Nunatak 3

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NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna. Numero 3

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  • Per contatti:

    Nunatakc/o Biblioteca Popolare Rebeldies

    via Savona, 1012100 Cuneo

    e-mail: [email protected] rivista di storie, culture, lotte della montagna.Numero tre, estate 2006.Supplemento al n. 1 (65), aprile 2006, di ALP - vos d larvira piemontisa.Reg. Trib. di Biella n. 207 del 7/5/1975, Dir. Resp. Tavo Burat.A causa delle leggi sulla stampa risalenti al regime fascista, la registrazionepresso il Tribunale evita le sanzioni previste per il reato di stampa clandestina.Ringraziamo Tavo Burat per la disponibilit offertaci.Pubblicazione a cura dellAssociazione Culturale Rebeldies,struttura non esercente attivit commerciale n finalit di lucro.Per pagamenti copie e contributi economici:Conto Corrente Postale n. 69975381, intestato ad Imeri Alessandra, Cuneo.Stampato in proprio presso la Biblioteca Popolare Rebeldies(Cuneo), giugno 2006.

    Prezzo di copertina: 2,50 Euro. Per il momento non si effettuano abbonamenti.

    IIIIINNNNN COPERTINACOPERTINACOPERTINACOPERTINACOPERTINAIl sole, fonte della vita, simbolo che, nellimmaginario delle genti dogni dove, vienesempre associato alla fertilit, allabbondanza, al buon auspicio. Ricopre un posto dirilievo anche nelliconografia e nelle tradizioni di molte culture montanare, si pensi alleincisioni rupestri preistoriche, come pure ai rituali ancestrali legati ai solstizi ed agli equi-nozi. Ma il sole, che con il suo corso scandisce il susseguirsi del tempo, delle stagioni, haanche rappresentato, per gli sfruttati, una speranza per il futuro. La speranza in unalibert da conquistarsi lottando giorno dopo giorno, stagione dopo stagione: la deter-minazione da cui sorger un nuovo mattino.

    NUNATAKCon questo nome, originario della lingua dei popoli nativi del poloartico, sono denominate le formazioni rocciose che spuntano dalla

    coltre ghiacciata della Groenlandia e del circolo polare antartico. Si tratta ineffetti delle vette di alcune, le uniche al giorno doggi ancora coperte daighiacci perenni, di quelle montagne su cui, allepoca delle glaciazioni, si

    rifugiarono embrionali forme viventi che, con il ritiro dei ghiacci,ripopolarono di vita il pianeta.

    Dinnanzi al dilagare degli scempi sociali ed ecologici prodotti dallasociet della Merce e dellAutorit, le montagne della Terra tornano ad esse-re lo spazio della resistenza e della libert. Affinch una vita meno alienata e

    meno contaminata possa, giorno dopo giorno,scendere sempre pi a valle.

    Il prossimo numero di Nunatak previsto in autunno(settembre 2006).Chi fosse interessato a contribuire alla rivista pu met-tersi in contatto con la redazione tramite lettera o postaelettronica utilizzando i recapiti indicati a fondo pagina.Per pagamento copie ed arretrati si pu utilizzare ilConto Corrente Postale n.69975381, intestato ad ImeriAlessandra, Cuneo. Prezzo per copia: Euro 2,50.Per distributori, edicole e librerie sono previsti scontianche su quantitativi limitati di copie richieste (minimo3 copie).Si segnala inoltre che la redazione disponibile adeffettuare gratuitamente presentazioni pubbliche dellarivista.

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    EDITORIALE PAG. 2 PER RESTITUIRE UN FAVORE PAG. 5 LA NOTTE DEL SOLE PAG. 10 DEI E PRIGIONI SUL TETTO DEL MONDO PAG. 14 APPUNTI PER UNA STORIA CRITICA DELLALPINISMO SECONDA PARTE PAG. 22 INSEDIAMENTI MONTANI, AUTOGOVERNO, COMUNIT E SOLIDARIET PAG. 28 COS RAPIDAMENTE CRESCONO, TANTO RAPIDAMENTE SONO DESTINATI A CROLLARE PAG. 32 ALICE IN WANDERLUST PAG. 39 UOMINI E MARMO PAG. 42 IL PANE DI UNA VOLTA PAG. 46

    SOMMARIO

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    EDITORIALECon larrivo dellestate, si possono facilmente osservare prolifiche famigliole colonizzare i latidelle strade montane, con particolare predilezione per le anse dei tornanti, ed installarvi enormitavoli da campeggio, ombrelloni, frigoriferi e televisori portatili. Cosa c di meglio di un lautopasto accompagnato da tutte le piccole gioie della metropoli, ma digerito respirando laria buonadi montagna? Il tutto senza doversi allontanare troppo dallautomobile (che fatica portare tavoli eTV in prati lontani dalla strada carrozzabile!). Pazienza se si respira anche un po di gas di scaricodi altre auto impegnate nella salita. Tanto i polmoni sono gi abituati a piombo, polveri fini,monossido di carbonio, ecc.Rispetto a questi pingui ed oziosi merenderos, tuttaltra impressione sembrano dare gli aitantisportivi che sfidano le nevi invernali con attrezzature allultima moda, per sfrecciare a folle velocitsui bianchi pendii che circondano paradisi al neon come Sestriere. Vere citt in miniatura dotate diogni comfort per il meritato riposo e il sano divertimento di chi, dopo cinque giorni di lavoro, nededica due (o addirittura tutta una settimana - bianca) allo sport e alla montagna.Ma siamo proprio sicuri che le due specie siano cos diverse? Almeno, e questo il punto che cipreme, sono diverse nel modo di porsi nei confronti dellambiente in cui svolgono le attivit cheli caratterizzano in quanto turisti? Questo ambiente quello montano, spesso visto come unazona difficilmente inseribile in unottica di sviluppo capitalista. Perlomeno fino allavvento delturismo come fenomeno sociale. Oggi quelle aree montane non completamente devastate da unacivilt mortifera vengono recuperate proprio grazie al loro carattere ancora parzialmente naturaleed utilizzate in funzione di nuovi profitti: la montagna diventa cos una mera appendice delle areeurbane. Essa viene inglobata in un sistema per cui, come altri territori (litorali, centri artistici, certeporzioni di campagna), diventa una valvola di sfogo per tutte quelle persone che passano lagrande maggioranza del proprio tempo in ambienti artificiali, a compiere attivit lavorative: attivi-t che vanno oltre le ore di lavoro in senso stretto e riempiono tutto il vissuto, estendendosi ancheal cosiddetto tempo libero, quando le persone smettono gli abiti del lavoratore e indossano

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    quelli del consumatore, laltro ruolo indispensabile al buon funzionamento della grande macchinadel capitale. Al tempo stesso, il territorio montano trasformato in una redditizia impresa econo-mica, sfruttata proprio come parodia di quello che : luogo ancora parzialmente naturale, menocorrotto di altri dalla civilt moderna. Le zone montane vengono cos a riprodurre, sotto la spintadi un loro sviluppo turistico, le stesse dinamiche che si trovano nelle aree urbane, con serviziche rendono comodo il soggiorno in una cornice naturale che rimane, appunto, mera cornice alcirco consumistico (strade ampie, illuminate ed asfaltate, enormi palazzi zeppi di piccolissimiappartamenti per vacanze, supermercati e negozi di sciccosi ninnoli tecnologici come ARVA satellitarie simili).

    Come gran parte dei bisogni, anche quello del turismo indotto culturalmente. Perch qualcunodovrebbe farsi rinchiudere in una gabbia dorata in riva a un mare lontano o in mezzo alle nevi(mentre le zone limitrofe, quelle in cui altre persone vivono realmente, gli restano del tuttosconosciute), se non per sfuggire, con un breve intervallo che ha qualcosa di onirico (le famosevacanze da sogno) ad una realt che lo ha reso simile ad una automa dipendente da tutto:tecnologia, istituzioni, autorit? Tanto meglio se, con questo relax luccicante che gli fa pesaremeno i giorni sempre uguali di lavoro (e che a sua volta descriver ad altri come un bambinofarebbe con un nuovo gioco), contribuisce a creare ulteriore profitto. Il turista che arriva in paesellimontani a gustare i formaggi di malga e torna a casa con soprammobili in legno e coltellini dallalama non affilata, foto di vette come trofei e un certo sapore di avventura, non fa che contribuirea rafforzare la sua dipendenza dal sistema che gli permette lagenzia di viaggi, lalbergo, il SUVsgargiante, la TV via satellite e la copertura del cellulare fin nei luoghi pi impensati. Lattivitturistica, frenetica ricerca di distrazioni, non altro che il rovescio della medaglia del lavoroquotidiano (addirittura, a volte si vede il ritorno in ufficio come un cambiamento riposante!),un vorticoso ma annoiato consumo di quello che altri producono.Quanto diverso, per, il turismo inteso come merce, pacchetto tutto compreso, dal viaggio? Dalmettersi in cammino non per cercare distrazioni, ma per vedere e conoscere persone e cose, perarricchirsi e arricchire altri con il confronto reciproco? Da unidea di viaggio in cui non solola meta che conta, ma il tempo passato liberamente e le esperienze vissute? Troppo. In fondo,che sia Rimini o la Tunisia, Gardaland o Cervinia, in questa societ che gira come un assor-dante ciclone, limportante esserci stato, anche se con la dissenteria o distrutti da ore dicode al casello.

    Il business del turismo fa s che intere zone altrimenti poco integrabili in un modello economico diproduttivit siano recuperate proprio in funzione di questa loro alterit, che le rende esotiche equindi desiderabili. Le popolazioni locali abbandonavano le alte quote in autunno, per svernarenei fondovalle, mentre orde di cittadini abbigliati a scafandro si fanno portare in cima con funivieo addirittura elicotteri, per sciare su nevi immacolate. Attivit un tempo comuni, come certe formeartigianali (ad esempio lintaglio del legno, ridotto a produzione di souvenir), hanno perso quasidel tutto il loro carattere di necessit per la vita quotidiana e vengono mantenute artificialmenteper indirizzarle verso un loro consumo urbano, nel senso di una fruizione di apparente tradizio-ne. Anche le nuove tendenze del turismo cosiddetto culturale o, nella versione meno suppo-

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    nente, enogastronomico spesso si riducono a svendere a villeggianti viziati tradizioni ed abitu-dini sviluppatesi con la fatica e lingegno di generazioni e caratterizzate dalla notevole capacit diadattamento ad un ambiente circostante inospitale, ma che ha permesso ai suoi abitanti unesi-stenza relativamente libera. Pensiamo anche, a tal proposito, al recupero, in anni recenti, di tuttauna serie di sagre e feste di paese che hanno il sapore di lucciole per turisti.A volte, tristemente, sono gli stessi abitanti delle valli che, abbagliati dal miraggio di facili guada-gni, trasformano la propria terra in un parco giochi, devastando boschi e cacciando la faunaselvatica. Ma perch scegliere di fare della propria casa una vetrina e delle tradizioni uno spetta-colo, finendo per vivere in un redditizio zoo? Si accetta pienamente, in questo modo, una logicache vede ogni cosa come commerciabile e potenziale fonte di profitto. Al pari degli ignari chevedono nelle montagne solo posti in cui riposare o praticare sport, alcuni di quelli che dovrebberoessere i montanari si trasformano nei gestori del divertimento e negli affossatori delle ultimevestigia di un ambiente naturale e di civilt che si sono sviluppate in simbiosi con esso.Riprendendo una distinzione fatta dagli amici del Salvanel (El Salvanel, num. 4, Rovereto, febbraio2006), riteniamo estranei alla montagna ed alla cultura di autonomia delle comunit che lapopolavano tanto i boriosi villeggianti, quanto gli imprenditori dellindustria del turismo chehanno svenduto il proprio territorio. Meno lontano da una tradizione di libert ed eguaglianza chel fiorita pi a lungo che altrove, chi, seppure a volte definito straniero, cerca, anche da altriluoghi, di recuperare quanto di ancora vivo e vitale di questa tradizione si mantiene, guardan-do alla montagna come ad un rifugio e ad una base di partenza per un cambiamentoradicale della societ moderna. Gran parte di chi partecipa al progetto di questa rivista nonabita in montagna. Riteniamo comunque importante dare un contributo affinch si possatrovare, in aree non ancora completamente sottomesse alla logica mercantile, uno spazio di(relativa) libert, in cui portare avanti progetti di vita che siano autonomi da un modello,presentato come lunico pensabile, fatto di gerarchie e sottomissione.La sperimentazione e la costruzione di possibilit di vita liberate, staccate dal mercato e dallau-torit, sono, a nostro avviso, parti imprescindibili di una critica della societ cos com.Siamo nondimeno consci del fatto che una pratica di autonomia non possa risolversi inunimprobabile fuga dalla realt, ma che il vivere qui ed ora unesistenza non alienata daifalsi miti della modernit non sia separabile da unattitudine conflittuale nei confronti di unsistema sociale ed economico che insidia le nostre vite.Sembrano idee fuori moda. Qualcuno penser che siamo gli ultimi pellerossa a voler vivere fuoridalla riserva. Pu essere, ricordiamoci per che raramente i selvaggi pellerossa si sono arresisenza combattere.

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    PER RESTITUIRE UN FAVORE

    MMMMMASSIMOASSIMOASSIMOASSIMOASSIMO, , , , , SPAZIOSPAZIOSPAZIOSPAZIOSPAZIO N N N N NOOOOO INCENERITOREINCENERITOREINCENERITOREINCENERITOREINCENERITORE N N N N NOOOOO TAV - T TAV - T TAV - T TAV - T TAV - TRENTORENTORENTORENTORENTO

    In queste note vi voglio parlare di una piccola esperienza di lotta che stiamo vivendo in Trentino,ai piedi delle Alpi orientali.Da questautunno alcune individualit che da tempo si battono contro la costruzione di un incene-ritore a Ischia Podetti (una localit sopra Trento) si sono unite ad altre che hanno partecipatoattivamente alla lotta in Val Susa contro il TAV, dando vita ad uno spazio aperto no inceneritoreno TAV, indipendente dai partiti e dai sindacati. Si tratta di unassemblea mensile, un luogo discambio di saperi, di riflessioni e di proposte pratiche.Abbiamo privilegiato, nei primi mesi, il racconto diretto di esperienze di lotta sviluppatesi in altrezone (lopposizione al TAV in Val Susa, le battaglie contro lamianto a Sesto S. Giovanni, lamobilitazione contro una centrale elettrica in Valchiusella, ecc.). Non a caso. Lassenza di opposi-zione alle varie nocivit ambientali e sociali questa la banalit da cui siamo partiti spesso nondipende tanto dalla scarsa informazione o dalla debolezza della critica teorica, quanto piuttostodal senso di impotenza, a sua volta legato alla dipendenza quotidiana verso un sistema gigantescodi falsi bisogni e reali sottomissioni. Un simile cumulo di passioni tristi (di cui le cosiddetteopinioni dominanti sono lespressione diretta) non si spezza con qualche idea o con una docu-mentata controinformazione. Cosa occorre, allora?Non esiste una risposta a questa domanda. Una prima approssimazione potrebbe essere: condi-videre le nostre potenze e allargare lesperienza collettiva dellautorganizzazione. Far emergerele ragioni di una critica senza compromessi (e i mezzi per realizzarla) direttamente da una praticacomune, senza schemi preconfezionati. Creare occasioni in cui un giovane desideroso di cambia-

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    re la propria vita e incapace di integrarsi in unasociet di fantasmi possa incontrare chi ha pa-ura di mettersi in gioco a causa dei figli, dellavoro, ecc. attorno a degli obiettivi specifici:nel nostro caso, impedire la costruzione dellin-ceneritore e del TAV. Creare, insomma, locca-sione di dirsi reciprocamente: S, possibile.

    Da alcuni mesi a questa parte la priorit a cuisiamo confrontati, pi che linceneritore (la cuicostruzione avr dei tempi un po pi lunghi), quella dellEurotunnel del Brennero: 56 km digalleria che vorrebbero costruire tra Innsbrucke Fortezza, prima opera di una linea ad altavelocit/alta capacit tra Monaco e Verona, asua volta parte del cosiddetto corridoio 1, daBerlino a Palermo. gi partita la gara dappal-to per il cosiddetto cunicolo esplorativo, unagalleria di servizio lunga 10,9 km con unentra-

    ta laterale di 3,9 km. Le societ responsabili ditutto questo sono la RFI (Rete Ferroviaria Italia-na) e la BBT (Brenner BasisTunnel).Il tunnel lesatta fotocopia di quello che vor-rebbero costruire in Val Susa, tra Venaus e St.Jean de Maurienne (52 km). Stesse le caratteri-stiche: linea a doppia canna, prevista sia per lemerci sia per i passeggeri. Stessi i costruttori(l gi stato firmato il contratto, qui stato

    firmato un preaccordo): la Cooperativa Mura-tori Cementisti legata ai DS e allex ministroBersani. Stesse le menzogne raccontate: la li-nea attuale satura, con quella nuova diminui-r il traffico dei TIR sullautostrada, non ci saralcun impatto ambientale, ecc.Si calcola che gli scavi produrranno circa 15milioni di metri cubi di inerti, cio un volumeequivalente a pi di 6 piramidi di Cheope (perusare unespressione cara ai valsusini). A titolodi paragone, 15 milioni di metri cubi corrispon-dono a 2.500.000 viaggi di camion (qualcosacome un camion al minuto per cinque anni diseguito). Lasciamo pure che il 25% vengariutilizzato e che la discarica sia l vicino, comedicono: si tratta di quantit impressionanti. Ilcantiere del S. Gottardo (un traforo di 54 kmche possiamo prendere come esempio) at-tualmente lungo 2 km e largo da 150 a 300 m.

    La valle attorno a Fortez-za talmente stretta chenon riusciamo nemmenoa immaginare cosa voglia-no dire 5 piramidi diCheope da frantumare emettere in discarica tra lemontagne, con cantieriche dureranno almenoquindici anni. Ci bastapensare alla polvere pro-dotta, che il vento traspor-ter nelle valli.Il resto del progetto, per

    come i tecnici lo hanno genericamente illustra-to, semplicemente delirante. Visto che, daFortezza a Verona, la nuova linea passer travalli gi occupate da unautostrada, una sta-tale, una ferrovia a doppio binario e un fiume,questi esperti pagati per esserlo pensano difarla passare quasi tutta in galleria (200 km!).Pensate ai cantieri (fine prevista: 2030) perunopera simile. Le montagne non sono inerti

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    ostacoli da bucare: sono forme naturali com-plesse con delicati equilibri idrogeologici. NelMugello, sulla linea del TAV da Firenze a Bolo-gna, gli scavi neanche paragonabili algigantismo del progetto di qui hanno pro-sciugato le falde acquifere, lasciando interi pa-esi senzacqua. Pensate allimpatto che tutto cipotrebbe avere in zone alpine come queste,dalla Val di Vizze alla valle dellAdige. Tantoper fare un esempio: il tunnel del Brennerorischia di far sparire, come ammettono gli stes-si progettisti, le terme presentinella zona.E veniamo ai costi. Solo il tunneldi base coster (stime al nettodellinflazione) quasi 5 miliardidi euro, di cui non c traccia.Tutto questo mentre si tagliano(vedi lultima finanziaria) 5 milakm di ferrovia nonch i fondi peril personale e la manutenzione di locomotori,binari, ecc. Senza contare che la gestione diuna linea ad alta capacit/alta velocit costa iltriplo di una normale. Indovinate chi pagaDai consigli di amministrazioni delle banche algoverno, dagli amministratori provinciali allesociet finanziarie, dalle ditte appaltatrici algeneral contractor, un sistema di scatole ci-nesi che inghiotte milioni di euro e li spartiscetra i soliti noti. Una delle grandi imprese concui gi stato firmato un preaccordo per il tun-nel del Brennero la Impregilo, la stessa delponte sullo stretto di Messina, la stessa aspi-rante ai lavori della Torino-Lione, la stessa incui ha notevoli interessi lex ministro Lunardi.Tutto chiaro?Ci dicono che questopera necessaria pertrasferire il traffico di merci dalle strade allaferrovia. Ma non cos. A parte il discorso gifatto sullenorme aumento di camion per tra-sportare il materiale prodotto dagli scavi, fac-ciamo notare almeno tre aspetti. Il primo che

    ufficialmente i lavori verranno in parte pagaticon le entrate dellautostrada, e lAnas ha gidichiarato che il contratto delle province diTrento e Bolzano verr rinnovato soltanto se siaumenteranno i profitti e si realizzeranno nuo-vi svincoli e caselli: quindi? Il secondo chepotenziando la linea ferroviaria attuale (utiliz-zata al 30%) e modificando le tariffe autostra-dali del trasporto merci, il numero di TIR dimi-nuirebbe gi ora drasticamente. Il terzo che iltraffico su gomma legato al mercato interna-

    zionale e alla logistica dei trasporti, oggi pen-sata quasi interamente per i camion: non unproblema di nuove linee ferroviarie, insomma,ma della loro gestione. Se molte merci transi-tano per il Brennero, ci dipende dalle tariffebasse e dalla generale demenza del mercato.Aumentando le tariffe di pochi centesimi al km,infatti, i trasporti ridurrebbero il loro raggiodazione entro i 300 km, favorendo al contempola ferrovia. Invece, sulla linea del Brennero, iltrasporto di merci sceso nel 2003-2004 dal29% al 24%: linea satura? E allora perch co-struire ancora strade e bucare le montagne pernuovi treni? Per far circolare avanti e indietro inmezzo mondo gli ingredienti necessari per prepa-rarci una pizza?Oltre tutto, gli studi sullaumento complessi-vo del traffico di merci isolano un fattore dalsuo contesto: il mercato mondiale e le basibiologiche del pianeta. Ormai gli stessi rap-porti scientifici ufficiali dimostrano che, a cau-sa del picco del petrolio, quando la linea TAC/

    Valico autostradale del BrenneroValico autostradale del BrenneroValico autostradale del BrenneroValico autostradale del BrenneroValico autostradale del Brennero

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    TAV sar finita, il trasporto di merci sar drasticamente diminuito. Almeno 30.000 miliardi divecchie lire per unopera che sarebbe inutile non appena finita. Non solo: unopera che divorereb-be una quantit abnorme di energia, quando dinverno ci invitavano ad abbassare di un grado ilriscaldamento domestico per risparmiare!Il progetto TAC/TAV del Brennero si inserisce, aggravandole, in un insieme di gigantesche trasfor-mazioni economiche e sociali. La necessit di far viaggiare avanti e indietro le merci (con piautostrade e pi ferrovie ad alta velocit) legata allo spezzettamento e al trasferimento delleindustrie l dove i salari sono pi bassi, cio allaumento della precariet per tutti i lavoratori. Nonsolo. Seguendo la logica insostenibile della crescita infinita, i territori tra un grande polo tecno-industriale e laltro decadono, si inquinano, si spopolano. Vogliamo veramente vivere in gigante-schi corridoi di servizio?Ma il punto fondamentale non certo rispondere ai tecnici e agli industriali sul loro stesso

    terreno. Quello che in gioco nientemeno che il modo divita per cui siamo di-sposti a batterci. Se lacircolazione semprepi delirante dellemerci incompatibilecon la salute e con unhabitat umano, alloratanto peggio per lemerci e il sistema chele produce. Di frontead unorganizzazionesociale che ci sta por-

    tando dritti alla catastrofe ecologica in nome del profitto, non ci sono pi palliativi: necessariomettersi di traverso, come hanno fatto le barricate di Venaus.

    Venerd 26 maggio si svolta sullautostrada A22, in prossimit del valico del Brennero,unassemblea civica che ha bloccato il traffico per circa dodici ore. Uno strano spettacolo:gazebo, banchetti informativi, un palco, uno spazio giochi per i bambini il tutto su unautostrada!Alliniziativa, organizzata da diverse associazioni ambientaliste austriache, altoatesine e trentine,abbiamo partecipato con un pullman NO TAV partito da Rovereto e giunto al Brennero con tappea Trento e Bolzano (assieme a noi cerano anche alcuni valsusini). Il blocco aveva lo scopo didenunciare linsostenibilit del traffico al Brennero, da cui transitano circa 2 milioni di TIR allan-no. Scopo della nostra presenza - con gli interventi, i volantini e le bandiere NO TAV - statoquello di sottolineare che lEurotunnel non risolver affatto il problema (bens lo aggraver), e diproporre una lotta autorganizzata contro le nocivit. La reazione stata buona e i contatti nume-rosi. Ora vedremo. Purtroppo il tempo non gioca a nostro favore: i devastatori ambientali e i loroamministratori hanno tenuto a lungo nascosto il progetto e ancora adesso mirano a spezzettarne

    La solidariet a Venaus: un fuoco che divampa dappertutto contro le nocivitLa solidariet a Venaus: un fuoco che divampa dappertutto contro le nocivitLa solidariet a Venaus: un fuoco che divampa dappertutto contro le nocivitLa solidariet a Venaus: un fuoco che divampa dappertutto contro le nocivitLa solidariet a Venaus: un fuoco che divampa dappertutto contro le nocivit

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    per contatti: [email protected]

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    le fasi per spezzettare ogni possibile opposizione. Gi questestate vorrebbero cominciare adallestire dei pre-cantieri per il cunicolo esplorativo, parte integrante dellopera vera e propria.Dalle valli direttamente toccate dai primi scavi fino a Bolzano (dove nato uno spazio apertocontro il TAV) qualcosa si sta muovendo.

    Questa la domanda che stiamo ripetendo spesso ultimamente: Cos che ha impedito che levalli in cui viviamo diventassero una lunga distesa di cemento e di centri commerciali?. Pi che latenacia delle popolazioni (dalle nostre parti la resistenza popolare si perde nel buio della sto-ria) stata la presenza delle montagne. indubbiamente scocciante, per i progressisti del denaro, che i monti non si possano spianare perfar viaggiare pi rapidamente le merci. Un po come il fatto che le donne e gli uomini di nottedormono invece di consumare: si tratta di quei limiti biologici che il dominio vuole oltrepassarecon tutto il suo arsenale tecnologico.Le montagne ci hanno difeso per secoli. Ora spetta a noi restituire il favore, difendendole senzacompromessi.

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    AAAAALELELELELE

    LA NOTTE DEL SOLE

    la Chiesa, ben si sa, davanti acelebrazioni troppo resistenti per poter essere sconfitteprefer inglobarle e santificarle alla religione cristiana.

    Alim

    Il termine solstizio significa sole stazionario. In questo periodo il sole, raggiungendo il culmi-ne allo zenit ovvero il punto pi alto, non si alza n si abbassa rispetto allequatore celeste.Nellesatto mezzogiorno astronomico le ombre degli edifici scompaiono del tutto e sempre inquesto momento al Tropico del Cancro possibile osservare limmagine del disco solare nel fondodei pozzi, fenomeno che si ripete il 21 dicembre (solstizio dinverno) al Tropico del Capricorno.Nelle tradizioni pre-cristiane, la notte tra il 23 e il 24 giugno era una celebrazione tra le pi sacre:il sole, simbolo del fuoco, entrando nella costellazione del cancro, simbolo delle acque e domi-nato dalla luna, sancisce il matrimonio fra i due astri. Tali nozze tra il fuoco e lacqua segnano ilpassaggio tra il mondo delluomo e il mondo occulto, dando origine allincontro degli opposti erinnovando cos la storia pi antica del mondo, quella del bene contro il male, della luce contro letenebre, del visibile e dellinvisibile, del maschile e del femminile.Riti e culti particolari non venivano fatti soltanto dalle streghe, esperte erboriste e guaritrici che,come ci ricorda Shakespeare, nella famosa notte di mezza estate sono in circolazione, ma ancheda chi si adoperava per tenerle distanti. La leggenda narra che vedere le streghe facile come ungioco, e ancora pi facile proteggersi dalla loro influenza infilando aglio, iperico e ginepro nellaserratura o appoggiando un ramo di noce dietro alla porta.La notte delle streghe coincideva dunque con la notte contro le streghe, notte particolare per

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    propiziarsi la fortuna e/o tenere lontana la cat-tiva sorte. Da qui gli usi della rugiada e dei falpresenti nella tradizione montana, contadina epopolare di una buona fetta del mondo: dallIr-landa alla Russia, dalla Svezia (le ragazze sen-za marito raccoglievano un mazzolino di erbebagnate di rugiada da porre sotto il guancialeper sognare il futuro sposo) alla Grecia, daiPaesi Baschi (dove le erbe aromatiche veniva-no bruciate in prossimit di incroci per scon-giurare tempeste e fulmini) al nord-Africa (iBerberi facevano grandi fal dal fumo densoper propiziare il raccol-to dei campi e guarirechi, uomo o animale,vi passava in mezzo).In Germania una gros-sa ruota infuocata ve-niva fatta rotolare finoa valle, verso il fiume:se la ruota arrivava ac-cesa nellacqua erapresagio favorevole, alcontrario di cattivo au-spicio. Il lancio delleruote infuocate (spes-so fatte con fascine mi-schiate a paglia einghirlandate) era unculto praticato anche insvariate zone montuo-se della penisola ita-lica, rituale propiziatorio strettamente collega-to ai raccolti ed allagricoltura in quanto sim-boleggiava la ricostruzione del ciclo solare. Ilfuoco aveva anche funzione purificatrice, perquesto si danzava e si cantava gettandoci den-tro cose vecchie, marce o feticci.Ma, come accennavo prima, nelle antiche tra-dizioni oltre al fuoco anche la rugiada che cadein questa notte aveva straordinarie qualit. Eraduso bagnarsi gli arti sofferenti per favorire

    una pronta guarigione o rotolarsi nudi nei pratiper assorbire al meglio le propriet della ru-giada, cos come i fiori e le erbe bagnate daqueste goccioline erano ritenute speciali, i piadatti per preparare pozioni e medicamenti.Molto probabilmente la pratica quotidiana, equindi la matura conoscenza delle erbe, dava-no la consapevolezza che solo in alcuni giornidellanno era possibile ottenere i massimi prin-cipi attivi dai vegetali.Lelenco delle erbe che acquistano particolaripropriet in questo periodo abbastanza lun-

    go e varia da regionea regione. Troviamoliperico (detto anchesangue di San Gio-vanni), lartemisia(assenzio volgareconsacrato a Diana-Artemide), laglio(pianta che proteggedalle creature malefi-che), la verbena (sim-bolo di pace e prospe-rit), la ruta (dettaerba allegra, ritenu-ta efficace talismanocontro il maligno);queste le pi frequentima si potrebbe conti-nuare con il rosmari-no, il prezzemolo, la

    lavanda, la menta, il ginepro, eccPer completare il quadro dei rituali collegati al24 giugno indispensabile spendere qualcheparola in pi su una pianta ed un albero moltoimportanti in questa celebrazione che sono ri-spettivamente la felce e il noce.La felce unerba difficile da vedere in fioreperch in un momento della stessa notte (cchi afferma allo scoccare della mezzanotte)improvvisamente fiorisce, forma il seme e tor-

    Scultura in legno che rappresenta lincontro delleScultura in legno che rappresenta lincontro delleScultura in legno che rappresenta lincontro delleScultura in legno che rappresenta lincontro delleScultura in legno che rappresenta lincontro dellestreghe sotto il noce di Beneventostreghe sotto il noce di Beneventostreghe sotto il noce di Beneventostreghe sotto il noce di Beneventostreghe sotto il noce di Benevento

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    na ad essere come prima. La credenza racconta che vedere listantanea fioritura e/o raccoglierneil seme promette ricchezza duratura. Per i contadini del Tirolo avere la fortuna di prendere il seme

    porta in superficie loro nasco-sto dalla terra; molto similelatteggiamento nel canton sviz-zero di Friburgo dove le gentivegliavano tutta la notte accan-to ad una felce nella speranzadi guadagnare un tesoro. Aqueste leggende si intrecciaquella di origine tedesca maalquanto diffusa anche nelbiellese, che ammonisce i di-stratti: chi passer vicino allamagica fioritura non racco-gliendo il seme sar condan-nato a smarrirsi pur percorren-do sentieri conosciuti.Si suppone che il brillante co-lore aureo del fiore facessepensare ad unemanazione ve-getale del sole, da qui lanalo-gia con loro e la ricchezza.Per quanto riguarda lalbero delnoce, la leggenda vuole che lanotte di San Giovanni le stre-ghe, con a capo la dea Diana(Artemide), vaghino a cavallo diuna scopa per raggiungere ilconvegno che si tiene sotto algran noce di Benevento, albe-ro sul quale una dea lunareavrebbe sconfitto il diavolo ri-mandandolo negli inferi. Chequesto viaggio notturno fosseper le streghe importante ce loricorda anche la famosa formu-la: Unguento, unguento,mandame alla noce di Beniven-to, supra acqua et supra ad ven-to, et supra ad omne maltempo.Nellantica Grecia il noce fu de-dicato ad Artemide (Diana).

    IPERICOHYPERICUM PERFORATUM L.

    GUTTIFERE

    Erba solare per eccellenza, Erba di San Giovan-ni, la bella giornata in cui tutti gli amanti si ritro-vano, lIperico luccica con tutti i suoi fiori doratisullorlo dei sentieri, nei prati asciutti, nei boschicedui radi, dalla fine della primavera e durantetutti i mesi caldi fino alla fine dellestate. Nei tempiandati era chiamato Cacciadiavoli perch sicredeva che avesse il potere dimettere in fuga gli inviati deldiavolo: senza dubbio que-sta reputazione dovuta alsuo odore dincenso. Lo siprescriveva nelle malattiementali, ed un mazzetto ap-peso alle porte delle case al-lontanava il malocchio. LusodellIperico aveva assunto in In-ghilterra e in Germania un sa-pore pi ingenuo e romantico:messo a capo del letto, assicurava alla donnache vi dormiva un amore tanto pi sereno e du-raturo, quanto pi freschi si presentavano i fiorial mattino successivo. Oggi si riconosconoallIperico propriet cicatrizzanti e antisettiche,dovute alla presenza di olii essenziali e resinecontenute nelle ghiandole traslucide che punteg-giano le foglie e che gli hanno valso lappellati-vo specifico di perforatum. I fiori gialli sono riu-niti in infiorescenze e nei loro petali, cos comenelle foglie verso i margini, sono presenti delleghiandole nere che contengono un pigmentorosso, lipericina; le sommit fiorite contengo-no quindi due sostanze coloranti, una gialla so-lubile in acqua e una rossa solubile in olio. Les-senza e il pigmento rosso costituiscono un anti-settico molto efficace nei trattamenti delle pia-ghe, delle ulcere e delle bruciature della pelle.

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    Il testo della scheda tratto da:Il libro delle erbe, P. Lieutaghi, Edizioni BUR, Milano 1977;Piante medicinali, P. Lanzara, Orsa Maggiore Editrice, Torriana 1997.

    Il disegno contenuto nella scheda tratto da: Il libro delle erbe, P. Lieutaghi, Edizioni BUR, Milano 1977.

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    Nella mitologia si narra che Dioniso ospite di Dione, re della Laconia, si invagh di Caria, figliaminore del sovrano, ma le sorelle Orfe e Lico, invidiose e gelose, avvertirono il padre. Dioniso siinfuri, le fece impazzire e le trasform in rocce. Caria, per la gran tristezza, mor poco dopo e ildio che laveva tanto desiderata la trasform in un albero di noce dai frutti fecondi. Artemideannunci ai laconi la triste morte della principessina Caria ed essi eressero in onore della dea untempio nel quale vennero scolpite nel legno di noce delle colonne a sagoma femminile.Ma a quanto pare il culto del noce come albero delle streghe e la preparazione dellamaroliquore (nocino) sarebbero di origine druidica. Il nocino, preparato tassativamente il 24 giugnocon noci verdi e tenere raccolte la notte stessa, era ritenuto una magica panacea da sorseggiare,nellarco dellanno, nei momenti di sconforto e avversit.Nel calendario della Chiesa latina, il 24 giugno si festeggia la nascita di San Giovanni Battista checon fuoco ed acqua battezzava e purificava. Il santo, quando fu decapitato per volere di Erodiade,la condann a vagare nelle notti destate, sospesa in aria fino al mattino con una schiera di animeal seguito, e decret che nella notte del suo compleanno streghe antiche e nuove, unite a spettrie demoni, avrebbero occupato il cielo.

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    DEI E PRIGIONISUL TETTO DEL MONDO

    JJJJJOHNOHNOHNOHNOHN B B B B BERGIORINEERGIORINEERGIORINEERGIORINEERGIORINE, , , , , VIAGGIATOREVIAGGIATOREVIAGGIATOREVIAGGIATOREVIAGGIATORE

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    I TIBETANI SONO GENERALMENTE MOLTO RELIGIOSI E MOLTI TRA ESSI SONO ANCHE MOLTO PRATICANTI, MA CREDERE CHE IL PAESE POSSAESSERE SALVATO SENZA SFORZO UMANO, SEMPLICEMENTE CON DELLE PREGHIERE, RISULTA DI UN SAPERE LIMITATO.

    IL QUATTORDICESIMO DALAI LAMA.NON UNA NOVIT CHE, QUANDO I POTERI FORTI ENTRANO IN COLLISIONE, GRANDI MISERIE E SOFFERENZE INVESTANO POPOLI E COMUNIT:IL TIBET NE UN CASO ESEMPLARE, ESSENDO DA SECOLI TEATRO DELLO SCONTRO TRA DIFFERENTI FORME DI DOMINIO. IN UN SUCCEDERSI DIINVASIONI TRIBALI, IMPERI, TEOCRAZIE, SPEDIZIONI COLONIALI E, PER GIUNGERE AI GIORNI NOSTRI, CON LIMPOSIZIONE DEL COMUNISMO DISTATO, LE GENTI CHE POPOLANO IL TETTO DEL MONDO HANNO FATTO DELLE LORO CREDENZE RELIGIOSE E DELLE LORO PARTICOLARIT CULTURALIUN FATTORE MOLTO SENTITO DI RESISTENZA NEI CONFRONTI DIMODELLI SOCIALI IMPOSTI DALLESTERNO.DA UN LATO ESILIO, PRIGIONIA E SOPRUSI DI OGNI TIPOSONO LE ARMI CON CUI IL REGIME CINESE HA CERCATO, INVANO,DI EMANCIPARE GLI ARRETRATI POPOLI TIBETANI CHE ANCORA, PERGLI ADORATORI DELLAUTORIT TERRENA, SPROFONDANO NEL BUIO DELLASUPERSTIZIONE. MA SI PU PORTARE LIBERT IMPEDENDO AD UN POPOLO DIPARLARE LA PROPRIA LINGUA E DI MANTENERE I PROPRI USI E COSTUMI?DALLALTRO LATO, LA PROFONDA RELIGIOSIT DELLE GENTI TIBETANE PUESSERE CONSIDERATA ESCLUSIVAMENTE COME PURA ESPRESSIONE DI ANCESTRALI CREDI E RITUALI ED AFFERMAZIONE CULTURALE E POLITICA DIINDIPENDENZA DALLINVASORE STRANIERO, O IL SEGNO DELLACCETTAZIONE DI UNA DINASTIA DI TEOCRATI CHE SULLA RELIGIONE POPOLAREBASANO IL MANTENIMENTO DEL PROPRIO PRIVILEGIO? IN OGNI CASO SI TRATTA DI DUBBI A CUI, IN TIBET COME ALTROVE, SOLO LA LIBERAAUTODETERMINAZIONE PERSONALE E COLLETTIVA PU DARE RISPOSTA.IN QUESTO ARTICOLO SEGUIREMO I PASSI DI UN VIAGGIATORE OCCIDENTALE SULLE MONTAGNE SACRE TIBETANE: PASSI CHE, TRA MONACI,GUARDIE, DEI ED AUTORIT, PREFERISCONO SENZA ESITAZIONE DIRIGERSI AD INCONTRARE UOMINI E DONNE, VILLAGGI E CULTURE.

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    Ore interminabili di autobus inverosimilmenteaffollati, dal finestrino il paesaggio scorre sen-za segni di civilizzazione. Sono il solo occi-dentale ed il solo ad aver paura di morire. Inu-tilmente prego il conducente di andare pi pia-no. Gli altri occupanti dellautobus non batto-no ciglio, anzi, dopo cinque minuti di gimkanasono gi addormentati nelle pi svariate posi-zioni. Gli indiani non temono gliincidenti dautobus e hanno unela-sticit fisica impressionante.Ognuno dorme accasciato sulproprio vicino e mi ritrovo a sor-reggere una fila di passeggeri.Dopo 18 ore di autobus, estenua-to, arrivo infine nel capoluogo del-la vallata, un villaggio di 500 ani-me, dove passo qualche giornoper riprendere fiato ed incontrarela gente locale. Vengo a sapereche il sentiero che si stende lungo il fiancodella montagna conduce a dei villaggi a 4500metri di altitudine. Preparando lescursioneverso quei villaggi, ho fatto amicizia con TashiDorje, un rifugiato tibetano, nato in esilio, del-la mia et e decidiamo di partire insieme. Dopoun giorno di cammino raggiungia-mo un villaggio di una decina diabitazioni, una specie di oasi in undeserto daltitudine. Il tempo dipiazzare le tende e ci rendiamoconto che il villaggio vuoto, aparte i bambini. Con laiuto diTashi, e dellidioma tibetano, riu-sciamo a capire che tutti gli abi-tanti del villaggio sono riuniti inuna casa e che bisogna raggiun-gerli. Senza riuscire a capire cosa

    PPPPPRIMARIMARIMARIMARIMA PARTEPARTEPARTEPARTEPARTEIIIIINNNNN VIAGGIOVIAGGIOVIAGGIOVIAGGIOVIAGGIO INININININ UNAUNAUNAUNAUNA VALLEVALLEVALLEVALLEVALLEDELLADELLADELLADELLADELLA CATENACATENACATENACATENACATENA HIMALAYANAHIMALAYANAHIMALAYANAHIMALAYANAHIMALAYANA.....

    stia succendendo, ci lasciamo trascinare daibambini verso il luogo della riunione. Ci ritro-viamo seduti di fronte ad un tavolino a bere labevanda alcolica locale per le quattro o cinqueore seguenti. Il motivo della riunione quellodi trovare un accordo tra gli abitanti di due pic-coli villaggi poco distanti tra loro, attraversouno sciamano che gode della fiducia di tutti,per mettere in comune il lavoro nei campi deivillaggi, per organizzare meglio la sopravvi-venza in un ambiente ostile. Nei rituali del po-sto, lo sciamano lantenna che comunica con

    gli spiriti che proteggono i due villaggi. Attra-verso questa mediazione spirituale lo sciamanosi adopera per fornire consigli pratici agli abi-tanti onde evitare ogni inutile controversia edaccomunare tutti gli abitanti di fronte alla du-

    Lavori agricoli sullaltopiano himalayanoLavori agricoli sullaltopiano himalayanoLavori agricoli sullaltopiano himalayanoLavori agricoli sullaltopiano himalayanoLavori agricoli sullaltopiano himalayano

    Sacro e montagna, un legame millenarioSacro e montagna, un legame millenarioSacro e montagna, un legame millenarioSacro e montagna, un legame millenarioSacro e montagna, un legame millenario

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    rezza degli elementi e la necessaria sopravvivenza. Questo si traduce, per esempio, nellorganiz-zazione di un cantiere di lavoro per la costruzione di una nuova abitazione, cantiere a cuipartecipano almeno un membro di ogni famiglia dei due villaggi. Per quanto riguarda il lavoro nei

    campi, le bestie da lavoro, degli yak,sono messi in comune per dissodareil terreno e per i lavori pi faticosi, evisto che la stagione delle semine aquelle altitudini brevissima, ognicomponente della comunit si ado-pera per poter svolgere il lavoro del-le semine nel minor tempo possibile.Tutti partecipano a mantenere puliti icanali di irrigazione e lo stesso valeper il periodo delle raccolte. Ad ognifamiglia della comunit assegnatoun terreno che possa soddisfare i pro-

    pri bisogni. Ogni lavoro per poi svolto collettivamente, ed ognuno partecipa al benessere ditutti. Risvegliandoci il giorno seguente con un forte mal di testa siamo accolti con grande ospitalitnel villaggio vicino. Il primo posto di polizia lontano un giorno di cammino e gli abitanti nonricordano di avervi fatto ricorso durante le ultime generazioni. Sono ritornato in quel villaggio edho stretto delle amicizie profonde, anche attraverso la partecipazione ai cantieri. Negli ultimi annii due piccoli borghi di montagna hanno cambiato volto: arrivata la strada, fortunatamentepraticabile soltanto alcuni mesi allanno, e lelettricit. Un autobus alla settimana assicura ilcollegamento con il capoluogo. Queste recenti innovazioni hanno indotto gli abitanti ad andarea lavorare nel capoluogo e ad abbandonare le montagne. La corsa verso il progresso cominciata.

    SSSSSECONDAECONDAECONDAECONDAECONDA PARTEPARTEPARTEPARTEPARTE

    Ho continuato il mio viaggio e sullastrada del ritorno verso casa ho co-nosciuto Tashi Lhamo, in un piccolovillaggio delle pendici himalayane.Come migliaia di suoi connazionali, una rifugiata. Il regime cinese conti-nua ad occupare il Tibet e costringealla prigione e allesilio tutti coloroche osano manifestare il prorio dis-senso verso loppressore. Tashi Lamonon unattivista politica, ma sempli-cemente una donna che ha deciso divivere la propria esistenza in maniera dignitosa, seppur pagando il caro prezzo della lontananzadal proprio paese e dai parenti, senza intravedere alcuna possibilit di potervi ritornare. Tashi

    Allevatori tibetani: appese alla cintura,Allevatori tibetani: appese alla cintura,Allevatori tibetani: appese alla cintura,Allevatori tibetani: appese alla cintura,Allevatori tibetani: appese alla cintura,la borsa per il tabacco e la spadala borsa per il tabacco e la spadala borsa per il tabacco e la spadala borsa per il tabacco e la spadala borsa per il tabacco e la spada

    Momenti della semina eMomenti della semina eMomenti della semina eMomenti della semina eMomenti della semina eprovviste per chi deve viaggiareprovviste per chi deve viaggiareprovviste per chi deve viaggiareprovviste per chi deve viaggiareprovviste per chi deve viaggiare

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    Il Tibet geografico, culturale ed etnico, che comprende vaste superfici attual-mente situate in territori indiani e cinesi, esteso su una superficie di circa3.500.000 Km2. Le frontiere naturali del Tibet sono delimitate a sud dallacatena himalayana, dalla catena dei Kunlun a nord e dalle montagne delKarakorum ad ovest. Laltitudine media delle regioni tibetane sorpassa i 4.000metri daltitudine, ovvero le altezze del Monte Bianco. La latitudine corrispon-de a quella dellAlgeria. Il limite delle nevi perenni intorno ai 5.500 metri,una quota sufficientemente alta che permette alla quasi totalit del territorio diessere libero dai ghiacci. Le imponenti catene del Karakorum e dellHimala-ya, ormai diventate un luogo di pellegrinaggio per cordate di alpinistisupertemerari e supersponsorizzati, contano una cinquantina di vette che ol-trepassano i 7.500 metri. Limpatto che il turismo ha avuto sulle guide ed iportatori delle spedizioni occidentali fortissimo. Agli inizi del 900, nellevallate alpine europee, potemmo assistere allo stesso meccanismo: monta-nari e pastori che si convertivano in guide ed albergatori per soddisfare leesigenze del turismo alpino. Le terre coltivabili in Tibet rappresentano circa il2% della sua superficie totale, la colza e lorzo sono le due principali colturedel Tibet, ed infatti lorzo tostato ed il burro di yak rimangono i principalialimenti tradizionali dei tibetani.Il turismo in Tibet comincia a svilupparsi agli inizi degli anni 80, dopo che ilgoverno cinese decise di aprire le frontiere a viaggi organizzati. Le rivolte del1987 e dellanno seguente fecero registrare un brusco calo dei visitatori, manegli ultimi anni le frontiere tibetane sono state varcate da 100.000 visitatoriogni anno.Il Tibet restato per lungo tempo preservato dallinquinamento grazie al suoisolamento e allassenza di industrie. Oggi lo sviluppo industriale, losfuttamento delle risorse minerarie ed energetiche a grande scala e la pre-senza progressiva di discariche di rifiuti tossici fanno temere il peggio per ilfragile equilibrio dellaltipiano tibetano.

    GEOGRAFIA DEL TIBETGEOGRAFIA DEL TIBETGEOGRAFIA DEL TIBETGEOGRAFIA DEL TIBETGEOGRAFIA DEL TIBET

    Lhamo ha 25 anni, ed nata nel Tibet orientale, nella regione del Kham. Da lei ho ascoltato lastoria della sua fuga, e ho pensato potesse essere interessante per una rivista come Nunatak. Vela propongo con le sue stesse parole.Sono nata in un piccolo villaggio di un centinaio di persone. Allet di undici anni andai a vivere aLhasa. Vi sono rimasta fino allet di 18 anni, poi decisi di andarmene in India per poter seguireuna scuola tibetana, visto che ad un solo membro di ogni famiglia in Tibet permesso frequentarele scuole tradizionali. La scuola in India organizzata dal governo tibetano in esilio, gratuita evi possono accedere tutti gli esuli tibetani in India fino allet di trenta anni.A Lhasa, insieme ad unamica, decidemmo di unirci ad un gruppo che si preparava ad attraversarela frontiera: eravamo in ventidue, compresa la guida. Dopo sette giorni di cammino, due personemorirono a causa delle difficolt a quelle altitudini. Lundicesimo giorno, quasi arrivati alla frontie-

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    ra nepalese, la polizia cinese ci sor-prese e ci condusse in prigione aTingri, dove restammo tre giorni. Poici inviarono, con una scorta di poli-zia, a Shygatse, in una tra le pi gran-di prigioni di tutta la regione: un car-cere speciale dove sono rinchiusi iprigioneri politici. Qui ci interroga-rono e vollero conoscere il nome dellaguida ma tutti rifiutarono, anche sot-to la tortura con scosse elettriche.Dopo ventidue giorni di sevizie unadelle componenti del gruppo cedettee rivel il nome della guida che avreb-be dovuto condurre il gruppo fuoridal paese.Le condizioni in prigione furono ter-ribili: i servizi igienici inesistenti, rin-chiusi a decine in celle comuni in to-tale promiscuit, con limpossibilitdi stendersi al suolo. Solo in un se-condo tempo gli uomini e le donnefurono separati. Ogni mattina ci co-stringevano a cantare linno naziona-le cinese e per chi non cantava eranobotte. Ci umiliarono e ci obbligaro-no ad abiurare il Dalai Lama per po-ter accedere alla libert, con la pro-messa formale di non tentare mai pila fortuna oltre frontiera. Fummo fi-nalmente rilasciati, senza la guida chefu condannata ad una pena di sei annidi prigione. Una volta usciti, alcunicompagni di sventura mi dissero chepagando forti somme alla polizia, laguida avrebbe potuto uscire a suavolta, ma non ho pi avuto notizie.Ci ritrovammo fuori dalla prigione edi comune accordo decidemmo diritentare: altre sette persone si uniro-no al gruppo e con laiuto di unaltraguida ci avviammo verso uno dei po-

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

    Allinizio del XIII secolo, le orde di GengisKhan invasero lAsia Centrale e quando isuoi emissari, venendo da una Cina domi-nata dai Mongoli, arrivarono in Tibet, iTibetani si sottomisero, sperando di evitareil peggio. Ma molti anni dopo, quando laMongolia fu stanca di aspettare i tributi ri-chiesti, il nipote di Gengis Khan, GodanKhan, invase il Tibet. Godan ebbe sufficienteabilit diplomatica per allearsi ad una dellegerarchie religiose del Tibet. Lalleanza fuconclusa con Sakia Pandita, capo dei Sakia,e Godan ne fece il reggente del Tibet, pro-vocando cos il furore dei responsabili de-gli altri movimenti religiosi. Questa situa-zione dur circa un secolo e, mentre il po-tere mongolo cadeva in declino, nel 1354il capo nazionalista Jangchub Gyeltsen ro-vesci il reggente Sakia e lo rimpiazz.Quando la dinastia cinese dei Ming suc-cesse ai mongoli a Pechino, il Tibet ridivenneindipendente e lo rest durante tre secoli.Durante questo periodo il governo fu nellemani dei Kagyupa, mentre le altre fazionicontinuarono ad aspirare al potere. Di ritor-no in Mongolia, Altan Khan, un altro discen-dente di Gengis, inizi a guardare con inte-resse al Tibet. Era attirato da una nuova scuo-la religiosa, quella dei Gelupka. Il sovranochiese di incontrare Sonam Gyatso, capodei Gelupka, e gli confer il titolo di DalaiLama, titolo che attribu, retroattivamente,anche ai suoi due predecessori. Fu cos sta-bilita la dinastia dei Dalai Lama.Loccupazione militare cinese del Tibet haradici lontane. Nel 1706, soldati mongoliassassinarono il sesto Dalai Lama nei pressidel lago Kokonor. Il sesto Dalai Lama eraun libertino, scriveva poemi erotici, portavai capelli lunghi, correva dietro alle donne, e

    CENNI SULLA STCENNI SULLA STCENNI SULLA STCENNI SULLA STCENNI SULLA STORIA DELORIA DELORIA DELORIA DELORIA DELTIBETTIBETTIBETTIBETTIBET

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    Cos si abitano i pendii!Cos si abitano i pendii!Cos si abitano i pendii!Cos si abitano i pendii!Cos si abitano i pendii!

    questo suo comportamento caus una forte instabilit politica. Come que-stultimo aveva profetizzato, la sua rincarnazione fu scoperta a Lithang. Ma ilTibet in quel periodo attraversava un periodo difficile, doveva affrontare conti-nue incursioni straniere e frequenti erano le rivolte della popolazione, per cuilavvenire del bambino Dalai Lama appariva incerto. Di fronte a questa situa-zione, il potente imperatore cinese Kangxi, incoraggi il principe mongoloLhabzang khan ad invadere il Tibet ed a sbarazzarsi non del Dalai Lama, madel suo reggente che governava nellombra. Appena la situazione politica furistabilita, il khan offr il Tibet in tributo allimperatore cinese. Un altro clanmongolo, gli Dzungars, che era stato alleato del reggente assassinato, provo-c un secondo ribaltamento della situazione sopprimendo Lhabzang khan.Questa ribellione fu rapidamente sedata da Kangxi, che fece arrivare a palaz-zo il piccolo settimo Dalai Lama nel 1720. Lanno seguente, il Tibet fu dichia-rato protettorato cinese dallimperatore, ma i Cinesi non intervennero in Tibetche una sola volta, nel 1792, quando aiutarono i tibetani a respingere uninva-sione nepalese.In seguito le relazioni tra la Cina ed il Tibet divennero puramente formali. IDalai Lama ed i reggenti si successero governando (pi o meno pacificamen-te, secondo la situazione interna) per circa un secolo, ed il solo cambiamentodi politica degno di interesse fu la chiusura delle frontiere agli stranieri, duranteil XIX secolo, iniziativa che isol dal resto del mondo questo paese essenzial-mente religioso. Nel 1904, Tubten Gyatso, tredicesimo Dalai Lama, fu co-

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    chi passi praticabili in quella stagione, anche se molto controllato dalla polizia cinese. Ci volleroventisei giorni di viaggio per raggiungere il nuovo passo. La fine dellinverno si avvicinava eriuscimmo ad arrivare in territorio nepalese senza incontrare altri problemi se non quelli legatialla durezza degli elementi.Lufficio profughi del governo tibetano in esilio ci accolse con cure, vestiti e cibo e ci aiut araggiungere la frontiera indiana e poi Dharamsala, dove, dopo tre giorni, ottenemmo un incontroin udienza privata con il Dalai Lama. Ci chiese se stavamo bene e ci disse che eravamo benvenuticome a casa nostra nella comunit di rifugiati tibetani, ed aggiunse che dovevamo rispettare ilpopolo indiano che ci accoglieva. Avevamo affrontato il nostro viaggio senza alcun documento diidentit, ed in India abbiamo ricevuto un certificato, rinnovabile ogni anno in quanto rifugiati

    stretto allesilio in Mongolia quando una spedizione britannica si introdusse interritorio tibetano. Gli Inglesi temevano che Lhasa potesse cadere nelle manidei russi, e non disdegnavano certo di ampliare le loro gi estese colonieindiane. I britannici imposero infine un trattato nel quale si autorizzavanounagenzia commerciale ed un telegrafo allinterno del territorio tibetano. Nel1912, conclusa la pace con i britannici, il Dalai Lama proclam lindipen-denza ed immediatamente la Cina rivendic la possessione del Tibet, insiemealla Manciuria, la Mongolia e lo Xingjiang. Nel 1950 i cinesi invasero il Tibetdietro il pretesto di riattaccarlo alla Madre Patria. Da allora le effigie del DalaiLama sono state sostituite con quelle del presidente Mao, ed il Tibet resta unpaese occupato.Negli anni seguenti gli Stati Uniti, in piena guerra fredda, addestrarono soldatiche avrebbero dovuto organizzare la resistenza contro i cinesi, ma il progettofall. In quegli anni, come dimostrato da documenti recentemente pubblicati,la CIA spese due milioni di dollari allanno in armi ed equipaggiamento, oltrea finanziare direttamente lufficio privato del Dalai Lama.Tra il 1987 ed il 1990 si svolsero in Tibet manifestazioni indipendentiste, allequali parteciparono numerosi monaci e monache buddiste, che vennero re-presse nel sangue. Si contarono circa duecento morti ed un numero impreci-sato di feriti. In seguito il regime cinese decret la legge marziale ed espulsetutti gli occidentali presenti negli hotel. A partire da quelle lotte il dramma delpopolo tibetano ha cominciato a varcare le frontiere e ad avere uneco inter-nazionale, anche grazie alle numerose associazioni e comitati di supporto aiprigionieri politici. Molti dei detenuti politici tibetani sono in carcere per averosato manifestare e scandire qualche slogan. Negli ultimi anni il caso partico-lare di una donna, che nel 1992 aveva 14 anni ed era novizia in un convento,incarcerata per aver osato gridare Tibet libero !, Fuori i Cinesi !,Lungavita al Dalai Lama ! ha raccolto una certa solidariet internazionale, grazieallinteressamento di un comitato di sostegno al popolo tibetano e ad un libropubblicato nel 2001, La prigioniera di Lhassa. Ngawang Sandrol, questo il suo nome, grazie alla mobilitazione internazionale, uscita dal carceredopo 10 anni di detenzione.

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

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    tibetani. A Dharamsala potei frequentare la scuola tibetana, e vi rimasi per tre anni.Finite le scuole, le possibilit di lavorare erano pressoch nulle. Il sogno indiano sincrinava e larealt si presentava pi dura del previsto. Le condizioni di rifugiata, la differenza di cultura e leinevitabili discriminazioni cominciavano ad emergere.Il racconto di Tashi si interrompe qui, le nostre strade si sono separate, ma mi rimasto il suoindirizzo. Le spedir una copia di Nunatak, e spero che per un attimo, sfogliando una rivista initaliano di cui non capir una parola, il suo esilio sar pi lieve.

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    Nota bibliografica- Le Tibet, peuples et cultures, Michael Willis, Editions Grund, Paris, 2000;- Tibet, Tibet, a personal history of a lost land, Patrick French, HarperCollins, 2003.

    La foto a pag. 15 (basso) tratta da: Le Tibet, peuples et cultures, Michael Willis, Editions Grund, Paris, 2000.Le altre foto sono ad opera dellautore.Le illustrazioni a pag. 16 sono tratte da: La civilt tibetana, Rolf A. Stein, Einaudi, 1986.

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    APPUNTI PER UNA STORIACRITICA DELLALPINISMOSSSSSECONDAECONDAECONDAECONDAECONDA PARTEPARTEPARTEPARTEPARTE

    BBBBBARBARAARBARAARBARAARBARAARBARA, A, A, A, A, ALPILPILPILPILPI L L L L LIBEREIBEREIBEREIBEREIBERE - V - V - V - V - VALCHIUSELLALCHIUSELLALCHIUSELLALCHIUSELLALCHIUSELLAAAAA

    Tra lOttocento e la prima met del Novecento le Alpi furono protagoniste di numerosi accadimenti:furono lambiente in cui si svilupparono scoperte scientifico-geografiche, divennero riserva disoldati, teatro di duri combattimenti durante le due guerre e subirono profonde modificazionisociali. Lo spopolamento di villaggi e paesi verso i nuovi centri industriali, lemigrazioneoltrefrontiera, i conflitti che spazzarono via intere generazioni, ma anche i contatti con la vita dellecitt ed i suoi abitanti, avvenuti grazie allimpulso dato dalla diffusione della pratica alpinistica edalla nascita del turismo, furono tra le cause di questi cambiamenti.Nelle comunit alpine la popolazione invecchi, vennero abbandonati le case ed i borghi menoaccessibili spostando insediamenti e colture verso quote pi basse. Leconomia tradizionale subun primo contraccolpo mitigato da fenomeni come quello del contrabbando o dai proventi portatidai nuovi operai o emigranti.Qualcosa per era gi in fase di mutamento allinterno delle societ alpine se, fin dalla conquistadel Monte Bianco, accadde che i valligiani traessero guadagni dallaccompagnare in alta quota isignori trasmettendogli confidenza con lambiente severo della montagna e ricevendo in cambiodal cittadino la passione che lo muoveva verso lavventura e le cime. A questi cambiamenti,avvenuti allincirca tra due secoli e che potremmo ancora considerare lenti, segu un periodo di

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    sempre pi rapide modificazioni quando, du-rante gli anni della ricostruzione, rete viaria enuove infrastrutture contribuirono allo svilup-po del turismo di massa.In campo alpinistico gi durante il 1935 si giun-se allapice: scalatori italiani e stranieri apriro-no vie in tutto larco alpino; linteresse e lacultura della montagna erano diffusi in tutti ipaesi confinanti con le Alpi, da Occidente adOriente, e non solo, anche gli inglesi parteci-peranno alla conquista di queste montagne por-tando avanti una tradizione di imprese e viaggiche gi li aveva spinti verso lesplorazione del-le catene montuose extraeuropee.Diversi tra loro saranno per i caratteri di chiscriver la storia dellalpinismo, sia per la pro-pria origine, sia per le influenze che gli eventidella Storia, con la maiuscola, dispiegherannoanche in questo campo dellagire umano.I francesi si apriranno prepotentemente la stra-da nelle Alpi occidentali fin dal primo dopo-guerra con superiorit tinta dei propri coloripatriottici; austriaci e tedeschi con tonalit picupe e romantiche esaspereranno la sfida conla montagna, gli ultimi diventando protagonistidi tragiche imprese incoraggiati dal regimehitleriano che sosteneva la grandezza della razzaariana; gli inglesi, stando pi in disparte, guar-deranno con ironia alle diatribe di questam-biente; gli italiani, toccati sul vivo dalle iniziati-ve straniere, compiranno grandi imprese so-prattutto negli anni Trenta, in un clima comun-que di esaltazione nazionalistica propaganda-to dal regime fascista.Allinterno di questo mondo, giunto cos in frettaad alti vertici, si confrontarono due diverse scuo-le di pensiero: chi, come Paul Preuss (alpinistaviennese autore di 1200 ascensioni di cui 300in solitaria e 150 prime salite, pioniere dellar-rampicata invernale e dello sci-alpinismo), erafautore dellarrampicata libera e contrario al-luso di materiali artificiali, compresa la corda,

    e chi invece, come Hans Dulfer (alpinista di Mo-naco, comp grandi imprese nelle Dolomiti, conFiechtl lideatore dei chiodi cosiddetti moderniche permettevano lintroduzione nel loro oc-chiello del moschettone, ed per questo indi-cato come lautore di una piccola rivoluzione),sostenne levoluzione dellalpinismo con luso

    di nuovi mezzi tecnici quali corde, chiodi e mo-schettoni.Proprio sulle Dolomiti la tecnica del chiodo emoschettone far s che gli scalatori della Scuo-la di Monaco, intorno agli anni Venti e nei pri-mi anni successivi, realizzino eccezionali salitein cui larrampicata rester comunque prota-gonista ed i mezzi artificiali saranno usati esclu-sivamente per tratti insuperabili. Queste im-prese segneranno lavvento del cosiddetto Se-sto Grado.Un rallentamento quasi completo si verificherallo scoppiare della seconda guerra mondiale,preceduto per da due imprese che, possiamodire, conclusero unepoca: Riccardo Cassin(nato in Friuli nel 1909, autore di grandi impre-

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    se sulle ultime pareti vergini delle Alpi) conquist lo spigolo N della Punta Walker alle GrandJorasses e gli arrampicatori tedeschi Heckmair, Kasparek, Work e Harrer superarono la terribileparete nord dellEiger nellOberland.Successivamente la ripresa fu lenta e difficoltosa. La vecchia generazione di alpinisti era scompar-sa, come erano scomparsi molti dei rifugi costruiti dalle sezioni del CAI, perlopi distrutti durantei rastrellamenti tedeschi mentre le alte valli alpine erano difficilmente raggiungibili.Lattivit del CAI, che contava nel 1944 circa 45000 iscritti ed era diffuso in tutto il territorioitaliano, si concentr, negli anni successivi al conflitto, proprio nella ristrutturazione delle sedi onella ricostruzione di bivacchi e rifugi (100 distrutti e 156 danneggiati).Ripresero anche le lezioni delle scuole di alpinismo che gi prima della guerra avevano formatomolti rocciatori ed avevano contribuito alla diffusione tra i giovani dellandare in montagna.

    Il CAI, il primo dicembre 1946, approv ilnuovo statuto scritto su basi democratiche e siriorganizz: prese le distanze dal fascismo edai tentativi del governo repubblicano di in-fluenzare e controllare lassociazione, venne-ro ribadite le finalit del sodalizio che ormairaccoglieva ampi strati della popolazione eche promuoveva la conoscenza e lo studiodelle montagne, la difesa del loro ambientenaturale e lalpinismo.Molti dei suoi soci, custodi di rifugi o alpinistiavevano contribuito alla lotta per la Liberazio-ne e molti erano caduti nei combattimenti.Dalla Liberazione lascesa sar rapidissima, egi nel 1945 si contavano 65000 soci e 172sezioni, unascesa che giunge fino ai giorninostri con quasi 450.000 soci, e rifugi o strut-ture ricettive e di ospitalit presenti ovunque.Anche lattivit alpinistica non si ferm. Le gran-di vie classiche furono ripetute da scalatori di

    tutte le nazioni con una grande preparazione tecnica ma anche con nuovi strumenti: calzature pileggere, suole in gomma tipo Vibram, sacchi per i bivacchi e giacche imbottite, corde in fibraartificiale, staffe, cordini, chiodi e moschettoni, ramponi e piccozze molto pi maneggevoli.Vennero anche compiute storiche salite in inverno sulle vie classiche e si imposero, alla ribalta diun sempre pi grande pubblico di appassionati, nomi come quelli dei grandi solitari Herman Buhle Walter Bonatti.Ma questo sviluppo porter proprio allinizio degli anni 50 allesplodere di altre questioni chefaranno discutere tutto il mondo alpinistico: alcuni sestogradisti francesi useranno, per salire sullaparete ovest del Petit Dru, 7 chiodi ad espansione, forando la roccia con un trapano a mano.Il chiodo ad espansione non fu certo uninvenzione degli alpinisti: era infatti gi in uso alle truppealpine da diversi anni per attrezzare vie da cui sarebbero passati interi reparti; ma tra chi saliva le

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    montagne mettendo a dura prova le propriecapacit fisiche ed il proprio coraggio, comeanche lingegno, luso di questi chiodi cre ungrande stravolgimento facendo cadere proble-mi irrisolvibili e permettendo di affrontare pa-reti impossibili per le capacit umane di allora.Anche in questo caso il progresso non si fer-mer, in molti apriranno vie con chiodi adespansione: le prime furono quelle sulla CimaGrande di Lavaredo o sulla Roda di Val fino al1960, anno in cui Cesare Maestri ne utilizzben 300 sulla parete rossa sempre alla Rodadi Val.Insomma la storia dellalpinismo non pu dirsia s stante rispetto alle molte altre vicendeumane: fautrice di progressi ed investe pie-namente la vita di chi pratica questa attivit comedei luoghi o delle comunit che ancora vivonoin montagna.Unaltra vicenda storica che influenzer que-stambiente come tutta la societ italiana sa-ranno gli anni della contestazione.Tra il 1968 ed il 1972, quando nelle piazzemigliaia di studenti, giovani ed operai si scon-travano con la societ intera, distruggendo esmantellando modi di essere e di pensare, tragli alpinisti cera chi voleva disfarsi di vecchieregole e consuetudini, non sopportava pi lariache si respirava nelle sezioni del CAI, si inter-rogava sulla propria vita e sul significatodellarrampicare sfidando s stessi e le difficol-t delle pi impervie pareti.Perch, per molti, andare in montagna non erasolo un passatempo ma divenne una ragionedi vita; fuggire dalle citt, dal triste mestiereche si praticava tutti i giorni e ritrovarsi liberi, inun luogo dove finalmente si riusciva in qualco-sa, dove si poteva dimostrare di valere, era ciche animava e sicuramente anima ancora oggimolti. Tra laria fine delle montagne ci sembradi non avere pensieri, di potersi finalmente ri-trovare in un ambiente a nostra misura; siamo

    lontani dalla necessaria quotidianit, sostenutidalla forza della Terra e della storia di uominiche l hanno vissuto e che, con i loro passi, finl ci hanno guidato.Cos nacque il Nuovo Mattino, quattro anni incui ci furono esplorazioni, nuove vie, in cui ca-schi e zaini si lasciarono a terra e si arrampica-va in jeans e maglietta. Non pi sulle grandipareti, ma sulla roccia sconosciuta della valledellOrco o della val di Mello, tra Torino, Mila-no, Sondrio, Reggio Emilia ma anche Roma edintorni.Il nuovo mattino era il titolo di un articolo diGian Piero Motti, alpinista torinese, apparsosulla Rivista della montagna nel 1972. Era unadescrizione dellalpinismo californiano perch,come spesso accade, questa ventata di innova-zione giunse da lontano: in California, nellaYosemite Valley si era diffuso un tipo di arram-picata molto diversa dallo stile europeo, conuna precisa etica.Le pareti erano lisce, verticali, per affrontarleera necessaria una notevole preparazione fisi-ca mentre nuovi strumenti tecnici erano usatisolo dopo aver tirato al massimo le propriecapacit in arrampicata libera ed al termine levie dovevano essere interamente schiodate inmodo che i ripetitori potessero incontrare lemedesime difficolt.Anche in questo caso la montagna rappresentuna via di fuga da una realt angosciosa edopprimente: una fuga in molti casi individuale,solitaria, come ricerca personale di sensazionialtrimenti non raggiungibili. Non cera pi unameta da raggiungere, come nellalpinismo clas-sico europeo, ma si realizzava unesperienza.Sempre Motti, nello stesso anno, scrisse unaltro articolo che fu per molti un manifesto: Ifalliti. Qui un alpinista descriveva impie-tosamente le sue crisi, la sua ricerca di equili-brio con la passione per la montagna che da unlato lo portava a raggiungere grandi traguardi

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    e dallaltro lo allontanava sempre di pi dalla sua vita, dalla realt che avrebbe dovuto vivere e nonfuggire. Da allora ad oggi ancora molto cambiato sia nella mentalit di chi va in montagna sia dalpunto di vista tecnico e culturale ancor di pi nella societ alpina o nellambiente montano.E siamo quasi giunti alla fine di questa breve storia, allo spunto da cui partita questa ricerca e cheha stimolato alcune riflessioni.Un amico della Valchiusella in dicembre ci fece leggere lultimo numero della rivista ALP wall incui compariva un articolo dedicato allalpinista estremo Mark Francis Twight, autore tra le sueimprese anche di un libro intitolato: Confessioni di un serial climber.Il suddetto articolo si apre con una citazione di Condoleeza Rice, segretario di Stato americano: Il diritto di portare armi da fuoco importante quanto il diritto alla libert di parola (La Stampa,maggio 2005).Cosa centra questo con il signor Twight se lo chiede anche lautrice dellarticolo e ci spiega chesfogliando lalbum delle foto pi care dellalpinista una la fa sorridere: il protagonista ritratto di

    schiena con la pistola nei pan-taloni. Lui dice che tipica-mente americano, lei ride epoi nota il suo sguardo fer-mamente convinto delle pro-prie idee e dei propri valori.Sar anche stato un incontroimportante nella vita di chi scri-ve, come pare di capire pro-seguendo larticolo ma, a dirla verit, la prima volta fa uncerto effetto leggere un testodel genere su un giornale cheparla di montagna.Poi no, non fa pi quelleffettoe perch poi dovrebbe? Per-ch lautrice, una guida, do-vrebbe preoccuparsi o inten-dersi degli effetti delle armi dafuoco nella societ americanao, pi semplicemente, collega-re la pregnante citazione dellaRice con la guerra che il go-verno USA ed i suoi alleaticonducono oggi in Iraq? Quisi parla di alpinismo estremo

    e non di politica internazionale. Perch chi va in montagna dovrebbe essere pi sensibile di altrialle questioni fondamentali della nostra vita? Sicuramente parliamo di unesperienza che dasempre, come abbiamo visto nelle brevi righe precedenti, ha stimolato la riflessione. In ogni

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    Nota bibliografica- I cento anni del CAI, a cura della Commissione per il Centenario, Milano 1963;- Scritti di montagna, Massimo Mila, Einaudi, 1992;- Nuovi mattini. Il singolare sessantotto degli alpinisti, a cura di Enrico Camanni, Vivalda editori, 1998.

    Illustrazioni tratte da: Limmaginario della montagna nella grafica depoca, R. Festi/C. Martinelli, Priuli e Verlucca Editori, Ivrea, 1996.

    epoca luomo, confrontandosi con la grandezza delle montagne, si posto dubbi e domande: maci lha forse migliorato? Ha evitato colate di cemento e impianti sciistici a qualunque quota,scempi come quelli portati dalle Olimpiadi, rifugi stipati di avventurosi alpinisti con guida pagataa peso doro? Non mi pare.Ha evitato che sempre pi gente salga in montagna non rendendosi conto di dov o cosa stafacendo appesa ad una corda a cos alte quote? E queste riviste, le associazioni, le guide hannoforse consolidato la conoscenza, il rispetto, la difesa della montagna? Non mi pare.Perch, se bisogna conciliare le esigenze economiche di chi vive in montagna e le pretese dellanostra societ, il risultato non pu che essere quello che vediamo. E limpressione che danno lediverse discussioni che hanno animato il mondo della montagna ufficiale da sempre quella diben poca decisione e molta diplomazia.Per nostra fortuna diverse voci si stanno alzando in difesa non solo della montagna ma di un viverepi libero e dignitoso: talvolta sono alte e forti, in altri casi pi sommesse.Sono le voci di chi si muove contro scelte sempre pi distruttive e sempre pi imposte. Lottiamoperch crescano, con la speranza di vedere presto crollare questa triste societ.

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    INSEDIAMENTI MONTANI,AUTOGOVERNO,COMUNIT E SOLIDARIET

    LLLLLORISORISORISORISORIS

    Lorganizzazione dello spazio vitale nelle terre montane ha sempre rappresentato un aspettoindicativo del modo con cui le comunit umane presenti sulle montagne si rapportassero allam-biente a loro circostante e di come lapproccio verso le attivit quotidiane fosse distante dallaconcezione moderna di lavoro.Una delle attivit che si rese necessaria dalla parziale sedentarizzazione delle genti di montagnafu, prima fra tutte, la realizzazione di case ed insediamenti. Costruzioni che, in parte, ancor oggi possibile vedere ed abitare.

    Se non si osserva la montagna soltanto come un ammasso esanime di terra e roccia, ma se necoglie lestrema vitalit che custodisce, sufficiente guardarsi attorno perch suggerisca gli spuntiper un sacco di riflessioni.Una cosa in particolare mi d piacere nel guardare i vecchi abitati di montagna: sapere che questecase furono ideate e realizzate dalle stesse persone che per prime ne avrebbero usufruito, con imateriali l reperibili e senza mai poter trascurare la natura che le circondava, essendoci conquesta un continuo confronto e scambio, una totale reciprocit. Dalla montagna si traeva di chevivere, ma non era possibile ignorare le sue esigenze perch, ancora indomata, avrebbe saputocome vendicarsi. Nella zona alpina, infatti, luomo mise in atto una strategia di popolamentofrutto di unapprofondita osservazione dei fenomeni naturali. Difficilmente, quindi, troveremoinsediamenti ubicati su terreni favorevoli alla formazione di valanghe, alluvionabili o facilmente

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    soggetti allazione del vento. Solo oggi, luomo armato di scienze e tecniche moderne ha larro-ganza di poter dirigere lambiente e far fronte anche alle sue manifestazioni pi impetuose.

    Gli insediamenti che, a parer mio, meritano maggiore attenzione per il valore che rappresentanosono quelli definiti di carattere spontaneo, definizione che potrebbe ingannare se non si tenesseroin considerazione i precisi condizionamenti climatici e le esigenze funzionali imposte dallambien-te montano. Tale denominazione, infatti, ha origine pi che altro dal marcato adeguamento diqueste architetture ai caratteri fisici del territorio e dalla totale assenza di procedure normative ditipo istituzionale sullintervento costruttivo. Costruite dagli stessi abitanti delle valli, queste case

    sono perlopi di roccia (per le pareti) e di legno (per le travature), materiali reperibili sul posto efacilmente trasportabili che quindi consentirono, anche in questo frangente, alla gente di monta-gna di mantenere uneccellente autosufficienza.La cultura e le esigenze di questi territori (specie per lalta valle) garantivano lo svilupparsi di unaforte coscienza cooperativa, tant che proprio lambito costruttivo, che implica un impegnocollettivo non da poco, richiedeva un coinvolgimento generale che vedeva interessata unampiafascia di persone, senza distinzione di sesso, et, referenze: tutti partecipavano attivamente e sirendeva necessaria per tutti la conoscenza dellarte del costruire. Di fatto non esisteva il costruttoredi professione, ognuno, in misura diversa, era oltre che contadino e pastore anche muratore,falegname, carpentiere ecc. Tutto ci si ricreava soprattutto nelle comunit dalta quota dove lasituazione di difficolt portava anche, ed inevitabilmente, alla condivisione delle fatiche. Condivisioneche si verificava nella gran parte degli ambiti del quotidiano.Notiamo ad esempio come fossero diffuse le strutture comunitarie nei villaggi: mulini, forni,fontane, frantoi (solo questi meriterebbero un capitolo a s). Queste strutture venivano gene-

    Chasterain (vallone di Bourcet), vista da Sud-OvestChasterain (vallone di Bourcet), vista da Sud-OvestChasterain (vallone di Bourcet), vista da Sud-OvestChasterain (vallone di Bourcet), vista da Sud-OvestChasterain (vallone di Bourcet), vista da Sud-Ovest

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    ralmente utilizzate a turno da gruppi o famigliedel borgo che sempre a turno provvedevanoalla loro manutenzione. Pi raramente (soprat-tutto i mulini) gestiti da un unico responsabile,retribuito con una percentuale sul prodotto ot-tenuto. Nel Medioevo, in epoca feudale, pote-va capitare che fossero sotto il controllo diqualche signorotto che imponeva tassazioni suiprodotti ottenuti, ma sappiamo altres che, gra-zie alla forza delle loro comunit ormai conso-lidate, per la caparbiet che li contraddistinguee per la bassa densit che impediva un efficacecontrollo sulla popolazione, gli abitanti di que-

    sti luoghi seppero garantirsi condizioni diautogoverno e indipendenza, cosicch il pote-re feudale mai si instaur radicalmente.

    Tornando alledilizia rurale delle nostre mon-tagne, nonostante si differenzi in modo eviden-te da una localit allaltra a seconda dei biso-gni o dei gusti delle mani sapienti che interven-nero, si possono osservare numerose caratte-ristiche comuni.Tra queste trovo sia interessante prestare at-tenzione alla disposizione degli abitati (specieper quelli di carattere romano, pi diffuso nellazona delle Alpi occidentali e differente da quel-lo germanico presente altrove): questi non era-no mai dettati dal caso, ma il prodotto di un

    accurato schema di occupazione dello spaziomantenuto nel tempo dalla tradizione. singo-lare, ad esempio, vedere come, in luoghi doveci che non manca di certo lo spazio, le casesiano per la gran parte concepite in struttureaggreganti piuttosto raccolte. Questa scelta dovuta sia alla necessit di ridurre al minimoloccupazione del costruito sul terreno fertile,sia per trattenere maggiormente il calore, siaad un altro aspetto che riconferma il forte spiri-to di comunanza che si generava in questi luo-ghi, ovvero il bisogno di stringersi il pi possi-bile ai vicini per arrecarsi pi facilmente soc-

    corso in caso di problemi o disgra-zie nei lunghi periodi di isolamen-to invernale. quindi evidente come la relazio-ne con lo spazio fosse intesa inmodo funzionale alle esigenze diprimaria necessit, ma sempre at-traverso un imprescindibile rappor-to di dare e avere con l habitatche si andava ad invadere.Se pur necessaria, la funzionalitnon rappresenta lunico parametrocon il quale vengono elaborate le

    abitazioni di alta montagna. Hanno invece no-tevole valore anche alcuni particolariarchitettonici legati allimmagine della casa,dettagli per i quali le genti dimostravano par-ticolare interesse sviluppando nel tempo gran-de attenzione ed orgoglio per laspetto dellapropria dimora. Piccoli elementi interni edesterni che, grazie al concorso di tante braccia,probabilmente nelleuforia generale odorosadi vino, divennero una vera e propria espres-sione di arte popolare.

    In ciascuna delle pietre posate, in ogni gradi-no, nelle massicce architravi, nelle volte dellestalle, nei tronchi scavati di fontane, nelle palein legno di mulini rimangono incisi, non sol-

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    tanto i segni del tempo, ma le vite delle genti che lo attraversarono in un intreccio di relazioni,passioni, intese e vicissitudini. Nel rapporto delluomo con lo spazio in cui vive e in cui si trova adintervenire, si riflette direttamente la sua condizione. E se a giudizio prendiamo lorganizzazionedel territorio nelle citt, con cui gran parte delle persone sono ridotte a convivere, non pu chevenirne fuori un quadro abominevole.Lappropriazione da parte del sistema mercantile dellintero contesto urbano si riversa su ognisfera del quotidiano di chi lo abita. Qualunque edificio, strada, luogo di ritrovo risponde semprepi esclusivamente a termini di redditivit e controllo di un sistema dominante, escludendo cos, achi effettivamente ne dovr fruire, ogni possibilit di scelta in rapporto ai propri bisogni e allapropria volont. da considerare infatti che chi detiene il potere esige spazi che gli garantiscanodi esercitarlo al meglio e, in base a questo, li trasforma affinch si creino i presupposti per poterloperpetrare.Sarebbe opportuno quindi non perdere di vista i luoghi che ancora, in qualche modo, sono statipreservati dal radicamento di questi sistemi, essendo anchessi sotto costante minaccia. Ed osser-vando gli esempi che anche il passato ci offre sar possibile sviluppare le basi che ci permetteran-no di creare i nostri luoghi di vita e contrapporsi a chi li vorrebbe cancellare.

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    COS RAPIDAMENTECRESCONO, TANTORAPIDAMENTE SONODESTINATI A CROLLARE

    GGGGGIIIII

    DDDDDALLALLALLALLALLARCHITETTURAARCHITETTURAARCHITETTURAARCHITETTURAARCHITETTURA RURALERURALERURALERURALERURALE DELDELDELDELDEL G G G G GRANRANRANRANRAN P P P P PARADISOARADISOARADISOARADISOARADISO, , , , , SPUNTISPUNTISPUNTISPUNTISPUNTI DIDIDIDIDI CRITICACRITICACRITICACRITICACRITICAALLALLALLALLALLEGEMONIAEGEMONIAEGEMONIAEGEMONIAEGEMONIA DELDELDELDELDEL CEMENTOCEMENTOCEMENTOCEMENTOCEMENTO ARMATOARMATOARMATOARMATOARMATO

    Le opere umane rispecchiano, in larga misura, la cultura del tempo in cui sono realizzate.Oggi ci oltremodo lampante pur limitandosi ad osservare, nello specifico, larchitettura eledilizia che ci circonda. Che ci si ritrovi in pianura, in zone collinari o allimbocco stesso di vallimontane si destinati ad imbattersi, sempre pi spesso, in aree industrialicommerciali indistinguibilitanto si somigliano le une con le altre. Campagne, frutteti e pascoli vengono quotidianamentesostituiti da capannoni grigiastri prefabbricati che prendono forma nel giro di pochi giorni. Nelmomento in cui larea interessata viene circondata dallonnipresente nastro arancione di plastica,le ruspe iniziano a circolare e cemento ferro e acciaio in poco tempo colonizzano un nuovo lembodi terra rendendolo improduttivo per i decenni a venire.In tal modo, mentre le fabbriche delle metropoli, ormai dismesse ed inutilizzate da anni, si trasfor-mano in club alla moda, il territorio extraurbano si popola di lugubri parallelepipedi in cementoarmato in cui per lo pi non si produce nulla: si espone, si sostituisce e si commercializza. Altempo stesso, le periferie di piccole e medie citt, nonch di molti paesi, vengono inesorabilmenteincatenate da condomini ed infrastrutture costruiti con gli stessi tempi e la stessa logica delle areecommerciali. Verosimilmente, vista la qualit dei materiali e della tecnica costruttiva, subisconoanche la medesima sorte, diventando fatiscenti nel giro di pochi anni.

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    Coloro che ancora non sono completamente assuefatti dalle nocivit delle metropoli saprannocogliere un ulteriore denominatore comune nellurbanistica e nellarchitettura del nostro tempo.Una sensazione sempre pi diffusa e soffocante di invivibilit legata alla natura degli edifici e allaloro disposizione. Tra pochi anni, probabilmente, faremo fatica a distinguere un quartiere residen-ziale da una zona industriale. Annullato ogni possibile spazio destinato alla socialit, questenuove aree sono concepite per vendere, consumare e spostarsi nelle poche direzioni obbligate.Non rimane molto altro a margine se non sconfinati quartieri dormitorio sempre pi vicini aglistandard nelle citt delle banlieu francesi.Non ci si pu meravigliare. Non essendoci stato negli ultimi ventanni alcun significativo aumentodemografico, non c nulla che spieghi un tale esponenziale incremento di aree edificate. Si costretti dunque a constatare come, in un tale contesto, ledilizia non risponda pi ad alcun

    bisogno umano ma alle esigenze di uneconomia impazzita. Strade, quartieri, abitazioni e localicommerciali non sono a misura duomo ma della merce e dei suoi spostamenti. Una mercesempre pi destrutturata che altera, oltre alle nostre abitudini, il profilo dei nostri paesaggi.Il territorio si modifica, leconomia muove freneticamente e la legislazione si aggiornaassecondando senza indugi quel modello di sviluppo che riesce a perpetrarsi solo riproducendodisastri in serie.Pur nella loro peculiarit geografica le montagne stesse non sfuggono a questo meccanismo.Dopo essersi spopolate in seguito al boom economico degli anni 50 e 60, oggi subiscono iltremendo colpo di coda dellera postindustriale.I fondovalle sono assediati da ipermercati, capannoni, cavalcavia e superstrade. Le zone conside-rate pi dattrattiva si popolano di infrastrutture ad uso e consumo dei turisti e di seconde case.Anche queste ultime, il pi delle volte vengono costruite senza tener minimamente conto dellim-patto che producono, n delle tecniche di costruzione tradizionali proprie delle zone in cui vengo-

    Tra Rivoli e Collegno (Torino), un esempio del territorio ridotto a periferia metropolitanaTra Rivoli e Collegno (Torino), un esempio del territorio ridotto a periferia metropolitanaTra Rivoli e Collegno (Torino), un esempio del territorio ridotto a periferia metropolitanaTra Rivoli e Collegno (Torino), un esempio del territorio ridotto a periferia metropolitanaTra Rivoli e Collegno (Torino), un esempio del territorio ridotto a periferia metropolitana

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    no realizzate. Un impresario edile leggendo laparola tradizionale la assocerebbe subito asuperata o obsoleta e, di rimando, a scon-veniente dal punto di vista economico.Eppure in tutte le valli alpine, baite, muri a sec-co, fontane e sentieri sono l da secoli. Resisto-no allincedere del tempo, lasciando trapelarela perizia ed il sapere di chi le edific.Accanto alle opere del passato, quelle odiernetestimoniano la dilagante incapacit di affron-tare il rapporto vecchio-nuovo in un modo chesia diverso dallazione distruttrice ed omolo-gante del bulldozer.

    Nelle valli alpine comprese tra il Canavese e laVal DAosta, ledilizia rurale delle popolazioni

    montanare del passato rappresenta ancora og-gi uno degli esempi pi vividi di ingegnosit edequilibrio con lambiente selvaggio che le ospita.Le antiche radici dei primitivi abitanti di questemontagne, fanno s che la toponomastica dellelocalit sia ricca di radici celtoliguri.Ceresole, ad esempio, deriverebbe da Jeresol,

    Cyrisolie o Grisoles mentre Locana riman-derebbe alla radice pre-gallica Leucc oLuocc.Di queste lontane civilt si conservato moltopoco. Tuttavia ci che certo che i rapportitra le valli Orco e Soana, nel lato canavesanodel Gran Paradiso, e la Val Nontey, la Val diRheme e la Valsavaranche in quello valdostano,erano pi stretti ed abituali secoli addietro ri-spetto ad oggi. A testimonianza di ci riscon-triamo ancora importanti similitudini nelletradizioni popolari, nelle espressioni dialettalie, naturalmente, nelle tecniche costruttive.Gli antichi sentieri ed il dedalo di mulattierecolleganti le varie valli, gi di per s, dannounidea di quella che era la saggezza montana-

    ra. La scelta del tracciato, i gradini sca-vati a scalpello, i sostegni dappoggionei punti pi esposti ed i precisi muri asecco rendono inevitabile un inglo-rioso paragone con le odierne vie diterra.Oggi, non serve percorrere quotidia-namente centinaia di chilometri per im-battersi, sulle strade, in continui can-tieri aperti, conseguenza della neces-sit di una continua manutenzione. Inmontagna poi, i nuovi tratti dipendo-no largamente dallo scavo di tunnelestremamente nocivi e costosi. Altro-ve la scelta infelice del passaggio co-stringe allutilizzo di reticoli di tratte-nimento e disgaggi che limitano, manon escludono, il rischio di frane ecadute massi.

    Unattivit largamente praticata dalle antichepopolazioni stanziate nei pressi del complessomontuoso del Gran Paradiso era lestrazionedei minerali. Ci particolarmente vero per laValle Orco e la Val Soana in cui si trovavanominiere doro, argento, piombo, ferro e rame.

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    00000 11111 22222 3 m .3 m .3 m .3 m .3 m .

    CASA DUPLEX A CRETAZ - COGNECASA DUPLEX A CRETAZ - COGNECASA DUPLEX A CRETAZ - COGNECASA DUPLEX A CRETAZ - COGNECASA DUPLEX A CRETAZ - COGNE

    PLANIMETRIA PIANO TERRAPLANIMETRIA PIANO TERRAPLANIMETRIA PIANO TERRAPLANIMETRIA PIANO TERRAPLANIMETRIA PIANO TERRA

    LA COURLA COURLA COURLA COURLA COURentrata coperta, cerniera di tutti glientrata coperta, cerniera di tutti glientrata coperta, cerniera di tutti glientrata coperta, cerniera di tutti glientrata coperta, cerniera di tutti gliambien t i .ambien t i .ambien t i .ambien t i .ambien t i .

    LO BOULO BOULO BOULO BOULO BOUcellula coabitazione permanente uomi-cellula coabitazione permanente uomi-cellula coabitazione permanente uomi-cellula coabitazione permanente uomi-cellula coabitazione permanente uomi-ni-animali domestici.ni-animali domestici.ni-animali domestici.ni-animali domestici.ni-animali domestici.

    LA MAISON DU FOULA MAISON DU FOULA MAISON DU FOULA MAISON DU FOULA MAISON DU FOUoriginariamente ambiente custode deloriginariamente ambiente custode deloriginariamente ambiente custode deloriginariamente ambiente custode deloriginariamente ambiente custode deldel fuoco - oggi laboratorio della pro-del fuoco - oggi laboratorio della pro-del fuoco - oggi laboratorio della pro-del fuoco - oggi laboratorio della pro-del fuoco - oggi laboratorio della pro-duzione del formaggio.duzione del formaggio.duzione del formaggio.duzione del formaggio.duzione del formaggio.

    LA CROTTALA CROTTALA CROTTALA CROTTALA CROTTAscantinato, luogo di conservazione for-scantinato, luogo di conservazione for-scantinato, luogo di conservazione for-scantinato, luogo di conservazione for-scantinato, luogo di conservazione for-maggio, patate, sempre a voltamaggio, patate, sempre a voltamaggio, patate, sempre a voltamaggio, patate, sempre a voltamaggio, patate, sempre a voltac i l indr i ca.c i l indr i ca.c i l indr i ca.c i l indr i ca.c i l indr i ca.

    PLANIMETRIA PIANO RIALZATOPLANIMETRIA PIANO RIALZATOPLANIMETRIA PIANO RIALZATOPLANIMETRIA PIANO RIALZATOPLANIMETRIA PIANO RIALZATO

    LO SOLEILO SOLEILO SOLEILO SOLEILO SOLEI il grande contenitore delle cose ne- il grande contenitore delle cose ne- il grande contenitore delle cose ne- il grande contenitore delle cose ne- il grande contenitore delle cose ne-cessarie alluomo e alle mucche percessarie alluomo e alle mucche percessarie alluomo e alle mucche percessarie alluomo e alle mucche percessarie alluomo e alle mucche persuperare il lungo inverno.superare il lungo inverno.superare il lungo inverno.superare il lungo inverno.superare