Occhio all'Arte (dicembre 2014)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 79 dicembre 2014 Mensile d’informazione d’arte n dall’associazione: Street Art n fotografia: Fotografiska n teatro: “Per questo mi chiamo Giovanni” www.artemediterranea.org Foto di Federica De Angelis n dedicato a: ESCHER Non crescerò. In me c’é il bambino di un tempo

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 79 dicembre 2014

Mensile d’informazione d’arte

ndall’associazione: Street Art

nfotografia: Fotografiska

nteatro: “Per questo mi chiamo Giovanni”

www.artemediterranea.org

Foto di Federica De Angelis

ndedicato a:ESCHER Non crescerò. In me c’é il bambino di un tempo

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Mensile culturale edito dallaAssociazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 ApriliaTel.347/1748542

[email protected]. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

FondatoriAntonio De Waure, Maria Chiara

LorentiCristina Simoncini

AmministratoreAntonio De Waure

Direttore responsabileRossana Gabrieli

Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

RedazioneMaria Chiara Lorenti, Cristina

Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro

CollaboratoriLuigia Piacentini, Stefania Servillo, Patrizia Vaccaro, Daniele Falcioni,

Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Greta Marchese, Giulia Gabiati

Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi,Marilena Parrino, Nicola Fasciano,

Simona Cagnazzo, Stefano Cagnazzo

Responsabile MarketingCristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing

Giuseppe Di Pasquale

Stampa Associazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 Aprilia

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche

parziale senza il consenso dell’editore

Sommario

Street ArtArte MediterraneaLa Divina Marchesa

René BurriFull Color

Agenda 1974Galleria nazionale di arte antica, 4° parte

FotografiskaESCHER

“Mangia, prega, ama”Persepolis

L’albero di Natale The Walking Dead

“Per questo mi chiamo Giovanni”Raccolta differenziata in Europa: l’Italia non sfigura

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Per sponsorizzare “Occhio all’Arte” Telefona al 349.7790097

Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla

pittura ad olio

Sartoria Danila338.9557843

RiparazioniOrli gonne,pantalonie vestitiModifiche della tagliaTendaggi

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di Stefania Servillo

Arte Mediterranea

Si parla sempre più spesso di street art e un numero sempre maggiore di persone ne discute, eppure pochi hanno veramente un’idea su cosa sia, come si stia sviluppando e soprattutto dove.

“Street art” è un termine inglese, il corrispettivo italiano è “arte di strada” o “arte urbana”. Attualmente si tende a dividere nettamente i writers dagli artisti di strada, ma la storia è più complessa. I writers studiano le lettere e le utilizzano ossessivamente, nei primi anni ’90 dei writers francesi iniziarono ad accostare alle lettere delle immagini e dei logotipi. Generalmente si fa risalire il fenomeno al collettivo francese “Space Invaders”, ma nella realtà già precedentemente (tanto in Europa quanto negli Stati Uniti) ne esistevano esempi.Chi pratica la street art ha una propria individualità, ognuno ha le proprie ragioni per operare in un certo modo: questo può includere sia le motivazioni dell’opera (sociali, critiche, sovversive ma anche semplicemente avere grande pubblicità e visibilità in poco tempo) che il luogo in cui si va ad operare (si può trattare di una riqualificazione o di un’appropriazione talvolta anche illegale).Sempre più spesso opere di street art sono commissionate da istituzioni, questo cambiamento di circostanze ha sollevato dubbi e perplessità. Non è semplice capire fino a che punto questo tipo arte possa rientrare negli schemi tradizionali di commissione senza perdere l’autonomia e la libertà che la caratterizzano, allo stesso tempo è bene sottolineare la differenza tra il vandalismo e questo tipo di pratica.La street art non è ancora entrata a pieno titolo nei testi di storia dell’arte, le varie opere non sono propriamente catalogate, ma esistono un gran numero di pubblicazioni particolarmente valide per le immagini che propongono e che sopperiscono alla mancanza di

una documentazione organizzata coerentemente.Nonostante il fenomeno si sia ampliato molto ed in poco tempo (questa è una delle ragioni per cui ha caratteristiche globali più che locali) esistono esempi che ne sono diventati dei capisaldi: le campagne Obey Giant (www.obeygiant.com) e i già citati Space Invaders (www.space-invaders.com), ma anche l’opera di persone come Banksy (www. banksy.co.uk).Attualmente è possibile ammirare esempi di street art più o meno in ogni città: non occupano necessariamente molto spazio (a volte basta anche un palo o un tombino) e si trovano all’aperto, bisogna però tenere gli occhi ben aperti ed impara a guardare nuovamente ciò che ci circonda.

dall’associazionen

Opere di Street Art, Aprilia, via Monteverdi

Street ArtCome Dove Quando e Perché

Tra le tante iniziative culturali, che la nostra associazione sta organizzando per il periodo di novembre e dicembre,va evidenziata la data del 29 novembre in quanto quel giorno, presso la sala Manzù di Aprilia, si terrà la presentazione dell’antologia d’arte “Libera espressione”, un connubio tra la poesia e le opere di 24 artisti. Questa collaborazione è stata resa possibile soprattutto per la partecipazione del poeta Daniele Falcioni, che ha aderito al progetto con grande entusiasmo.Ma la nostra associazione non si è fermata a tale progetto, perchè nel mese di dicembre sono state organizzate altre manifestazioni: il 13 ci sara’ l’inaugurazione della IV edizione di “Passaggio”, presso il Mercato coperto di Aprilia, con l’esposizione fotografica dell’artista Patrizia Fusi. Essa rientra nel progetto del Comune di Aprilia “Natale Apriliano 2014”

Successivamente, presso la clinica Villa Carla , il 16 dicembre, ci sarà l’inaugurazione di opere pittoriche di 10 artisti ospitati nella struttura, che hanno seguito un corso di pittura organizzato dalla nostra associazione.Voglio, infine, ricordare che, presso il ristorante “La bella Napoli”, e’ stata allestita una mostra di acquarelli della nostra artista Rosa Fucale.Infine sento l’obbligo morale di porgere a tutti, dai Soci, agli insegnanti, agli allievi , allo staff tecnico, ai responsabili e alla redazione del nostro giornale “Occhio all’Arte”, un sincero Augurio di Buon Natale e un Felice Anno nuovo. Che sia per per voi tutti l’augurio di ciò che vorrete realizzare nel prossimo futuro!

di Antonio De Waure

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fotografian

di Maria Chiara Lorenti

P iù che bella, conturbante, misteriosa, affascinante, egocentrica ed anche tanto eccentrica che, a volte, si aggirava di notte per le calli veneziane, vestita solo

di un mantello di seta nera, a guinzaglio un ghepardo dal collare tempestato di diamanti, preceduta dal suo fedele Garbi, un nubiano anch’egli nudo, ricoperto da uno strato di vernice aurea, un pappagallo sulla spalla, reggente una torcia ad illuminarle il cammino. Una donna estremamente sicura di se, che non poteva non diventare l’icona di quel mondo dorato che animava quel periodo scintillante, denominato la “Belle epoque”. Chi meglio di lei poteva incarnare l’appellativo di “Divina marchesa”. Magrissima, alta, androgina, ma con “un viso che si addice a una donna per nascondere l’anima”, musa ed ispiratrice di Gabriele D’Annunzio, che fu il suo amante fino alla morte di lui, lei Luisa Adele Rosa Maria Amman, ricca ereditiera, divenuta la marchesa Casati Stampa, seppe sedurre ed ammaliare pittori come Marinetti, Boldini, Martini, Balla, che la immortalarono sulle loro tele, e fu anche fotografata da Man Ray, che la rese famosa con un ritratto scartato, una foto dall’esposizione sbagliata, mossa, ove gli occhi, bistrati e dilatati dalla belladonna, si sdoppiano rendendola aliena, una medusa ipnotizzante che pietrifica chi cerca di carpirla. Ma, dopo aver dilapidato un patrimonio per essere stata fedele all’immagine costruita di se stessa, dopo essere stata il fulcro della vita mondana e culturale che si svolgeva tra Parigi, Roma, Venezia e Londra, proprio nella capitale anglosassone morì poverissima, lei ammirata ed invidiata farfalla, come una falena si bruciò le ali per essersi avvicinata troppo alla luce. Ora “la divina marchesa” è ricordata da una mostra che le dedica la città di Venezia, a Palazzo Fortuny , e attraverso dipinti, fotografie, gioielli e vestiti cerca di restituirci quell’atmosfera folle ed irripetibile che fu la cornice di una donna come lei; per chi vorrà visitarla c’è tempo fino all’otto marzo.

La Divina MarchesaGli anni folli della Belle Epoque

René Burri20 ottobre 2014 di Stefania Servillo

Il nome René Burri non è molto noto, eppure moltissimi dei suoi scatti sono celebri. Primo fra tutti l’immagine di Che Guevara, ancora oggi riportata su poster, magliette, carto-

line e quant’altro, ma non vanno dimenticati i ritratti fotografici fatti a personaggi del calibro di Picasso, Giacometti e Le Cour-busier. Ha fotografato molti dei grandi della storia, ma è impor-tante ricordare quanto grande fosse lui stesso come fotografo. Nato a Zurigo nel 1933, frequenta la scuola d’arte, nel ’55 presenta alcuni suoi lavori all’agenzia Magnum Photos (dove lavorerà ufficialmente a partire dal ’59). I suoi servizi sono pubblicati da “Life” ed altre importanti testate europee. Nel 1982 diverrà presidente della Magnum Photo. I suoi lavori sono indimenticabili e meritano di essere visti, ricordiamo, quindi, che poco prima di morire (20 ottobre 2014), Burri ha donato il suo archivio di 30mila foto al Museo dell’Eliseo di Losanna.

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fotografianFull Color La prima grande retrospettiva di Franco Fontana a Roma

F ino all’11 gennaio 2015 Palazzo Incontro, in via dei Prefetti 22, a Roma, sarà la sede della grande mostra retrospettiva dedicata a Franco Fontana.

Più di 130 scatti ripercorrono la carriera del fotografo, dai primi lavori degli anni Sessanta fino a quelli più recenti. L’esposizione si intitola Full Color e ha già riscosso un grande successo a Venezia dove è stata presentata prima di giungere a Roma. Paesaggi naturalistici e urbani, la figura umana e la linea sono i tratti distintivi del linguaggio visivo di Fontana. La forza del colore si fa prorompente, tanto da disegnare una poetica abbraccia il reale condensandolo attraverso l’ intelligenza dell’occhio: “la realtà, afferma Fontana, ce l’abbiamo tutti intorno, ma è chi fa la foto che decide cosa vuole esprimere. La realtà è un po’ come un blocco di marmo. Ci puoi tirar fuori un posacenere o la Pietà di Michelangelo”.

Agenda 1974Dibattito e mobilitazione del movimento delle donne

D iritto di famiglia e divorzio, femminismo e lotta di classe, donne e psicoanalisi, aborto e sessualità, i temi caldi affrontati dal

movimento delle donne negli anni Settanta, ancora attuali e scomodi, ce li racconta Agenda 1974. Si tratta di una mostra a ingresso libero, un percorso che si snoda attraverso 25 pannelli ospitato dalla Casa della Memoria e della Storia di Roma. Gli anni dell’ impegno politico, della protesta, della riflessione sulla questione femminile sono scanditi dagli appuntamenti dell’agenda di una militante dell’epoca. I pannelli in mostra raccontano il teatro di strada, le manifestazioni e gli interventi all’Università. Manifesti, libri e riviste insieme al materiale fotografico dal fondo Daniela Colombo completano il percorso espositivo. Agenda 1974 rimarrà aperta al pubblico fino al 16 gennaio 2015.

di Eleonora Spataro

Norman Rockwell

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Galleria nazionale di arte antica, 4° parteMusei Romani, 14° articolo di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

musein

Con il presente articolo concludiamo il nostro iter conoscitivo all’interno del museo, consapevoli di non essere stati affatto esaustivi. In verità tanti altri musei romani ci aspettano! E, poi,

gli scritti, poiché sono soggettivi, non possono e non devono sostituire l’unicità della fruizione emozionale soggettiva. Le recensioni, nel caso specifico, possono suscitare delle curiosità, far riaffiorare conoscenze offuscate da stimoli culturali più attuali, rimandare a una memoria storica imprescindibile o altro, ma non possono sostituire l’esperienza diretta. Ciò premesso, ci sentiamo quasi in dovere di affrontare un ultimo e arduo compito: scegliere e commentare dipinti che rendono unica una visita alla pinacoteca. Come già chiarito in precedenza, le tele, dislocate su tre piani molto ampi, sono tantissime e sono state eseguite da un numero altrettanto considerevole di artisti, alcuni dei quali molto famosi. Ci sono dipinti di Filippo Lippi, Raffaello, Andrea Del Sarto, Piero di Cosimo, Bronzino, Lotto, Tintoretto, El Greco ecc. Con quale criterio scegliere tra tanta beltà? Infine, abbiamo optato per opere che ci parlano in modo, secondo noi, egregio, di amore, di morte, del senso, a volte, tragico della vita. Amore, appunto, intriso di tenerezza e di abnegazione, trapela dal dipinto di Pietro da Cortona “Angelo custode”, che accompagna il nostro articolo del mese di novembre. Dinamismo e vitalità nell’immagine dell’angelo che domina la scena con il suo incedere fluido e rassicurante; creatura celeste nelle sue candide ed aeree vesti, terrestre nello sguardo materno che rivolge al fanciullo, che

tiene per mano. Sullo sfondo, un cromatismo più caldo e sfumato rivela un ambiente naturale, bucolico, rasserenante sul quale, però, incombono i bagliori luminosi e le nuvole scure dell’imbrunire. Le luci e le ombre della vita. Passionale, carnale così come suggerisce il ramo di melo cotogno alle spalle della donna, ma, pur sempre, l’amore domina nel capolavoro di Raffaello “La fornarina”, immagine che abbiamo scelto per il nostro articolo di ottobre. Amante e musa ispiratrice, la giovane Margherita Luti ci osserva pudica ed intrigante nello sguardo e nell’atteggiamento; bella per l’armonia delle proporzioni, per l’incarnato radioso ed invitante, per i profondi occhi neri, ammiccanti e sfuggenti. Composta nell’acconciatura del capo, discinta nella seminudità, vezzosa nel vano tentativo di ”velare” il seno. Non dea, ma odalisca semmai, comunque donna vera ed indimenticabile. Amore e morte, ineluttabilità del destino, in un dipinto che coglie una frazione del tempo di una storia, anzi di un mito, e conferma, ancora una volta, la sublime capacità coloristica di Tiziano. L’opera, che ha per titolo ”Venere e Adone” e venne eseguita nel 1560, trae ispirazione dall’infelice amore tra la dea ed il bellissimo giovane dal tragico destino. Tonalità morbide e brillanti, per rappresentare le membra femminili che si torcono, nell’estremo tentativo di trattenere l’amato che, inconsapevole, va verso la morte. Sullo sfondo un fitto boschetto, che ha accolto e protetto i due teneri amanti, cui si contrappone uno spazio aperto, destinato alla caccia che è metafora della vita, perché anch’essa è alla mercé dei capricci del destino. Ancora la morte nonché la tragica esistenza, di una nobildonna romana, Beatrice Cenci, giustiziata per aver partecipato all’uccisione del suo abietto violentatore, il padre, sono fonte d’ispirazione per una straordinaria opera eseguita, nel 1600, da Guido Reni. ”La testa è dolce e bella, lo sguardo, è dolcissimo e gli occhi molto grandi hanno l’aria stupita di una persona che è colta di sorpresa nel momento in cui piange a dirotto … “ Stendhal in “Chroniques Italiennes”, Parigi 1836. Quanta tristezza, quanto candore nell’immagine dell’adolescente che emerge dal buio della vita ed anela alla luce della morte!

Guido Reni, “Beatrice Cenci”, 1600

Tiziano Vecellio, “Venere e Adone”, 1560

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fotografian

di Martina Tedeschi

Vantando di una vista mozzafiato sul porto del Baltico e di collezioni fotografiche di artisti noti provenienti da tutto il mondo, gli appassionati e gli esperti di fotografia moderna

considerano il Fotografiska di Stoccolma uno tra i più interessanti musei d’arte fotografica a livello europeo. L’edificio, situato nel quartiere svedese di Stadsgården, è databile al primo decennio del XX secolo e caratterizzato dallo stile industriale dell’Art Nouveau, conservando, ancora oggi, la facciata originale in mattoni rossi, mentre gli interni, utilizzati originariamente come dogana, sono stati ristrutturati completamente per ospitare il museo e le sue mostre. L’organizzazione degli eventi segue un ricco calendario di esposizioni che si rinnova ciclicamente e lascia tempo e spazio agli artisti “del momento” di farsi conoscere attraverso i loro scatti dai visitatori interessati che possono, in ogni momento, aggiornarsi sulle mostre in corso grazie all’home page del sito. Tanti sono stati gli artisti che hanno esibito i loro lavori nel museo, tra i più noti passiamo ad osservare lentamente l’inquietudine di una condizione umana, quasi surreale delle immagini di Roger Ballen, un geologo, pittore e fotografo newyorkese residente nel Sud Africa che mostra gli scatti della sua raccolta “Asylum of the birds”, la più in voga tra i collezionisti per il suo, talvolta macabro,

approccio con la realtà; la vita in bianco e nero di Anders Petersen, fotografo svedese che ha “paparazzato” i momenti più intimi e veri dei più curiosi clienti ( travestiti, prostitute, tossicodipendenti) del Cafè Lehmitz, un bar di Amburgo; il dolce tocco, per concludere, degli scatti di Joyce Tenneson, artista americana piena di simbolismi e rituali, che racchiude nelle sue foto tutta la spiritualità della bellezza che non ha età. Quest’ultimo concetto è reso noto nella sua ultima collezione, esposta fino al mese scorso al Fotografiska, intitolata: “Light Warriors”, dove sono rappresentate donne di tutte le età nella loro più nuda bellezza, “dipinte” come fossero quasi figure divine e piene di energia: un tributo alla donna, alla sua forza morale, alla sensualità del corpo e la saggezza del suo animo quando è segnato dal tempo. Mostre temporanee, dedicate alla fotografia, non sono però la sola cosa che il museo offre. Regolarmente, infatti, vengono organizzati eventi fuori programma, come workshop di approfondimento sulla fotografia moderna, conferenze a tema e c’è, inoltre, la possibilità di affittare gli ambienti interni per feste private, meeting o serate di gala. Se si perde, poi, la cognizione del tempo e l’ora dei pasti è vicina, il Fotografiska pensa anche a questo: situato all’ultimo piano dell’edificio c’è un punto ristoro dov’è possibile soddisfare ogni tipo di languorino, godendo, tra l’altro, del panorama spettacolare di Stoccolma in riva al porto. Insomma che siate o no esperti o amanti del settore, il museo è una tappa obbligatoria per il visitatore della capitale svedese che troverà (oltre alla cultura) una città piena di storia, romanticismo e atmosfera per ogni tipo di personalità.

FotografiskaCaffè con vista e cultura fotografica alla portata di tutti

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ESCHER Non crescerò. In me c’é il bambino di un tempo di Maria Chiara Lorenti

“Da ragazzo vivevo in una casa del XVII secolo, ad Amsterdam, in una delle grandi stanze c’erano dipinti “Trompe l’oeil” sopra le porte. Queste opere avevano

un effetto così plastico che si sarebbe potuto credere fossero rilievi marmorei, un inganno, un’illusione che ogni volta stupiva”. Con queste parole Maurits Cornelis Escher spiegava l’origine del suo interesse per l’illusione grafica, quello che poi diventerà quasi un’ossessione.La sua arte è incentrata su un concetto indiscutibile, quello dello spazio. Uno spazio, però, dimensionalmente diverso da quello prospettico e realistico, che dal quattrocento in poi venne ricreato in pittura per renderla tridimensionale, quello di Escher è lo spazio che racchiude l’impossibile. Le prospettive si sdoppiano, si triplicano, in una stessa opera si può osservarle in posizioni speculari, talvolta, solo

che se a sinistra la visuale è concepita dal basso verso l’alto, a destra è rovesciata e la si può vedere dall’alto verso il basso, con un effetto di surreale irrealtà. L’analisi delle incisioni di Escher induce ad un’osservazione attenta, meticolosa e minuziosa, solo così si riesce a cogliere il punto della metamorfosi, ove un soggetto si muta in un altro, per esempio, si noterà come un branco di pesci, che nuotano serrati, contrapposti gli uni agli altri, attraverso una trasposizione tra positivo e negativo, si trasformino progressivamente in uno stormo di uccelli che si librano nell’aria, lasciando per sempre il loro ambiente liquido per uno più etereo.In “Metamorfosi II”, xilografia del 1939 lunga 357x4125x20 mm, questo processo appare più che evidente, passaggio dopo passaggio,

Maurits Cornelis Escher, “Giorno e notte I”, 1938

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n dedicato a

ESCHER Non crescerò. In me c’é il bambino di un tempo

su una superficie rigata campeggia la scritta Metamorphose, la parola, più avanti si intreccia con se stessa formando delle croci, le croci diventano quadri, i quadri si dispongono in scacchiera, le tessere bianche e nere si deformano e creano delle salamandre che, a loro volta, si trasformano in esagoni, i quali si proiettano facendo apparire un’arnia, da dove sciamano le api, dalle api alle farfalle il passo è immediato, poi sovraggiungono i pesci, da loro gli uccelli che lasciano il posto alla geometria dei parallelepipedi che, naturalmente, si tramutano in case arroccate, affastellate le une sulle altre come in un paesino del sud Italia, la torre di avvistamento si protende sul mare e si appresta ad arroccare sulla scacchiera, così si ritorna alle origini dell’opera, ovvero alla Metamorphose.Visitare la mostra di Roma su “ESCHER”, al Chiostro del Bramante,

fino al 22 febbraio 2015, è come entrare in un mondo magico, dove l’illusione sostituisce la realtà, dove nulla è come sembra, come dovrebbe logicamente essere, ma si trasforma, si plasma in qualcos’altro, e le forme si deformano per assumere altre sembianze. E’ un gioco, e così è stata allestita, e se ci si lascia trasportare dalle sensazioni ogni cosa ha un senso, un suo perché...la mostra è fantastica, in senso letterale, in quanto la fantasia, coniugata con le leggi matematiche, è il perno su cui rotea l’intera esposizione, con la sala degli specchi che riflette le immagini all’infinito, con la parete di semisfere, concave e convesse, che con la loro superficie lucida rimanda il riflesso del mondo circostante con effetto fish eye, al dritto e rovesciato. Unico neo della mostra è la ripetitività nella reiterazione di alcuni temi, e, quindi, è un po’ faticoso seguirla fino in fondo.

Pagina adottata da: Paolo Boccardi

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di Greta Marchese

cineman

C arriera, traguardi, impegni, amore e cos’altro? Viviamo in modo errato, si sa, spesso irr ispettoso nei confronti di noi stessi, a r itmi

per i qual i i l nostro corpo e la nostra mente non sono stati concepit i e per giunta al la r icerca frenetica di chissà cosa, chissà dove. Ma la pace, quel la vera... Dove trovarla?Se lo domanda Jul ia Roberts nei panni di Liz, nel f i lm tratto dal l ’omonimo romanzo di El izabeth Gilbert: “Eat, pray, love”, pubblicato nel 2006. Otto mil ioni di copie vendute: è questa la cifra impressionante che si legge in copertina e se proprio vogliamo parlare di vendite, sappiate anche che duecento mil ioni di dol lari è l ’ incasso totale del f i lm al botteghino. Liz Gilbert ha trent ’anni, un meravigl ioso appartamento nel cuore di New York, un matrimonio f inito male al le spal le e una vita che non la soddisfa più; non da quando ha sentito parlare di un luogo lontano in cui le persone vivono in maniera diversa. Cambiare vita

e lasciare i l certo per l ’ incerto è davvero possibi le? Comincia qui un viaggio al la r iscoperta di se stessa che la condurrà da NY a Roma, da Roma al l ’India. Chi è davvero Liz? E cos’ha voglia di fare? Ricostruire se stessa non è affatto un compito faci le. Per r iuscire la nostra protagonista inizia dal buon cibo e dal “Dolce far niente”, un’arte in cui i romani le fanno da maestri, per poi approdare nel la splendida Bal i, dove apprenderà con fatica l ’arte del la meditazione.Rimarginare le cicatrici, l iberarsi degli amori sbagliati, scegl iere i pensieri con la stessa cura con la quale scegliamo i vestit i la mattina; “Si” è la r isposta f inale di Liz. Trovato i l coraggio, tutto questo è possibi le. Uscito nel 2010 e diretto da Ryan Murphy con: Jul ia Roberts, James Franco, Javier Bardem, Bi l ly Crudup e Richard Jenkins, i l f i lm schiva l ’ immeritato t itolo di capolavoro, ma guadagna sicuramente un posto in prima fi la per la diff ic i le categoria “Il viaggio dentro”.

“Mangia, prega, ama”Lasciatevi sconvolgere dalla semplicità

Pagina adottata da: “Bella la vita”

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Teheran 1978 ...Mi ricordo...a quell’epoca conducevo una vita tranquilla e senza storie,

una vita da bambina; andavo pazza per le patatine fritte con il ketchup, Bruce Lee era il mio mito, portavo le Adidas, e avevo due ossessioni: potermi radere un giorno le gambe e diventare l’ultimo profeta della galassia....Negli anni 70 l’ Iran è una monarchia, che vede il repressivo dominio dello Shāh che comincia a vacillare. La Rivoluzione è alle porte e nel giro di pochissimi anni il governo rivoluzionario di Komehini prenderà il sopravvento. Una svolta fortemente desiderata sembrerebbe, ma l’ entusiasmo non avrà bisogno di molto tempo per svanire. La protagonista di questa storia è Marjane, una bambina di 9 anni che vive a Tehran con la sua famiglia, ideologicamente liberale e anticonformista rispetto i suoi tempi. Ancora incapace di comprendere le complesse dinamiche che stava attraversando il suo paese, Marjane vedrà le strade della sua città trasformarsi e perdere di colore, le donne coprirsi e spegnersi lentamente.“Una donna degna è una donna che si copre dallo sguardo degli uomini, colei che si mostra vive nel peccato e brucerà tra le fiamme dell’ inferno”. Il velo diverrà sinonimo di libertà e i pantaloni saranno sempre troppo stretti. O troppo larghi. Nelle case ormai il divertimento non è consentito, ogni festa è interrotta e ritenuta immorale, ogni ragazzo e ragazza minacciati. Spinta dalla sua famiglia si trasferirà a Vienna dove cercherà di convivere con la cultura occidentale, per alcuni aspetti troppo distante dai suoi valori. La sufficienza nell’approcciare la vita e l’ inconsapevolezza politica dei suoi coetanei la porterà progressivamente a distaccarsi e a ricercare la strada di casa.

Volo 846 destinazione Tehran, ma sarà l’ ultima volta che Marjane tornerà da un viaggio. Ancor peggio di come lo aveva lasciato, il suo paese non potrà offrirle niente se non un matrimonio che non funzionerà e un senso di profonda inadeguatezza e alienazione. L’integrità morale trasmessale da generazioni e l’ intolleranza nei confronti dell’integralismo religioso la porterà ad andarsene per sempre. Il film scritto e diretto da Marjane Satrapi, autrice delle sue stesse memorie e da Vincent Paronnaud è quasi del tutto in bianco e nero, mantenendo l’originale stile della graphic novel .Il tempo della narrazione è a colori, mentre le vicende storiche sono narrate seguendo lo stile del teatro delle ombre. La semplicità con la quale vengono descritte delle vicende così importanti e

complesse, rese chiare e comprensibili anche dai più giovani, è straordinaria, ed il linguaggio lo è altrettanto, a tratti comico e divertente.“Tutti hanno sempre una scelta”, Marjane ha deciso di andarsene da un paese che non le poteva offrire una serena esistenza. Ma quanto può essere scontata una decisione di questo tipo? Quanto può essere semplice fare le valige consapevoli forse di non rivedere più la propria nonna? Forse è vero che la libertà ha sempre un prezzo.

di Giulia Gabiati

PersepolisUna realtà in bianco e nero dagli occhi di una bambina

cineman

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curiosARTn

di Cristina Simoncini

Le origini della tradizione di addobbare gli alberi con simboli legati alla propria religione sono antichissime, secondo gli storici risalirebbero addirittura a prima di Cristo, quando

si adorava il dio Sole e la dea Luna. Nel Medioevo le usanze pagane più amate dalla gente furono salvate dalla Chiesa cattolica, come prefigurazioni del successivo Cristianesimo e, tra queste, vi fu quella della decorazione degli alberi durante le cerimonie. Diventati simboli di Cristo (inteso come linfa vitale), gli alberi vennero così usati per inscenare eventi biblici durante le feste religiose un po’ da tutti i popoli residenti a nord del fiume Reno (nord Europa). All’inizio si riempivano di cibo gli alberi da frutto, poi, però, si preferirono gli abeti, in quanto sempre verdi e per questo creduti benedetti da Dio (una leggenda dice che a renderli in tal modo fu Gesù Cristo per ringraziarli di averlo protetto mentre era inseguito dai nemici). Ad esporttare l’albero di Natale anche a sud del Reno furono gli ufficiali prussiani, dopo il Congresso di Vienna (1815); in seguito sia re che regine e principi europei ne diffusero l’uso in tutto il mondo, abbellendo le piazze principali delle loro città durante le feste natalizie. Travolti dalla magia della più grande festa dell’anno, dipingere alberi di Natale divenne spontaneo per tantissimi pittori specializzati sia in arte figurativa che nei paesaggisti, però fu d’inspirazione soltanto a quelli nati in paesi protestanti, in quanto in quelli cattolici, come l’Italia, si preferì ogni anno festeggiare unicamente con il presepe. Fino alla seconda metà del XX secolo si considerò, infatti, questa una usanza dei protestanti, i quali

volevano staccarsi in ogni modo da tutte le tradizioni cattoliche. Tra i più bei quadri dedicati all’albero di Natale vi sono: “Mercato di Natale” di Carl Wenzel Zajicek (1860-1923), pittore viennese specializzato in vedute della sua città ad acquarello; “Natale” di Joseph Schubert (1816-1885), un ritrattista belga; “Girotondo attorno all’albero di Natale” di Viggo Johansen (1851-1935), artista danese del gruppo di pittori di Skagen (ispirati dagli impressionisti); “Taglio dell’albero di natale” di Franz Kruger (1797-1857), pittore e litografo tedesco di origini aristocratiche; “L’albero di Natale” di Albert Chevalier Tayler (1862-1925), pittore inglese che studiò con le avanguardie francesi, seguace della scuola di Newlin (ispirata dal lavoro degli impressionisti); “Mercato di Natale” di Henry Manizer Matveevich (1847-1925), un artista baltico che studiò pittura a Mosca e frequentò l’Accademia di Belle Arti di Pietroburgo. Tutte le immagini pittoriche dedicate all’albero di Natale sono bellissime ed è un peccato che gli artisti cattolici non ne crearono mai nemmeno una. Come tutti sanno, però, bisognerà attendere un pontefice del nord Europa (Giovanni Paolo II), prima che un albero di Natale venisse piantato, per la prima volta, anche in piazza San Pietro a Roma.Fonti: http://www.pitturaomnia.com

L’albero di Natale La tradizione natalizia nell’arte

“Taglio dell’albero di natale” di Franz Kruger

“L’albero di Natale” di Albert Chevalier Tayler

“Mercato di Natale” di Carl Wenzel Zajicek

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architetturamangaarchitettura

di Valerio Lucantonio

mangan

I l fumetto americano non incentrato sui supereroi più famoso del ventunesimo secolo, dal quale è stato tratto uno dei telefilm più seguiti, “The Walking

Dead” è probabilmente il comic survival-horror più amato e seguito. Robert Kirkman ai testi, coadiuvato prima dallo stile cartoon di Tony Moore e poi da quello più realistico che mai di Charlie Adlard, porta avanti, dal 2003 per Image Comics, una trama che parte dal più tipico degli scenari di ogni opera a tema “zombi” che si rispetti, per poi spostare i riflettori non tanto sui morti che camminano quanto sui vivi, sopravvissuti al tracollo di tutte le certezze e le sicurezze della vita comune: i nostri protagonisti hanno perso la maggior parte dei loro cari, la loro casa e il loro lavoro, in poche parole quasi la totalità di ciò che costituiva la loro esistenza prima del giorno in cui defunti hanno cominciato a “tornare”. Si potrebbe pensare che dopo 114 uscite questa serie

non abbia più molto da dire, ed è qui che Kirkman ci stupisce riuscendo sempre ad ideare quella situazione, ad introdurre quel personaggio o a stupirci con quel colpo di scena (sempre accompagnato da una splash-page sorprendente e scioccante del capacissimo Adlard) che fanno pensare che, al contrario delle previsioni, il fumetto potrebbe continuare ad appassionarci, a tenerci con il fiato sospeso, magari prendendo una direzione del tutto inaspettata, cambiando drasticamente tutto ciò che viene prima.L’incipit iniziale è quasi ininfluente: Rick Grimes, vice-sceriffo di una cittadina del Kentucky, si risveglia da un coma di un mese dopo essere stato ferito in servizio, e si trova in un ospedale abbandonato: capirà presto che mentre stava dormendo il mondo è cambiato irrimediabilmente e partirà subito alla ricerca della moglie Lori e del loro figlio Carl, in un viaggio che diventerà un’odissea attraverso i miseri resti della civiltà e dei più profondi sentimenti umani.

The Walking DeadUn fumetto che parla di morti viventi...e di tutto il resto

Pagina adottata da: “Pendol Art”

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occhio al palcoscenicondi Rossana Gabrieli

“Per questo mi chiamo Giovanni”

I n scena al Teatro Vittoria fino al 23 novembre, “Per questo mi chiamo Giovanni”, di Gianni Clementi, è il racconto della vita e della morte di Giovanni Falcone, indimenticato magistrato

antimafia, da parte di un padre (Stefano Messina, interprete e regista) ad un figlio (Pietro Messina).Il giorno in cui Falcone fu ucciso con la scorta a Capaci, il 23 maggio 1992, nasceva il figlio dell’uomo che racconta e rievoca i fatti: la storia personale si intreccia con la storia tragica di una delle pagine più nere che l’Italia abbia visto realizzarsi nella propria storia.La messa in scena ricorre alla proiezione di immagini di repertorio: interviste a Falcone, immagini del disastro, scene dei funerali di Stato; così il bambino comincia a conoscere ed a familiarizzare con questo grande uomo e a comprendere come i silenzi, le paure e l’omertà rendano ciascuno di noi complice e perciò responsabile del cancro mafioso.Il piccolo Giovanni, lontano dalla scuola per un giorno, ascolta dalle labbra del padre come, dopo l’attentato al magistrato, questi abbia trovato il coraggio di rifiutare di pagare il pizzo per la “protezione” del negozio di giocattoli della propria famiglia. Anche il bambino comprende, allora, che non deve più sottomettersi al “bullo” che in classe gli ruba i soldi per le figurine.La lezione del padre è stata appresa: come Giovanni Falcone, di cui porta il nome; il piccolo protagonista ha imparato ad alzare la testa ed a scegliere coraggiosamente la legalità.

occhio all’ambientenRaccolta differenziata in Europa: l’Italia non sfigura

Si è tenuto in ottobre a ROMA il meeting “European exchange on collection and management of municipal solid waste” organizzato da Ama e Atia Iswa Italia (l’associazione dei tecnici

ambientali italiani) che ha avuto l’obiettivo di confrontare le modalità di gestione dei rifiuti di 6 città europee. Sono state coinvolte città importanti come Madrid, Roma, Parigi, Londra, Berlino e Vienna, e il risultato è stata una interessante panoramica che ha fatto emergere come il problema della gestione dei rifiuti non sia gestito in Europa in modo uniforme e che, quindi, in ogni paese prevale una propria

modalità operativa. Infatti c’è chi punta sulla raccolta differenziata, come fa l’Italia anche se ancora con risultati disomogenei sul territorio nazionale, chi invece sugli inceneritori e chi sulle discariche, chi esporta all’estero i propri rifiuti. Nonostante possa risuonare strano, con il 38% di raccolta differenziata, Roma si propone come una delle città leader in Europa per materiali avviati a recupero, seconda solo al 42% di Berlino. Parigi e Vienna, invece, puntano entrambe sugli inceneritori, ma con differenti risultati. Nonostante non sfrutti al meglio il sistema di gestione dei rifiuti scelto, Parigi preferisce il trattamento termico tanto che il 67% dei rifiuti, compresa una gran quantità di materie plastiche, viene fornito agli inceneritori. Per quanto riguarda Vienna, invece, sono destinati ad essere inceneriti il 75% dei rifiuti indifferenziati, mentre la raccolta differenziata si ferma al33%. A Londra la discarica ha ancora un ruolo centrale, anche se la raccolta differenziata è ferma al 34%, il 41% viene avviato a incenerimento con recupero energetico e il restante 25% in discarica. In particolare molti rifiuti londinesi vengono esportati all’estero, principalmente in Olanda e una in Scandinavia. Come Londra, anche Madrid applica lo stesso modello di gestione dei rifiuti tanto che il conferimento in discarica è attualmente al 39%, mentre la percentuale di differenziata è al 17%. Berlino, invece, rispettando la legge che dal 2005 proibisce lo smaltimento in discarica di rifiuti indifferenziati e ne consente l’utilizzo solo per una quota residuale di scarti, si conferma la prima città europea con una percentuale del 42% di raccolta differenziata. Possiamo quindi dire che l’Europa della gestione dei rifiuti conferma di comportarsi allo stesso modo in cui procede nelle decisioni politiche, ovvero in maniera non uniforme.

di Nicola Fasciano

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nAprilia“Passaggio” esposizione fotografica dell’artista Patrizia FusiMercato coperto, 13 dicembreMostra di opere pittoriche degli ospitiVilla Carla, dal 16 dicembre

nAnzioMostra di artisti di “Arte Mediterranea”Paradiso sul Mare, dal 19 al 201dicembre

nRomaUna notte al museo - Aperture starordinarie serali l’ultimo sabato del mese dalle ore 20 alle 24Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano, Crypta Balbi, Palazzo Massimo, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, fino al 27 dicembre Tabula RasaLaszlo Biro, via Braccio da Montone 56, fino al 20 dicembreEnel Contemporanea. Big BambúMACRO Testaccio, fino al 29 dicembreMassimo Listri. Geometria della bellezzaGalleria Francesca Antonacci, fino al 30 dicembreGerhard Richter Palazzo delle Esposizioni, fino al 10 gennaio 2015Fotografia Festival Internazionale di Roma MACRO, fino al 11 gennaio 2015Max Collishaw Galleria Borghese, fino al 11 gennaio 2015Sergio Ceccotti Museo di villa Torlonia, fino al 11 gennaio 2015Luigi Rossini (1790-1857). Il viaggio segreto Istituto Nazionale per la Grafica, ingresso gratuito, fino al 11 gennaio 2015Franco Fontana (articolo a pag. 5) Palazzo Incontro, fino al 11 gennaio 2015Mostra AGENDA 1974 (articolo a pag. 5)Casa della Memoria e della Storia di Roma, fino al 16 gennaio 2015“New painting of common objects” - Ed RuschaGagosian Gallery, fino al 17 gennaio 2015Memling. Rinascimento fiammingo Scuderie del Quirinale, fino al 18 gennaio 2015Giuliano Vangia MACRO Testaccio, fino al 18 gennaio 2015I Bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, fino al 18 gennaioGiambattista, Giandomenico e Lorenzo Tiepolo: i colori del disegno Musei Capitolini, fino al 18 gennaio 2015Henry Cartier-Bresson Ara Pacis, fino al 25 gennaio 2015“Da Guercino a Caravaggio” Palazzo Barberini, fino al 8 febbraio 2015

Gianni Berengo Gardin – Elliott Erwitt “Un’amicizia ai sali d’argento. Fotografie 1950 – 2014” Palazzo Barberini, fino al 1 febbraio 2015American Chronicles: The Art Of Norman Rockwell Fondazione Roma Museo, fino al 8 febbraio 2015Secessione e avanguardia. L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915 GNAM, fino al 15 febbraio 2015Escher (articolo a pagg. 8-9)Chiostro del Bramante, fino al 22 febbraio 2015Mario Sironi 1885 - 1961Complesso del Vittoriano, fino al 8 marzo 2015Fotografia di Roma dal 1986 al 2006Museo di Roma, fino al 8 marzo 2015

nDomodossola“Alessandro Poscio: collezionista appassionato”Casa de Rodis, fino al 18 gennaio 2015

nFirenzePicasso e la modernità spagnolaPalazzo Strozzi, fino al 25 gennaio 2015La fortuna dei primitiviGalleria dell’Accademia, fino al 31 gennaio 2015

nMilano“Segantini, il ritorno a Milano”Palazzo Reale, fino al 18 gennaio 2015“La leggenda di Tex”WOW Spazio Fumetto, fino al 18 gennaio 2015Marc Chagal, una retrospettiva 1908-1985Palazzo Reale, fino al 1 febbraio 2015

nPadova“Corcos. I sogni della Bella Epoue” Palazzo Zabardella, fino al 14 dicembre

nPisa“Angeli” di Igor MitorajPiazza del Duomo, fino al 15 gennaio 2015

nVeneziaLa Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque agli Anni folliPalazzo Fortuny, fino all’ 8 Marzo 2015

Eventin

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Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), Bar Vintage (via Di Vittorio)Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio)Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre)