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Poste Italiane - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 DCB Palermo ISSIMO Periodico di promozione culturale dell’Ass. Il Vertice-Onlus Anno XXIII n. 65 nuova serie Gennaio Febbraio 2010 …A vizio di lussuria fu sì rotta, che libido fé licito in sua legge, per tòrre il biasmo in che era condotta. (Dante Alighieri, Divina Commedia – canto V 55-57)

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Poste Italiane - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 DCB Palermo

ISSIMOPeriodico di promozione culturale dell’Ass. Il Vertice-Onlus

Anno XXIII n. 65nuova serieGennaioFebbraio2010

…A vizio di lussuria fu sì rotta,che libido fé licito in sua legge,

per tòrre il biasmo in che era condotta.

(Dante Alighieri, Divina Commedia – canto V 55-57)

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Neve

Che silenzio, battuto da un sempliceurto di vanga

Mi sveglio, atteso dalla neve frescache mi sorprende in seno al mio calore.Trovano un giorno di duro pallorei miei occhi, la mia languida carnene teme l’innocenza. Quanti fiocchi,mentre durava la mia dolce assenza,tutta notte han perduto i tetri cieli!Che silente incorrotto deserto,caduto dalle tenebre, qui vennee cancellò i profili della terraabbacinata sotto un candor ampiosordamente accresciuto, e a un luogo solola fuse, senza voce e senza volto,in cui conosce lo sguardo smarritoi tetti che nascondono un tesorod’usati giorni, al cielo appena offrendod’un vago fumo il rito…

Paul Valéry

(Trad. Beniamino dal Fabbro)

Colpi

La potatura d’alberi rintocca colpo su colpo di pennato. Il freddo fa rilucere i tagli ancora vivi.

Tempo che l’uomo in là con gli anni dice: sono com’ero in compagnia del fuoco che avviva e rode la sostanza, veglio

su quel che brucia e quel ch’è fatto cenere,tengo fede ai pensieri d’una volta.Pure non è gran cosa, è men che poco.

Anni, ancora, che quanto viene offerto sotto la specie del dolore tarda a farsi vita vera.

Per anni e anni la vita segue la vita con la fedeltà che ha l’ombra

mentre scorre il fiume.mentre il filo d’erba trema tra pala e pala della falciatrice

e l’uomo appena uscito dalla prova integro o privato del suo bene solleva il capo fino al nuovo colpo.

Mario Luzi

(da “Dal fondo delle campagne”)

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Concerto

Viola bionda d’amoreliquida sera d’occhi nella notache geme e si raccoglieattorno a un grumo esangue di parole.

(L’altro prosegue solo il suo racconto,tutto un sospiro: la muraglia,le pietre, il sole, l’upupa impagliatae relitti di nave, alfine resi).

Relitti e sabbiaassieme ai nostri librialle bottiglie vuotecon i capelli morti e i pentagrammidove s’iscrive il freddodove tremi

- estrema nota di rapporto avaroe grembo di tepore che si nega.

E’ da te che deriva quest’umorelanguido, in un barocco musicale,da te che tremi, nota di violino,nell’aria fredda enigma di cristallo;e da un passato d’altre sinfonieceduto al tempo assieme alle stagioniper svendita coatta che continuaper poesie non scritteinsonnia e carie.

Viola bionda d’amore, un’altra penasi scioglie senza lagrime né eco.L’altro prosegue solo il suo racconto:le pietre, il sole, l’upupa

l’inverno.

Carmelo Pirrera

Per non svegliarti

Il mio pensiero ha preso domicilio fisso nel castello,che è dentro di te ed ha difese immunitarie e vallo di acque e ponte levatoio,ma non ho chiave (l’ho smarrita) né corno di richiamo, come quello di Orlando a Roncisvalle.

E sono in regola le carte.

Tu sollecita vagoli, sorvegli,inquieta, gli spalti della luna e guardi a valle se mai stanco,affardellato non rispunti il reduce delle crociate, polveroso,e bussi appena con nocche riguardose di tenero silenzio,per non svegliarti.

Sirio Guerrieri

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Lontananze

Rimani con me per un poco.

Ricordo quel passo di danza e i piedi sull’erba bagnata.Rivedo il tuo volto di nebbia amica dal cuore segreto.

Rimani con me te ne prego.

Rimani.Almeno per poco.

Quando fa notte

Quando fa notte il tempo è un volo d’angeli tristi.

Rimane sola l’anima,povera e ricca crudele e dolce.

La speranza è una nuvola d’oro tra gli olivi.

Nevio Nigro

Una pagina di Ghiannis Ritsos

…Aspetto la notte sperando che le mie ombre si fonda-no col buio, per occupare meno spazio, chiudermi nelmio guscio, essere un chicco di grano nella terra. Non ciriesco.

Le mie ombre non si fondono con l’oscurità, anzi, alcontrario, conquistano intera la notte. E allora mi dilatocon esse, stupita, muta, inabissata, con la mia superficietesa dalla densità del fondo mentre il mio desiderionudo, bianco, lucente, galleggia sull’oscurità come unadonna annegata, la pancia gonfia la vulva tumefatta –una donna con occhi chiusi, rischiarata dalla luna – non annegata, semplicemente galleggiante sul dorso – una dona incinta.

Ed eccomi di nuovo ad attendere che in un modo o nel-l’altro giunga il giorno, che cantino i galli sugli steccati,risuonino nella strada i passi dell’arrotino, del vasaio,dell’erbivendolo ambulante, del pescivendolo, i colpi dimartello dei marmista o dei falegnami, che si scindanouna ad una le mie ombre, per condividerle e non esserepiù sola.

(da “Fedra”, in Quarta dimensione)

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Una pagina di Odissèas Elitisnella traduzione di Tino Sangiglio

La ragazza arancio

Così tanto la rese ubriaca il succo del soleChe girò la testa e accettò di diventare

Piano-piano la piccola Ragazza Arancio!

Così mentre brillarono di azzurro i sette cieliCosì mentre i cristalli toccarono un fuoco

Così mentre fiammeggiarono code di rondiniRimasero stupefatti sopra gli angeli e sotto le ragazzeRestarono sbalorditi sopra le cicogne e sotto i pavoniE tutti insieme si radunarono e tutti insieme la videro

E tutti insieme gridarono: Ragazza Arancio!

S’ubriaca il tralcio e lo scorpione, s’ubriaca il mondo interoMa la trafittura del giorno il dolore non abbandona

L’airone nano le dice tra i piccoli vermiLo strepito dell’acqua le dice tra gli istanti d’oro

Anche la brina le dice sul labbro superiore della buona tramontana

Alzati piccola piccola piccola Ragazza Arancio!Come ti conosce il bacio nessuno ti conosce

Neppure il sorridente Dio ti conosceChe con la mano spalanca nell’infuocato riverbero

Nuda ti indica ai suoi trentadue venti!(da Sole il Primo)

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Creazione

Il nostro amore stava lìconcentrato nello spazio contrattoquando un mattinoesploseformando stelle e pianeti e sino a quandoattraverso pazienti secoli di secolisbocciò nei nostri corpiche avidi si scontraronodissolvendosi in estasipianti e gioie.

Amore non ha costume.

Lascia che ti baci i piedinie che spinga ancora i miei bacinei tuoi dolci recessiamore non ha costume ed è sempre rosso di voglie.

Omar Pirrera

Una pagina di Fernando Pessoa

Piccola estasi di strada

Cantava, con voce soavissima, una canzonedi un paese lontano. La musica rendevafamiliari le parole sconosciute. Sembravafarlo per l’anima, ma non gli somigliavaaffatto.Con parole velate e melodia umana, la can-zone diceva cose che sono nell’anima ditutti e che nessuno conosce. Egli cantava inuna specie di sonnolenza, ignorando con losguardo gli ascoltatori, in una piccola esta-si di strada.Il popolo riunito lo ascoltava senza un gran-de scherno visibile. La canzone era di tuttie le parole a volte parlavano con noi, segre-to orientale di qualche razza perduta. Ilrumore della città non si udiva se lo ascol-tavamo e le carrozze passavano così vicinoche una mi ha sfiorato la giacca aperta. L’hosentita ma non udita. C’era un trasporto nelcanto dello sconosciuto che faceva bene achi in noi sogna o non vi riesce. Era unevento di strada, e tutti abbiamo notato cheil poliziotto aveva lentamente girato l’ango-lo. Si è avvicinato con la stessa lentezza. Siè fermato per un po’ dietro al ragazzo chevendeva gli ombrelli, come chi vede qual-cosa. In quel momento il cantante ha inter-rotto. Nessuno ha detto niente. Allora ilpoliziotto è intervenuto.

(da Il libro dell’inquietudine)

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Ora è il silenzio

Ora è il silenzioa darmi la sua voce.Con la dolcezza estremadel non dettoapre l’azzardoal filo d’una rigasu cui scorre in cadenzaogni parola.In silenzio decisa a diventarenuovo senso di vita.

Piazza di sabbia

Piazza di sabbia immensaAi confini del cielo.Un po’ d’acqua laggiù tra la sabbia più bianca,e salata, come credosia più spesso la vita.E i palmeti a darti un attimo di refrigerio con l’illusione di una vita che procede anche se il sole è violento.

Bruno Rombi

Non sono parole

Non ha più voce la voce – Da quando non si affrontano parole(fondali abissi fitti di gioiellima fu altro tempo) e quelle spaventate si ritraggono – piccoli animali sconfitti.

A chi si accosta, si oppone silenzio che lascia nel ricordo orma di nulla (orecchie fossili per troppo ascoltare suoni in trionfo: non sono parole).

Stringe le proprie mani. Solitudine:nel letargo ostinato dei richiami – dormenti? morti? – si è pellegrini dell’Invisibile – in esilio.

Fryda Rota

In cima a un promontorio battuto dai venti a picco sul mare una bianca chiesetta,dentro il pope celebrava una mistica funzione tra lo sfavillio blu/oro delle vetrate e dei ceri accesi profumo d’incenso e l’anima in cielo.

Santorini

Silvano Demarchi

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Una pagina di Marguerite Yourcenar

I pupi siciliani

La Grecia ha lasciato in Sicilia qualche tempio e qualche grande ricordo; l’influenza araba vialeggia onnipresente; il barocco napoletano abbonda; si intravede la Spagna in quella sensazio-ne di siccità austera, ma i conquistatori normanni e angioini hanno lasciato a questo popolomolto più delle loro cattedrali di Cefalù e di Monreale: gli hanno lasciato una intera tradizionedi leggende eroiche, un popolo di paladini, le cui immagini dagli ingenui colori decoravanoancora recentemente i carretti di paese, e che fornisce i suoi temi al teatro dei Pupi di Sicilia.La Chansons de Gestes hanno incontrato un grande successo popolare in ogni regione d’Italia;Il Tasso e l’Ariosto le avrebbero in seguito adattate ai gusti sfarzosi del Rinascimento; ma quiin Sicilia non è necessario scavare troppo a fondo per riscoprire intatto il XII secolo francese.La Sicilia ha raccolto queste belle storie che in Francia sopravvivono soltanto come ricordi eru-diti o scolastici. La fille de Roland non è mai stata altro che una brutta commedia per professo-ri, ma a Palermo, nelle case più umili dei quartieri poveri, i ragazzini s’industriano ancora a met-tere insieme i pochi centesimi necessari per essere ammessi a maledire Gano, applaudire ilprode Carlomagno e struggersi per la bella Alda.Lo stile della maggior parte delle marionette italiane si definisce a partire dal XVIII secolo, nonoltre; esse sono contemporanee alla Commedia dell’Arte e al fiorire mondano di Venezia. Lostesso si può dire delle marionette di Salisburgo, che ricordano quei teatri di pupazzi che esta-siavano Goethe bambino. Il teatro francese del Guignol, meno poetico e più beffardo, haanch’esso il fascino sornione del Settecento. Ma i Pupi di Sicilia sono sublimi nella loro inge-nuità. Bisogna spingersi sino al Giappone dei Samurai per ritrovare la stessa furia guerriera, orisalire ai Misteri del Medio Evo per recuperare qualcosa che ne abbia lo stesso fervore.Molto più grandi e pesanti delle marionette comuni, manovrati anziché con fili con solide astedi ferro, i Pupi siciliani sono sontuosamente rivestiti di autentiche armature che cozzano insie-me con fragore nel corso delle battaglie: hanno il capo ornato di alti pennacchi e trascinano sulleassi del palco ampi mantelli di velluto. Le figure femminili, in questo mondo di eroici fantocci,sono rare. Una tragica Alda la bella vestita di nero, come si addice alla fidanzata di un morto,penzola solitaria a un chiodo tra le quinte di questo stupefacente teatro, il cui impresario è, atempo perso, fabbro, armaiolo, sellaio, costumista e scenografo…

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Anamorfosi

Vivevamo in una chiara cittàsu una piazza di marmo circondata da giardini in fiore uomini e donne nudilieti scambiando i nostri desideri

Trasparenti sognanti sulle rive di un fiume che scendevada montagne arcaneed altipiani evanescenti

Il pianeta essendo puro la nostra percezione dell’altro era limpida e direttale nostre parole precise e denseinfiammate dalla brace che ciascunocovava come un bene preziosoper essere senza vegetare

Forme geometricheeravamo appuntite ma adattevolipadroni del nostro corpo sapevamo farne dono

Chiara era la cittàsospesa a un filo di crepuscolo un grafismo rosa disegnato dal volo degli uccelli

Andrea Genovese

Poiché è detto

Poiché è detto chedegli amati alberinessuno ci sopravviveràassai

e insudiciate saranno lefonti e i boschi cedui

profanati, l’erba dolceassassinata, gli umilie gli animali

soprattutto ciòin noi

noi porteremo il ferro, il fuocola scuree l’oblio

secchisino al fondo dell’anima

poiché è detto.

Jean Le Boël(Trad. dal francese di Bruno Rombi)

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Mirabilis jalapi(Bella di Notte)

Calici aperti all’occhio delle ombre,tremule ciglia che guardano le stelle,Bella di Notte ai lati della strada,ti attraversa il deserto della luna e tu ne raccogli i silenzi,leghi sorrisi al sonno degli ulivi.

Chiede umiltà la vita.

Oasi di colore porporino offri profumi e pozzi di rugiada alle carovane del vento, mostri i sentieri del mattino al beduino che lascia sul tuo labbro orme d’anima e ne ascolta la sillaba del sogno.

L’arco azzurro del giorno lancerà dardi di follia sulla corolla della tua purezza e l’Angelo di Bellezza nel tempo dell’attesa ti chiuderà le pupille con l’ala premurosa.

Giovanni Chiellino

(da Nel corpo del mutare, marzo 2004)

La “bella di mattina” ha preso il secchio del pozzo: vado a chiedere dell’acqua ai vicini.

Chiyojo (703-1775)

Broadway

Broadway è lunga AvenueLa più lunga, dal portoInterseca Wall Street.Era sentiero indianoAveva delle curveChe han lasciatePer quanto rapacissimi,Interseca i Gemelli Altissimi,Sotto è ricavato Winter GardenTutto così bello artificialeChe l’ovile in pietra della Ugghia,‘U Carcatizzu, ‘u lippuSunu cosi antichi, cosiDi picurari, o poviru BamminuCa nasciti:Broadway è ricca di policromia,Adduma e stuta, pittura di mosaiciCon tessere di luci, altro chePantocratori d’absidi novelliBizantini artisti arabiE tolleranza calda, convivenzaCome Palermo del Normanno edell’ImperatoreL’America è di tutti

Pietro Attinasi

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Dipingere con i colori più imprevisti la proba-bile figura della piccola ninfa diviene unoscherzo che mi rende agitato. Lei , in perfettaarmonia con le pareti, con le tende, con gliamuleti, con gli argenti, non immagina lontana-mente le proposte che possono intorpidire lamia mente e con i suoi vent’anni protesta adogni carezza. La lunga fragilità della solitudinemi attanaglia nelle stesse emozioni che il suocorpo nudo si accinge a concedere, tra le sem-plici acrobazie di una volontà impertinente.Nel silenzio ogni vibrazione percepiva l’esat-tezza di un palpito, quasi che l’istinto racco-mandasse una sfida precisa, ed io arrancavo frale sue palpebre per scorgere un segno chelasciasse aperta la furia della vertigine.“Sei come il coniglio impaurito per un nonnul-la, mio vecchietto arrugginito…” sussurrò perdarmi fastidio.“Non è vero! Ed il suono delle tue parole nonriesce a sconfiggere. Potranno formare una miacaduta , ma io scivolerò fra le tue dita percostringerti ancora a fermare quella linguamaledetta.”Gli accenni divennero sempre più profondi.“ Allora ? Vorresti apparire un centauro conquel tuo nerbo incallito ?”Ogni rifiuto sembrava lo strumento della tortu-ra, quasi ben disposto a perdonare le sue escla-mazioni , come colui che vede in sogno l’uscioben celato della femmina e vorrebbe attraversa-re l’umido suo tepore per scomparire fra le lab-bra: un segreto malamente celato, nel timoreche tutto possa scomparire all’improvviso elasciare nel voto più assoluto le mani annaspan-ti.Ella non possiede alcuna fonte , ride, si contor-ce, mi sberleffa , con quella sua testa leggerache lamenta continuamente l’indecenza dellemie richieste.Quando tentai di scherzare tra gli urgenti profu-

mi e le incredibili sensazioni , e baci, e morsi, epressioni, e cautele nel pendio che scende tra ilseno ed il ventre, moltiplicai il sussurro perpiantare il sobbalzo, finché il suo ciuffo, a colpidi ariete, non avesse avvolto il mio irrefrenabi-le martello.Ripeteva sempre, per una colossale confusioneartistica, le idee che le balenavano nella mentesenza alcun costrutto e senza alcuna attenzione,come se io fossi stato l’ultimo dei rabdomanti. La lampada frantumava i riflessi contro le pare-ti a far convergere lo sguardo ripetutamente adestra e a manca , con i colori che avevo imma-ginato per la sua pelle sempre più carezzevole.“Ti offro l’ultima storia che posso realizzare !Ti stringo le cosce per un attimo di sudore e tulasciami stordire senza parlare.”“Io parlo, invece, mio piccolo omuncolo daglianni imbiancati. Non sarai più capace di illu-dermi, né sarai più capace di rincorrermi.”Somigliava a un budino lasciato per caso su unacoperta umidiccia elegantemente ornata di pic-coli amuleti. Tolse la camicetta e la scaraventòlontano , verso la finestra. Ai limiti dell’assur-do il mio torace gonfiava gli orrendi saporidella disperazione. Una fanciulla così dolce,così disponibile, così tenera improvvisamentenemica acerrima della mia passione.Le palpebre pesanti , stanco di combattere,immaginavo il dondolio della culla dilataresecondo l’incastonatura del mio strano mallop-po, inferno tra i marmi di un altare.L’esplosione , rigorosa nel silenzio, segnava losguardo spaesato ed incuriosito , un rivolo disudore scorreva lungo la schiena, mentre la miapiccola Morél legata alla sua imprevedibileonda di felicità apriva senza alcun pudore learcate della carne per rapire ancora una volta lamia semplicità.

Antonio Spagnuolo

La mia amica Morèl

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Non amo La falsitàNon amoLe persone lurideNon amoGli ipocritiNon amoL’insolenzaNon amoIl tradimentoI parentiE gli amiciMi ritengonoUno schizofrenico

***

AhiÈ l’alito del tempoE di noiNon resterà nulla

***

Io vivoE mi sembraCheQualcunoMi mastichi

Igor’ Cholin (1920 – 1999)(Traduzione di Paolo Galvagni)

Il porto somma la terra al mare

Il porto somma la terra al mare. Ogni imbarcade-ro, per quanto spoglio, non può sottrarsi ad undestino divino: sottrarre all’humilis l’homo. Inacqua, per quanto macero sia il legno che neaccompagna le gesta, l’uomo non sta più in terra.Non è più humilis, poiché sollevato rispetto all’-humus da cui è generato. In questo senso l’uomonon è più una creatura terrestre. Non era umileUlisse. Non era umile Colombo. Non era umile ilvichingo che per primo scorticò le gelide spiag-ge del continente americano. Memori con nostal-gia, grati all’humus patrio, ma tesi ad altro,all’Altro. In quella tensione risiede il loro nonessere terrestri, in quell’eccitazione a volte nefa-sta che fa spiccare un volo che conduce inveceall’abisso. Non celesti, certo, ma prossimi a quel-le divinità marine che tanto possono curvare idestini.Il porto somma la terra al mare. ‹‹Perché i tuoifigli muovono senza arte la quiete delle mieacque?›› - chiede il mare alla terra. ‹‹Perché tu liinganni con i tuoi miraggi›› - risponde la terra.‹‹I tuoi figli scatenano in me la tempesta. Delleloro carni mi cibo, con i loro sogni mi disseto, ela mia massima clemenza consiste nel ricondurlida dove sono fuggiti: da te, terra››.

Idolo Hoxhvogli

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L’alternativa dei miei silenzi

fu la parola destinata a perdersi dentro te o in me fu la parte più lesa – non chiedere da chi

da cosa – io crebbi come te privata dei miei tentativi

di rivolta ebbi la città e itinerari già predi-sposti ma in me sconfitte furono graffiti da recuperare– ma volli continuare –

e al pari di te ebbi sensibilità

alla provocazione di un mondo il cui peso eludeva rivolte e ogni contatto tra chi ci abitava

anch’io vidi da un capo all’altro i miei amici

cadere sotto il fungo della ribellione

e ogni volta anch’io averne perso il senso

– e continuare quando ancora insisti a chiedermi ragioni quando le parole

io le coltivo per un ponte con la vita quando io

io

Marta Bener

A Marta Bener, in memoria

Resistimi nel cuoree nel ricordocome il mare resiste alle stagioni,giovane come il vento che giocava con la tua veste…

ACACIE - Ventoso l’aprile quell’anno. Giocava ilvento con le onde del mare, con la tua gonna.Spettinava le chiome delle palme a Mazara del Vallo,cioè a metà strada tra Europa e Africa. Giocava conla tua gonna: belle gambe. Se cerco ti ritrovo in unafoto, in jeans con un maglione rosso sulle spalle, po-sato come uno scialle. L’altro è un poeta un po’ folle,non fa che citare i suoi versi.Nella hall dell’albergo ti ho visto baciare un ragazzodel luogo: la solita avventura, tu non sai che sarai ilsuo racconto per prossimi lunghi inverni; nessuno dinoi sa niente degli inverni futuri, tanto è vero che la-sciandoci all’aeroporto di Punta Raisi ci diciamoarrivederci. Per strada ci siamo fermati a raccogliererametti di acacie, poi sei divenuta triste e hai parlatodella tua bambina che ha un nome di stella: ti senti incolpa, ma passa. Nessuno sa niente degli inverni fu-turi. Arrivederci.Ma il nostro amico, quello che guidava l’automobilee che ci fece fare un giro più lungo per visitare latomba di un barone normanno, morì di infarto dopoqualche anno. Insegnava in una scuola in Puglia.Viveva solo: un pessimo rapporto con la moglie enon certo migliore con la vita. Che ne sarà del poeta?Che ne sarà di tutti gli altri? Già in tanti “dormonosulla collina”.Le palme spettinate dal vento, come allora, mi indu-cono al ricordo. Per qualcuno sarà ancora primavera,spero lo sia anche per te, per la bambina dal nome distella, per quanti rimasti a vegliare nel lungo invernoche ti vide da donna divenire racconto, poi sogno.

Carmelo Pirrera

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LIBRIFranco ManiscalchiPoesia del Novecento in ToscanaEd. Biblioteca Marucelliana Firenzepp. 480 – s.i.p.

Nicoletta CherubiniNautilusEd. Cierre Grafica, pp. 48 - s.i.p.

Serena Nunzia Di LecceDopoguerraEd. Cierre Grafica, pp. 48 s.i.p.

Arnaldo BertolloIl teatrino della scritturaEd. Cierre Grafica, pp. 64 – s.i.p.

Raffaele Cecconi, La meravigliaGenesi Editrice, pp.180 - € 13,00

Andrea Rompianesi, FidesScrittura Creativa Edizionipp.128 - € 14,00

Pietro CivitarealePaesaggio con figureEd. Orizzonti Meridionali, pp.120 - €10,oo

La colpa di nessuno

La colpa è di nessuno ma la parola scivola vialeggera e assente come foglia secca al respiro dell’autunno.

E nessuno può chiedere venia sorridendo e calpestando i sogni sfatti le stagioni senza ritorno i sentieri diventati orgia di sesso e droga.

Mai avrei pensato all’assenza di una voce amica alla sfida del tempo alla speranza al vagare altèro di mostri e di paure all’ombra inquieta di un’eco spenta, amara.

Così il mio pensiero si è abbuiato e la lingua è diventata muta.

Fulvio Castellani

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2 Ottobre

Prima che i tuoi occhisi chiudessero al tempoho scritto parole con lacrime del cuorenelle notti a lume di preghiere per non farti sentire mai sola nella sofferenza e nell’anima perché il tuo dolore era il mio il nostro e se tu potessi portarle con te e le altre ancora da scrivere vadano ad unirsi a loro tracciandomi la strada che a te mi farà arrivare.

Giovanni Dino

Contronatura

La mente è violentata dalle macchine,al limite della sopportazione;il progresso non ha tempi morti,ma uccide ogni giorno la dignità dell’anello più debole.Il ricco Epulone distribuisce ancora le sue briciole ai poveri; l’inferno dei deboli è qui su questa terra, la Borsa sale come la febbre che fa ciechi e non vede chi chiede una moneta, in tram, per le strade e nelle piazze.

Ottavio Piacentini

Da “Materiali per una voce” (1995)

LE COSE

Le cose sono lì dove, per caso, da sempreil destino le attende. Niente passa, nessu-no passa. Solo il passare. Lì: luogo etempo indipendenti dal soggetto. Solo ilsoggetto può definirli. Per un’occasione:la convocazione.

CREARE

La creazione ? Un racconto, il racconto,quel racconto. Inizio che educa all’inter-minabile. La non volontà di raccontare èsegno della finitudine del creare. La poe-sia non crea, fa.

INCANTESIMO

Chi chiama ? Chiama chi dà il parlare, chiascolta. Chi, è già nella ruota della rispo-sta: chi ama. L’incantesimo allora? esse-re l’altro, chiamare la parola.

Alberto Cappi

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ISSIMO

periodico di promozione culturaledell’Associazione Il Vertice - Onlusfondato e diretto da Carmelo PirreraDirettore responsabile Anna BarberaReg. Trib. di Palermo al n. 41/87del 31-12-1987 al registro dei periodici.La collaborazione é per invito e nonretribuita.Redazione c/o il Vertice, (Pirrera)Via Norvegia, 2/a - Tel. 091 670223590146 PALERMOE-mail: [email protected]. annuo € 15 sostenitore € 25 c/c postale n. 10171908intestato a:Il Vertice /libri - PalermoAnno XXIII - n. 65 - nuova seriegennaio - febbraio 2010Stampa Isola Digitale s.n.c.via Leonardo Da Vinci, 400tel. 091 407750 - 90135 PALERMO

rascorso il Natale, ci sono pervenuteda parte di molti nostri amici e colla-boratori tante, ma tante poesie natali-

zie, di cui alcune molto belle, che saremmo stati lietidi pubblicare se fossero giunte in tempo.Ringraziamo tutti e nello scusarci per avere trascura-to tanta dovizia di contributi, ci scusiamo ancora pernon avere trovato spazio, o meglio per non avereritenuto di doverle pubblicare in questo numero.Questo fascicolo, il numero 65 della nuova serie, dàil via alla pubblicazione per il suo 23° anno (siamosulla breccia dal 1987) e non potevamo cominciarecon poesie che meglio si accordano con la fine e laconclusione dell’anno. Sappiamo che una poesia sul Natale o su altro argo-mento non è un quotidiano con una data e una sca-denza, che l’indomani lo si può usare soltanto peravvolgervi la lattuga, ma, francamente, fare unfascicolo con prevalenza di poesie natalizie a feb-braio (in tale mese la rivista perverrà ai lettori), quasia cavallo del carnevale ci è sembrato inopportuno.Comunque, malgrado gli argomenti addotti, che spe-riamo siano convincenti, ci sentiamo un po’ colpevo-li non verso gli autori ma verso il Natale che le poe-sie pervenute sottraggono alla sfera di un voraceconsumismo di bottega. Dunque, grazie a tutti, e aquanti ci sosterranno anche quest’anno rinnovando-ci la loro stima e la loro attenzione, saremo lieti diinviare in omaggio un piccolo libro di versi diCarmelo Pirrera.

Numero illustrato con disegni diNicolò D’Alessandro

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