è statorecentemente operato per un tumore al polmone ma le suecondizioni di salute stanno peggiorando e da poco passa quasitutta la giornata a letto. Ieri mi ha chiesto: “Papà morirà?” Gliho risposto di no, mi sento in colpa per avergli mentito ma nonso come dirglielo, sono troppo angosciata. (A. Ferrari)È molto doloroso accettare la morte di un marito e di un padre.Sembra più facile evadere le risposte, ancor più triste doverlo dire aipropri figli. In famiglia spesso non si parla e ognuno si rinchiude inse stesso. Questa sofferenza trattenuta si manifesta neicomportamenti dei bambini che diventano aggressivi, presentanodifficoltà nell’apprendimento, si isolano. Quando il bambino chiedein modo così diretto è proprio il momento di lasciargli esprimere ciòche c’è dietro la domanda: le sue emozioni. Egli ha capito che lamalattia si è aggravata, teme la morte del padre e il distacco da unapersona amata. Ha bisogno di condividere le proprie paure ed ansie,di sentirsi sostenuto e di prepararsi gradualmente al distacco.Dialogare con i figli diviene un momento di condivisione e dicrescita anche per gli adulti. (A. Bozzetti)

- Roberto, un papà di 29 anni:È morto un mio carissimo amico di una grave malattia, miofiglio di 5 anni gli era molto affezionato e non so se farlopartecipare al funerale. È troppo piccolo? (A. Bozzetti)Quando muore una persona cara ci sembra impossibile di perderla,siamo tristi, arrabbiati, abbiamo bisogno di tempo per accettare lamorte. Nel percorso di elaborazione del lutto la partecipazione ai ritiè importante. Uno di questi riti è il funerale: si accompagna ildefunto in un rituale collettivo di distacco progressivo fondamentaleper gli adulti e anche per i bambini. Il funerale non va imposto albambino: è giusto proporgli di partecipare, lasciandolo libero dirifiutare o di aderire. Alcune volte è il bambino stesso a chiederloproprio perché sente il bisogno di partecipare. (A. Ferrari)

− Seguono “Le parole sbagliate degli adulti”:- "Papà che cos'è un funerale?"

Sei troppo piccolo per capire. Te lo spiegherò quando sarai piùgrande".

- "Parlerò a mio figlio della morte quando questa sarà diventatauna realtà nella nostra famiglia."

- "Come faccio a parlargli di morte proprio ora che la zia ci halasciato. Speriamo che capisca da solo."

- E POI?"Io divento grande, vero mamma?Sì, caro, certamente.

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E poi divento vecchio, vero mamma?Sì caro, ma ci vorrà moltissimo tempo.E poi viene la morte vero mamma?Un bambino non pensa a queste cose!"

− Ed ancora, “I comportamenti sbagliati degli adulti”:- La mamma di Lucia, una bambina di sei anni, di pomeriggio

guarda i film di Walt Disney registrati su videocassetta. Uno deifilm preferiti da Lucia è Bambi. Quando viene la scena in cui lamamma di Bambi muore, la mamma di Lucia fa scorrerevelocemente la cassetta in modo da non traumatizzare la suabambina.

- "Quando ero bambina i miei genitori mi hanno tenuta lontanodalla malattia e dalla morte dei miei nonni, portandomi atrascorrere qualche giorno in campagna. E' stata per me unatragedia quando, qualche anno fa, si è ammalato gravementemio padre. Non ero minimamente preparata ad affrontare lasua fine. Oggi mi domando se non devo comportarmidiversamente con i miei bambini".

- "Da bambino mi avevano detto che mio nonno era partito perun lungo viaggio. Oggi, quando qualcuno mi dice che devepartire mi sento ghiacciare il sangue".

- "Ieri mio figlio ha cominciato a chiedermi delle spiegazioni sullamorte di un suo compagno di scuola, ma io ho lasciato caderel'argomento. Meno se ne parla di certe cose, meglio è".

− Il duo di flauto ed arpa, conclude con il brano “Le basque” di MarinMarais.

• Conclusione (B. Andreoni, Fondazione Lu.V.I. Onlus):

Si conclude questo momento di riflessione della Comunità con parole,immagini, odori e suoni sul tema delle gravi malattie non curabili nella faseterminale della vita.Prima di avviare la 3a lucciolata milanese, cercheremo di spiegare con un brevevideo il significato delle lucciolate promosse da tanti anni nella Regione Friulidall’indimenticabile amico Franco Gallini.Dopo la proiezione del video, partirà la lucciolata con una breve passeggiatadal piazzale antistante l’Istituto Europeo di Oncologia sino nell’aia dellaCascina Brandezzata, dove troveremo ad accoglierci la Banda del Comune diMilano.La prossima Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casaall’Hospice” si svolgerà (speriamo!) con la Cascina già ristrutturata ad Hospiceper Pazienti terminali e a Centro Universitario di ricerca e formazione per leCure al termine della vita.Tutta la Cittadinanza milanese sarà invitata perché il progetto CascinaBrandezzata appartiene alla Comunità milanese.

Grazie a tutti. Prima il breve video e poi la lucciolata.

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ore 20.30 Avvio della 3a lucciolata dall’IEO sino in Cascina Brandezzata, con attraversamentodi via Ripamonti. Si ringraziano la Questura, il Comando dei Vigili Urbani e CroceBianca per il supporto offerto e si chiede scusa agli automobilisti per il disagioarrecato.Si ringraziano anche don Roberto Rondanini (parrocchia dei S.S. Nazzaro e Celsoalla Barona) e la sig.ra Aurelia Riva (Associazione Sviluppo e Promozione) per lagenerosa disponibilità a risolvere alcuni problemi organizzativi della lucciolata.

Ore 21.00 Concerto finale della Banda del Comune di Milano nell’aia diCascina Brandezzata

Civica Orchestra di fiati del Comune di Milano (Direttore: maestro Giorgio Poli)

- Europa march (R. Allmend)- Gallant marines (K.L. King)- Pan American (K.L. King)- Geschwind march (J. Strauss)- Colonel Bogey (J. Alford)- National emblem (E.E. Bagley)- Fly past (W. Hautvast)- La Carrera (P. Vidale)- Radetzky march (J. Strauss)

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Concerto di Musica polifonica(Chiesa S. Maria dell’Assunta - martedì 3 giugno 2003)

La Chiesa di S. Maria dell’Assunta è un gioiello artistico che risale al 1100 sita in via dell’Assunta(trasversale di via Ripamonti). La Chiesa appartiene alla Parrocchia della Madonna di Fatima(Decanato Vigentino) nel cui territorio si trova la Cascina Brandezzata.

Corale Polifonica Sforzesca (Direttore: Fabio Moretti)

J. Althouse: NightingaleG.D. Weiss e B. Thiele – Arr. M.A. Brymer: What a wonderful worldC. Norton – Arr. F. Moretti: In the bag (Glenn Miller Style)Arr. C. Schönherr: Wade in the waterArr. C. Schönherr: Hold on’M. Charbow: He’s always close to youE.R. Hawkins – Arr. T. Chinn: Oh Happy DayPianoforte: F. Moretti – Arm. U. Sanavio: Give me that time old religionArr. F. Gervasi: Go tell it to the mountains

Coro’n’aria (Direttore: Paolo Negri)

A. Vivaldi: dal “Gloria”Gloria in excelsis deoLaudamus te (sopr. I M. Consalvo – sopr. II L. Canesi)Gratias agamus tibiPropter magnam gloriamDomine Deus (sopr. S. Forni)Somine fili unigeniteQuondam tu solus sanctus

F. Mendelssohn: 3 Geistliches LiedLass, o HerrChoralHerr, Wir trau’nSoprano S. Forni – Organo E. Cervasio

E. TochGeographical Fugue

Finale a cori riuniti

A. Lloyd Webber: The last supper

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La Manifestazione “Dall’Ospedale al Territorio, dalla Casaall’Hospice” con la lucciolata milanese finale serve a sensibilizzare laCittadinanza perché si comprenda che l’Hospice non è un “ghetto” dove lagente va a morire, ma è una “casa” appartenente alla Comunità dove lagente va per vivere bene la fase finale della vita quando non è più possibilestare nella propria casa.

La manifestazione dell’anno prossimo (primavera 2004) si potrebbesvolgere nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano con la 4a

lucciolata da via F. Sforza a piazza Duomo per penetrare così nel cuoredella Città.

Si ribadisce che il progetto Cascina Brandezzata, approvato dallaDirezione Generale Sanità della Regione Lombardia e finanziato dalMinistero della Salute, prevede la ristrutturazione di un’antica cascinalombarda di proprietà dell’IRCCS Ospedale Maggiore, sita in viaRipamonti, perché possa diventare sede di:a. Hospice per 12 Pazienti terminali (inserito nella rete regionale

prevista nella DGR 31 ottobre 2000).b. Centro Universitario di ricerca e formazione per le Cure palliative

al termine della vita.c. Master Universitario interprofessionale “Cure palliative al termine

della vita”.

La ristrutturazione sarà finanziata, oltre che dal Ministero della Salute(Legge 39/99) e dalla Fondazione Lu.V.I. Onlus, anche dal contributo diCittadini generosi e di Aziende, Società, Associazioni pubbliche e private.

I Cittadini interessati all’Umanizzazione dell’assistenza ai pazientiterminali sono invitati ad eseguire un versamento a favore dellaFondazione Lu.V.I. Onlus con la causale “Progetto Hospice CascinaBrandezzata”.

Il versamento può essere effettuato mediante bonifico bancario [c/cn. 3179/90 – Banca Popolare di Sondrio, ag. 13 (ABI 05696 – CAB01612)] oppure sul c/c postale n. 41470832 a favore di FondazioneLu.V.I. Onlus.