Nuovo sistema di pagamento delle nostre pensionigiori Federazioni di pensionati. Relativamente al...

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4545454545INFORMAZIONE - ATTUALITÀ - SERVIZI - CULTURA - SVAGO ED ALTRO

DICEMBRE 2012

Nuovo sistemadi pagamentodelle nostre pensioni

Nuovo sistemadi pagamentodelle nostre pensioni

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Associazione Pensionati e Dipendentidella ex Cassa di Risparmio di Torino e di altre Banche

ExCRT&Co.via Nizza, 150 - 10126 Torino

Tel. 011.662.4668 - Fax. 011.663.1394E-mail: [email protected] - Sito: www.aspenscrt.it

ORGANI SOCIALI (triennio 2011-2013)Consiglio Direttivo

Burdese Piero (Presidente) - Delponte Rodolfo (V.Pres.Vicario) - Rosso Giulio (V.Pres.) - Balda Guglielmo (Segretario) - DovolichGiuseppe (Tesoriere) - Alessandria Mario - Arborio Domenico - Bruno Alfonso - Cane Vincenzo - Chauvelot Carla - Della ChiesaRosanna - Pransani Re Matilde (in rappresentanza dei pensionati indiretti e di reversibilità) - Seminara Giusto - Viotto Giorgio - ZorzinPiergiorgio – Per i soci in servizio: Gola Gianpiero - Sasso Giordana.

Presidente onorario: Salza Franco.

Comitato EsecutivoBurdese Piero, Delponte Rodolfo, Rosso Giulio, Balda Guglielmo, Dovolich Giuseppe, Seminara Giusto, Viotto Giorgio.

Revisori dei ContiRocco Viscontini Cesare (Presidente) - Bringhen Virgilio - Poli Osvaldo.Supplenti: Chiarenza Paolo - Fazzolari Antonio.

ProbiviriTomè Piermario (Presidente) - Clara Giovanna - Santi Pier Giorgio.Supplenti: Roccati Adelia.

Gli Uffici dell’Associazione sono aperti (escluso il mese di agosto):

DA LUNEDÌ A VENERDÌ - DALLE 9,30 ALLE 11,30Per chiamate urgenti possono essere usati i seguenti recapiti telefonici:

Presidente - Piero Burdese 338.68.47.072 e-mail: [email protected]. Presidente Vicario - Rodolfo Delponte 338.66.44.959V. Presidente - Giulio Rosso 335.83.52.324 e-mail: [email protected]. Fondo Pens. CRT - Giorgio Viotto 335.73.17.578 e-mail: [email protected] - Guglielmo Balda 349.83.97.083 e-mail: [email protected] - Giuseppe Dovolich 335.23.11.58 e-mail: [email protected] Onorario - Franco Salza 335.58.95.829 e-mail: [email protected]

Recapiti dei Responsabili dei vari Gruppi operativi nell’ambito dell’Associazione:

PREVIDENZACoordinatore: Rodolfo Delponte 338.664.49.59

RIVISTA NUOVI INCONTRIDirettore responsabile: Piergiorgio Zorzin 333.61.68.510 e-mail: [email protected]: Claudio Racca 011.661.07.57 - 347.221.22.37 e-mail: [email protected]

FA PCREDITO

FEDERAZIONE NAZIONALE SINDACALEdelle ASSOCIAZIONI dei PENSIONATI del CREDITO

GROUPEMENT DES RETRAITES ET DES PENSIONNESD E S C A I S S E S D ’ E PA R G N E E U R O P E E N N E S ,B A N Q U E S E T I N S T I T U T I O N S S I M I L A I R E S

Aderente a:

CONSULENZA FISCALECoordinatore: Mario Alessandria 389.075.35.50 e-mail: [email protected]

CONSULENZA LEGALECoordinatore: Ennio Dogliani 339.273.53.53 e-mail: [email protected]

PROSELITISMO - PROBLEMATICHE BANCARIECoordinatore: Giorgio Viotto 011.568.17.64 - 335.731.75.78 e-mail: [email protected]

INIZIATIVECoordinatore: Vincenzo Cane 349.080.53.33 e-mail: [email protected]

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Editoriale

Sommario

Copertina:Basilica di Supergafoto di Aldo Monici

NUOVI INCONTRITrimestrale - Riservato agli associati

Periodico dell’AssociazionePensionati e Dipendenti dellaex Cassa di Risparmio di Torino

e di altre BancheExCRT&Co.

Via Nizza, 150 - Torinoe-mail: [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILEPiergiorgio Zorzin

COMITATO DI REDAZIONECoordinatore: Claudio RaccaPiero Burdese - Giulio Rosso -

Giusto Seminara - Giorgio Viotto

Illustrazioni: Sergio Simeoni

AUTORIZZAZIONE DELTRIBUNALE DI TORINON. 5949 del 3 Marzo 2006

STAMPAS.r.l. F.lli Scaravaglio & C.

Industria Grafica ed EditorialeVia Cardinal Massaia, 106 - 10147 Torino

Tiratura 5.600 copie

Articoli, lettere, pubblicazioni e varie impegnanotutta e solo la responsabilità degli autori

Questa pubblicazione non è a scopo di lucro.Alcune immagini e testi sono stati attinti dalla rete.

Se inavvertitamente avessimo violato qualcheCopyright segnalatecelo e provvederemo quanto

prima a rimediare l’errore involontario.

È successo. Ce lo aspettavamo da tempo, sapevamo che prima o poi sarebbe capitato, ma in fondo in fondo speravamo che la presunta inefficienzadell’INPS (per lo meno nell’immaginario collettivo) comportasse ritardi ben maggiori. Invece (questa è la grande notizia evidenziata nei titoli ditesta) da gennaio 2013 cambia sistema di pagamento delle nostre pensioni: la pensione base a cura della gran madre (con valuta al primo del mese,in anticipo) e l’eventuale integrazione come d’abitudine, il 27 del mese. Voi direte che, alla fin fine, cambierà ben poco. Noi vecchi nostalgici dellaCRT, ammettiamolo, ci sentivamo più in famiglia e al sicuro con Pension Fund, un Ufficio al quale ci si poteva rivolgere in tutta fiducia. Rimarràcosì anche nei rapporti con l’INPS? Il resto del corrente numero non è egualmente scioccante, pur essendo, al solito, di buona fattura.Sorvoleremo per motivi di spazio sulle rubriche tradizionali e ricorrenti, anche se quella culinaria, in vista delle feste di fine anno, va tenuta ingrande evidenza (a cura di Giulio Rosso: la pastiera napoletana e i babà). Meno piacevoli, ma sicuramente più utili alla salute, gli articoli sulleinnovazioni in ortodonzia e su colite e stipsi. Nell’ambito della Sentinella del Fondo aggiornamenti di Giorgio Viotto sulla gestione del patrimo-nio mobiliare. Per la storia della previdenza la seconda puntata, nella quale entra in scena la CRT. A Giusto Seminara l’onere di preparare la terzapuntata, sempre più interessante, per il numero di marzo 2013. Non abbiamo dimenticato i colleghi in servizio (si può ancora dire “beati loro?”) chesono caduti (in piedi, a quanto pare) nelle trappole degli esodi anticipati, così preoccupanti nei titoli dei giornali.Di più ampio interesse la parola del commercialista per chi ha locazioni in corso da registrare, i dubbi di Tassone sul rischio default, gli enigmi delMonte Musinè e le intemerate imprese in bici di Franco Tamarin. In vista dell’inverno incombente, fatevi provvista di verde da mettere in casa,facendovi consigliare da Mauro Di Giannantonio. La storia locale ha, come al solito, una grande affabulatrice come Daniela Bonino, che ciaffascina con l’assedio di Torino da parte dei (cugini?) francesi. Ottima occasione per un voto che ci ha donato la Basilica di Superga. Ancora pernostra cultura: se non sapete cosa siano i Compianti, leggete l’articolo del Prof. Lista, che parla di “compianto” ma intende “rimpianto” di nonessere rimasto a Torino. Molto interessante inoltre sapere com’era la Pellerina tanti anni fa e come è cambiata. Ma non basta: è cultura anche unabella recensione su Conrad a cura delle Accademiche della Creusa e l’illustrazione, da parte della moglie di un Collega, della sfrenata passione diRiccardo Mourglia per il collezionismo, praticato a livello quasi professionale, alla faccia del ben più noioso lavoro di banca.Fa infine ancora parte della cultura, quella buona, l’episodio della serie “la montagna racconta”di Franco Uberti. Leggetelo, è eccezionale. Lopotremmo definire “una poesia in prosa”. Chiude il numero una dotta esposizione, corredata di belle foto, della ben riuscita visita della Toscana,concertata e diretta dal responsabile delle iniziative Vincenzo Cane.Buona lettura nei numerosi e riposanti giorni di festa. Ovunque andiate, portatevi dietro i nostri cordialissimi auguri insieme ad una copia della(pregevole) rivista intitolata “Nuovi Incontri”.

La parola al Presidente Piero Burdese ............................................................................ 2Notizie flash importanti ..................................................................................................... 3La sentinella del (nostro) Fondo

Da gennaio 2013 svolta epocale per il pagamento delle nostre pensioni .................. 4Quota associativa all’Associazione Pensionati ......................................................... 4Assistenza fiscale ai pensionati del Fondo ................................................................ 5Gestione del patrimonio mobiliare del Fondo Pensioni ............................................ 5Precisazione in tema di conferimento del premio di produttività al Fondo Pensioni ......... 5La Previdenza… la sua storia in sintesi (2ª puntata) ................................................. 6

Riservato in particolare ai dipendenti Unicredit in attività di servizioIn tema di esodati ........................................................................................................ 8

La parola al commercialistaRegistrazione telematica del contratto di locazione ad ampio spettro ....................... 9

Pensa alla salute!Innovazioni in ortodonzia ............................................................................................ 10La colite e la stipsi ...................................................................................................... 12

L’Italia è a rischio default? ............................................................................................... 15Il Monte Musinè: un enigma irrisolto ............................................................................. 16Ma com’è bianco quel lago! .............................................................................................. 18Il verde in casa .................................................................................................................... 20Assedio di Torino ................................................................................................................ 21Dal baule delle vecchie cose

Capitolo 14: La Pellerina ........................................................................................... 24Indovina chi viene… a pranzo? (per la serie “la montagna racconta”) .......................... 26Ho sposato un collezionista ............................................................................................... 28Recensioni

La linea d’ombra di Joseph Conrad .......................................................................... 30Prendiamoli per la gola …

La pastiera napoletana 32‘O babà 33

Compianto ............................................................................................................................ 34Le nostre iniziative… avvenute

Un po’ di Toscana ....................................................................................................... 35Associazione Solagnon Togo ONLUS ............................................................................... 40

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La parola al PresidentePiero Burdese

Si sta concludendo un anno che certamente non ha sa-puto offrire al mondo dei nostri Soci serenità e fiducianel futuro.Infatti proseguono gli effetti della grave situazione eco-nomica, sociale e politica dell’Europa e dell’Italia sen-za una concreta speranza di vederne presto l’uscita.L’informazione quotidiana ci porta a considerazioni al-talenanti di speranza un giorno per poi lasciarci preoc-cupati il giorno successivo.Molti di noi ormai tralasciano i quotidiani o i telegior-nali ritenendo in questo modo di vivere maggiormentein quiete, consapevoli dell’impotenza di cavalcare glieventi o meglio certi di doverli subire supinamente.E proprio nel momento in cui mi accingo a scrivere que-sto messaggio ci giunge la notizia che la Ragioneriadello Stato ha acconsentito alla proposta di un aggraviosulle pensioni “più ricche” attraverso l’annullamentoper il futuro della rivalutazione dei trattamenti pen-sionistici di importo più elevato (6 volte il minimo omeglio 3 mila euro lorde circa). Alchimia di intelligen-ze per finanziare il crescente ed altalenante numero diesodati di cui, ancor oggi, il Governo, i Sindacati e l’Inpspaiono non in grado di averne l’esatta consistenza.Anche in questo caso assistiamo a Governanti che stan-no dimostrando l’incapacità di gestire questo fenome-no permettendo alle Aziende di snellire gli organici nonpensionando anticipatamente le maestranze, ma crean-do in pratica nuovi disoccupati senza reddito.Il ricorso poi alla copertura finanziaria di questo feno-meno, oltre alle risorse via via stanziate in extremis, vaa colpire ora un limitato numero di pensionati che nellaloro vita lavorativa hanno “colpevolmente” lavorato perun maggior numero di anni o meritato una carriera e

conseguentemente contribuito in modo più consistentea formare un più solido reddito di pensione.

È interessante conoscere alcuni dati, tratti da fonteISTAT, che ci fanno conoscere meglio il mondo dellaprevidenza.Sono oltre 16 milioni i pensionati italiani i quali perce-piscono in media 15.471 euro lordi annui. Scendendonel dettaglio si scopre che fra questi il 14,4% ricevemeno di 500 euro lordi mensili, il 31% fra i 500 ed i1000 euro lordi mensili, il 23,5% fra i 1000 e 1500 eurolordi mensili ed il restante 31,1% più di 1500 euro lordimensili.Leggendo poi alcune considerazioni dell’Istituto Cen-trale di Statistica colpiscono due evidenze che ci fannopensare: la prima che i pensionati italiani si conferma-no i più poveri d’Europa e la seconda che il loro poteredi acquisto è calato in poco meno di 20 anni di oltre il50%!Ho volutamente citato questi dati per convincerVi, sece ne fosse bisogno, che colpire finanziariamente que-sto comparto significa essere veramente disperati, pa-vidi con i poteri forti e spietati verso una categoria tropposilenziosa, che non riesce a scendere in piazza per ra-gioni di senilità e spesso di salute.

Consapevoli delle difficoltà citate desidero però as-sicurarVi che la nostra Associazione sta percorrendotutte le vie per rappresentare e difendere la categoriasoprattutto coinvolgendo chi è più forte di noi e cioèla nostra Federazione FAP CREDITO alla quale ab-biamo sollecitato iniziative a tutela dell’interesse ge-nerale della categoria anche implicando altre mag-

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33333giori Federazioni di pensionati.Relativamente al nostro mondo Unicredito desidero se-gnalare che dal prossimo inizio di anno la già prean-nunciata corresponsione della pensione in modo sdop-piato INPS e Fondo pensioni CRT troverà reale appli-cazione.Infatti all’inizio di ogni mese ci verrà corrisposta la pen-sione INPS ed al 27 successivo quella del nostro Fondopensioni CRT.Tralascio specificatamente l’argomento invitando il Let-tore a seguire nelle pagine successive l’ampia argomen-tazione redatta dal collega Viotto.A fronte di queste novità l’Associazione resta a dispo-sizione dei Soci per qualsiasi problematica inerente lanuova metodologia assicurando, come sempre, dispo-nibilità ed assistenza.

In chiusura permettetemi ancora di rivolgere un cal-

do invito a tutti coloro che in quiescenza o in servi-zio non sono iscritti alla nostra Associazione.Vorrei sensibilizzare queste persone affinché si convin-cessero ed apprezzassero il ruolo della nostra Associa-zione a difesa degli interessi collegati al Fondo Pensio-ni CRT.A questi trasmetto l’invito a visitare l’Associazione perrendersi conto del lavoro svolto dai Colleghi che conspirito di volontarietà operano a favore di tutti coloroche necessitano di aiuto.Sono certo che la visita quasi sicuramente produrrà lasottoscrizione del modulo di iscrizione.Maggiore consistenza di Soci ed anche maggiori vo-lontari ci permetteranno di sentirci più rappresentativinei confronti dell’Unicredito e del mondo previdenzia-le dando importanza ad un Organismo che ben ricorda,mantiene ed opera con i valori acquisiti nel corso deglianni di lavoro in CRT.

Novità per il 2013 relative a Nuovi IncontriSono ormai trascorsi parecchi anni da quando si è deciso, con il precipuo scopo di incentivare pensionatie colleghi in servizio ad iscriversi all’Associazione oltre che a farne meglio conoscere scopi ed attività, dimandare a tutti gli iscritti al nostro Fondo Pensioni il numero di dicembre della nostra pubblicazionetrimestrale Nuovi Incontri, come accadrà ancora per quest’anno.L’incremento dei costi di realizzazione, unitamente alla necessità anche per la nostra Associazione dimettere in atto una “spending review” su tutte le voci di spesa, ci inducono a modificare questa imposta-zione per il futuro.Pertanto dal prossimo anno la pubblicazione sarà inviata soltanto agli iscritti all’Associazione.Ci auguriamo che l’apprezzamento della rivista che ci è stato da più parti segnalato, sia di incentivo perchi non è ancora iscritto ad iscriversi.Questo numero di dicembre che state leggendo, sarà quindi per i non iscritti l’ultimo numero cartaceoche verrà loro inviato. Non resteranno comunque senza informazioni; chi vorrà potrà continuare ad infor-marsi consultando il sito dell’Associazione o, magari, iscriversi....la porta è sempre aperta e sarà benaccolto.

DVD assemblea maggio 2012È a disposizione il DVD predisposto in occasione dell’Assemblea annuale dei Soci, tenuta a CasaleMonferrato nello scorso mese di maggio.I partecipanti alla stessa che siano interessati ad averne gratuitamente copia possono rivolgersi alla Se-greteria dell’Associazione, indicando nella richiesta l’Agenzia Unicredit presso la quale intrattengono ilrapporto di conto corrente.

Notizie flash importanti

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44444La sentinella del (nostro) Fondo

Informazioni e notizie a cura di Giorgio Viotto

Da gennaio 2013 svolta epocaleper il pagamento delle nostre pensioni

Se ne parlava da 2 anni, si pensava che non avvenisseancora ed invece si parte; sto parlando del pagamento se-parato delle nostre pensioni tra la quota principale di com-petenza INPS e la quota minore di competenza del FondoPensioni ex Banca CRT. La legge 218/1990 ed il suo col-legato D.Lgs 357/1990 della così detta “legge Amato”prevedeva infatti un periodo di 20 anni di “gestione spe-ciale” a cura dei Fondi Pensione ex esonerativi, periodogià scaduto a fine 2010, ma prorogato da INPS.

Succede ora che l’INPS ha informato tutti i Fondi Pensio-ne di emanazione bancaria di tipo integrativo che sia lenuove pensioni da erogarsi dal 2013 che le pensioni inessere, che da 21 anni ormai erano pagate interamen-te dai Fondi che poi si rivalevano sull’INPS, verrannopagate disgiuntamente dai due soggetti.

Che cosa comporta questa diversa modalità?- Riceveremo due pensioni ogni mese e precisamente il

giorno 1 del mese la quota INPS ed il giorno 27 delmese la quota integrativa del Fondo Pensioni.

- Riceveremo, per la dichiarazione dei redditi, 2 distintimodelli CUD.

- Di norma non ci dovrebbero essere conguagli di tipo fi-scale, perché con il casellario delle pensioni il nostro Fon-do dovrebbe riuscire ad erogare la sua quota con la cor-retta incidenza fiscale dovuta al cumulo delle 2 pensioni,ma non posso al momento escluderlo.

- Potrebbero esserci delle posizioni per le quali le attualitrattenute, per problematiche diverse (ad esempio la quo-ta associativa all’Associazione Pensionati oppure po-lizza assicurativa anziché polizza sanitaria) non trovi-no capienza nell’importo mensile erogato dal Fondo.

In questi casi si troveranno soluzioni alternative, qualiad esempio l’autorizzazione all’Ufficio Pension Fundsad addebitare direttamente il conto corrente.

- Sarà più difficile per i nostri colleghi del citato ufficiocontinuare ad essere gli unici interlocutori per le proble-matiche connesse alla intera pensione da noi percepita,in quanto opereranno solo più sulla quota residua; non cidovrebbero essere grandi problemi sino a quando, comeora previsto, tutta la gestione rimane presso la Sede INPSdi Torino e non viene ancora suddivisa sulle altre Dire-zioni Provinciali (mi riservo comunque di valutare conloro, una volta avviata la modifica, quali informazionipotremmo ancora richiedere all’Ufficio Pension Funds,relative al complesso della pensione percepita).

Qualcuno, per il momento, rimarrà escluso dalla modi-fica e mi riferisco alle poche posizioni ancora non alli-neate tra Fondo e INPS (sono circa 100) e le pensionidi tipo sostitutivo sino alla maturazione del diritto allapensione INPS (attualmente sono circa 150).

Con questa manovra l’INPS ci guadagna qualcosa?Posso rispondere di no, per lo meno sul piano finanziarioin quanto sino ad ora la quota di pensione di sua spettanzaerogata il 27 del mese dalla Banca veniva alla stessa rico-nosciuta solo in data 15 del mese successivo e rispetto adora la riconosceranno ai pensionati il primo del mese (ri-mettendoci quindi oltre 45 giorni di valuta). La motiva-zione sembra essere piuttosto di carattere organizzativo/amministrativo e “politica”.

Ed il nostro Fondo ci guadagna o ci perde?Sul piano finanziario resta indifferente per la quota di suaspettanza, che viene pagata sempre il giorno 27 del mese.

In considerazione delle difficoltà causate dal nuovo sistema di corresponsione delle pensioni, di cui è fattocenno nel sovrastante articolo, il Consiglio Direttivo, nell’adunanza del 14 novembre 2012, ha deliberatoin via d’urgenza di anticipare a dicembre l’effettuazione della ritenuta per quota associativa anno 2013,con riserva di ristoro per importi che risultassero indebitamente trattenuti.

Quota associativaall’Associazione Pensionati

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Assistenza fiscaleai pensionati del Fondo

Alla luce della modifica della modalità di pagamento dellapensione da parte INPS prima citata e della connessa diver-sa modalità di certificazione fiscale del reddito, con emis-sione di 2 distinti modelli CUD, mi sono subito preoccupa-to del tema assistenza fiscale per la dichiarazione con mod.730.Ho quindi ritenuto di investire il Consiglio del Fondoaffinchè si sensibilizzi Unicredit alla massima attenzio-ne nel mantenere attivo il servizio di “Assistenza Fiscaleai pensionati del Fondo stesso”; nella prossima riunione,eseguiti i necessari approfondimenti, si deciderà come in-tervenire.

A supporto della richiesta ho evidenziato che:- in termini economici l’attività di assistenza non è one-rosa, risultando il saldo costi/ricavi da Erario favorevolead Unicredit;- il servizio risulta molto apprezzato da parte degli utenti,il cui numero era superiore a 1.000 nel 2012, ed è fonte difidelizzazione degli ex dipendenti nei confronti di Unicre-dit, come propria Banca di riferimento;- come noto la categoria dei pensionati bancari, se soddi-sfatti dell’assistenza ed attenzione che la propria Banca ri-serva loro, è un ottimo veicolo a sostegno delle politichecommerciali della Banca stessa.

Gestione del patrimonio mobiliaredel Fondo Pensioni

Come noto la maggior parte del patrimonio del nostro Fon-do è investito in titoli obbligazionari, fondi immobiliari,fondi comuni ed Etf, certificati di deposito con prevalenzain titoli del debito pubblico della Repubblica Italiana; ilpatrimonio liquido è ormai molto limitato e in buona partetenuto disponibile in relazione ai flussi contabili generatidal pagamento delle pensioni ed incasso dei contributi e dellerendite generate dagli investimenti.Per l’attività di investimento svolta in modo diretto dal Con-siglio del Fondo lo stesso si avvale del supporto della strut-tura “Pension Funds Finance” di Unicredit.Il Consiglio del Fondo sta ora valutando di selezionare edare incarico ad una società di “advisor” indipendenteal fine di effettuare una analisi preliminare della situazionedi fatto dei nostri investimenti immobiliari e di farsi sup-portare nelle linee guida sulle scelte di investimento, af-

fiancandosi alla citata struttura di Capogruppo.Il perdurare della crisi economica, che investe anche icosì detti “debiti sovrani”, cioè i titoli emessi dagli Stati,la volatilità delle quotazioni azionarie ed obbligaziona-rie sui mercati nazionale ed internazionale hanno fattoritenere utile l’acquisizione di pareri di soggetto terzoindipendente che già operi con realtà similari alla no-stra.Ci troviamo, in relazione alla politica di investimento fattain questi ultimi anni, agli obiettivi di rendimento attesi, allaassenza di un gestore esterno, nella non necessità di effet-tuare disinvestimenti, quindi in una posizione di tranquilli-tà operativa, che ci consente di effettuare questa scelta nonper motivi di urgenza ma per avere un supporto qualificatoin più per una idonea composizione degli investimenti, bi-lanciando correttamente il rapporto rischio/rendimento.

Precisazione in tema di conferimentodel premio di produttività al Fondo Pensioni

L’argomento ha riguardato tutti i colleghi in servizio, pur-chè non aderenti ad esodo, che sono stati beneficiari delpremio di produttività 2011 – VAP – che Unicredit ha deli-berato di riconoscere anche con un importo di 350 g dadestinare a welfare con versamento a previdenza; la sceltadel Fondo era da esercitarsi entro il 30 novembre scorso.La presente nota vuol motivare il perché della impossibilitàdel Fondo ex Banca CRT a ricevere dette somme: infatti il

nostro Fondo, non essendo un fondo a capitalizzazioneindividuale, non può ricevere detti versamenti, che pos-sono invece essere appoggiati sul Fondo di Gruppo (su cuii colleghi da anni possono versare il TFR), a suo tempo au-torizzato alla prosecuzione nella forma pensionistica a ca-pitalizzazione individuale, o ad altri Fondi pensione dellaspecie, in alternativa rispetto al deposito presso il datore dilavoro.

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Giusto SeminaraLA PREVIDENZA… la sua storia in sintesi (2ª puntata)

Nella precedente puntata abbiamo potuto analizzare, anche sesinteticamente e con le poche notizie raccolte, le vicende rela-tive all’argomento che ci interessa sino all’unità d’Italia.Moltissime e più o meno importanti sono ora le notizie relati-ve ai provvedimenti che hanno portato definitivamente (sinoa quando sarà ritenuto possibile!) all’obbligo della Assicu-razione non solo per alcune categorie, quella dei dipendenti,ma anche per tutti i liberi professionisti non esclusi i commer-cianti.Certamente vi annoierei elencando gli innumerevoli interven-ti e le disposizioni legislative che hanno gradualmente portatoal risultato suindicato: vi segnalerò i contenuti più importantidei vari provvedimenti, anche per categorie di lavoratori, sta-tali e non, ed in particolare cercherò di ricostruire le originie le vicende che riguardano il nostro Fondo Pensioni.È chiaro, da quanto significato nella puntata precedente, comei dipendenti dell’apparato statale godessero di trattamenti pri-vilegiati, a qualunque degli Stati della frazionata Italia appar-tenessero, cosa che si perpetuò anche dopo l’unità d’Italia.Analogamente i dipendenti di alcune istituzioni creditizie go-dettero di trattamenti privilegiati, talvolta migliori di quelliprevisti per gli statali.Un cenno meritano le vicende di alcuni trattamenti pensioni-stici che riguardano i dipendenti delle maggiori banche.Per i dipendenti del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia,entrambi autorizzati a battere moneta, ovvero come scritto al-lora ad emettere “carta bancaria”, la misura delle pensioni erastata fissata, a seconda della anzianità di servizio, (per quellidel Banco di Napoli dal d.r. 3 maggio 1816 e per quelli delBanco di Sicilia dal d.r. 25 gennaio 1823), in 1/3 dello stipendiodell’ultimo biennio dopo venti anni, 1/2 dopo 25 anni, 2/3 dopo30 anni, 5/6 dopo 35 anni e l’intero dopo 40 anni con reversi-bilità a vedove ed orfani (in allora i dipendenti erano tutti digenere maschile!).Dopo l’unità d’Italia la legge n.1781 del 14 aprile 1864 relati-va alle pensioni per gli statali fu pure applicata ai dipendentidei due Banchi con qualche miglioria, quale il diritto del di-pendente ad avere un trattamento pensionistico pari al-l’importo dell’ultimo stipendio se avesse prestato 40 annidi servizio: ed in allora tali trattamenti erano particolarmenteelevati!Con la legge 8 agosto 1895 n. 486, malgrado la opposizione dialcuni deputati che sostenevano il principio dei diritti acquisi-ti, al pensionamento dei dipendenti dei due Banchi fu applica-ta la legge dei dipendenti dello Stato ed alla Corte dei Conti fuattribuita la giurisdizione in caso di controversie tra gli stessibanchi e gli impiegati in relazione alla liquidazione delle pen-sioni. È stata comunque prevista la liquidazione delle pensio-

ni con le vecchie norme per i collocati a riposo prima del 30giugno 1896 e per i pensionati successivamente alla detta data,la liquidazione, cosiddetta pro quota, per i primi vent’annimaturati sino al 31 dicembre 1895 con le vecchie norme e peril periodo successivo la liquidazione secondo le norme previ-ste per gli statali.Tali principi furono osservati ancora nei successivi ottant’anni!

Per i dipendenti del Monte dei Paschi di Siena esisteva giàdal 1798 un sistema pensionistico perfezionato dal Granducanel 1849 con la previsione di erogazione del trattamento a 65anni nella misura di 1/3 dello stipendio per anzianità di servi-zio di 10 anni ed aumento di 1/6 ogni quinquennio sino al-l’ammontare dell’intero stipendio con 30 anni di servizio. Erapure prevista la reversibilità al coniuge superstite ed ai figliminori.Nel r.d. 25 settembre 1853, per i dipendenti dell’Istituto Ban-cario San Paolo era previsto che il progetto di regolamento“per la concessione di pensioni di riposo ai dipendenti “dove-va essere sottoposto alla regia approvazione, ma non se nefece nulla per circa sessant’anni a causa della pesante situa-zione finanziaria dello Stato, al cattivo funzionamento delleOpere Pie ed ai contrasti interni della sua Amministrazioneche nel 1879 fu poi commissariata ed affidata al “regio Com-missario” Giovanni Giolitti.Il trattamento pensionistico dei dipendenti delle Opere del SanPaolo sino al 1864, era pari a quello previsto per i dipendentistatali del Regno di Sardegna e poi quello stabilito, sempreper gli statali, dalla legge nazionale.Meritano uno spazio maggiore le vicende che riguardano iltrattamento pensionistico dei dipendenti della Cassa di rispar-mio delle Province Lombarde.Nel 1836 l’amministrazione della Cassa detta “Commissionecentrale di beneficenza “nominò una commissione con l’inca-rico di formare un “Piano per un fondo a favore degli impiega-ti che cessano dal servizio e per le loro famiglie”: tale pianovenne approvato il 4 marzo 1837 dalla citata Commissionecentrale e prevedeva:- la separazione della gestione e della contabilità del fondo daquella della Cassa di risparmio;- la formale esclusiva destinazione di scopo del fondo;- il limite massimo del trattamento non superiore a quello de-gli impiegati della Congregazione centrale.L’erogazione del trattamento pensionistico aveva caratterediscrezionale e, pertanto, il finanziamento del Fondo era adesclusivo carico degli utili della Cassa, senza alcun contributoda parte dei dipendenti.Il regolamento del Fondo, approvato dallo Stato nel 1882, fu

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77777modificato nel 1889.Anche la Cassa di Risparmio di Firenze e quella di Padovasi preoccuparono di corrispondere ai propri dipendenti un “trat-tamento di riposo”, la prima seguendo di massima le stessenorme che riguardavano il trattamento per i propri dipendentiprevisto dalla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde:costituzione di un fondo di riserva con destinazione di scopo,senza concorso contributivo del personale e con la discrezio-nalità circa la concessione; in proposito non risulta che la Cas-sa di Firenze abbia mai negato il trattamento pensionistico aipropri dipendenti applicando l’allora esistente criterio di di-screzionalità.Per i dipendenti della Cassa di Risparmio di Padova furonoprevisti i trattamenti riservati prima ai dipendenti comunali epoi agli statali sino alla approvazione del nuovo Statuto dellaCassa e cioè sino al 1892, quando, confermato il diritto allapensione per i dipendenti della stessa Cassa secondo le normepreviste per gli statali, si convenne che per il “soddisfacimen-to delle pensioni” veniva assegnato un fondo da accrescerecon le ritenute previste dalla legge sugli stipendi degli impie-gati, nonché con la capitalizzazione degli interessi in ragionedel 5%, sino al raggiungimento del livello sufficiente al servi-zio delle pensioni.I dipendenti della Cassa di Risparmio V.E. per le ProvinceSiciliane ebbero il primo ordinamento del sistema pensioni-stico aziendale alimentato da contributi a carico del personale(5% per gli stipendi sino a L. 4.000, 6% per quelli da 4 a 5.000,7% per gli stipendi maggiori) e da prelevamenti sugli utili del-la Cassa.Il trattamento veniva erogato dopo 40 anni di servizio o 65anni d’età con almeno 25 anni di servizio ed in caso di inabili-tà dopo 20 anni di servizio. Il trattamento era commisurato ainove decimi della media della retribuzione dell’ultimo trien-nio in ragione di un quarantesimo dei detti nove decimi perogni anno di servizio.Era prevista la reversibilità alla vedova (1/3 senza prole - ½ secon prole) ed ai figli orfani anche della madre. Infine per idimissionari, senza diritto a pensione, era prevista la restitu-zione delle ritenute.La Cassa di Risparmio di Torino, come noto costituita conprovvedimento del Comune di Torino il 4 luglio 1827, acqui-stò la propria autonomia quando le fu riconosciuta la persona-lità giuridica con r.d. 24 novembre 1853.Il Consiglio di Amministrazione della Cassa con deliberazio-ne del 22 ottobre 1883, costituì una Cassa pensioni per gliimpiegati, alimentata dalla erogazione iniziale della Cassa paria due annualità del monte stipendi, da una ritenuta del 2,50%sugli stipendi in corso ed arretrati, da una ritenuta dell’1,25%sulle pensioni e degli interessi sulle somme accantonate.La Cassa pensioni era amministrata da un Comitato, sottola sorveglianza della Cassa di Risparmio, costituito dal presi-dente, tre amministratori, il direttore della Cassa e da due im-

piegati o pensionati eletti ogni biennio.Il regolamento attribuiva espressamente al Fondo pensio-ni la destinazione di scopo da mantenere anche nel caso discioglimento della Cassa di risparmio e disponeva per colo-ro che alla costituzione del Fondo si trovavano in servizio l’ade-sione volontaria mentre per gli impiegati di futura assunzionel’obbligo della iscrizione.Il trattamento previdenziale era liquidato sulla media trienna-le degli ultimi stipendi, in tanti quarantesimi quanti erano glianni di servizio per i casi di invalidità, licenziamento, sop-pressione dell’impiego e collocamento a riposo dopo trent’an-ni; mentre se il collocamento a riposo aveva luogo dopo ventio dieci anni rispettivamente in tanti sessantesimi od ottantesi-mi per quanti erano gli anni di servizio.Le clausole circa la partecipazione degli impiegati e dei pen-sionati al finanziamento e l’autonoma amministrazione delFondo delineano una separazione patrimoniale ed un vincoloassociativo, costituenti l’originale anticipazione dei futurisviluppi della disciplina legislativa delle forme previden-ziali.Anche se in buona parte note, torneremo sull’argomento cheriguarda le vicende di questo Fondo quando tratteremo dellaprevidenza in tempi più recenti.

LA PREVIDENZA SOCIALENel 1897, in occasione del discorso della Corona, inauguraledella XX legislatura, fu preannunciato un provvedimento perle pensioni agli operai affinché “costoro, nella vecchiaia, be-neficiassero di quei conforti da troppo tempo giustamente de-siderati”.Durante la discussione del progetto di legge fu evidenziato chel’intervento sarebbe stato molto modesto a causa del “tempera-to” intervento dello Stato: in allora non si ravvisò in alcun modol’intervento mediante contribuzione del datore di lavoro.Il 20 aprile 1898 fu approvato il provvedimento che istituivale pensioni agli operai, pur ammettendo i parlamentari che sitrattava di una “istituzione modesta che non crea illusioni” madi “alta importanza morale e sociale” e con legge 350 del lu-glio 1898 si costituiva la “Cassa nazionale di previdenza perl’invalidità e la vecchiaia degli operai”.La Cassa era un Ente autonomo con carattere pubblicisticoed autonoma amministrazione distinta da quella dello Stato,al quale non potevano essere attribuite altre responsabilità senon il concorso e la vigilanza.Innumerevoli le disposizioni legislative a modifica della leg-ge istitutiva; il tutto culminato nel testo unico approvato conr.d. 28 luglio 1901 n. 387, seguito poi, tenuto conto di innova-zioni in tema di assicurazioni facoltative di rendite vitalizie,da altro testo unico approvato con r.d. 30 maggio 1907 n.376,che resse l’Ente sino all’istituzione dell’assicurazione genera-le obbligatoria. (continua)

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88888Riservato in particolare ai dipendenti Unicredit

in attività di servizio

Giorgio ViottoIn tema di esodati

Riporto qui quanto già trasmesso via mail ad Ottobre ainostri colleghi esodati iscritti all’Associazione:“Riassumiamo le importanti ultime novità riguardanti i colle-ghi esodati, facendo riferimento a notizie di origine sindacale,giornalistiche e assunte direttamente da una Direzione Regio-nale del Personale Unicredit.

Esodati ex accordo 2007Molti colleghi/e stanno per ultimare il periodo di esodo coper-to dal Fondo Esuberi e, come è già successo ad alcuni, si po-trebbero trovare senza sussidio del fondo e senza pensione(visto l’allungamento delle finestre introdotto da Maroni e ri-preso dalla Fornero).Per tutelare questi lavoratori che hanno avuto accesso al fon-do esuberi entro il 30 aprile 2010 è stato firmato in data 2ottobre un decreto dal Ministro Fornero che concede un pro-lungamento del sussidio sino al raggiungimento dei requisitiper la pensione; abbiamo avuto conferma anche in Unicredit acui risulta che il Ministero dovrebbe attingere a fondi del Fon-do Sociale Europeo, salvo modifiche che potrebbero interve-nire nell’iter di approvazione della legge di stabilità.Non ci è dato sapere con quali modalità verranno fatte recupe-rare le mensilità già perse da alcuni di questi colleghi, ma ra-gionevolmente si ritiene vengano comunque erogate dall’INPS.I colleghi/e che già non percepiscono l’assegno o venissero atrovarsi nella situazione e non ricevessero informazioni o pa-gamenti entro il mese di novembre possono mettersi in contat-to con il collega Massimo Corali della Direzione Piemonte-

Liguria-Valle d’Aosta che potrà verificare la situazione.

Esodati ex accordo 18 ottobre 2010Per questi colleghi già in esodo o che devono ancora cessaredal servizio, oltre alle tutele previste dai recenti decreti mini-steriali della Fornero controfirmati anche dal Ministro Grilliper la copertura finanziaria e quindi realmente effettivi, si ag-giunge l’accordo azienda/sindacati che conferma tutti gli in-centivi a suo tempo promessi (che qualche mese fa sembrava-no essere stati messi in discussione) e la copertura del Fondoesuberi sino al raggiungimento dei 62 anni di età (anche se ilverbale di conciliazione firmato prevedeva la copertura sinoal 60°) e l’eventuale estensione del periodo di permanenza nelfondo oltre i 60 mesi.L’accordo prevede inoltre la garanzia di tutela fino ad arrivarealla eventuale riassunzione nel caso i lavoratori non ricevesse-ro dall’INPS la comunicazione di inserimento nelle liste disalvaguardia.Finalmente pare raggiunta la soluzione delle aspettative deicolleghi/e interessati. A tutti un augurio di un sereno futuro,confidando che vengano davvero trovate le risorse finanziarieper la copertura di tutte le posizioni di esodati-esodanti diogni categoria”.Si precisa che, anche se dalla lettura dei giornali o di siti chetrattano la materia esodati si legge che l’esodato deve inviareall’INPS una istanza di accesso al beneficio previsto dal de-creto Fornero, nulla deve essere fatto dai colleghi esodati, inquanto trattasi di attività svolta direttamente dalla Banca.

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99999La parola al commercialista

In collaborazione con lo Studio Commercialistico Dal Zotto ([email protected]).

Registrazione telematica del contratto di locazione ad ampio spettro

Con la conversione del DLsemplificazioni fiscali, si è am-pliato il campo della registra-zione telematica obbligatoriadel contratto di locazione.Tra le novità introdotte dallaL. 26 aprile 2012 n. 44, cheha convertito in legge il DL16/2012, ovvero il cosiddettodecreto “semplificazioni fi-scali”, vi sono anche alcunenovità concernenti la regi-strazione del contratto di lo-cazione.Viene ampliato, infatti, ilcampo di applicazione del-l’obbligo di utilizzo della re-gistrazione telematica perregistrare tali tipi di contratti.Si ricorda, preliminarmente,che la registrazione dei contratti di locazione o affitto di beniimmobili può avvenire:- con modalità tradizionali, ovvero recandosi fisicamente,prima, presso la banca, le poste o il concessionario della ri-scossione, per effettuare il versamento dell’imposta di regi-stro tramite il modello di delega bancaria F23 e, poi, pressol’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, per presentare il con-tratto, il modello 69 debitamente compilato e copia del mo-dello F23 attestante l’avvenuto versamento dell’imposta diregistro dovuta;- per via telematica, dopo essersi registrati ai servizi telemati-ci dell’Agenzia delle Entrate tramite il sistema Entratel o Fi-sconline, utilizzando – a seconda dei casi – i diversi softwareresi disponibili sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate(“Contratti di locazione”, “SIRIA” e “IRIS”), oppure, senzainstallare alcun software, direttamente on line, utilizzando – aseconda dei casi – le diverse applicazioni “Locazioni web”,“SIRIA web” e “IRIS web”.Se fino all’entrata in vigore della L. 44/2012 erano obbligatiad usare la procedura telematica di registrazione solo i sog-getti possessori di almeno 100 unità immobiliari, dall’en-trata in vigore di tale norma l’obbligo di utilizzo della proce-dura telematica di registrazione del contratto di locazione siestende a:- tutti i soggetti in possesso di almeno 10 unità immobiliari;- gli agenti di affari in mediazione iscritti nella sezione degliagenti immobiliari del ruolo di cui all’art. 2 della L. 3 feb-

braio 89 n. 39 (ovvero i sog-getti indicati dalla lettera d-bisdell’art. 10 del DPR 131/86).Per tutti gli altri soggetti, inve-ce, resta la possibilità di sceglie-re se registrare il contratto dilocazione secondo la procedu-ra tradizionale, ovvero se avva-lersi della modalità telematica.La modifica normativa sopraillustrata è stata introdottadall’art. 8 comma 10-bis delDL 16/2012, come converti-to dalla L. 44/2012, che mo-difica l’art. 5 comma 3 delDPR 5 ottobre 2001 n. 404 eintroduce il nuovo comma 3-bis nella medesima norma.Pertanto, dal 29 aprile 2012,l’utilizzo della registrazione

telematica (mediante i software “Contratti di locazione”, “SI-RIA” e “IRIS” o le applicazioni “Locazioni web”, “SIRIA web”e “IRIS web”) è obbligatoria ogni qual volta la registrazionevenga effettuata da un soggetto possessore di più di 10 unitàimmobiliari o da un agente immobiliare.Si rileva, che, in ogni caso, i soggetti in possesso di almeno 10unità immobiliari, obbligati dalla nuova norma alla registra-zione telematica, possono operarla sia direttamente, sia av-valendosi di soggetti delegati (purché in possesso di adeguatacapacità tecnica economica e finanziaria), sia tramite gli in-termediari abilitati.Con 10 unità immobiliari scatta l’obbligo.Inoltre, è opportuno sottolineare che la norma ricollega l’ob-bligo di registrare telematicamente il contratto al possesso dialmeno 10 unità immobiliari da parte dei soggetti obbligatialla registrazione. Atteso che, come confermato dall’Agen-zia delle Entrate nella ris. n. 52 del 20 febbraio 2002, l’obbli-go di registrare il contratto di locazione grava su entrambe leparti contraenti, il contratto di locazione deve essere regi-strato esclusivamente attraverso procedure telematiche soltantonel caso in cui a richiedere la registrazione provveda il sog-getto possessore di almeno 10 unità immobiliari, mentre l’ob-bligo di utilizzare la procedura telematica non sussiste (ma ilricorso ad essa è comunque possibile, seppur facoltativamen-te) ove la registrazione venga richiesta dalla controparte, chenon sia in possesso di altrettante unità immobiliari.

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1010101010Pensa alla salute!

Innovazioni in ortodonziaDott. Davide Libro - OdontoiatraL’ortodonzia (dal greco orto = dritto, dentos = dente) è un ramodell’Odontoiatria che studia le anomalie di posizione dei dentie delle ossa mascellari e, attraverso l’utilizzo di speciali appa-recchiature, mira a riportare nella giusta posizione i denti e leossa, donando un sorriso lineare e gradevole ma anche un ri-pristino della corretta attività funzionale della dentatura (dallafonesi alla masticazione ed al sorriso). Nell’ambito della pre-venzione odontoiatrica l’ortodonzia assume notevole impor-tanza poiché molte disfunzioni si possono intercettare in gio-vane età, evitando poi la comparsa di patologie di difficile ri-soluzione in età adulta.Sarà l’Odontoiatra che nel corso della prima visita potrà inter-cettare le problematiche ortodontiche e indirizzare il pazientead una visita specialistica. L’Ortodonzista procederà con larilevazione delle impronte e la richiesta di radiografie specifi-che (ortopantomografia e latero-laterale), elaborando una se-rie di dati compresi quelli famigliari (ereditarietà) per ottenereuna previsione di crescita in base alla quale deciderà la tipolo-gia dell’intervento. In pazienti adulti si considera solo il di-scorso di posizione dei denti, poiché la crescita è ultimata.Il primo dentista ad utilizzare apparecchiature correttive e adintrodurre il sistema delle impronte della bocca fu F.C. Kneiselnel 1830, ma il vero padre dell’ortodonzia fu il Dr. Edward An-gle che nel 1890 istituì la professione di Ortodonzista a St.Louise, nel 1900, fu fondatore della “American Society of Orthodon-tist”. Organizzò inoltre il primo corso di ortodonzia per dentistagenerico nell’ambito del quale descrisse tre tipi di occlusione(rapporto di contatto tra i denti) suddivise in classi, basate sullarelazione antero posteriore dei denti canini e dei primi molari.

I Classe di Angle: si ha quando la cuspide mesio-vestibolare del I° molare superiore occlude con ilsolco mesio vestibolare del primo molare infe-riore. Viene definita occlusione corretta.

II Classe di Angle: si ha quando la cuspide mesiovestibolare del I° molare superiore occlude me-sialmente al solco mesio vestibolare del primomolare inferiore.

III Classe di Angle: si ha quando la cuspide me-siovestibolare del I° molare superiore occludedistalmente al solco mesio vestibolare del primomolare inferiore.

Tipi di correzione ortodonticaIn base al mezzo terapeutico l’ortodonzia moderna si divide infissa e mobile.

L’ortodonzia fissa sposta i denti utilizzando attacchi metalli-ci (brakets) fissati sui denti e legati tra loro da un arco metalli-co in tensione. Il paziente non può togliere l’apparecchiatura.Si spostano solo i denti, si utilizza in genere a sviluppo ultima-to. Gli svantaggi sono molti, come la pulizia difficoltosa, do-lore per i ganci che tirano, difficoltà ad alimentarsi, formazio-ne di carie multiple entro la fine del trattamento. I risultatifinali sono comunque buoni, il paziente deve però portare una“contenzione dentaria” per un periodo specifico, così da stabi-lizzare in maniera definitiva gli spostamenti.

L’ortodonzia mobile utilizza delle placchette in resina e me-tallo che si possono togliere dalla bocca. Viene utilizzata du-rante la dentizione mista in fase di crescita (7-11anni) e mira

soprattutto a correggere leabitudini viziate, come adesempio la suzione del dito,l’utilizzo prolungato delciuccio, la respirazione ora-le, la scorretta posizione del-la lingua. Esistono diverse ti-pologie di placchette, tra lequali menzioniamo la plac-

ca di Schwarz e la placca funzionale Cervera. La prima ha unavite centrale che viene attivata periodicamente e agisce espan-dendo le arcate, la seconda regola la posizione dei tessuti mol-li che circondano i denti (guancia e lingua) che possono eser-

citare delle pressioni anoma-le sulla dentatura.Il vantaggio è che il pazien-te può togliere la placchettaper mangiare, spazzolare identi o quando fa attività fi-sica. In genere si utilizzanoper 24 mesi di terapia e nonnecessitano di contenzione

dentaria finale.Da qualche anno esiste un nuovo modo di fare l’ortodonzia,con il metodo degli

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1111111111Allineatori trasparentiQuesta nuova categoria di placchette, che sfrutta principi

biomeccanici giànoti da tempo, staconoscendo negliultimi anni una ra-pida diffusione. Imotivi sono legatiin buona parte alloro potenzialeestetico che per-mette di poter ese-guire trattamenti

ortodontici anche complessi in pazienti (sia adulti sia adole-scenti) che altrimenti non avrebbero mai accettato di intra-prendere una lunga e ben visibile strada verso l’allineamentodei propri denti.Gli allineatori impiegati in questa tecnica sono una sorta di“mascherine” in materiale plastico trasparente che vengonoinserite sull’intera lunghezza di ciascuna arcata.Ciascun allineatore (una coppia visto che solitamente le duearcate vengono trattate contemporaneamente) è programmatoper far compiere agli elementi dentari un determinato movi-mento, reso possibile dal fatto che gli allineatori non si limita-no ad abbracciare passivamente le arcate, bensì esercitano dellepressioni su punti ben definiti: per inserire l’allineatore infattiil paziente dovrà forzarlo leggermente (il materiale plasticopossiede un elevato grado di elasticità) mediante una leggerapressione delle dita. Un aiuto allo spostamento può esser datodall’applicazione di “tiranti” in materiale composito che ven-gono incollati sui denti. I “tiranti” sono i brakets ortodonticima nella variante estetica e sono realizzati con lo stesso mate-riale bianco che si usa oggi per otturare i denti.

Una volta inserito, l’allineatore inizia fin da subito ad eserci-tare la forza necessaria agli spostamenti e dopo due settimane

va sostituito con un’altra coppia e così via fino al raggiungi-mento del risultato finale.Come si inizia?La tecnica degli allineatori prevede la presa delle impronte, lostudio del caso mediante radiografie e foto, fino ad arrivare alpiano di trattamento, che verrà valutato dal dentista insiemead un team di Ortodonzisti specialisti in questa tecnica.

Il check lineIn base ai dati del piano di trattamento viene elaborato il checkline, cioè la rappresentazione tridimensionale della bocca delpaziente su computer e la predicibilità del caso. È possibilevedere la rappresentazione tridimensionale del caso dall’ini-zio alla fine prima ancora di iniziare!

Gli allineatori vanno “portati” per 24 ore al giorno, ma si pos-sono togliere per alimentarsi e soprattutto per le normali ma-novre di igiene orale da parte del paziente, evitando così laformazione di gengiviti e carie.Infine ricordiamo che solamente i Dentisti Ortodonzisti certi-ficati possono prescrivere gli allineatori (la certificazione èobbligatoria e la si ottiene dopo aver effettuato un corso speci-fico) e che la durata complessiva del trattamento può variaredagli 8 ai 18 mesi. A fine terapia andrà “portata” l’ultima ma-scherina di contenzione (da usare solo di notte) che è compre-sa nel costo del trattamento. La contenzione in ortodonzia è lafine del trattamento ed ha la funzione di stabilizzare gli spo-stamenti dentari ottenuti. In genere si utilizza per 1 anno.

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1212121212La colite e la stipsi

Ruolo della dieta e possibilità di cura farmacologica

a cura del Dott.Giovanni Galatola - Gastroenterologo IRCC di Candiolo (TO)I disturbi riferiti dai pazienti come “colite”sono in realtà ma-nifestazioni di alterazioni funzionali od organiche dell’intesti-no, che con un termine più corretto vengono definiti dal medi-co “sindrome dell’intestino irritabile”. Il nostro intestino sicompone di un tubo avvolto nel nostro addome lungo circa 7-8 metri detto intestino tenue, dove avvengono i processi didigestione e di assorbimento degli alimenti necessari per il“rifornimento” di calorie e vitamine al nostro corpo, e di unaparte terminale detta intestino crasso lungo un po’ meno di unmetro, che rappresenta il “tubo di scarico” deputato all’espul-sione delle scorie non utilizzabili dal nostro organismo. Perpermettere la regolare progressione degli alimenti, la loro di-gestione ed assorbimento e l’espulsione delle scorie è neces-sario che l’intestino sia percorso da una regolare onda di mo-vimento che ritmicamente faccia procedere il contenuto versola sua uscita, chiamata peristalsi. Essa è regolata da un siste-ma nervoso presente nella parete di tutto il tratto gastrointesti-nale e da molte sostanze ormonali che vengono immesse nelsangue da molti altri organi, ad esempio cervello, tiroide, sur-renali, pancreas. Nel frattempo varie sostanze chiamate enzi-mi procedono a digerire il contenuto rendendolo assorbibile.Alterazioni dei meccanismi che regolano queste funzioni por-

tano ai sintomi di “colite” o di stipsi, di cui quasi i due terzidelle persone nel mondo occidentale soffrono in maniera più omeno importante per periodi variabili di tempo o anche pertutta la vita. Compito del Medico, e del Gastroenterologo inparticolare, sarà quindi prima di tutto diagnosticare corretta-mente ed individuare le possibili cause, suggerire terapie ingrado di migliorare la qualità della vita ed infine rassicurare lepersone sulla natura benigna di questi disturbi dopo avere ese-guito semplici esami che escluderanno una causa “organica”di questi disturbi.La sindrome dell’intestino irritabile è un disordine eteroge-neo di natura funzionale, le cui cause sono sostanzialmenteignote, e viene utilizzato per definire tutti i casi per i quali nonè presente alcuna malattia “visibile” (ulcere, infiammazioni,eccetera) nell’intestino tenue e nel colon. I sintomi consistonoin episodi più o meno frequenti di distensione gassosa dell’ad-dome (meteorismo) con crampi ed alterazione delle normaliabitudini nell’andare di corpo. Esse sono molto variabili, con-sistono nell’avere difficoltà ad evacuare le feci (stitichezza,meglio chiamata stipsi) con difficile eliminazione di feci asciut-te “a tipo capretta” o pause di vari giorni nell’evacuazione, osforzi prolungati nell’evacuazione di cui si sente il bisognopiù volte al giorno (tenesmo) ovvero nell’insorgenza di im-provvisi stimoli ad evacuare con urgenza feci pastose o addi-rittura liquide una o più volte al giorno, spesso associati a do-lori addominali e “rumori” nell’addome (borborigmi) moltofastidiosi, ovvero ad una alternanza o varia associazione diquesti sintomi. Talora, soprattutto nella variante con stipsi, sipuò osservare l’eliminazione con le feci di un liquido limpidochiaro o filante (il muco). Questi episodi sono intervallati ingenere da periodi più o meno prolungati di benessere con eli-minazione di feci normali, ma il decorso spesso presenta unprogressivo accorciamento negli anni dei periodi di benessereo un peggioramento dell’entità del disturbo. In linea di massi-ma un tipo di manifestazione dell’“intestino irritabile” di undato paziente non si trasforma nell’altro: il passaggio da stipsicronica a diarrea o viceversa in assenza di terapie deve faresospettare un’altra diagnosi.Non esistono esami per identificare un “intestino irritabile”.Il medico può orientare la diagnosi verso questo disturbo sullabase della storia del paziente, della sua età, della visita e dipochi semplici esami di sangue e delle feci.La dieta. Nei casi di “colite” sarà bene evitare tutti gli ali-menti che accelerano il transito intestinale o che sono mal di-geriti. In linea di massima vanno evitati il latte ed i latticinifreschi: possono essere usati talora con buona tolleranza il lat-te “alta digeribilità” a basso contenuto di lattosio e gli yogurt

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1313131313magri. Un buon apporto di frutta e verdura è una sana abitudi-ne, ma i pazienti con colite li tollerano male. In linea di massi-ma vanno evitati i legumi (ceci, piselli, fagioli, lenticchie, fave,minestroni di legumi) e le verdure a foglia larga come cavoli,verze, cavoletti di Bruxelles. Sono anche poco tollerati cerealia base di grano e farine (pane, pasta e pizza) e spesso anche lefarine integrali. Viceversa cibi a base di kamut (un tipo di gra-no) vengono ben tollerati, e talora anche i cibi privi di glutineriducono molto i disturbi, anche se il paziente NON ha unaintolleranza al glutine (la celiachia). Tra la frutta spesso uva,fichi, kiwi, frutta secca e pere possono dare fastidio. Tuttavianon esiste una regola e talora sono mal tollerati anche melan-zane e peperoni. Poiché i disturbi dipendono dalla cattiva di-gestione di alcuni componenti di questi cibi che vengono poitrasformati in gas e sostanze irritanti dai batteri del nostro co-lon, in commercio sono disponibili farmaci da banco che –assunti prima del pasto – possono aiutare a digerire meglioquesti cibi. È anche importante sedersi a tavola a mangiare efarlo lentamente, masticando bene e possibilmente in un am-biente tranquillo per dar modo alle nostre funzioni digestivedi lavorare al meglio. Possono essere presenti intolleranze ali-mentari su base allergica che si manifestano come “colite”,che però sono piuttosto rare e facilmente identificabili perchéil paziente sviluppa disturbi solo e sempre dopo assunzione diuno specifico cibo. A volte in questi casi compaiono anchedisturbi alla pelle (arrossamenti, prurito), nausea o – in casiestremi come per esempio le allergie alle noci e derivati o aicrostacei o quelle alle proteine del latte vaccino – alterazionidel respiro e del battito cardiaco, (raramente) addirittura shockanafilattico molto pericoloso. Ovviamente in questi casi è es-senziale che non si venga mai a contatto con tali cibi neppurein minime quantità.Nonostante le modifiche della dieta però spesso i disturbi per-sistono, e allora sarà opportuno somministrare dei farmaci. Laterapia dell’intestino irritabile è difficile e spesso empirica,proprio perché noi non conosciamo una causa che possa esse-re rimossa o trattata in modo specifico. Gli antispastici sonoutili, ma agiscono solo sul sintomo e non sulle ipotetiche cau-se; negli anni recenti è divenuto evidente che i migliori risul-tati si possono ottenere rimuovendo dal colon batteri e sostan-ze chimiche “irritanti” che normalmente sono prodotte dalnostro organismo ma alle quali l’intestino può diventare “iper-sensibile”. Requisito di farmaci che modifichino l’interazionetra questi fattori è che siano poco o per nulla assorbiti nel san-gue e che non danneggino l’intestino visto che dovranno esse-re usati a lungo, per cicli di varia durata ma anche di mesi oanni, senza determinare assuefazione con perdita dell’effica-cia. Tra essi vi sono farmaci ad azione antibatterica o antin-fiammatoria e resine che agiscono come “spugne” nel lumedell’intestino. I “fermenti lattici” sono spesso utilizzati, inquanto farmaci da banco facilmente reperibili e privi di effetticollaterali. Vanno preferiti quelli con alta concentrazione batte-

rica. Tuttavia la loro efficacia è spesso limitata, a causa delledifficoltà che hanno nel raggiungere intatti il colon dove svol-gono la loro attività contrastando quella dei batteri “putrefatti-vi” che sono prevalenti nella flora batterica umana. Infine, l’usodi basse dosi di farmaci che agiscono sulla emotività e sul li-vello di ansia può essere un aiuto in alcuni casi, quando anchele terapie comportamentali – quali yoga, training autogeno etecniche varie di rilassamento – possono essere di aiuto, pro-prio perché il nostro cervello può produrre, in situazioni distress emotivo, sostanze che alterano la funzione intestinale.Lo specialista Gastroenterologo saprà consigliarvi la migliorestrategia terapeutica in base alle vostre necessità.La dieta nei casi di “stipsi” si basa sul tentativo di ottenereuna massa fecale morbida e poco irritante che stimoli delicata-mente i movimenti di peristalsi dell’intestino. È essenziale unbuon apporto idrico: si consiglia di bere acqua naturale frescama non fredda. L’acqua del rubinetto va bene, anche se talorarisulta poco buona per l’eccessiva presenza di cloro o – intalune zone – “pesante” sullo stomaco perché eccessivamente“dura” - cioè con alta concentrazione di calcio. Tra le acqueminerali vanno scelte quelle a minor contenuto di sali – cioèquelle col minor “residuo fisso”, che è per legge riportato sul-la etichetta. Si consiglia di bere almeno 2 litri di acqua durantela giornata, sia a pasto che fuori pasto. Importante anche faredell’attività fisica – anche solo evitare di prendere semprel’ascensore invece delle scale – soprattutto dopo mangiato. Unbuon apporto di fibre vegetali è importante anche se talorapuò causare un aumento del meteorismo (pancia gonfia): val-gono i consigli dati prima, in genere di evitare verdure a foglialarga, legumi, crusca, e frutta secca. kiwi e fichi possono esse-re utili, ma talora causano dolori addominali allo stesso modo.La stipsi colpisce prevalentemente la popolazione femminile,e spesso tende a peggiorare nel periodo post-menopausa, indi-cando che il bilancio degli ormoni è importante nel controlla-re il movimento del colon: il ginecologo potrà valutare se unaterapia sostitutiva sia possibile ed indicata, e talora può essereutile anche per ridurre la gravità della stipsi. A questo punto,se la stipsi continua ad essere un problema, sarà necessariointervenire con una terapia appropriata.

I SEGMENTI CHE COMPONGONO IL COLON (INTESTINO CRASSO)

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1414141414L’uso dei lassativi dovrebbe sempre essere consigliato dalmedico. Infatti, se a tutti può capitare occasionalmente di ave-re un po’ di stitichezza per pochi giorni all’anno, che si puòrisolvere con qualunque lassativo da banco, ivi comprese lecosiddette “erbe lassative”, nei casi con stipsi cronica andran-no preferiti lassativi che possano essere assunti per lunghi pe-riodi di tempo senza causare danni. Vanno quindi in questicasi evitate le “erbe”, spesso disponibili in qualunque erbori-steria. I lassativi a base di erbe (in genere sempre composticon senna, cascara, liquirizia, in associazione ad altre erbe)contengono sostanze che stimolano l’intestino determinandoun baldo effetto irritante che lo conduce a secernere acqua esali, rendendo così le feci più morbide. A lungo andare peròquesta irritazione porta ad una infiammazione della mucosa –fino a macchiare di nero la mucosa, causando la cosiddetta“melanosi del colon” che è appunto una colorazione grigiastradella mucosa ben evidente quando si esegue una colonscopiae che indica un danno infiammatorio del colon – e ad un dan-no della funzione dei nervi dell’intestino, che a loro volta por-tano al peggioramento della stitichezza ed alla necessità diaumentare le dosi di lassativo. Per ovviare a questo, sono di-sponibili sostanze inerti che agiscono senza irritare il colon.Tra questi vanno citati composti a base di Psillio, o Macrogolo Polietilenglicol (PEG) con o senza sali, o gli zuccheri nonassorbibili come lattuloso o lattitolo. Se tutto questo non portaad un beneficio, allora sarà necessario valutare l’uso di far-maci veri e propri. Fino ad oggi erano disponibili solo farmaci“procinetici” (cioè farmaci che aumentano il movimento na-turale dell’intestino, ma che tuttavia hanno azione molto limi-tata sul colon). Da poco è entrato in commercio un nuovo far-maco – la prucalopride – che invece si è dimostrata efficacespecificamente sul colon, con l’unica limitazione dell’uso aipazienti di sesso femminile. Il farmaco è molto sicuro e po-trebbe essere considerato in alcuni casi, sotto consiglio spe-cialistico gastroenterologico.Infine va ricordato che lo stress della vita che viviamo è un

Infine, ma importante, non occorre più transitare dalle hostess dell’ingresso per farsi rilasciare il “bad-ge” da inserire nei tornelli.

Dove siamoPer raggiungere i locali dell’Associazione si entra da Via Nizza 150, tramite il passaggio pedonale, siresta all’aperto e, andando sempre dritto, si attraversano i due cortili, fino a raggiungere il basso fabbri-cato situato sulla sinistra in fondo al secondo cortile. Poi si sale una scala metallica che porta al primopiano (c’è anche un ascensore). Di fronte la Biblioteca. Si prosegue per un breve corridoio ed una svoltaa sinistra e si è arrivati: sulla prima porta rossa sulla destra c’è la nostra insegna

ExCRT&Co.

riconosciuto fattore che causa o peggiora i sintomi dell’inte-stino irritabile: un approccio integrato che miri a ridurre glieffetti dello stress non solo utilizzando farmaci porta ad undeciso miglioramento di questo fastidioso disturbo.Sebbene i sintomi dell’intestino irritabile durino anni, non vadimenticato che a partire dai 55 anni circa aumenta per tuttele persone il rischio di sviluppare un cancro del colon-ret-to. Poiché oltre il 90% dei tumori maligni del colon-retto in-fatti deriva dalla lenta degenerazione di un polipo benigno(chiamato adenoma) che avviene in un arco di tempo di 10-15anni, la colonscopia rappresenta la metodica di prevenzio-ne più accurata ed utile, potendo identificare le persone chesenza saperlo hanno sviluppato dei polipi e permettendone laasportazione con facilità ed in sicurezza nello stesso esame.L’esame è comunque alquanto invasivo, e sebbene sia sicuropuò causare anche nei migliori centri complicanze gravi, de-scritte in circa 1 caso ogni 3000-5000 esami, vi sono strategiedi prevenzione alternative, quali la ricerca annuale del san-gue occulto nelle feci , la colonscopia “virtuale” e la retto-sigmoidoscopia. Il medico vi saprà informare in modo esau-riente ed orientarvi nella scelta della migliore scelta di pre-venzione.CONCLUSIONE. Esistono molti disturbi funzionali chel’intestino causa alla maggioranza delle persone durante laloro vita, con fastidi e dolori che persistono per lunghi pe-riodi, il cui trattamento accurato può sensibilmente miglio-rare la qualità della vita. Il medico ha a disposizione unarmamentario di consigli di stile di vita, alimentazione efarmaci che può utilizzare in modo mirato in base al tipo dipaziente ed al tipo di disturbi, può rassicurare il pazienteanche mediante l’uso oculato di specifici esami che esclu-dano la presenza di malattie organiche o gravi, e può, infi-ne, indicare in modo appropriato in base all’età ed al pro-blema clinico del singolo paziente come prevenire l’insor-genza di queste ultime utilizzando specifiche strategie, quan-do esse siano disponibili e di dimostrata efficacia.

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1515151515 L’Italia è a rischio default?

Antonio Tassone

È una domanda complicata a cui non si può rispondere con unsemplice sì o no, ma facendo un ragionamento obiettivo.Io, come tanti cittadini italiani, non credo e non voglio pensa-re neanche per un momento che l’Italia possa uscire dall’Eu-ro, restare commissariata dall’Europa e tornare ai tempi dellapovertà, dopo aver sostenuto tanti sacrifici per costituire edunificare l’unione Europea.Il nostro è un grande paese dotato di un sistema industrialeben radicato sul territorio, anche se in questi ultimi anni leimprese hanno ridotto la produzione e di conseguenza l’occu-pazione per via della crisi che ha colpito il mondo intero. Inu-tile elencare i pregi del nostro paese perché sono a conoscenzadi tutti. Però bisogna evidenziare che quello che ci distinguedagli altri paesi mediterranei è il popolo formato da risparmia-tori e lavoratori che costituiscono l’architrave dell’Italia e coni loro risparmi, accumulati negli anni passati, ed i loro sacrifi-ci stanno sostenendo economicamente l’Italia.Quello che è mancato è stata una visione della politica genera-le rivolta alla collettività e non all’accomodamento di pochisettori. Il debito pubblico, che iniziò a crescere negli anni ot-tanta, ha portato enormi benefici permettendo di creare lavoroe di raggiungere un elevato progresso. Allora si poteva far frontestampando moneta ed emettendo titoli. Chi non si ricorda ifamosi “Bot People”? Il popolo li comprava facilmente per-ché con gli interessi elevati del momento faceva fronte allepiccole spese e non doveva pensare al famoso “spread” e allamancata restituzione della somma investita. Il debito andavasempre più crescendo e nessun governo che di volta in volta sialternava riusciva a porre un rimedio. Adesso facciamo partedell’Europa e il debito pubblico costituisce una palla al piede.Gli interessi annuali che dobbiamo pagare sono abbastanzaalti e ci impediscono di effettuare gli opportuni investimenti.Gli speculatori finanziari hanno visto questa falla nel nostrosistema e chiedono sempre di più tassi alti per rinnovare ilnostro debito.Per uscire dal rischio “default” dobbiamo assolutamente di-minuire questo pesante fardello, ridurre le spese e vivere conle nostre risorse. Il pareggio di bilancio che la comunità euro-pea ci ha imposto di inserire nella costituzione è un ulterioresacrificio che dobbiamo sopportare, ma nello stesso tempo èutile per evitare che il debito cresca ulteriormente.Inoltre, dobbiamo ragionare in termini europei. Abbiamo deivincoli da osservare. Non potendo più stampare moneta dob-biamo finanziarci sul libero mercato. I nostri titoli vengonocomprati a tassi adeguati se diventiamo un paese credibile,capace di far fronte agli impegni presi.Lo “spread”, questo vocabolo entrato in uso nel novembre 2011per indicare la differenza di tassi tra i BTP decennali italianied il corrispettivo Bund tedesco, si alza e si abbassa a secondadella fiducia che i mercati ripongono nei nostri confronti.Per evitare di essere ostaggio di questa nuova parola dobbia-mo fare affidamento sulle nostre risorse e sulle riforme strut-turali richieste.

Attualmente il nostro debito è finanziato per circa il 40% daimercati esteri. Se riuscissimo a convincere il popolo Italiano acomprare buona parte di questo debito non dovremmo più di-pendere dall’estero e dai mercati finanziari che non sono affi-dabili, perché si spostano continuamente in cerca di profittisempre elevati e contemporaneamente gli interessi distribuitiin Italia servirebbero per aumentare i consumi interni e di con-seguenza la produzione che in questo periodo ristagna.Scelta assai conveniente in questo momento dato che i rendi-menti sui titoli esteri sono decisamente bassi. Si calcola chegli Italiani possiedono nei loro portafogli titoli stranieri per il45%: basterebbe vendere questi titoli e comprare altrettantititoli italiani per liberare il paese dalla paura di fallimento chedi volta in volta aleggia nell’aria. Si ritornerebbe agli anninovanta quando il debito era tutto italiano e gli interressi, piùalti di adesso, servivano per arrotondare stipendi e pensioni,vivendo agiatamente. Se invece le nuove obbligazioni conti-nuano ad essere comprate dagli investitori stranieri gli interes-si a loro pagati pesano come un macigno sull’economia e sa-remo sempre ostaggio dello “spread”. Per far diventare tuttoquesto realtà serve un governo stabile e autorevole che sappiainfondere fiducia, garantire i cittadini che alla scadenza i titolivengono rimborsati e che le riforme strutturali vengono ese-guite in modo che il paese Italia possa raggiungere la stabilitànel tempo. Avremo anche bisogno dell’aiuto della “Bce” chedovrebbe finanziare il sistema bancario, visto che buona partedel risparmio viene incanalata nei titoli di stato. L’equilibriodel sistema bancario è molto importante per la stabilità econo-mica ma soprattutto per il finanziamento delle piccole e medieimprese. Senza dimenticare che la crisi economica del 2007 èstata originata dal sistema finanziario americano e quindi ne-cessitano delle regole per evitare eccessi nella concessione delcredito. A tal proposito voglio ricordare che anche in Europa èstata creata la “finanza ombra”. Le banche per concedere cre-dito devono versare presso la Bce una quota a titolo di riserva.Ma se concedono molti crediti finiscono per non avere piùsoldi per costituire la riserva di garanzia. Hanno aggirato l’osta-colo inventando le “società veicolo d’investimento”. I creditivengono trasformati in titoli commerciali e venduti a questesocietà create e controllate dalle banche. Cosi facendo le ban-che incassano la somma come se avessero estinto il prestito epuliscono i loro bilanci. Ottengono liquidità per nuovi prestiti.Ripetendo l’operazione diverse volte possono finanziare im-prese e famiglie con somme elevate e fuori da ogni controllo.Al minimo intoppo, come è capitato per il mancato pagamen-to dei mutui subprime, o dello scoppio delle bolle immobiliaricome è successo alla Spagna, provocano disastri incalcolabili.Gli Stati entrano in crisi e rischiano il “default”. Per evitarequesti fenomeni è necessario una costante vigilanza sul siste-ma bancario.Concludendo sono convinto che si può avere fiducia essendol’Italia un paese sano con un sistema bancario tenuto costan-temente sotto controllo e con le riforme strutturali che vengo-no approvate e messe in atto non è a rischio “DEFAULT.”

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1616161616Il Monte Musinè: un enigma irrisolto

Tratto da Internet (stranestorie.myblog.it)

Il monte Musinè, che in dialetto piemontese significa “asinel-lo”, è posizionato a 20 km da Torino, sulla strada che portaverso la Val di Susa, e lo si può considerare come il primocontrafforte alpino.Dalla forma vagamente piramidale, spoglio e inospitale nellaparte superiore, sembra trovare gradimento soprattutto da par-te delle vipere.

Ecco le motivazioni per le quali viene annoverato fra i luoghimisteriosi e come ad esse rispondono la scienza e l’archeolo-gia ufficiali:1) da sempre circolano voci di lupi mannari, di immagini spet-trali che vagano nella penombra, di strani animali. Vi sarebbeuna grotta maledetta nella quale, ogni 1° maggio, si darebberoappuntamento streghe, maghi, e licantropi per inneggiare alleforze del male. Secondo alcuni scritti del ‘600 e ‘700 la vallatafu spesso percorsa da “musiche demoniache”, accompagnateda urla angosciose cariche di dolore. Una antica leggenda vuoleche il re Erode fosse esiliato su questa montagna, come puni-zione per la strage degli innocenti.2) Secondo alcuni storici fu proprio in questa zona che in cie-lo apparvero a Costantino la croce fiammeggiante e la scritta“In Hoc Signo Vinces”, segni che convinsero l’imperatore aconvertirsi al Cristianesimo. I cosiddetti “Campi Taurinati”,di cui parlano le cronache dell’epoca, sembrerebbero coinci-dere con la zona pianeggiante di Grugliasco e Rivoli che sepa-ra Torino dal massiccio del Musinè.3) Stando a quanto dichiarato da molti esoteristi il luogo sa-rebbe un gigantesco catalizzatore di energie benefiche. Nondimentichiamoci che si troverebbe su una linea “ortogonica”(una di quelle che circondano la Terra come una ragnatela eche indicano zone di particolare concentrazione di energia)che, entrando dalla Francia, attraversa tutta la nostra penisola.

Secondo altri sarebbe addirittura una sorta di “finestra” apertasu un’altra dimensione.4) Il sito amplificherebbe, nel momento in cui vi si sosta, lefacoltà extrasensoriali che ognuno di noi avrebbe, ma che soloin particolari circostanze risultano evidenti. Gli stessi rabdo-manti hanno dichiarato che in prossimità del monte bacchettee pendolini si muoverebbero in modo molto più accentuatodel normale.5) Da sempre la zona è teatro di apparizioni di misteriosi ba-gliori azzurri, verdastri e fluorescenti. Esse hanno fatto la lorocomparsa fin dal lontano 966 d.c. All’epoca il vescovo Ami-cone si trovava in Val Susa per consacrare la chiesa di SanMichele sul monte Pirchiriano, di fronte al Musinè. Durante lanotte, in attesa dell’arrivo dell’alto prelato, i valligiani assi-stettero ad uno spettacolo affascinante ma pauroso al contem-po: il cielo fu percorso da travi e globi di fuoco che illumina-rono la chiesa come se fosse scoppiato un incendio. Altre sto-rie parlano di carri di fuoco che spesso sorvolavano la vetta.

6) Ai giorni nostri frequenti sono gli avvistamenti notturni ediurni di oggetti volanti non identificati.7) Il monte, essendo un antico vulcano spento da millenni, èricco di gallerie e passaggi irregolari scavati dallo scorreredell’antico magma, in gran parte però inesplorati.8) Ai piedi del Musinè esiste un “cono d’ombra” cioè una zonadi interferenza che oscura qualsiasi trasmissione radio. Anchegli aerei privati che si trovano a sorvolare il luogo vengonodisturbati nelle loro trasmissioni radio. Questi problemi cessa-no nel momento in cui ci si allontana dalla montagna.9) Appare strana la distribuzione della vegetazione, partico-larmente ricca ai piedi del monte, ma che poi si dirada in modoquasi repentino col crescere dell’altitudine. La Forestale hainutilmente speso ingenti capitali per rimboscare la zona, nel-

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1717171717la quale le giovani piante sembrano morire una dopo l’altra.La credenza popolare spiega il mistero con la processione con-tinua di anime dannate che salgono e scendono il monte senzasosta. Secondo una credenza un po’ più moderna sarebbero leemanazioni radioattive di una base segreta a produrre tale ste-rilità.10) Le pendici sono ricche di incisioni rupestri e di pietronidisposti in modo forse rituale, testimonianze di un passato an-cora ben da decifrare. In un masso è raffigurata addirittura unagiraffa africana, ma questi animali non vivevano in Piemonte,nemmeno nel neolitico.11) La salita è costeggiata, in località Torre della Vigna, fra i400 e i 900 metri, da una serie di strutture a forma di coppa,dette coppelle. Queste sono disposte in maniera tale da forma-re delle mappe celesti. Sono rappresentate la Croce del Nord,l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore, Cassiopea, la Lyra, il Cigno ele Pleiadi. In pratica c’è tutto l’emisfero boreale ma anche al-tre raffigurazioni non ancora identificate. Suggestiva è la vi-sione dalla vallata quando, riempite le cavità di combustibile e

incendiate, la montagna si ricopre di tante piccole luci.12) Il Musinè è sede anche di uno stranissimo obelisco cheacquistò fama mondiale grazie ad un libro di Peter Kolosimointitolato “Astronavi sulla preistoria”. Sulla superficie com-paiono alcune croci che rappresentano probabilmente cinquepersone, un cerchio in alto a sinistra con un punto al centro edue semicerchi tagliati nella parte inferiore che assomiglianoin modo clamoroso ai moderni dischi volanti. Secondo lo scrit-tore sarebbe una sorta di rappresentazione delle evoluzioni dimacchine aeree che furono viste in cielo dai nostri antichi pro-genitori.13) Fra il 1973 e il 1978, anno in cui fu portata via, qualcuno

collocò sulle pendici del monte una targa metallica inneggian-te alla “fraternità universale fra tutti i popoli”. Il testo parla di“punti elettrodinamici”, di “entità astrali” ed indica dieci grandipersonaggi del passato, da Cristo a Martin Luther King, indi-candoli come esempi da seguire.Il 7 ottobre del 1984 un gruppo di esoteristi ne ha fatto un’al-tra copia e l’ha ricollocata al suo posto. Questa nuova versio-ne è in alluminio anodizzato ed è stata cementata alla basedella grande croce che spicca sulla montagna.14) La scienza e l’archeologia cosa rispondono a queste affer-mazioni? Innanzitutto le luci nel cielo sono fulmini globulari(fenomeno comunque piuttosto raro) o fulmini tradizionali,attratti dagli spessi strati sottostanti, tutti permeati di magneti-te (si sono però manifestate anche in assenza di temporali).Non esiste una manifestazione a carattere ufologico maggioreche in altre zone d’Italia (è comunque presente, ed è poi diffi-cile fare delle statistiche attendibili in questo campo perché levariabili sono molte, dalla disponibilità delle persone a parlar-ne alla qualità dell’indagine svolta da chi indaga sul fenome-no). La luminosità sulle pendici del monte è dovuta alla pre-senza di “fuochi fatui”, come conseguenza di gas che ancorafuoriesce dall’interno della montagna (ancora dopo millenni?,senza considerare che i “fuochi fatui” sono prodotti da mate-riale in decomposizione).La presenza di un ambiente così ostile nella parte superioredel monte deriva dalla mancanza di fonti d’acqua nel sotto-suolo (ma perché la diversificazione è così marcata? E perchéquesta insistenza, quasi irrazionale, delle autorità nel cercaredi rimboschire la zona?). L’obelisco o è un falso degli anni’70, secondo alcuni (ma le prove?), oppure è una rappresenta-zione dell’alba e del tramonto con gli uomini in adorazione(mentre considerare come un’immagine del sole il cerchiopuntato al suo interno può essere corretto perché comune amolte civiltà preistoriche, vedere nei due semicerchi una suaraffigurazione nelle fasi di inizio e fine giornata è pura specu-lazione).

(stranestorie.myblog.it -Stefano Panizza)

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1818181818“Ma com’è bianco quel lago!”

Franco Tamarin

In mountain bike, tra Italia e Francia, attraverso uno spettacolare, impegnativo percorso

Io ricordo sempre a me stesso che il “fine” di un viaggio nonè la “meta”, ma il viaggio stesso: inoltre, la cosa più bella estimolante sono proprio quei preparativi per ogni tipo di av-ventura “on the road”, espressione che abbiamo imparato aconoscere dai tanti romanzi e film americani. In montagna siva per salire, è vero, per conquistare la vetta, ma anche per ve-dere, per ammirare, per saziarsi gli occhi di spettacoli inconsue-ti, per riempirsi i polmoni di aria pura e l’anima di gioia.Così, una domenica di settembre, caricata in auto la mia “bicida montagna”, mi avvio di buon’ora verso Susa, per salire poiverso il confine italiano. Lasciata l’auto all’inizio della Pianadi San Nicolao, mi porto lentamente, pedalando su quella cheè ormai diventata un “velò tout terrain”, verso il grande sbar-ramento artificiale del Moncenisio, in una giornata ventosa

dal clima già quasi autunnale, pur se sostanzialmente limpida.Attraversata la diga e giunto sotto il Forte Varisello (m.2026),prendo subito a sinistra la strada militare che si inoltra nel val-lone e comincio a seguirla: ci si inerpica subito bruscamenteanche se con pendenze tutto sommato ancora “umane” (9%circa, pur se con punte sicuramente superiori al 15%) mentreil fondo stradale si presenta in tutte le sue varianti montane:sabbioso, battuto, ciottoloso, solcato da rigagnoli ormai asciutti,invaso da massi e pietre, fangoso, ma soprattutto polveroso.Cerco comunque di salire godendomi anche lo splendido pa-norama circostante che mi appare come una serie di diapositi-ve che cambiano continuamente, per colore come per angola-zione: i tornanti che si inerpicano al di sopra del grande lagofra verdi pascoli e pozze d’acqua, l’aria sempre più frizzante e

pungente, le mucche lungo i bordi della strada che mi guarda-no con quei loro occhi dolci e buoni, quei ciuffi di genzianellee di stelle alpine, le macchie bianche delle nuvole nebbiosesul cielo azzurro, la cima lontana del Monte Malamot con lesue fortificazioni, il piccolo ghiacciaio appena sotto la cresta,i grandi massi da cui potrebbe improvvisamente spuntare uncamoscio e poi tutta una scenografia di roccia e di pietra, trapascoli sempre più radi.Ma continuo a salire, agilmente, alternando quei brevi pianorimolto attesi a strappi violenti che mi costringono a salire fati-cosamente, stando sempre seduto sul sellino per evitare peri-colosi slittamenti.Un alpeggio appena intravisto in lontananza mi preannunciache è vicino il tanto atteso bivio per il lago Bianco: non è an-

cora mezzogiorno ed ho già percorsoben sette chilometri di dura salita.Finalmente ora posso divertirmi avan-zando in un bel percorso sinuoso, incontinui saliscendi, tra enormi massi equalche bel guado, nel vasto pianoroche conduce al lago Bianco (così chia-mato per il riflesso biancastro delghiacciaio del Giusalet che in esso sispecchia; o meglio si specchiava, vi-sto il continuo ritrarsi di neve e ghiac-cio dalle nostre montagne), a 2617metri di altitudine.Dopo essermi ben coperto (infatti, purse il sole riscalda ancora, la tempera-tura all’ombra è di pochi gradi sopralo zero) mi prendo un po’ di tempo peruno spuntino, un piccolo riposo e qual-che bella fotografia nei pressi del lagostesso.

Faccio poi un divertente giro sui bordi del bel laghetto alpino,affondando le ruote nella limpida acqua ed assai vicino a quel-le belle trote che nuotano gioiosamente, pur nell’insidia diquell’unica canna da pesca venuta fin quassù a turbare unmondo sereno.Volendo, ed avendo tempo ed energie residue, da qui è possi-bile, attraverso un pianoro punteggiato da altri laghetti, rag-giungere il Col Giaset ed il vallone di Savine ritornando dalPiccolo Moncenisio oppure salire ai 2914 metri del MonteMalamot, una delle più alte strade delle nostre montagne e ditutta la cerchia alpina (dopo i 3130 metri dello Chaberton).Risale al 1889 la costruzione di tale caserma difensiva: potevaospitare circa duecento militari ed era sovrastata da un osser-vatorio in cemento e pietra, con una torretta metallica. Essa è

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1919191919l’opera più elevata di tutto il complessodifensivo del Moncenisio, ed emana an-cora un fascino che affonda nel tempo.Oggi comunque il freddo pungente e lenubi che incappucciano la vetta mi fan-no desistere dalla ulteriore ascensionee mi spingono pertanto – dopo un’ulti-ma occhiata alla vetta spettacolare delRocciamelone che, sullo sfondo, tuttodomina – ad affrontare con la dovutaprudenza la discesa, a tratti insidiosa eda percorrere per buona parte in piedisui pedali, spesso sul bordo strada, fa-cendo un po’ di sano equilibrismo.Dopo poco più di sette chilometri ec-comi ad un incrocio: la via di sinistracosteggia il lago con splendidi squarcisul Varisello, quella di centro è la no-stra via di salita, mentre quella di de-stra (vietata ai mezzi motorizzati) con-duce alla piana di San Nicolao. Decido di scendere da qui.Subito la stradina si incunea in una gola selvaggia, da film we-stern, poi procede con brutto fondo pietroso fino ad un ponte incemento, a picco sulla piana; prima di questo c’è una stradina, asinistra, che si restringe scendendo in sentiero fino a farsi dinuovo strada, dopo una cava, per congiungersi con la statale

Percorso Piana di San Nicolao – confine francese –diga del Moncenisio – forte Varisello – bi-vio per il Malamot – lago Bianco e ritorno(km. 30 circa)

Dislivello dalla Piana di San Nicolao al lago Bianco(900 metri circa) da Bar Cenisio al lagoBianco (1134 metri) da Susa al lago Bian-co (2112 metri)

Difficoltà se la salita non presenta particolari diffi-coltà – a parte qualche ripido strappo al li-mite dell’aderenza – occorre moderare al-quanto la velocità in discesa, per evitarespiacevoli sbandamenti o pericolosi ribal-tamenti dovuti alla presenza di frequentifossi nella dissestata strada militare, maanche in quel ripido sentiero finale

Equipaggiamento mountain bike; zainetto (maglione, k-way, cap-pello e guanti di lana, se in autunno; bevande eun po’ di cibo; maglietta di ricambio); la solitaattrezzatura per le riparazioni d’emergenza;macchina fotografica; binocolo

all’inizio della suddetta piana, poco prima del confine italiano.Dopo circa trenta chilometri, tra salita e discesa, carico la miabici da montagna in auto, con un po’ di nostalgia, subito scac-ciata dal pensiero di una futura ascesa in vetta al Malamot –già conquistato un paio di volte, sul far dell’estate – confidan-do nel “giudizio” del tempo.

Epoca consigliata: da luglio inoltrato ad inizio autunno

Carte I.G.C. 1:50.000Valli di Lanzo e Moncenisio

I.G.M. 1:25.000Novalesa e Piccolo Moncenisio

Un libro nello zaino “Aria sottile” di Jon Krakauer

Qualcosa in più: l’ascesa al Monte Malamot, sia a piedicome in mountain bike, con le racchette daneve come con gli sci da alpinismo, èun’esperienza indimenticabile.Si percorre una vecchia strada militare, trabunker in disuso e tane di marmotte, finoad un tratto dove, a seconda degli anni, lastrada è interrotta da un piccolo ghiaccia-io, da attraversare con cautela.Si giungerà così in una vecchia fortifica-zione militare, ancora in discrete condizio-ni, a circa 3000 metri d’altitudine.Da lì il panorama è grandioso, dominato,come sempre in Valsusa, dalla cuspidetriangolare del Rocciamelone.

Appunti di viaggio

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2020202020Il verde in casaIl verde in casaIl verde in casaIl verde in casaIl verde in casa

Mauro Di Giannantonio

Cari lettori bentornati!Conclusa almeno momentaneamente la parentesi orchidee,questo mese proviamo ad avvicinarci all’immenso genere del-le felci.Numerosissime sono le specie comprese nel genere, comparsesul pianeta a partire da 400 milioni di anni fa: hanno quindiavuto modo nel tempo di colonizzare praticamente ogni tipodi ambiente. Il genere conta circa 12.000 specie, con dimen-sioni che variano da pochi centimetri ad oltre 20 metri di al-tezza. Queste ultime sono le felci arboree che vivono nelleforeste dei paesi tropicali, molto affascinanti. Le fronde dellefelci sono quasi sempre suddivise in pinne che le regalano unportamento regale.Sono piante così arcaiche che per la riproduzione fanno a menodei fiori e del polline, ma di fatto si moltiplicano grazie allespore che compaiono sulla pagina inferiore o sul bordo dellefoglie.Per quanto concerne la coltivazione in appartamento possia-mo considerarle come piante di media difficoltà, ma se segui-rete scrupolosamente i consigli di seguito riportati vi assicuroche vivranno a lungo anche nelle nostre abitazioni, regalandogrosse soddisfazioni e contribuendo anche a migliorare l’este-tica degli ambienti dove le posizioniamo, per via della loro

straordinaria elegan-za.Nonostante l’enormi-tà del genere, le va-rietà abitualmentecoltivate in apparta-mento come: asple-nio (felce a nidod’uccello), capelve-nere, platicario (fel-ce a corna d’alce),phlebodium, etc, ab-bisognano delle me-desime cure, quindi

per noi sarà più agevole trattarne le tecniche di coltura.Partendo dal vaso, il consiglio cade su quelli di plastica chemantengono il terriccio umido più a lungo degli altri conteni-tori; la dimensione deve essere adeguata alla pianta che andràa contenere, tenendo però presente che le felci sviluppano moltoin larghezza, quindi il classico vaso a ciotola assolverà benis-simo al compito richiesto.Il terriccio utilizzato deve essere composto dal 70% di torba,20% di terriccio universale e 10% di sabbia, in modo da essereallo stesso tempo sia assorbente che drenante, caratteristicheche ci aiuteranno a mantenere il giusto grado di umidità.

Le annaffiature andranno effettuate con cadenza settimanalenel periodo primaverile ed autunnale, per essere aumentate a2-3 in estate e diradate a una sola ogni 10-15 gg nel periodoinvernale, quando la dispersione di acqua da parte delle fogliediminuisce notevolmente.L’acqua utilizzata deve essere sempre minerale e con residuofisso sotto 50 mg per litro o meglio ancora (quando possibile)con acqua piovana. Vi ricordo comunque una regola fonda-mentale per tutte le piante: l’acqua utilizzata deve essere sem-pre a temperatura ambiente.Una volta al mese - nel periodo che va da fine marzo a metàluglio e poi nel mese di settembre - bisogna fornire un conci-me universale diluito però a metà rispetto alla dose riportatasulla confezione, in modo da garantire una crescita vigorosa esana.Il rinvaso va effettuato quando la pianta deborda dal conteni-tore e in media ogni 2-3 anni in un vaso di poco più grande,avendo cura di posizionare la vecchia zolla contenente la piantaal centro del nuovo vaso in modo che la felce possa sfruttareal meglio il nuovo spazio.Per quanto riguarda l’esposizione solare, la regola è quella ditenere la pianta sempre in ombra, mai esposta direttamentealla luce solare (che la brucerebbe), ma in prossimità di essa,con una buona luce viva. Le finestre di grosse dimensioni po-ste a nord sono il massimo, e potremo lasciarle in questa posi-zione tutto l’arco dell’anno.Il trucco universale per far vegetare al meglio qualsiasi felce èdi garantire loro una buona umidità atmosferica, compresa trail 60 e l’80%; per ottenere questo risultato, è necessario porreil vaso sopra un sottovaso di grosse dimensioni riempito a 1/2di palline di argilla espansa che andranno mantenute sempreumide ma non completamente sommerse dall’acqua, in mododa evitare che le radici peschino direttamente, evenienza che alungo andare provocherebbe marciscenze.Nel periodo estivo è anche uti-le nebulizzare le foglie alme-no una volta al giorno (possi-bilmente con acqua deminera-lizzata).Le felci sono praticamente im-muni agli attacchi di parassitie le malattie di rado hanno lameglio sul loro sistema immu-nitario: infatti se ben coltivatesono perenni, anche se in pri-mavera e autunno si sviluppa-no meglio per via della miglio-re umidità atmosferica.

Felce a corna d’alce

Felce bolbritis

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Daniela Bonino

Assedio di TorinoUna basilica per una guerra

Da qualunqueparte si giungaa Torino, siscorge sul col-le di Superga, a670 m. di al-tezza, la basili-ca che da tresecoli ricordauno dei mo-menti più gra-vi e più esal-tanti della sto-ria del Pie-monte. Su quelcrinale saliro-no, in un gior-no d’estate del1706, il ducaVittorio Ame-deo II e il prin-cipe Eugenio

di Savoia, per stabilire la strategia contro l’esercito franceseche ormai stava per conquistare - dopo più di cento giorni d’as-sedio - Torino, ultimo baluardo rimasto alla definitiva annes-sione alla Francia. In quell’occasione drammatica il giovaneduca si inginocchiò davanti ad una piccola statua in legno del-la Madonna, in un’umile cappella rurale, e fece voto di erigerein quello stesso luogo una basilica a Lei dedicata in caso divittoria.Quando Vittorio Amedeoaveva ereditato il trono adappena nove anni, nel1675, il re Sole era l’astrosplendente abituato al-l’obbedienza immediata esenza discussioni. La reg-gente sabauda di VittorioAmedeo era la madre,Maria Giovanna Battistadi Savoia-Nemours, lega-ta alla Francia. Il re fran-cese aveva ordinato di te-nere il piccolo VittorioAmedeo lontano dalle fac-cende dello Stato e MariaGiovanna lo aveva indi-rizzato alla caccia, alle

gozzoviglie, ai facili amori. Al compimento dei 16 anni delgiovane ne erano state combinate le nozze con l’Infanta delPortogallo, con l’intesa che si sarebbe stabilito in quel Paeseper prepararsi a succedere al suocero. Ma la corte franceseaveva fatto i conti senza considerare la tempra di Vittorio Ame-deo che, pur soffrendo moltissimo della freddezza materna,tanto da sviluppare un carattere arrogante, sospettoso, dissi-mulatore e violento, si era opposto con determinazione a quel-la decisione. Voleva governare il suo Stato, e senza ingerenzestraniere. Appena raggiunta la maggiore età aveva preso le re-dini del governo e la Francia aveva mutato politica, cercandodi asservirlo imponendogli il matrimonio con Anna d’Orléans.Rendendosi conto della sproporzione di potere, il duca avevaaccettato, considerandolo il male minore; infatti, la moglie erauna creatura delicata, votata al sacrificio per la ragion di Stato,che gli restò silenziosa e remissiva al fianco.Però Vittorio Amedeo non tollerava più quella soggezione.Sapendo di non potersi opporre apertamente a Luigi XIV, fin-se l’obbedienza, ma nel frattempo iniziò le trattative con laLega antifrancese che si era costituita in Europa e che com-prendeva l’Impero asburgico, la Spagna, la Svezia, l’Olanda el’Inghilterra. Anche se spesso nemici fra loro, quei Paesi ave-vano fatto causa comune di fronte al pericolo costituito dallaFrancia.Luigi XIV, che alla corte sabauda aveva numerose spie, vennesubito a sapere dei maneggi di Vittorio Amedeo, e sperando dipoterlo piegare prima che potesse essere soccorso dalla Lega,gli ordinò di consegnare per garanzia della sua fedeltà la for-tezza di Verrua e la cittadella di Torino. Questo fece precipita-re gli eventi. Vittorio Amedeo, spinto da un’insopprimibileinsofferenza giovanile, in fondo aveva solo 24 anni, si dichia-rò pronto alla guerra e il 17 agosto 1690 attaccò l’esercito fran-cese, anche se il più esperto cugino, Eugenio di Savoia – capodell’esercito austriaco in Piemonte – lo sconsigliava.Naturalmente aveva ragione Eugenio: Vittorio Amedeo caddein un’imboscata e venne sconfitto a Staffarda. Fu salvato gra-zie all’intervento del cugino, ma il 4 ottobre 1693, rinforzatol’esercito, attaccò di nuovo e subì una seconda sconfitta aMarsaglia. Fu una battaglia terribile, gli alleati persero 10.000uomini. Dopo questa vittoria i francesi si accanirono controuomini e cose: uccisero tutti i soldati nemici sui quali miserole mani; maltrattarono gli inermi abitanti dei paesi; saccheg-giarono, devastarono, violentarono le donne, fra le quali cin-quanta fanciulle di buona famiglia ospiti di un monastero aRevello.In Europa seguì un periodo di tregua dovuto ad esaurimentodelle forze più che a volontà di pace, ma nel 1700, in seguitoalla morte del re di Spagna senza eredi diretti, la guerra riprese

Vittorio Amedeo II

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2222222222più violenta di prima, perché Austria e Francia rivendicavanoil trono. Sollecitato sia dall’imperatore sia da Luigi XIV per-ché si schierasse, Vittorio Amedeo scelse la Francia, col pro-posito però di abbandonarla nel momento in cui l’avesse rite-nuto necessario.Le sorti della guerra volsero a favore dell’impero e nel 1703Vittorio Amedeo si staccò dalla Francia per unirsi all’Austria.A causa della sua disinvoltura politica, Vittorio Amedeo ven-ne soprannominato la volpe piemontese. Una dopo l’altra tuttele fortezze sabaude caddero sotto gli attacchi dei generali fran-cesi: Susa, Vercelli, Ivrea, Bard, il castello di Nizza e Monme-liano; ultima cadde Verrua dopo 6 mesi di assedio e non rima-se che Torino, alla cui volta mosse il nemico con tutte le sueforze. L’assedio venne posto alla cittadella, la possente fortez-za costruita da Emanuele Filiberto nel 1564 a forma pentago-nale bastionata. Nel sottosuolo erano stati scavati chilometridi gallerie rivestite in mattoni, dette “contromine” che si dira-mavano per la campagna. Servivano ad intercettare i tentatividi aggressione sotterranea; in caso di assedio permettevanoagli assediati di compiere azioni improvvise contro le trinceedegli assedianti e di controllare l’avanzata del nemico. Questarete sotterranea necessitava di specialisti, detti “Minatori”: era-no uomini ben addestrati, pratici dei labirinti costruiti, espertiin esplosivi. Di questo corpo faceva parte Pietro Micca.In città la vita continuava, per quanto era possibile, normale.Le porte restavano aperte e si continuava a commerciare, an-che se tutti coloro che se lo potevano permettere avevano pre-ferito allontanarsi.Il 27 maggio 1696 4.000 zappatori francesi iniziarono a sca-vare il fosso di controvallazione a 1000 m. dalla cittadella. A500 m. tracciarono una prima linea parallela. Scavarono 3 ramidi camminamento, li congiunsero con una seconda parallela ela munirono di varie batterie di cannoni e mortai. Dopo averterminato la terza parallela, iniziarono il bombardamento con100 pezzi. Dalla cittadella rispondevano 75 cannoni e 14 mor-tai, dai bastioni occidentali 55 cannoni e 10 mortai. Il ducacercò di coprire la città dalla parte della collina, da Moncalieria San Mauro, ma dovette rinunciarvi perché il generale fran-cese La Feuillade preparò una doppia manovra accerchiante,da Chivasso a Chieri e da Carignano a Moncalieri. Il duca,vedendo che le comunicazioni della città stavano per esseretagliate, fece partire le due duchesse e i figli e anch’egli uscìdalla città per non farsi chiudere dentro. Uscì dalla Porta di Poin pieno giorno: la popolazione si accalcò in via di Po persalutarlo. Il comando della difesa era affidato al generale Daun,il presidio era composto da 6600 piemontesi e 1500 imperiali,più 500 cavalieri montati e 1000 a piedi, un battaglione di ar-tiglieri e operai, in tutto 10.500 soldati, più la milizia urbanadi 5000 cittadini.Furono sgombrate le case vicino alle mura, sui campanili ven-nero collocate vedette, i tetti delle costruzioni più alte furonocoperte con sabbia, furono preparate provviste d’acqua per gliincendi, venne organizzato il servizio di sorveglianza contro

lo spionaggio. I viveri era-no sufficienti per 5 mesi,ma causava parecchia pre-occupazione la scarsità dipolvere da sparo.Dall’Austria stava arri-vando un forte esercitoguidato dal principe Eu-genio, poiché la Lega eraconsapevole che il duca-to di Savoia, data la posi-zione strategica che occu-pava, andava appoggiatoperché la guerra potesseprocedere vittoriosamen-te su tutti i fronti. La sua marcia ero però rallentata da un eser-cito francese con a capo il duca di Vendôme che lo tenevaimpegnato nella pianura Padana. Dalla collina Vittorio Ame-deo si adoperava per tenere aperte le vie di comunicazione estancare il nemico con azioni di disturbo. In città il duello d’ar-tiglieria era violento, i francesi lanciavano più di 8.000 proiet-tili al giorno, i difensori 4.500. Le perdite erano alte, molticittadini furono colpiti nelle vie e nelle case. La scarsezza dipolvere si faceva sentire, a inizio giugno c’erano 368.000 Kgdi polvere, a fine mese 200.000.L’11 luglio il generale Daun riferì al duca che il consumo dipolveri era di 5.000 rubbi al giorno (un rubbo equivale a circa 8Kg) e che si temeva di non giungere oltre il 12 agosto. Il ducacontinuava ad attaccare alle spalle i francesi, intercettava i vive-ri loro destinati, organizzava spedizioni di polveri da sparo incittà. I francesi aumentarono gli attacchi, oltre che in città di-struggevano le case e le ville in collina e in pianura per costrin-gere la popolazione alla resa. Ma tutti i sudditi erano con il duca:le milizie rendevano preziosi servizi alla difesa, fornivano fab-bri e falegnami per riparare i guasti; donne e fanciulli aiutavanonegli scavi, nel trasporto di munizioni, di fascine e di quantooccorresse. Il clero, animato dal padre Sebastiano Valfrè, era inprima linea ad incoraggiare ed aiutare. Non fu neppure necessa-rio procedere alla coniazione di denaro per finanziare la guerra,bastarono i versamenti in argento di nobili e clero.La guerra cominciò anche a farsi sotterranea, gli assediantiscavavano per giungere sotto terra alle difese e farle saltare,gli assediati rispondevano con le contromine. La notte del 23agosto dei soldati francesi riuscirono a penetrare in una galle-ria e minacciare seriamente di abbattere le difese. Solo più unaporta divideva il drappello dai difensori. Fra essi c’era PietroMicca, detto Pasapertut, che, rendendosi conto del pericolo,non esitò a far saltare le polveri, morendo insieme ai francesi.Intanto il principe Eugenio procedeva nell’avvicinamento, madoveva attraversare una vasta regione occupata dai nemici, che,in campo aperto o dalle fortificazioni, lo ostacolavano in tuttii modi. Da Torino, attraverso le gallerie sotterranee, gli giunseun appello del generale Daun che comunicava il vicino esau-

Eugenio di Savoia

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2323232323rimento delle polveri. Eugenio intensificò gli sforzi e, da grandegenerale qual era, con un’abilissima marcia arrivò in vista diTorino. Quando Vittorio Amedeo seppe dell’avvicinarsi delcugino lo raggiunse a Villastellone e i due eserciti, che assom-mavano a 6.600 cavalieri e 24.000 fanti, misero il campo traChieri e Moncalieri.Il 2 settembre il duca ed Eugenio salirono sul colle di Supergaper studiare la posizione del nemico. I francesi disponevano di45.000 uomini, ma Eugenio aveva un talento tattico straordi-nario e non si comportò in base alle regole della strategia con-venzionale.La mattina del 7 settembre, un’ora prima che facesse giorno,iniziò la battaglia. Anziché sbucare dalla direzione da cui eraarrivato, come i francesi si aspettavano, fece staccare una co-lonna che agisse da diversivo e poi col grosso dell’esercitoaggirò i nemici attaccandoli dal loro lato più debole, a nordo-vest, colpendoli al fianco e alle spalle. Dalla città uscì Dauncon dieci battaglioni, contribuendo all’attacco. I francesi sidifesero bene, respingendo più volte gli austro-piemontesi checon furore ritornavano ripetutamente all’assalto. Lo stesso

Eugenio, che come suo solito combatteva nelle prime file, perpoco non rimase sotto il suo cavallo caduto, ma riuscì a libe-rarsi e, sebbene contuso, riprendere il combattimento. Alleprime ore del pomeriggio gli alleati ebbero la meglio e irrup-pero nel campo trincerato. L’esercito francese, diviso, si ri-trasse disordinatamente e si diede alla fuga verso la Francia,ulteriormente decimato dai montanari sulle Alpi. Al tramontoVittorio Amedeo ed Eugenio entrarono trionfalmente in cittàdalla Porta Palatina e si recarono in Duomo ad assistere alcanto del Te Deum di ringraziamento al dio della battaglia.Nei magazzini erano rimasti 2.000 kg di polveri.Nel 1716 iniziarono i lavori per adempiere al voto fatto diecianni prima. Si spianò la cima del colle, mentre Filippo Juvarraultimava i disegni e forniva un modellino in legno della basili-ca. Nel 1731 avvenne l’inaugurazione. All’interno della chiesauna cappella riproduce per forma e dimensioni quella in cui Vit-torio Amedeo fece il voto e vi è conservata l’umile statua inlegno della Madonna. Sotto la chiesa vi è un ampio mausoleoche ospita i sepolcri dei re sabaudi da Vittorio Amedeo II a Car-lo Alberto. È anche conservato il cuore del Principe Eugenio.

Visita il nostro sito periodicamentewww.aspenscrt.it

e troverai tutte le informazioni utili sull’Associazione, sulla situazione e le novità del nostroFondo Pensioni, le iniziative programmate, le convenzioni (tra cui quelle assicurative con lerelative condizioni e con le modalità di adesione, compresa la polizza omaggio per gli associati),le notizie più recenti e le comunicazioni in corso d’invio, i precedenti numeri di Nuovi Incontried altro ancora.

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a cura di Giulio Rosso

un libro: “Torino, guida per oziosi e vagabondi”

Capitolo 14: La Pellerina

Dal baule delle vecchie cose

Il terreno che oggi è imbrigliato da una rete di viottoli, domanisarà rigato da lucidi rettifili asfaltati; il corso della Dora, anzi-chè serpeggiare sinuoso fra macchie fronzute, diventerà unaspecie di canale olandese e l’osteria della porta Rossa, saràsostituita da un “dancing”.Tutto questo è scritto sul gran libro del destino, prima ancorache sui piani regolatori del Municipio e tuttavia questa localitàconserverà un fascino che nessun decreto riuscirà mai a snatu-rare, fascino derivante dal suo nome... la Pellerina.Quali sono i confini catastali di questa zona “benlieusarda”?Chi lo può sapere... quali le origini, la storia o la leggenda?Mistero. Quando scenderete al capolinea del numero quattro infondo a via Cibrario, non vi resteranno che due alternative. Oandare verso il Martinetto, e se avete un animo bellicoso deli-ziarvi alla fucileria, che nel sordo avallamento del Poligono ditiro si riduce a una gragnuola di bacchettate su un panno dilana, o piegare verso la Pellerina, dove ogni casolare d’estate èun quadro di Cezanne, d’inverno un disegno di Da Milano.Fatta questa considerazione che se non piacerà al lettore pia-cerà almeno al mio compagno di vagabondaggi (e sarà giàqualche cosa), prendiamo insieme quella stradicciuola che sene va lemme lemme lungo il fiume, senza immaginare neanchelontanamente che a un certo punto incrocerà con un’altra stra-da altrettanto campagnola e che tuttavia si fregia dell’illustrenome di Pietro Cossa, drammaturgo che per quanti peccatiabbia commesso in vita sua, non meritava certo che Boito pri-ma, e Mascagni dopo, si accanissero a massacrargli in musi-ca quello che lui s’era limitato a tartassare blandamente inprosa.

Siamo andati alla Pellerina in un pomeriggio d’autunno pro-pizio alle riflessioni melanconiche. Nessuno di noi due parla-va, perché le riflessioni melanconiche abbiamo il buon senso dinon comunicarcele, ma esse erano tuttavia nell’aria, postillateda un lontano cigolio di carretti che sfangavano sul greto dellaDora.Noi veramente eravamo convinti che fosse la Stura, e con quellabeatitudine che solo la profonda ignoranza permette di gustareappieno, ogni tanto ci fermavamo estasiati:- Com’è bella la Stura!- Questa primavera, voglio fare una serie di acquerelli, e inti-tolarli “Lungo la Stura”.- Buon’idea... io penso da molto tempo a un romanzo a fondofluviale... Ora capisco che solo qui, sulle rive della Stura, tro-verò l’ispirazione.Allorché uno stradino interrogato sul modo più breve per rag-giungere corso Francia, ci disse indicando il fiume: - Ca guar-do... a basta voltè le spale a la Dojra e andè sempre drit... – fucome se tutto un mondo crollasse.Suggestione di un nome... non che la Dora sia un fiume anti-patico, tutt’altro. In queste stesse pagine l’abbiamo esaltatacome merita e non siamo gente da smentirci, ma in quel mo-mento avevamo bisogno della Stura e lo stradino non sapràmai il male che ci ha fatto.A riprova (se ve ne fosse bisogno), degli inconvenienti cheanche la più modesta cultura porta inevitabilmente con se.In qualche angolo della Pellerina ci deve essere un Aeroportoo qualche cosa di simile. Lo abbiamo detto da due cose. Pri-mo, dal fatto che gli aeroplani giunti sulla Pellerina si ab-

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2525252525bassano come se riconoscessero un terreno casalingo e vo-lano per lungo tratto a poche decine di metri dalla testa deipassanti; secondo, perché a una biforcazione c’è un palo conun cartello su cui è scritto: “Trattoria dell’aeroplano conbigliardo”.Aggiungeremo anche che non è difficile incontrare degli auto-carri con degli avieri, vestiti nelle fogge più inverosimili, esugli autocarri è ingabbiata un’ala o un pezzo di fusoliera. Auna certa distanza sembra di vedere un gruppo di formicheche trasportino traballando fra le siepi un’ala di libellula ouna gigantesca zampa di coleottero dai riflessi metallici.Rari i passanti, qualche operaia in bicicletta che scivola fru-sciando con lo scialle di lana che sventola; un giuoco di boc-ce abbandonato, sembra una vecchia bara scoperchiata perun gigante lungo e magro.Sul portone di un cascinale c’è una tavolozza di metallo arrug-ginito che serve forse d’insegna a un Rodolfo campagnolo.Ne chiedo a un contadino che sta appoggiato allo stipite, maquello alza le spalle e risponde di non saperne niente. Insistoindicandogli la tavolozza, e mi fa un gesto vago come dicesse: -Si... forse una volta c’era un pittore... ma è passata tant’acquanella Stura... “pardon” nella Dora.Fatale oblio degli uomini per la più nobile delle arti belle...Facendo uno strappo alla norma, comunico a Da Milano que-sta triste riflessione, ma il compagno di vagabondaggi nonrisponde come se fosse in preda a una visione interiore che loassorbe.Dopo un pezzo di cammino, si ferma e mi dice a bassa vocecome parlasse con se stesso: - Però... neh... quell’aeroplanocon bigliardo... deve essere bello! – e sorride trasognato...

Nota del fotografo dei tempi nostri: Ai tempi in cui l’autore scriveva sulla Pellerina, questa era un piccolo canale,poco più di una roggia, che portava acqua dalla Dora Riparia alle fabbriche di Via San Donato. Di allora è rimastoben poco.Ciò che l’autore ha citato ed è tuttora esistente è “La Porta Rossa” ex “Osteria della Porta Rossa” che fino a qualcheanno fa era un ottimo ristorante. Piero Rosso

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2626262626Indovina chi viene ... a pranzo?

“la montagna racconta ……”Franco Uberti

Tutto iniziò a dicembre 2008.Alcune nevicate ravvicinate ed abbondanti, giusto a ridossodel Natale, misero in ginocchio i paesi della vallata. Ovvia-mente, come sempre nella vita di questo mondo, c’era chi sifregava le mani pensando alla stagione sciistica.Dall’interno del soggiorno ammiravo lo spettacolo del miogiardino incredibilmente aumentato di volume; potevo quasiarrivare al balcone del primo piano senza passare per le scale.E lì avvenne l’incontro: posati sul davanzale esterno di unafinestra, due passerotti intirizziti mi guardavano chissà daquanto tempo. Mi precipitai in cucina, sbriciolai del pane efrantumai un po’ di mollica e poi, con discrezione, posai iltutto sul davanzale: non si mossero quando aprii la finestra,evidentemente attirati dal cibo al punto tale da correre ilrischio di un “incontro ravvicinato”.Consumarono quella misera razione in un battibaleno e fuicosì costretto a servire una seconda portata, e poi una terza,e poi una quarta…Quanto avvenne nei giorni successivi, ve lo lascio immagi-nare: acquistai una casetta in legno da adibire a mangiatoia(sono abbastanza bravo nel bricolage, ma avevo fretta!) e lainstallai sulla cinta del giardino in modo da tenerla d’oc-

chio dall’interno della casa.E cominciò l’avventura!

Mi documentai sul tipo di alimentazione più adatta per gliuccelli del bosco, in relazione anche alle stagioni. Semi epane vanno sempre bene, ma in inverno è opportuno inte-grare con grassi, biscotti e briciole di dolci (torte, panettoniecc.) che contengono calorie, indispensabili ai piccoli vola-tili per aumentare le difese contro il freddo che, vi assicuro,oltre i 1500 metri talvolta è intenso ed insistente. In seguitoaggiunsi un piccolo recipiente con il bordo basso per l’ac-qua da bere; nel periodo estivo, dopo qualche esitazione, fuusato come piscina!In breve tempo il giardino divenne il punto di ritrovo e dialimentazione di una colonia sempre più numerosa di esem-plari e così …… indovina chi viene a pranzo? (ma anche acena e a colazione ……e anche a merenda!).Innanzi tutto i passeri (gli stessi che vediamo in pianura enelle città) anche se, a ben guardare, sono rappresentate al-meno due o tre specie diverse; da qualche unità, sono oggidiventati frequentatori assidui almeno venti/venticinque in-dividui, alcuni dei quali riconoscibili per piumaggio od abi-

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tudini. Si presentano quasi sempre in gruppo, più raramenteda soli.Altri uccellini, forse più prudenti e riservati, frequentanoregolarmente il giardino da soli o in coppia: il regolo con lasua calotta gialla, la cincia mora e quella con il ciuffo, lacinciallegra distinguibile per il petto giallo ed il dorso ver-de-mela. E poi ancora il fringuello che ostenta la doppiabarra sulle ali e colori vivaci sul corpo. E che dire dellaghiandaia, più grande, coloratissima ed estremamente so-spettosa: si fa vedere due/tre volte al mese.

Con lo scorrere dei mesi e poi di questi quattro anni, hoimparato un sacco di cose sul loro comportamento: orari,gerarchie nell’accedere al cibo, compatibilità tra le diversespecie, eventuali litigiosità e furbizie.Sempre coinvolgente (e commovente) è il rapporto tra lemadri ed i piccoli nel momento della somministrazione delcibo che comprende sempre insegnamenti e progressi ri-scontrabili giorno per giorno fino a giungere alla completaautonomia; uno spettacolo, se si ha la pazienza di osservarenel tempo!

È domenica 28 ottobre, sto sorseggiando il caffè “del risve-glio mattutino” quando mi accorgo di quattro o cinque pas-serotti installati sulla terrazza, davanti la porta-finestra chesi affaccia sul giardino.“Ragazzi, è presto… siete in anticipo, non ho ancora prepa-rato per voi e poi… sono in pigiama!” esclamo. Ancora un

sorso di caffè e realizzo il motivo di quell’attesa insistente:“Che stupido, me ne sono dimenticato, l’ora legale, questanotte è cambiata l’ora e voi...”.Predispongo in fretta la solita razione e la sistemo nella caset-ta. Loro non hanno problemi di risparmio energetico, la lorovita è regolata dal sorgere e dal calar del sole, dalle stagio-ni…… .Due ore dopo mi accomodo in giardino sulla cassapanca aridosso del muro per ammirare la neve che scende a larghefalde: è la prima dell’anno e me la voglio godere. Apro ilgiornale per dare un’occhiata ai titoli quando un cinguet-tio inusuale attira la mia attenzione: a terra, ad una span-na dai miei piedi, incredibilmente vicini, quattro passerottimi guardano ed insistono nel loro verso. È il loro modo perringraziarmi….. poi prendono il volo.Sono felice! E voglio restarlo il più a lungo possibile.Richiudo freneticamente il giornale. Oggi non voglio leg-gere di scandali, pil, spread, debito pubblico, irpef regio-nale, tasse, pensioni, disoccupazione, legge di stabilità, ele-zioni ………..Almeno per oggi, domani si vedrà!

Se avete uno scampolo di tempo, lasciate qualche bricioladi pane sui vostri balconi, terrazze o giardini. Ho letto, mol-to tempo fa, un salmo del quale non sono in grado di ripor-tare il testo esatto, ma ne ricordo il significato:“Anche l’uccellino trova conforto e riparo presso di te.Felici sono coloro che abitano la tua casa”.

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2828282828Ho sposato un collezionista

Ada Kramer (*)

Mio marito Riccardo ha sempre avuto fin da ragazzino la pas-sione di raccogliere e collezionare piccoli oggetti: francobolli,conchiglie, fossili, minerali e altro ancora. Ma la svolta avvie-ne nel 1970, quando scopre, grazie ad un amico, il mondo del-l’entomologia, cioè lo studio degli insetti. In pochi anni di-venta uno specialista in materia e, grazie a numerosi viaggi inAfrica, raccoglie migliaia di cerambici (una famiglia di insettiappartenente all’ordine dei coleotteri). Addirittura, alcuni diquesti non erano mai stati scoperti prima, per cui, dopo studiapprofonditi e certificazioni del Museo di Scienze Naturali diParigi, ha potuto “battezzarli” e dar loro un nome. E così cisono insetti che in onore del loro scopritore (appunto mio maritoRiccardo Mourglia) si chiamano Coptops Mourgliai (IsoleComores), Pedostrangalia Riccardoi (Giordania), CymalactusMourgliai (Kenya), Eunidia Mourgliai (Kenya), PlanodemaMourgliai (Somalia), Falsapomecyna Mourgliai (Kenya) edaltri ancora. Ha scritto e pubblicato molte ricerche e ora pos-siede una delle collezioni più ricche in Italia di cerambici afri-cani. Insieme partecipiamo ogni anno a diverse mostre e con-vegni in tutta Europa che, oltre ad essere occasioni di incontrotra collezionisti di tutto il mondo, sono ormai anche diventatiincontri tra amici.Ma l’entomologia non gli bastava e, nei primi anni ’90, inco-mincia a collezionare schede telefoniche. All’inizio, la suapassione si limitava a raccogliere le schede lasciate nelle cabi-ne telefoniche, ma poi, grazie anche a scambi con gli altri col-lezionisti, nel giro di pochi anni Riccardo ha accumulato cen-tinaia di migliaia di schede provenienti da tutto il mondo. Hacontribuito nel 1995 alla pubblicazione del primo catalogo dischede telefoniche italiane, che oggi è la bibbia di ogni colle-

zionista che si rispetti.È stato Riccardo a scoprire che la prima scheda telefonica almondo è italiana e che era stata emessa nel 1976. Questa sche-da, sogno di ogni collezionista, è rarissima e Riccardo ne pos-siede ancora alcune, gelosamente custodite in cassetta di sicu-rezza.Qualche anno più tardi, nasce una nuova passione: capsule dispumanti, di champagne e di vini frizzanti. La capsula è queltondino di ferro che si trova sopra il tappo di sughero; ognimarca ha la sua capsula, a volte con disegni ricercati, a voltecon delle semplici scritte. Insieme ad altri collezionisti, fondanel 1998 il Club dei Collezionisti di Capsule che conta più di300 soci in Italia, con cui periodicamente ci troviamo per scam-biare, comperare e vendere.Dopo insetti, carte e capsule, sono arrivati i bicchierini da li-quore pubblicitari (ne abbiamo circa 300), chiavi magnetichedegli alberghi, ditali da cucito pubblicitari e vecchi cappellottidelle damigiane di olio.Per ultimo, le bottiglie di spumanti, champagne e liquori stori-ci. In cantina ne abbiamo più di 2000. Alcune di queste botti-glie non sono ovviamente più bevibili, ma sono molto ricerca-te dai collezionisti. Provate a vedere sul sito internet di asteEbay quanto vale un vecchio Dom Perignon o un vecchiowhisky Macallan e vi renderete conto del valore di queste bot-tiglie.Ma dove si cercano, e soprattutto, dove si trovano schede tele-foniche, capsule, vini vecchi e bicchierini? Il posto miglioresono i mercatini dell’antiquariato dove i rigattieri portano tut-to ciò che trovano a seguito di svuotamenti di vecchie case evecchi negozi. Certo, il sogno di ogni collezionista è di trova-

re un pezzo rarissimo e di pagarlo poco e ogni tanto siriesce ancora a “fare il colpo”, ma purtroppo la mag-gior parte delle volte si ha a che fare con veri e propricommercianti che sanno cosa offrono. Da qualche tem-po poi anche i rigattieri fanno fatica a reperire oggettiveramente vecchi ed interessanti, quindi la cosa miglioreè andare direttamente in prima persona alla ricerca del-l’agognato oggetto. Un terreno che può essere fertilesono le vallate di montagna poco battute dove soprav-vivono ancora vecchie osterie che potrebbero conser-vare cose interessanti. Ed è proprio questa attività diricerca, o “di caccia” come la definisce mio marito, chespesso ci porta a visitare posti che altrimenti non avrem-mo mai conosciuto.Mi piace pensare ora che alcuni di voi, dopo aver lettoquesto mio racconto, verranno presi dal desiderio diavventurarsi nel mondo del collezionismo. Forte dellamia esperienza trentennale con mio marito, mi permet-

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2929292929to di fornire alcune indicazioni utili per orientarsi in questocurioso mondo.La prima domanda è: che cosa collezionare? Consiglio ogget-ti, soprattutto per chi è all’inizio, dal costo contenuto che rien-trano nel cosiddetto “collezionismo minore”. Ciò per evitaredi sottrarre denaro ai bisogni della famiglia e per non averesgradite sorprese qualora si decidesse di smettere o di passaread un altro hobby. Occorre, infatti, tenere presente che, quandouna collezione è in voga, i prezzi si alzano e si corre il rischio,qualora si decidesse di rivendere la collezione, di non riuscire arecuperare i soldi spesi. Questo ad esempio è successo parecchianni fa con i mini assegni emessi dalle varie banche per soppe-rire alla mancanza di moneta spicciola, assegni che oggi, passa-ti di moda, hanno un valore nettamente inferiore.Vi propongo quindi un elenco di cose collezionabili, nella spe-ranza che possiate trovare qualcosa che stimoli il vostro inte-resse: cartoline pubblicitarie, penne stilografiche, fumetti, gio-cattoli o scatole di latta, oggettistica Coca Cola, menù, calen-darietti, bicchierini da liquore, sottobicchieri da birra, etichet-te di vini, birra o liquori, manifesti del cinema, cavatappi, pro-fumi mignon, spille pubblicitarie, carte da gioco, santini,cartellini “Do Not Disturb” degli alberghi (il nostro amico Edo-ardo Flores ne ha accumulati circa 3000 e Riccardo ed io nonmanchiamo mai di portargliene dai nostri viaggi).Ovviamente esistono molti altri oggetti meritevoli di esserecollezionati. Visitando i mercatini dell’antiquariato e frugan-do fra le bancarelle individuerete certamente qualcosa che sti-molerà il vostro interesse.Inoltre, considerando che il collezionismo va innanzitutto vissutocome piacere della ricerca e riscoperta del passato, vediamo glialtri parametri da tenere in considerazione perché gli oggetti rac-colti possano riservarci nel tempo le maggiori soddisfazioni:- L’età: l’oggetto vecchio risveglia in noi ricordi sopiti daltempo, ci porta a riscoprire abitudini e modi di vivere dimen-ticati oppure addirittura sconosciuti.- La rarità: l’oggetto raro comporta un impegno continuo nellaricerca che è uno degli aspetti più affascinanti del collezioni-smo.- La bellezza: come si suole dire, anche l’occhio vuole la suaparte.- La dimensione: oggetti molto voluminosi creano presto deiproblemi di spazio.

Ma come faccio a capire se il prezzo che mi viene richiesto ègiusto?Diciamo subito che parlare di valori economici in un settore,quello del collezionismo minore, dove quasi mai esistono ca-taloghi con quotazioni precise (ciò che, per esempio, avvienenei francobolli) è assai difficile.Esistono però dei parametri che ci aiutano a stabilire l’oppor-tunità o meno di spendere una certa cifra: l’autenticità del pez-zo, lo stato di conservazione, il grado di rarità, la firma (seopera di un artista), e ultimo, ma non certo di importanza, il

piacere che vipuò procurarel’acquisto.Tenendo presentequesti parametri,vi troverete nellacondizione di va-lutare il prezzo ri-chiesto senza far-vi prendere lamano dall’ansiade l l ’acquis to .Non si deve percontro illudersi di“fare l’affare”, inquanto i vendito-ri il più delle vol-te sanno cosa vistanno vendendoe, nel caso non losappiano, è pro-babile che sparino un prezzo esagerato.Per avere concrete probabilità di comprare a poco un oggettoche vale molto, sogno di ogni collezionista, occorre una cono-scenza profonda del mercato. Conoscenza che apprendereteabbastanza velocemente se vi dedicherete con vero interessealla vostra nuova passione.

Dove acquistare? La via più semplice è quella di frequentare imercatini dell’antiquariato presenti in quasi tutte le città. Sitengono normalmente di domenica. Curiosando fra le banca-relle, facendo domande ai commercianti sempre molto dispo-nibili, cercando di individuare fra i frequentatori coloro chehanno il vostro interesse, imparerete in fretta come muoverviper evitare spiacevoli esperienze.Non bisogna però trascurare altre fonti che possono, con unpo’ di fortuna, permettere di portare a casa buoni pezzi a costocontenuto. Per esempio, le vecchie abitazioni, la casa dei non-ni. Mio marito ha reperito pezzi di grande interesse pressovecchi bar e osterie salvandoli dall’essere gettati in discarica,dove purtroppo spesso finiscono moltissimi oggetti interes-santi.Dovete sapere che il vero collezionista vive di questa passioneed è disposto a riconoscere un valore agli oggetti del suo desi-derio che, per chi non è afflitto da questa “malattia”, possonoapparire assurdi.A questo punto non mi resta che salutarvi con la speranza diaver acceso in voi un nuovo interesse o perlomeno una certacuriosità.

(*) Moglie di Riccardo MOURGLIA, nostro socio, che ci fascoprire aspetti inaspettati di un collega che si distingue nonpoco dal ritratto standard del bancario!

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3030303030Recensioni

La linea d’ombra di Joseph ConradGabriella Vecchi

L’ambiente è caldo, i libri sugli scaffali sono ordinati e acco-glienti, presenze silenziose ma non troppo, è come entrare inun luogo in cui tante voci si sono unite per confluire infine inun silenzio denso di significati.Siamo nella biblioteca della CRT a Torino, è un pomeriggio diriunione del nostro gruppo, l’Accademia della Creusa. Il nomeè forse un po’ pomposo, ma ci pensiamo noi appartenenti aridimensionarlo al punto giusto. Siamo dodici ex insegnanti,tutte in pensione, tutte vivaci, chiacchierone e un po’ svagate,tutte appassionate di libri e di buona cucina. Da diciotto annici incontriamo circa una volta al mese per confrontarci sul-l’ultima lettura decisa in comune nella riunione precedente.

Cosa c’entra la cucina? C’entra eccome. Sul nostro logo com-pare un tavolino con alcuni libri e una bella teiera antica. Noisiamo molto fedeli a entrambi i nostri simboli e ci siamo sem-pre riunite a casa ora dell’una ora dell’altra dove, dopo la pre-vista discussione “intellettuale”, segue un rilassante te conaccompagnamenti vari, dolci e salati. Anche oggi non man-cheranno, l’incaricata di turno ha ben provveduto, ma ora sia-mo pronte a “nutrire” prima di tutto la mente.L’argomento del giorno è appassionante, “La linea d’ombra”,ultimo romanzo dello scrittore Joseph Conrad pubblicato nel1917. Già in passato di questo autore avevamo letto e analiz-zato dapprima il più famoso “Cuore di Tenebra” (1902) gra-zie anche alla trasposizione cinematografica di Frank Coppo-la, “Apocalypse Now”, e in seguito “Tifone”, del 1903.La riunione si concentra sì sull’opera del giorno, ma alla lucedell’intera attività letteraria di Conrad, varia e intensa come lasua vita avventurosa, trascorsa per più di vent’anni sul mare.Il piccolo Joseph però era nato nel 1857 da famiglia nobile inquella che attualmente è l’Ucraina, ben lontana da quegli oce-ani tempestosi che lo avrebbero portato in tutto il mondo. Or-fano di entrambi i genitori all’età di tredici anni, viene seguitodallo zio che, temendo un suo arruolamento nell’esercito zari-sta, si prodiga per farlo partire per la Francia, dove solo di-ciassettenne, il ragazzo si imbarca su un brigantino diretto inMartinica. Da questo momento in poi tutta la produzione delNostro sarà profondamente influenzata dalla sua vita sul mare,ed espressa in una lingua non sua e appresa da adulto, l’ingle-se. Navigare significa per lui conoscere soprattutto il mondomarinaresco che si identifica anche in traffici, contrabbando,uomini che si imbarcano per sfuggire a chissà quale colpa.Significa insomma incontrare mondi che stanno, non solo ge-ograficamente, agli antipodi dell’Europa civile. Dopo lungaesperienza nella marina mercantile francese, dal 1878 Conradfa servizio in quella britannica, dove raggiunge il grado di ca-pitano di lungo corso. Nel 1886 diventa cittadino inglese equando lascia la marina, nel 1994, si dedica interamente al-l’attività letteraria, un immenso lavoro, più di trenta volumi,tra romanzi e raccolte di novelle e di saggi. Tra le sue più im-portanti opere: Il negro del Narciso (1898), Lord Jim (1900),Cuore di tenebra (1902), Tifone (1902), Nostromo (1904),L’agente segreto (1907), Sotto gli occhi dell’Occidente(1911), Chance (1914), Racconti di mare e di costa (1912),Vittoria (1915). Queste opere gli assicurarono larga fama pres-so il pubblico in Inghilterra e in America; e quand’egli morì,nel 1924, era ormai riconosciuto come uno dei massimi scrit-tori di lingua inglese.Dopo questa breve introduzione biografica, riesce più facile

Edizioni Mondadori - 2010 - pagine 320N.B.: la copertina è riferita ad una delle tante edizionidell’opera che si sono susseguite nel tempo, a comincia-re dal 1917. Hanno pubblicato “La linea d’ombra”, tragli altri, gli Editori Feltrinelli, Einaudi, Rusconi Libri.Il prezzo in ogni caso è molto contenuto.

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3131313131comprendere il perché del suo tema fondamentale, la solitudi-ne dell’individuo, in balìa dei ciechi colpi del caso di cui ilmare è spesso eletto a simbolo. L’eroe solitario di Joseph Con-rad è quasi sempre un fuggiasco o un reietto, segnato dallasventura o dal rimorso, stretto parente dell’angelo caduto caroai romantici, che conquista la sua identità affrontando con stoi-cismo le prove che il destino gli ha riservato. Ma la narrazioneconradiana non è romantica, è invece permeata di innovazionee modernismo, con uno stile difficile e spesso metafisico, unlinguaggio evocativo che va ben al di là della parola scritta.La trama di “La linea d’ombra” è apparentemente sempliceed è in parte autobiografica.Per una sorta di capriccio dovuto a noia, stanchezza e insoddi-sfazione il giovane ufficiale in seconda su un battello a vaporea Bangkok, decide di abbandonare il proprio posto di lavoroper tornare in patria. Ma prima di partire gli si presenta un’oc-casione che non si può rifiutare, il comando di un veliero, quindicambia i suoi piani e accetta l’offerta. Per lui sarà un’esperien-za dura e difficile. “Prigioniero” di una bonaccia che costringela sua nave ad un’immobilità assoluta, circondato da un equi-paggio i cui membri cadono progressivamente vittime dellafebbre gialla, senza alcuna possibilità di chiedere e ottenereaiuto, il giovane protagonista conosce, nel breve arco di tem-po di un viaggio, le miserie e le grandezze della condizioneumana. Messo a confronto con la sofferenza, la follia, le in-sondabili forze della natura, il giovane capitano avrà lunghimomenti di sfiducia e smarrimento, fino ad arrivare ad un’in-differenza che lui stesso definirà come la strisciante paralisid’un orizzonte senza speranza. Ma saprà reagire e venirne fuori,pur conservandone segni indelebili.

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Questa storia, dunque, anche se reale, perché effettivamentevissuta dall’autore, ha un forte valore simbolico. Il viaggio èuna metafora della vita dell’uomo in tutte le sue fasi e in parti-colare di quel preciso momento in cui si oltrepassa quella cheConrad chiama “la linea d’ ombra”, cioè quel confine elusivo,a tratti inafferrabile, che segna il passaggio dalla giovinezzaall’età matura. Tutte le difficoltà, le meraviglie, i misteri, i ter-rori che il giovane capitano sperimenta durante la navigazionesono facilmente identificabili come riferimenti ai problemi eagli ostacoli che sempre ci si trova ad affrontare nel corso del-la vita e che sembrano fare della condizione umana “una con-dizione incantata”.L’uomo è solo, ci dice Conrad, ad affrontare il suo cammino etutti gli imprevisti e i drammi che lo caratterizzano. Tuttavia ilviaggio riprende, perché la vita non può non essere vissuta ealla violenza e all’insensatezza degli accadimenti l’uomo puòcomunque contrapporre la propria forza interiore, la propriadeterminazione. È questa infatti l’altra chiave di lettura di que-sto lungo racconto di mare, il messaggio che l’autore lascia allettore quasi al termine della sua carriera e della sua vita:È proprio quando la tenebra della notte avvolge tutto, ormaiprossimo al pericolo di essere inghiottito da nulla, che il gio-vane capitano prende coscienza del suo ruolo -”Mi accorsiche la mia immaginazione aveva percorso canali convenzio-nali e che le mie speranze erano sempre state senza grandez-za”- e scopre che la vita, per essere vissuta pienamente, postu-la un eroismo senza enfasi, il coraggio di esistere appunto.“Un uomo deve saper affrontare la sua cattiva sorte, i suoierrori, la sua coscienza e tutto quel genere di cose. Controcos’altro si dovrebbe combattere altrimenti?”.

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In questo numero poniamo due dei prodotti culinari più buonidella tradizione napoletana.Non c’è solo il mare, il sole, ma c’è tanta “delizia” da assag-giare, in una ricetta particolare:

100 g di cuore150 g di bontà

un bicchierino di fantasia3 sorrisi

e un pizzico di pazzia !Cuocere tutto finché vivete e che sia di Vostro gradimento

per sempre.

La pastiera napoletana

La pastiera, antichissimo dolce pasquale partenopeo, è una tortadi pasta frolla ripiena di un impasto formato da ricotta, granobollito, uova, spezie e canditi. La frolla della pastiera è croc-cante, mentre il suo ripieno è morbido di un colore giallo oromolto intenso mentre il suo sapore e il profumo variano a se-conda degli aromi utilizzati.La versione classica della pastiera prevede che gli aromi uti-lizzati siano la cannella e l’acqua di fiori d’arancio, mentrenelle versioni moderne si spingono ad accostamenti di gusti esapori a volte azzardati. L’origine della Pastiera è molto anticae la si può far risalire ai culti pagani quando la si preparava percelebrare l’arrivo della primavera; nel tempo è diventata usan-za di prepararla per la festività della Pasqua; il nome Pastierasembrerebbe derivare dall’abitudine, consolidata per un certoperiodo di tempo, che vedeva utilizzare al posto del grano cot-to la pasta cotta; tutt’oggi ci sono ancora massaie che prepara-no la pastiera utilizzando paste del tipo spaghetti o capellini.

Ingredienti: (per 8 persone)Tempo richiesto in minuti: 240 Base: 300 g di farina, 150 g di burro, 150 g di zucchero, 3tuorli, sale. Ripieno: 500 g di ricotta, 250 g di grano tenero tenuto a bagnoper 2 giorni, mezzo litro di latte fresco, 200 g di zucchero, 100 gdi arancia e cedro canditi, 30 g di acqua di fiori d’arancio, 6uova, 2 limoni, cannella in polvere, sale. Esecuzione: scolate il grano che avrete tenuto in ammollo 2giorni.Cuocetelo 20 minuti in una pentola coperta con l’acqua e sco-latelo nuovamente. Intanto in una casseruola mettete a bollire il latte, aggiungeteil grano, la buccia di limone grattugiata, un pizzico di cannel-la, un pizzico di sale e un cucchiaio di zucchero semolato.Cuocete a fuoco basso, finché il grano non avrà assorbito tuttoil latte (2 ore circa).Versate il grano cotto su di un largo piatto, sgranatelo con unaforchetta e fatelo raffreddare.Intanto preparate la pasta: mescolate la farina con 2 cucchiaidi zucchero, il burro, e i tuorli d’uovo, lavorando il tempo stret-tamente necessario ad amalgamare gli ingredienti.Formate una palla e fate riposare in frigorifero mentre prepa-rate il ripieno.In una terrina lavorate la ricotta con lo zucchero rimasto fin-chè diventa cremosa.Unite 2 pizzichi di cannella, un po’ di scorza grattugiata dilimone, i canditi tritati finemente e l’acqua di fiori d’arancio.Mescolate bene, amalgamate i tuorli d’uovo e aggiungete ilgrano.Togliete la pasta dal frigorifero, dividetela, mettendone da partela metà, tiratela con il mattarello fino a ridurla in una sfoglianon troppo spessa.Imburrate uno stampo da crostata a bordo alto e foderatelocon la pasta; tirate la pasta rimasta e tagliatela a striscioline.Montate a neve fermissima 4 albumi e incorporateli delicata-mente al ripieno.Versatelo quindi dentro la sfoglia e ricoprite con le strisce dipasta disposte a losanga, schiacciandole leggermente ai bordiper fissarle.Passate il dolce in forno preriscaldato a 180° per 1 ora e 10'circa.Togliete la torta dal forno, lasciatela raffreddare e cospargete-la di zucchero a velo.

Prendiamoli per la gola...

a cura di Giulio Rosso

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3333333333‘O babà

“Mamma” è ‘a primma parulellaca riuscimmo a pronunzià.

Ma ‘a siconna è assai chiù bella;Papà, babbo? No: babà. ‘O babà nasce polacco,

nuje l’avimme migliorate.Sì, ce piaceno ‘nu sacco

chisti dolce lievitate inzuppate dint’o rrumme,fatte a form’e fungetiello.

I che gusto, e che prufumme!Né babà, quanto si’ bello!

Ingredienti:• 30 cl acqua• 80 g burro• 250 g farina• 20 g lievito di birra• 1/2 litro Rum• 4 g sale• 4 uova di gallina

Esecuzione:Per preparare il babà, la prima cosa da fare è sciogliere il lievi-to di birra in 3 cucchiai d’acqua tiepida e amalgamarlo allafarina lentamente, un po’ alla volta. Lavorate per bene la pastafino a renderla liscia e senza grumi dopodiché mettetela in unpiatto infarinato e lasciatela lievitare per 30 minuti. Passati i30 minuti, mettete il panetto che avrete ottenuto in una ciotolae amalgamate insieme al burro (tenuto per un’ora a temperatu-ra ambiente) e alle uova. Per ottenere l’impasto del babà, ag-

giungete poi la restante farina, 40 g di zucchero e il sale. Aquesto punto mettete tutto in una impastatrice o in un più co-mune robot da cucina e fate andare fin quando la pasta inizieràa presentare delle bolle; spegnete e lasciate lievitare per circa40 minuti. Mettete quindi l’impasto ottenuto in 10 formelledel diametro e dell’altezza di 6 centimetri precedentementeunte di burro. Riempite le formelle fino alla metà e lasciatelievitare ancora per 20 minuti; infornate quindi i vostri babà inforno già riscaldato a 180° per 15 minuti. Sfornate i babà elasciateli raffreddare. Nel frattempo preparate lo sciroppo fa-cendo bollire per un paio di minuti l’acqua con 160 g. di zuc-chero. Una volta pronto lo sciroppo versatelo ancora caldo suibabà che ne dovranno essere bene impregnati. Solo alla finebagnate i babà con abbondante rhum e servite. Per i più golosisi consiglia di spalmare il babà con gelatina di albicocca eguarnirlo con panna e frutta fresca come fragole o ciliegie.P.S.: i babà si mangiano rigorosamente con le mani, senzal’ausilio di posate!!!

La leggenda del babàNonostante la cucina napoletana rivendichi questo buonissimo dolce come proprio, in realtà il babà è originario dellaPolonia e può vantare persino natali regali.L’inventore del famosissimo babà è infatti il re, o meglio lo zar di Polonia Stanislas Leczynski che, essendo un grangourmet, si dilettava ad inventare sempre nuovi piatti.Sembra che il sovrano non amasse particolarmente il kugelhupf, un dolce tipico polacco che egli trovava troppo asciuttoanche se veniva servito accompagnato da una sorta di salsa a base di vino Madera, zucchero e spezie; a dire il vero lotrovava talmente asciutto che neppure lo mangiava più! La leggenda della nascita del babà narra che un giorno Stanislas,stufo dello stucchevole dolce, l’abbia scaraventato dall’altra parte della tavola dove per puro caso si trovava una bottigliadi rhum. Il dolce liquore rovesciandosi sul dolce emanò un profumo tale che lo zar, dopo averlo assaggiato se ne innamoròe, essendo un lettore appassionato di “Le mille e una notte”, lo chiamò Alì Babà, come un famoso personaggio di questiracconti. Dalla corte del sovrano il dolce venne esportato poi in Francia, a Parigi, con il solo nome di babà e da qui fu poiesportato a Napoli dai cosiddetti “monsù” che prestavano i loro servigi presso le nobili famiglie partenopee.

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3434343434Compianto

Antonio ListaTorino è una città che ti resta nel cuore, ed è forse per questoche ogni occasione è buona per me, dimorante in Valdossolada 40 anni, di pendolare tra Domodossola e Torino, se nonaltro per fare visita al coordinatore di questa rivista, ClaudioRacca, mio sodale per affinità elettive, e sadico proponente diconcorsi a premi consistenti nell’indovinare risposte a perver-se definizioni (v. Nuovi Incontri di settembre 2012). Natural-mente per scrivere su Nuovi Incontri è d’uopo trovare un col-legamento con il bacino di distribuzione della rivista, pur es-sendo naturalmente una condizione sufficiente ancorché nonnecessaria. Se qualcuno avrà la buona volontà di continuare lalettura di questo contributo, troverà in chiusura dello stesso illegame fra Valdossola e Torino.Ci sono voluti 1700 anni per arrivare alla attuale configura-zione della Via Crucis, da quando Maria percorreva la salitaal Calvario in memoria del Figlio a quando il papa ClementeXII, nelle norme emanate con il breve “exponi nobis” del 16gennaio - 3 aprile 1731, oltre a confermare le indulgenze, fis-sava il numero delle stazioni a 14, secondo lo schema ancoroggi in vigore. A ben vedere tra la Deposizione dalla croce(stazione XIII) alla Deposizione nel sepolcro (stazione XIV)

ci sarebbe potuta essere unastazione rappresentante un mo-mento di lamenti funebri sulcorpo del Cristo: scena che vie-ne poi rappresentata dalle Pie-tà (exempli causa la Pietà diMichelangelo in San Pietro) edai Compianti in pittura (Giot-to: cappella degli Scrovegni inPadova), in legno, in marmo ein terracotta. Mi occuperò diquelli lignei generalmentecomposti da otto personaggi:Cristo morto, Nicodemo, Giu-seppe d’Arimatea, la Madon-na, san Giovanni, Maria di Ma-

gdala, Maria di Cleofa e Maria di Salomè, zia della Madonna.Le statue dei Compianti proprio per la loro tematica induce-vano alla meditazione e ricevevano particolare devozione ilVenerdì Santo. Vi è un rapporto biunivoco fra i Compianti e leSacre Rappresentazioni osservando come si siano influenzatia vicenda; ecco perché la composizione dei Compianti rendequasi partecipi i fedeli alla scena drammatica grazie alla cari-ca emotiva e all’impostazione teatrale. Molti di questi Com-pianti o sono andati perduti o sono stati smembrati dai parrocistessi e poi venduti per le necessità della parrocchia. Può esse-re emblematica la presenza in frazione Cosasca di Trontanodelle statue di un Cristo morto e di una pia donna in una casaprivata. I Compianti sono presenti in area lombardo-piemon-tese dal 400. Cominciamo a citare quello della Madonna delSasso a Locarno di Giacomo del Maino sul finire del 400, ilCompianto di Casalbeltrame ora al museo civico di Novara

(di scultore di scuola valsesiana), il Compianto di Quarona, diBoccioleto, di Cuzzago frazione di Premosello Chiovenda, ilCompianto presente nel museo parrocchiale di Ornavasso.Particolare è il Compianto al Sacro Monte di Varallo cono-sciuto come Pietra dell’Unzione della bottega del De Donati.Arriviamo al Compianto della chiesa di san Martino a Masera,recentemente attribuito dallo studioso Paolo Venturoli alla scuo-la di Andrea Retondi di Saronno, opera di grande impatto emo-tivo per i panneggi delle statue e l’espressione dei visi. QuestoCompianto è stato attribuito anche alla bottega familiare deiMerzagora di Craveggia in valle Vigezzo, scuola che nei pri-mi anni del 500 ha certamente scolpito il Compianto una voltapresente nella chiesa dell’Assunta di Santa Maria Maggiore invalle Vigezzo. Nel 1617 il gruppo era collocato sullo sfondodella navata meridionale vicino all’altare di Santo Stefano:“appresso detto altare vi è un luogo di legno, nel quale stannoesposte le figure della Passione di N.S., grandi, tutte fatte dirilievo”. Nel 1660 troviamo questo Compianto sempre nellastessa chiesa ma collocato presso l’altare del Rosario; si vedeche dava fastidio tanto che nel 1923 lo troviamo nelle mani diun antiquario che lo vendette al Museo Civico di Torino (cheper fortuna lo salvò da eventuali smembramenti e provvide aconservarne la policromia). Ed eccoci arrivati a Torino: que-sto prezioso Compianto si trova ora nel Museo Civico di ArteAntica con sede a Palazzo Madama, museo riaperto nel 2006dopo i lavori di ripristino iniziati nel 1998 a cura del comune,della Fondazione musei torinesi in collaborazione con la Fon-dazione CRT. Non chiedo adesso di andare a visitare tutti iCompianti di area lombardo-piemontese ma tre vorrei consi-gliarli (omne trinum est perfectum): Madonna del Sasso aLocarno, san Martino a Masera e Museo civico di Torino.Per interessarsi di queste tematiche non occorre essere uominidi solida fede, basta credere a quanto Mircea Eliade (1907-1986),antropologo etnografo e altro, ha scoperto dicendo che esistenaturaliter l’homo religiosus e che la religiosità è una caratteri-stica umana trasversale a tutte le culture e a tutte le latitudini.

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3535353535Le nostre iniziative... avvenute

Innanzi tutto devo ringraziare il gruppo degli Ex dipendentidella Cassa di Risparmio di Torino per avermi sostenuto conaffetto e disponibilità durante i giorni passati insieme. Un gra-zie speciale va al capogruppo Vincenzo Cane per avermi aiu-tato a ottimizzare i tempi e i modi delle mie esposizioni.La visita si è sviluppata per quasi un terzo della provincia se-nese, dandoci modo di scoprire un territorio estremamenteumanizzato e variegato, dove nello spazio di poche decine dichilometri si alternano campagne ben curate, colline boscosee terreni aspri e brulli.La nostra prima meta è stata l’abbazia di S. Galgano che sitrova immersa tra i boschi della val di Merse e le aspre Colline

Pubblichiamo una descri-zione del viaggio operatadal dottor Claudio Barta-lozzi (guida autorizzataper la Provincia di Siena,laureato in Storia dell’Ar-

chitettura medioevale, archivista presso l’ArchivioStorico del Comune di Siena), che riassume in modoestramente colto le varie tappe nell’ambito della Pro-vincia di Siena.

Metallifere, il cui paesaggio più cupo e meno antropizzato citestimonia l’attestarsi in tempi passati di un’economia basatasul governo del bosco e sulle attività estrattive e, solo margi-nalmente, sull’agricoltura. Dopo aver percorso la SS. 73, chericalca in parte l’itinerario dell’antica Strada Massetana da cuiproveniva il sale per la città di Siena, ci siamo inoltrati nel-l’area collinare - montuosa che sbocca verso la maremma. Zonaricca di minerali tra cui l’argento, fu contesa fin dall’XI secolodal vescovo di Volterra e le consorterie locali, alle quali si ag-giunse intorno al XII secolo la città di Siena.Del complesso abbaziale costruito dai Cistercensi nel corsodel XIII secolo, oggi rimangono solo le affascinanti e fanta-smagoriche ossature, da cui però si può ancora dedurre la bel-lezza della basilica e il modello costruttivo dei chiostri detto“ad quadratum” ossia per moduli quadrati giustapposti, secondoun canone caro alla mistica di S. Bernardo di Chiaravalle. Deltutto scomparse, dopo secoli d’abbandono, le tracce delle ope-re di bonifica idraulico-agraria, che nel medioevo dovevanoaver contribuito a plasmare fortemente il territorio circostan-te. Del complesso abbaziale fa parte anche la piccola rotondadi Montesiepi, che si erge solitaria su una collinetta sovrastan-te. La rotonda è un piccolo gioiello architettonico, il cui para-mento murario bicromo, a filari di mattoni e calcare, rimandaall’area volterrano – valdelsana. All’interno custodisce la roc-cia sulla quale Galgano Guidotti da Chiusdino avrebbe con-ficcato la spada per suggellare il definitivo passaggio dallavita mondana e cavalleresca alla vita eremitica. Attualmente èpensiero corrente degli esperti che il mito della spada nellaroccia sia pervenuto tramite la cultura cistercense, molto vici-na agli ideali cavallereschi della Chiesa.Ripartiti per S. Gimignano, abbiamo percorso una parte deltragitto dell’andata fino al bivio della Colonna di Montarrenti,dove, prima di svoltare per Colle val d’Elsa, abbiamo scortodue torri rimaste a testimoniare quello che fu un ricco e popo-loso castello duecentesco. La strada per Colle passa per unastretta valle che separa le propaggini più settentrionali delleColline Metallifere dalla Montagnola, posta a pochi chilome-tri ad ovest di Siena. Qui si trovano gli affioramenti di marmo

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più cospicui della Toscana collinare, tra cui il conosciuto mar-mo giallo. La Val d’Elsa si apre attraverso le moderne urba-nizzazioni di Colle, oggi importante centro manifatturiero epotente borgo nel medioevo. La Valle, culla della mezzadria,ci accoglie con una serie di ridenti colli coltivati e arborati,frutto di un’accorta politica agricola sette-ottocentesca.Adagiato su uno di questi colli si trova S. Gimignano, in tempirecenti dichiarato patrimonio dell’umanità, per essere un no-tevole esempio di urbanistica medioevale, noto per la produ-zione della Vernaccia e naturalmente per le sue torri. Nel XIIIsecolo, il primitivo castello appartenente al Vescovo di Volter-ra, divenne un potente comune che si arricchì con il transito elo smercio delle stoffe preziose e delle lane dell’Algarbe, pro-venienti da quel fascio intricato di percorsi generalmente co-nosciuti sotto il nome di via Francigena, e con la coltivazionedel crocus sativus, da cui si ricavava il prezioso zafferano. Nel1354 il borgo si assoggettò alla repubblica fiorentina. Succes-sivamente decadde fino al punto di essere declassato a terrarurale del Granducato mediceo.Abbiamo iniziato il giro del centro con la suggestiva chiesa diS. Agostino, incentrando la visita sul ciclo di affreschi dipintoda Benozzo Gozzoli, raffigurante la vita del santo omonimo.Proseguendo per via S. Matteo, abbiamo potuto ammirare lebellissime architetture civili dei palazzi nobiliari e delle possen-ti torri. I loro prospetti, impreziositi di bifore e trifore, rimanda-no ad una pluralità di stili a testimoniare il ruolo di croceviasvolto dal borgo nel medioevo. L’area oggi occupata dalla Piaz-za della Cisterna e dalla Piazza della Collegiata, deve la suaattuale fisionomia alle risistemazioni urbanistiche di metà Due-cento - inizi Trecento, epoca in cui ambedue furono circondateda splendide architetture. Tra queste spicca la Collegiata di S.Maria Assunta, ricostruita nel XII secolo. La Chiesa si erge suuna scenografica scalinata a fianco del trecentesco palazzo delPopolo. Ampliata agli inizi del XIV e del XV secolo, conservaall’interno cicli di affreschi del ‘300 senese sui quali ci siamointrattenuti. Notevoli quelli che raffigurano le Storie dell’anticoTestamento, dipinti da Bartolo di Fredi e quelli con storie delnuovo Testamento, oggi attribuiti ai fratelli Federigo o Tederigoe Lippo Memmi. Il ‘400 fiorentino vi è degnamente rappresen-tato dalla cappella di Santa Fina, opera congiunta di Giuliano eBenedetto da Maiano, con affreschi di Domenico Ghirlandaio.

Nell’excursus della gita abbiamo dedicato un giorno intero aSiena. La città, le cui origini rimontano all’epoca etrusca, fucolonia romana di una qualche importanza. Si sviluppò a par-tire dall’antico insediamento posto sul colle più alto, dettoappunto Castelvecchio, catturando tra Due-Trecento i borghinati intorno allo snodarsi della via Francigena. La città man-

tiene ancora intatta la sua forma urbana a ipsilon rovesciataadagiata su tre colli. La nostra gita, oltre che sui monumentipiù significativi, si è soffermata sulla doverosa visita al pavi-mento del Duomo, che viene aperto una volta all’anno, percirca un mese, tra settembre e ottobre. Il pavimento squadernauno dei più vasti e pregiati cicli di tarsie marmoree e fu postoin opera nell’arco di sei secoli, tra il Trecento e l’Ottocento.La tematica si basa su un programma figurativo che fa capo alconcetto della Salvezza Divina e Profana. Attraverso un robu-sto impianto allegorico, sostenuto dal sincretismo gnostico cri-stiano di epoca rinascimentale, le storie del pavimento introdu-cono il fedele alla partecipazione della Rivelazione Divina. Er-mete Trismegisto, insieme alle Sibille, poste nelle navate latera-li, prefigura la venuta del Cristo, con profezie per lo più trattedalle Divinae Istitutiones, opera apologetica del III secolo delloscrittore cristiano Lattanzio. Dalla Salvezza si passa alla nuovafase del mondo rappresentata, nel transetto, con storie biblicheche sono già ambientate nell’epoca della Rivelazione. L’esago-no centrale evoca scene di sacrificio, tratte dalle vite del ProfetaElia e del Patriarca Noè, in stretta connessione con la passionee morte di nostro Gesù salvatore. Ai lati di questo invece sonodispiegate le imprese militari del popolo ebraico.Continuando la nostra escursione per la provincia, siamo fi-nalmente arrivati al paesaggio più noto del senese: “le crete”.

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Adorato da fotografi, poeti, e turisti per il suo aspetto desertoe quasi lunare, questo territorio viene a torto considerato unambiente del tutto omogeneo. Al contrario, esso è costituitoda distinte unità paesaggistiche che s’incardinano sulle vallidei torrenti pertinenti al bacino idrografico del fiume Ombro-ne, dove l’apporto delle esondazioni e i microclimi più freschie umidi permettono il prosperare di fertili campi coltivati, in-tervallati a filari di viti e scampoli di bosco. Lo abbiamo potu-to verificare traversando la Val d’Arbia. Qui non a caso, tra lafine del Duecento e i primi del Trecento, fu messo in opera losviluppo agricolo mezzadrile più intenso e organizzato del-l’intero territorio senese, promosso dal potente ente ospeda-liero senese Santa Maria della Scala, che iniziò a suddivideree organizzare il proprio patrimonio terriero intorno a vasteaziende agrarie fortificate denominate grance, delle quali ab-biamo apprezzato un esempio nella maestosa grancia di Cuna.Il paesaggio delle crete, in realtà, è il risultato dell’intenso sfrut-tamento agricolo attuato dall’uomo sopra un terreno pedolo-gicamente fragile, composto da un sedimento salino-argillo-so, lasciato dal mare nel corso di due milioni d’anni, tra cin-que e tre milioni d’anni fa. Tuttavia un tempo anche questecolline dovevano essere ricoperte di foreste di lecci e querce,come dimostrano i boschi relitti racchiusi nelle strette valleco-le ai piedi degli orrendi borri dei “calanchi”. In uno di questiluoghi detto “deserto d’Accona”, a sud di Asciano, sorge l’ab-bazia di Monte Oliveto Maggiore, fondata nel 1313 dai trenobili senesi Giovanni Sansedoni, Patrizio Patrizi, AmbrogioPiccolomini. Il complesso monastico, proteso in un mare brul-lo e scosceso, è una sorta di cittadella spirituale cinta di murae torri da difesa, resisi necessarie per proteggere la comunitàmonastica dalle scorrerie delle Compagnie di Ventura, che daltardo Trecento infestarono la campagna senese per alcuni de-cenni. La chiesa dedicata alla Natività di Maria, è un bell’esem-pio di architettura gotica in cotto dell’inizio Quattrocento. L’in-terno rifatto completamente nel XVIII secolo, custodisce unprezioso coro ligneo intarsiato del Cinquecento, arricchito dallepreziose tarsie lignee di fra Giovanni da Verona, mirabolante

esempio di vedutismo rinascimentale.Completamente smembrato nel 1812 acausa delle soppressioni napoleoniche, furimontato, nel 1819, all’indomani dellariapertura al culto della chiesa, senza at-tinenza con l’originale e l’aggiunta di al-tri pezzi provenienti dal distrutto mona-stero olivetano di porta Tufi a Siena.La visita si è soffermata anche sul Chio-stro Maggiore per ammirare il ciclo diaffreschi delle storie di S. Benedetto daNorcia, compiuto in due momenti distin-ti. Da prima, nel 1495, vi lavorò LucaSignorelli, in un secondo momento, tra il1503-1505, Antonio Bazzi detto il Sodo-ma, il quale seppe trasmettere in queste

scene un bell’esempio del suo stile caldo e colloquiale, dimatrice lombarda con forti venature umbro-fiorentine. Nellavisita abbiamo avuto la possibilità di ammirare il refettoriomonastico, con le lunghe tavole di cipresso apparecchiate peril prandium quotidiano.Usciti dall’abbazia siamo discesi lungo la strada delle creteverso Buonconvento, ridente borgo dalle belle mura in cotto ditipo senese. Continuando verso sud per la Cassia abbiamosuperato uno sperone arenaceo su cui è adagiato il borgo di S.Quirico e che separa la Val d’Arbia a nord, dalla Val d’Orcia,a sud. Terra “senza dolcezza d’alberi” come ha scritto il poetaMario Luzi, famosa per essere stata dipinta dai pittori senesitre-quattrocenteschi, che ne hanno colto il cangiare continuodei colori al variare delle stagioni e della luce solare. Parconaturale, artistico e culturale, dal 2004 dichiarato patrimoniodell’umanità, la valle è limitata a est da un contrafforte roccio-so che sfuma nei rilievi a ridosso del Monte Amiata, sollevato-si circa 800.000 anni fa. Il vulcano è ormai spento, ma alla suaattività geotermica si devono le molte sorgenti termali ancoraattive sul territorio. Tra queste abbiamo visitato il caratteristi-co borgo di Bagno Vignoni. Su questi rilievi, che costituivano

l’antica costa del mare pliocenico, si trovano i castelli più munitidell’area: Ripa d’Orcia, Castiglion d’Orcia, Rocca d’Orcia eBagno Vignoni, i quali dovettero la loro prosperità economicaal controllo esercitato su uomini e merci che si spostavano

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3838383838lungo l’asse principale costituito dalla Francigena e sui per-corsi in direzione est-ovest, attraverso i quali si raggiungeva-no i popolosi e ricchi centri posti sulle alture della confinanteVal di Chiana. I suddetti borghi fortificati svolsero inoltre unruolo chiave nel controllo degli incerti confini dello stato se-nese, incuneato forzosamente tra i possedimenti delle consor-terie locali e lo Stato della Chiesa e disturbato militarmente epoliticamente dalla città di Orvieto almeno per tutto il XIIIsecolo. A questo intricato quadro geopolitico della zona si ag-giunse dal tardo Duecento la potente consorteria dei Salimbe-ni, che costituì, nel tempo, un vero e proprio feudo, incardina-to sul possedimento totale o parziale dei castelli valdorciani.Noto quello di Rocca d’Orcia, già Rocca dei signori di Tintin-nano, per aver ospitato Santa Caterina da Siena in veste dipaciere della Repubblica. Più a sud si staglia all’orizzonte laRocca di Radicofani, ubicata su una rupe basaltica a 896 metri

di altezza, residuo di un vulcano attivo 1.300.000 anni fa circae ora spento e quasi del tutto consunto. La rocca è famosa peressere stata usurpata dal nobile brigante Ghino di Tacco chenel 1295 ne fece il centro delle sue scorrerie, ricordate anchedal Boccaccio. Il castello entrò stabilmente nell’orbita senesesolo nel tardo Trecento, epoca nella quale la fortificazioneduecentesca, fatta realizzare dai papi romani, fu rifatta insie-me al cassero. L’attuale mastio tuttavia è stato ricostruito nel1929 in forme dal sapore medievaleggiante. Le fortificazionitrecentesche, distrutte in seguito alla guerra contro gli ispano-medicei, furono ridisegnate in forme più moderne nel corsodel XVI secolo. Dal 1999, dopo un decennale restauro, sonoaperte al pubblico. Nel sottostante borgo abbiamo visitato le

chiese di S. Pietro e di Sant’Agata, che conservano delle splen-dide pale robbiane.Tornando indietro per la Cassia e svoltando sulla sinistra dopoS. Quirico, si sale a Montalcino, borgo dalla suggestiva dispo-sizione urbanistica a gradoni discendenti, che accompagnanole altimetrie del colle sul quale il paese è costruito e da cui siaprono scorci mozzafiato. Il suo comprensorio appartiene allaVal d’Orcia, solo per il fatto che il torrente omonimo ne segnail confine a sud con una stretta gola scavata nelle rocce delMonte Amiata. Di fatto per natura geologica, morfologica e

vegetazionale e molto più simile ai rilievi che a ovest sfumanonella maremma grossetana. In più, gran parte del comune diMontalcino s’innerva intorno alla valle dello Starcia, tributa-rio dell’Orcia, il quale serpeggia attraverso un paesaggio ruvi-do e boscoso, in mezzo al quale sorge isolata la superba chie-sa di S. Antimo. La sua ubicazione amplifica l’importanzapolitica e amministrativa svolta dall’ abbazia regia nei secoliIX e XIII. La pianta, a tre navate con abside a cappelle radialie deambulatorio, tipica delle chiese di pellegrinaggio con mar-tyrium, ripete sostanzialmente quella di Saint Etienne de Vi-gnory in Francia, ponendosi in tal modo come unicum archi-tettonico in terra senese. Oggi nei dintorni di Montalcino s’im-pongono i vitigni di Sangiovese e Moscato bianco da cui, oltreil famoso Brunello, primo vino italiano ad ottenere nel 1980 ilDOCG, si produce il Rosso e il Moscadello come abbiamopotuto “saggiare” durante la nostra gita. Montalcino fu cele-brato dagli architetti del Cinquecento per le sue robuste forti-ficazioni incardinate sulla sovrastante rocca, costruita dai se-nesi nel 1356 e ampliata in periodo mediceo con un terrapieno

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Ahi! Angelo (N.d.R. Riposo), Sommo Assente. Tu che accampando no-stalgiche scuse hai disertato queste lande a te ben note e la nostra com-pagnia, fossi stato presente saresti forse riuscito ad arginare un siffattotorrente di notizie (vedi sopra) e financo i caffè, serviti da incerti ap-prendisti, avrebbero avuto altro sapore. Pozzo Rosa Bruno

bastionato. La suddetta rocca, dalla pianta a pentagono irrego-lare, che anticipa le strutture bastionate di epoca rinascimen-tale, rientra nella tipologia di “castello recinto” con funzionedi presidio militare e piazza d’armi, come dimostrano il gran-de piazzale e le torri che si aprono al suo interno. Per la suainvulnerabilità, Montalcino divenne l’ultimo avamposto dellaRepubblica Senese che dal 1555 al 1559 vi s’insediò dandovita alla Repubblica senese ritirata in Montalcino.L’ultimo giorno lo abbiamo dedicato a Chiusi. Il borgo, postoal confine con l’Umbria, in tempi recenti si è accresciuto avalle intorno alla stazione ferroviaria, costruita nel 1873. Devela sua importanza economica alla bonifica della val di Chiana,e al ruolo di snodo stradale suggellato fin dal 1964 con l’aper-tura dell’Autostrada del Sole. Nella visita del borgo storico cisiamo incentrati sul Museo Nazionale Etrusco, la cui collezio-

ne è stata recentemente risistemata in modo chiaro e leggibile.Attraverso i reperti esposti abbiamo potuto ripercorrere le fasidi crescita dai primi insediamenti proto villanoviani fino al-l’epoca del grande sviluppo urbano della città del mitico Por-senna, avvenuto intorno al VII-VI secolo a.C. Abbiamo ap-prezzato, nello stesso tempo, la locale produzione artigianalecon l’esposizione dei famosi canòpi, dei buccheri pesanti, deimonili in oro e argento e delle urnette istoriate in serie. I reper-ti, provenienti dalle numerose necropoli del circondario, testi-moniano altresì lo sviluppo avuto in epoca romana e longo-barda, periodo nel quale, nonostante una crisi generale dellestrutture urbane, Chiusi svolse ancora un ruolo strategico nel-l’amministrazione del territorio.

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4040404040Associazione Solagnon Togo ONLUS

Roberto Borasio - PresidenteIl Togo è un piccolo Paese dell’Africa equatoriale e nella lingua locale “solagnon” significa “futuro migliore”. Offrire attraverso la formazio-ne professionale almeno la speranza di un futuro anche ai giovani del Togo è l’obiettivo dell’Associazione Solagnon Togo, costituitasi in

regime di Onlus a Torino poco più di un anno fa per iniziativa diun sacerdote togolese, don Koffi-Leon Anani, e di un nucleo disostenitori, tutti venuti in contatto con don Leon negli anni dellasua permanenza in Italia per conseguire la laurea. L’Associazio-ne è attualmente impegnata nella realizzazione di un centro diformazione professionale che sta sorgendo nella località di Agbo-drafo, nel sud-est del Togo, secondo progetto della locale Dio-cesi della Chiesa Cattolica e sotto la responsabilità di don Leon.Il Centro impiegherà personale della Caritas e effettuerà corsi diformazione professionale nel settore della falegnameria innan-zitutto e quindi in settori diversi quali carpenteria, meccanica esartoria. Compito dell’Associazione è reperire i fondi necessaria realizzare l’opera e possibilmente concorrervi anche con l’in-

vio di attrezzature e la collaborazione di alcuni associati. Con i fondi sino ad ora reperiti sono già stati effettuati oltre un terzo dei lavoriprevisti e sono già stati trasferiti ad Agbodrafo macchinari e attrezzi per la lavorazione del legno pronti per l’impiego. I contatti con larealtà locale sono stretti e costanti. Alcuni associati si sono già recati personalmente in Togo per verificare il corso delle opere oltre cheper prestare collaborazione e anche don Leon è venuto periodicamente in Italia per sviluppare il progetto. Per ogni maggiore informazio-ne invitiamo i lettori a visitare il sito ww.solagnon.org e a indirizzare a [email protected] ogni eventuale richiesta. Consapevolidella crisi con cui tutte le categorie sociali del nostro Paese sono chiamate a misurarsi, ringraziamo di cuore coloro che nondimenovorranno dare il proprio contributo alla realizzazione dell’opera mediante bonifico bancario a favore di Associazione Solagnon TogoOnlus presso Banca Prossima S.p.A. IBAN IT29E0335901600100000063273 (avendo cura di specificarne la causale indicando gene-ralità, indirizzo e dati fiscali del donante) e destinando il 5 x 1000 IRPEF all’Associazione (codice fiscale 97745790010). Le donazioni afavore dell’Associazione-Onlus sono fiscalmente deducibili o detraibili secondo la normativa vigente per ciascun anno d’imposta.

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4343434343ACCORDI ASSICURATIVI E MUTUALISTICI

Per maggiori ragguagli relativi a tutte le suddette offerte: rivolgersi in Associazione

RESPONSABILITÀ CIVILE CAPO FAMIGLIAIn esclusiva gratuita per i soli soci

Tiene indenne l’Assicurato ed i componenti del suo nucleo familiare di quanto sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile, a titolo di risarcimentodi danni involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentalmente verificatosi nell’ambito della vita privata comprendendo anchele responsabilità su di loro gravanti per i fatti illeciti commessi dai collaboratori domestici.

AUTOVETTURE tramite ASDIBA

••••• RCAuto: sconti significativi applicati sulle vigenti tariffe••••• ALTRE GARANZIE OPZIONALI: a condizioni di favore.

Tutte le agevolazioni di cui sopra sono estensibili anche a: coniuge o familiari conviventi.

MOTOCICLI tramite ASDIBA••••• RESPONSABILITÀ CIVILE: a tariffa preferenziale.••••• INCENDIO E FURTO: prezzi scontati.

Anche queste agevolazioni sono estendibili ai parenti, intendendosi per tali quelli sopra richiamati.

INFORTUNI tramite ASDIBANFORTUNI tramite ASDIBA

PRESTAZIONI SANITARIE tramite EMVAPEMVAP gestisce da tempo, sotto forma di Sussidi Mutualistici, il nostro Settore Sanitario. Questa impostazione permette anche di migliorare il servizioe di potenziare il potere di tutela nei confronti degli Associati (ad esempio evitare irreparabili disdette inoltrate al singolo da parte di una Compagniaassicuratrice). I sottoscrittori potranno inoltre usufruire delle detrazioni previste dalla vigente normativa fiscale nel caso di versamenti di “contributiassociativi”.

Principali caratteristiche dei Sussidi E.M.V.A.P.L’età massima in ingresso corrisponde ad anni 71 non ancora compiuti; è necessario compilare preventivamente un Modulo sanitario riguardante lasituazione fisica dell’Aderente (indicando le precedenti cure, gli interventi chirurgici e gli eventuali infortuni subiti).All’atto della prima adesione potrebbe essere richiesta l’esclusione di alcune patologie pregresse e pre-conosciute. In tal caso si avrà la facoltà direcedere, annullando il modulo già presentato.

Il “Sussidio per Ricoveri” è denominato GOLD.Per maggiori informazioni interpellare la nostra Sede associativa; un estratto delle condizioni è pubblicato sul nostro Sito.

Ad esso vengono abbinati automaticamente i seguenti Servizi:• VISITE SPECIALISTICHE private e su appuntamento, utilizzando il Circuito dei medici convenzionati, a tariffe “agevolate” e con servizio

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Giovanni POLLINO - tel. 011.19885007 - fax 011.4368005e-mail: [email protected]

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Associazione Pensionati e Dipendentidella ex Cassa di Risparmio di Torinoe di altre BancheAssociazione di volontariato senza scopo di lucro

ExCRT&Co.