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OCSE Traduzione italiana degli Assessment and Recommendations della OECD Territorial Review ITALY Parigi – Roma, Settembre 2001

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OCSE

Traduzione italiana degliAssessment and Recommendations della

OECD Territorial ReviewITALY

Parigi – Roma, Settembre 2001

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ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONEE LO SVILUPPO ECONOMICO

Ai sensi dell’art.1 della Convenzione firmata il 14 dicembre 1960, ed entrata in vigore il 30 settembre1961, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha per obiettivo dipromuovere politiche volte a:

- realizzare la più forte crescita possibile dell'economia e dell'occupazione e l’accrescimento dellivello di vita nei Paesi Membri, mantenendo nello stesso tempo la stabilità finanziaria, e quindi acontribuire allo sviluppo dell'economia mondiale;

- contribuire a una sana espansione economica nei Paesi Membri, e non membri, nonché nei paesi invia di sviluppo economico;

- contribuire all'espansione del commercio mondiale su una base multilaterale e non discriminatoriaconformemente agli impegni internazionali.

I Membri originari dell'OCSE sono: Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Grecia,Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti,Svezia, Svizzera, Turchia. I seguenti paesi sono successivamente diventati Membri mediante adesione alledate indicate qui di seguito: Giappone (28 aprile 1964), Finlandia (28 gennaio 1969), Australia (7 giugno1971), Nuova Zelanda (29 maggio 1973), Messico (18 maggio 1994), Repubblica ceca (21 dicembre1995), Ungheria (7 maggio 1996), Polonia (22 novembre 1996) la Corea (12 dicembre 1996) e laRepubblica slovacca (14 dicembre 2000). La Commissione delle Comunità Europee partecipa ai lavoridell'OCSE (art.13 della Convenzione dell'OCSE).

Testo integrale pubblicato in inglese sotto il titoloOECD TERRITORIAL REVIEW

Italy

in francese sotto il titoloEXAMENS TERRITORIAUX DE L’OCDE

Italie

© OCSE 2001

Le richieste di autorizzazione per la riproduzione parziale ad uso non commerciale o destinata a unaformazione devono essere inviate al Centre français d'exploitation du droit de copie (CFC), 20, rue desGrands-Augustins, 75006 Paris, France, tel: (33-1) 44 07 47 70, Telefax (33-1) 46 34 67 19, per tutti ipaesi ad eccezione degli Stati Uniti. Per gli Stati Uniti l’autorizzazione deve essere richiesta al CopyrightClearance Center, Customer Service (508)750-8400, 222 Rosewood Drive, Danvers, MA 01923 USA, oCCC Online: http://www.copyright.com. Tutte le altre richieste di riproduzione o di traduzione completa oparziale della presente pubblicazione devono essere inviate alle Éditions de l'OCDE, 2, rue André-Pascal,75775 Paris Cedex 16, France.

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La Territorial Review sull’Italia è il risultato di uno sforzo congiunto delle Autorità italiane, di consulentinazionali ed internazionali e della Divisione per gli Esami Territoriali (Territorial Reviews Division)dell’OCSE. Effettuata la revisione del documento, secondo quanto stabilito nel corso della QuartaRiunione del 14-15 Dicembre 2000, l’approvazione finale della Review è stata data dal Comitato per lePolitiche di Sviluppo Territoriale (OECD/TDPC Committee). Analisi di fondo ed informazioni statistiche sono state fornite all’OCSE attraverso rapporti supervisionatidal Prof. Carlo Trigilia (Università di Firenze) e dal Prof. Gianfranco Viesti (Università di Bari), i qualihanno coordinato un gruppo di esperti italiani composto da: Prof. Giovanni Barbieri (ISTAT),Prof. Guido Pellegrini (Università di Bologna), Prof. Paolo Perulli (Università di Venezia),Prof. Fabio Sforzi (Università di Torino), Prof. Guglielmo Wolleb (Università di Parma). Ulterioriinformazioni e valida collaborazione sono state fornite dalla Dott.ssa Angela Bergantino (Università diParma), dal Dott. Luigi Burroni (Università di Firenze), dalla Dott.ssa Caterina De Lucia (Università diBari), dalla Dott.ssa Geny Piotti (Università di Firenze) e dal Dott. Renzo Turatto (Ministero del Tesoro).Si ringrazia in particolare, per il contributo nel corso dell’intero processo di review, laDott.ssa Flavia Terribile (Ministero del Tesoro).Ulteriori analisi sono state fornite dal Prof. Diego Puga (University of Toronto, Canada), dalProf. Charles Sabel (Columbia University, USA) e dal Prof. Michael Storper (UCLA, USA).Questa Territorial Review è stata coordinata e prodotta dal Dott. Nicola Crosta, Amministratore dellaTerritorial Review Division dell’OCSE, sotto la direzione del Dott. Mario Pezzini, Direttore dellamedesima divisione.

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VALUTAZIONE E RACCOMANDAZIONI

Lo sviluppo economico italiano è stato caratterizzato danotevoli disparità territoriali, in particolare fra il Centro Norde il Sud. Il primo dopoguerra ha registrato una convergenzanella crescita territoriale: il divario in termini di reddito pro-capite fra il Mezzogiorno e le regioni in rapida crescita delCentro Nord è diminuito fino alla metà degli anni sessanta, siè poi stabilizzato e nuovamente accentuato a partire daglianni ottanta, fino a metà anni ‘90. Tra i Paesi Membridell’OCSE, l’Italia presenta oggi una delle più ampiedifferenziazioni territoriali. Nelle regioni meridionali, il tassodi disoccupazione è quasi quattro volte superiore a quello delCentro-Nord ed è il doppio della media nazionale. Il tasso diattività femminile e giovanile è particolarmente basso (nellafascia d’età dei 25-34 anni è inferiore di venti punti rispettoalla media europea). La quota di economia sommersa èelevata: il lavoro non regolare (1.7 milioni di unità di lavoroirregolare, esclusi i secondi lavori, nel 1999) rappresentacirca il 26 per cento delle unità di lavoro totali (quasi ildoppio della media nazionale). La dotazione infrastrutturaledelle regioni meridionali rimane molto inferiore alla medianazionale, in particolare per quanto riguarda ferrovie eaeroporti e anche quando il divario registrato è modesto –come nel caso degli alloggi, delle infrastrutture scolastiche esanitarie – la qualità dei servizi rimane ampiamentediseguale. Inoltre, in queste regioni la criminalità organizzatacostituisce ancora oggi un forte ostacolo per l’attrazione dinuovi investimenti produttivi e la promozione di opportunitàdi sviluppo endogeno. Una strategia coerente per il rilanciodel Mezzogiorno deve affrontare congiuntamente talielementi di svantaggio strutturale.

Forti disparità territoriali persistonoin Italia…

La situazione attuale è il risultato di percorsi di sviluppoterritorialmente differenziati. All’inizio del ventesimo secolo,il processo d’industrializzazione prende avvio nel NordOvest, nel così detto “triangolo industriale” (Milano, Torino,Genova). Negli anni cinquanta e sessanta la produzione dimassa si sviluppa in queste regioni che registrano la crescitapiù rapida del Paese, dando vita al cosiddetto “miracoloeconomico” italiano. Tuttavia, negli anni settanta le grandiimprese devono affrontare una grave crisi e una ondata diconflitti nel settore industriale. Si manifestano processi dideclino industriale ma anche di sviluppo dei servizi,specialmente nei maggiori centri urbani. Nello stessoperiodo, si registra un’accelerazione nella crescita dellepiccole imprese e dei distretti industriali essenzialmente nelCentro e nel Nord Est, dove esisteva una rete di città dipiccola e media dimensione con legami culturali, sociali e

…e sono il risultato di differenti percorsidi sviluppo

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politici molto forti. Queste regioni vengono designate come“Terza Italia” per distinguerle sia dal Nord Ovestindustrializzato sia dal Sud del paese. D’altra parte ilMezzogiorno segue un diverso percorso di sviluppo, segnatoda una celere crescita (più rapida rispetto a quella del CentroNord) fino alla metà degli anni sessanta e da un relativorallentamento nel periodo successivo. Le diverse fasi disviluppo del Mezzogiorno riflettono l’evoluzione dellepolitiche economiche applicate in quest’area del Paese.

Nel secondo dopoguerra, il primo rilevante sforzod’attuazione di una politica di sviluppo territoriale si avvianel 1950, con la creazione della Cassa del Mezzogiorno.Istituita per mettere a punto ed eseguire un ampioprogramma d’investimenti pubblici nel Sud, inizialmente perun periodo di dieci anni, tale Ente, pur rimanendo sottocontrollo politico, opera all’esterno dell’amministrazionecentrale e periferica e usufruisce di un’ampia autonomiadecisionale e gestionale, disponendo di considerevoli risorsefinanziarie, aggiuntive rispetto alla spesa pubblica ordinaria.In un primo tempo, l’operare della Cassa riesce a migliorare ilivelli di vita locale, in particolare in ambito rurale,modernizzando l’agricoltura e rafforzando le infrastrutture dibase. Alla fine degli anni cinquanta la Cassa modifica lapropria politica a favore di un processo di industrializzazionedelle regioni meridionali. Progressivamente, negli annisessanta e settanta, il Mezzogiorno è sottoposto a interventidi industrializzazione di tipo top-down; i programmi diinvestimento delle grandi imprese pubbliche sono lacomponente trainante dello sviluppo. Tuttavia, gli ampiprogetti di investimento sono, in misura elevata e crescentenel tempo, caratterizzati da una insufficiente valutazione diefficacia, una inefficiente gestione delle risorse e scarsiincentivi alla redditività. La Cassa, esposta a forticondizionamenti politici, perde la sua efficienza originaria.Negli anni settanta, la riforma regionale, attuativa del dettatocostituzionale, non dà luogo a notevoli cambiamenti, data lamodesta autonomia finanziaria delle Regioni. Le disparitàterritoriali non diminuiscono. Inoltre, mentre gli incentivialle imprese e gli investimenti pubblici vengono in gran partedestinati all’industria pesante nei cosiddetti “poli industriali”(Taranto, Siracusa, Cagliari, Brindisi ed altri), lo sviluppo siregistra soprattutto in aree e settori diversi (meccanico,alimentare e beni di consumo). Nel 1986, il tentativo diriforma della Cassa non produce sostanziali cambiamenti.

L’andamento economico del Mezzogiornoriflette l’evoluzione delle politiche disviluppo territoriale adottate

L’analisi condotta suddividendo il territorio in sistemi localidel lavoro (SLL, individuati sulla base degli spostamentiquotidiani tra luogo di residenza e luogo di lavoro) mette inrisalto i cambiamenti nella distribuzione geografica dellearee in rapido sviluppo. Tra gli anni settanta e l’inizio degli

L’analisi condotta suddividendo ilterritorio in sistemi locali del lavoroconsente una maggiore comprensionedelle dinamiche locali e delle necessitàd’intervento

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anni novanta, gli SLL situati in prevalenza nel Centro e nelNord Est registrano risultati economici particolarmentepositivi; in queste regioni il numero di sistemi locali fortiraddoppia. Nello stesso periodo, anche alcuni sistemi localimeridionali mostrano segni di dinamismo economico esociale, specie lungo la costa adriatica e in diverse parti dellaCampania e della Basilicata. Nella maggior parte dei casi, labuona performance in termini occupazionali degli SLL siassocia alla presenza di attività manifatturiere,principalmente nei piccoli centri urbani e nelle aree nonmetropolitane, caratterizzati dalla forte presenza di piccole emedie imprese nel settore dell’industria leggera e dellameccanica. All’inizio degli anni novanta, il 63 per cento deisistemi locali forti risultano specializzati nel settoremanifatturiero e di questi il 76 per cento sono distrettiindustriali. E’ opportuno insistere sul ruolo marginale delsettore turistico in tali dinamiche di sviluppo. Nelle regionidel Nord, assumono un ruolo rilevante i servizi destinati alleimprese e ai consumatori e i servizi sociali, mentre i servizitradizionali (pubblica amministrazione e distribuzione aldettaglio) prevalgono nel Sud. Questi risultati suggerisconoche un’adeguata comprensione delle dinamiche e deifabbisogni locali, richiede una suddivisione del territorio piùfine e unità di analisi e di intervento pertinenti. L’analisicomparativa della performance in termini occupazionali diaree contigue ha messo in evidenza l’importanza dellaprossimità geografica nella diffusione dello sviluppo. Il suoimpatto è stato probabilmente accentuato dalle caratteristichedel modello d’industrializzazione italiano, basatoprevalentemente sull’industria leggera e sui clustersd’imprese, e contraddistinto da forti economie esterne e dalruolo importante dei fattori relazionali. Lo sviluppoeconomico è stato quindi spesso caratterizzato da spilloversdalle regioni più ricche alle regioni contigue, chepresentavano caratteristiche simili nella struttura produttiva enel contesto istituzionale. Questo modello di diffusione èstato influenzato da fattori istituzionali locali e dallecaratteristiche geografiche, che potrebbero a loro voltaspiegare le differenze nello sviluppo della costa Tirrenicarispetto a quella Adriatica. Nel primo caso, la tradizionalestruttura economica, fondata sull’industria pesante nonché suestese aree urbane e agricole non ha favorito la diffusionedell’industria leggera. Inoltre, il ruolo della prossimitàgeografica nella diffusione dello sviluppo può essere statolimitato dalla presenza di vincoli morfologici ed economiciche hanno ostacolato il libero accesso ad alcuni mercati deiprodotti e dei fattori.

Nel Mezzogiorno, le aspettative che lo sviluppo dei poliindustriali potesse propagarsi alle aree circostanti sirivelarono eccessivamente ottimistiche e la strategia venne

Negli anni ottanta, l’intreccio di politicheridistributive, mirate a compensare inveceche a rimuovere i vincoli allo sviluppo, e

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progressivamente abbandonata negli anni ottanta.L’intervento pubblico si andò evolvendo verso politicheridistributive; sussidi e fiscalizzazione degli oneri socialidivennero la principale fonte di sostegno alle imprese.All’inizio degli anni novanta, la maggior parte delle aree coni peggiori risultati economici erano ancora localizzate nelSud: aree essenzialmente sostenute da trasferimenti pubblici,incapaci di creare o di attirare nuove imprese e le cui risorsenaturali e culturali rimanevano ampiamente sotto-utilizzate.La loro crescita restava debole e principalmente legata allosviluppo dei servizi tradizionali. La criminalità organizzatacontrollava ampie zone del territorio. Tale quadro era ilrisultato di un mix di politiche centrali ridistributive, volte acompensare e non a rimuovere i vincoli allo sviluppo, e diprogrammi di investimento pubblico inefficaci nel ridurre ildivario infrastrutturale. All’inizio degli anni novanta, dopol’insuccesso delle politiche di industrializzazione e i risultatipositivi registrati, senza alcun sostegno pubblico nazionale,in numerosi sistemi locali italiani, il consenso pubblico afavore dell’intervento straordinario si affievolisce. Nellostesso tempo, la grave situazione finanziaria del Paese, lecrescenti tensioni politiche nel Nord, rafforzate dalla capacitàinnovativa di queste regioni nella elaborazione dellepolitiche, rafforzano le spinte al cambiamento a favore di unmaggior decentramento e di più efficaci criteri di spesa.Inoltre, la riforma del 1988 dei Fondi strutturali incoraggia leautorità locali a sviluppare una reale capacità dipianificazione, rappresentando un ulteriore stimolo alrinnovo delle politiche territoriali italiane.

di inefficaci programmi di investimentopubblico ha portato a un accrescimentodelle disparità territoriali

Una svolta decisiva avviene nel 1992. Il cambiamento nelquadro istituzionale europeo determina una evoluzione dellepolitiche macro-economiche verso principi di bilancio piùrigorosi e processi di privatizzazione e liberalizzazione. Sottola pressione delle inchieste su vari casi di corruzione, ilParlamento conclude l’intervento straordinario nel 1992. Gliinvestimenti pubblici nel Sud si contraggono (da 21 miliardidi euro nel 1992 passeranno a 15 miliardi di euro nel 1997) emolte aree subiscono una riduzione di reddito e dioccupazione. Il forte ridimensionamento della spesa pubblicae i vincoli imposti alle politiche macroeconomiche dalprocesso d’integrazione europea, limitano la possibilità diridistribuzione dal centro e producono effetti territorialiinintenzionali. Le famiglie e le imprese del Mezzogiornofanno fronte a una credibile minaccia di riduzionepermanente del proprio reddito. Il sostanziale declino nelflusso di fondi pubblici è accompagnato da due cambiamentiintenzionali nelle politiche: il rafforzamento dell’azionecontro il crimine organizzato e il conferimento di funzionialle Regioni e agli Enti locali. In questi anni, l’efficaceazione di un forte pool di magistrati antimafia e

Una importante svolta è intervenuta nel1992…

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l’applicazione di misure innovative (quali l’estensione dellemisure in favore dell’uso dei collaboratori di giustizia e lacreazione della Procura Nazionale Antimafia) indebolisconoconsiderevolmente la criminalità organizzata. Allo stessotempo, la riduzione dei sussidi statali al Sud limita lepossibilità d’inserimento di interessi illeciti nei rapporti trapubblica amministrazione e imprese private. In un contestodi trasformazioni sociali, di recessione economica e di crisidel sistema dei partiti, i legami tra criminalità organizzata epartiti politici sono messi a dura prova. La situazionemigliora notevolmente, specie nelle maggiori città delMezzogiorno.

Negli anni novanta, l’Italia entra in una fase di intensatrasformazione della propria struttura di governanceterritoriale. Fino all’inizio di tale decennio, la gran parte deitrasferimenti statali a favore delle Regioni era a destinazionevincolata. L’autonomia finanziaria regionale era modesta el’amministrazione centrale disponeva di forti poteridiscrezionali senza efficaci procedure di valutazione ex anteed ex post. L’allocazione dei fondi alle Regioni era decisaanno per anno, producendo incertezza e difficoltà diprogrammazione. La negoziazione tra le parti attuata alivello centrale e in sede locale era principalmente orientataverso obiettivi di natura ridistributiva. In assenza di unadiretta responsabilità nei confronti dell’elettorato e di unaadeguata attribuzione dei poteri, la programmazione a livellolocale passava attraverso una rete di negoziazioni con leamministrazioni centrali. La mancanza di responsabilità bendefinite indeboliva la struttura degli incentivi collegatiall’attuazione delle politiche, incidendo sull’efficienza delleamministrazioni e sull’efficacia della progettazione e dellagestione degli interventi. All’inizio degli anni novanta, lasituazione politica ed economica si degrada; nel Paese crescela domanda a favore di una maggiore autonomia locale. Lariforma del 1990 riconosce per la prima volta a Comuni eProvince la facoltà di dotarsi di propri Statuti, con i qualidefinire le norme fondamentali per l’organizzazionedell’ente. Vengono istituite le Aree metropolitane, collegateai principali poli nazionali di aggregazione urbana. Ilrafforzamento del sistema di governo locale avviene nel1993 con l’introduzione in Italia dell’elezione diretta delsindaco e del presidente della Provincia. Con il nuovosistema elettorale, l’amministrazione locale diventa piùstabile; si rafforza il potere, la visibilità e la verificabilitàdell’operato dei sindaci. Sono tuttavia necessari altri setteanni per introdurre l’elezione diretta dei presidenti delleRegioni. Sostanziali progressi nel processo di riforma delleautonomie locali si realizzano negli anni 1997-99. Inparticolare, con le cosiddette riforme “Bassanini”, vengonorafforzati i poteri e il ruolo delle autorità locali attraverso il

…seguita da dieci anni d’intensatrasformazione del sistema di governanceterritoriale

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trasferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Entilocali, la riforma della Pubblica amministrazione e lasemplificazione delle procedure amministrative. Le riformerichiamano il principio di sussidiarietà (verticale): solo lematerie esplicitamente riconosciute di interesse nazionalerimangono di competenza dello Stato (affari esteri ecommercio estero; difesa; ordine pubblico e sicurezza;giustizia; università e ricerca scientifica; grandi retiinfrastrutturali; beni culturali). Per quel che riguarda lapromozione dello sviluppo locale, sono trasferite alleRegioni le funzioni riguardanti l’industria. A queste spetta lagestione degli incentivi alle imprese, mentrel’amministrazione centrale mantiene le funzioni di indirizzogenerale della politica industriale. Alcuni importantistrumenti di agevolazione finanziaria rimangono tuttavianella sfera delle competenze dello Stato, quantomeno in viaprovvisoria (per esempio, gli strumenti previsti dalla Leggen. 488/92 per le attività produttive, e dalla Legge n. 46/82 perl’innovazione tecnologica, ecc.).

Per ciascun livello di governo locale è stata realizzata unasignificativa quota di autonomia tributaria sulla base di unospecifico tributo (IRAP per le Regioni, ICI per i Comuni,IPT per le Province), sostenuta da addizionali ecompartecipazioni a tributi erariali. Negli ultimi quattro anni,il peso della fiscalità locale sul totale delle entrate dellaPubblica amministrazione è aumentata di oltre quattro puntipercentuali. E’ stato inoltre potenziato il potereregolamentare delle Province e dei Comuni sugli aspettigestionali dei tributi medesimi. La riforma ha anche previstouna riduzione dei trasferimenti e l’introduzione di forme diperequazione basate sulle capacità fiscali e sui fabbisognidelle autorità locali. Tuttavia, questa parte del disegno diriforma resta ancora incompleta. Considerata la notevoleframmentazione delle istituzioni locali italiane e la loroestrema diversificazione in termini di risorse disponibili procapite e capacità amministrative, il pre-esistente squilibrionella distribuzione delle risorse potrebbe essere accentuatodal progredire del decentramento fiscale. La trasparenza deiflussi finanziari dovrà essere rafforzata e un nuovomeccanismo di perequazione inter-regionale, i cui criteri nonsono stati ancora definiti e concordati, dovrà essereintrodotto. Esiste inoltre il rischio che il rapido processo didecentramento possa accrescere le disparità territoriali circala qualità dei servizi offerti (es. sistema sanitario). Imeccanismi di controllo e di coordinamento svolgerannoquindi un ruolo fondamentale nel corso dei prossimi anni,per correggere le principali cause d’inefficienza e per ridurrele differenziazioni nella capacità di governo delle regioni.

L’autonomia finanziaria delle autoritàlocali è stata rafforzata in modosostanziale

Nella prima metà degli anni novanta, l’aggiustamento Dopo una fase di ristagno economico,

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strutturale e la crescita del risparmio precauzionale, indottadal cambiamento nelle politiche, rallentano lo sviluppoeconomico: nel 1993-1995 il Mezzogiorno registra un tassodi crescita medio annuo del PIL dello 0,3 per cento, mentrequello del Centro Nord si attesta a un modesto 1,6 per cento.La performance del mercato del lavoro nel Mezzogiornopeggiora considerevolmente: fra gennaio del 1993 e apriledel 1995, l’occupazione diminuisce di circa 380 000 unità eil tasso di disoccupazione passa dal 16,2 per cento al 20,4 percento. Pesa su questo risultato la ristrutturazione e ilrisanamento, ritardati rispetto al Centro-Nord, di moltegrandi imprese, specie di quelle che si vanno privatizzando.Da metà anni novanta si manifestano alcuni segnali didinamismo economico. Tra il 1996 e il 1998, la crescita realedel PIL accelera nel Mezzogiorno e raggiunge un tassomedio annuo dell’1,7 per cento, contro l’1,4 per cento nelCentro Nord. Rispetto agli anni ottanta, la crescita è segnatada una forte accelerazione degli investimenti, con un tassomedio annuo di crescita del 4,3 per cento (0,8 per cento nelperiodo 1980-1992). Cresce nel Mezzogiorno il numero delleimprese, con una natalità netta superiore alla medianazionale: fra il 1996 e la metà del 2000, il numero diimprese non agricole aumenta del 9 per cento, contro il 6 percento nel Centro Nord, con una crescita particolarmente fortenel settore dei servizi. La crescita si associa al rafforzamentodelle agglomerazioni produttive locali e a un sostanzialeaumento del numero delle imprese esportatrici. Leesportazioni del Mezzogiorno continuano a registrare unnotevole dinamismo: negli ultimi cinque anni, con un tassomedio annuo di crescita di oltre il 10 per cento, contro il 5per cento del Centro Nord, aumenta considerevolmente laquota delle esportazioni del Mezzogiorno sul totalenazionale. Infine, dopo anni di grave flessione, l’occupazionenel Sud riprende a crescere a ritmi sostenuti, con un aumentodi oltre 370 000 unità tra luglio 1996 e gennaio 2001.

segnali di crescente dinamismo sonorecentemente ricomparsi nel Mezzogiorno

Tali trasformazioni hanno coinciso solo nel 1998 con unamodifica negli orientamenti delle politiche di sviluppoterritoriale e con l’applicazione di riforme strutturali a favoredel mercato e dell’iniziativa locale. Una nuova politica chemira a rafforzare la competitività dei territori, in linea con lariforma amministrativa, è stata avviata partendo dallaprogrammazione per gli anni 2000-2006 di circa 45 miliardidi euro di fondi strutturali europei (inclusa la quota di co-finanziamento pubblico nazionale). L’elevata visibilità eforte trasparenza nell’allocazione dei fondi UE ha consentitoalle Autorità italiane di definire un insieme di regolestringenti. La nuova politica si è avvalsa di strumentiinnovativi per il partenariato tecnico e il coordinamentoistituzionale, sperimentati sin dall’inizio degli anni novanta evolti a promuovere una maggiore cooperazione, orizzontale e

…accompagnati da una strategia disviluppo territoriale più coerente

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verticale, fra livelli di governo e fra attori pubblici e privatiin diversi ambiti di intervento, quali le opere infrastrutturali,la pianificazione urbana e lo sviluppo locale. Fra i varistrumenti di coordinamento, i patti territoriali realizzanol’accordo fra diversi attori locali, pubblici e privati, perpromuovere relazioni cooperative e fiduciarie nel territorio eun maggior coordinamento degli investimenti delle impreseprivate e delle amministrazioni locali. Nel campo dellepolitiche di pianificazione del territorio, programmi integrati,quali ad esempio i PRUSST (Programma di RiqualificazioneUrbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio) sono statipromossi nei settori della riqualificazione urbana (sotto ilprofilo economico, ambientale e sociale), dei trasporti(traffico, intermodalità fra ferrovie e reti stradali, logisticadella città), del commercio, della sicurezza e del marketingurbano. Tuttavia, questi nuovi strumenti per il partenariatotecnico non hanno sempre ottenuto i risultati attesi. L’elevatavarianza nei risultati conseguiti evidenzia che l’efficaciadella loro attuazione dipende dalla rappresentatività degliattori coinvolti e dalla credibilità degli impegni da loroassunti, dal rigore del sistema di selezione e di valutazione,dalla trasparenza del processo decisionale e dalla effettivaattribuzione di responsabilità da parte dei soggetti interessati.In alcuni casi, la partnership non è stata in grado di garantirequell’accumulazione di conoscenze necessaria pertrasformare l’azione locale da un semplice accordodistributivo a un intervento capace di assumere connotazioniintegrative. Oggi, la “regionalizzazione” dei patti territorialinecessita la definizione di regole di selezione più stringenti,l’attribuzione di chiare responsabilità, la messa in atto di unsistema di monitoraggio efficiente e dei meccanismi disanzione e di premialità a esso collegati.

La riforma in corso delle politiche territoriali sta producendocambiamenti. L’amministrazione ordinaria è responsabiledell’intervento in tutte le aree depresse del Paese (il 73 %delle quali è nel Mezzogiorno). Non esistono più specificheistituzioni che operano con regole “speciali” o straordinarie.E’ stato avviato un programma di riqualificazione degliinvestimenti pubblici e una azione di institution building chemirano ad accrescere la competitività dei territori,valorizzando le potenzialità di sviluppo locali: le risorsenaturali e culturali, le agglomerazioni produttive, le strutturedi insediamento nelle aree urbane e rurali, le reti e lecomunicazioni. L’obiettivo delle nuove politiche territoriali èquello di migliorare le condizioni di contesto, con una piùefficace gestione e utilizzazione delle risorse. Questo avvieneattraverso una chiara distribuzione delle responsabilità fraamministrazione centrale e autorità locali e mediante fortimeccanismi d’incentivazione che garantiscono la selezionedelle priorità d’intervento, la valutazione ex ante dei progetti,

La nuova politica mira a rafforzare lacompetitività dei territori …

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il loro monitoraggio in itinere e la verifica ex post deirisultati ottenuti. Questo processo parte dalla consapevolezzache la conoscenza, necessaria per pianificare e attuare iprogetti locali, è un patrimonio diffuso fra i vari livelli digoverno, fra le imprese private, fra le parti sociali edeconomiche e la società civile. Alle Regioni sono stateaffidate responsabilità riguardanti la definizione dellepriorità, la selezione e la promozione dei progetti, l’eserciziodel monitoraggio economico e finanziario dei risultati. AlleAutonomie locali, più vicine al territorio, sono state affidatel’individuazione delle opportunità locali, la formulazione e,spesso, la gestione dei progetti. L’amministrazione centralesvolge la funzione di indirizzo e di fissazione delle regole, didiffusione dei metodi per sostenere l’attività delleamministrazioni locali e di monitoraggio diagnostico deirisultati. Il suo ruolo è quello di garantire la coerenzacomplessiva dei programmi territoriali e di promuovere gliinterventi che non possono essere attuati dai livelli inferioridi governo (per motivi, ad esempio, di efficienza gestionale edi ricaduta delle esternalità). Mettere in atto il nuovo sistemadi governo del territorio è difficile, in particolare per leRegioni con una bassa qualità dell’azione amministrativa.Considerato il ruolo chiave delle Regioni e delle Autonomielocali nella selezione degli obiettivi prioritari e dei progetti enella gestione degli interventi, sarà urgente modernizzare laloro amministrazione assumendo personale specializzato ealtamente qualificato, in particolare nel Mezzogiorno.

La nuova strategia di sviluppo territoriale mira a promuovereun contesto favorevole per la programmazione di mediotermine mediante diverse misure: l’individuazione delvolume complessivo delle risorse in conto capitaledisponibili per il periodo 2000-2007 (fondi di bilanciopubblico, fondi nazionali per le aree depresse, fondistrutturali europei e co-finanziamento nazionale) e lafissazione di criteri trasparenti per la ripartizione delle risorsetra Regioni; la promozione di una rete di Nuclei divalutazione e di verifica degli investimenti pubblici presso leamministrazioni centrali e regionali; l’avvio operativo di unaUnità tecnica per la finanza di progetto, per fornireun’assistenza giuridica e tecnica alle Amministrazioni locali;la promozione di elevati standard di qualità nellaprogettazione degli interventi, anche tramite il finanziamentodi analisi di fattibilità. La completa realizzazione e l’efficacegestione di tali misure saranno cruciali per il successo dellastrategia intrapresa. La classe dirigente potrebbe esserenaturalmente tentata di scostarsi da alcune regole: lamancanza di prospettive a lungo termine abbinata allanecessità di ottenere consenso rapidamente, può accrescerel’incentivo a selezionare gli interventi senza alcunavalutazione ex-ante e senza un accordo partenariale. La

…e a promuovere un contesto favorevoleper una pianificazione a medio termine

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ripartizione ex-ante delle risorse, fondata su regole stringentie trasparenti, limita il potere di discrezionalità. Saràfondamentale garantire l’efficienza del sistema dimonitoraggio degli investimenti pubblici e dei meccanismi disanzione e di premialità a esso collegati. L’attuazione di unefficace sistema decentrato di valutazione e di monitoraggio,attraverso i nuclei tecnici regionali recentemente creati,dovrà offrire un sostegno alla programmazione degliinterventi.

Le tradizionali politiche di offerta possono avereconsiderevoli effetti asimmetrici sul territorio italiano. Essepossono talvolta sostenere le politiche territoriali, talvoltaessere neutrali o a volte implicitamente ostacolarle. Peresempio, la recente deregolamentazione e liberalizzazione diimportanti mercati (es. trasporti aerei e ferroviari, struttureaeroportuali e portuali, telecomunicazioni, servizi pubblicilocali, elettricità) possono avere effetti territoriali fortementedifferenziati. In numerosi casi (in particolare nel settore deiservizi pubblici locali e del trasporto aereo), laliberalizzazione non è ancora completata, ma sulle regioniarretrate grava sia il costo della situazione passata sia il costodella fase di transizione. La riforma del sistema pensionisticopotrebbe avere nel futuro un notevole impatto territoriale. Itrasferimenti sociali destinati alle categorie meno favoritedella popolazione sono tra i più bassi a livello europeo,mentre la quasi totalità della povertà estrema si concentranelle regioni meridionali e in particolare nelle grandi areeurbane. Occorre quindi potenziare i meccanismi esistenti dicoordinamento intersettoriale e di valutazione emonitoraggio degli effetti territoriali di tali politiche. Similiconsiderazioni si applicano anche alle politiche di sostegnoalle attività produttive. Gli incentivi diretti alle imprese nonsono in grado per se di innescare una dinamica di sviluppo dilungo periodo: consentono di ridurre il costo del capitalenelle aree in cui le condizioni di contesto tendono a limitarela redditività delle imprese, ma non riescono a incidere sullecondizioni stesse. La logica degli incentivi settoriali vacontro la generale tendenza a una riduzione delle barriere allaconcorrenza ed è destinata a scatenare rent-shifting wars fra iterritori. L’attuale strategia di sviluppo territoriale volta amigliorare le condizioni di contesto, valorizzando le risorseterritoriali endogene, promuovendo le agglomerazioniesistenti e sviluppando le reti e le comunicazioni, deverappresentare una priorità di politica nazionale, al fine diassicurare lo sviluppo delle regioni arretrate e quindi lacrescita generale del Paese. I servizi offerti dagli istituti diricerca, dai parchi scientifici e tecnologici, l’attività delleagenzie regionali di sviluppo, devono essere incoraggiati ecoordinati, con l’obiettivo di accrescere le potenzialità deiterritori, di incentivare in modo permanente gli imprenditori

L’impatto territoriale delle politiche “nonterritoriali” dovrà essere valutato conattenzione

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locali a creare e sviluppare le loro attività, e di attiraredall’esterno investimenti privati.

Il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM-QCS) peril periodo 2000-2006 rappresenta ad oggi il principaletentativo di applicazione della nuova strategia di sviluppoterritoriale. Sono stati necessari diciotto mesi di negoziazionetecnica e politica fra Stato centrale, Regioni, Autonomielocali e parti sociali per definire il programma. Il negoziatocon la Commissione europea si è concluso nell’agosto del2000 con la sua approvazione. Il Programma includespecifiche misure destinate ad accrescere l’efficienza delleinnovazioni istituzionali in esso contenute. Ladeterminazione ex ante delle risorse disponibili per ogniRegione prevede, secondo le nuove regole comunitarie, unmeccanismo automatico di accelerazione della spesa sullabase del quale le Regioni perdono i fondi impegnati che nonsono stati spesi entro i limiti di tempo fissati. Sono inoltre incorso di applicazione i meccanismi di sanzione e didistribuzione della premialità, destinati a incentivare leautorità regionali e centrali ad attuare le riformeamministrative e a realizzare una progettazione di qualità,nonché a integrare e concentrare gli interventi. Circa il 10 percento del complesso delle risorse sarà allocato tramite unsistema premiale che prevede l’attribuzione di più risorse alleamministrazioni che spendono con efficacia, e non soltantoin modo più rapido. Tali strumenti rappresentano unconsiderevole passo avanti. Considerato che circa il 70 percento delle risorse è direttamente gestito dalle Regioni, sidovrà rafforzare a livello locale il know-how tecniconecessario ai nuovi compiti. Il Programma definisce inoltredelle linee guida per concentrare i finanziamenti nei territoriin cui una maggiore accessibilità alle risorse naturali eculturali potrebbe attirare sostanziali investimenti privati.

Il Programma di sviluppo delMezzogiorno (PSM-QCS) 2000-2006rappresenta un importante progresso…

Negli anni più recenti, alcune delle aree meno favorite delPaese registrano un nuovo dinamismo economico. NelMezzogiorno, la forte crescita di nuove imprese, l’emergenzadi clusters d’imprese sia nei settori tradizionali sia in quelliad alto contenuto tecnologico, l’aumento sostanziale delleesportazioni di beni e servizi, sono segnali di un nuovosviluppo. E’ essenziale accompagnare questi cambiamenticon politiche appropriate. Molte sono ancora le questioniirrisolte, quali la modernizzazione della pubblicaamministrazione, l’effettiva applicazione delle leggi, laqualità del sistema dell’istruzione e della formazione, lagestione efficiente delle risorse naturali e culturali. Le risorsenaturali e culturali offrono una chiara opportunità di sviluppoequilibrato e sostenibile, in particolare nelle aree più arretratedel Sud e nelle isole. Tuttavia queste potenzialità rimangonoancora sotto-utilizzate: nel 1999, solo il 21 per cento della

…ma è necessaria un’ azione più decisaper far fronte ai problemi delle areedepresse

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spesa turistica è attribuito alle regioni del Sud (e solo l’11 percento delle spese dei turisti stranieri), anche se dalla metàdegli anni novanta sono sempre più visibili i segnali didinamismo. Una visione strategica complessiva per ilturismo sembra ancora mancare. L’accessibilità delle risorsenaturali e culturali dovrebbe essere promossa attraversol’elaborazione di piani strategici, basati su un uso ottimaledelle conoscenze locali, accompagnata da un supportotecnico più forte e più qualificato a tutti i livelli di governo.Investimenti pubblici integrati sono necessari per il restaurodei siti archeologici, per proteggere le aree naturali e perprevenire l’erosione delle coste. Occorre una più efficientegestione delle risorse, facilitando l’accesso di nuove impresee di nuovi capitali e introducendo meccanismiconcorrenziali. Al fine di promuovere la competitività deisistemi locali e di favorire lo sviluppo di relazioni fiduciariee contrattuali all’interno delle agglomerazioni produttiveesistenti, si renderà prioritario rafforzare l’applicazione delleleggi e l’azione di contrasto della criminalità, promuovere lacapacità tecnica delle istituzioni locali, e incentivare losviluppo di reti. Il Mezzogiorno necessita di una più elevataconcorrenza nel mercato del lavoro e nel mercato dei beni eservizi: meccanismi di collocamento più trasparenti;differenziali retributivi più sensibili ai differenziali diproduttività; minori barriere alla concorrenza nel settore deiservizi alle imprese e dei servizi pubblici locali.

Il ‘divario digitale’ esterno e interno al Paese cresce al passodell’attuale evoluzione tecnologica. Malgrado i recentisegnali di dinamismo nel mercato italiano delle tecnologiedell’informazione e della comunicazione (TIC), l’Italia, e inmodo particolare il Mezzogiorno, appaiono deboli per quantoconcerne i fattori chiave della cosiddetta nuova economiadigitale: le infrastrutture per le tecnologie dell’informazione,la R&S e le risorse umane, l’offerta di capitale di rischio.L’avvento delle TIC potrebbe rappresentare una notevoleopportunità di sviluppo per le regioni più arretrate e permigliorare il governo del territorio. La mobilità offerta da unuso estensivo delle TIC può svolgere un ruolo decisivo nelsuperare le barriere geografiche più rilevanti (es. mediantel’istruzione a distanza, la telemedicina, ecc.) e nell’offrireposti di lavoro ben remunerati, a condizione che siadisponibile un’offerta adeguata di lavoratori qualificati. Lebest practices emerse nei territori italiani, incluso ilMezzogiorno, rappresentano un segno positivo in questadirezione. Le reti digitali possono essere particolarmente utiliper costruire un ambiente di condivisione delle conoscenze eper sviluppare le recenti esperienze innovative nel campodella governance. Le applicazioni legate a Internet e gli ampimargini di efficienza raggiungibili in diversi campi con unuso appropriato delle TIC, offrono decisive opportunità per

…e per sfruttare le opportunità offertedalle nuove tecnologie

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le PMI. Tuttavia, tali sviluppi dovrebbero essere sostenuti dapolitiche pubbliche più efficaci, sia a livello locale chenazionale. Sono urgenti le misure per incoraggiare ladiffusione di conoscenze e la capacità di utilizzo delle TIC,nonché una maggiore infrastrutturazione del territorio. Direcente, il governo ha presentato un Piano d’azione per laSocietà dell’Informazione con specifiche misure nel campodell’e-government. Tale Piano fissa obiettivi ambiziosi, la cuirealizzazione dipenderà sostanzialmente dalla quantità dirisorse impegnate e dal livello di coordinamento fra tutti gliattori coinvolti. La tradizionale inerzia al cambiamento e lamancanza di competenze potrebbero ostacolare l’avvio di undeciso processo d’innovazione tecnologica nell’ambito dellapubblica amministrazione.

La maggior parte delle regioni depresse sono ancora assaidistanti dai principali centri nazionali e internazionali intermini di trasporti e comunicazioni. La necessità dirafforzare le agglomerazioni produttive locali e di sostenereil crescente settore del turismo richiede un radicaleadeguamento delle infrastrutture di trasporto. La situazioneattuale offre un quadro di congestione del traffico nelle areeurbane e nelle regioni in piena crescita, in aggiunta aimodesti collegamenti esistenti per la gran parte delle Regionidel Sud. Il Programma di Sviluppo del Mezzogiornopromuove una serie di studi di fattibilità su reti alternative(es. per le comunicazioni fra la Sicilia e il continente) eassegna priorità ai progetti scaturiti da tale processo. Ciònonostante, la definizione degli obiettivi prioritari per ilmiglioramento delle reti di comunicazione è ancora incerta.Emergono preoccupazioni sulla capacità di definire eimplementare in tempo utile le azioni necessarie concernentil’asse di comunicazione verticale tra la Sicilia e l’Europa e ilsistema di collegamenti orizzontali nell’estremo Sud, maanche nel Nord dove il sovra-utilizzo delle reti stradaliesistenti potrebbe sin d’ora rappresentare un deterrente per lacrescita. Questi elementi sono particolarmente importanti perle nuove opportunità e sfide che avranno originedall’allargamento dell’U.E. a numerosi Paesi dell’Esteuropeo e dall’evoluzione dello scenario nei Balcani.

Le infrastrutture di trasportorappresentano ancora un punto criticoper uno sviluppo territoriale equilibrato

Gli ultimi dieci anni hanno rappresentato per l’Italia unperiodo di intensa trasformazione della struttura digovernance territoriale. Al conferimento di funzioni ecompiti alle Regioni e agli Enti locali si sono accompagnati,da un lato una modifica radicale del sistema elettorale,dall’altro importanti riforme nella pubblica amministrazione.Alla nuova allocazione delle funzioni ha corrisposto unaredistribuzione delle risorse e un rafforzamentodell’autonomia tributaria delle autorità locali. Nuovistrumenti di governance sono apparsi sulla scena politica e

Uno scenario a medio termine

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istituzionale, con lo sviluppo di un forte partenariatoistituzionale, orizzontale e verticale, del partenariato sociale,e con l’adozione di modelli amministrativi ispirati ai principidel New Public Management. Tuttavia, è possibileevidenziare alcune aree nelle quali ulteriori e puntualiinterventi sono richiesti affinché le riforme attuali nellepolitiche territoriali convergano in una strategia coerente eampiamente condivisa, capace di avviare un nuovo processodi convergenza regionale. Le principali aree di azioneriguardano:

- Il decentramento amministrativo. Il conferimento difunzioni alle Regioni e agli Enti locali dovrebbe avvenire inmodo da assicurare ai territori uno standard uniforme diqualità nell’offerta dei servizi. Malgrado sostanzialiprogressi, sono necessari ulteriori interventi per migliorare laqualità dei processi amministrativi.- Il decentramento fiscale. Se una maggiore autonomiatributaria può migliorare l’efficacia della spesa pubblica,occorre tuttavia definire adeguate forme di perequazioneinter-regionale basate sulle capacità fiscali e sui fabbisognidelle autonomie locali. L’attuale squilibrio nelladistribuzione delle risorse potrebbe essere accentuato dalprocesso di decentramento fiscale. Occorre inoltre rafforzarela responsabilità dei governi locali e migliorare gli strumentidi gestione della spesa.

- Il livello delle qualificazioni e del know-how all’internodelle strutture amministrative. L’attuale processo didecentramento e l’attuazione di una nuova strategia per lepolitiche territoriali suscitano preoccupazioni circa lacapacità di tutte le Regioni e delle Autonomie locali diassumere maggiori responsabilità in materia di valutazione edi gestione degli interventi. Occorre rafforzare la capacità diprogrammazione a medio termine e di progettazione deigoverni locali. Sarà essenziale introdurre i principi del NewPublic Management a tutti i livelli di governo.

- Gli strumenti di valutazione e monitoraggio. Occorrepromuovere e rafforzare gli strumenti di valutazione emonitoraggio. Sono state istituite delle strutture perrealizzare questo obiettivo: per esempio, la creazione di unarete di nuclei di valutazione e verifica degli investimentipubblici nelle amministrazioni pubbliche, centrali eregionali, è in corso. Gli sforzi intrapresi in questo campodevono essere proseguiti.- Nell’ambito del processo di decentramento, cresce ilnumero degli attori che possono legittimamente interveniresul territorio. Questa situazione richiede forme più flessibilidi coordinamento istituzionale. L’elaborazione dellepolitiche, la progettazione e il monitoraggio dovrebberocoinvolgere sempre più spesso i diversi attori interessati eessere sottoposti alla verifica continua delle parti sociali.

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Numerose forme di partenariato istituzionale si sonosviluppate in Italia e rappresentano un’importante eambizioso banco di prova per ridisegnare le relazioni tragoverno centrale e amministrazioni locali.

Malgrado un generale processo di convergenza realizzatonegli ultimi quarant’anni, in Italia persistono ampie disparitàterritoriali. L’analisi dei diversi percorsi di crescita mostrache uno specifico modello di sviluppo è riuscito adaffermarsi con successo nel Centro Nord e in alcune aree delSud. Coerentemente con tale modello e con l’attualeprocesso di decentramento, occorrerà rafforzare le tendenzeemergenti nel governo del territorio che mirano a creare lecondizioni di contesto atte a favorire lo sviluppo endogenodelle economie locali nelle aree depresse. Le nuove politicheper il Mezzogiorno devono tenere conto delle lezioni delpassato e puntare su un processo che coinvolga tutti gli attorie i livelli di governo del territorio nelle fasi strategiche dielaborazione, di attuazione e di valutazione delle politicheterritoriali. Elemento chiave di questo processo sarà la messaa punto di adeguati sistemi di valutazione e monitoraggio edi assistenza tecnica per limitare il rischio di insuccessi eaccelerare la diffusione di best practices. Su tali basi, leancora largamente trascurate risorse naturali e culturali,nonché le opportunità offerte dalle nuove tecnologie,potranno essere sfruttate, specie nel Mezzogiorno, e si potràinnescare un nuovo sostenuto processo di convergenza.

In conclusione: le politiche territoriali inItalia hanno operato una svolta, ma lasfida principale resta quella delmiglioramento delle condizioni dicontesto che possono favorire lo sviluppoendogeno delle economie locali nelle areedepresse

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Figure dalla OECD Territorial Review on Italy

Dynamics of the per capita GDP density distribution in Italian provinces, 1952-1992

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Note: The density distribution is estimated non-parametrically using the Epanechnikov kernel with the “optimal”bandwidth.

Per capita GDP of the Mezzogiorno as a ratio of Italian average

(at current prices; Index: Italy = 100)

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Source: ISTAT, Territorial Accounts.

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Local labour market areas by employment rate, 1971

Source: ISTAT.

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Local labour market areas by employment rate, 1996

Source: ISTAT.