nuova serie ISSIMO MarzoAprile2010 i segni della poesia · Una m’ha preso di tra la barba il...

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ISSIMO Anno XXIII n. 66 nuova serie Marzo Aprile 2010 Di gioia v’è in noi la radice, e la miniera del pianto, della giustizia noi siamo l’essenza, e dell’ingiustizia la fonte, siamo sublimi e meschini, perfetti e impotenti, siamo ruggine opaca, e siamo limpido specchio del cosmo. Omar Khayyàm Periodico di promozione culturale dell’Ass. Il Vertice-Onlus i segni della poesia

Transcript of nuova serie ISSIMO MarzoAprile2010 i segni della poesia · Una m’ha preso di tra la barba il...

ISSIMOAnno XXIII n. 66nuova serieMarzoAprile2010

Di gioia v’è in noi la radice, e la miniera del pianto,della giustizia noi siamo l’essenza, e dell’ingiustizia la fonte,siamo sublimi e meschini, perfetti e impotenti,siamo ruggine opaca, e siamo limpido specchio del cosmo.

Omar Khayyàm

Periodico di promozione culturale dell’Ass. Il Vertice-Onlus

i segni della poesia

Foglie

Quanti se ne sono andati…Quanti.

Che cosa resta.Nemmeno

il soffio.Nemmeno

il graffio di rancore o il morsodella presenza.

Tuttise ne sono andati senzalasciare traccia.

Comenon lascia traccia il ventosul marmo dove passa.

Comenon lascia orma l’ombrasul marciapiede.

Tuttiscomparsi in un polverioconfuso d’occhi.

Un brusiodi voci afone, quasidi foglie controfiatodietro i vetri.

Foglieche solo il cuore vedee cui la mente non crede

Giorgio Caproni

Mare

maremuro dirupato sulla telafalesia sfrangiataesposta

sbuffo di rocce lancinantinere che si strazianosconvoltesotto l’onda opale che si placafossilizzata

nell’attesa del cielo

A Gustavo Montes

uomola sua anima deserta si straziaai labbri delle pietrearidità sordasole da spaccar terra

uominila loro tenerezza si tessesete dall’uno all’altro estintanel paziente rumore dell’alberoche scrive la storia delle ombre.

Jean Le Boël

(Traduzione di Bruno Rombi)

(Da Le paysage immobile-. 2009)

XVII

Io non so più nullaio non so se è il ventoo se è l’acqua della pioggia checade cade cade densa epicchia picchia picchiain questi giorni soprasopra la testa dei pensieristrizzando via le cose caree le idee fisseche diventano niente

XVIII

No. Non piangorimango per ricordare

le fatiche contro il doloresono antiche come l’uomoe non c’è niente di più belloche rimanere in piedisulla sponda del fiumea guardare scorrere il tempoin un vortice di niente

Davide Argnani

Una poesia di Alejandra Pizarnik

In questa notte, in questo mondo

A Marta Isabel Moia

in questa notte in questo mondole parole del sogno dell’infanzia della mortanon è questo ciò che uno vuol direla lingua natale castrala lingua è un organo di conoscenzadel fallimento di ogni poemacastrato dalla sua stesa lingua che è l’organo della ri-creazionedel ri-conoscimentoma non è quello della ri-surrezionedi qualcosa in maniera di negazionedel mio orizzonte si sofferenza

con il suo canetra i dicibileche equivale a mentire(tutto quello che si può dire è bugia)il resto è silenziosolo che il silenzio non esistenole parolenon fanno l’amorese dico acqua, berrò?se dico pane, mangerò?in questa notte in questo mondostraordinario silenzio quello di questa nottequello che accade nell’anima non si vedequello che accade nella mente non si vedequello che accade nello spirito non si vededa dove viene questa congiura dell’invisibile?nessuna parola è visibile.

(da “Testi in ombra e ultimi poemi”- 1971-72)

La pozzanghera ha l’iride azzurra

adessoche è tornato sereno.

E’ un occhioche muta colore

diventa violettoal tramonto

poi nero.

E rimarrà apertoper tutta la notte, insonne.

Come uno in attesa.

Adriana Scarpa

Amore e tempo(Giovanna)

Quando guardo i tuoi occhiprofonda vita chiama.

Scompare l’amarezza dell’amore invecchiato dal tempo.

Il tuo sguardo accarezza. Dal buio ascolto la luce.

Nevio Nigro.

La storia non siamo noi

Camillo BensoConte di Cavour

Lo avevo riconosciuto per via della caratteristica barbetta sotto ilmento. Lo sapeva, ma mi porse la mano presentandosi:– CamilloBenso, conte di Cavour… - strinsi due dita umidicce:- Eccel-lenza…- Resti seduto. Come vanno qui le cose? Ci pensai un momento e poi: - La situazione è sotto controllo.Sorrise, cioè fece una smorfia che potevi scambiare per un sorriso:- I problemi, ragazzo mio, si risolvono o si eliminano. Che signi-fica controllarli? Lasciarli crescere? - Il fatto che mi avesse chia-mato “ragazzo mio” avrebbe dovuto rassicurarmi della sua benevo-lenza, ma nelle parole non potevi non leggervi un rimprovero. - No,farli crescere no, - farfugliai. – Insomma, si dice sotto controllo unfenomeno che non sfugge alla nostra attenzione.- Quale fenomeno è in atto oggetto della nostra attenzione? - La situazione come dicevo prima…Sbuffò:- Mi pare che non stiamo parlando di niente.- Me ne rammarico, - sospirai mortificato. – Me ne rammaricoprofondamente.Sorrise, stavolta sorrise per davvero: - Fare politica è spesso un par-lare di niente. Comunque, se chiede a Benedetto Croce chi è unbuon politico, le risponderà che è un uomo abile nel parlare tantosenza dir nulla.- Non ho detto così, - si seccò Benedetto Croce entrando in quelmomento. - Volevo dire che…La tosse gli impedì di continuare, suonai perché gli portassero unbicchiere d’acqua. Benedetto bevve, si forbì le labbra e precisò:– Ilpolitico, o figlio Marco, è un galantuomo abile nell’amministrare lacosa pubblica.Camillo si mise a ridere in una maniera indecente: - Ma quello eraCatone, il vecchio Catone. Lo abbiamo mandato a Cartagine perfichi e non è più tornato. - Anche a me piacciono i fichi, - ammise Benedetto.Camillo smise di ridere e una lagrima sembrò brillare dietro gliocchialini. La sua voce incrinata dal pianto ci informò che la con-tessa di Castiglione ne andava pazza. Benedetto non l’aveva cono-sciuta, ne aveva soltanto sentito parlare e letto qualcosa sui rotocal-chi, ma esclamò lo stesso: - Che femmina!

Svetonio Jr.

Una pagina di Ghiannis Ritsos

Da “Agamennone”Nella traduzione di Filippo Maria Pontani

Dà l’ordine, ti prego, di tacere. Cos’altro gridano?Battimani per chi? Che cosa acclamano? I loro boia forse? I loro morti?

O vogliono accertarsi di avere mani e di poterle battere, di avere voce e di poter gridare, poterne udire il suono?

Falli tacere. Guarda, una formica…Lascia, non la cacciare: sale sulla tavola, s’è presa una mollica,

e il carico è più grande –guarda – di lei:sempre così: più grande delle nostre misure è sempre il peso

che solleviamo tutti.………..

Su, preparami un bagno caldo, molto caldo – l’hai già fatto?Con foglie di lentischio e mirto?

Mi ricordo quel profumo tonificante, aguzzo – un abbandono:come resistere un odore d’infanzia, con le piante, i fiumi, le cicale.

Le figliole mi parevano sperse – l’hai notato? –Una m’ha preso di tra la barba il mento, come cieca.

Hai fatto bene a rimandarle in camera loro – non potevo più vederle.Il bottino tenetelo, spartitelo – per me non voglio nulla.

E quella donna che schiamazza sui gradini,prendila per serva o per balia di nostro figlio (ma dov’è?

non l’ho veduto) – nel mio letto, no, mi serve adessoun letto tutto vuoto, mio, per naufragare, per smarrirmi,

per esistere e avere almeno un sonno invigilato, e non curarmi,se il mio viso è severo quanto occorre.

…………Si, te lo cedo il nostro letto. Non vorrei di certo

esser testimone del cangiar del temposopra le tue forme belle, i tuoi fianchi, i tuoi seni…. Vorrei

serbare intatto (non per te – per me) l’aspetto eroticodi te fuori del tempo, eccelso simulacro che conserva

della mia gioventù stupori e glorie….

Guerre servili

A Cesare Sermenghi

L’unica nostra guerra la perdemmo, da servi, alle contrade di Macella.

Gola squarciatamarchiati sulla facciaanimali da zolfo e da salinapagammo a Cesare quanto era di Dio.

Sulle strade del sale e del silenzio versammo monete d’occhiper un campo avaro,distesa sconfinata ed orto chiuso, terra paziente a crescere un futuro che somigliasse alla nostra speranza a un canto altoa un volo di colombi;

che ricordasse te, compagno muto dal cranio trapassatoda ferro che ti tolse vita e nome e ti confusesulle vie del piantoalle pietre, alla polvere e ad ognuno.

Carmelo Pirrera

Poesie di Giorgia Stecher

Giorni così

…poi spunta una giornata formidabilecon un cielo che urla voti auguraliBuon Natale…Buon Natalecon l’amico che telefona da fuoriper dire ho visto Gattoabbiam parlato di tecon l’amica che si sposa con un tiziovenuto apposta da lontano per rapirlae tutto è chiaro alle ciglia tutto è colore quasi che ierinon avesse piovuto.

*

…ma prenditi la casai tappeti le tende le mensolei coperchi la scatola dei bottoniil macinacaffè gli accessorida bagno e il trumeautu che sai come non miappartengono le cosecome odio i possessidi oggetti di personecome già sia un miracolopossedere se stessied un’esile voce che si levinel frastuono assordantedella strada.

(da Quale Nobel Bettina - il Vertice, 1986)

Eterea

Anche se hai un nome eterea ti ho vissuto negli anni in cui sa recitare il cuore:per dire come brulica un’assenzala voce tua è melodia migranteche si segreta poi lieve ritorna con le cadenze dolci ed intricatedi ardori sottintesi e mai dischiusi

Pure il tuo corpo ruba vicinanze taglia quarantasei fatto di nebbia(e l’aria che residua fra le maniha il crespo colorato dei capelli)E se la sera mira agli abbandoni inaspettati giungono due occhia raccontare quel che non è stato…

Nicola Romano

XIX

Per quanto siano accorti ed efficacigli artifici del cuore e della menteil tempo che scompone i nostri giorniè un’arida montagnache non si fa scalaree tuttavia tu m’apri come rosae mi percorrie mi circondi di tenera allegriaMi dici che mi amie si rinnova il sanguenelle mie vene stancheE viene aprile

Anna Maria Bonfiglio

Mario Tornello

Non ci resta che…

Non ci resta che appendere le nostre lacrime sull’umile altare delle speranze dove, chi vorrà, inchioderà le sue.Potremo raccontare le onde del mare,scalare monti nevosi,vestirci d’innocenza,ma sul filo di un’alba distesa tornerà quell’ombra di dolore a rammentarci un viso, un gesto.S’infrangerà lo specchio di spensierate stagioni e, come sasso tra i piccioni,s’alzeranno voci concitate tra echi di stanze spoglie.Oggi consumiamo giorni vuoti a curare le rughe dell’anima leggendo con la memoria cieli e mari dipinti nella mente e nulla sembra più appartenerci.

*Mario Tornello, nostro amico e collaboratoreè venuto a mancarci nel febbraio di quest’anno.

Una pagina di Marguerite Yourcenar

Apollo tragico

Mezzogiorno: a Micene è l’ora del delitto.- Oh Apollo, Apollo mio assassino…Chi grida a questo modo? Cassandra. Troiaè caduta e fuochi di festa fiammeggianosulle alture dell’Argolide; i poeti farannoardere questi fuochi per quasi trenta secoli.Le pendici di Micene sono rosse di papave-ri, come pavesate per ordine diClitemnestra. Ma il loro non è il colore deldelitto; è soltanto quello dell’estate. Su,all’Acropoli, il carro si arresta cigolandodavanti alla Porta delle Leonesse; la Porta,cigolando, si schiude. Il piede diAgamennone, vittima designata, toro che sicrede dio, calca tappeti di porpora che laRegina stessa sa essere troppo sontuosi,troppo sacri per un uomo, tanto da suscita-re l’invidia divina, da giustificare la trage-dia prima ancora che si svolga. Su, in alto,all’interno del Palazzo, nella sala delbagno, gli amanti adulteri affilano i lorocoltelli come osti decisi a sgozzare il fore-stiero; perché Agamennone, dopo diecianni di guerra, di gloria e di assenza, non èormai che uno straniero per il cuore diClitemnestra.Seduta sotto un arco del cortile, Cassandraaspetta di essere chiamata in questo palaz-zo sepolcro. Amata da Apollo, un tempoCassandra si è negata al Dio.Consapevolmente, questa donna che cono-sce il futuro ha preferito l’asservimentodella condizione umana agli amplessi divi-ni. Il castigo per avere rifiutato il sole si di-rebbe proceda dal suo stesso delitto: le sue

profezie resteranno oscure; Apollo non leha concesso che i suoi oracoli venganocompresi. Tutto si svolge come se non la sisentisse gridare. Le sventure non hannocessato di abbattersi sulla sua gente adispetto di questa pazza che profetizza nel-l’ombra.Schiava esiliata, orfana vestita di nero,Cassandra non accusa né il re che la tra-scina nella morte, né la sposa oltraggiatache già leva la sua scure, né la fatale bel-lezza di Elena che pure è all’origine di tuttii suoi mali. Accusa Dio. Vede nel sole lacausa di tutto. Lei sa che Apollo ha serbatoper sé la vendetta: Egisto e Clitemnestrasaranno tutt’al più impugnatura e lama del-l’arma divina. Apollo, dio delle strade,signore dei sentieri per i quali galoppano icavalli del mattino, ha condotto la stranierain questa mala locanda.Urla echeggiano; nella sala del bagno,Agamennone rantola tra rossi vapori. Ri-chiamata dalle grida acute della Regina,Cassandra si slancia – sa dove la portano isuoi passi – per raggiungere il moribondocon il quale ha condiviso il letto; cade inmezzo al cortile colpita dai dardi del sole.Sul fatale declivio, più nessuno. Il custodedelle rovine dorme nella portineria delpalazzo dell’Hotel de la Belle Hélène acco-sta le persiane per scampare agli ardori delcielo. Apollo, dio geloso, domina solitariosul colle di Micene, pugnale splendenteconfitto in un seno d’oro.

Ora porto un testamentodi acque di cielidi ciottoli colti un tempoio tu gli altri ma così pochi gli altricosì pochi e lontaniattorno a un bivacco a custodire memorie di rapine.

Per aggredire la pietra e il gorgo d’acqua che innalzava garofani era il tempo d’estate sui crepacci e il culmo di fiengreco zampogna pastorale e peana di guerra senza tregua.

Anche il terrore era allegriaquel terrore dell’orbo risucchio d’annegato che ti colse…

Tempo di nidi nel quarzo delle valli a precipizio dentro ciuffi di capperi e cerfuglioni ma l’allodola lasciava scoprire il suo letto sul piano di stoppie e si staccava in un cielo di frecce-stecche nere d’ombrello per reclinarsi in un falò di gridi come castoni nel quarzo dei dirupi.

Antonino Uccello(da Viola di parasceve)

Al di là delle vettedei nostri sensi, quali incantamentici attendono?

Qui –lontano dalla frontiera del duro isolamento,patetica, scandalosa,ammaliatrice, serpeggiante,lontana dai crimini del balordo,solitudine oscura e primitiva,inganno della gioia crudele,mi presenti le capriole di un mondo incantato.

*Col tempo la vita ingialliscecome una foto, diventa ondulata,forma delle pieghe, poichémal fissata, l’immagine,l’ombra dei passiche fai o non farai mai.Ti fermi e dici: «Sì».Vuoi ricominciare.L’amore fissa la vita.

Antonio D’Alfonso (Quebec)

(Traduzione dal francese di Viviane Ciampi)

Il segretario di Dante Alighieri

che non l’aveva perché non potevacomprare il sale di un secondo paneavrebbe inciso sotto dettaturala voragine cupa dell’Infernoe forse avrebbe aggiunto qualche penaorripilanteper intercettatori e spacciatori.

Il segretario di Alighieri Danteavrebbe preceduto il suo padronesu per le balze del Purgatorioper evitargli verità svettantipur accettando la loro giustizia.

Poi si sarebbe abbandonato ai coriluminescenti della beatitudinee forse si sarebbe addormentatoconscio di non potere sostenerela divina visione.

Il segretario di Alighieri Dantetornato a casa avrebbe lavatola tunica infangata del maestroe preparato un brodo e un letto caldospolverato le foglie dell’alloro- non per l’arrosto ma per la corona -dimentico di ferie e di arretratichino su penne d’oca da appuntirelieto di comparire di sfuggitain qualche anfratto della Commedia.

Liana De Luca

Della gioia

Parevano tempi inadattima non era proprio così.Si trattava di andare e venireattorno a un punto centrale.Tu bazzicavi da tempolungo le sue rivesenza incontrarla.L’avevi mille volte inclusanell’elenco delle cose da recuperaree lei arrivò come arrivò:d’un tratto attraversò il tuo esserementre stavi dirigendoti verso casain un volare di moscerinie rami piegati dai frutti.Effimera come non mainon lasciò stimmate.Avresti dovuto farla tua abbracciarlasubito e subito stringerla forte.

Viviane Ciampi

Un sorriso eracliteo

Aspro esilioda patrie inesplicabili,tramiti spinosi a precipiziosopra un fiume di sangue e di sudore.Gemono le creature spodestatesotto il peso dell’ira e dell’ingannonel risucchio del cuore disilluso:arso è il giardino di delizieed avvampa beffardoun sorriso eracliteo.

Vespro ad aprileA D. C.

Il passato svanisceil futuro inesiste

straripa maliconianostra eterna compagna

e la pioggia.

Loris Maria Marchetti

*Mi sfibri a morsi i calcagni.Mi lasci andare ? come fai tu ?.

Anche le stelle hanno nodi sulle nocche, petali alle puntedove camminarti a piante largheora ch’è una toppa il vento sulle zolle.

Di caviglie e muscoli fai pochi laccia legarli al palo, a tenermi strettoo mi fai magari rantolare come fiottoio che sventro l’aria e facciosgranare i muri.

Dondoliamo ora a gambe apertecon tra i denti i rami, la vita sulle fronte…

*

Tu puoi ? dici ?accendere la fiamma stanottela forza del rogo sembra le bracciail dio ventoso del temposenza sospensioni.

Mi manchi

fendo il buio con i dentii rami mordo appesi alla finestradal cerchio del mondo trattengo la pioggiache mi riporta a te.Non dire nulla ? vedi comeanche l’alba si accuccia sulle cimepoi rammagliai primi spaghi di luce sulle case…

Francesco Iannone

- Ma perché, vagabondo, turbavi la gentedel mercato parlando di una verità di cuinon hai idea? Che cos’è la verità?Appena ebbe detto questo, il procuratorepensò: “Oh numi! Gli sto chiedendodelle cose che non c’entrano col proces-so… non riesco più a dominare la miamente…” E di nuovo gli balenò davantila visione di una coppa di liquido scuro.“ Del veleno, voglio del veleno…”Di nuovo udì la voce: - La verità anzitut-to è che ti fa male la testa, ti fa talmentemale che pavidamente pensi alla morte.Non solo non sei in grado di parlare conme, ma ti è perfino difficile guardarmi. Eadesso sono involontariamente il tuo tor-turatore, il che mi amareggia. Non riescineppure a pensare e sogni solo che vengail tuo cane, l’unico essere, evidentemen-te, al quale sei affezionato: Ma il tuo tor-mento cesserà subito, la testa non ti faràpiù male.Il segretario spalancò gli occhi sull’arre-stato e non terminò la parola che stavascrivendo.Pilato alzò gli occhi di martire sul prigio-niero e vide che il sole era già abbastan-za alto sopra l’ippodromo, che un raggioera penetrato sotto il porticato e striscia-va verso i sandali logori di Jeshua e chequesti se ne scostava.Il procuratore si alzò allora dalla scran-na, strinse la testa fra le mani, e sul suo

giallognolo volto sbarbato si dipinse il ter-rore. Ma lo represse subito con uno sforzodi volontà e si abbandonò di nuovo nellascranna.Nel frattempo l’arrestato continuava il suodiscorso, ma il segretario non scriveva piùnulla: cercava solo, allungando il collocome un’oca, di non perdere una parola.- Ecco, tutto è finito, - diceva l’arrestatoguardando con benevolenza Pilato, nesono lieto. Ti consiglierei, egemone, dilasciare temporaneamente il palazzo e difarti una passeggiata a piedi nei dintorni,anche solo nei giardini sul monte Elion. Iltemporale avrà inizio… - il prigioniero sivoltò, socchiuse gli occhi guardando ilsole - …più tardi, verso sera. La passeg-giata ti farebbe bene e io ti accompagnereivolentieri. Mi sono venute in mente alcuneidee che, credo, ti potrebbero sembrareinteressanti, e te ne farei volentieri parte-cipe, tanto più che dài l’impressione diessere assai intelligente-. Il segretariodiventò pallido come un cadavere e lasciòcadere a terra il rotolo di pergamena. – Ilguaio è, - nessuno interrompeva l’uomolegato, - che sei troppo rinchiuso in te stes-so, e non hai più alcuna fiducia negliuomini. Non si può, ammettilo, riporretutto il proprio affetto in un cane. La tuavita è vuota, egemone, - e qui l’uomo sipermise di sorridere.

Michail Bulgakov

Incontro con Pilato

Venerdì Santo

Signor Vescovo, aiutatemi a portarequesto morto pesantetrafitto di lancia.

Cento anni che lo portoquesto morto ammazzatoe la gente né piange né ride:si sciacqua le mani nel vinoe danza davanti la bandache pesta il mortorio.

Sono un santoseppellitore di morti.Guardatemi bene:non è il fuoco di bengalache accende raggi dietro la mia testa.

Sono un figliolopieno di luce,ma nessuno m’aiutaa scavare una fossa.

L’acetilene spentaallarga le nacici delle cagneche annusano nel sonnoil fumo della festa consumata.

Ai costati secchibevono le moschenell’ombra delle chiese.

Mario Farinella

Ricordo

Ricordo un giorno tiepido d’aprilee un suono di chitarrein un vecchio vagoneallietato da canti e da colori.era il giorno di Pasqua e portavamoil sorriso dipinto nello sguardoe nelle palme spighe di speranzadopo l’atroce calcolo dei morti.

Un giorno uno dei pochidella mia breve antica giovinezza.

A Rolando Certa

Per te che amasti la vita non poteva la morte che coglierti così nell’incompiuto gesto di un saluto e forse ti sembrò la lontananza arpione di tonnara nelle carni quando sentisti il filo spezzarsi nella notte dentro il cuore.

Dormiva Budapest un sono non più tuo.

Rino Giacone

Alberta Bigagli, Amore fuEd. Passigli, Firenze – pp. 370, € 25,00Leopoldo AttolicoLa realtà sofferta del comicoEd. Aisara, Cagliari- - pp.120, € 10,00Salvatore Di Marco.Cu rimita menti (poesie in siciliano)Ed. Quaderni del Giornale di poesia sici-liana pp. 60, s.i.p.Filippo GiordanoDitirambi,Lai e ZasgialescheEd. Il mio libro.it – pp. 60- s.i.p.Guglielmo Peralta, SognagioneEd. The Lamp- pp. 32 s.i.p.Serafino Di CesareIncerti e visioniEd. Quaderni de L’Ortica- pp.44. s.i.p.Piero Simoni, Poesie 2007Ed. Golden Press- pp.80, € 10,00Andrea LaioloL’avvento della perfetta panteraEdiz. Dell’Orso – pp.84, € 13,00Giancarlo BianchiCome una monodiaEdifin edizioni –Firenze, pp. 96, € 14,00

Olio

Denso come sangue maturoper mille vene e mille ancorasi diffonde nel corpo della terrafrutto di spremitura precocestretto da una mola di pietrafiltrato da pazienti cordamibuono per un abbraccio col paneprofumato per le sacre unzioniio lo uso con parsimonia.

Elemento appartato circospettonel quotidiano consumopresente sulla mensa di Cristonei notturni riti pasqualinel segno finale dei mortinella gloria delle consacrazioni.Le mani sfinite ringiovaniscesi congiunge con lieviti e vino.

Metafisico rinascimentaleil paesaggio da cui nasce.

Franca Calzavacca

Canzonetta di primavera

Ti ha mostrato la chiostra dei dentiuna donna, bianca si è apertafacendo danzare il tuo spirito

ti ha baciato nel mezzo del pettoil sole oscura le casenel mezzogiorno bianco senza ventoe sogni che i suoi morsi sono dolciquando lasciano il segno

non puoi congiungere solus cum solaunico è venutoil miracolo di stare in compagnia,l’altra che trema guardandotisolo il pianto capiscese cola lento lungo le sue guance

grida se puoi di avere perdutol’anima, sei cenere ormaianche se gridi.

Antonino Cremona

Alternanze

La Nostalgia è una grotta è una donna fiorita il Tempo è nera pezza é un acrobata allegro.

Rottame grigio ed erbae un peso da stadera messo sul Marmo bianco rossa Amicizia intorno.

Curiosità è l’Infanzia succhia i fondi al caffè lo zolfo dei fiammiferi e aceto la stimolerà.

Fluttuazioni

Nel corridoio del sogno mi avvolgo attorno a me sopra a candide onde gli odori di broscia.

Bionda e grassa Signora mi induce a falsità seppure mia sorella mi annunciava una morte.

Da dietro il cassettone s’alzavano i colombi poi gente bianca e nera cadeva risorgendo.

Alberta Bigagli

(da Amore fu, Ed. Passigli,- Firenze)

ISSIMO

periodico di promozione culturaledell’Associazione Il Vertice - Onlusfondato e diretto da Carmelo PirreraDirettore responsabile Anna BarberaReg. Trib. di Palermo al n. 41/87del 31-12-1987 al registro dei periodici.La collaborazione é per invito e nonretribuita.Redazione c/o il Vertice, (Pirrera)Via Norvegia, 2/a - Tel. 091 670223590146 PALERMOE-mail: [email protected]. annuo € 15 sostenitore € 25 c/c postale n. 10171908intestato a:Il Vertice /libri - PalermoAnno XXIII - n. 66 - nuova seriemarzo - aprile 2010Grafica: www.isoladigitale.itvia Leonardo Da Vinci, 400tel. 091 407750 - 90135 PALERMO

i invitano alla presentazione di un librodove è raccolta l’opera di uno scrittoreche conoscevo, morto da alcuni anni. Viincontro diverse persone che non cono-sco, eleganti signore alle quali i presentisi affollano a baciare le mani; uomini

calvi e occhialuti che ostentano importanza: insegnanoqualcosa da qualche parte, scrivono sui giornali e, comefaccio anch’io qualche volta, si limitano a rimpiangere ilbel tempo passato che, a ripensarci, bello non lo era perniente. Quando l’autore era vivo e lo frequentavo nonricordo di avere incontrato queste persone e nemmenoloro ricorderanno dell’autore qualcosa, un tic, un vizio ouna abitudine. Per loro è un nome sulla copertina dellibro che si presenta e del quale si dice un gran bene, sene colgono preziosità nell’impasto linguistico, profondi-tà di pensiero, eleganza nell’eloquio.Nemmeno per i presentatori l’autore, illustre e compian-to, rappresenta qualcosa che vada oltre il nome; nemme-no loro lo hanno conosciuto, non sanno se aveva o nonaveva vizi o virtù che andassero oltre le preziosità, le pro-fondità e le eleganze che abbiamo detto. A nessuno vienein mente di chiedersi se l’autore fumava, se avevamomenti di malumore, le cosiddette paturnie, Qual era ilsuo rapporto con la vita, col suo ambiente, con la suafamiglia?Forse è giusto non porsi questo tipo di domande, ma insi-sto: questa gente – bella gente, fuor di ogni dubbio –venuta alla presentazione dell’Opera che lo immortala,cosa sa dell’autore? lo ha mai incontrato? E questi signo-ri pieni di sussiego e importanza se lo avessero incontra-to all’ufficio postale a fare un versamento, gli avrebberoprestato una biro per compilare il modulo?Delle istanze etiche alle quali uno dei presentatori accen-na, importava o importa nulla a queste signore accorseeleganti come a un evento mondano? Credo di no,L’opera, l’artefice e la sua solitudine si sono fatte mondo,mondo a loro volta.

Ringraziamo gli amici lettori per la solidarietà espres-sa a questo “prodotto editoriale” al quale la politicamercantile del guadagno ad ogni costo, sostituendosialla politica di servizio, voleva tirare il collo.

Numero illustrato con disegni di C.P.

MM