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PERIODICO della COLDIRETTI di MILANO e LODI PUBBLICAZIONE MENSILE SOMMARIO 3 - Maxi centrale sull’Adda 4 - Definiti i Vam di Lodi 6 - La Lombardia si scopre fragile 9 - Cereali, 2012 tra luci e ombre 10 - Latte, costi alle stelle 13 - La crisi delle risaie 14 - Corsi per la didattica aziendale 17 - Lavoro, novità sulla sicurezza Poste Italiane SpA Spedizione in abb. postale 70x100 LO/MI FEBBRAIO 2013 l DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA FILZI, 27/A 20124 MILANO TELEFONO 02/5829871 Crisi dura: primi spiragli? 2 ANNO XXI

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PERIODICO della COLDIRETTIdi MILANO e LODIPUBBLICAZIONE MENSILE

SOMMARIO3 - Maxi centrale sull’Adda4 - Definiti i Vam di Lodi6 - La Lombardia si scopre fragile9 - Cereali, 2012 tra luci e ombre

10 - Latte, costi alle stelle13 - La crisi delle risaie14 - Corsi per la didattica aziendale17 - Lavoro, novità sulla sicurezza

Poste Italiane SpA Spedizione in abb. postale 70x100 LO/MI FEBBRAIO 2013 l DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA FILZI, 27/A 20124 MILANO TELEFONO 02/5829871

Crisi dura: primi spiragli?

2ANNO XXI

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COLDIRETTI INTERPROVINCIALE DI MILANO, LODI, MONZA E BRIANZAIndirizzo: via Fabio Filzi, 27 – Milano - Tel: 02.58.29.871 - Fax: 02.58.30.35.49Presidente: Carlo Franciosi - Direttore: Giovanni Benedetti

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* L’Ufficio Epaca rimane chiuso il giovedì per tutta la giornata

DIRETTORE RESPONSABILECarlo Domenico Greco

DIREZIONEe AMMINISTRAZIONE

Via F. Filzi, 27/A - MILANO02 5829871 (r.a.)

REDAZIONEDaniela Maggi

REGISTRAZIONE TRIBUNALEdi MILANO

n. 82 dell’8/02/1992

HANNO COLLABORATOA QUESTO NUMERO:

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Pierluigi Castiglioni

PROGETTO GRAFICOe IMPAGINAZIONE

PMP - Lodi

FOTOGRAFIEArchivio “il Cittadino”

STAMPASigraf spa - Treviglio (BG)

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La Coldiretti Interprovincialetra Milano, Lodi, Monza e Brianza

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3febbraio 2013

Maxi centrale sull’AddaColdiretti: valutare i rischi Un super impianto idroelettrico in progetto tra Lodi e CremonaChiesta task force di esperti per studiare l’impatto sul territorio

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U na maxi centrale idroelettrica da 20 megawatt da costruire sbarrando l’Adda tra Castelnuo-

vo e Crotta, a cavallo delle province di Lodi e Cremona. È il progetto di una società privata che rischia di provocare un innalzamento di tre metri del livello del fiume con un bacino di tre milioni di metri cubi. Contro questo progetto, la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza fa fronte comune con quella di Cremona per salvaguardare corsi d’acqua, terreni e falde di un territorio su cui operano diverse aziende agricole. La posizione della nostra associazione è chiara: mobilitare una task force di tecnici e specialisti per evitare che le valutazioni sull’impatto del “cappio al collo” del fiume arrivino solo dalla società costruttrice, ossia da chi ha tutto l’interesse che l’opera venga realizzata. Qui non parliamo di un mini impianto che sfrutta i salti naturali del fiume senza stravolgerne lo scorrimento, ma si tratta di una vera e propria

diga che provocherà, stando al progetto dello stesso costruttore, un “rigurgito” d’acqua con innalzamento del livello per oltre 14 chilometri fra Castelnuovo (Lodi), Crotta (Cremona) e Maleo (Lodi) – spiega la Coldiretti di Milano Lodi e Monza Brianza – con imprevedibili conseguenze sull’area interessata: dalla tenuta delle sponde alla pressione sulle falde superficiali con la formazione di polle di risorgive, fino a veri e propri allagamenti dei terreni agricoli che diventerebbero così inservibili. Nel cremonese la maxi centrale andrebbe ad impattare un’ampia fascia di territorio posto all’interno del Parco Adda Sud, tra i comuni di Crotta d’Adda e Spinadesco, fino al territorio di Pizzighettone. Parlare di energia pulita e poi rischiare problemi del genere pare un controsenso – commenta la Coldiretti di Milano Lodi e Monza Brianza – Se poi dovesse succedere qualche incidente a cose o persone qualcuno se ne dovrà assumere

la responsabilità, a cominciare dai promotori, passando per i progettisti fino ad arrivare agli enti che dovrebbero firmare le autorizzazioni per realizzare l’opera. Per questo – afferma la Coldiretti – stiamo coinvolgendo agronomi, ingegneri e geologi per valutare l’impatto della diga e della centrale sul territorio, visto che a quanto pare non è stata resa pubblica alcuna valutazione di impatto ambientale che, con un’opera di questo tipo, dovrebbe essere la prima cosa che si valuta. A maggior ragione – conclude la Coldiretti – se si tratta di un progetto di privati che sfruttano un bene pubblico per un proprio tornaconto economico. A livello istituzionale è in corso un acceso dibattito: la provincia di Lodi ha deciso di allargare il più possibile la partecipazione di Comuni, Consorzi di bonifica e Associazioni di categoria degli agricoltori l’iter decisionale sul progetto, segno evidente che l’argomento è della massima importanza.

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Furti in azienda: Coldiretti chiede più sicurezza

Anche la Provincia di Lodi, come anticipato lo scorso numero ha de-liberato l’allegata tabella con i Vam 2013. Dalla lettura si capisce che sono stati confermati i valori del 2012.Sull’argomento si è acceso in sede di Commissione un animato dibatti-to in quanto le Organizzazioni agri-cole – Coldiretti in testa – avevano chiesto l’adeguamento alla realtà del mercato di detti valori.I Vam per Lodi sono fermi da qual-che anno e ciò non è assolutamen-te giustificabile tanto è che, sem-pre le Organizzazioni agricole, non hanno accettato tale situazione e la delibera di Commissione è passata con i voti degli Enti Pubblici presen-ti – Provincia in testa e che ha ca-peggiato la opposizione a modifiche di detti valori.

Ecco i nuovi Vam di Lodi

Cascine nel mirino: nel 2012 fra le province di Milano, Lodi e Monza sono stati rubati macchinari, carburante e prodotti per un valore di circa mezzo

milione di euro. L’ultimo furto segnalato si è verificato nello spaccio agricolo di un allevamento di capre a Gorgonzola – spiega la Coldiretti interprovinciale – dove sono stati razziati 9 quintali di formaggi (fra erborinato e granone), una decina di capi già macellati e tre bilance elettroniche, il tutto per un valore al dettaglio di oltre 20 mila euro. I ladri sono arrivati verso le 14, quando lo spaccio ha chiuso per mezz’ora di pausa: hanno scardinato la porta di ingresso, accostato in retro un furgone grigio e iniziato a caricare i formaggi e la carne. Uno dei banditi, con il volto coperto era fuori a fare il “palo” per dare l’allarme in caso di problemi, mentre dentro, almeno 3 persone, prendevano i prodotti e li

portavano sul camioncino. Verso le 14.30 il gestore del negozio ha dato un’occhiata al cortile e ha visto la scena: i ladri a quel punto hanno messo in moto e sono scappati. In genere – dice la Coldiretti di Milano Lodi e Monza Brianza – a finire nel mirino dei malviventi sono soprattutto carburante e mezzi agricoli: dalle piccole motozappe e tosaerba alle macchine movimento terra. Le segnalazioni si concentrano nella fascia territoriale a nord della città di Milano, da ovest a est della Lombardia: da Castano Primo, Cuggiono e Turbigo (al confine con il Piemonte) fino alla zona della Martesana, passando da Rho, Magenta, Cesano Maderno e Villasanta. Le cascine isolate sono le più esposte, anche se non esiste una regola – commenta la Coldiretti - i controlli delle forze dell’ordine sono fondamentali per arginare il fenomeno ed è auspicabile che vengano intensificati.

Ospiti in agriturismo, schede solo via web

Milano, raddoppiati i giorni di aperturadel mercato

Per rispondere alla continua rischiesta di prodotti di qua-lità e del territorio, il farmers’

market di via Ripamonti a Milano aumenta le aperture: oltre a quel-le già sperimentate del mercoledì mattina e del sabato mattina, da venerdì 15 febbraio rimarrà aper-

to anche il venerdì pomeriggio dalle 15 alle 19 e, dal 21 febbraio, il gio-vedì mattina. Con queste due aper-ture aggiuntive – spiega la Coldiretti di Milano – gli agricoltori vogliono rispondere alle richieste di quei con-sumatori che il mercoledì e il sabato mattina hanno difficoltà a passare, ma che non vogliono rinunciare ai prodotti del territorio. Al farmers’ market di via Ripamonti la spesa media è di circa 23 euro - stima la Coldiretti - un 55% di frutta e ver-dura, 20% di carne e salumi, 10%

formaggi e il resto diviso negli altri prodotti. Il successo dei farmers’ market di Campagna Amica testi-monia il cambiamento in atto nella spesa alimentare dei milanesi. Dai dati della Camera di commercio – conclude la Coldiretti provinciale – emerge come siano in aumento gli acquisti di latte, formaggi e uova (+6,7%), frutta e ortaggi (3,9%), di pasta e riso (2,9%), le carni bianche (+46,4%) e le consuma-zioni fuori casa (+27,2%) per un totale di 410 euro al mese.

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5febbraio 2013

Carnevale in cascina

Carnevale ambrosiano in ca-scina. E’ successo in alcune aziende agricole della pro-

vincia di Milano che, per la festa più pazza dell’anno, hanno offerto i propri spazi e la propria capacità d’intrattenimento a bambini e adul-ti. All’azienda agricola “Vivai Natu-ra” di Basiglio, ad esempio, giovedì 14 e venerdì 15 febbraio, in con-comitanza con la chiusura festiva delle scuole, sono state organizzate due giornate di giochi e attività per una quarantina di bambini tra i 5 e gli 11 anni. La filosofia seguita è stata quella di educare divertendo: agli alunni presenti sono stati pro-posti diversi laboratori creativi, tra i quali la preparazione di zollette di terra per la semina e la creazione di piccole mangiatoie per gli uccellini. Attraverso questi appuntamenti – spiega la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza – i cittadini consumatori si avvicinano alla no-stra agricoltura e hanno modo sia di conoscere i segreti delle attività in campagna e sia di imparare a rispettare la natura. Tra le ini-

ziative di questo Carnevale 2013 non sono mancati appuntamenti al buio come quello organizzato dalla Cascina Guzzafame di Gag-giano, dove è andata in scena una caccia al tesoro notturna. Unico requisito per partecipare: essere in maschera. “Abbiamo riscosso un grande successo – spiega Jessica, una delle organizzatrici -. Grandi e piccoli si sono divertiti molto e la partecipazione è andata oltre le nostre aspettative: erano circa 60 le persone presenti. Siamo contenti e stiamo già predisponendo nuove iniziative per i prossimi mesi”.

Milano, le proposteColdiretti sul nuovo Piano Faunistico venatorio

La Coldiretti di Milano e Lodi interviene sulla proposta del nuovo Piano Faunistico

Venatorio della provincia di Mi-lano, a cominciare dalla riduzio-ne degli Atc da tre a due con la nascita dell’Atc Pianura Milane-se. Un’operazione che, secondo Coldiretti, potrebbe rispondere meglio alla razionalizzazione delle voci di costo purché ven-ga specificato in che modo si intende investire la somma che si andrebbe a risparmiare. Per-tanto, afferma Coldiretti, per un definitivo parere positivo su questo punto è necessario desti-nare la somma risparmiata per incrementare i finanziamenti a voci quali interventi di gestio-ne agro-ambientale, azioni di prevenzione e risarcimento dei danni della fauna selvatica e la suddivisione del nuovo ATC in unità operative e distretti di gestione. Non possiamo invece concordare – spiega la Coldiret-ti provinciale – sulla proposta di una quota variabile tra il 10 e il 20% del bilancio annuale degli ATC per interventi di migliora-mento ambientale. Riteniamo che per tali iniziative serva al-meno il 30% del rendiconto. Sul fronte della fauna selvatica la situazione è ormai insostenibile. Per risolverla serve una politica di gestione e di controllo più ef-ficace, che impone un maggior coordinamento tra le varie isti-tuzioni coinvolte, la riattivazione dei Gruppi di lavoro già avviati e una semplificazione delle prati-che burocratiche per la richiesta di risarcimenti, che non possono essere concessi a copertura solo della parte di danno superiore a 500 euro o fino a un tetto pre-stabilito. Per rimborsare comple-tamente i danni – afferma Col-diretti – i soldi possono essere recuperati dando alle Province la possibilità di riscuotere tutte le tasse versate dai cacciatori, anche quelle che ora finiscono nelle casse dello Stato. La ge-stione faunistica – conclude Col-diretti – non è solo un problema agricolo venatorio, ma coinvolge anche la pubblica sicurezza. Per questo, si potrebbero incanalare su questa tematica anche risor-se provenienti da altri settori.

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In alto bambini alla cascina Guzzafame, qui sopra all’azienda “Vivai Natura”

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L a Lombardia viene giù. Oltre 4 mila chilometri quadrati di territorio nel 2012 risultavano

interessati da frane, con un aumento del 24 per cento rispetto a 6 anni fa. Il dato emerge da un’elaborazione di Coldiretti Lombardia su dati Iffi (Inventario fenomeni franosi in Italia) e disegna una regione che, soprattutto nelle province di Pavia, Como, Sondrio e Bergamo ha registrato aumenti a due cifre nel numero degli episodi. “Il problema è sotto gli occhi di tutti, in particolare di chi sta in montagna – spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia –. Dal 2006 a oggi si è passati da 130 mila a oltre 148 mila fenomeni, con un aumento del 13 per cento e coinvolgendo il 17 per cento dei 23.800 chilometri quadrati del territorio regionale. L’Italia frana anche perchè il 25 per cento delle campagne negli ultimi 40 anni è stato coperto dal cemento, con un consumo spropositato di suolo, o abbandonato, come è successo in alcune aree montane”. A livello nazionale – afferma la Coldiretti - un territorio grande come due volte la Lombardia è stato sottratto all'agricoltura senza che questo processo fosse accompagnato da un adeguamento della rete di deflusso delle acque. In Lombardia il maggior numero di frane si registra in provincia di Sondrio (con il 30 per cento di tutti gli eventi individuati

in regione) seguita da Brescia, Bergamo, Como, Pavia e Lecco. Il record di diffusione spetta invece a Pavia con un più 37 per cento in 6 anni, visto che si è passati da 5.949 a 8.130 fenomeni. “In provincia di Pavia sono aumentate le frane che interessano uno strato di terreno fino a due metri di profondità, innestate da precipitazioni intense e concentrate che si stanno verificando in questi anni a causa del cambiamento climatico – spiega Claudia Meisina, ricercatore del Dipartimento di Scienze della terra e dell’ambiente dell’Università di Pavia –. Nel 2009 la fascia nord orientale dell’Oltrepo Pavese è stata colpita da piogge che non c’erano mai state prima. Il fenomeno è favorito, in particolare, dalla tipologia del terreno, limaccioso sabbioso, e dall’abbandono di aree sulle quali non si fa più la manutenzione del reticolo idrico o non si favorisce il corretto scorrimento delle acque”. Dal 2006 a oggi è salita anche l’incidenza dei fenomeni ancora potenzialmente attivi, passata dal 90 al 95 per cento – conclude la Coldiretti -, mentre per quanto riguarda le fasce territoriali più vulnerabili ci sono in Lombardia oltre 30 mila chilometri di strade secondarie e principali, oltre 8 mila chilometri di linee elettriche, quasi 2 mila chilometri di percorsi ferroviari e più di 2.400 chilometri quadrati di aree urbane.

Sisma, in arrivo i finanziamenti

Trentasette imprese agricole per un totale di 6.402.208 euro di finanziamento regionale. E'

l'esito del primo bando emanato in soccorso dei caseifici, delle latterie sociali e delle aziende agricole, che hanno subito gravi danni alle strutture e agli impianti a seguito del sisma dello scorso maggio. Regione Lombardia ha reso pubblico l'elenco delle domande ammesse a finanziamento ai sensi della misura 121 del Programma di sviluppo rurale 2007/2013 'Ammodernamento delle aziende agricole'. Dal 31 gennaio le aziende avranno 15 mesi di tempo per completare i lavori di ripristino delle strutture e degli impianti e chiedere il pagamento. Sarà possibile anche richiedere un anticipo del 20 per cento del contributo concedibile o un pagamento parziale a copertura dei lavori gi realizzati. Questa prima assegnazione impegna oltre la metà della dotazione iniziale del bando sulla misura 121, pari a 11 milioni di euro. Di questi, 2,5 milioni sono stati utilizzati per soddisfare il fabbisogno delle domande presentate dalle aziende in zona terremotata, già precedentemente istruite, ma che erano rimaste in graduatoria in attesa di essere finanziate. Il residuo, di circa 2 milioni, è stato impiegato nel secondo bando, chiuso il 31 gennaio, indirizzato alle aziende agricole che hanno subito danni di minore entità. Il decreto n. 437 del 25 gennaio 2013 è consultabile, oltre che sul Burl, anche sul sito della Direzione generale Agricoltura. Intanto, il Ministero delle Politiche agricole ha riconosciuto lo stato di calamità naturale ai paesi colpiti dell'Oltrepo mantovano. Via libera quindi anche ai risarcimenti previsti dal Fondo di solidarietà nazionale e che potrebbero essere assegnati, alle Regioni che ne hanno fatto richiesta nel 2012, a partire dal mese di luglio.

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La Lombardia si scopre fragile: in sei anni 24% di frane in più

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7febbraio 2013

L a Commissione Ue ha presentato una proposta relativa alla sospensione

temporanea per tutti gli usi di tre neonicotinoidi (clothianidin, thiamethoxam e imidacloprid) a seguito della pubblicazione da parte dell’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, di una valutazione del rischio sui tre fitofarmaci, in relazione ad una potenziale minaccia per le api. L’Efsa ha proposto che il divieto duri 2 anni a partire dal 1 luglio 2013 solo per quattro colture (mais, soia, cotone e girasole) su cui gli studi sono al momento più approfonditi ed i dati disponibili sembrano dare un qualche fondamento scientifico al fatto che possa effettivamente sussistere un nesso di causa effetto tra l’uso di tali principi attivi su tali colture e la moria delle api. La Commissione Ue, invece, vorrebbe estendere il divieto d’uso anche su molte altre colture soprattutto ortofrutticole (ad es. mele, albicocche, carciofi, asparagi, fagioli) che non sono classificate come attraenti per le api. Una proposta che sta sollevando

forti perplessità nel Copa Cogeca, l’associazione europea dei produttori agricoli, che propone invece che si applichino esclusivamente procedure di mitigazione del rischio basate su solide basi scientifiche e nel rispetto di un approccio di proporzionalità. Tali misure prevederebbero l’applicazione di barre alle seminatrici per l’abbattimento a terra delle polveri, secondo il sistema “dual deflector” e l’impiego di sementi confettate in modo tale che si riduca al minimo la possibilità che le api entrino in contatto con le sostanze attive sospettate di creare problemi. Tuttavia, dagli stessi dati sperimentali emerge che tali tecniche abbattono sensibilmente il rischio di mortalità delle api ma non lo escludono totalmente, in quanto anche basse percentuali di polveri contaminate con tali principi attivi, provocano effetti negativi sul sistema nervoso delle api indebolendole e rendendole più esposte a malattie o ad altre cause che, in azione sinergica, finiscono per incidere negativamente sul loro stato di salute.

Oltretutto, in questi anni nei quali in Italia è stato vietato l’impiego di clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid e fipronil per la concia delle sementi di mais, i produttori sono ricorsi a misure alternative previste dall’Ue, tra le quali anche il ricorso all’uso di geodisinfestanti senza che si siano registrate particolari difficoltà. Coldiretti ha sempre ritenuto, in merito a questa vicenda, che occorra rimettersi al parere dell'autorità scientifica. Quindi, per le tre sostanze sulle quali al momento esistono maggiori studi scientifici e più acclarato è il sospetto che possano nuocere alla salute delle api, condivisibile è la proposta di divieto per due anni, limitata solo alle quattro colture sopra indicate, ma non quella della Commissione UE di estenderlo anche ad un elenco di colture ortofrutticole classificate come non attraenti per le api. Coldiretti ritiene, inoltre, auspicabile che l'Efsa completi la raccolta e l'analisi dei dati a disposizione al fine di poter dare indicazioni certe agli apicoltori e ai maiscoltori.

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Neonicotinoidi, ok al divietoma solo per quattro coltureI produttori agricoli propongono di applicare procedure di mitigazione del rischio basate su solide basi scientifiche

In Lombardia via liberaal piano triennale apisticoP er migliorare sempre di più la qualità del miele lombardo e

la sua commercializzazione, la Regione ha approvato il piano triennale per il settore apistico e ha avanzato, al Ministero delle

Politiche agricole, una richiesta finanziaria di 2.730.000 euro, ovvero 910.000 euro l'anno a partire dalla campagna produttiva 2013/2014. Se concessi, questi fondi dovrebbero finanziare una serie di interventi mirati quali il contenimento delle avversità sanitarie (tipo la Varroa), l'assistenza tecnca agli agricoltori, l'acquisto di macchine e attrezzature per esercitare il nomadismo e la salvaguardia del patrimonio apistico. Il settore in Lombardia conta circa 140.000 alveari, dai quali si producono ogni anno 17.000 quintali di miele, per un valore della produzione, ai prezzi base, stimata attorno ai 5,7 milioni di euro. Stando alle denunce degli alveari ai servizi veterinari regionali relativi al 2012, in Lombardia operano circa 3.300 apicoltori, di cui 2700 operatori che aderiscono alle due associazioni apistiche regionali.

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La Lombardia agricola ha salutato il 2012 all'insegna della crisi, ma il peggio sembra essere alle

spalle. Almeno stando ai dati emersi dall'indagine congiunturale di Unioncamere e Regione Lombardia sullo stato del settore nel quarto trimestre dello scorso anno. Se, infatti, gli ultimi tre mesi del 2012 sono stati negativi, confermando la tendenza iniziata a gennaio, alcuni valori sono leggermente migliori di quelli registrati nel terzo trimestre: la crisi viene quindi confermata, ma almeno non sembra aggravarsi ulteriormente. È ancora prematuro parlare di inversione di tendenza, ma secondo l'analisi il punto più basso è stato toccato. Con il 2013, quindi, dovrebbe iniziare la risalita. La crisi dell'agricoltura lombarda è una crisi di redditività delle aziende, determinata da due fattori: la crescita dei costi di produzione da una parte, la domanda interna di consumi alimentari molto debole dall'altra. L'aumento delle spese di produzione ha riguardato tutte le voci di spesa, ma particolarmente significativi sono stati gli incrementi di prezzo dei mangimi, dei prodotti energetici e di quelli legati all'andamento del prezzo del petrolio (concimi e anti parassitari). Calo leggero, invece, per il costo del carburante. Guardando all'intero 2012, i costi produttivi hanno penalizzato sia le aziende di coltivazione, sia quelle

zootecniche che risultano essere anche quelle più colpite nella parte finale dell'anno. Secondo quanto riferito dal rapporto, nel 2013 si prospetta un raffreddamento dei costi di produzione anche per le imprese zootecniche. Per quanto riguarda i consumi alimentari degli italiani, negli ultimi tre mesi del 2012 si sono ridotti non solo dal punto di vista valoriale, ma anche da quello quantitativo: in pratica per far quadrare i conti familiari non basta più acquistare prodotti più economici o interessati da offerte, ma è necessario anche tagliare sulle quantità. Secondo una ricerca OCSE, poi, nei primi nove mesi del 2012 gli italiani hanno acquistato meno carne

(-5,5% in quantità), meno pesce (-1%), e meno prodotti ortofrutticoli (-0,9%), mentre hanno aumentato gli acquisti di pane (1,3%), uova (5,3%) e farina (8,3%). In un quadro generale di difficoltà, una nota positiva arriva dal confronto su scala nazionale: la performance del sistema agricolo lombardo, infatti, risulta migliore rispetto al contesto italiano. Va precisato, però, che i risultati ottenuti cambiano molto da un settore all'altro. Segno positivo per il comparto cerealicolo, che ha beneficiato del buon andamento dei prezzi e delle ottime rese dei cereali autunno - vernini, per il settore vitivinicolo, trainato dall'export, e per il settore suinicolo, che torna a respirare dopo mesi difficili grazie all'andamento dei prezzi che compensa la minor quantità prodotta. Arrancano invece il comparto delle carni bovine, il settore lattiero, dove soffre soprattutto chi vende il latte alla stalla, l'orticoltura e il florovivaismo che hanno risentito del calo dei consumi interni. Il dato più positivo in questo trimestre si conferma essere l'andamento delle esportazioni: secondo Coldiretti il loro valore nel 2012 ha superato i 31 miliardi di euro. Un vero e proprio record storico. Qualche difficoltà, invece, si continua a registrare sul fronte dell'accesso al credito, anche se l'agricoltura si conferma un settore anti-ciclico, così come dimostra la tenuta dei livelli occupazionali.

Andamento trimestrale aziende agricole lombarde IV trim

2010 I trim 2011

II trim 2011

III trim 2011

IV trim 2011

I trim 2012

II trim 2012

III trim 2012

IV trim 2012

Valori assoluti

51.822 51.306 51.397 51.282 50.999 50.461 50.521 50.506 50.258

Variazioni assolute sul trimestre precedente

-328 -516 91 -115 -283 -538 60 -15 -248

Variazione % sul trimestre precedente

-0,63% -1.00% 0,18% -0,22% -0,55% -1,05% 0,12% -0,03% -0,49%

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Crisi, primo timido spiraglioEmerge dall’indagine congiunturale di Unioncameresullo stato del settore nel quarto trimestre 2012

Dati dal rapporto Unioncamere Lombardia

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9febbraio 2013

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Il 2012 è stato un anno con luci ed ombre per il comparto cere-alicolo lombardo, caratteriz-zato

da un andamento delle principa-li variabili produttive e di merca-to molto differenziato tra i diversi cereali. Emerge dal Rapporto di Unioncamere Lombardia sul quarto trimestre 2012. Due i grandi prob-lemi che hanno tormentato il set-tore lo scorso anno: da una parte la siccità estiva che ha fiaccato le rese produttive, dall’altra la contami-nazione di aflatossine che, grazie alla natura irrigabile della maggior parte dei terreni, in Lombardia ha colpito meno duro che altrove. Il frumento tenero ha raggiunto un massimo storico per le rese, atte-standosi sul valore record di 61 q/ha nella media regionale (+20,2% rispetto al 2011). Anche le super-fici investite sono risultate in forte crescita rispetto all’anno prima (cir-ca 56 mila ettari contro i 45 mila del 2011), complici le ottime con-dizioni meteorologiche che avevano caratterizzato la campagna di sem-ina. Il risultato complessivo è di un forte aumento della produzione to-tale, che nel 2012 ha sfiorato le 400 mila tonnellate, con un recupero di

ben il 44,7% rispetto al 2011. Tendenza diametralmente oppos-ta per il mais da granella: rese produttive in calo a causa del-la grave siccità estiva (105, q/ha contro i 118,8 del 2011, con una diminuzione dell’11,3%), riduzione dell’11,4% delle superfici inves-tite, produzione complessiva di cir-ca 2.260 mila tonnellate, in netto calo rispetto all’anno precedente (-21,4%). I dati del mais da granel-la vanno però letti anche alla luce di quelli relativi al mais trinciato, il cosiddetto mais ceroso, utilizzato come foraggio negli allevamenti zootecnici e come materia prima per alimentare i digestori degli im-pianti di biogas. L’ aumento delle superfici desti-nate a mais ceroso (+35.535 ha) ha più che compensato la minore superficie destinata alla produzione di mais da granella (-27.677 ha), nonostante gli effetti negativi della siccità che hanno determinato una sensibile riduzione delle rese pro-duttive passate da 587 q/ha a 523 q/ha. Da segnalare anche una di-minuzione significativa delle super-fici investite a riso (-6,5% rispetto al 2011). Nel complesso le prime

stime del Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi dell’Università degli Studi di Milano (DEMM) calcolano una diminuzione in quantità della produzione di ce-reali totale rispetto al 2011 pari a circa 500.000 tonnellate (-12,5%), che tiene conto anche dell’aumen-to della produzione di orzo, deter-minata da un incremento sia delle superfici investite che delle rese. Sul fronte dei prezzi di mercato, per il frumento tenero a fine dicembre la quotazione si è attestata intorno ai 280 €/t, mentre il prezzo del mais a fine anno si è assestato intorno a circa 255 €/t. Il riso, invece, ha raggiunto un prezzo medio intorno ai 305 €/t. Di fronte a questa situazione molti produttori hanno preferito aspet-tare a commercializzare il prodotto sperando in una ripresa del prezzo, ma fino ad ora non hanno visto sod-disfatte le loro aspettative. Sull’an-damento della redditività di tutti i produttori cerealicoli ha comunque pesato in maniera negativa l’au-mento dei costi di produzione, che ha riguardato in particolare il carbu-rante agricolo, i concimi e i prodotti fitosanitari.

Cereali, un 2012 in chiaroscuro

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In questo inizio d’anno, il mercato mondiale del latte e dei caseari evidenzia segnali contrastanti. A

fine 2012, come sovente accade in questo periodo, le quotazioni del latte spot hanno manifestato una netta riduzione sia in Italia che in Olanda. Contestualmente anche i prezzi del latte alla stalla si sono ridotti in Germania, Danimarca, Svezia e Inghilterra. La crisi dei consumi e il picco di produzione invernale hanno indotto Arla Foods e Friesland Campina, i due colossi cooperativi del nord Europa, a rivedere al ribasso i prezzi del latte su tutti i mercati in cui acquistano e operano, con riduzioni nell’ordine di 1,2/1,5 centesimi al litro. Di contro, l’ultima asta del Global Diary Trade, la piattaforma internazionale ove avvengono il maggior numero degli scambi di prodotti lattiero caseari, ha segnalato un incremento medio dell’1,1% per le quotazioni di latte in polvere intero e scremato, burro, crema di latte, siero, proteine, confermando un andamento più che positivo per tutto il 2012. In

questo contesto, la Lombardia sembra essere la “mosca bianca” poichè il prezzo del latte alla stalla è aumentato solo qui.Tutti gli operatori del comparto (cooperative, trader, industrie di trasformazione) sono coscienti delle difficoltà che stanno soffocando i produttori, stritolati tra costi di produzione fuori controllo e prezzo del latte fermo ai valori di 30 anni fa, ma impotenti affermano di non avere “i margini” per remunerare in maniera migliore gli allevatori. Ma per quanto tempo i produttori potranno resistere? Il gap costi/ricavi è strettissimo e non lascia marginalità alle aziende da latte. Secondo il CRPA di Reggio Emilia (Centro Ricerche Produzioni Animali), l’attuale costo di produzione del latte alimentare sfiora i quarantuno centesimi per litro (40,8 cent/lt) e se è vero che alcuni costi sono assolutamente soggettivi e variano parecchio da stalla a stalla, facendo si che le aziende efficienti possono ridurre i costi diretti e contenere

le spese, altrettanto vero è che i costi indiretti (come capitale fondiario, capitale agrario, costo del lavoro e tasse), che incidono per quasi un terzo della spesa, non dipendono nè dall’azienda nè dalla sua efficienza e non sono comprimibili. Così le aziende con scarsa efficienza stanno ancora producendo in perdita, mentre le imprese più performanti si devono accontentare. Intanto il ridotto margine tra costi e ricavi sta soffocando le aziende, il comparto è di fatto ingessato, senza la possibilità di investire e migliorarsi se non intaccando il patrimonio personale. Ma per quanto tempo si potrà continuare così? Per quanto tempo si potrà ancora accettare che un litro di latte venga pagato al produttore meno di un litro di acqua minerale? Ma soprattutto, chi trae vantaggio da questa situazione? L’allevatore perde, la cooperazione si vede costretta a corrispondere ai soci un

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Latte, il peso dei costi sulle stalle italianeLe aziende agricole annaspano, mentre la Gdosta iniziando ad usarlo come “prodotto civetta”

Il latte Uht firmato dagli agricoltori

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prezzo insoddisfacente nonostante la forza contrattuale conferitale dall’aggregazione, l’industria di trasformazione non ha marginalità: chi può avere interesse a tenere in sofferenza un'intera filiera se non la Grande Distribuzione Organizzata? Qualche anno fa, Coldiretti denunciò a più riprese l’eccesso di ricarico che la grande distribuzione applicava ad un bene di largo consumo quale è il latte. Su quello fresco di alta qualità si arrivava sino al 300 per cento di ricarico, ma anche per il latte a lunga conservazione o per quello scremato il prezzo dalla produzione al consumo come minimo raddoppiava. E sull’emotività di questo gap, nacquero i primi distributori di latte crudo gestiti direttamente dai produttori. Poi sono nate le cosiddette “private label”, ovvero quei prodotti a marchio privato del distributore, realizzati in nome e per conto della distribuzione organizzata da dei terzisti. Oggi non esiste una catena della GDO che non abbia un proprio latte a marchio e di tutti i generi: fresco, lunga conservazione, intero, scremato e ovviamente anche alta qualità. Ma il passaggio dai marchi storici alle “private label” cos'ha comportato e perchè ha avuto per il prodotto latte un successo che non ha riscontro per altre categorie merceologiche? Il risultato immediatamente tangibile è stato una sostanziale riduzione del prezzo del latte allo scaffale. Infatti, se prima della diffusione di questo fenomeno era difficile per il consumatore acquistare latte fresco alta qualità a meno di 1,40

euro/lt., oggi la “media del pollo” ci dice che questo prodotto costa circa un euro, con punte minime prossime agli 80 centesimi. Va da sè che i consumatori si sono quasi immediatamente orientati sull’acquisto di questo tipo di latte decretandone un immediato successo. D’altronde, chi non risparmierebbe un 35/40% a parità di prodotto acquistato?Ma poichè l’esperienza ci porta a pensare che la GDO non sia un ente assistenziale, tantomeno che sia propensa alla beneficenza, c’è da chiedersi perchè abbia posizionato il latte ad un prezzo molto inferiore a quello praticato dai grandi marchi storici. L’unica spiegazione razionale è che la GDO utilizza il latte quale prodotto “civetta”. Il latte fresco si caratterizza per una breve durabilità perciò, lo si acquista pressochè quotidianamente.Prima del latte a marchio GDO, il consumatore lo acquistava dove capitava. A Milano il latte della Lola o quello della Centrale lo si trovava nelle latterie, nei piccoli negozi di generi alimentari, persino in alcuni bar. Oggi, spiazzati dall’operazione “private label”, sono sempre meno i negozi che vendono latte fresco perchè di fatto è venuto a mancare chi lo acquista, dato che i consumatori si sono orientati a comprarlo nei supermercati. Questo comporta che quasi quotidianamente, con la motivazione di dover acquistare il latte fresco, un componente del nucleo famigliare varchi la soglia di un negozio della GDO e così, si crea una probabile occasione di spesa a favore dei supermercati.

Luigi Simonazzi

Nuove regole per i distributori di latte crudo

Sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le nuove regole

per la vendita di latte e crema crudi, che vanno ad applicare la norma inserita nel decreto Sanità dal ministro Balduzzi, ora legge dello Stato. Le novità interessano soprattutto i distributori automatici. Vediamo cosa prevedono. L’operatore che utilizza distributori automatici per la vendita diretta di latte crudo deve riportare in maniera “chiara e visibile” sul frontale del distributore automatico, in rosso e con caratteri di almeno quattro centimetri, la dicitura “prodotto da consumarsi previa bollitura”. La stessa scritta deve essere apposta sulla confezione o in etichetta per chi immette sul mercato latte crudo o crema cruda destinati all’alimentazione umana diretta. Inoltre l’operatore deve indicare in maniera chiara e visibile la data di mungitura e la data di scadenza dello stesso, che non deve superare i tre giorni dalla data di mungitura e deve escludere la disponibilità di contenitori destinati al consumo in loco del prodotto. Nel caso in cui il distributore disponga di un sistema di imbottigliamento, i contenitori devono riportare sull’etichetta le stesse indicazioni riportate sul distributore in colore rosso e con caratteri di almeno un centimetro la dicitura: “prodotto da consumarsi previa bollitura e riportare la data di mungitura e data di scadenza del latte”.

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Afine gennaio di quest’anno il National Development and Reform Commission, l’ente di

pianificazione economica della Re-pubblica Popolare Cinese, ha divul-gato una nota con la quale informa gli agricoltori che nel 2013 proced-erà ad un aumento del prezzo mini-mo di acquisto del risone, nel tenta-tivo di incrementarne la produzione e garantire al Paese l’autosufficien-za alimentare almeno per questo importante elemento della cucina tradizionale cinese. Fin qui nulla di sorprendente: stiamo infatti parlan-do di un Paese ancora distante dalla piena libertà di impresa e di merca-to, quindi è prevedibile che il prezzo del riso lo decida lo Stato. Il fatto sorprendente lo si apprende leg-gendo l’articolo riguardante ques-ta decisione pubblicato dal portale “peopledaily.com.cn”. Nel pezzo, in-fatti, vengono riportati i prezzi che saranno riconosciuti agli agricoltori per un chilo di risone: 2,64 Yuan per il riso indica o Patna e 3 Yuan per le varietà japonica. Secondo quanto riportato nell’articolo, ques-to sarebbe il sesto aumento annuo consecutivo per il prezzo minimo d’acquisto del risone: un provved-imento che, sebbene sia destinato ad aumentare il costo della vita per i consumatori, è necessario per ga-rantire al Paese un minimo di au-tosufficienza. Se si prova a conver-

tire in euro la valuta cinese sopra riportata, si scopre che equivalgono a circa 32 centesimi al chilo per le varietà indica e 36 centesimi per le japonica. Le attuali quotazioni del riso in Italia sono di circa 30 cen-tesimi al chilo per un indica e di 33 per uno japonica. I risicoltori italiani sono quindi sottopagati rispetto ai loro “colleghi” cinesi. Da un paio di anni, il riso italiano sta ottenendo quotazioni che non bastano nep-pure lontanamente a coprire i costi di produzione. Ciò nonostante, l’in-dustria risiera continua a sostenere che il nostro risone è troppo caro, non competitivo e disallineato dai valori mondiali. Sino ad oggi, ci si-amo limitati a controbattere che il prodotto italiano è diverso dal riso che si produce nel resto del mon-do, che non è paragonabile per salubrità ma soprattutto per le sue specificità qualitative che lo rendo-no unico al mondo. Le nostre aziende non producono risone, producono Carnaroli, Arbo-rio, Vialone nano, Baldo, Balilla, va-rietà irreperibili in Thailandia, India, Stati Uniti e questo dovrebbe già bastare a far sì che le quotazioni del riso italiano non siano allineate ai mercati mondiali. Ma scoprire che il Governo cinese ha fissato per il risone nazionale prezzi superiori a quelli pagati ai nostri risicoltori, fa seriamente riflettere. C’è una crisi di

consumi è vero, ma è un fenomeno mondiale e da sola non può bastare a giustificare il crollo del prezzo del riso italiano. In Italia si produce più o meno lo 0,15% del risone mon-diale: siamo di fatto una nicchia, anzi una “nicchietta”. E da questa crisi, i prodotti di nicchia sono quelli che si stanno di fatto salvando. E allora, se è vero come è vero, che rispetto alla produzione mondiale in Italia si producono “due scodelle” di riso differenti dalle altre centinaia di migliaia che si producono nel res-to del mondo, perché non riuscia-mo a valorizzarle? Perché la nostra industria risiera anziché esaltare la tipicità del nostro riso, tenta in ogni modo di svilirne peculiarità e di abbassarlo al ruolo di commod-ity? Qualcuno può immaginare una cantina dello Champagne definire il proprio prodotto semplicemente vino? O un produttore di Pata Ne-gra ammettere che, alla fin fine, la coscia suina da lui abilmente sta-gionata è semplicemente un pro-sciutto? Riteniamo che le industrie risiere italiane dovrebbero valoriz-zare e vendere meglio il loro pro-dotto anziché tentare in tutti i modi di risparmiare sull’acquisto, perché è nella valorizzazione che vanno ricercate le giuste marginalità che possono poi distribuire ricchezza a tutta la filiera.

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Riso, in Cina lo pagano di piùIl Governo ha alzato per la sesta volta in un anno il prezzo, mentre in Italia continua la discesa delle quotazioni

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U n taglio di oltre 10 mila ettari alle risaie della Lombardia e mezzo milione di quintali

in meno nel prossimo raccolto. E’ quanto stima la Coldiretti regionale sulla base delle dichiarazioni dei produttori che stanno pianificando le semine della prossima stagione. La diminuzione delle aree destina-te a riso oscillerà fra il 10 e il 15 per cento, una quota che verrà sostituita con altre colture, in par-ticolare soia e mais. “Le quotazioni hanno subìto un crollo – spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia –: in tre anni il Carnaroli ha perso il 49 per cento del valore passando da 673 a 340 euro a tonnellata, mentre l’Arborio ha subito un calo di oltre il 40 per cento, da 576 a 335 euro a tonnel-lata. Con questi prezzi, considerato anche l’aumento dei costi del car-burante, gli agricoltori non riesco-no a coprire le spese”. Fra il 2011 e il 2012 le superfici a riso a livello nazionale sono diminuite del 4,66 per cento passando da 246.540 et-tari a 235 mila ettari e nel 2013, se verranno confermate le previsioni, si potrebbe scendere sotto i 210 mila ettari. Mentre la Lombardia, che per adesso conta su 97.659 ettari, divisi fra Lomellina (62.918), Pavese (19.131), Milano (13.522), Lodi (2.082), Bergamo (6.07) e

Mani spagnole sulla Scotti

Mantova (6.07), potrebbe ritro-varsi con 87 mila ettari. “Fra caro gasolio e costo del lavoro e con il Carnaroli a 32-34 euro al quintale non ci stiamo più dentro – spiega Paolo Braschi, 41 anni, risicoltore alla cascina Colombina del comune di Vistarino (Pavia) –. Per coprire i costi e guadagnare qualcosa dovremmo prendere almeno 45-50 euro. Adesso resistiamo non investendo nulla nell’azienda, non comprando macchinari e riducen-do al minimo le lavorazioni in modo da risparmiare gasolio. Ma non si può andare avanti così, per questo molti stanno pensando di dedica-re ad altro almeno una parte dei terreni”. Come Fabio Camisani, 43 anni, seconda generazione di risi-coltori, con 141 ettari a Gaggiano (Milano), che dice: “Le quotazioni sono troppo basse, proprio in que-sti giorni sto valutando di togliere un 15 per cento di riso e puntare su mais e soia”. Secondo Gianluca Mascellino, Responsabile commer-cializzazione risone di Fir (Filiera Italiana Riso) “non è possibile pen-sare che gli agricoltori italiani ven-dano le loro produzioni agli stessi prezzi di quelle dei paesi del sud del mondo perché la qualità, i costi di coltivazione, le garanzie sanita-rie e il contesto socio economico sono profondamente diversi”.

I l dottor Scotti ha deciso di vendere. Lo riportano i quotidiani di questi

giorni: almeno un pezzo del marchio di riso più co-nosciuto in Italia, pari al 25%, passerà di mano dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods, detentore di sessan-ta etichette in venticinque diversi paesi. Temiamo che sia un processo di non ritor-no – spiega la Coldiretti –. Da tempo assistiamo ad una campagna di conquista dei prodotti simbolo dell’Ita-lia e della nostra qualità in tavola. Dall’olio al vino, dal pomodoro al latte, ora anche il riso diventa terra di conquista per multinazio-nali dell’alimentazione, che dapprima favoriscono l’im-portazione di materie prime straniere per confezionare prodotti italiani portando poi al rischio di chiudere definitivamente lo stabili-mento nazionale per trasfe-rire la produzione all’estero. Dopo Parmalat, Gancia, Bui-toni, Cademartori, Locatelli, Sasso, Carapelli, ora anche il nome Scotti, simbolo di pavesità, assume un ac-cento straniero. Una strada che porterà alla delocaliz-zazione, alla produzione di derrate alimentari stan-dardizzate che baseranno le proprie caratteristiche sull’uniformità e non sulla qualità e sulla diversità che solo le coltivazioni legate al territorio, alla sua storia e alla tradizione sanno offri-re. Pavia è la capitale del riso, in Italia e in Europa, con una superficie di oltre 82.000 ettari coltivati e una produzione di quasi 5 milioni di quintali. In questo territorio vengono prodotte varietà come il Carnaroli, l’Arborio, il Vialone Nano, il Baldo e il Roma che hanno reso grande nel mondo il nome del riso italiano, gra-zie alla superiore qualità.

La crisi delle risaie:taglio del 10 per centoPer il prossimo raccolto, si stimamezzo milione di quintali in meno

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E’ tutto pronto per un nuovo ciclo di incontri di approfondi-mento dedicati agli aggiorna-

menti per le attività didattiche. Tali incontri ricadono nell’ambito della “misura 111/B informazione alle aziende agricole” e prevedono 48 ore di lezione in aula e 4 visite guidate in campo (per 32 ore), per un totale di 80 ore spalmate tra marzo, aprile e ottobre 2013. Tante le tematiche che saranno affronta-te: dalla gestione della comunica-zione al pubblico della propria offer-ta al focus sull’Expo 2015 e le sue opportunità per le aziende agricole, fino alla progettazione d’impresa. Il primo appuntamento è per il prossimo 11 marzo, il programma completo è reperibile sul sito web della Coldiretti Lombardia. L’invito a partecipare è rivolto so-prattutto alle aziende agrituristiche e/o agricole che fanno o intendono approcciare la didattica: le ore di corso, infatti, saranno riconosciute come aggiornamento annuale per le aziende accreditate al circuito Regione Lombardia “Fattorie didat-tiche”, come verrà specificato nel singolo attestato. Gli appuntamenti sono gratuiti ma è necessario invia-re la scheda di adesione, reperibile sul sito www.lombardia.coldiretti.it, via fax al numero 02.97.09.45.33 o

Milano, via agli aggiornamentiper l’attività didattica aziendale

Ospiti in agriturismo, schede solo online

Cambiano le regole per la co-municazione delle generali-tà delle persone alloggiate

in strutture ricettive turistiche. Le nuove norme coinvolgono an-che le aziende agricole operative nel settore agrituristico. D’ora in poi, infatti, la comunicazione riguardante l’ospite dovrà essere effettuata, entro 24 ore dall’arri-vo dello stesso, solo in formato telematico e non più cartaceo, come stabiliva l’articolo 109 del Testo Unico delle Leggi di Pubbli-ca Sicurezza. In questo modo da una parte l’invio dei dati avverrà direttamente dalla propria strut-tura, attraverso la rete internet, evitando la consegna diretta alla Questura delle schedine cartacee, dall’altra il controllo delle infor-mazioni da parte della Polizia di Stato sarà più veloce ed efficace. La trasmissione telematica sarà possibile attraverso il sito https://alloggiatiweb.poliziadistato.it, dopo aver effettuato una proce-dura di autenticazione gratuita. Per la richiesta delle credenziali di accesso al servizio i gestori delle strutture ricettive devono far riferimento alla Questura ter-ritorialmente competente. L’abili-tazione al servizio dovrà essere preventivamente richiesta dai titolari delle strutture alla Questu-ra, compilando l’apposito modulo e presentando la necessaria do-cumentazione. Per ulteriori infor-mazioni, i responsabili di settore della Coldiretti Interprovinciale ri-mangono a disposizione dei soci.

via mail all’indirizzo: [email protected]. Si può partecipare a uno o più in-contri secondo le proprie necessità: le ore riconosciute come aggiorna-mento annuale Fattorie Didattiche equivalgono alle ore di ogni singolo incontro. Ad esempio un incontro di mezza giornata equivale a quattro ore ri-conosciute, una giornata intera a 8 ore riconosciute. Si precisa che per una migliore efficienza è previsto un numero massimo di 20 partecipanti e che vitto e spostamenti sono a carico del singolo partecipante.

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Di recente la Legge di stabilità ha reso nuovamente gratui-ta la ricongiunzione per gli

ex-dipendenti pubblici che hanno versato per diversi anni i contributi all’Inpdap ed hanno anche contri-buti all’Inps. In particolare, tutti i lavoratori per i quali il rapporto di lavoro pubblico si è concluso entro il 30 luglio 2010 senza il diritto alla pensione, possono richiedere il trasferimento gratuito dei propri contributi versati all’ex Inpdap nell’AGO, attraverso la costituzione, per il corrispondente periodo di iscrizione, della posizione assicura-tiva Inps. Negli altri casi, è stata introdotta dalla Legge una nuova forma di cu-mulo dei contributi alternativa alla ricongiunzione e alla totalizzazione. In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2013, possono richiedere di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti al fine del conse-guimento di un’unica pensione i soggetti iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei: lavoratori dipendenti (Ago); ge-stioni speciali autonomi (coltivatori diretti, coloni e mezzadri, artigiani e

Novità sul cumulo dei contributi

commercianti); gestione separata; forme sostitutive (telefonici, Enel, Fondo Clero, ex-Inpdai, Dazieri, ser-vizi pubblici di trasporto, fondo Volo, ecc) ed esclusive (ex-Inpdap) del-l’Ago. Non sono cumulabili con tale modalità i contributi presenti nelle Casse professionali. Le condizioni richieste per effettuare il cumulo sono le seguenti: non essere già titolari di trattamento pensionistico presso una delle predette gestioni; non essere in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensio-

nistico. Al ricorrere di tali condizioni è possibile cumulare i periodi non coincidenti per conseguire il diritto sia alla pensione di vecchiaia secon-do i requisiti vigenti a seguito della riforma Monti, sia alla pensione di inabilità. Potranno, infine, richiedere il cumulo dei periodi assicurativi an-che i familiari superstiti, nel caso in cui l’assicurato sia deceduto prima di aver acquisito il diritto alla pen-sione. Raccomandiamo a tutti gli interessati di rivolgersi al Patronato Epaca.

LEGG

I E FISCO

I l 4 febbraio scorso è scaduto il termine di presen-tazione della dichiarazione IMU per gli immobili per i quali dall’1.1.2012 è sorto l’obbligo dichiarativo.

Scaduto tale termine quello a regime è di 90 giorni dal verificarsi dell’evento. In generale la dichiarazione IMU va presentata nel caso in cui: A) si sono verificate varia-zioni rispetto a quanto comunicato con la dichiarazione ICI; B) si sono verificate variazioni non conoscibili dal Comune. Naturalmente le dichiarazioni presentate ai fini ICI mantengono la loro validità quando i dati rilevanti ai fini della determinazione dell’IMU sono rimasti, in linea di principio, invariati rispetto a quelli richiesti per la dichia-razione ICI oppure sono già a conoscenza del Comune che può acquisire tali dati direttamente dalla banca dati catastale. In merito all’obbligo di presentazione della dichiarazione IMU le relative istruzioni fanno specifico riferimento:- agli immobili che usufruiscono di riduzioni dell’imposta;- al mancato possesso, da parte del Comune, delle infor-mazioni necessarie per verificare la corretta determina-zione dell’imposta;- all’abitazione principale;

- ai fabbricati rurali ad uso strumentale.In particolare, nell’ambito dei fabbricati che usufruiscono di “riduzioni d’imposta” sono ricompresi i terreni agricoli (anche non coltivati) posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (IAP), per i quali sono previste una franchigia di esenzione e particolari ridu-zioni della base imponibile nonché l’applicazione di un moltiplicatore ridotto. Come evidenziato nelle istruzioni, per tali immobili la dichiarazione IMU va presentata nel caso di acquisto o perdita del diritto alle agevolazioni. Ipotizziamo per esempio di acquistare un nuovo terreno. Il Comune sarà messo a conoscenza dell’acquisto dalla banca dati catastale. Per quanto riguarda le agevolazioni però l’informazione non potrà essere automatica in quan-to il requisito di “conduzione” non è certo. Ecco un caso in cui si deve presentare la dichiarazione nei 90 giorni successivi per poter utilizzare l’agevolazione. Attenzione quindi. Non sarà più possibile attendere l’anno successivo quando ci si presentava presso l’Ufficio di Coldiretti per la dichiarazione dei redditi, come per l’ICI, ma è dove-roso rispettare il termine dei 90 giorni. Ricordiamo che le variazioni intervenute con l’1 gennaio 2013 avranno scadenza il 31 marzo prossimo. Invitiamo pertanto tutti coloro i quali effettueranno operazioni che possono va-riare l’imposta municipale di confrontarsi per tempo con l’Ufficio a cui fanno capo per l’assistenza.

Dichiarazione IMU, cosa farein caso di variazioni

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013 Iva a credito nel 2012

vademecum per il rimborso

L e aziende agricole che hanno chiuso il 2012 con un credito, al momento della presentazione del modello IVA 2013 possono scegliere se recupe-

rare questa somma detraendola nelle liquidazioni pe-riodiche del 2013, utilizzandola in compensazione per pagare i tributi, oppure facendosela rimborsare.Requisiti per il rimborsoPossono chiedere il rimborso i soggetti che soddisfano almeno uno dei seguenti requisiti: aliquota media delle operazioni attive inferiore a quella degli acquisti, ope-razioni non imponibili superiori al 25% del totale delle operazioni effettuate, acquisti di beni ammortizzabili e spese per studi e ricerche, prevalenza di operazioni non soggette a Iva, soggetti non residenti.Il credito vantato dal contribuente deve essere supe-riore a 2.582,28 euro. Il rimborso può anche essere richiesto in modo parziale.Cessazione di attivitàIn questo caso è possibile chiedere il rimborso dell’Iva a credito anche se l’importo è minore di 2.582,28 euro.Minore eccedenza dell’ultimo triennioSe le dichiarazioni degli ultimi tre anni presentano un credito, anche di importo inferiore a 2.582,28 euro, è consentito richiedere il rimborso per il minor credito Iva risultante dalle dichiarazioni annuali per la parte non chiesta già a rimborso o non compensata nel modello F24. Se il contribuente non richiedere a rim-borso l’intero ammontare a credito, l’importo residuo concorre a formare la base di riferimento per il triennio successivo.Iva “teorica” produttori agricoliPer gli agricoltori che hanno effettuato esportazioni ed altre operazioni non imponibili di prodotti agricoli, il rimborso spetta per l’importo corrispondente all’Iva “teorica” relativa alle operazioni non imponibili effet-tuate, calcolato applicando le relative percentuali di compensazione. Inoltre il rimborso spetta soltanto se l’importo del credito è superiore a 2.582,28 euro.

Voucher, ok al restylingche tutela le aziende agricole

Via libera al restyling dei voucher che consentirà un utilizzo dei buoni lavoro più in linea con le esigenze delle aziende agricole

e delle migliaia di studenti e pensionati interessati a lavorare in campagna per integrare il proprio reddito. Lo rende noto la Coldiretti in riferimento alla circolare del ministero del Lavoro che ha rivisto alcuni aspetti importanti dei buoni con cui vengono remunerate le prestazioni lavorative accessorie di studenti e pensionati. Le nuove indicazioni rileggono i contenuti della circolare n. 4/2013 relativa alla riforma Fornero alla luce della necessità di un governo del sistema compatibile con la specifica realtà agricola e soprattutto per scongiurare il rischio che tutto il lavoro di emersione fino ad oggi svolto potesse venire irrimediabilmente perduto. In particolare non trova al momento applicazione la limitazione temporale di utilizzo entro 30 giorni dall’acquisto del voucher mentre l’autocertificazione resa dal prestatore d’opera, viene a costituire elemento sufficiente ad evitare in capo al datore di lavoro conseguenze sanzionatorie in caso di false attestazioni. Infine, il valore del voucher fissato a dieci euro non corrisponde più ad un’ora di lavoro, come nel passato. L’istituto del lavoro occasionale accessorio è nato nel 2008 esclusivamente per il settore agricolo e solo successivamente è stato esteso ad altri settori. Una storia di successo tanto che da allora sono stati venduti 4,9 milioni di voucher da 10 euro per 110mila lavoratori. Il sistema dei voucher ha consentito nel tempo di coniugare gli interessi sia dell’impresa agricola - per il suo basso livello di burocrazia - che dei pensionati, studenti e disoccupati - per le opportunità di integrazione al reddito che è in grado di assicurare - in un quadro di legittimità e tutela anche assicurativa senza per questo, soprattutto nelle regioni dove è più utilizzato, generare alterazioni del sistema del mercato del lavoro o interferenze con i contingenti della manodopera dipendente. Uno strumento quindi, come voluto dal Legislatore originario, di contrasto al lavoro sommerso per segmenti marginali di occupazione, idoneo nel contempo ad assicurare, soprattutto in un periodo di congiuntura economica, una giusta integrazione al reddito per fasce deboli del mercato del lavoro, ma certamente anche in grado di avvicinare al mondo dell’agricoltura molti giovani/studenti e preservare il patrimonio di esperienza e professionalità di molti anziani/pensionati.

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VERIFICHE E PERIZIE Rilevazioni fonometriche per la sicurezza sul lavoro Valutazioni rischio vibrazioni Pratiche prevenzione incendi Valutazioni stress da lavoro correlato

IGIENE, AMBIENTE E SICUREZZASicurezza sul lavoro D.Lgs 81/08 e s.m.i. Valutazione conformità attrezzature

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Un nuovo adempimento in materia di sicurezza sul lavoroche si somma alla formazione obbligatoria per datori e dipendenti

Addio all’autocertificazione rischiDal 1° giugno i titolari di azienda con meno di 10 dipendentidovranno anche compilare il Documento di Valutazione

Dal 1° giugno 2013 i titolari di azienda con meno di 10 dipendenti non potranno più

fare ricorso all'autocertificazione per documentare i rischi presenti all'interno del luogo di lavoro e nello svolgimento delle mansioni. Il Ministero del lavoro ha infatti recepito le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi, che obbligano i datori a compilare il cosiddetto “DVR”. Il “Documento di Valutazione dei Rischi” è una relazione scritta che deve essere presente sul luogo di lavoro e deve essere consultabile in ogni momento dagli organi di controllo. Elenca tutti i rischi presenti nell'ambiente e nelle attività dei dipendenti, che potrebbero causare loro un danno alla salute, e predispone le misure adeguate

per la prevenzione e il controllo. La nuova procedura, come detto, è obbligatoria per le imprese fino a 10 dipendenti, ma potrà essere utilizzata volontariamente anche dalle imprese fino a 50 dipendenti. In materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro, la valutazione dei rischi non è il solo onere per i datori. Infatti il d.lgs 81/2008, il cosiddetto Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro, impone anche un obbligo formativo il cui mancato adempimento comporta sanzioni pecuniarie e penali. In particolare i titolari di azienda che svolgono direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP) sono tenuti a frequentare corsi ed eventuali aggiornamenti. Nello specifico la formazione deve essere seguita da chi non l'ha mai

fatta prima e da chi apre una nuova attività, entro e non oltre 90 giorni dall'inizio della stessa. Coloro che finora erano esonerati dal seguire tali corsi, entro il 31 dicembre 2013 dovranno frequentare moduli di aggiornamento per un totale di 10 ore, mentre i titolari che hanno già seguito un corso di 16 ore dovranno rinnovarlo entro la fine del 2016. Sono previsti anche corsi di formazione per gli stessi dipendenti: se neo assunti dovranno assolvere a questo obbligo entro 60 giorni dall'inizio del lavoro. Il contenuto e la durata della formazione dipendono dal livello di rischio connesso all'attività svolta: in agricoltura, i titolari dovranno seguire corsi per almeno 32 ore, mentre i dipendenti per almeno 12 ore.

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Dopo un duro negoziato i capi di Stato e di Governo trovano un compromesso sulle finanze dei prossimi anni

Bilancio Ue, c’è l’accordoLa Pac non evita i tagli delle risorse, ma il nostro Paese attenua il saldo netto negativo a favore dell’Europa

Dopo un negoziato durato 24 ore, i Capi di Stato e di Governo hanno raggiunto

l’accordo sul bilancio Ue. Il testo di compromesso approvato mantiene il tetto complessivo di spesa pari a 960 miliardi di euro per gli impegni e 908,4 per i pagamenti effettivi. Rispetto alla precedente proposta i tagli sono di circa 14 miliardi di euro. Se si considera, invece, il periodo attuale (2007-2013) verranno a mancare risorse per 34 miliardi di euro. Per il nostro Paese è prevista una assegnazione specifica di 1,5 miliardi di euro sullo Sviluppo Rurale (nella proposta precedente era 1 miliardo di euro) e 1,5 miliardi di euro per le regioni meno sviluppate del nostro Paese, di cui 0,5 miliardi di euro per le

zone non urbane. Tali assegnazioni consentono di attenuare l’impatto del saldo netto che penalizza l’Italia, oggi contribuente netto con un saldo negativo di 4,5 miliardi, anche in considerazione del fatto che scendono gli aiuti diretti. Per quanto riguarda la Pac, il totale previsto per i sette anni in questione sarebbe pari a 373,179 miliardi di euro, di cui 277,851 al primo pilastro e 84,936 miliardi di euro allo sviluppo rurale. Complessivamente la nuova proposta prevede dunque una riduzione complessiva del budget agricolo per circa 16 miliardi di euro. La proposta relativa alla convergenza tra Stati membri specifica che tutti gli Stati membri dovranno raggiungere entro il 2020 un livello di pagamento almeno pari a 196 euro per ettaro. In merito al capping (tetti di spesa per azienda), la riduzione dei pagamenti diretti per i grandi beneficiari dovrà essere introdotta dagli Stati membri su base volontaria. Per quanto riguarda il greening, è confermato l’utilizzo del 30% del massimale annuale, al fine di finanziare le pratiche, proponendo che sia ben definita la flessibilità per gli Stati membri in merito alla scelta delle misure equivalenti

da attuare. Inoltre, il requisito relativo all’implementazione da parte dell’agricoltore delle aree di interesse ecologico sarà attuato con modalità che non richiedono che il terreno in questione sia ritirato dalla produzione e che eviti ingiustificate perdite nel reddito per gli agricoltori. Infine, il compromesso raggiunto consente una maggiore flessibilità tra pilastri, ovvero tutti gli Stati membri possono trasferire fino al 15% delle risorse dal 1° al 2° e viceversa. L’accordo ora dovrà essere approvato del Parlamento europeo.

Ospiti in agriturismo, schede solo via web

Il Governo approval’AutorizzazioneUnica Ambientale

I l Consiglio dei Ministri ha approvato in via defi-nitiva il provvedimento

che disciplina l’autorizzazio-ne unica ambientale (Aua) e la semplificazione degli adempimenti amministrativi in materia ambientale per imprese ed impianti che non rientrano nelle previsioni relative all’autorizzazione

integrata ambientale. L’auto-rizzazione unica, in attuazione della legge n.35/2012, rappre-senta uno strumento di sem-plificazione delle procedure di autorizzazione ambientali, sostituendo con un unico prov-vedimento autorizzativo alme-no sette diversi titoli abilitativi (comunicazione inizio attività per utilizzazione agronomica, autorizzazione allo scarico, autorizzazione emissioni in atmosfera, l’autorizzazione all’impiego dei fanghi di depu-razione, ecc). E’ riconosciuta alla Regioni la possibilità di

estendere ulteriormente l’elenco delle autorizzazioni richiedibili con la procedura dell’Aua. Sarà sufficiente presentare un’unica doman-da in via telematica allo Sportello Unico per le attività produttive (Suap) per richie-dere l’unica autorizzazione necessaria. In via genera-le, è previsto che il rilascio dell’Aua avvenga entro 90 giorni, salvi i casi in cui sia necessaria la convocazione di una Conferenza di Servizi tra le amministrazioni com-petenti.

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La rinascita del creditoNel 2013 si prevede un aumento di finanziamenti e richieste. Parla Roberto Grassa, Consigliere Delegato CreditAgri Italia

L’accesso al credito è una voce fondamentale per le aziende agricole che intendono miglio-

rare la propria offerta e sviluppare la propria attività investendo in macchinari, strutture, materie pri-me e nuovi progetti. Con la crisi economica mondiale in atto, gli istituti bancari hanno progressiva-mente chiuso i rubinetti del credito, mettendo in difficoltà tutti i settori produttivi già fiaccati dall’aumen-to dei costi di produzione e dal ristagno del mercato interno. Il settore agricolo e agroalimentare, pur colpito dall’onda della crisi, si è confermato un comparto anti-cicli-co anche in ambito creditizio dove, nonostante il momento di ogget-tiva e diffusa recessione, si sono registrati spazi di manovra per le aziende. Abbiamo chiesto a Rober-to Grassa, Consigliere Delegato di CreditAgri Italia quali sono state le dinamiche creditizie nell’ultimo pe-riodo e cosa ci dobbiamo aspettare per l’immediato futuro.Dottor Grassa, perchè in questi anni accedere a finanziamenti è diventato più difficile?Nel sistema bancario e finanziario per poter erogare credito, ovvero avere la capacità di impiegare denaro destinabile a sostenere investimenti produttivi, bisogna disporre di liquidità e di mercato. In altri termini possiamo afferma-re che la disponibilità di liquidità è subordinata alla capacità delle banche di fare raccolta, ovvero ancora di drenare i risparmi delle famiglie per poi trasformarli in fonti di finanziamento per le imprese. In termini di mercato, resta evidente che in un periodo di recessione e di contrazione dei consumi le imprese dimostrano refrattarietà e oggettiva difficoltà a contrarre finanziamenti per attivare nuovi investimenti. Pertanto la scarsa disponibilità di denaro e l’atteggiamento prudente delle imprese determina da una parte una rigorosa selezione delle imprese da finanziare e dall’altra una prudente valutazione e calibra-zione degli investimenti.

Come sono cresciuti i tassi dal 2011 a oggi?Il denaro è un bene fungibile e di ve-loce scambio e, come tutti i beni, ha un prezzo determinato dall’incontro tra domanda e offerta. In questo periodo l’offerta di denaro è deci-samente bassa, mentre la domanda – quantomeno nel settore agricolo – segna un trend che, sebbene non sia dinamicissimo, possiamo definire in lieve crescita. Nell’ultimo biennio i tassi sono cresciuti media-mente di 3.5 punti percentuale e in certi casi anche di 4 punti percen-tuale. In termini assoluti non sono cresciuti i parametri di riferimento (Euribor e IRS), anzi questi hanno registrato una riduzione drastica nell’ultimo semestre, sono cresciu-ti al contrario gli spread (ovvero i differenziali di costo del danaro) applicati dalle banche a tutela dei rischi di insolvenza. In termini prati-ci nel corso degli ultimi due anni un finanziamento a medio-lungo ter-mine che nel 2011 poteva costare mediamente il 2.5/3 per cento oggi sconta un tasso medio del 5/5.5 per cento. Si tratta ad ogni effetto di un onere raddoppiato.Qual è la tipologia prevalente di investimento richiesto?L’esigenza più marcata è quella di riposizionare il debito da breve a medio e lungo termine, chiara evidenza della insostenibilità delle imprese a sopportare esposizioni di breve o anche di medio periodo. Non mancano tuttavia le istanze per finanziamenti chirografari di durata compresa tra i 3 e i 10 anni.Qual è la somma media richie-sta per investimenti e quale il tempo di ammortamento per i finanziamenti concessi?La somma richiesta varia in funzio-ne delle regioni e dei comparti della produzione, ma in media si attesta tra i 90 e i 110 mila. Per quanto ri-guarda il tempo di ammortamento parliamo prevalentemente di medio e lungo termine, quindi di durate comprese tra i 5 e i 15 anniQual è il ruolo di Creditagri nel rapporto tra banche e aziende?

CreditAgri Italia è un ente finan-ziario di garanzia fidi vigilato dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 107 del Testo Unico Bancario e, come tale, svolge un ruolo mutualistico di pubblico interesse finalizzato a favorire il reperimento e miglior uti-lizzo di fonti di finanziamento a mi-nor costo possibile. Sosteniamo di fatto l’accesso al credito rilasciando alle Banche partners -nell’interesse delle imprese- garanzie sui fidi, fornendo al contempo assistenza e consulenza per la valutazione della sostenibilità e fattibilità del proces-so di investimento. In altri termini, credito e finanza d’impresa.Cosa fa Creditagri per aiutare le aziende?Negoziamo con le Banche plafond di credito a condizioni di miglior favore, attiviamo con le stesse seri ma condivisi processi di selezione e valutazione del merito di credi-to, forniamo alle imprese tutta la consulenza necessaria per struttu-rare un corretto piano d’impresa e verificare preventivamente la buona riuscita dell’investimento e la sostenibilità del finanziamento misurando la capacità dell’azienda di produrre liquidità.Cosa ci si aspetta nel 2013 sul fronte del credito da parte delle banche e sul fronte degli inve-stimenti da parte delle aziende?Ci aspettiamo un trend di crescita perché mai come in periodi di forte crisi si possono prospettare e piani-ficare importanti investimenti.

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