Nuovi GiorNalisti, Nuovi MEDia, rEGolE aNtiChE · Periodico a cura della Scuola di giornalismo...

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Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli www.inchiostronline.it 27 marzo 2013 anno XIII n. 5 di Carmine Festa * Andare sul posto e parlare con le persone. Meglio una cosa vista che cento raccontate. Cambiano le piat- taforme dell’informazione. Alla radio (che lancia la notizia), alla televisione (che la fa vedere) e al giornale (che la spiega), si aggiunge la Rete. Che riassume e - sempre più spesso - migliora l’offerta dei Media tradi- zionali. Soprattutto attraverso la par- tecipazione diretta dei cittadini. Che diventano protagonisti: scelgono, commentano, intervengono. E sem- pre più tendono a superare gli stessi Media tradizionali. Come? Attraver- so i Blog, le discussioni nei Forum, lo scambio diretto e meno mediato delle informazioni che la Rete stessa genera e fa circolare. Cambiano le piattaforme, dicevamo, ma le regole del giornalismo, no. La connessione accorcia fino quasi ad azzerarli, tem- pi e distanze. La virtualità semplifica. Forse troppo. Fino a costruire il fal- so. Ecco perché ripartire dalle regole fondamentali della professione gior- nalistica non è sbagliato. Andare sul posto dove è accaduto un fatto che diventa notizia, parlare con le perso- ne, vedere con i propri occhi, respi- rare aria e sensazioni. Resta questo il modo migliore per capire e per poter poi raccontare agli altri. Ma le regole del giornalismo devono combattere contro tante cose. Dei pericoli della Rete e della virtualità abbiamo detto. Aggiungiamo quelli collegati alla crisi economica e alla necessità di rispar- miare che assedia anche le azien- de editoriali. Una telefonata costa meno, molto meno di un inviato. Ma una telefonata non vale un inviato. NUOVI GIORNALISTI, NUOVI MEDIA, REGOLE ANTICHE * Redattore capo centrale Corriere del Mezzogiorno

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Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoliwww.inchiostronline.it

27 marzo2013anno

XIIIn. 5

di Carmine Festa *

Andare sul posto e parlare con le persone. Meglio una cosa vista che cento raccontate. Cambiano le piat-taforme dell’informazione. Alla radio (che lancia la notizia), alla televisione (che la fa vedere) e al giornale (che la spiega), si aggiunge la Rete. Che riassume e - sempre più spesso - migliora l’offerta dei Media tradi-

zionali. Soprattutto attraverso la par-tecipazione diretta dei cittadini. Che diventano protagonisti: scelgono, commentano, intervengono. E sem-pre più tendono a superare gli stessi Media tradizionali. Come? Attraver-so i Blog, le discussioni nei Forum, lo scambio diretto e meno mediato delle informazioni che la Rete stessa genera e fa circolare. Cambiano le piattaforme, dicevamo, ma le regole

del giornalismo, no. La connessione accorcia fino quasi ad azzerarli, tem-pi e distanze. La virtualità semplifica. Forse troppo. Fino a costruire il fal-so. Ecco perché ripartire dalle regole fondamentali della professione gior-nalistica non è sbagliato. Andare sul posto dove è accaduto un fatto che diventa notizia, parlare con le perso-ne, vedere con i propri occhi, respi-rare aria e sensazioni. Resta questo il

modo migliore per capire e per poter poi raccontare agli altri. Ma le regole del giornalismo devono combattere contro tante cose. Dei pericoli della Rete e della virtualità abbiamo detto. Aggiungiamo quelli collegati alla crisi economica e alla necessità di rispar-miare che assedia anche le azien-de editoriali. Una telefonata costa meno, molto meno di un inviato. Ma una telefonata non vale un inviato.

Nuovi GiorNalisti, Nuovi MEDia, rEGolE aNtiChE

* Redattore capo centrale Corriere del Mezzogiorno

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pagina a cura di Christian Gargiulo

“Potevamo essere pronti un mese fa. Non prima, perché la macchina pubblica ha i suoi tempi. Certamente si po-tevano fare tante cose. Adesso però dobbiamo sfruttare al meglio l’evento”. L’evento in questione si chiama Ame-rica’s cup world series (Acws). A parlare è Mario Hubler, amministratore unico di Acn, America’s Cup Napoli, so-cietà di scopo costituita per gestire l’evento che si svol-gerà dal 16 al 21 aprile a Napoli sul Lungomare Carac-ciolo.Mancano circa venti giorni al via mentre scriviamo. E al-cuni dettagli da sistemare. Il Comune non ha ancora ap-provato il dispositivo che regolerà il traffico nell’area che dalla rotonda Diaz corre verso piazza Vittoria transitando per la riviera di Chiaia. Salvo clamorose sorprese, il Lun-gomare non sarà aperto - neanche in minima parte - alle automobili. È l’auspicio di Hubler: “Bisogna considerare due aspetti: il traffico e la sicurezza. Non aprire il Lungo-mare significa rischiare la paralisi. Ma bisogna garantire anche la sicurezza delle persone. E se tutto va come l’an-no scorso, ce ne saranno almeno 500mila”. Infine, solo

il 25 marzo si è chiusa la terza e ultima gara relativa alla manifestazione: è il bando relativo all’allestimento del Vil-lage e dell’area tecnica.Non solo le lungaggini dell’amministrazione pubblica. Gli statunitensi di Acea, America’s Cup Event Authority, la società proprietaria del marchio della Coppa America, al 25 marzo, non hanno ancora inviato il programma relati-vo alle regate. Senza considerare il palazzo crollato alla Riviera di Chiaia. Chi ha perso la casa nel crollo del ci-vico 72 e accusa il Comune di fare poco o nulla, potreb-be inscenare una protesta proprio durante le regate per richiamare su di sé l’attenzione. Una contestazione che andrebbe in mondovisione, mandando all’aria la volontà di rilancio dell’immagine cittadina iniziata con l’America’s cup 2012. Interrogata su questa eventualità, la portavo-ce del sindaco Luigi de Magistris, Marzia Bonacci, ha ri-sposto nervosa: “Siamo in un paese democratico e se le persone ritengono giusto protestare, lo possono fare tranquillamente. Noi speriamo di risolvere la situazione al

più presto”.Immagine, ma non solo. L’investimento economico so-stenuto è stato importante. Ai 4,2 milioni di euro sborsati complessivamente da Comune Provincia Regione e Ca-mera di Commercio si aggiungono i 6 milioni dei Fondi Europei. L’anno scorso l’investimento complessivo fu di 12 milioni che, secondo uno studio Deloitte, ne ha fruttati 36. Questo il dato economico. Poi c’è quello di come la città viene percepita. “Non siamo più la città dei rifiuti” affermava il sindaco nel 2012.Alte sono le aspettative da parte di Federalberghi. “L’an-no scorso - spiegano dall’associazione di categoria - la concomitanza delle regate con la settimana di Pasqua ha falsato il dato relativo alle presenze turistiche all’ombra del Vesuvio”.

Rispetto all’evento andato in scena l’anno scorso, un cambiamento si è avuto tra i soci che gestiscono le World Series. L’Unione degli Indu-striali di Napoli è fuoriuscita, dopo la vendita del 10% delle azioni di Acn detenute attraverso una sua con-trollata, Uniservizi srl. È la Camera di Commercio cittadina ad aver pre-so il suo posto. Non solo: Comune, Provincia e Regione hanno cedu-to una loro parte di azioni, in modo che i 4 soci abbiano ciascuno il 25% dell’Acn. L’ingresso dell’ente came-rale presieduto da Maurizio Maddaloni ha determina-to anche la modifica dello statuto societario di Acn, in modo da assegnare a quest’ultima una mission molto ampia. Non più solo la gestione delle World Series 2013, ma anche la ricerca di eventi di rilevanza nazionale e in-ternazionale e l’organizzazione del loro svolgimento. Da adesso fino al 2020. Il Presidente Maddaloni è convinto che “il grande evento può essere sicuramente un attrat-tore e procurare un grande impatto economico”. C’è un però: “È necessario uno sforzo ulteriore per migliorare le condizioni dell’accoglienza turistica. E qui, purtroppo, c’è ancora molto da fare”.L’ampliamento della mission aziendale di Acn - non più società di scopo ma di interesse generale per la valoriz-zazione e la promozione del territorio napoletano e regio-nale - rischia di far diventare anche questa partecipata un nuovo carrozzone. È il timore del Collegio comunale dei Revisori dei Conti che ammonisce: “Sarà necessario attivare idonee linee d’azione per l’efficientamento della stessa, con la previsione di adeguati strumenti per la ra-

PAGINA 2INCHIOSTRO N. 5

Primo piano Le due facce della Riviera

Sulla seconda edizione delle regatenel Golfo l’incubo delle proteste di Chiaia

Maddaloni, Camera di Commercio:miglioriamo l’offerta turistica

hubler, amministratore di acn:un mese per ripetere il successo

EDiZioNE 2012

lE DiFFErENZE

EDiZioNE 2013

Tutto ha inizio il 22 agosto del 1851. Nei dintorni di Wight, isola situata a sud della costa inglese, con 14 imbarcazioni il Royal Yacht Squadron britannico sfida il New York Yacht Club. La squadra newyor-chese decide di partecipare con lo schooner “Ame-rica”: la goletta statunitense vince con 8 minuti di distacco sulla seconda imbarcazione, la britannica Aurora, e si aggiudica la coppa, messa in palio per celebrare la prima esposizione universale di Lon-dra. “Coppa delle cento ghinee” (tanto era costata) oppure “Queen’s cup”: questo il nome originario del trofeo, ribattezzato poi con quello attuale dopo la vittoria statunitense in onore della barca trionfatri-ce. L’America’s Cup è il più antico trofeo sportivo del mondo ed è quello più famoso nel mondo della vela. La competizione ha luogo attraverso una serie di regate di match race ovvero tra soli due yatch che gareggiano uno contro l’altro: il detentore del trofeo (“Defender”) e lo sfidante (“Challenger”). La prima edizione si svolge a New York City nel 1870 mentre, più di un secolo dopo, ne 1983 viene istitu-ita la Louis Vuitton Cup per selezionare lo sfidante ufficiale del detentore della Coppa America.

Da 45 a 72 piedi. La lunghezza dei catamarani che partecipano all’America’s Cup World Series aumenta. Le dimensioni degli AC72, le imbarcazioni che parteciperanno alla Coppa America che si disputerà nella baia di San Francisco a set-tembre, saranno quasi il doppio di quelle degli attuali AC45. Passa da 21 metri a 40 l’altezza dell’ala rigida, simile a quella degli aerei, con la parte posteriore regolabile. Anche il numero degli uomini a bordo aumenta, da 5 a 11. “Capace di raggiungere picchi di velocità doppia rispetto a quella del vento - si legge sul sito dell’America’s cup - l’AC72 affascinerà il pubblico e metterà alla prova i migliori velisti al mondo, spingendoli al limite e oltre”.

il trofeo più antico del mondo

america’s Cupvento e tensioni

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pagina a cura di livianna Bubbico

N-apocalypse now. Non si tratta di un remake di serie b della famosa pellicola di Francis Ford Coppola ambien-tato alle falde del Vesuvio. Non siamo a Saigon alla fine degli anni Sessanta ma a Napoli. Uno dei palcoscenici della fine del mondo è il civico 72 di Riviera di Chiaia. Un’ala dello storico palazzo neoclassico Guevara di Bo-vino è crollata lo scorso 4 marzo. L’incidente sarebbe da imputare alle vibrazioni dovute al traffico e ai lavori per il prolungamento della metropolitana linea 6. Nel quadri-latero compreso tra Riviera di Chiaia, vico Fiorentine a Chiaia, via Arco Mirelli e vico Antonio Serra, sono nove le palazzine sgomberate nella zona, due delle quali - il civico 72 di Riviera, interessato dal crollo, e il civico 66 – poste sotto sequestro. Centottantuno persone sfollate. Trentadue gli esercizi commerciali chiusi. Non solo disagi per i residenti costretti a lasciare case e abitudini per tra-sferirsi in tre alberghi tra Fuorigrotta e le terme di Agnano, ma anche per i commercianti della Riviera già penalizzati dall’istituzione della Ztl su via Caracciolo. A fotografare il disagio reale degli esercenti Maurizio Marinella, titolare del marchio di cravatte più famoso al mondo che ha la sua storica boutique al civico 287 della Riviera di Chiaia: “La situazione per i commercianti era già critica e con il crollo si è ulteriormente aggravata. La gente non viene più quì a passeggiare. Anche in via Calabritto, da sempre considerato il salotto buono dei partenopei, non c’è più il movimento di una volta. È uno scenario apocalittico”.Basta percorrere i milleottocento metri della Riviera per accorgersi che le cose sono ancor peggio di quel che sembrano. È un pomeriggio di fine marzo come tanti, ora di pranzo. Pizzerie e bar, in una tra le zone più turistiche della città, sono praticamente deserti. La clientela è crol-lata del 70%. Gli esercenti sono allo stremo e a nulla è valsa l’ultima serrata di protesta organizzata a due set-timane dal crollo. In molti hanno abbassato le serrande senza ottenere risposte. Basta entrare nei locali perchè fiocchino le invettive contro l’amministrazione comunale. “Il sindaco pensa solo alla Coppa America, ha reso la vita difficile a tutti i commercianti, dà solo fastidio – dice Rita Esposito responsabile della cucina del Bar Pignatelli –. Durante lo sciopero, eravamo in pochi. Perché cambi

qualcosa bisogna chiudere tutti i negozi della città”. La difficoltà è oggettiva e rischia di diventare sempre più grave: “Siamo aperti da tre anni, gli affari andavano bene ma, tra Ztl e crollo, i clienti non vengono più – dichiara Salvatore Viglietti direttore del pub Le chic –. Abbiamo 22 dipendenti e non stiamo lavorando. A de Magistris vorrei dire: caro Sindaco, se chiudiamo veniamo a mangiare a casa tua!”. I commercianti lamentano anche la cattiva co-municazione del blocco del traffico da parte dell’ammi-nistrazione comunale: “La strada non è percorribile solo da piazza San Pasquale verso via di Piedigrotta, ma gli automobilisti, arrivati a piazza Vittoria vedono la macchi-na della municipale e girano a sinistra pensando di non poter proseguire”, continua il direttore di Le chic.C’è chi cerca soluzioni per i mancati guadagni: “Non ho più clientela e ho dovuto mandar via quattro dipendenti, due che lavoravano full time e due che mi davano una mano il fine settimana – ammette Giovanni Bianco della pizzeria ‘A Zingara –. Questo mese non pagherò l’affitto, poi si vedrà”, accusando anche un calo della sicurezza:

“La strada di sera non è più frequentata ed è poco illu-minata – continua Bianco -, non ci sono controlli. Più di una volta ho chiamato il 113 per segnalare motociclisti sospetti”. E chi non si arrende. Vincenza Daniello è una degli sfollati che ora risiede in albergo. Con la sua so-cia aveva un negozio di frutta e verdura al civico 66 di Riviera di Chiaia. Dopo il crollo anche l’esercizio è stato sgomberato, ma lei continua a lavorare: “Ho organizzato un banchetto in fondo alla strada, vendo sempre meno perché non passa più nessuno”.Nella zona interessata dal crollo continua la messa in si-curezza. Il Comune ha ordinato la fasciatura degli edifi-ci pericolanti e i carotaggi per individuare le fondamen-ta da consolidare. “La procura ha rilasciato il nulla osta per proseguire i lavori – dichiarano dall’area tecnica del Comune –. In questi giorni, al civico 72, sarà fissato un ponteggio sul lato di via arco Morelli, cominceranno le demolizioni controllate e proseguiranno i sopralluoghi per verificare la presenza di cavità nel sottosuolo per conso-lidare gli edifici”.

sCrivErE il sEttorE PAGINA 3

riviera di Chiaia, la paura fa 72Dopo il crollo sfollate 181 persone, chiusi 32 negozi. Ferita al cuore della città

Dal numero civico di palazzo Guevara di Bovino si allarga l’emergenza

1.800metri9palazzi

-70 %affari

la lunghezza di viariviera di Chiaia

sgomberati e inagibilidopo il 4 marzo

il calo stimatodai commercianti

voCi Dal DisaGio

Si ritrovano in un caffé al limite della Riviera a pochi passi dal civico 72. Sono gli sfollati di vico Serra. Dopo aver fatto salire i loro figli sullo scuolabus, messo a di-sposizione dal Comune. Prendono i mezzi pubblici ma sono costretti a tornare in albergo entro le 23.30, l’ora-rio del fine servizio. “Faccio il parcheggiatore notturno a piazza Sannazzaro e ora non posso più lavorare per-ché non saprei come ritornare ad Agnano”, dichiara un signore. Potrebbero restare in hotel, ma rientrano nel loro quartiere.Un’anziana dice: “Se abbiamo bisogno di sbrigare un servizio o andare dal medico, dobbiamo venire qui”, “Speravamo di tornare a casa per fine marzo, ora si parla di fine aprile, ma credo che aspetteremo almeno 7 o 8 mesi per riconquistare la normalità”, aggiungono in coro. “Negli alberghi ci trattano bene ma non è come stare a casa. Se abbiamo voglia di un caffé o di una

camomilla non possiamo prepararli, e non possiamo nemmeno fare le lavatrici”, continua un’altra signora. “Sono previsti due pasti al giorno, ma di solito il pranzo si salta perché non abbiamo la macchina e non faccia-mo in tempo a rientrare – sottolinea una madre di tre figli -. Poi ai miei ragazzi non piace il cibo che fornisco-no. Tutti i giorni preparo loro i panini. Se continueranno così, finiranno per scoppiare!”. Accompagnati dai vigili del fuoco che effettuano più di 70 interventi al giorno, gli sfollati varcano la soglia di casa per pochi minuti. Recuperati qualche oggetto personale e subito fuori. Una coppia è appena scesa da vico Serra: “Siamo da nostra figlia, è più comodo che stare in albergo”. Lui è pieno di sacchetti “sono i nostri vestiti”, lei ha in mano un vaso di ciclamini: “Sono quasi due settimane che non me ne prendo cura”, conclude.

“Noi, dal paradiso all’inferno”

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INCHIOSTRO N. 5 PAGINA 4

Week enddi Pasquaalcune ideeper le feste

Parchi, centri storicibotteghe e teatri

Fino a martedì 2 aprile, ci saranno “Botteghe aperte”: gli artigiani esporranno opere dedicate alla Passione ed alla Resurrezione. I laboratori di fiori finti, esporran-no addobbi tipici del periodo pasquale con particolare richiamo alla tradizione austriaca delle uova decorate. Nella Basilica di Santa Restituta invece (Cattedrale di Napoli - Via Duomo) saranno esposte antiche statue lignee e in cartapesta raffiguranti santi, oltre l’esposi-zione di ceramiche dipinte sullo stesso tema, a cura dell’Ente Ceramica Vietrese.

Relitti di quelli che un tempo furono lidi e case oggi cadono a pezzi o sono completamente immersi nel mare. Questa è la realtà di Bagnara, una delle località balneari di Castel Vol-turno. Secondo l’ex sindaco Mario Luise “oltre all’erosione, c’è anche una responsabilità umana, a causa dell’escavazione di sabbia lungo la costa. Le costruzioni sono state rag-giunte dal mare, non costruite sul mare. Anche quando sono state edificate abusivamente, si trovavano molto più indietro”. Alcune persone vanno a prendere il sole, nonostante dal mare emergano pilastri di cemento e sbarre di ferro, come dimostrano le foto di Giovanni Izzo, che denunciano gli abusi sul litorale Domizio. “Qualche anno fa viveva una famigliola in quelle case sulla spiaggia, che dovrebbero es-sere chiuse – spiega Aldo Di Resta, presidente dell’associazione “Bagnara che vive” – la regione due anni e mezzo fa ha fatto una sorta di ‘messa in sicurezza’. Ma vari commissari si succedono a causa dello scioglimento del Comune per infiltrazione camorristica. Sono tutte persone validissime, ma non c’è un’amministrazione continuativa con cui intavolare un discorso”.

Arriva la Divina Commedia di Dante Alighieri. Ad Arcos, il museo d’arte contemporanea del Sannio, una raccol-ta di opere di artisti contemporanei percorrono le tre cantiche, i canti e i protagonisti attraverso le proprie esperienze. È il viaggio più simbolico e mai conosciuto, quello che narra il sommo poeta de La Divina Comme-dia. Pasqua è l’ultimo giorno per visitarla. È a Beneven-to, in corso Garibaldi. Ingresso gratuito.

amianto, dramma dimenticatoambiente L’allarme del Comune: ogni mese aumentano i siti da controllare

Per le strade di Napoli microdiscariche abusive con rifiuti tossici

Bagnara, dove solo le ondedemoliscono le ville abusive

di rosita rijtano

Lastre, tubi, tetti, e grondaie: Napoli città d’amianto. Rifiu-ti pericolosi, difficili da smaltire, soprattutto costosi. Così i cittadini preferiscono abbandonarli per strada, affidando la rimozione forzata al Comune, e prosciugando le casse pub-bliche. Sono quindici, in media, gli sversamenti illegali men-sili nell’ultimo trimestre: tre a settimana. Il picco a dicembre, con venticinque siti coinvolti, sedici a gennaio e febbraio, e già sei segnalazioni dall’inizio di marzo. Un boom che emer-ge dai report dell’Unità operativa di tutela ambientale. “A Napoli è in atto un fenomeno criminale che non coinvolge solo i delinquenti”, precisa il tenente Enrico del Gaudio. “Le persone sono abituate a buttare tutto per strada: sacchi d’immondizia, ma-terassi, divani, lavatrici, persino l’amianto è lascia-to sui marciapiedi, vicino a case e cimiteri, senza alcun tipo di precauzione”. A poco valgono le ronde serali e il rinforzo delle unità: un balzo da venti a sessanta uomini nel mese di dicembre. “Il lavoro è troppo – accu-sa del Gaudio –. L’ufficio di ‘Controllo servizio ambientale’, raccolte le richieste dei cittadini, ci segnala almeno dieci siti da controllare ogni settimana. Noi inviamo una scheda con foto all’Azienda sanitaria locale che, quando necessario, dà il via libera per informare la ditta competente allo smal-timento. Così trascorre una settimana. Un tempo biblico? Se gli abbandoni non fossero così tanti, sicuramente ne impiegheremmo meno. Ogni intervento di bonifica richiede

una giornata di lavoro. Poco importa se si tratta di un pic-colo tubo, o di una grande quantità d’amianto, la zona va transennata, poi coperta con uno speciale spray e l’eternit rimosso”. A essere maggiormente interessate sono le zone periferi-che: Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, Pianura. Angoli nascosti, spesso bui, dove è più facile passare inos-servati. Basta un camioncino a tarda sera, qualche mano-vale inconsapevole, et voilà: il gioco è fatto. Se in città è il privato che, dopo lavori di manutenzione casalinghi, lascia l’amianto per strada, in periferia sono le attività commerciali a farla da padrone. L’ultimo grande blitz il 13 marzo scorso, in via Santa Maria a Cubito, a Chiaiano, dove alcuni operai

stavano smantellando coperture per un’offi-cina meccanica. Sen-za né maschere né guanti: a mani nude.Commenta l’assesso-re all’Ambiente Tom-maso Sodano: “Non è un problema esclu-

sivamente campano, ma riguarda tutta l’Italia ed è causato dall’inciviltà dei responsabili e dai costi elevati dello smal-timento a norma”. Vietato rimuovere da sé l’amianto dan-neggiato. Dai tre ai quattro mila euro è la spesa minima per un paio di lastre. Poche le ditte specializzate, molto il lavoro da fare secondo i criteri stabiliti dal decreto numero 152 del 2006, nessuna discarica in Italia. Una volta raccolto, l’eternit supera le frontiere per raggiungere le cave dell’Europa set-tentrionale. “Ecco perché – prosegue Sodano – i costi sono elevati e l’abbandono d’amianto così diffuso. Per garanti-

re un appalto ad hoc per lo smaltimento, e quindi la salute pubblica, ogni anno in bilancio comunale si stanzia una cifra di circa 150mila euro. Ma l’incoscienza delle ditte è tale che, sempre più spesso, gli sversamenti sono vicino le scuole”.Una situazione insostenibile che grava sulle casse comu-nali: 15mila euro la cifra minima spesa ogni mese. “Si deve fare una grande battaglia – ha dichiarato al quotidiano ‘Il Mattino’ il sindaco Luigi de Magistris – c’è una coscienza diffusa sui danni causati da amianto, ma sono ancora troppi i criminali che sversano in modo illegale”.

25 Gli sversatori censitia dicembre, 16 a gennaio e febbraio, 6 dall’iniziodi marzo

approfondimenti su www.unisob.na.it/inchiostro

@ivano_Cirillo

NaPoli BENEvENto

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A Pasquetta concediti un picnic tra parco e mare. In via dei Sei Navigatori, 1 c’è il parco Ubalandia. È un’area at-trezzata con vaste zone barbecue per grigliate, sedute, servizi, chiosco bar, grande parcheggio anche camper, area giochi gonfiabili per bambini con animazione. E per i più grandi Go Kart e Maneggio.Tra verde delle colline e azzurro del mare, tra le due co-ste da sogno, amalfitana e cilentana. Il costo è di 5 euro a persona.

Pasqua alla Reggia. Il complesso reale resterà aperto domenica 31 al the day: dalle 8,30 alle 19,00 sarà possi-bile visitare gli appartamenti storici. Il giorno successivo, lunedì dell’Angelo, primo aprile, saranno invece aperti gli Appartamenti Storici con orario di visita prolungato 8-20. L’intero parco reale resterà chiuso. Il costo è di 12 euro per il biglietto intero, 6 per il ridotto.

Teatro, danza e musica si uniscono per un evento in-ternazionale imperdibile. Emozione, entusiasmo e magia insieme per offrire allo spettatore uno show di rara bel-lezza. Gli Stomp si esibiranno per tutta la settimana di Pasqua in esclusiva al Teatro Comunale “Carlo Gesual-do” di Avellino, unica tappa italiana del grandioso tour internazionale che toccherà città come Parigi, Londra, New York. Sono un gruppo di artisti a tutto tondo che usano il corpo e gli oggetti metropolitani per creare ori-ginali performance teatrali.

Mare pulito,11 spiagge in più

Estate 2013 I risultati delle analisi dell’ArpacA maggio nuove verifiche sul litorale campano

Resta critica la situazione dei depuratoriPagina a cura di Elisabetta Froncillo

Più mare pulito per l’estate 2013. I dati diffusi dal-la Regione Campania aprono spiragli positivi, mo-strando i risultati delle analisi delle acque marine, effettuati dall’Arpac (l’agenzia regionale per la pro-tezione ambientale).I punti vietati alla balneazione passano da 62 del 2012 a 51 di quest’anno. Undici luoghi in più dove poter fare il bagno. I tratti esaminati complessiva-mente sono aumentati, per un maggiore controllo del territorio: a fronte dei 233 punti di prelievo del 2012, quest’anno l’Arpac ne ha ispezionato ben 326.Per 35 stazioni di prelievo, lungo le coste campane, è arrivato il recupero della balneabilità rispetto agli ultimi due anni. Infatti per questi siti la Regione ha riservato il titolo di “nuova classificazione”: interventi di depurazione e monito-raggio degli scarichi in mare sono stati nel tempo blocca-ti e arginati, permettendo un recupero della balneabilità. Un rapido confronto tra le tabelle del 2012 e quelle del 2013, mostra le differenze dei siti balneabili. La scor-sa estate erano considerati appena 182 siti in tutta la Campania. Grandi esclusi risultavano Sessa Aurunca (fiume Garigliano e lido la Foce), Bacoli (la spiaggia romana con la colonia vescovile e il lido Fusaro), Portici (porto Granatello e l’ex Bagno Rex), Ponte-cagnano (Est Picentino e Primo canale di bonifica), Pisciotta, Centola (fiume Lambro) e Casal Velino.Il mare resta negato però ancora in molte zone.Qual è la situazione per ogni provincia?A Caserta non è balneabile innanzitutto Pineta Gran-de sud, a Castel Volturno. La qualità dell’acqua è scarsa invece in località Villaggio agricolo e a Mon-dragone in corrispondenza del Fiume Savone.A Napoli si gioca la partita più grossa con il mare negato. A Castellammare di Stabia è vietato fare il bagno a sud Marina di Stabia, all’ex Cartiera e alla Villa Comunale. A Ercolano restano esclusi l’ex Ba-gno Risorgimento e la Favorita. A Giugliano sono off

limit Varcaturo e la Pineta di Licola. A Napoli città restano fuori dai giochi per la prossima stagione San Giovanni a Teduccio e Pietrarsa. In provincia è Pozzuoli il comune più colpito dall’inquinamento: ben 8 punti da Licola al Rione Terra sono vietati ai bagnanti. Maggiormente colpita la costa domiziana, dove scarica il collettore del depuratore di Cuma. A Torre Annunziata quattro siti sono inquinati: villa Tiberiade, lido Azzurro, spiaggia molo di Ponente e nord foce Sarno. A Torre del Greco la situazione è abbastanza grave: sette punti su sette sono spor-chi. Mare completamente non balneabile. A Salerno il mare è interdetto ad Agropoli – Testene; ad Atrani; alla Spineta di Battipaglia; a Capaccio – torre di Pae-stum; a Cetara; a Pontecagnano tra Magazeno e lo-calità la Picciola; a Salerno città tra il fiume Irno, Tor-

rione, Fuorni e il Picentino. E ancora a Santa Marina. E niente tuffi neanche alla marina di Vietri, nei primi due tratti della sua spiag-gia. New entry nella black list è Sorrento e la sua Marina Grande, Calastro a Torre del Greco e Paste-na a Salerno. Ma per 42 di questi luoghi, sui comples-sivi 51, delle novità potreb-bero arrivare entro la fine di maggio. Sono contras-segnati, nella propria clas-

sificazione, dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 470 del 1982. Ciò vuol dire che entro il 31 maggio, l’Arpac effettuerà altri quattro campionamenti, per completare analisi approfondi-te. E dovrà farlo a cadenza quindicinale, secondo quanto stabilito dal Decreto Ministeriale numero 30 del 2010: la legge stabilisce che se si è in presenza di valori alterati per i parametri dei «coliformi fecali», bisogna rifare periodicamente degli esami, e verifi-care se si tratta realmente di inquinamento, o di una presenza occasionale di batteri, trasportati spesso dalle correnti. Una speranza soprattutto per i balne-atori, che investono in queste aree. Nessuna attesa invece per il lido e per la stazione marina di Licola. Né per Sorrento. Out restano pure Calastro, Marina di Cetara, e Pastena, Torrione e a est del fiume Irno.

I dati dell’Arpac non sarebbero cosí attendibili per la riqua-lificazione del mare. A comunicarlo é Marevivo, l’associa-zione ambientalista nazionale che si occupa della risorsa mare. A minarlo ci sarebbe la mucillagine. Il comitato tec-nico scientifico formato da Vincenzo Saggiomo, Nicola Migliaccio, Gualtiero Parisio, infatti parla di “particolari fat-tori ambientali, quali cambiamenti climatici e circolazione delle acque, ed eccessive pressioni antropiche, quali ap-porti di nutrienti scaricati dall’uomo a mare, che possono generare, nei periodi in cui si registra uno scarso ricambio delle acque (in generale per il Golfo di Napoli in giugno), la formazione di materiale gelatinoso sospeso nell’acqua o galleggiante in superficie sotto forma di macchie schiu-mose (la mucillagine)”. Questa massa gelatinosa ingloba anche piccoli organismi e detriti di vario genere assumen-do colorazioni, dimensioni e forme diverse. Tale fenome-

no è diventato ricorrente negli anni recenti, lungo le coste campane, allarmando esperti e studiosi. I reali elementi di certezza sono, secondo Marevivo fogne abusive, canali per acque pluviali e alvei non funzionanti. Gli innumerevoli scarichi incontrollati. «Nulla si è fatto per l’individuazione e l’eventuale rimozione dei fattori di pressione inquinante - dice Marevivo- caratteristici della zona, sebbene ci siano leggi europee e finanziamenti già ricevuti che lo impon-gono». La normativa europea prevede un “buono stato ambientale” entro il 2020 per gli ecosistemi marini. “Per arrivare a questo - spiegano gli ambientalisti - c’ è bisogno di un cambio di politica, innanzitutto per non incorrere in sanzioni, e poi per sviluppare nuove economie intelligenti di uso del territorio”.

i Dati

salErNo avElliNo CasErta

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PAGINA 6INCHIOSTRO N. 5

la Campanianon è più felix

lavoro Più di 80mila i dipendenti in difficoltà. Vertenze senza sbocco

Fermi i distretti industrialiLa disoccupazione vola al 20%pagina a cura di luca Bosio

Il quadro tracciato dalla Cgil, primo sindacato italiano, è sconfortante. Nell’ex Campania felix, la crisi eco-nomica non ha risparmiato alcun settore industriale o merceologico. Le ristrutturazioni aziendali e i ricorsi sempre maggiori alla cassa integrazione hanno intac-cato anche i comparti più solidi dell’economia regiona-le. Distretti industriali strategici, come quello chimico/tessile di Airola e Solofra, il settore metalmeccanico, l’edilizia pubblica e privata mandano sconfortanti se-gnali di cedimento. Facciamo un po’ i conti. Sono 575 le industrie in piena crisi. Più del 60% delle 15.353 aziende edili soffre l’immobilismo del mercato immo-biliare. Oltre 80mila lavoratori sono in difficoltà, 24mila nel metalmeccanico, 22mila nel settore delle costru-zioni e dell’edilizia. Ventimila sono gli stagionali del comparto agricolo e alimentare in situazione più che precaria. Meno colpiti il chimico e quello della gomma/plastica, ma solo perché gli occupati sono pochi. Cir-ca 6mila addetti rischiano di perdere il posto. Infine, i 4.500 operatori idraulico forestali che spesso incrocia-no le braccia per mancati fondi e ritardi nei pagamenti. I numeri parlano chiaro, ma fino a un certo punto. C’è un mercato oscuro rappresentato dai lavoratori impiegati nell’ar-tigianato, nelle microimprese, nei servizi, che sono difficili da censire e classificare. Aree in-dustriali dismesse come quel-le di Caserta, Acerra, Airola, Torre Annunziata e Castellam-mare di Stabia sono oggetto di “Contratti di Programma” fermi da anni. L’analisi della Cisl si concen-tra in particolare sull’aumento del tasso di disoccupazione. Dal 2011 al 2012 è sa-lito dal 15,5% al 19,3 %, con 90mila nuovi disoccu-pati. Le persone in cerca di occupazione sono salite da 288mila a 379mila. Poi i giovani, la nota dolente. Sono circa 600mila i ragazzi tra i 15 e i 34 anni che non lavorano e non studiano. La percentuale sfiora il 39%. Il 44,5% degli under 24 è disoccupato. Secondo l’ela-borazione Nidil (Nuove Identità di Lavoro), in Campania i precari toccano quota 200mila, a cui vanno aggiunti altri 300mila emigrati nell’ultimo triennio. Il loro stipen-dio medio oscilla tra i 500 e i 1000 euro. Non sono rari i casi di lavoratori che accettano una retribuzione mini-ma, come rimborso spese, pari a 300/350 euro.In aumento, manco a dirlo, il lavoro nero. Sono 253mila i lavoratori irregolari, con un sommerso pari al 15,7%. Alcuni vorrebbero regolarizzare la loro posizione, altri non ne avvertono l’esigenza.Il Pil procapite di un cittadino campano ammonta a cir-ca 16.500 euro. Un cittadino della Valle D’Aosta produ-ce almeno il doppio. Siamo quasi la regione più povera d’Italia. Dal 2008 il Prodotto interno lordo è calato del 10%. Capitolo esodati: per la Cisl sono almeno 23mila in Campania. Di questi, appena 7mila usufruiscono di fondi speciali a sostegno del loro reddito. Tra il 2008 e il 2011 sono state messe in liquidazione oltre 19mila aziende.“Sul piano regionale le linee di indirizzo definite con le parti sociali non trovano tempestivo riscontro per colpa di certa dirigenza votata a “non fare” e molti asses-sorati incapaci del giusto slancio. Occorre dare rapido corso ai grandi progetti, a cominciare da quello che ri-guarda il porto di Napoli e prevede oltre un miliardo di investimenti privati e da subito la creazione di almeno

20mila posti di lavoro”, ha affermato il segretario generale della Cisl Campania, Lina Lucci.Per la Uil, il primo piano spetta all’emer-genza trasporti. Sono 1250 gli operatori Eavbus che lavorano con un contrat-to di solidarietà, 2368 dipendenti dell’Anm rischiano di non perce-pire lo stipendio di Pasqua. In Metronapoli 550 persone non percepiscono lo sti-pendio con regolarità. Lo stesso discorso vale per i 2300 addetti del-la Circumvesuviana, di Sepsa e di Metrocampania Nord est. Nella Sita 463 ani-me sono prossime alla mobilità. L’azienda, che ha già annunciato l’intenzione di sospendere la propria attività in Campania, ha chiesto un in-contro con il governatore Stefano Caldoro. Se non saranno sbloccati i fondi regionali, ad aprile scatterà la mobilità per tutti. L’unica eccel-lenza, relativamente al contesto, è rappresentata

dalla Ctp. Era in crisi, ma dal mese di agosto ha adottato i contratti di solidarietà e i conti stanno migliorando. Tra le ver-tenze più urgenti, la Uil segna-la quelle del settore dei servizi e del commercio. Anche pri-ma dell’incendio, Città della Scienza aveva 70 lavoratori in cassa integrazione in deroga. Poi c’è la vertenza Edenlan-dia, con 71 dipendenti e 200 lavoratori dell’indotto che

sono senza stipendio da 4 mesi. Gli ammortizzatori so-ciali sono finiti e adesso sul loro destino si staglia l’om-bra della mobilità definitiva. L’azienda ha dichiarato il fallimento. Una nuova gara è stata subito bandita per la ri-presa dell’attività, ma la presenza di alcune aree abusive e mai condona-te ha bloccato l’iter burocratico.Tutti aspettano l’intervento del comune di Napoli e del Sindaco in prima persona. Situazione quasi analoga nell’ippodro-no di Agnano. Tra diretti e dell’indotto (addetti alle casse, totalizzatori scom-messe, allevatori cavalli), sono 1120 gli addetti entrati in regime di cassa integrazione. La Uil considera “sotto osservazione” Almaviva, azienda che si occupa di call center in outsourcing. Cinquecento operatori sono in esube-ro e rischiano il licenziamento. Duro il commento di Anna Rea, segretario ge-nerale della Uil Campania: “Siamo di fronte a centinaia di vertenze aperte. L’economia nella nostra regione è in ginocchio. C’è bisogno di un’inversio-ne di tendenza della classe dirigente e politica. Si cominci con l’utilizzare bene i fondi Ue, si punti sulle eccel-lenze e si sostengano le imprese che investono in occupazione di qualità”.

CGil Cisl uil

83.710lavoratori in difficoltà

600milagiovani(15-24 anni)non lavorano

9 vertenzeurgenti

575 aziende in crisi

575aziendea rischio

8.800 lavoratori in bilico

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PAGINA 7

pagina a cura di Giorgio laurenti

Dal voto del 24 e 25 febbraio scorso, sono stati eletti in Cam-pania 60 deputati e 29 senatori. Grazie al premio di maggio-ranza su base nazionale, alla Camera dei Deputati il Partito Democratico ha preso nelle due circoscrizioni (Campania 1 e Campania 2), rispettivamente 14 e 12 seggi. Il Popolo delle Libertà, prima forza della regione con quasi il 30% dei voti, i in totale ne ha presi 13. Il Movimento 5 Stelle, con oltre 660 mila

voti, è il terzo partito con 9 deputati tra le due circoscrizioni. Al Senato, le parti di Pd e Pdl si invertono. Venendo asse-gnato il premio di maggioranza (55%) su base regionale, il partito che vedeva capolista Silvio Berlusconi, si è visto assegnare 16 senatori, contro i 5 del Pd. Stesso nume-

ro per il partito di Beppe Grillo. Mentre alla lista Con Monti per l’Italia e Sinistra Ecologia Libertà, sono andati gli altri tre senatori (rispettivamente due e uno). Degli 89 eletti, 73 sono nati in Campania. Napoli è la provincia con il numero maggio-

re di eletti con 26 deputati e 13 senatori. Fanalino di coda Benevento, che ha solo due deputati eletti nella ventesima circo-scrizione. Sedici i non campani. Tra questi il leader dell’Udc Pier Ferdi-nando Casini, i gior-nalisti Sergio Zavoli (Pd) e Luca d’Alessan-dro (Pdl), l’ex presiden-te della Commissione bicamerale per l’Infanzia Alessandra Mussolini (Pdl) e l’ex ministro dei Beni cul-turali Rocco Buttiglione (Udc). C’è anche chi, pur non es-sendo campano di nascita, lo è diventato per “adozio-ne”, come l’ultimo ministro della Giustizia del quarto governo Berlusconi, il magistrato Nit-to Francesco Palma, dive-nuto commis-sario regionale del Pdl in Campania dopo le dimissioni di Nicola Cosentino. Oppure Andrea Cioffi (M5S), ingegnere cinquantunenne, nato a Massa, ma trapiantato a Salerno, dove nel 2011 si è candi-dato alle amministrative del capoluogo ottenendo 928 voti; o

il rieletto Raffaele Calabrò (Pdl), medico pugliese (di Lucera, in provincia di Foggia), ma assessore regionale in Campania nella seconda parte degli anni ’90. Dalla passata legislatura sono stati rieletti, con la stessa carica, 8 senatori e 19 depu-tati, segno questo, che i partiti hanno cercato di rinnovarsi dopo gli scandali che hanno preceduto le elezioni.Nelle elezioni dell’Ufficio e il Consiglio di Presidenza – i vertici delle due Camere che hanno il compito di gestire la discus-sione in aula, i ricorsi sulla composizione delle Commissioni, le sanzioni nei confronti dei deputati e che, inoltre, si occu-pano della ripartizione dei rimborsi elettorali ai partiti, delle indennità e del bilancio – c’è stata la nomina di Luigi Di Maio (M5S) a vicepresidente della Camera dei Deputati. Con i suoi 26 anni, il secondo nella lista del Movimento Cin-que Stelle in Campania 1, supera in questa classifica Giorgia Meloni, ex ministro della Gioventù, anch’essa eletta in Cam-pania, ma che ha optato per l’elezione nella circoscrizione Lombardia 3, a vantaggio di Marcello Taglialatela. Il giovane avellinese, studente della Facoltà di giurisprudenza della Fe-derico II, è attivo soprattutto nella tutela ambientale e ha già dichiarato che uno degli obiettivi della legislatura deve essere il taglio del 50% dei parlamentari. Sempre dell’Ufficio di Pre-sidenza, farà parte un’altra eletta in Campania: la Valeria Va-lente del Pd. Del Consiglio invece faranno parte, nella veste di segretari, Alessandra Mussolini e Angelica Saggese (Pd).

onorevoli, ex cittadiniPolitiche 2013 Ecco chi sono gli eletti in Parlamento della nostra regione

Conferme e bocciature. La mappa dei nuovi rappresentanti nelle istituzioni

Il Movimento 5 Stelle è stato il vero vincitore delle ultime elezioni politiche. Il partito più votato alla Camera. Tra gli eletti nella circoscrizione Campania 1 c’è la trentatreenne napoletana Vega Colonnese, che al momento si divide tra le assemblee del gruppo e la ricerca di una casa a Roma:

“Si finisce sempre tardi, vorrei tro-vare qualcosa vicino a Montecitorio – dice la neodeputata – ma i prezzi sono altissimi”.

Com’è stato entrare per la prima volta a palazzo Montecitorio?“È stata un’emozione incredibile. Noi ci riuniamo spesso nella Sala della Regina. Il primo giorno è sta-to straordinario. Poi però incontri le stesse facce che stanno lì da venti anni e ti cresce la rabbia”.la mancanza d’esperienza la pre-

occupa?“Abbiamo studiato i regolamenti parlamentari. La burocrazia ha un iter farraginoso ma poi quando siamo entrati nel me-rito delle questioni ci siamo ambientati. Poi non essendo da sola sono più sicura. Ci aiutiamo e controlliamo a vicenda”.Cosa pensa del Presidente della Camera laura Boldrini?“Non la conosco. Sono rimasta un po’ perplessa dato che Vendola fino al giorno prima della sua elezione voleva ap-poggiare il nostro candidato, poi durante la serata è cam-biato tutto. Il discorso che ha fatto però mi è piaciuto. Mi aspetto che alle sue parole sulla buona politica e il rinnova-mento seguano i fatti”.E sulla dichiarazione che si farà garante di tutti i partiti?“Me lo auguro e me l’aspetto. C’è un 25% degli italiani che va rispettato”.Qual è la sua posizione nei confronti dei dissidenti del suo partito che hanno votato Pietro Grasso al senato?“Ci siamo riuniti. Le posizioni sono molto combattute. Io avrei votato scheda bianca. Perché so che Grasso elogiò il governo Berlusconi per la lotta contro la mafia. Alcuni di noi si sono trovati sotto pressione a causa dell’alternativa (Schifani, ndr). Noi del Movimento dobbiamo mantenere le posizioni prese nelle nostre assemblee”.Parlando della prossima legislatura. Quali dovrebbero essere i primi provvedimenti del prossimo esecutivo?“Io partirei dalle leggi di iniziativa popolare in quanto espres-sione della volontà dei cittadini. Poi inizierei con il nostro programma”.il pericolo di nuove elezioni a breve però rimane…“Stiamo lavorando per fare in modo che questo governo duri. Però in maniera costruttiva. Non ha senso mandare avanti una legislatura che non legifera. Se dovessero cam-biare gli scenari politici non sarà per colpa nostra”.

La novità dei 5 Stelleluigi Di Maio, 26 anni,è uno dei vicedell’auladi Montecitorio

tra i rielettiMarcello taglialatela, Gianfranco rotondi,luisa Bossae Nunzia De Girolamo

Colonnese M5s:sì a un governo stabile

La colomba del movimento

Caserta3 deputati3 senatori

Napoli26 deputati13 senatori

salerno12 deputati5 senatori

avellino8 deputati1 senatore

Benevento2 deputati

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INCHIOSTRO N. 5 PAGINA 8

Ex basi usa,l’ereditàdello zio sam

agnano e Bagnoli

Una è di 30 ettari e 18 fabbricatiSarà la nuova sede della Regione?di Ciro Cuozzo

C’erano una volta gli americani nella zona flegrea. Non è il titolo di un film ma la triste realtà di un territorio sempre più abbandona-to nonostante potenzialità enormi. Bagnoli e Agnano per anni hanno ospitato la Nato (Or-ganizzazione del Trattato Atlantico del Nord) e l’esercito americano. Dal settembre 2012 sono iniziate le operazioni di sfratto nell’ex collegio Camillo Ciano. Entro il 30 settembre 2013 la Nato infatti lascerà la maxi area di Via-le della Liberazione per abbracciare la nuova struttura costruita a Lago Patria. Troppo caro l’affitto che l’organizzazione atlantica versava ogni anno alla Fondazione Banco di Napoli per l’assistenza all’infanzia. Commissariata dalla Regione Campania, la Fondazione (che con il Banco di Napoli non ha alcun legame) è la proprietaria dell’intera struttura. Una ex Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficenza) che da quando è commissariata dalla Regio-ne è stata trasformata in ‘azienda pubblica di servizi alla persona’. Un’area vasta e attrez-zata. Si tratta di 18 fabbricati sviluppati su 30 ettari. Edifici per 27mila metri quadrati e aree verdi e campi da gioco per un totale di qua-si 300mila metri cubi. All’interno sono presenti anche diverse palestre e una piscina olim-pionica oltre al campo da calcio in erba naturale (con intorno una piccola pista di atletica) e due campetti da tennis. Un complesso sportivo che riscuo-teva grande interesse; basti pensare che in passato diverse squadre che affrontavano il Napoli al San Paolo usufruivano del campo da calcio dell’ex base Nato per gli allenamenti di rifinitura. Un complesso imponente che è in cerca di nuovi acquirenti. La Regione è pronta a traslocare e a ridurre le spese di fitto dei pa-lazzi che da anni occupa al Centro direzionale. Sono oltre 3000 i dipendenti pronti a trasfe-rirsi negli uffici di Bagnoli. Si calcola che con questa operazione Caldoro riuscirebbe addi-rittura a dimezzare i costi di gestione. Tuttavia ha partecipato alla manifestazione d’interesse indetta dalla Fondazione anche il Comune di Napoli, col sindaco de Magistris interessato ad aprire alla cittadinanza parte della struttu-ra. I prossimi mesi saranno decisivi. Si attende infatti una decisione entro settembre e, ottimi-sticamente, si spera che l’ex base Nato possa tornare a essere operativa per la fine del 2013.Spostandoci più su verso Agnano s’incontra una struttura fatiscente. Sembra una catte-drale nel deserto l’ex ospedale militare costru-ito più di sessanta anni fa dall’esercito. È una delle tante eredità che gli States ci ha lascia-to. Dopo quarantacinque anni di permanenza, infatti, gli americani abbandonano “Agnano Compound” e tornano in patria. Affidandoci

un gioiello: una struttura di 9000 metri quadri che, considerando anche lo spazio esterno per i parcheggi, arriva fino a 10mila. Il “naval regional medical center”, al momento è un edificio immenso che giace su se stesso.Dall’esterno, però, non si direbbe che sia ab-bandonato. Come ricorda Ruggiero Di Luggo, presidente della Fiart cantieri e proprietario dei lotti su cui sorgeva il campo americano, “la struttura esterna è stata riverniciata di re-cente. La mia azienda ha effettuato molti in-terventi per portare a condizioni ottimali il fab-bricato”. Ricorda con nostalgia i tempi in cui ad Agnano si parlava più inglese che napoletano. “All’epoca il campo militare era il fiore all’oc-chiello della zona di Agnano. Intorno al 2004-2005 la marina americana decide di sospende-re tutte le attività e tornare in pa-tria”. L’ospedale militare non era la sola perla che gli statunitensi avevano impiantato nel territo-rio. Spulciando la piantina dell’ “Agnano Compound”ci si accor-ge che erano diverse le strutture che sorgevano nell’area: scuole,

piscine, palestre, campi per attività sportive. Una vera e propria città nella città. Che fare oggi con queste strut-ture? Molti dei fabbricati al momento sono stati dati in fitto a diverse aziende. Più difficile, però, è affida-re l’ex ospedale. Anche se, ci confida l’ingegnere Di Luggo, qualcosa sembra smuoversi.“ Ci sono azien-de che sono interessate alla struttura. Al momento, però, non posso aggiungere altro. Posso solo dire – continua – che siamo in attesa dell’ok della Regione per la con-cessione dei posti letto”. Raggiunti al telefono, però, le bocche rimangono serra-te anche da parte dell’Aiop (associazione italiana ospe-dalità privata), presieduta da Sergio Crispini. A tutt’oggi sembrerebbe che qualcosa si stia smuovendo. Si spera di non dover aspettare nuo-vamente gli americani per cambiare la situazione.

Dopo 45 anni gli americanihanno traslocato. E ora?

“Siamo interessati all’ex base Nato e non abbiamo nessun pro-blema a condividere lo spazio con la Regione”. Carmine Piscopo, assessore alle politiche urbane del Comune di Napoli, ha le idee chiare e auspica di poter usufruire dei suoli dell’ex collegio Costan-zo Ciano per rivitalizzare il territorio di Bagnoli. assessore, che tempi ci vorranno per ottenere una risposta dalla Fondazione?“Noi abbiamo partecipato alla manifestazione di interesse per l’ex base Nato così come l’hanno fatto altri enti. Siamo in attesa di una risposta in tempi celeri. Basti pensare che il 30 settembre 2013 il

complesso sarà libero a tutti gli effetti”.Ci sono altri enti interessati come la regione. un collaborazione con il Comune è possibile?“Per noi non ci sono problemi, siamo disponibili a condividere l’ampio spazio in questione. La Regione ha intenzione di spostarsi con quasi tutto il suo apparato. Il loro obiettivo è quello di evitare i fitti passivi”. Qual è il vostro progetto?“Creare una cittadella per i giovani. Non dimentichiamoci poi che all’interno dell’ex base Nato c’è la prestigiosa scuola americana che nonostante il trasferimento di tutto il com-plesso a Lago Patria, resterà attiva a Bagnoli”.Che investimento economico avete previsto?“Per il momento non c’è stata alcuna previsione delle spese che dovremo affrontare. Ciò non era richiesto nella manifestazione d’interesse. Attendiamo una risposta dalla Fonda-zione Banco di Napoli prima di iniziare a organizzarci anche dal punto di vista economico”.

c.c.

Piscopo: in quegli spaziuna cittadella per i giovani

La struttura ospedaliera dell’ex base militareamericana di Agnano. Abbandonata a se stes-sa da quasi dieci anni occupa una superficie di circa 9000 metri quadri.

Il campo di calcio, in erba naturale, presente nell’ex base Nato a Bagnoli. Intorno vi è una piccola pista di atletica. Nella zona sono pre-senti anche due campi da tennis.

Carmine Piscopo,assessore ComuneNapoli

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Fili ovunque. Si diramano sui muri e suc-chiano energia. Sono novanta le famiglie del Parco Saraceno, villaggio nel cuore di Castel Volturno, che rubano corrente elet-trica. Inutili i blitz dei Carabinieri, l’ultimo il 28 gennaio scorso, con sei persone finite in manette. “Vogliamo pagare, sono mesi che chiediamo i contatori. Siamo abusivi? C’è gente che vive qui da vent’anni, dove dovremmo trasferirci?”, dice Carmela. Sette anni fa era disperata, senza lavoro, senza casa, quando ha saputo delle palazzine abbandona-te, non ha avuto dubbi: “Si occupa”. Non è la sola. Negli anni Novanta il Parco fu preso d’assalto e oggi due edifici su tre sono abitati illegalmente. “Un totale di 150 persone tra bianchi e colorati”, scherza. “Siamo lasciati a noi stessi, ci aiutiamo a vicenda, la scorsa domenica abbiamo indossato maschere protettive e raccolto i rifiuti sulla strada anche se ora siamo punto e a capo”. A settembre il degrado era tale che alcuni abitanti hanno deciso di inaugurare il “Festival dell’illegali-tà”: un tour tra sacchi d’immondizia e tubi penzolanti. “Chiamare queste strutture abitazioni è un eufemismo”, scrive in una lettera pubblica Tomma-so Morlando, presidente dell’asso-ciazione “Officina Volturno”. “Sono ruderi che la gente continua a occupare creando serie emergenze igienico sanita-rie”. Per Dimitri Russo, candidato sindaco tra le fila del Pd prima che il Comune fosse commissariato per infiltrazioni mafiose, è una situazione da terzo mondo: “Neanche

a Kabul si vive in queste condizioni. Non pagano luce, né acqua, né immondizia e sversano gli scarichi in mare. Solo un mi-racolo potrebbe risolvere la situazione”. Costruito nel 1964, Parco Saraceno è solo un brandello di uno dei quartieri più grandi d’Europa, il Villaggio Coppola: con 2.600 alloggi, 200 negozi, scuole e otto torri che

per tredici anni, dal 1980 al 1993, ospi-tarono gli americani di stanza alla vicina base Nato. Il sogno: creare una little Ame-rica partenopea. “Città d’uomo, 362 giorni il Paradiso dei fiori”, è lo slogan nei cartel-loni di benvenuto. Poco importa se per re-

alizzare la Miami fosse necessario violare leggi, e invadere terreni pubblici, mattone su mattone. “Uno scempio”, commenta l’ex sindaco Mario Luise che per anni è stato in prima fila nella guerra contro ciò che definisce “un’inaudita prepotenza nei confronti dello Stato”. Un contenzioso durato vent’anni. Racconta: “Gran parte

degli edifici fu costruita su suolo dema-niale, con la compiacenza delle istituzioni dell’epoca. Nel 1990 creammo una siner-gia, tra Comune e magistratura, che portò al sequestro delle aree abusive più grandi e alla demolizione delle otto torri realizzate

sulla darsena San Bartolomeo”. La partita tra lo Stato e i privati è chiusa: “Abbiamo vinto uno a zero – prosegue Luise –, anche se ci si è accordati con la famiglia Cop-pola. Non si poteva abbattere tutto. Ora rimane un problema di carattere sociale, con gli abusivi che hanno occupato il Par-co e approfittatori che continuano a spe-

culare sul territorio facendo pagare l’affitto a chi non conosce la situa-zione”. Come Caterina: 150 euro ogni mese per vivere nell’inferno. “Per non avere problemi preferisco dare i soldi”, dice. Prima viveva in un palazzo poco più avanti. Poi al-cuni militari americani hanno bus-sato alla sua porta: “Hanno detto che le costruzioni erano abusive. Ho saputo che stavano occupan-do le palazzine alle spalle e mi son trasferita ma qui non ho trovato nulla”. Mattonelle, tubature, porte: tutto saccheggiato. Spiega Maria, una delle acquirenti degli apparta-menti: “Sono i Coppola che hanno voluto questo scempio, quando l’area fu posta sotto sequestro e i militari andarono via, mandaro-no gli operai a distruggere tutto”. Lei pensava di aver fatto un affare spendendo cento milioni per una vista mozzafiato sul Mar Tirreno

e piscina di condominio: “Prima era un paradiso, ora è l’inferno. Sono una delle poche a essere rimasta. La mia vicina è andata via. Non è riuscita a resistere, ave-va troppa paura”.

r.r.

Parco saraceno, vita abusivaCastel volturno Nelle rovine del Villaggio Coppola ora scattano gli arresti

Novanta famiglie occupano la città impossibile e senza più regole

L’ingresso dell’ ex base Nato di Ba-gnoli. L’area è di proprietà della Fon-dazione Banco di Napoli per l’assi-stenza all’infanzia.Il prossimo inquilino dovrebbe essere la Regione Campania.

Il 30 settembre 2013 la Nato lascerà uffi-cialmente i suoli occupati. Le ope-razioni di trasloco sono state avviate nei mesi preceden-ti. I militari adesso si sono trasferiti a Lago Patria.

All’interno dell’ex collegio Camillo Ciano (ex base Nato di Bagnoli) c’è an-che una piscina. La struttura è all’aperto e viene sfruttata principal-mente da maggio a ottobre.

l’interno del villaggio Coppola

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PAGINA 10INCHIOSTRO N. 5

la vita a Napolicosta di più

Società Il confronto con Roma, Milano e Torino

Rc auto, asili e Tares smentiscono luoghi comuniLa vita a Napoli costa meno se confrontata con quella di Roma, Milano e Torino? Un comune sentire ritie-ne che vivere nel Mezzogiorno costi meno rispetto al Settentrione. Era il 2009 quando Roberto Calderoli, esponente di punta della Lega Nord e allora ministro della Repubblica, chiedeva che gli stipendi venisse-ro parametrati al reale costo della vita: vale a dire, la reintroduzione delle gabbie salariali. “Un’idiozia abo-lita a fine anni ‘60 - afferma l’economista Massimo Lo Cicero - perché illegale, in quanto è impensabile che un lavoratore della Campania percepisca uno stipen-dio inferiore a quello della Lombardia per il medesimo lavoro svolto”. Eppure, secondo Calderoli, bisognava rimodulare le buste paghe perché “la vita al Sud ha un costo inferiore che al Nord”.Ma è proprio cosi? “Premesso che il costo della vita è un’astrazione dei ricercatori e della stampa - senten-zia Lo Cicero - in realtà esso sta diminuendo in manie-ra generalizzata: per esempio la grande distribuzione sta riducendo sempre più i prezzi dei propri prodotti. E poi, se anche consideriamo quello meridionale infe-riore rispetto a quello settentrionale, tale differenza è compensata dagli elevati livelli di disoccupazione che interessano le regioni del Mezzogiorno”. Non sem-brerebbe poi a voler osservare alcuni dati relativi sia alle prime quattro città italiane per numero di abitanti (fonte Istat): Roma, Milano, Napoli e Torino, appunto; sia alle regioni di cui sono capoluogo: rispettivamen-te, Lazio, Lombardia, Campania e Piemonte.Innanzitutto la Rc auto. Secondo dati aggiornati a gennaio 2013 dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cit-tadinanzattiva, a Napoli la tariffa media per un adulto è pari a 1.385 euro; tariffa che, per un ragazzo, si im-penna fino a 4.039. Sensibile la differenza con le altre città: a Roma si paga, rispettivamente, 790 e 3.328; a Milano, 601 e 2.805; a Torino infine, 638 e 2.274. Per quanto riguarda gli asili nido comunali, a Napoli si paga la retta più bassa (100 euro), ma la cifra non garantisce un servizio a tempo pieno e include solo l’offerta dei pasti. Vale a dire, i pannolini per i piccoli si pagano a parte. Contrariamente a quanto succede a Roma e Torino, dove la retta per il servizio a tempo pieno è pari a 146 e 368. A Milano, dove pure è ga-rantito il tempo pieno ma non i pannolini, si pagano 232 euro.Veniamo alla Tarsu, l’imposta sui rifiuti che, a partire dal 2013, è stata sostituita dalla Tares, la quale com-prende anche l’illuminazione pubblica e la sua manu-

tenzione. Nel 2012, Napoli è la città dove si è pagato la Tarsu più cara, 529 euro, aumentata di 21 euro ri-spetto all’anno precedente. Se poi si confronta il dato con quello del 2007, si nota un incremento dell’87%. L’aumento della Tarsu, progressivo negli anni, sor-prende a fronte di una diminuzione, rispetto al 2011, dei rifiuti urbani prodotti pro-capite (538,8 kg, -5,8%) e di un lieve aumento della raccolta differenziata (0,7%) rispetto al 2010, secondo Legambiente. Se ci limitiamo al confronto con Torino, emergono oltre 200 euro di differenza nel livello di tassazione (269): anche qui, in 5 anni, dal 2007 al 2012, si è registrato un incre-mento progressivo, arrestatosi al 18%, nonostante la riduzione pro-capite della produzione di rifiuti (-2,3%) e il contestuale aumento del livello di differenziata (1,2%) rispetto al 2011 (fonte Legambiente). Passia-mo al dato relativo al servizio idrico integrato, che comprende l’acquedotto, il canone di fognatura e di depurazione e una quota fissa. Secondo l’Osservato-rio di Cittadinanzattiva, nel 2009, nel capoluogo cam-pano si è speso 208 euro: quasi quanto Roma (207), più di Milano (106, la più economica anche di tutta Italia) ma meno di Torino (269). Tutto ciò, a fronte di una percentuale di dispersione idrica pari al 23 a Na-poli e in aumento del 2% rispetto al 2007, cosi come a Roma (2%) e Milano (1%), ma non a Torino (-2%). Il prezzo della benzina verde è determinato, oltre che da diverse accise nazionali, anche dalle accise locali, almeno nelle regioni che l’hanno prevista. Sono 9 in totale, secondo dati di Unione Petrolifera aggiornati al gennaio 2013: tra queste, la Campania e il Lazio, con un’aliquota pari allo 0,02580, e il Piemonte (0,02600): se comprendiamo anche l’IVA, le due accise influi-scono in modo identico sulla formazione del prezzo della verde (0,031). La Lombardia invece non prevede alcuna aliquota. Infine i ticket sanitari relativi alla spe-cialistica e diagnostica, introdotti nel 2011. Secondo il XV rapporto Pit, Progetto integrato di tutela, pubbli-cato nel 2012 dal Tribunale per i diritti del malato, in Campania tra prestazioni, ticket e costi aggiuntivi, si arriva a pagare da un minimo di 56,15 euro fino a un massimo di 70 per i pacchetti ambulatoriali. Nel Lazio invece si parte da un minimo di 46,15 e si può arrivare fino un massimo di 61,15 per le Tac e le risonanze magnetiche; mentre in Lombardia e Piemonte si va da un minimo di 36,15 a un massimo del 66,15.

c.g.

NaPoli

roMa

toriNo

MilaNo

Maglia nera per l’Rc auto: la tariffa media è 1.385 euro che sfondano i 4mila se l’automobilista è neo-patentato. Male an-che l’acqua e la rete idrica contraddistinta da una dispersione del 24%.

Il costo degli asili nido pubblici è il più basso: 146 euro al mese pasti e pannolini compresi. Nel 2012 la Tarsu è rimasta invaria-ta (378 euro) nonostante la produzione pro-capite di rifiuti sia diminuita rispetto allo scorso anno.

È la città con la retta per gli asili nido comunali più alta: 368 euro mensili per il tempo pieno che include pasti e pannoli-ni. Ma è quella che nel 2012 ha pagato la tassa sui rifiuti più bassa.

Gli automobilisti milanesi pagano l’Rc auto più economica: la tariffa media per gli adulti è di 601 euro, mentre quella per i neo-patentati è di 2.274. Risparmio anche sulla spesa media per l’acqua che con 106 euro è la più bassa d’Italia.

Città Spesa 2012 Spesa 2011 Spesa 2007

Variazione a 5 anni

Produzione pro capite r.u. kg/ab/anno 2011 var 2010 Su dati lega ambiente

Raccolta

Napoli 529 E 508 E 283 E + 87% 538,8 (-5.8%)

18,2% (+0,7)

Roma 378 E 378E 247E + 53% 645,7 (-2,4%)

24,2% (+2’6%)

Milano 299 E 262 E 262 E +14% 528,6(+ 0,1%)

35,3%(+ 1,9%)

Torino 269E 261E 228E + 18% 528,2 (-2,3%)

43,7%(+1,2%)

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unioni civili, 15 coppieIl registro ha fatto flop

Società Presentato lo scorso anno con grande enfasi a Palazzo San Giacomo

La perplessità dei cittadini: valore simbolico, pochi i diritti

pagina a cura di Dario Marchetti

Solo quindici coppie iscritte in quasi un anno di vita. É questo il magro bilancio del Registro delle Unioni Civili di Napoli. Nato a giugno del 2012 per volere dell’asses-sore alle pari opportunità Pina Tommasielli, al momen-to della sua istituzione il registro era stato accolto con grande entusiasmo, simbolo di una Napoli che muove grandi passi nel campo del sociale. L’idea alla base di questo strumento è quella di riconoscere ufficialmente il rapporto di affetto tra due persone, non importa di quale sesso, garantendo loro molti dei diritti, e dei do-

veri, delle coppie sposate. Per iscriversi basta essere residenti a Napoli da almeno un anno e convivere per lo stesso periodo di tempo con l’altra persona. Sulla carta i benefici ci sono, come ad esempio l’accesso ai bandi comunali, incluso quello per l’assegnazione de-gli alloggi popolari e l’ottenimento di informazioni sullo stato di salute del convivente, oltre che la possibilità di assisterlo in caso di degenza, tanto per citarne alcuni. Ma allora perché questo flop? Secondo l’assessore Tommasielli «per contrastare la paura e la diffidenza che ancora ci sono bisogna lavorare sull’informazione. Stiamo comunque aprendo un varco in una situazio-ne che esiste e che va affrontata». A conti fatti però il Comune non si è speso più di tanto nel pubbliciz-zare questa opportunità, se non nei primi giorni della sua istituzione. Tanto che persino alcuni dipendenti

dell’anagrafe comunale fanno spallucce quando gli si chiede dove si trova l’ufficio preposto.Ma c’è altro. Secondo Carlo Cremona, presidente dell’associazione gay/lesbo “i-Ken”, «i registri sono un retaggio del passato, un’idea vecchia che doveva servire per fare pressione sul Parlamento affinchè legi-ferasse sulla questione. Il Comune arriva con vent’an-ni di ritardo». E le perplessità si abbattono anche sui vantaggi pratici. «Alloggi popolari? Ma dov’è il piano casa? Qui è tutto fermo. Certo, riconosco l’importanza della battaglia dell’amministrazione - continua Cremo-na -, ma se non diventa una proposta politica nazio-

nale, rimane un atto formale inutile. Noi vogliamo un matrimonio vero, un modo per esprimere con gioia l’amore tra due persone dello stesso sesso. Essere costretti a ufficializzare l’affetto con una firma su un registro in un ufficio del Comune è triste e de-solante».Di tutt’altra opinione invece è Pino De Stasio, consigliere della secon-da municipalità, che vede il registro come un successo, un primo passo verso la battaglia nazionale in Parla-mento. «I registri hanno un valore sia simbolico che pratico. Se gli iscritti sono pochi è perché i requisiti van-no cambiati: perché le persone, so-prattutto i più giovani, dovrebbero

aspettare un anno e un giorno per ufficializzare il loro affetto?». Ma per De Stasio il vero obiettivo non è il matrimonio. «Quello lasciamolo alla Chiesa – spiega il consigliere –. Noi invece vogliamo una legge nazionale sulle coppie di fatto sul modello francese. Siamo rima-sti l’unico Paese insieme alla Grecia a non avere una normativa del genere. Non si può più aspettare».E dopo le unioni civili, Napoli lancia un’altra sfida na-zionale, quella sul trattamento del fine vita: il 17 mar-zo il consiglio comunale ha dato il primo via libera all’istituzione di un registro per i testamenti biologici, proposto dagli assessori Tommasielli, Tuccillo e Lu-carelli. Presto i cittadini napoletani potranno annotare liberamente le proprie volontà riguardo ai trattamenti sanitari ai quali saranno disponibili in caso di perdita di coscienza permanente.

Cosa è, CoME isCrivErsi Quali soNo i vaNtaGGi

il registro comunale delle unioni civili è un elenco nel quale le coppie eterosessuali e omosessuali legate da vincoli non “lega-li” (matrimonio, parentela, adozione o tutela), ma solamente da vincoli affettivi e di reciproca solidarietà, possono iscriversi per vedere riconosciuta legalmente la propria relazione e ottenere molti dei benefici di una coppia sposata. Per iscriversi:

• Entrambi i conviventi devono essere residenti a Napoli ed essere iscritti nello stesso stato di famiglia da almeno un anno

• Inviare una mail all’indirizzo [email protected] indicando nell’og-getto “Richiesta di iscrizione al Registro unioni civili”, allegando le genera-lità dei conviventi

• Attendere una risposta dall’anagrafe comunale per fissare un appunta-mento

• Recarsi al primo piano dell’ufficio comunale in II traversa Epomeo, 2 e completare le procedure burocratiche

le coppie iscritte al registro possono:• Accedere a tutti i bandi comunali, incluso quello per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica

• Entrare nelle graduatorie per le agevolazioni sui servizi rivolti alle coppie

• Utilizzare la stessa classe di rischio del convivente per una nuova assicu-razione

• Ottenere il rilascio di permessi di sosta e circolazione in zone a traffico limitato

• Avere informazioni sullo stato di salute del convinvente in caso di ricovero, e assisterlo personalmente in caso di degenza prolungata

• Autorizzare un intervento chirurgico d’urgenza nel caso l’altro convivente non fosse in condizioni di intendere e volere

• Ricevere il risarcimento di danni morali e materiali in caso di morte del convivente causata colpevolmente da terzi, se ricorrono le giuste condizioni

1993 a Empoli nasceil primo registro

2013 a reggio Emilial’ultimo istituito

124 i comuni italianiche se ne sonodotati

138le coppie iscrittea Milano,il registro più popoloso

-12.870i matrimoni

rispetto al 2010 (dati istat)

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vesuvio, il parcoè sotto assedio

luoghi La riserva tutelata dall’Unesco

L’itinerario dei turisti tra abusivismo e rifiutiUn simbolo di Napoli e dell’Italia in tutto il mondo, quasi un marchio di fabbrica. Una bellezza naturale che l’Unesco ha inserito tra le riserve mondiali della biosfera. Una risorsa turistica che andrebbe preser-vata e valorizzata. Con questi presupposti, il Parco Nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995, dovrebbe essere uno dei luoghi più belli del pianeta. Eppure a guardarlo oggi assomiglia di più a un girone in-fernale. In più di vent’anni il territorio del Parco è stato, ed è tutt’oggi, flagellato dalle piaghe dei rifiuti e dell’edilizia abusiva. E nel 2012 ha perso più di ventimila visitatori rispetto all’anno precedente.Per rendersi conto delle gravi condizioni in cui versa la zona protetta basta salire in macchina e percor-rere la strada che da Torre del Greco porta fino al sentiero del Gran Cono, a 1.170 metri d’altitudine. La scalata è un continuo succedersi di piazzole straripanti di rifiuti di tutti i tipi, dai semplici sac-chetti neri fino a mobili, sanitari e sacchi di cemen-to. L’immondizia si accumula persino a pochi metri dalle sculture della mostra permanente “Creator Vesevo”, sotto gli occhi increduli dei turisti che a bordo degli autobus si dirigono alla vetta del vul-cano. E anche qualche chilometro dopo, quando a mille metri di altitudine inizia il sentiero del Gran Cono, il fiore all’occhiello del Parco, i rifiuti non de-mordono: tra le buste di plastica e le bottigliette abbandonate sul terreno lavico spunta anche una bottiglia di spumante. Ma le ferite più dolorose sono quelle più nascoste, lontano dai luoghi turistici e vicine agli abitanti dei quattordici comuni che fanno parte dell’area. Da

San Giuseppe Vesuviano, dove le aziende del settore tessile scaricano gli scarti della produzione senza nemmeno preoccuparsi di na-scondere il proprio marchio dai sacchi, fino alla “valle dei frigoriferi” vicino Terzigno, dove elettro-domestici di ogni tipo vengono abbandonati nella pineta che costeggia uno dei sentieri naturali del Parco. Senza dimenticare la discarica “legale” di Cava Sari, chiusa nel 2012 per esaurimento della capacità di ricezione dei rifiuti e unica al mondo ad essere stata aperta in un’area naturale protetta.“È difficile conservare un territorio quando bisogna combattere contro l’incivilità delle persone – spiega Michele Buonomo, presidente regionale di Legam-biente – . I tagli recenti hanno interessato anche le riserve naturali, e gli uomini della forestale, addetti ai controlli, sono sempre meno. Il Parco vive una condizione quotidiana di para-illegalità: le denunce le abbiamo fat-te, ma spesso le cose rimangono come prima”. Qualcosa sul fronte di rifiuti sem-bra però muoversi, grazie al progetto che il Conai e il ministero dell’Ambiente hanno avviato per potenziare la raccolta differen-ziata negli scavi di Pompei e nella zona del Vesuvio. “Educare i comuni della zona ve-suviana alla cultura della differenziata è il primo passo per cambiare le cose – com-menta Buonomo – . Le battaglie da fare sono tante, ma affrontandole una alla volta si possono vincere”.

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L’ultima minaccia è arrivata lo scorso 14 marzo confusa alla posta di routine: una busta gialla, dentro due pallottole calibro 7.65, mittente sconosciuto, destinatario Giovanni Taranto, direttore di Metropolis tv, quotidiano della provincia partenopea. L’alba del primo ottobre 2011, i parenti del boss Salvatore Belviso invadevano la redazione per bloccare la stampa del giornale. Poi: telefonate notturne, gom-me tagliate, aggressioni. “Siamo nelle loro mani”, commenta Giovanni, “sanno dove abitiamo, dove lavorano i nostri coniugi e vanno a scuola i nostri figli”. La sua filoso-fia: prudenza sì, passi indietro mai. “Fac-ciamo cronaca locale d’assalto. La notizia si segue, senza far sconti al colletto bian-co né al camorrista. Niente atti di eroismo, non indossiamo calzamaglie da supereroi, cerchiamo solo di far al meglio il nostro mestiere e non dovrebbe comportare grossi rischi, almeno in un paese civile”.Dal 2006 a oggi in Italia sono 1.346 i gior-nalisti minacciati, già 96 nei primi mesi del 2013: i nomi spesso sconosciuti, i volti anonimi. A rivelarlo è il rapporto di Os-sigeno per l’informazione, osservatorio nazionale sui cronisti vittime di violenze e abusi. “Sono gocce che scavano il mar-mo”, ripete il fondatore Alberto Spam-

pinato che da anni denuncia una piaga sotto gli occhi di tutti ma di cui nessuno parla: “Forse non c’è voglia di autocom-miserarsi però l’Italia è l’unico paese d’Europa in cui l’informazione è parzial-mente libera. Lo dimostrano i dati e lo di-cono le maggiori istituzioni internazionali che nelle classifiche ci collocano sotto il cinquantesimo posto”. Ranking da terzo mondo. “E ciò che conosciamo è solo la punta dell’iceberg – precisa – gran parte dei cronisti non trova la forza di denun-ciare: si vergogna della violenza subita”. Come Tina Palomba. Guardando la sua auto avvolta dalle fiamme, per la prima volta nella sua vita, Tina ha avuto paura. A scrivere di cronaca nera e giudiziaria ha iniziato dieci anni fa per una testata ca-

sertana, dove ha subito di tutto: assalti in redazione, insulti nelle aule giudiziarie, persino l’ironia dei boss. “La palomba deve volare” è lo slogan nelle intercetta-zioni telefoniche, fino al raid: due taniche di benzina incendiate sotto casa per farle saltare la macchina, troppo anche per una coraggiosa cronista di strada. “Le fiamme alte fino alla mia finestra, al primo piano, sono un incubo terribile che mi tormen-ta ogni notte”, confessa con occhi umidi nella sala riunioni del suo giornale, davan-ti a un bicchiere d’acqua fredda. Oggi la sua attività è drasticamente ridotta: prima scriveva quattro articoli quotidiani, ora al massimo due. “Vacci piano”, è sta-to il consiglio dei vertici aziendali. “A me dispiace molto, ma per tutelarmi hanno

deciso di rallentare il ritmo. C’è chi sostie-ne che i giornalisti possano dire ciò che vogliono, niente di più falso: la libertà di espressione è un’utopia”. Secondo le stime di Ossigeno, sono oltre diecimila le vittime dirette o indirette d’in-timidazioni su un totale di 110 mila iscritti all’Ordine. Cifre da capogiro che cresco-no vertiginosamente: da 20 a 95 minacce l’anno con la Campania che nel 2012 ha scalzato il primato alla Calabria. Su 325 giornalisti intimoriti, 109 sono partenopei. Spiega il presidente dell’Ordine dei gior-nalisti campani Ottavio Lucarelli: “Nella nostra regione la stampa è fortemente condizionata dalla malavita organizzata, ma le minacce non hanno impedito ai cro-nisti di raccontare ciò che accade in un territorio ad alta densità criminale”. A Radio Siani, cuore di legalità ricavato da un bene confiscato alla camorra er-colanese, Amalia de Simone ha un modo particolare d’affrontare i ripetuti attacchi. Ostinazione, documenti e ironia, sono le parole chiave. “Se vuoi, dico che la paura non mi fa dormire di notte”, scherza. Sulle spalle non solo le pressioni della malavita, ma anche una richiesta di risarcimento di 52mila euro da parte de “Il Mattino”, con cui ha collaborato per anni, per un presun-to errore commesso. “In realtà non credo che il vero problema siano le minacce, questi personaggi devono essere smitiz-zati”. Perciò una visita obbligatoria al ci-vico 62 di Corso Resina è quella al bagno del boss Giovanni Birra: doccia idromas-saggio, catena del water e rubinetti dorati. “Nulla di più kitsch. Ormai non sono loro a farmi paura, ma il precariato. È lui la vera pistola puntata alle spalle del cronista”.

r.r.

“La raccolta al momento assomma oltre 200mila euro dei quali le parti più significative sono quelle che vengono dalle donazioni bancarie”. A parlare è Carlo Guardascio-ne, responsabile relazioni esterne della fondazione Idis Città della Scienza, che dà una prima stima della raccol-ta fondi per la ricostruzione del polo scientifico andato distrutto lo scorso 4 marzo. “Le donazioni, soprattutto quelle con gli sms – spiega – testimoniano la sensibilità di tanti ‘cittadini della scienza’ che, in questi ultimi 10 anni, si sono legati affettivamente a questa struttura”. i fatti. Nella notte del 4 marzo un incendio (adesso con-fermato doloso) colpisce Città della Scienza, il Museo in-terattivo di Bagnoli, considerato uno dei poli d’eccellenza di Napoli: è frequentata da circa 350mila persone l’anno, una media di 1.000 visitatori al giorno. Le fiamme divam-pate distruggono quattro dei sei capannoni. La presenza in grande quantità di legno e di materiale infiammabile non lascia scampo alla struttura che, in poche ore, la-scia visibili solo le sue macerie. Il bilancio? Devastante. La struttura (circa 10-12mila metri quadrati) viene com-pletamente rasa al suolo. Sopravvive solo il “Teatro delle Nuvole”, che, separata dal resto dei capannoni, ospitava rappresentazioni. L’incendio, per fortuna, non causa feriti: lunedì è giorno di chiusura settimanale. Danni ingenti e pochi soldi. Da quanto emerge dalle prime stime per portare a termine la ricostruzione ser-virebbero circa 40 milioni di euro. Quindici riguardano il Pac (Patto di azione e coesione) messi a disposizioni dal ministero per la Coesione territoriale; cinque vengono dal Cipe, stanziati dal ministero per lo Sviluppo economi-co; tre milioni provengono dal ministero per l’Istruzione; in più, si andranno ad aggiungere quelle che la Regione stanzierà per la cassa integrazione, i rimborsi dell’assi-curazione (circa l’80% della struttura andata distrutta) e i

soldi provenienti dalle donazioni. Totale? Ventitre milioni di euro. Tanti ma non sufficienti per la ricostruzione. tempistica e location. La distruzione di Città della Scien-za porta alla ribalta vecchie e nuove questioni. La vec-chia struttura, infatti, sorgeva in un’area non prevista dal piano regolatore generale. L’ipotesi di ubicarla in un’altra zona prende allora piede. Dal primo tavolo interistituzio-nale emergono tre ipotesi: ricostruirla nella sede origina-ria, ricollocarla nella ex zona dell’acciaieria Italsider o in un’altra zona di Bagnoli. Dal canto suo la fondazione Idis preme per ricostruire Città della Scienza sulla medesima location, sottolineando, come lo stesso Guardascione ri-corda, che “le fiamme hanno risparmiato la struttura fa-cendo crollare solo il tetto. Il perimetro è rimasto intatto, quella che ha ceduto è solo il tetto che, comunque, era del 1850”. Dunque sarebbe più facile, economico e ve-loce ricostruila lì dov’era. In più, sottolinea: “Ricollocarla non avrebbe più senso rispetto agli intenti originari della struttura. L’alternativa pone soltanto dubbi, incertezze e situazioni nebulose”. Quel che è certo, al momento, è che le decisioni van-no prese in fretta. Se è vero che è bastato un attimo per distruggere Città della Scienza, gigante dai piedi di cri-stallo, la macchina burocratica potrebbe procrastinare ab libitum i tempi di ricostruzione sotterrandola sulle sue ceneri.

s.l.

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la scienza oltre la cenereil rogo di Bagnoli Continua la gara di solidarietà per ricostruire il Museo

Idee a confronto: perché e dove far rinascere i capannoni adorati dai bambini

Cronisti a rischioè qui il recordIl 2012 è l’anno del primato negativo

1.346italia

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109Campania

i giornalistiminacciatiin regione Minacciata Amalia De Simone

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Conservatorio di Musica San Pietro a Majella, Napoli. Fondato nel 1826Iscritti (nuovo e vecchio ordinamento): 110 studentiCommissario: Achille MottolaDirettore: Elsa Evangelista

Conservatorio di Musica Giuseppe Martucci, Salerno. Fondato nel 1819Iscritti (nuovo e vecchio ordinamento): 460 studentiPresidente: Avv. Francesco LanocitaDirettore: Fulvio Maffia Direttore Amministrativo: Nicoletta ManciniComponente Miur: Teresa Magnoni

l’attEsa DEi liCEi MusiCali

“Come ogni cosa in Italia, perché i licei musi-cali comincino a funzionare, ci vorranno dieci anni di sperimentazione”. È l’opinione di Ni-cola Finelli, percussionista e docente di Ese-cuzione e interpretazione musicale nell’istitu-to Margherita di Savoia di Napoli. A tre anni dal loro avvio, sono ancora in fase di start up.Istituiti con la legge n. 53/2003 e diventati operativi con la riforma Gelmini, i licei mu-sicali nascono per sostituire i cinque anni di preparazione affidati ai conservatori prima dell’entrata in vigore della legge 508 del ’99 che li ha equiparati a istituti universitari. I licei diventano palestre in cui allenarsi per acce-dere all’alta formazione musicale. “Preparano gli allievi all’ammissione e in un futuro con-sentiranno l’accesso diretto ai conservatori – prosegue Finelli – . Molti hanno boicottato i licei preferendo istituire al loro interno cor-si preaccademici. Purtroppo non c’è ancora sinergia”.In Campania i licei musicali sono dieci: due in provincia di Napoli, tre a Salerno, due a Ca-serta, due ad Avellino e uno nel Beneventa-no, per un totale di circa 500 allievi. Lo scor-so febbraio, l’assessorato all’Istruzione della Regione, con la delibera 32, ne ha istituiti altri dieci per l’anno scolastico 2013/2014.

Esecuzione e interpretazione, Teoria, Analisi e composizione, Storia della musica, Tecno-logie musicali e Laboratori di musica d’insie-me sono le discipline che fanno di una clas-se di scuola superiore un liceo musicale. La durata del percorso, cui si accede dopo un esame d’ammissione, è di cinque anni. Il mi-nistero dell’Istruzione ha fornito solo indica-zioni generali sui programmi: “Al Margherita di Savoia – continua Finelli – , le linee guida del piano didattico vengono decise da un co-mitato scientifico dell’istituto formato dal pre-side del liceo, dal direttore del conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, da due docenti del liceo e due del conservatorio”. Gli studen-ti hanno due rientri pomeridiani a settimana per fare pratica con i due strumenti musicali: quello principale e il complementare. “Le ore di esecuzione musicale sono solo due per il primo strumento e una e mezza per il secon-do – aggiunge – . Troppo poche e al terzo anno diminuiscono a un’ora”.L’unico modo per rendere efficienti questi licei, “è capire bene che cosa debbano di-ventare: scuole superiori a indirizzo musicale, dove si possa studiare uno strumento, o seri corsi di preparazione per accedere ai conser-vatori”, conclude Finelli. ellebi

Conservatorio statale di musica Nicola Sala, Benevento. Fondato nel 1988Iscritti (preaccademici, nuovo e vecchio ordinamento): 1000 studentiPresidente:Caterina MeglioDirettore: Maria Gabriella Della SalaRevisori dei conti:componente Mef Angela De Rosacomponente Miur Riccardo Cataldo

Conservatorio statale di musica Dome-nico Cimarosa, Avellino. Fondato nel 1971Iscritti (preaccademici, nuovo e vecchio ordinamento): 1200 studentiPresidente: Nicola BattistaDirettore: Carmine SantanielloRevisori dei conti :Componente Mef: Rosa Tozzo Componente Miur: Renato La Peccerella

Conservatori,la riforma beffa

istruzione Con le nuove regole biennio a rischio

Laurea o diploma, dipende dall’anno di studiNapoli, Salerno, Avellino e Benevento. L’elenco dei conservatori in Campania è corposo e numeroso. Sono circa 700 gli iscritti totali (esclusi i pre-acca-demici) con Salerno che detiene la leadership gra-zie ai suoi quasi 500 studenti. A Napoli invece va lo scettro di istituto storico della musica italiana.Un luogo che vanta secoli di storia, nato nell’ex convento dei Padri Celestini, fondato da quel Ce-lestino V che di recente è stato più volte accostato all’ex pontefice Benedetto XVI per la rinuncia al ruo-lo di vescovo di Roma. Al San Pietro a Majella ha iniziato il suo brillante percorso professionale uno dei più grandi direttori d’orchestra in circolazione: Riccardo Muti.Oggi, tuttavia, la situazione non è delle più rosee. Con l’approvazione all’unanimità delle legge 509 del ’99, il governo D’Alema ha conformato i con-servatori come istituzioni di livello universitario. Un percorso completato solo nel 2011 con il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. “Con la nuova riforma – spiega il maestro Francesco Scala, do-cente presso il conservatorio di Salerno – si è persa quella creatività che da sempre contraddistingue gli artisti, mentre abilità e competenza sono le nuove caratteristiche richieste”. Le scuole di musica oggi sono l’istituzione terzia-ria col più alto numero di studenti stranieri. Sono in tanti che dall’estero vengono in Italia per imparare e arricchire il proprio bagaglio culturale e artistico. La ricetta è molto semplice. “Nei conservatori – conti-nua Scala – l’insegnante è semplicemente il mo-dello da seguire. L’allievo impara ma il maestro non insegna. L’azione è assolutamente opposta. Lo stu-dente da solo cerca di capire come fare prendendo come esempio il proprio insegnante”. Suonare uno strumento infatti significa sviluppare delle abilità. Il 70% delle lezioni svolte in un conservatorio sono di carattere individuale, si viene quindi seguiti quasi personalmente da un docente.Con la nuova riforma però si corre il rischio di per-

dere due anni. “A tutti quelli che hanno conseguito il diploma del vecchio ordinamento entro il 2012 – analizza Scala – verrà riconosciuto un titolo che sarà equivalente alla laurea magistrale. Per chi l’ha conseguito successivamente verrà invece ricono-sciuto un diploma di primo livello. Ciò significa che occorrerà fare un ulteriore biennio di specializzazio-ne per ottenere la laurea magistrale. Il problema è che i contenuti sono identici e il ministro in questio-ne quando andrà a fare l’equipollenza sarà inchio-dato da quanto sopra evidenziato”. Ciò evidenzia i controsensi di una riforma che ha “appiattito un sistema da sempre basato sul merito e sulle reali capacità di uno studente”. Se il costo del conservatorio è di gran lunga infe-riore a quello dell’università pubblica (un 30% in meno), resta caldo il problema della spendibilità del titolo. I concorsi per accedere a insegnare nel-le scuole medie o nei licei musicali scarseggiano e i futuri diplomandi hanno serie difficoltà a trovare occupazione. Inoltre c’è un altro fenomeno che al-larma: i corsi pre-accademici. “Non sono a norma – chiosa Scala –. A Salerno abbiamo stipulato delle convenzioni con le scuole dove prepariamo i no-stri futuri allievi. Il discorso cambia invece negli altri conservatori campani dove i corsi pre-accademici sono organizzati dagli stessi istituti che utilizzano denaro pubblico per pagare i propri docenti”.Due grandi artisti napoletani come Aldo Ciccolini e Riccardo Muti hanno consigliato in passato di tro-vare fortuna altrove. “Andare via dalla Campania serve a poco. Occorre innanzitutto avere le idee chiare quando si sceglie di frequentare una scuola musicale. Negli anni ’70 a noi non interessava il tito-lo ma imparare a suonare uno strumento, a essere bravi, ad avere talento. Oggi invece si pensa di più a conseguire il diploma piuttosto che imparare real-mente a suonare uno strumento”.

c.c.

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i giovani “Pirati” del rugbyCastel volturno Si allenano su un campo circondato da prostitute e spacciatori

Squadre multietniche in magliette bianche e nere come la loro pelle

InchiostroAnno XIII numero 527 Marzo 2013www.unisob.na.it/inchiostro

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PAGINA 16INCHIOSTRO N. 5

di ivano Cirillo

Tutti uniti verso la meta. Poco importa se per raggiungere il campo da rugby im-provvisato i “Pirati” di Castel Volturno devono attraver-sare un lungo viale pieno di prostitute e spacciatori. Quando vivi da sempre in un posto, ti abitui alla realtà in cui sei immerso, e quasi non ci fai più caso. Nella scuola di rugby under 14 dell’A.S. Castel Volturno ci sono dodici bambini e bambine che vivono nel comu-ne più multietnico della provincia di Caserta. Bianchi e neri, come le maglie della squadra.Hanno un allenatore, ma le decisioni importanti le pren-dono tutti insieme per alzata di mano. Per la scelta del nome c’è stato un po’ di dibattito, han-no dovuto scegliere tra “Pirati” e “Rospi radioattivi”.Poi hanno scelto Pirati, perchè gli è sembrato più serio. Filippo Mondini, uno psicologo marchigiano che lavora da cinque anni nella “Casa del Bambino”, una Onlus che organizza attività di supporto scolastico, ha costituito insieme con altri ragazzi l’associa-zione non profit che ha ottenuto il riconoscimento del Coni come po-lisportiva. “Nel rugby si passa la palla soltan-to all’indietro - spiega Filippo - per andare avanti, devi muoverti con tutta la squadra”. È grazie a valori di questo tipo che l’associazione ha scelto il rugby. Perché nessuno resti indietro.“Il ragazzino di Castel Volturno che si avvicina al calcio spesso punta a diventare il nuovo Balotelli - conti-nua Filippo - per noi è importante evitare il divismo, per una diversa cultura del gioco di squadra. Non ci piace il concetto di integrazione, abbiamo sempre preferito quel-lo di relazionalità. Il rugby è un ‘collante sociale’ per gli abitanti di Castel Volturno, mette in contatto non solo i bambini, ma anche i genitori”.Un momento importante in questo sport è il “terzo tem-po”. Dopo ogni gara gli atleti, le loro famiglie e le tifoserie passano insieme un po’ di tempo, bevono qualcosa e socializzano. Un concetto diverso da quello che hanno molte tifoserie calcistiche. I bambini si stanno allenando da novembre su un terreno

di gioco non professionale.L’associazione ha chiesto al commissario prefettizio An-tonio Contarino di usare il campo sportivo, ma è inagi-bile. In attesa di trovare una soluzione hanno fatto una colletta, raccolto 900 euro per affittare una ruspa e ‘bo-nificato’ un terreno pieno di sterpaglie dietro la “Casa del Bambino”.È nato così il campo di rugby dei “Pirati”, uno spazio che tutti possono usare per giocare, in un territorio che ne offre davvero pochi.La Federazione Campania Rugby ha messo a disposi-zione un istruttore della squadra Partenope, Giuseppe Pugliese, che sta formando il prossimo allenatore. Si chiama Francesco Di Mauro, un ragazzo che collabora con la Onlus e sta prendendo il brevetto al Coni.“Siamo convinti che la squadra darà grandi soddisfa-

zioni dal punto di vista sportivo, perché i ragazzi sono molto agili - sostiene Francesco - nella stessa squadra giocano sia maschi che femmine, gli allenamenti per il momento non si differenziano per genere, solo per ruoli e fisicità. Siamo in fase di partenza, quando ci saremo organizzati meglio, penseremo anche a creare una squa-dra femminile”.Per iscrivere i bambini alla scuola di rugby si paga 50 euro l’anno, nel prezzo sono compresi la tuta, la casacca

da gara e la borsa. “Il fatto che nel rugby non girino tanti soldi, a differenza di altri sport, è una cosa buona per i valori che vorremmo trasmettere ai ragazzi - spiega Alessandro Gisonna, so-cio fondatore e segretario della società sportiva - stiamo cercando sponsor e donazioni, per non far gravare trop-po le spese sulle spalle dei bambini e dei loro genitori”.In questo periodo gli occhi dei ragazzi sono tutti puntati sul ‘Sei nazioni’, il più importante torneo internazionale di rugby. Tifano tutti per l’Italia.L’associazione vorrebbe affittare un autobus per porta-re tutti i “Pirati” a Roma ad assistere a una delle par-tite. Hanno chiesto una mano alla Federazione Italiana Rugby, che è molto attenta ai più giovani. “A fine marzo faremo il primo incontro degli under 14 contro la squadra “Partenope Napoli” - spiega Camillo,

un ragazzo della polisportiva - il futuro è nei bambini, perché da piccoli non gliene frega niente del colore della pelle, giocano e basta. Noi speriamo che im-parino questi valori, nonostante alcune leggi impongano una vi-sione diversa”.Come la Bossi-Fini, che ha in-trodotto il reato di immigrazione clandestina. Uno dei risultati più evidenti è che da queste parti molti bambini nati qui evitano di avvicinarsi sia alle scuole che allo sport, e passano le giornate a giocare a pallone nelle campa-gne sperdute di Castel Volturno. Potrebbero rischiare il rimpatrio in un Paese che non hanno nep-pure mai visto.“Io sono contenta che Kelly faccia sport - conferma Vitto-ria, madre di uno degli allievi più promettenti - perché così si diverte e fa i muscoli. Ora però devo tornare a lavorare, ero ve-

nuta solo a portargli un panino”.Pranzo che il ragazzo condivide con Destiny, Michele, Vittorio e Price. Un morso ciascuno, spirito di squadra.All’inizio e alla fine di ogni allenamento i ragazzi urlano “Viva i Pirati”. È il loro modo di farsi forza, mostrare a se stessi, e al mondo che li aspetta fuori, che hanno capito davvero cosa vuol dire unità.

allenamento dei “Pirati”

@ivano_Cirillo