Numero 24 giugno 2012 lascuolapossibile

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________________________________________________ Rivista telematica www.lascuolapossibile.it realizzata con GT Engine Powered by Innova Servizi – www.innovaservizi.it Pag.1 Pubblicata da Sysform Editore 00131 Roma Via Monte Manno 23 - Direttore Responsabile Manuela Rosci Edizione cartacea della rivista telematica www.lascuolapossibile.it Iscrizione al Tribunale di Roma 63/2010 del 24/02/2010 N.24 giugno 2012 Web Content Manager Maurizio Scarabotti Editoriale Ma come dovrebbe "funzionare" un docente? La funzione docente di Rosci Manuela - Editoriali Siamo giunti a conclusione di un altro anno scolastico e nasce spontaneo dire ... sem- bra ieri che abbiamo iniziato! La percezione del tempo che passa è certamente influen- zata dai nostri stati d'animo, da ciò che ab- biamo vissuto -nel bene e nel male- da quanto abbiamo fatto, da quanto siamo soddisfatti, seppur stanchi. Ogni anno (ma anche ogni nostra esperien- za) si conclude con una valutazione, che può essere anche molto sommaria, tra le cose che sono andate e quelle che è meglio dimenticare, anche se spesso è difficile "la- sciare andare" ciò che ti ha toccato in nega- tivo, ciò che ti ha ferito. Abbiamo scelto di dedicare l'ultimo numero ai bilanci -tasto dolente in questo periodo!- a ciò che ci siamo portati via di importante, emozionale, di indimenticabile in questo anno di lavoro, affiancando anche qualche nota di rammarico per ciò che non si è riu- sciti a fare, o non come si sarebbe voluto. I nostri autori sono stati autentici nel raccon- tare le loro storie, di oggi come di ieri, di come si sono sentiti e perché qualche scel- ta, di natura didattica quanto relazionale, abbia lasciato in loro la voglia di donarla, di raccontarla a tutti noi. Ma che significa "essere autentici"? Mi aiuto ricercando su Wikipedia (oggi risul- ta essere il più gettonato luogo per ricerca- re spiegazioni, da grandi e piccini!). Ho scelto: "Il termine diretto da cui deriva quello di autenticità è autentico (dal lat. tardo au- thentĭcus, dal greco αϑεντικός, derivato di αϑέντης (che vuol dire "autore"; "che ope- ra da sé" e che significava in senso lato "avere autorità su sé stessi"). La parola è composta da autòs (sé stesso) ed entòs (in, dentro) e quindi in senso più pregnante au- tentico può voler dire che autentico è ciò che si riferisce alla nostra vera interiorità, al di là di quello che vogliamo apparire o cre- diamo di essere. ....La ricerca dell'autentica interiorità non è propria soltanto della filosofia ma anche della pedagogia che si propone di far emer- gere con l'educazione l'individuo autentico e svilupparne le potenzialità che possono raggiungersi insegnando a non limitarsi nel- la propria egoità, nel proprio io individuale, ma a superare l'incapacità di relazionarsi nel mondo, con quell'"esserci" (dasein) che ci permette di superare l'heideggeriana

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Numero di giugno della rivista telematica www.lascuolapossibile.it

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Pag.1

Pubblicata da Sysform Editore 00131 Roma Via Monte Manno 23 - Direttore Responsabile Manuela Rosci

Edizione cartacea della rivista telematica www.lascuolapossibile.it

Iscrizione al Tribunale di Roma 63/2010 del 24/02/2010

N.24 giugno 2012 Web Content Manager Maurizio Scarabotti

Editoriale

Ma come dovrebbe "funzionare" un docente? La funzione docente di Rosci Manuela - Editoriali

Siamo giunti a conclusione di un altro anno

scolastico e nasce spontaneo dire ... sem-

bra ieri che abbiamo iniziato! La percezione

del tempo che passa è certamente influen-

zata dai nostri stati d'animo, da ciò che ab-

biamo vissuto -nel bene e nel male- da

quanto abbiamo fatto, da quanto siamo

soddisfatti, seppur stanchi.

Ogni anno (ma anche ogni nostra esperien-

za) si conclude con una valutazione, che

può essere anche molto sommaria, tra le

cose che sono andate e quelle che è meglio

dimenticare, anche se spesso è difficile "la-

sciare andare" ciò che ti ha toccato in nega-

tivo, ciò che ti ha ferito.

Abbiamo scelto di dedicare l'ultimo numero

ai bilanci -tasto dolente in questo periodo!-

a ciò che ci siamo portati via di importante,

emozionale, di indimenticabile in questo

anno di lavoro, affiancando anche qualche

nota di rammarico per ciò che non si è riu-

sciti a fare, o non come si sarebbe voluto. I

nostri autori sono stati autentici nel raccon-

tare le loro storie, di oggi come di ieri, di

come si sono sentiti e perché qualche scel-

ta, di natura didattica quanto relazionale,

abbia lasciato in loro la voglia di donarla, di

raccontarla a tutti noi.

Ma che significa "essere autentici"?

Mi aiuto ricercando su Wikipedia (oggi risul-

ta essere il più gettonato luogo per ricerca-

re spiegazioni, da grandi e piccini!).

Ho scelto:

"Il termine diretto da cui deriva quello di

autenticità è autentico (dal lat. tardo au-

thentĭcus, dal greco αὐϑεντικός, derivato di

αὐϑέντης (che vuol dire "autore"; "che ope-

ra da sé" e che significava in senso lato

"avere autorità su sé stessi"). La parola è

composta da autòs (sé stesso) ed entòs (in,

dentro) e quindi in senso più pregnante au-

tentico può voler dire che autentico è ciò

che si riferisce alla nostra vera interiorità, al

di là di quello che vogliamo apparire o cre-

diamo di essere.

....La ricerca dell'autentica interiorità non è

propria soltanto della filosofia ma anche

della pedagogia che si propone di far emer-

gere con l'educazione l'individuo autentico e

svilupparne le potenzialità che possono

raggiungersi insegnando a non limitarsi nel-

la propria egoità, nel proprio io individuale,

ma a superare l'incapacità di relazionarsi

nel mondo, con quell'"esserci" (dasein) che

ci permette di superare l'heideggeriana

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inautenticità e anonima impersonalità. Ren-

dersi conto attraverso la scienza dell'educa-

zione della centralità della propria persona

inserita in un ambiente sociale dove accan-

to all'"io" esiste anche il "noi".

E ancora:

"Il concetto di autenticità ha una connota-

zione soggettiva e una oggettiva. Per la

prima l'autenticità è la sincerità che l'uomo

ha con sé stesso, quando cioè non si finge

di essere quello che non è, quando è genui-

namente quello che il suo carattere lo fa

essere. A questa interiorità spontanea e au-

tentica deve però corrispondere un coeren-

te comportamento esterno: vi deve essere

un accordo tra le vere caratteristiche inte-

riori e il rapporto con gli altri nel senso che

l'uomo soggettivamente autentico accorda il

suo temperamento a ciò che dice e fa: dice

ciò che pensa, fa quello in cui crede."

Qualche considerazione. Nella nostra fun-

zione docente è importante dunque accom-

pagnare i nostri studenti verso questo per-

corso di "autenticità" che deve poter coniu-

gare la propria persona con quella di tanti

altri che insieme a noi formano l'ambiente

sociale. Non è forse la classe un "ambiente

sociale" predefinito, a disposizione proprio

per apprendere ciò? Non è forse l'azione

quotidiana del "lanciare il sasso nello sta-

gno" -lanciare ad esempio una provocazio-

ne didattica alla classe- che contraddistin-

gue il lavoro di ogni giorno di tantissimi do-

centi, che serve a mettere in gioco se stessi

con il proprio io ma anche con gli altri? Non

è compito della scuola, e quindi della nostra

funzione docente, "aprire le menti" e co-

struire un "noi" che possa essere anche di

supporto a tanti "IO" presenti in ogni clas-

se?

Immaginate quanti siamo a svolgere questa

funzione: probabilmente siamo "l'azienda"

più numerosa, che conta più lavoratori in

assoluto! E tutti svolgiamo l'attività quoti-

diana di accompagnare i nostri alunni verso

quella consapevolezza che ha ragione di es-

sere perseguita proprio nell'ambiente socia-

le per eccellenza, che è stato individuato da

sempre (la classe) come luogo "sociale" do-

ve imparare a fare e a stare ... in modo

"autentico".

Se non siamo convinti che la nostra mission

sia di natura pedagogica (educativa) e non

solo disciplinare (istruttiva) ... COSA CON-

TINUIAMO A DARE CON LA NOSTRA FUN-

ZIONE? Quale valore aggiunto potrebbe es-

serci nell'insegnare qualcosa a qualcuno se

non proprio nella nostro essere AUTENTI-

CAMENTE capaci di accompagnare i più gio-

vani di noi a ragionare diversamente da noi,

a considerare l'altro una risorsa seppur di-

verso da te, a essere leale piuttosto che fal-

so, con se stesso e con gli altri, a guardare

oltre ciò che oggi riesci a vedere, a sentire

il dolore dell'insuccesso quanto la gioia del

successo, a sopportare l'errore quanto l'ec-

cellenza, a sapersi accettare quanto critica-

re ....

Capite bene che sento questa funzione così

importante, così vitale che cerco di essere

autentica nel mio lavoro, cercando di inte-

grare l'aspetto interiore del concetto (l'au-

tenticità è la sincerità che l'uomo ha con sé

stesso, quando cioè non si finge di essere

quello che non è, quando è genuinamente

quello che il suo carattere lo fa essere) con

il comportamento esterno (l'uomo soggetti-

vamente autentico accorda il suo tempera-

mento a ciò che dice e fa) che si sintetizza

bene nel motto: dice ciò che pensa, fa

quello in cui crede.

Ma il mio lavoro non si realizza solo con gli

studenti, si concretizza molto anche nel

rapporto tra colleghi e anche questo do-

vrebbe essere... autentico, nella costruzio-

ne di senso che riesce a dare un gruppo di

persone che potrebbero/dovrebbero condi-

videre la stessa mission e forse anche la

stessa vision!

Ebbene, ciò che mi porto via da questo an-

no, o meglio da un ciclo di vita professiona-

le, oltre che amicale, insieme a un gruppo

di docenti con cui ho lavorato per undici

anni, è che un gruppo (di docenti, ad

esempio!) diventa forte quando i membri

sono autentici non a parole ma a fatti,

quando si è maturi per poter dire ciò che si

pensa (e questo è abbastanza frequente tra

gli adulti) ma altrettanto capaci di mettere

in atto coerentemente il proprio pensiero, di

fare AZIONE che vada verso la realizzazione

di ciò che si dice, all'insegna della condivi-

sione, come risultato di una messa in gioco

di molti ("tutti" è difficile!). Fatti, non solo

chiacchiere!

Quando si costruisce questa identità collet-

tiva, quando ognuno mette in gioco se stes-

so, il suo sé soggettivo al servizio di una vi-

sione comune, una comune ricerca di azio-

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ne ... l'esperienza non solo è gratificante

ma riesce a produrre cambiamenti impen-

sabili, nei singoli e nel gruppo stesso. Que-

sto mi porto via, il lavorare in maniera "au-

tentica" con un gruppo di colleghi.

E' stato fantastico.

Unica accortezza (nota dolente): attenzione

a chi si spaccia per "autentico" e in realtà si

ferma solo a essere ciò che è, senza nessu-

no sforzo per cambiare (azione indubbia-

mente faticosa!) o per condividere con gli

altri, nel mettersi in gioco per il gruppo,

trincerandosi dietro pietose affermazione

(ma io sono così, non è colpa mia!).

Diffidate: spesso sono persone non sincere

... anzi FALSE e, come le monete fasulle,

non valgono nulla, tanto vale non prenderle

in considerazione, evitarle .... non esistono

per me!

Grazie a tutte/i veri autentici che ho incon-

trato nel mio cammino, sono molti, ma mol-

ti di più delle persone che non lo sono.

Manuela Rosci

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In questo numero di giugno 2012

Area Tematica Titolo Autore

Ma come dovrebbe "funzionare"

un docente? Rosci Manuela

Cuore di Cinema Riccardi Barbara

Re Artù e la Tavola Quasi Rotonda Lucci Laura

Se hai una montagna di neve,

tienila all'ombra Ansuini Cristina

Alunni speciali La redazione

BIZ Factory 2012 premia l'eccel-

lenza imprenditoriale giovanile La redazione

QUELLO CHE NON HO... La redazione

Amore di sé Riccardi Barbara

La mia collega. Agolino Simona Lo-

retta

Una rosa blu Crasso Antonella

Golia Amore a prima vista Riccardi Barbara

Meglio saltare o... superare l'osta-

colo? Nucera Roberto

Hanno collaborato in questo nu-

mero giugno 2012 La redazione

IL DOCENTE è soprattutto una

docente? Un mondo precario al

femminile?

Presutti Serenella

Insegnante curricolare o di soste-

gno? Traversetti Marianna

Promozione e respingimento? Sabatini Roberto

Qualche rammarico? Infantino Aminta Pa-

trizia

Raffaella, un'insegnante, il mio

mito Paci Lucia Giovanna

Il futuro sono gli e-book! Monacelli Rodolfo

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Pag.5

DDalla prima pagina

Dalla prima pagina

Il futuro sono gli e-book! Finalmente anche in Italia? di Monacelli Rodolfo - Scuola & Tecnologia

Ho l'impressione che a proposito di ebook e

dintorni, si corra il rischio di continuare a

ripetere che è 'troppo presto', fino a quando

non ci si accorgerà che, all'improvviso, è

'troppo tardi'(Alessandro Zaccuri, scrittore)

Uno dei fenomeni più interessanti dell'edito-

ria italiana è certamente quello degli e-

book. Un fenomeno nuovo soltanto per il

mercato italiano, mentre nel resto del mon-

do è, se non affermato in base a tutte le

sue potenzialità, consolidato in maniera si-

gnificativa. Basti vedere il mercato ameri-

cano, grazie soprattutto all'avvento di

Amazon, e a quello europeo (andare sui

link indicati per leggersi qualche dato

estremamente significativo).

L'Italia, si sa, è una società e un mercato

estremamente conservatore e dunque l'av-

vento degli e-book è stato, ed è, molto più

complesso. Ma un'inversione di tendenza

esiste.

Grazie, anche in questo caso, all'arrivo della

versione italiana di Amazon nel nostro Pae-

se, la vendita (in particolare del Kindle) di

lettori ad un prezzo più accessibile (il Kindle

base viene venduto a soli 99€) ed una let-

tura che si avvicina molto a quella di un li-

bro di "carta".

Nonostante questi chiari miglioramenti l'in-

cidenza degli e-book sul totale dei libri ven-

duti in Italia è ancora insignificante, poco

più dell'1%, anche se è vero che il numero

dei titoli disponibili, in un solo anno (Maggio

2011/Maggio 2012), sono triplicati.

In parallelo con i titoli sono, inoltre, aumen-

tati anche gli e-book store: in Italia, at-

tualmente, oltre al già citato Amazon, si

possono trovare e-books (gratis o a paga-

mento) anche su Ibs, Bol, Issuu, EbooksIta-

lia, Bookrepublic, e molti altri.

Questo è cer-

tamente un

segnale che

è quello il fu-

turo dell'edi-

toria. Del re-

sto, numero-

si sarebbero,

e saranno, i

vantaggi nel

passaggio

dal libro cartaceo a quello digitale. Dato il

limitato spazio non possiamo approfondire

l'argomento, ma cerchiamo di evidenziare

alcuni aspetti, i più significativi:

- Abbassamento dei costi. Con gli e-book

si abbasseranno i costi per le case editrici e

questo darà loro la possibilità di poter inve-

stire su autori e testi meno commerciali,

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migliorando la qualità complessiva dell'edi-

toria italiana.

- Risparmio ambientale. Con gli e-book

non si utilizzerà la carta ma soltanto il digi-

tale e questo permetterà di non uccidere

milioni di alberi ogni anno per libri, a dire la

verità, che non meriterebbero tutti questi

sacrifici.

- Eliminazione degli sprechi. Con gli

ebook non si potrà assistere a quel feno-

meno esecrabile che avviene oggi nell'am-

bito dell'editoria cartacea. Quel fenomeno,

cioè, per cui, ormai, alcuni libri resistono

nelle librerie poche settimane e vengono, a

seguito delle mancate vendite, mandati al

macero. Questo, con gli e-book (così come

con tutti i prodotti digitali), ovviamente non

potrà succedere.

Come si vede, i vantaggi (e abbiamo citato

solamente i più significativi) degli e-book

sono molteplici. Numerosi vantaggi, nell'uti-

lizzo degli e-book, si avrebbero anche nel

mondo della scuola, partendo dal fatto

che i nostri studenti e figli non dovrebbero

essere più costretti a portare zaini pieni di

decine e decine di libri per tutte le materie.

Anche per gli insegnanti l'utilizzo degli e-

book faciliterebbe di molto il loro lavoro.

Basti pensare, ad esempio, che in un Kind-

le, si possono contenere migliaia di testi

consultabili immediatamente, qualunque sia

il luogo dove ci si trova, sia per formazione

personale

che per mo-

tivi lavorati-

vi.

Perché, dun-

que, non ini-

ziare, già da

queste va-

canze, a su-

perare il no-

stro conser-

vatorismo e

scetticismo e

iniziare a

leggere qual-

che e-book?

Questo, tra

le altre cose,

ci risparmie-

rebbe un bel

po' di posto nelle nostre valigie sempre più

ingombranti. Un consiglio che mi permetto

di dare a tutti i lettori di questa rivista è di

acquistare subito il libro di Esterina Castal-

do, "Il gioco di parole. Lo sviluppo e le

difficoltà di linguaggio", che è possibile

acquistare sul sito della Sysform Editore.

Un libro che ci permettiamo di consigliare

perché estremamente interessante ed in

cui, come scrive l'autrice stessa, <<genito-

ri, insegnanti, educatori, terapisti, ecc...

potranno conoscere il linguaggio, come

si sviluppa, come dovrebbe essere uno

sviluppo normale e come interpretare i

campanelli d'allarme, in modo tale da in-

tervenire il più precocemente possibile>>.

Buone vacanze e buoni e-books a tutti!

Rodolfo Monacelli, staff di Sysform Editore

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Golia Amore a prima vista Un blog laboratoriale per meglio convivere con il nostro migliore Amico di Riccardi Barbara - L'intervista

Un Amore a prima vista durato 18 anni, nel

Bar Termini in Via S. Croce in Gerusalem-

me, in una gelida mattinata di inverno, lui

una pallina di pelo nero arruffato, avvolto in

una sciarpa bianca si è presentato a me.

Oggi dopo tanti anni mi sto chiedendo se è

stato Amore o se è stato l'effetto dopo il

prelievo di sangue e lo stomaco vuoto che

hanno reso fattiva l'audace adozione tra me

e il mio futuro Amichetto.

Mentre ingurgitavo in fretta la doppia razio-

ne di cornetto e cappuccino si avvicina al

bancone un signore distinto con in braccio

un'enorme sciarpa bianca. Incuriosita ma

distratta dal masticare chiedo cosa celava

di tanto prezioso, lui senza proferir parola

prende e inizia a scartare la sciarpa e sor-

presa un esserino dallo sguardo furbetto si

fa intravedere, di colpo lascio cadere nel

piatto il cornetto e afferro il cucciolo di pelo

yorkshire, ci gioco, mi mordicchia, lo stra-

pazzo, mi lecca, lo manipolo, è fatta Eros

ha scoccato il suo dardo...

Il padrone intanto racconta che si tratta del

figlio di Punto e Virgola, i cani della Carrà,

ricordate la sua trasmissione: "Quanti fa-

gioli contiene l'ampolla? Quante lenticchie

..." , io non avevo proprio bisogno di farmi

ammaliare, già avevo deciso: "Golia è

mio"!!" Ora la parte più difficile dell'impre-

sa, arrivare al si di mamma, che dire, si era

già fatta catturare al loro primo scambio di

sguardi. L'ostacolo, papà come la prenderà?

All'unisono, alleate, io e la mamma, deci-

diamo di portarlo a casa: "A giochi fatti non

potrà dire di NO ..."

Così fu! Al primo incontro, frase classica: "O

entra lui o vado io via di casa", e noi: "Be-

ne, d'accordo...", il secondo giorno Golia,

ah dimenticavo il peloso l'avevo battezzato

Golia, primo per simbolismo al gigante

grande, grosso e vincente e poi perché nero

e tondo proprio come una caramella Golia,

in onore al mio nonno amato a cui piaceva-

no da impazzire, terzo per in riferimento al

piccolo di elefante della Walt Disney che ha

messo in salvo i suoi amici di fronte la

comparsa di un topolino; vi stavo dicendo

che Golia non si staccava un momento da

papà, sembrava quasi che avesse capito

che doveva catturarsi le sue grazie con la

sua simpatia e bellezza. Certo l'approccio

non era proprio quello giusto, perché conti-

nuava ad assillarlo mordicchiandogli i lacci

delle scarpe, tanto lo sapeva bene Golia,

nato ad ottobre nel segno anche lui, come il

babbo dello scorpione, fermo e volitivo

avrebbe fatto breccia anche nel più dei gla-

ciali dei cuori.

In realtà papà non è che non lo voleva,

aveva solo paura dei cani, una paura che ha

Dalla prima pagina

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avuto fin da piccolo avendo avuto un'espe-

rienza negativa legata al ricordo/rapporto

dei suoi due boxer di cui i nonni avevano

una passione. Si sa che i boxer sono gioca-

relloni, saltano e non controllano la loro

esuberanza, da lì un brutto approccio di

contatto è stato fatale ad incutergli terrore

dei quattro zampe. L'incontro di Golia con

lui, una volta entrato in contatto, è stato te-

rapeutico riuscendo a superare ogni remo-

ra. Come l'Amore può tutto!!

Proprio di questo, di come un cane può

essere di aiuto per superare paure e

fobie ce lo spiega la nostra esperta

comportamentista cinofila Giulia, la

quale ha creato apposta un blog sul no-

stro "Net for Kids" il social network

under 14. Giulia spiegherà trucchi e me-

stieri per guadagnarci la loro fiducia e la lo-

ro simpatia, come farci ascoltare ed ubbidi-

re senza troppa fatica. Insomma come ren-

dere migliore il rapporto con il nostro mi-

gliore Amico!!

DIMENTICAVO DI DIRVI: tutto questo vale

solo per gli iscritti a NET for KIDS il social

network under 14.

Giulia sono molte le persone che hanno

paura di un cane?

La paura ad avvicinarsi ad un cane appar-

tiene a molte persone. Ci sono persone che

hanno vissuto direttamente, sulla propria

pelle un' esperienza negativa e altre invece

hanno assistito a episodi di "violenza" e ne

sono rimaste colpite.

Perché si ha paura?

La paura riguardo il rapporto uomo-cane è

dovuta al fatto che la maggior parte delle

persone non sa "comprendere" ciò che il

cane ci sta comunicando attraverso il corpo

(il linguaggio non verbale). Alcune persone

credono che tutti i cani che attaccano in

modo lieve o meno un essere umano sono

per forza cani aggressivi e cattivi ma non è

affatto vero, è come dire che quando ve-

diamo una persona litigare con un'altra su

un mezzo pubblico ad esempio pensiamo si

tratti di una persona cattiva "sempre", ven-

tiquattro ore su ventiquattro. È la circostan-

za, il contesto che fa cambiare alle volte il

carattere dell'individuo, uomo o animale

che sia. Ogni reazione e comportamento del

cane ha una logica alle spalle; i cani ag-

gressivi esistono ma con l'esperienza di

persone competenti si possono aiutare a

modificare il loro comportamento.

E' possibile superare la paura dei cani?

Si può "guarire" da queste fobie gradual-

mente ma bisogna avere la volontà di farlo

e ricorrere ad "aiuti" esterni, come ad

esempio possono essere quelli familiari o di

persone competenti in campo cinofilo (l'e-

ducatore e/o il comportamentalista ). Ci si

può avvicinare ad un cane di taglia medio-

piccola (anche se la taglia non ha un gran

valore); maggiore importanza c'è l'ha il ca-

ne che troviamo "carino" anche se facciamo

fatica ad avvicinarci proprio a causa della

nostra paura.

Di che cosa parlerai con i ragazzini su

NET for KIDS?

Affronterò con loro i problemi, i dubbi e le

curiosità circa i cani. E' probabile che qual-

cuno abbia già un cane e potrò dare loro

consigli su come migliorare il rapporto con

lui. Per chi non ha ancora un cane e deside-

ra tanto averlo ... parleremo anche dei ca-

nili e delle attività di adozione che si posso-

no realizzare. Vi aspetto tutti su NET for

KIDS, iscrivetevi al gruppo: IO AMO IL

MIO CANE!!!

Grazie Giulia e complimenti per l'iniziativa

che certamente sarà interessantissima per

tutti gli under 14 che amano i cani.

Barbara Riccardi

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Re Artù e la Tavola Quasi Rotonda ... E così m'invento il medioevo di Lucci Laura - Attività Laboratoriali

Trovo veramente assurdo che un bambino

di 11 anni esca dalla scuola primaria cono-

scendo la storia fino ai romani.

Personalmente, ho sempre pensato che nel-

la primaria la storia si dovesse raccontare

partendo dal proprio vissuto, per passare

poi al vissuto dei genitori, poi dei nonni e

via via indietro fino alla preistoria. Proba-

bilmente, aiuteremmo i nostri ragazzi ad

avere un concetto spazio-tempo migliore,

ma questa è fantascienza lo capisco!

Però trovarci ad avere dei ragazzini di 10

anni che non sanno chi sia Carlo Magno o

Napoleone, che ritengano che Colombo

sia un commissario un po' attempato che

passano solo su rete 4, che non hanno idea

di cosa sia la portata innovatrice di una Ri-

voluzione Francese o una Rivoluzione

industriale, che non conoscano la follia

della guerra che porta popoli fino a ieri ami-

ci a combattersi allo stremo per seguire un

ideale perverso... perdonatemi ma io trovo

tutto questo una follia ed è deprimente sia

come docente sia come genitore:

➢ come docente, in quanto so che il mio

compito è quello di far emergere la Persona

dei miei piccoletti, formare la loro coscienza

sociale e civile... ma con che mezzi... 9 me-

si a parlare di preistoria, altri 9 per i popoli

antichi e altri 9 mesi a parlare dei romani...

come possono i bambini sentire vicino que-

sto percorso?;

➢ come genitore, perché per portare i no-

stri figli ad un museo, o li abbiamo prepara-

ti una settimana prima o ci ritroviamo in fila

per i biglietti a raccontare velocemente 100

anni di storia, oppure quando vediamo un

film - sarà sicuramente successo anche a

voi di vedere un film storico con i vostri figli

e di sfruttare le scene in cui succedeva poco

per raccontare velocemente qualcosa per

far capire loro... una fatica!!!(adesso che ci

penso chi ha inventato il tasto pausa in my-

sky doveva avere un figlio nella primaria)

Naturalmente stiamo parlando di genitori

attenti che credono nel loro compito educa-

tivo, che hanno la coscienza che la loro

prima Chiamata sono i loro figli e quindi

parliamo di figli fortunati.

Ma tutti i bambini hanno questo tipo di ge-

nitori? E i bambini che non hanno genitori

così, vuoi perché presi dal lavoro, vuoi per-

ché non pensano siano importanti queste

cose?

Ma scusate... ma la scuola una volta non

era quell'opportunità che permetteva a tutti

di crescere e scegliere come essere in futu-

ro?

Ok, ci hanno tolto la storia... quindi a noi

insegnanti irriducibili cosa rimane?

LA FANTASIA ... e così m'invento il me-

dioevo!

Ecco co-

me nasce

il percor-

so che ci

porta alla

parodia

della più

famosa

delle

"leggen-

de stori-

che" Re

Artù e i

cavalieri

della

Tavola

Roton-

da.

A settembre presento un progetto di un La-

boratorio Teatrale inserito nei due filoni

cardine della mia scuola: Progetto Fiaba e

Progetto Alimentare.

Partiamo con la lettura in classe di un libro:

"La leggenda di Re Artù - Giunti del borgo":

ogni capitolo ci porta degli approfondimenti

Dalla prima pagina

Medioevo

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Pag.10

e nasce così un quaderno, affrontiamo in-

sieme temi della società medievale, le ca-

ste, gli usi, i costumi.

Vediamo insieme come nasce la cavalleria,

il codice cavalleresco e seguiamo il percorso

del bambino destinato a diventare cavalie-

re. Troviamo il rito d'iniziazione del cavalie-

re, la veglia, la purificazione e il grande

giorno dell'investitura... (internet+libri=

cocktail perfetto) e con dei disegni fissiamo

meglio i concetti.

Passiamo poi alla visione del film "L'ultima

legione" sapientemente epurato delle sce-

ne più cruente da un genio, genitore della

nostra classe, che piace molto e galvanizza

i ragazzi.

Questo ci permette di parlare delle spade

del medioevo e conduciamo così una ricerca

sulle spade più famose. Ci soffermiamo poi

sui vari personaggi del libro, come si pre-

sentano e quali sono le valenze positive o

negative che incarnano: Re Artù, Merlino,

Ginevra, Lancillotto, Morgana e i vari cava-

lieri.

Ogni tanto ci rilassiamo con qualche punta-

ta di "King Arthur and the Knights Of

Justice" , un cartone animato intriso di va-

lori cavallereschi, che ha accompagnato i

bambini ad identificarsi nei vari cavalieri e

nelle varie dame. Parallelamente viene se-

guito un percorso di educazione alimentare

che porta i bambini a conoscere le regole

della corretta alimentazione che privilegia

una dieta sana ed equilibrata.

Alla fine del nostro percorso portiamo a tea-

tro una parodia della storia di Re Artù, con

un Merlino dietologo, che impone diete

strettissime ai cavalieri per far raggiungere

loro una forma perfetta, ma i cavalieri tro-

vano un escamotage per beffare Merlino. Il

finale tragicomico porta Merlino a riflettere

e a trovare il giusto equilibrio.

Abbiamo imparato cose nuove, abbiamo

condiviso un periodo storico che, forse in

pochi gesti, è ancora presente nella vita di

oggi e ci siamo divertiti.

... QUESTA È LA SCUOLA IN CUI CRE-

DO!

Laura Lucci, docente 70°CD Falcone - Roma

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QUELLO CHE NON HO... Io bambino scolaro italiano(perché tutte queste cose me le hanno tagliate:costavano troppo!!!) di La redazione - Dalla redazione

· Una Scuola a Tempo Pieno di qualità

(ce l'avevo, me l'hanno distrutta!)

· due maestre (oggi ne ho tantissime che

vanno e vengono nella mia classe e io e non

capisco più chi di loro insegna che cosa!)

· una maestra specialista di inglese, se

le mie maestre non conoscono bene la lin-

gua straniera (adesso la insegna una di lo-

ro, dopo un corso online di 50 ore... ma lei

aveva studiato solo francese e tanto tempo

fa!)

· il tempo per crescere, imparare in modo

tranquillo, essere ascoltato e ascoltare i

compagni (si corre, si aprono e chiudono

quaderni diversi, si risponde a tantissimi

test e quiz , non si può ragionare con cal-

ma, non si può sbagliare!)

· i laboratori (non c'è più chi ci può segui-

re come prima, quando, a piccoli gruppi, di-

pingevamo, utilizzavamo i computer, suo-

navamo gli strumenti musicali, preparava-

mo spettacoli, scrivevamo giornalini...)

· il tempo per giocare in giardino o in

palestra e per chiacchierare e discutere

un po' con i compagni e le compagne

(adesso le ore a disposizione sono pochis-

sime, non più di 27 e maestre e maestri ci

dicono che dobbiamo leggere, scrivere, ad-

destrarci a rispondere alle prove di ma-

tematica e di lingua, studiare senza di-

strarci, per essere premiati come alunni

migliori e poter far premiare la nostra

come la scuola migliore delle altre : "ma"

dico io "siamo in una corsa ad ostacoli"?)

· il tempo per guardare le cose con

calma, dentro e fuori della scuola e

farmi domande a cui rispondere con l'aiu-

to dei compagni e delle maestre (niente

più visite guidate al quartiere, ai luoghi

importanti della mia città, ad altre città e

paesi d'Italia, ai parchi, alle biblioteche, ai

teatri... non c'è più chi possa accompa-

gnarci, perché siamo sempre con un solo

insegnante e non ci sono più soldi da in-

vestire né della mia famiglia, né della

scuola)

· il tempo per conoscere i miei compa-

gni di altri Paesi (non c'è modo per ascol-

tare i racconti e per scambiarsi esperienze

con i compagni di classe o di scuola che

vengono da lontano, ma non c'è neanche

tempo per scrivere a "compagni di penna"

di Paesi europei con i quali, in passato, ab-

biamo anche realizzato progetti Come-

nius)

· la carta igienica, il sapone, i materiali

Dalla prima pagina

Guarda il video cliccando sul link su -Indirizzi Web

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Pag.12

per l'igiene personale (veramente questi

sono sempre stati pochissimi, ma adesso

proprio non ce ne sono più e devono com-

prarli i nostri genitori)

· una scuola pulita, bella, in ordine (mi

dicono che ci sono sempre meno soldi per

chi rimette in ordine e lava la mia scuola e

per chi dovrebbe realizzare i lavori di manu-

tenzione dei locali)

· i miei cari bidelli (adesso si chiamano

collaboratori scolastici, ma sono sempre di

meno e non posso chiedere niente a nessu-

no quando ho bisogno di una mano per ri-

vestirmi, per trasportare materiali dalla mia

classe ad altre, per spostarmi dentro la

scuola, per essere accudito se sono mo-

mentaneamente disabile... per fare una

chiacchierata quando sono stanco o nervoso

e la maestra mi invita a fare un giro fuori

della classe)

· la maestra o il maestro di sostegno,

se ho difficoltà a muovermi, ad impara-

re, a comunicare(ormai l'insegnante che

si dedica a me ha solo un'ora al giorno per-

ché deve seguire almeno altri 3 o 4 bambi-

ni)

Non ho più la scuola accogliente e stimo-

lante che la Costituzione italiana mi ga-

rantiva, perchè la crisi economica del no-

stro paese, come mi hanno spiegato mam-

ma e papà e gli insegnanti, la stiamo pa-

gando noi, i bambini, gli studenti, insieme

ai malati, agli anziani, ai più poveri.

Ma io non credo che questa ingiustizia

possa continuare e chiedo ai miei genito-

ri, ai maestri, ai ministri, ai politici, alle per-

sone di cultura, a chi lavora in TV e nei

giornali... di darsi da fare per restituire a

me a ai miei compagni quello che ci spetta

perché possiamo crescere sani, e diventare

adulti interessati e CITTADINI CAPACI DI

RAGIONARE CON LE NOSTRE TESTE.

dal web

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Una rosa blu Sfogliando pensieri di un anno tra i banchi di scuola di Crasso Antonella - Integrazione Scolastica

Il mio anno scolastico si è concluso con una

rosa blu, donatami dai miei alunni della

seconda: un gesto d'amore, posso dirlo con

certezza, a mettere il sigillo su un anno vis-

suto insieme tra tante difficoltà,problemi e

crescita reciproca.

La classe mi è stata assegnata a settembre,

tutto era nuovo, la scuola nella quale mi ero

appena trasferita dopo l'immissione in ruo-

lo, grandi numeri, molti colleghi con i quali

avrei lavorato, tutti da conoscere tra incer-

tezze e un nuovo universo lavorativo e

umano da scoprire: come al solito io mi so-

no buttata con entusiasmo in questa nuova

avventura, cosciente che, nonostante le ap-

parenze non tutto sarebbe stato rose e fio-

ri..(rose blu a parte,s'intende!).

La seconda è una classe prevalentemente

femminile, i ragazzi sono pochi e piccoli ri-

spetto alle femmine, le quali invece sono

estremamente vivaci e battagliere, molto

più avanti dei maschi in tutto... c'era anche

da gestire una new entry molto problemati-

ca che ha un po' alterato i già difficili equili-

bri, una ragazza troppo bella e mai davvero

accettata e un consiglio di classe con alcuni

rapporti interni difficili... il tutto condito da

una grande diffidenza iniziale verso l'inse-

gnante e la collega nuova, ancora una volta

tutto da dimostrare!

Gli inizi non sono stati per niente facili:

uscivo da quella classe con l'impressione di

essere trasparente, con l'amara sensazione

di non aver dato il mio contributo significa-

tivo,con la sofferenza di vedere questi ra-

gazzi che emotivamente erano come ragge-

lati, non riuscivano a lasciarsi andare, diffi-

denti e totalmente privi di espansività.

Ho capito che un anno così non lo potevo

passare, pena lo spegnere in me quel fuoco

che invece è sempre vivo di competenza

emotiva e di interazione significativa, e così

dal mio cantuccio accanto al ragazzo (fan-

tastico) che ho seguito quest'anno, ho co-

minciato con lo spostarmi fisicamente in un

luogo nel quale fossi visibile a tutta la clas-

se e potessi vedere tutti e poi, sfruttando le

tante ore di italiano in compresenza, ho

cominciato ad intervenire durante le lezioni,

apportando pian piano il mio patrimonio di

esperienze e di conoscenze.

In questo è stato molto importante l'appor-

to della mia collega di italiano, una di quelle

insegnanti veramente preparate, intelligenti

Dalla prima pagina

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e "toste" che ho avuto la fortuna di incon-

trare, una di quelle che pretende tantissimo

dai ragazzi, ma si spende in maniera totale

per loro: lei ha cominciato ad interpellarmi

a ogni lezione, a lasciarmi spazio, a la-

sciarmi spesso la gestione delle discussioni,

ad affidarmi gruppi, progetti, in pratica in

poco tempo e davanti ai ragazzi non poteva

fare più a meno di condividere con me ogni

decisione e ogni strategia.

Questo ha cambiato significativamente le

cose, gli stessi alunni hanno avvertito una

presenza che per loro poteva essere (come

sempre dovrebbe) importante e costituire

una risorsa preziosa e il loro atteggiamento

in breve è completamente cambiato: con

gioia li ho visti da allora ogni giorno cer-

carmi, e soprattutto affidarsi a me, confida-

re ogni paura sia a livello scolastico che sul

piano personale. Ricordo a proposito una

cosa che mi ha tanto commosso!Verso

maggio la classe è partita per un campo

scuola (al quale loro volevano tanto che io

partecipassi, ma, ahimé, dolenti note, nes-

suno si è sognato di chiedermelo...) siamo

rimasti un po' di giorni senza vederci, anche

perché quando loro sono tornati, per alcuni

giorni non ci sono stata io e nel frattempo

la classe aveva avuto una serie di problemi

e discussioni.

Morale: quando ci siamo rivisti si sono pre-

cipitati ad abbracciarmi dicendomi :"Prof, ci

è mancata tantissimo, finalmente torna il

sole in questa classe, rivediamo la luce!!".

Erano così contenti di vedermi che lì ho ve-

ramente capito di aver fatto breccia nei loro

cuori ed è una sensazione che niente può

descrivere. Un'altra cosa simpatica che mi è

capitata è stata quella di quando sono par-

tita per portare mia figlia ai campionati di

danza e insieme alla squadra è partita an-

che una delle mie alunne, una delle più

brave, insieme alla mamma, la quale, dopo

alcuni giorni di reciproca conoscenza mi ha

confidato:"Prof, non dica a mia figlia che

gliel'ho detto, ma parla sempre di lei e dice

che lei è davvero speciale!".

Potrei continuare con le note liete, ce ne

sono state molte che hanno reso i miei

giorni ricchi e pieni, ma... c'è sempre un

"ma" quando si tratta di scuola, di rapporti

umani, di persone che il caso ha messo in-

sieme. E c'è che a parte i già citati casi di

colleghi "illuminati", siamo ancora lì... la

cultura del sostegno proprio fa fatica

ad attecchire e accanto a persone che

sono consapevoli della loro inadegua-

tezza in merito e che però si ingegnano di

chiederti, di informarsi, di consigliarsi, di

aggiornarsi, c'è chi demanda fortemente

all'insegnante di sostegno la gestione to-

tale delle situazioni che vedono coinvolti gli

alunni in situazione di handicap, ma non

con l'umiltà di chi non sa come gestire,

bensì con la supponenza di chi, sostanzial-

mente se ne lava le mani.

A malincuore devo dire che, in tante occa-

sioni, anche i "vertici" che dovrebbero evi-

tare il presentarsi o peggio il ripetersi di

certe situazioni, non l'hanno fatto, anzi,

hanno avallato penose situazioni, costrin-

gendo spesso noi docenti di sostegno a gi-

rare come trottole nel solito, avvilente, ruo-

lo di tappabuchi, ormai così invalso in certi

contesti. E poi, quel che è peggio,consigli di

classe spesso spaccati nella considerazione

di ciò che è un alunno al momento di deci-

dere della sua bocciatura. Quest'anno, no-

nostante tutti i miei sforzi, la ragazza nuova

è stata fermata, non sono riuscita a far

cambiare idea ai miei colleghi, a fronte di

una situazione personale e familiare dell'a-

lunna per la quale una bocciatura sarebbe

stata (per giunta è già la seconda) inutile e

dannosa. Certo,il dato numerico è incontro-

vertibile, tante insufficienze, la matematica

che nella sua fredda oggettività condanna

ragazzi così... ma ho posto il problema

se un ragazzo,un adolescente, non

possa essere considerato qualcosa di

più di una sequenza di numeri su una

scheda di valutazione, se la tanto sban-

dierata considerazione dell'alunno nella sua

totalità e globalità (e quindi con i suoi vis-

suti problematici) non venisse prima di tut-

to, anche prima del profitto... ma nessuno

ha voluto prendersi la responsabilità di ca-

pire e questo mi ha ferito molto.

Il non capirsi sulle cose importanti, il voler

imporre a livello personale le proprie opi-

nioni, facendo valere il proprio "peso"di do-

cente che conta, la mancanza di quella fles-

sibilità di pensiero tanto necessaria nei no-

stri consigli di classe, la cecità di non voler

vedere oltre le apparenze sono cose sulle

quali, credo, sia sempre attuale riflettere.

E così un altro anno se ne è andato e sfo-

gliando i petali della rosa blu ho ricompo-

sto il mosaico delle vittorie e delle sconfitte

di quest'anno, ricordando, valutando, pro-

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grammando, che, se non sono state sempre

vittorie, almeno sono stati dei bei pareggi...

e in tempi di Europei di calcio la cosa è

quanto mai attuale!

L'ultimo regalo di questo anno scolastico

me lo ha fatto il "mio" AEC, un ragazzo

splendido con il quale abbiamo lavorato be-

nissimo; mi ha regalato il catalogo della sua

mostra di pittura (è un giovane artista do-

tato e quotato...) con la dedica:"Ad Anto-

nella, tanto generosa e gentile".

Grazie per aver compreso lo spirito col qua-

le lavoro, grazie per aver colto l'essenza.

Antonella Crasso, docente di sostegno SMS

E.Mayorana – Roma

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IL DOCENTE è soprattutto una docente? Un mondo precario al femminile? I pregiudizi del passato o le incertezze nel futuro?....quali

speranze e azioni possibili? di Presutti Serenella - Organizzazione Scolastica

Pensa-

re alla

figura

del Do-

cente è

per me

un'a-

zione a

forti

tinte

emoti-

ve e

cognitive...e non potrebbe che esserlo, in

considerazione del fatto che ho svolto que-

sto ruolo per la maggior parte della mia vita

lavorativa.

Due ordini di considerazioni e linee di pen-

siero vorrei condividere con colleghi lettori

abituali o meno di queste pagine: la prima

a sfondo sociologico, la seconda di tipo più

tecnico/esperienziale, se così si può dire.

" L'insegnante sceglie questo lavoro il più

delle volte per ripiego"...ahimè...quante

volte qualcuno (troppo) spesso si è sentito

legittimato ad esprimere questo retropen-

siero, che altro non è che voce di un pro-

fondo pre-giudizio radicato nel sentire po-

polare dalla nascita della Scuola pubblica

nazionale... ma che, come tutti i pregiudizi

non ha reso e, meno che mai ora rende,

giustizia della realtà.

Questa è una profonda convinzione, credo,

di chi la scuola la fa e la vive tutti i giorni,

ma anche di chi è fruitore attento del servi-

zio.

Esistono scuole di qualità e insegnanti di

qualità che fanno la differenza, ma la ca-

sualità non è più il principio prioritario che

governa la realtà del nostro Sistema d'I-

struzione.

Non più, appunto.

Nonostante la forte femminilizzazione

del corpo docente (...anche della Dirigen-

za...), i forti e radicali cambiamenti sociali

del mondo occidentale, quelli che per capir-

ci attualmente sono in discussione tanto da

mettere in profondissima crisi l'intero asset-

to della vecchia Europa, ci consegnano oggi

un profilo del docente sostanzialmente di-

verso, in linea più con l'"idea di Lavoro" at-

traversata dalle ferite della crisi globale

come anche dalla forza propulsiva della ne-

cessità del cambiamento e dello sviluppo

degli scenari della formazione per le nuove

generazioni.

"Questa schiacciante prevalenza numerica-

ci dice Irene Biemmi, ricercatrice TD presso

il Dipartimento di Scienze dell'Educazione

dell'Università di Firenze - ha indotto molti

a credere che a scuola non ci fossero più

problemi discriminazioni di genere: la scuo-

la, nel sentire comune, appare come uno

dei pochi contesti della società italiana, no-

toriamente maschilista, in cui le pari oppor-

tunità tra uomini e donne vengono effetti-

vamente esercitate.

Questo malinteso nasce, in parte, dall'avere

ipotizzato una correlazione positiva tra la

femminilizzazione del corpo docente e l'in-

teresse per le tematiche di genere, conside-

rate in genere come tematiche di pertinen-

za femminile.

Sulla scia di quanto avvenuto negli anni '70

Dalla prima pagina

insegnante... donna

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del Novecento, si è supposto che le donne

insegnanti si sarebbero fatte naturalmente

promotrici di una cultura più paritaria e più

attenta alle differenze di genere, portando

nelle aule scolastiche le istanze emerse dal

movimento neofemminista. Così non è sta-

to. Diversi studi hanno denunciato una sor-

ta di complicità delle donne-insegnanti nel

perpetuare acriticamente una cultura ses-

sista e conservatrice, trasmettendo alle

nuove generazioni femminili una "cultura

della subalternità" di cui sono state loro

stesse prime vittime."

Inoltre sarebbe opportuno riflettere sul fat-

to che se che fino agli anni '80 la scuola era

da considerarsi un ambito quasi esclusiva-

mente ad appannaggio "rosa" per la parti-

colare organizzazione del lavoro stesso, il

più delle volte a "mezza giornata", come

moltissime realtà ministeriali, che lasciava il

tempo adeguato per occuparsi della (pro-

pria) famiglia, oggi insegnare è conside-

rato un lavoro per lo più precario e di

difficile stabilizzazione, come la quasi to-

talità delle occupazioni... e non solo in Ita-

lia!

I dati divulgati dal rapporto UE "Cifre

chiave dell'istruzione 2012", non lascia-

no scampo: in Bulgaria le insegnanti arriva-

no fino all'80%. Ma calano ai livelli più alti

di istruzione. I dati del rapporto ci conse-

gnano un'immagine della Scuola in Europa

dove le insegnanti donna sono presenti in

maggioranza nella scuola primaria e secon-

daria, tanto da raggiungere il 60%.

In quattro Paesi (Bulgaria, Estonia, Latvia e

Lituania) sono l'80% del corpo docente.

L'età delle docenti europee della scuola

primaria è anche molto alta, specialmente

in Italia, Germania e Svezia in cui la metà

supera i 50 anni.

I docenti della secondaria sono in media più

vecchi di quelli della primaria, infatti preva-

le il gruppo che ha più di 50 anni. In Italia,

ad esempio, gli insegnanti con più di 50 an-

ni sono più del 50%, pochissimi hanno

meno di 30 anni. I docenti della secondaria

più giovani si trovano in Polonia, Portogallo

e d Malta, dove il gruppo dai 30 ai 39 anni è

il più folto, a Malta sono ad esempio più

della metà.

Nella maggior parte dei Paesi UE i docenti

vanno in pensione appena la legge glielo

consente, anche dopo aver raggiunto il mi-

nimo degli anni richiesti. Solo un piccolissi-

mo 5% continua a lavorare dopo aver rag-

giunto i requisiti minimi. E' da notare però

che i requisiti minimi di età per il pensio-

namento sono cresciuti di un terzo in tutti i

Paesi UE dal 2001. (da "Orizzonte scuola",

Giulia Boffo, febbraio 2012)

Pertanto i Precari sono sempre più SENZA

DIFFERENZA DI GENERE, semmai la diffe-

renza e la distanza sono GENERAZIONALI!

Viene da pensare che è ormai di vitale im-

portanza che non si confondano le modalità

di espressione del diritto alle "pari opportu-

nità", o per lo più barattate per tali, che na-

scondano invece pericolosissimi sottrazioni

di altri di diritti... Come, con la più ampia e

necessaria onestà intellettuale, non pos-

siamo più indugiare sulle espressioni di pri-

vilegio, o meglio di spirito corporativo,

rispetto alle differenze nell'impegno di tem-

po lavorativo e di competenza da parte di

alcuni docenti (in numero sempre maggiore

per la verità) che fanno la differenza nell'

Offerta formativa negli Istituti scolastici...

Sono diventata docente alla fine di un per-

corso di studi e di tirocinio in ambito educa-

tivo ma non scolastico; un percorso di ap-

profondimento pedagogico e di specializza-

zione per "piccole comunità" di ragazzi in

difficoltà. Nascevano le esperienze delle ca-

se famiglia e delle equipe psicopedagogi-

che... ma solo sperimentalmente, non pro-

prio, diciamo così, un'occupazione lavorati-

va...

MA NON SONO DIVENTATA INSEGNAN-

TE PER CASO! Semmai, IL CASO MI HA

VOLUTO INSEGNANTE...come, dopo

molti anni, il caso non mi ha voluto Di-

rigente scolastico...

Non è un ragionamento tautologico il mio,

ma la considerazione che l'esperienza in

ambito educativo è preformante per alcune

professioni che hanno (debbono averlo!!) in

comune una matrice culturale e di cono-

scenze che, debitamente approfondite e

specificate, orientano verso alcune attività

lavorative.

Sono profondamente convinta che la forma-

zione iniziale dei Docenti non debba passare

attraverso una forte specializzazione, ma

piuttosto attraverso una serie di esperienze

significative in ambito educativo e formati-

vo, un ventaglio di opportunità formative

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pregnanti che poi l'incontro con la realtà

personale e sociale darà spazio alla scelta

personale...come una sorta di "possibilità

a..." (ricordate il delizioso film "Sliding

doors"?!?)

Se siamo o meno noi stessi a determinare

le scelte che orientano o cambiano le nostre

vite è un tema antico quanto il pensiero

umano...la filosofia e la scienza si sono mi-

surate per secoli su questi temi, senza ri-

solvere il dilemma, naturalmente...

Io sono convinta, come Forrest Gump, lo

strampalato protagonista dell'omonimo film,

che:

...Non lo so... se abbiamo ognuno il suo de-

stino o se siamo tutti trasportati in giro per

caso come da una brezza... ma io credo,

può darsi le due cose, forse le due cose ca-

pitano nello stesso momento. (Forrest

Gump)

Serenella Presutti,

Dirigente scolastico 143°C.D."Spinaceto"

Psicopedagogista e Counsellor professionale

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Raffaella, un'insegnante, il mio mito Ho ritrovato trent'anni dopo la mia professoressa di liceo di Paci Lucia Giovanna - Orizzonte scuola

Ho ritrovato per caso, dopo trent'anni, la

mia professoressa di italiano del liceo.

Non ci siamo visti, ma Facebook ci ha

permesso di parlarci.

L'emozione per me è stata enorme, perché

quest'insegnante è stata un mito, per anni,

per me, e ancora di più oggi, che la vedo

con gli occhi dell'età e dell'esperienza che

ho fatto da genitore, è per me l'Insegnante.

L'opinione in realtà non è personale, ma

condivisa con i miei vecchi compagni di

scuola e a posteriori, oggi, provo a capire

perché.

Raffaella - così si è sempre fatta chiamare,

chiedendo il tu- era allora non ancora tren-

tenne, probabilmente alle prime armi nella

sua professione, ma noi non l'abbiamo mai-

saputo, nel senso che non abbiamo mai

percepito questa sua giovane esperienza,

perché ci è sembrata da subito come una

che sapesse proprio tanto il fatto suo,

con consapevolezza e convinzione.

Eravamo in una scuola parificata, di élite

socio culturale abbastanza alta, sia per

utenza sia per classe insegnante, di buona

borghesia un po' conformista, come

da tradizione e aspettative e Raffael-

la era la rottura, giovane sessantot-

tina, contro gli schemi ma con tanta

sostanza. Anche fisicamente me la

ricordo diversa: capelli corti, jeans e

maglietta, borsa tipo Tolfa a tracolla,

seduta sulla sedia, in maniera morbi-

da, un po'"sdraiata" sullo schienale e

di traverso, specialmente quando in-

terrogava.

Piccoletta ma grintosa, sprigionava

un'autorevolezza potentissima,

per niente intaccata da quel tu, che

era pure abbastanza ragionevole, sia

pure inconsueto, dal momento che

aveva poco più di dieci anni più di

noi.

Credo che questa si basasse sulla forza del-

le sue idee, intese come sapere e cono-

scenza, ma anche come ideali, di quello che

era il suo compito di traghettatrice, di quel-

la che era la sua professione.

Chiacchieravo un po' di tempo fa con Ma-

retta Damiano, che scrive su queste pagi-

ne, e lei, approdata a fare la Dirigente sco-

lastica dopo una vita passata tra i banchi

come insegnante, mi ha dato una definizio-

ne di professione e professore, che mi ha

aperto degli orizzonti: "proprio perché

usiamo questa parola veicolata dalla Reli-

gione che 'si professa perché ci si crede', a

mio avviso un professionista è una per-

sona che crede profondamente in quel-

lo che fa, e ci si spende senza riserve. Di-

versamente da chi fa semplicemente 'un la-

voro'".

Raffaella credeva in quello che faceva e

lo faceva senza riserve, con passione e

fede, entrava nelle cose e ci portava

pure te, in maniera critica, senza supe-

riorità. Noi stavamo con lei, dentro gli ar-

Dalla prima pagina

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gomenti, nei libri, nelle discussioni, alla pa-

ri, in modo dialettico, perché lo scopo era

far funzionare le nostre teste e le no-

stre coscienze, ci veniva dato tanto e

dovevamo muoverci tanto.

Che ricordi, che successo! Ricordo temi di

letteratura, dati come compiti in classe,

particolarmente complessi e strutturati, che

ci lasciava portare a casa, perché potessimo

"studiarci sopra", per poterli elaborare al

massimo, perché quello che contava era

che imparassimo a costruire un discorso di

senso, critico, e non era importante che po-

tessimo "attingere a delle fonti" (copiare?!),

ma anzi, proprio saperle utilizzare. Non era

scontato che prendessi 9, ma se capitava

era proprio perché avevi capito come lavo-

rare e trarre il massimo dal materiale a tua

disposizione.

Quanto ho imparato da quest'autonomia di

lavoro, dalla fiducia che mi è stata accorda-

ta e quanta autostima è risultata dal suo

gioire dei miei successi o dei miei progressi!

Ho ragionato tanto durante quest'anno su

questo, perché mia figlia Benedetta ha avu-

to un'insegnante assolutamente lontana da

questo modello, che si è auto definita "non

un'educatrice" e che mi ha costretto più

volte a pensare a quale fosse, appunto, lo

status di un docente.

Sempre Maretta mi ha detto: "tutti possono

insegnare, ma pochi sono i Maestri, perché

Maestro è colui che lascia il segno"...

Mi viene da dedurre, allora, che un inse-

gnante è colui che ti accompagna, anzi

ti "seduce", nel senso più proprio del ter-

mine, ti porta a sé e con sé, per quella

che, però, rimane la tua strada, con i tuoi

mezzi, i tuoi tempi, i tuoi successi e i tuoi

fallimenti e gioisce dei tuoi risultati, aiutan-

doti a correggere il tiro laddove tu ne abbia

bisogno.

Mi ha scritto Raffaella di recente: " Negli

anni ho insegnato in scuole molto diverse e

ho avuto esperienze diversissime, in alcuni

casi ho avuto anche molta paura perché

portare avanti certe idee era davvero diffici-

le in situazioni dove gli unici valori erano i

soldi o la forza brutale. Eppure, ho sempre

riscontrato che al mio comportamento pri-

ma o poi corrispondeva una risposta, per-

ché i ragazzi cercano esempi, regole e

rigore. Certo devi morire per conquistarti

autorevolezza senza essere autoritaria,

devi essere sempre all'erta..."

Ecco: morire vuol dire ogni volta abbando-

nare delle certezze precostituite e doverle

ogni giorno reinventare nel confronto con

te, nella messa in discussione, senza paura

di raccogliere una sfida, nell'intenzione di

essere un esempio da seguire.

Raffaella ci ha insegnato il valore dell'intel-

ligenza, la regola del lavoro e il rigore

dell'impegno, è stata un esempio perché ha

rispettato queste regole con noi, sempre

mossa dal desiderio di non concedere spa-

zio alla banalità, alla superficialità, alla tra-

scuratezza, così, semplicemente, per fede

naturale o per intenzione, non so bene dove

penda la bilancia, mi verrebbe da dire, in

maniera normale, anche se di normale

Raffaella non aveva niente e, infatti,

non l'ho mai più trovata un'insegnante

come lei!

Lucia Giovanna Paci,

genitore IV Municipio - Roma

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Meglio saltare o... superare l'ostacolo? Non vince il singolo ma il gioco di squadra. di Nucera Roberto - Oltre a noi...

Un altro

anno in

cantiere,

un'altra

esperienza

da mettere

in quella

valigia mai

riposta

nell'arma-

dio, ma

nell'angoli-

no della

stanza o

dietro la porta: semi aperta, pronta all'uso

e a ripartire.

Il lavoro dell'insegnante è quello di chi

socchiude la porta e lascia uno spiraglio

in entrata e in uscita, che sia di luce, la

presa d'aria o d'altro non ha importanza. È

la riflessione sull'operato, l'aver fatto, l'at-

tesa di coglierne i frutti o almeno vederli at-

tecchire e, piano piano, germogliare. È lo

sguardo all'indietro, non malinconico

ma cosciente. È la spinta ad andare

avanti più consapevoli e responsabili.

Quando decisi di intraprendere questo me-

stiere, forse, non ero assolutamente co-

scienzioso. Chi decide di prendere una stra-

da nella quale sa, a priori, che ci saranno

ostacoli da superare!? Ebbene l'ostacolista

lo sa. Infatti è quella persona che sa di do-

ver attraversare un percorso nel quale si ri-

trova a superare (e non saltare) dei cosid-

detti ostacoli e non si tira indietro. Pazzo!?

Assolutamente no. Ha fatto la sua scelta e

per affrontarla al meglio si prepara, si alle-

na, può sbagliare, ma è sempre là, pronto a

dare di più.

Oggi mi sento un po' quell'ostacolista. È cu-

rioso che nel linguaggio dell'atletica non si

saltano gli ostacoli, ma si superano ed in

effetti è quello che accade, anche se non

così nell'immediato come nella specialità,

nell'essere docenti. In realtà dovrebbe es-

serlo per tante cose, se non per tutte.

Bisogna affrontare, superare ciò che ci

si presenta davanti e non schivarlo... o

saltarlo, perché in questa azione manche-

rebbe la presa di coscienza, l'esperienza

della conoscenza, la crescita.

Ogni anno trovo che si parano ostacoli dif-

ferenti, ai quali vorrei dare un'accezione

positiva, almeno nel concetto, vale a dire

punti di vista diversi. Quando lavoriamo con

tante persone, ponendoci una finalità co-

mune è quasi fisiologico che succeda, però,

tutto ciò che è regolare può degenerare

quando si perde di vista l'obiettivo co-

mune appunto e condiviso e si comin-

cia ad andare avanti da soli. Il meccani-

smo si confonde.

Non si può quindi fare a meno di riossige-

nare l'ingranaggio e alimentarlo di chia-

rezza.

La difficoltà sta proprio nella volontà di far-

lo, nell'aprirsi all'altro come un proprio pari,

comprendere che insieme si può fare

squadra e in cui ognuno è parte sostan-

ziale e rilevante.

È in questo gioco di team che l'esperienza

diversa, che distingue i giovani dai "vetera-

ni", diventa arricchente, valorizzante e mo-

tivo di unione, dove ognuno può appren-

dere dall'altro e nessuno si sente una ri-

serva o messo in disparte.

Non si tratta di essere più bravi perché più

anziani o più freschi e ricchi di idee perché

giovani, perché pensando così si intrapren-

de la strada dell'isolamento e prende spazio

quell'immaginario erroneo della propria fun-

zione dove l'io, anziché coniugarsi e sposar-

si con i suoi "simili", si allarga a sproposito

dimenticando di non essere solo.

Questi i propositi che personalmente mi

pongo e propongo, che metto in quel baga-

glio pronto all'uso: percorrere insieme il

percorso, aiutarsi e sostenersi recipro-

camente, imparare a chiedere aiuto quan-

do da soli non ce la facciamo, avere il co-

raggio di dividersi se l'altro fa solo da peso.

Roberto Nucera,

docente di sostegno IC "Carlo Levi", Roma

Dalla prima pagina

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Cuore di Cinema Va' dove ti porta l'Amicizia di Riccardi Barbara - Attività Laboratoriali

L'abilità del fare sta nel vedere e nell'ascol-

tare

J. Krishnamurti

"Tutti i nostri desideri" di P. Lioret evi-

denzia il valore delle relazione umane POS-

SIBILI e il significato dell'Amore!!

L'anno scola-

stico 2011/12,

è stato un an-

no pieno di in-

contri e di

molte prove

alla "Mario

Bros", segnato

dalla fatica ti-

tanica per ogni

cosa, nessuna

facile. Poi, pian pianino, il ritorno del figliol

prodigo ha dato un senso allo scotto pagato

e da pagare.

L'ora del "ripagamento karmico" è arrivata

dall'incontro con persone che usano lo stes-

so canale comunicativo: l'ascolto condiviso,

integrato dal ponderare opinioni, idee e

progetti, adoperando lo stesso "canale

della messa in onda" e soprattutto appa-

gata nel condividere un ruolo di prestigio

insieme ai miei compagni di viaggio, le leg-

gendarie F.S., (no, Ferrovie di Stato), Figu-

re Strumentali Ambito Linguistico Espressi-

vo. Un ruolo che ho investo, grazie alla fi-

ducia e nel credere nelle mie capacità da

parte dei miei colleghi di Plesso, (fiducia

che spero di non aver tradito e deluso).

Orgogliosa di aver fatto parte di questo

team, perché calzante al mio stile di libero

pensiero, creativo e giocoso. Già al primo

nostro incontro, di condutto-

ri/rappresentanti dei pensieri dei nostri

quattro Plessi, si è respirato un'aria amica-

le, in pieno travolgimento di interessi pie-

namente condivisi. Da subito è sbucata dal

cilindro l'idea di progettualità, basata sulla

visione filmica, una recherche di quattro

film sul tema dell'Amicizia in ogni sua

forma, il titolo della rassegna: "Cuore di

Cinema".

Le cose belle della vita

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All'unisono, ci siamo "riconosciuti", interes-

sati e animati in qualcosa che ci aveva già

visto sperimentatori brevettati nel nostro

C.D., con ben due Cineforum di grande im-

patto, a diversa gittata, "i film che uniscono

come mezzo di espressione e comunicazio-

ne".

"Cuore di Cinema" e i suoi obiettivi:

• Proporre la narrazione cinematografica

come mezzo per la rielaborazione della

realtà in cui i ragazzi vivono e crescono,

con particolare attenzione al rapporto del

sé e dell'altro, ognuno con le proprie dif-

ferenze di pensiero e di analisi, come valore

aggiunto, sviluppando capacità di osserva-

zione, ascolto e interpretazione della realtà.

• Stimolare lo sviluppo delle proprie capaci-

tà relazionali.

• Sviluppare le competenze coerenti per

l'acquisizione di analisi della trama e dei

personaggi.

• Sviluppare competenze

avanzate nell'utilizzo delle va-

rie possibilità espressive forni-

te dagli strumenti audiovisivi.

• Creare degli elaborati con

l'utilizzo in modo trasversale

di ogni disciplina.

• Acquisizione delle capacità

di applicare la metodologia

della ricerca-azione, redigere

una scheda riassuntiva utiliz-

zando diversi linguaggi e mo-

dalità comunicative.

Con "Cuore di Cinema" ab-

biamo brevettato la possibilità

di realizzare anche un labora-

torio di scrittura creativa, gra-

zie anche ad una scheda di

analisi del: titolo, dei perso-

naggi, della trama, del finale e

la creazione di disegni rias-

suntivi del concetto base del

film.

I film quindi come mezzo per

comunicare e sviluppare, so-

prattutto da parte dei più ti-

midi/impacciati e di chi ha dif-

ficoltà, i propri sentimenti, le

proprie emozioni, i propri stati

d'animo e le varie forme di

percezione sensoriale. Le

immagini per dar vita ad

esperienze dove potersi rac-

contare ed entrare in conver-

sazione con tutti senza il ti-

more di essere giudicati ed

essere giudicanti, un'espe-

rienza democratica ed accessibile a tutti. La

visione filmica può diventare lo strumento

ideale per affrontare e comprendere in pro-

fondità delle problematiche complesse, per

favorire e supportare il processo di crescita

personale dei nostri ragazzi, promuovendo

l'individuazione dell'immagine che ognuno

ha di sé all'interno delle dinamiche sociali, e

proponendo una didattica progettuale ed

interattiva di ricerca e confronto di concet-

ti e contenuti.

Grazie a questo esperimento abbiamo visto

che stimolare culturalmente e concettual-

mente, attiva interessi e motivazioni e i ra-

gazzi sono portati a dare il meglio di sé in

ogni situazione, approfondendo in maniera

creativa dialoghi, ricerche, analisi e con-

fronti. Da questa analisi siamo pronti a con-

fermare che possa divenire una nuova stra-

Cuore di cinema

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tegia di pensiero critico, creativo e posi-

tivo, una vera e propria innovazione didat-

tica da trasferire all'interno della Scuola, da

applicare ad ogni disciplina come salvagen-

te per un dialogo che avvicini alle nuove

generazioni e rimuova gli ostacoli del loro

disagio per mancanza di motivazioni,

nell'incapacità di vedere e di trovare nella

Scuola un percorso futuro. Un intervento

educativo, in cui i giovani divengono i pro-

tagonisti del cammino formativo e culturale,

come strategia di intervento e/o prevenzio-

ne, dove poter esprimere le proprie emo-

zioni, i propri sentimenti e il proprio senti-

re/vedere ognuno dalla propria "angolatu-

ra".

Il Cinema, quindi come nuovo strumento di

comunicazione nel percorso educativo sco-

lastico, un linguaggio per tutti che supera le

barriere e "allarga la visione".

Con l'intento di ampliare ancora questo

Progetto, per il prossimo anno scolastico, è

stata "ripromessa" quest'avventura nel

mondo filmico.

Ringrazio tutti per la grande bella esperien-

za condivisa "Cuore di Cinema", con i picco-

li, i nostri ragazzi, e con i grandi, noi docen-

ti! Grazie per la possibilità regalata di

esprimere la mia più grande passione, chi

mi legge lo sa bene, in ogni articolo faccio

sempre uso ad

un riferimento

...

utilizzando trai-

ler o spezzoni,

frasi o foto,

questa è la di-

chiarazione del

mio Amore per

la VII Arte e

verso tutti

quelli a cui

tengo!

Alle prossime avventure!!

P.S. Il filosofo J. Krishnamurti insisteva

nel dire che: "La scuola deve essere un po-

sto dove l'insegnante e l'allievo esplorano

non solo il mondo esterno della conoscenza

ma anche il proprio pensiero e il proprio

comportamento per capire il condiziona-

mento che distorce la realtà. Solo liberi dai

condizionamenti si può veramente impara-

re".

Barbara Riccardi,

docente 143° CD Spinaceto – Roma

Krishamurti

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Se hai una montagna di neve, tienila all'ombra Riflessioni sulla visione di film non banali di Ansuini Cristina - Attività Laboratoriali

Non importa quanto sia stretta la porta,

Quanto piena di castighi la vita,

Io sono il padrone del mio destino:

Io sono il capitano della mia anima.

William Ernest Henley (1849-1903)

Come ho avuto occasione di scrivere, la

comunicazione è una delle parole chiave

della mia vita. Ogni mezzo è lecito e buono

per affrontare un argomento importante,

uno scambio proficuo, una tematica spino-

sa.

Quest'anno, che nonostante le tante diffi-

coltà è stato uno dei più belli della mia or-

mai considerevole carriera di maestra, ho

voluto utilizzare il linguaggio cinemato-

grafico per poter poi creare dei cerchi in

cui far circolare idee, valori, principi, per

seminare un po' di germogli sani, da annaf-

fiare con cura, da sostenere con attenzione,

da curare con praticità.

Ho così sostenuto letture e discussioni con

visioni di film, un po' fuori circuito, ma ric-

chi di spunti comunicativi e di idee su cui

soffermarsi.

Alcuni di questi ci sono decisamente rimasti

nel cuore ed hanno avuto un posto speciale

nel nostro percorso.

Il primo è "I ragazzi del coro", titolo origi-

nale "Les choristes", un film francese del

2004, che ha avuto la nomination all'Oscar

dell'anno successivo.Racconta di una sorta

di collegio di "ragazzi difficili" e di un inse-

gnante di musica che riesce a trasformare

in risorse quelle che fino al suo arrivo erano

state considerate devianze.

Il film ha una caratterizzazione dei perso-

naggi tale, una descrizione così acuta e

puntuale, una poesia così diffusa, che lascia

inizialmente senza parole, con una commo-

zione ed una forza allo stesso tempo che fa

pensare a tutte le occasioni perdute per va-

lorizzare una potenzialità, ma anche al po-

tere dello scambio affettivo, alla ricchezza

del linguaggio musicale, alla positività di un

pizzico di sana trasgressione.

Un altro film speciale è stato "We want

sex equality", un film inglese che racconta

la storia vera di un manipolo di donne ope-

raie che, sul finire degli anni 60, riesce ad

ottenere un adeguamento salariale rispetto

ai colleghi maschi scioperando e protestan-

Attività Laboratoriali

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do contro un colosso dell'industria automo-

bilistica.

È un film che ho avuto qualche timore a

proporre, riflettendo sul fatto che forse cer-

te tematiche sono ancora distanti dal mon-

do di bambini della scuola elementare, ma i

fatti mi hanno poi confortato sulla giustezza

della mia proposta: i bambini sono rimasti

affascinati da questo argomento e lo hanno

poi attualizzato, chiedendo di riportarlo alla

realtà attuale, facendo ricerche e ponendo

domande anche in famiglia.

Le osservazioni sono state anche relative

all'abbigliamento dell'epoca, al linguaggio,

ai rapporti familiari e a quelli tra colleghe

operaie, alle reazioni del mondo maschile...

l'interesse dei bambini è andato ben oltre le

mie più rosee aspettative!

Per la fine dell'anno scolastico ho lasciato

uno dei miei film del cuore, che guardo

quando ho bisogno di una spinta in più, di

riallacciare i fili dei pensieri, di dipanare un

po' dì di nebbie fastidiose: si tratta di "In-

victus", di Clint Eastwood.

È il racconto poetico e stupefacente, della

nascita di una nuova società, quella sudafri-

cana, all'insegna della condivisione, dell'u-

guaglianza, di uno sguardo acceso verso il

futuro per cancellare serenamente gli orrori

del passato.

Al centro c'è Nelson Mandela, che crede

fermamente in una nuova società di uguali,

senza apartheid e che cerca un punto vero,

solido, da cui partire. Trova questo punto

nello sport: il trait d'union tra bianchi e neri

sarà il sostegno alla squadra di rugby suda-

fricana, durante il Campionato del Mondo

che si svolgerà proprio in Sud Africa.

Il neo presidente non ha un compito facile:

deve affrontare il sospetto dei bianchi, che

temono di perdere tutti i loro secolari privi-

legi, e la diffidenza dei neri, che ancora non

vogliono credere all'enormità del cambia-

mento epocale di cui sono protagonisti.

La forza del personaggio sta proprio nella

sua poeticità, nell' aver fatto tesoro di

ogni esperienza,anche la più terribile, rico-

noscendo la preziosità nascosta negli altri e

nel saperla ricapitolare al momento oppor-

tuno. Tutto ciò consentirà di creare un

nuovo spirito nazionale che sarà sugella-

to, proprio come fiabe più belle, con la vit-

toria della Coppa del Mondo.

L'intreccio tra poesia - il titolo è relativo ad

una poesia di William Ernest Henley la

cui forza ha contribuito ad aiutare Mandela

a sopportare tanti anni di prigione - e sport

è davvero trascinante e mette in luce i valo-

ri veri di entrambi questi elementi portanti

della vita: l'emozione, la scrittura, la lealtà,

lo scambio vitale... e come essi possano

avere delle risorse davvero incredibili.

La visione di questo film e le discussioni, le

poesie, i disegni che da esso sono scaturiti,

hanno segnanto un po' la fine di questo an-

no scolastico dandogli un sapore speciale,

unico da conservare tra le cose più care,

come "la montagna di neve da tenere

all'ombra" .

Cristina Ansuini,

Psicologa, Docente presso la scuola "2 ot-

tobre 1870", I.C.Piazza Borgonicini Duca,

Roma

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Insegnante curricolare o di sostegno? Tutte e due, grazie! di Traversetti Marianna - Organizzazione Scolastica

Insegnante curricolare o di sostegno?

Tutte e due, grazie!

Si impara ad insegnare... insegnando agli

allievi con bisogni educativi speciali

Cosa mi "porto a casa" da questo anno sco-

lastico? Sicuramente molto cose, alcune

delle quali assai negative, di quelle che non

vorresti che accadessero in un posto eletti-

vo quale è la scuola, altre molto positive

che nutrono le insegnanti di quella forma di

consapevolezza e di entusiasmo che per-

mette loro di continuare ad andare avanti

nel percorso di insegnamento, al di là di

tutte le nefandezze politiche, ministeriali e

sociali che abitano le istituzioni scolastiche.

Senz'altro ciò che più si fa evidente ai miei

occhi da qualche tempo a questa parte e

che, proprio in questo anno scolastico, si fa

più sentire in me è la scoperta di quanto gli

allievi con difficoltà di apprendimento siano

portatori di un'unicità incredibile: quella di

produrre, in senso pedagogicamente euri-

stico, un cambiamento straordinario nell'a-

zione didattica ed educativa dell'insegnante.

Molto spesso, infatti, si pensa che la didatti-

ca per gli alunni con bisogni educativi spe-

ciali sia cosa a se stante, sia altro dalla di-

dattica quella vera, quella di tutti i giorni,

quella per tutta la classe. Non c'è niente di

più sbagliato. Solo chi insegna ai bambini in

difficoltà, sia nel ruolo di docente curricola-

re sia di sostegno, possiede le competenze

specifiche e generiche nel contempo che

aprono la via a qualsiasi tipo di insegna-

mento, a quello per tutti, essenzialmente.

L'insegnante che si interroga, si forma, ri-

flette e sbatte il muso su proposte mirate a

specifiche disabilità o necessità o difficoltà

riesce ad amplia il suo bagaglio conoscitivo,

in termini di operatività con gli studenti, e

costruisce da sé un'impalcatura salda, sta-

bile e dinamica contemporaneamente, che

sostiene tutte le strategie metodologiche

che possono essere messe in campo nel

processo dell'insegnare e dell'apprendere....

È un'insegnante di serie A, di quelli che

lasciano il segno, di quelli che non si scor-

dano, di quelli che, a volte, sono "ingom-

branti" ma determinati per aiutare le perso-

ne a crescere. E solo chi comprende la ne-

cessità, da docente curricolare o di soste-

gno che sia, di dover partire dai bambini in

difficoltà per arrivare ad una competenza

didattica di qualità e per raggiungere "tutte

le teste", allora si dispone nelle condizioni

ottimali per insegnare. Eh sì, perché non

sempre ci si pone nelle condizioni ottimali.

Non sempre si insegna. Non sempre si in-

segna bene.

Un monito per l'estate è, allora, quello di

ricercare nel proprio patrimonio professio-

nale quegli aspetti che bisogna buttare al

largo , per dimenticarli e non averne nem-

meno un ricordo che, inconsciamente, pos-

sa ritornare alla ribalta; e quelli, invece, che

bisogna andare a raccogliere, con la ma-

schera della consapevolezza e le pinne della

meraviglia, in fondo al mare, per poi portar-

li su, in superficie, avvicinandoli pian piano

alla riva, accompagnandoli con cura e dedi-

zione, sapendo che, una volta giunti in ter-

raferma, saranno i nostri tesori di cono-

scenze, di valori, di competenze, di aspetta-

tive e di credi pedagogici che custodiremo

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gelosamente, per sfruttarne la loro preziosi-

tà in tutte le occasioni in cui vorremo sfog-

giarli mettendoli al servizio degli altri e, so-

prattutto, degli alunni.

L'integrazione degli alunni disabili è una sfida per tutti

Stella Targetti, vicepresidente e assessore alla Scuola della Regione Toscana

Marianna Traversetti,

docente scuola primaria IC Perazzi – Roma

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Promozione e respingimento? La fine dell'anno scolastico di Sabatini Roberto - Organizzazione Scolastica

Questo è il primo anno in cui non ho nulla

che sia andato male, né che sia andato be-

ne, dal momento che ho lasciato il servizio

all'inizio dell'a.s. 2011/2012; ma vorrei co-

gliere l'occasione per esprimere il mio pen-

siero su un aspetto della funzione docente

che nemmeno dopo quasi quarant'anni di

esercizio ha trovato la sua "via". Mi riferisco

alla fine di ogni anno scolastico e alla sua

routine valutativa e selettiva, al suo esito

che, soprattutto nella secondaria di secondo

grado, oscilla tra promozione e respingi-

mento. Quindi soltanto una riflessione su un

momento difficile, non solo per gli studenti,

ma anche per i docenti; una difficoltà di cui

si parla poco perché lo stereotipo prevalen-

te dipinge l'insegnante più come sadico se-

lettore sociale che non come un masochista

rassegnato e tollerante.

Naturalmente si tratta di due estremi che

allo stato puro sono anche estremamente

rari, ma dal momento che l'opinione più dif-

fusa è quella degli insegnanti che arrivano

agli esami e agli scrutini animati da desideri

di decimazione per lo scarso rendimento dei

loro studenti, da sentimenti vendicativi per

la condotta inopportuna che questi ultimi

hanno tenuto e per fare giustizia valutativa

del pessimo rapporto che molti allievi hanno

con il mondo della formazione, spezzerò più

d'una lancia in favore di un'altra categoria

di docenti, meno nota e di cui solo nella

narrativa lacrimevole tipo "Cuore" venivano

presi in considerazione drammi e dubbi,

problemi e stati d'animo.

In realtà per

una fetta

non trascu-

rabile della

popolazione

insegnante il

momento

della valuta-

zione e tutta

la complessa

burocrazia

degli esami

e degli scru-

tini si configura come un autentico con-

flitto di ruolo, ossia come un'incom-

benza inevitabile, prevista e prescritta

nella funzione, ma di cui questi colleghi

avrebbero volentieri fatto a meno.

Se nelle competenze e nei compiti di ogni

insegnante non può mancare la verifica e la

valutazione, va anche detto che il momento

valutativo in senso proprio è decisamente

esterno a quello della spiegazione e della

trasmissione di dati e nozioni, idee e pen-

sieri, è completamente estraneo a quello

della stimolazione delle correlazioni e della

creatività, a quello della interpretazione dei

testi, a quello del trasferimento di padro-

nanza e di capacità di problem solving e co-

sì via.

La misura delle capacità e delle conoscenze

raggiunte da un allievo mi hanno sempre

suscitato le perplessità su cui invito i lettore

a seguirmi. Il primo problema si pone pro-

Organizzazione scolastica

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prio nel merito: valutare bene è diffici-

lissimo e la mania di somministrare

"prove oggettive" è un escamotage che

crea più problemi di quanti ne risolva.

Tutti gli addetti ai lavori sanno benissimo

che anche i migliori test quantificano solo

certi tipi di abilità mentali, sono infatti favo-

revoli a determinati tipi di intelligenza e

diagnostici solo nei confronti di certe disci-

pline.

Questo per tacere del quoziente di fortu-

na che è strutturalmente presente in que-

sto tipo di prove e che può andare dal 25%

nelle domande con risposta a scelta multi-

pla (di solito composte da 3 distrattori e da

una risposta giusta) fino al 50% nelle do-

mande con risposta Si/No, oppure Ve-

ro/Falso.

L'obiezione che ormai il resto del mondo si

sta orientando in questo modo e che se non

vuoi esserne tagliato fuori e perdere com-

petitività devi fare altrettanto ha tutta la

sua validità, ma vuole anche dire andare

dove tira il vento più forte, dove porta la

corrente più potente, scimmiottare gli altri,

chinarsi e obbedire ai vari decisori di turno.

L'argomentare, l'esporre, il periodare, il ra-

gionare, ma anche l'inventare, l'escogitare,

il correlare, il dubitare e l'osare, tentando

nuove associazioni e nuove soluzioni sono

abilità secondo me decisive che non solo

cadono del tutto oltre la portata dei test,

ma persino delle più collaudate forme di ve-

rifica perché il poco tempo a disposizione e

la necessità di sondare l'assimilazione del

semplice programma svolto, si mangiano il

valore diagnostico delle prove e non lascia-

no margini all'espressione delle varie forme

mentis dei nostri studenti.

Più lo studente con cui abbiamo a che fare

è sui generis, personale e originale e più la

valutazione è randomica, aleatoria, poiché

più è individuale la sua prestazione e meno

siamo in grado di effettuare comparazioni e

di misurare la sua preparazione con prove e

criteri che vorrebbero essere anche inter-

soggettivi.

In questi casi viene alla luce la tendenza

dell'istituzione scolastica a omogeneizzare,

a rendere uniforme e seriale la formazione,

a ridurre la creatività e l'unicità personale

degli studenti.

Il secondo problema si pone invece nelle

conseguenze della valutazione, ossia nel

suo aspetto promozionale/selettivo.

Sono convinto che gli esami non fini-

scano mai e che per molti versi siamo

sempre sotto esame, da parte di qual-

cuno, di qualcosa e, spesso, di noi

stessi, che non finiamo mai di valutare la

nostra efficienza, la nostra prestazione, il

nostro successo in tutti gli aspetti del quoti-

diano e ci infliggiamo severe sentenze, o

pessimi sentimenti di colpa e di vergogna.

Per spiegare ai miei allievi che dovevano

considerare normale e accettare la necessi-

tà di essere esaminati, sono arrivato ad

esemplificare che persino tra di loro si valu-

tavano senza pietà, che persino l'innamo-

ramento non risparmiava loro pesanti valu-

tazioni, confronti e competitività: tutti valu-

tano, soppesano, scelgono; chi scelgono? Il

migliore, quello che piace di più, il più

simpatico, il più affidabile, il più caro e

così via e non è piacevole essere re-

spinti in queste materie!

Però questi nostri esami hanno delle conse-

guenze che si collocano su piani diversi da

quelli relazionali, hanno esiti in aspetti che

esulano dal nostro rapporto con i nostri

studenti, si ripercuotono sul loro percorso in

modi e termini che ci sfuggono.

Il fatto è che la valutazione sommativa è

anche una vera e propria promozione so-

ciale; il buon proseguimento della carriera

scolastica dello studente è anche un soste-

gno al più generale processo di inseri-

mento socioculturale della persona.

Questo va bene e ne siamo lieti, ma ciò

vuole anche dire che respingere non è solo

una battuta d'arresto nel percorso formati-

vo dell'allievo, ma anche un ostacolo posto

sul percorso di inserimento socioculturale

della persona.

Possiamo consolarci affermando che la cor-

relazione tra successo scolastico e successo

professionale è modesta e potremmo persi-

no dire che anche la correlazione tra il suc-

cesso professionale e la felicità è contenuta,

ma sappiamo bene che ci stiamo consolan-

do!

Non per nulla alcuni decenni fa venne intro-

dotta la nozione di mortalità scolastica

per indicare gli studenti che venivano re-

spinti e che abbandonavano il ciclo di studi

senza aver conseguito titoli e quello di di-

spersione per individuare e quantificare gli

anni persi e che dovevano essere ripetuti;

due termini che dipingono come pieno di

conseguenze, se non drammatico, perdere

anni scolastici o non conseguire i titoli pre-

visti dal corso di studi.

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Pur sapendo bene che non è possibile né

corretto promuovere indipendentemente dal

merito e che non sempre il tempo scolasti-

camente perso è perso davvero, molti col-

leghi sentono queste scelte, questi giudizi e

le loro conseguenze come problemi, umani

prima di tutto, perché sanno che dietro ogni

studente che non ha superato le prove c'è

una storia individuale, una serie di motivi e

di situazioni che vengono prima della sua

preparazione e che sfociano in quell'esito;

sistemici in seconda battuta, perché non

possono non vedere che è il sistema nel

suo complesso a generare questi imbuti at-

traverso cui si deve passare per affermarsi

negli studi e che conducono ad altri imbuti

volta per volta da superare per affermarsi

nel mondo del lavoro e del successo sociale,

politico.

Dal momento che si sa bene che questo

processo selettivo non è effettuato con pari

opportunità, perché il ventaglio dei vari

vantaggi e svantaggi, dei vari privilegi e

impedimenti è ampio e non dovuto al meri-

to, si ha modo di dubitare che il merito mi-

surato possa essere giusto e dirimente.

Insomma vorrei che gli studenti sapessero

quanta partecipazione, preoccupazione e

apprensione può albergare l'insegnante che

li valuta e che in caso negativo li respinge e

li costringe a ripetere la prova!

Roberto Sabatini

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Qualche rammarico? L'anno è finito di Infantino Aminta Patrizia - Organizzazione Scolastica

Ripercorro con il pensiero l'intero anno sco-

lastico. Sono soddisfatta? Si, assolutamen-

te, dei ragazzi, dei colleghi, delle collabora-

zioni che abbiamo creato. In tutte le classi?

Bhé, non esageriamo, magari fosse così

semplice! Ho due sezioni e in una è andata

meglio dell'altra. Ho avuto più spazio per

lavorare sulla classe. I colleghi mi hanno

dato il tempo necessario per affrontare te-

matiche integrative e per stimolare i ragazzi

con le tecniche attive collaborative. Ne sono

emerse menti curiose e motivate, anche se

spesso la creatività genera caos e disordi-

ne.

L'altra classe, invece, è stata impostata su

lavori culturalmente più nozionistici e, di

fronte a un brainstorming, un problem sol-

ving o a un circle time, i docenti temevano

la perdita di tempo. Per non parlare del

computer! Si ha ancora il timore che rubi

spazio al nozionistico. E i lavori creativi?

Roba da elementare, ormai devono avviarsi

al liceo! Mi rimane il rammarico di non aver

insistito a volte ma, del resto, in questa

scuola non mi conoscevano ancora e io ho

scelto di entrare in punta di piedi!

Eppure qualche lavoro creativo informatico

in più mi sarebbe piaciuto farlo!

Soprattutto per prepararli agli esami.

La rivoluzione digitale del XXI secolo por-

ta con se un divario tecnologico tra le espe-

rienze dei ragazzi e quelle degli insegnanti.

E' un divario che dobbiamo evitare che ci

allontani. I nostri ragazzi sono digital nati-

ve, per usare un termine coniato da Marc

Prensky, perché sono nati durante l'era di-

gitale e sono cresciuti con le tecnologie di-

gitali. Sono madre lingua.

Noi docenti siamo ancora tutti digital im-

migrant, dobbiamo destreggiarci, impara-

re, stare al passo con i tempi, ma è anche

vero che noi siamo il ponte tra il prima e il

dopo rivoluzione e abbiamo il dovere di in-

dirizzarli verso il giusto uso delle tecnologie.

Il modo di relazionarsi cambia e si svilup-

pano difficoltà relazionali. La tecnologia in-

formatica è un mezzo che motiva maggior-

mente i ragazzi ma va utilizzato in modo

razionale, spesso i percorsi vanno persona-

lizzati ma, soprattutto, va compreso

quando è il caso di utilizzare il digitale

o il tradizionale. È come se volessimo so-

stituire l'aereo con la bicicletta. Ogni cosa

ha il suo tempo e va usata a suo tempo.

Sarebbe inopportuno, disagevole e dispen-

dioso recarsi a scuola in aereo anziché a

piedi. Personalmente sono maggiormente

orientata a muovermi a piedi, in bici, in

macchina, ma sempre più spesso a scuola

siamo forniti di aule interattive, virtuali con

computer, internet, LIM, dove si può impa-

rare ad usare elementi di informatica, invia-

re mail, word, powerpoint. Il computer nella

didattica psicopedagogica potrebbe appor-

tare un contributo rilevante senza sostituirsi

ai libri e alle tecniche attive 'face to face'.

E noi docenti, se fossimo formati meglio,

potremmo utilizzare questo strumento per

incuriosire e per motivare.

Altri rammarichi? Si, l'uso delle prove in-

valsi agli esami. Lungi da me qualsiasi po-

lemica al riguardo. Oggettivamente noto

che i risultati delle prove invalsi sono diso-

Organizzazione scoalstica

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rientanti e lasciano una sorta di amarezza

in noi e nei ragazzi più 'studiosi'. Per qual-

che ragazzo anche a questi ultimi esami di

terza media sono state quasi paralizzanti.

Per assurdo sono andati meglio i ragazzi

che andavano peggio.

Mi sforzo di capire perché e poi

mi sorge un dubbio. Sono pro-

ve che valutano la logica più

che i saperi e questa si svilup-

pa più con le tecniche pedagogi-

che attive che aiutano ad appli-

care il ragionamento alla cono-

scenza.

Aiutano ad acquisire competen-

ze, a risolvere a mente aperta i problemi.

Ma allora se così fosse torniamo all'impor-

tanza di integrare alle lezioni frontali le tec-

niche attive collaborative, permettendo, a

noi docenti, di raggiungere tutti gli stili di

apprendimento e le diverse intelligenze.

Forse le prove invalsi avrebbero maggiore

senso se non ci crollassero dall'alto co-

me un'imposizione e senza che nessuno ci

formi e ci spieghi concretamente come pre-

parare al meglio i nostri ragazzi.

Aminta Patrizia Infantino,

Docente di Sostegno Scuola Superiore di

primo grado "SMS Pintor" e "Cecco Angio-

lieri" – Roma

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Amore di sé Dedicato a noi operatori scolastici di passioni di Riccardi Barbara - Dedicato a te

Dedicato a tutti noi animatori di ricerca-

azione, nel fare/dare con passione durante

il difficile cammino di docenti viandanti di

incontri e rapporti, rabdomanti della vera

essenza del nostro compito: trasmettere

saperi per insegnare a saper fare.

A noi dedico uno scritto di passione, di un

uomo che ha vissuto ogni suo ciak con ar-

dore: Charles Chaplin in occasione del suo

70° compleanno dal libro "Il Segreto del

Cuore" di Ruediger Schache.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

mi sono reso conto

che la sofferenza e il dolore emozionali sono

solo un avvertimento

che mi dice di non vivere contro la mia veri-

tà.

Oggi so che questo si chiama AUTENTI-

CITÁ.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

ho capito

com'è imbarazzante aver voluto imporre a

qualcuno i miei desideri,

pur sapendo che i tempi non erano maturi e

la persona non era pronta,

anche se quella persona ero io.

Oggi so che questo si chiama RISPETTO

PER SE STESSI.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

ho smesso

di desiderare un'altra vita e mi sono accorto

che tutto ciò che mi circonda

è un invito a crescere.

Oggi so che questo si chiama MATURITÁ.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

ho capito di trovarmi sempre

ed in ogni occasione al posto giusto nel

momento giusto e che tutto quello

che succede va bene.

Da allora ho potuto stare tranquillo.

Oggi so che questo si chiama RISPETTO

PER SÈ STESSI.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

ho smesso di privarmi del mio tempo

libero

e di concepire progetti grandiosi per il futu-

ro.

Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e

divertimento,

ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio

e con i miei ritmi.

Oggi so che questo si chiama SINCERITÁ.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

mi sono liberato di tutto ciò

che non mi faceva del bene: cibi, persone,

cose, situazioni e da tutto ciò

che mi tirava verso il basso allontanandomi

da me stesso,

all'inizio lo chiamavo "sano egoismo", ma

oggi so che questo è AMORE DI SÈ.

Quando ho cominciato ad

amarmi davvero, ho smes-

so di voler avere sempre

ragione.

E cosi ho commesso meno

errori.

Oggi mi sono reso conto

che questo si chiama SEM-

PLICITÁ

Quando ho cominciato ad

amarmi davvero, mi sono

rifiutato di vivere nel passato

e di preoccuparmi del mio futuro.

Ora vivo di più nel momento presente, in

cui TUTTO ha un luogo.

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È la mia condizione di vita quotidiana e la

chiamo PERFEZIONE.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,

mi sono reso conto che il mio pensiero può

rendermi miserabile e malato.

Ma quando ho chiamato a raccolta le ener-

gie del mio cuore, l'intelletto è

diventato

un compagno importante.

Oggi a questa unione dò il nome di SAG-

GEZZA DEL CUORE.

Non dobbiamo continuare a temere i con-

trasti, i conflitti e i problemi con noi

stessi e con gli altri

perché perfino le stelle, a volte, si scontra-

no fra loro dando origine a nuovi mondi.

Oggi so che QUESTO è LA VITA!

Buona pausa vacanziera per un respiro di

aria pura e fresca...

Barbara Riccardi

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La mia collega. Un anno speciale con una persona speciale. di Agolino Simona Loretta - Dedicato a te

"Totò e Peppino". Così fummo definite

all'inizio della nostra avventura,che si è

conclusa quest'anno al termine di cinque

bellissimi anni e pieni d'incognite. Io stessa

sono stata l'incognita costante in questo ci-

clo, che a settembre sperava di poter torna-

re a lavorare nella "nostra" scuola e con la

sua collega.

La scuola non è solo un luogo di studio, ma

anche un ambiente dove si creano e si vi-

vono relazioni: rapporti tra compagni e

compagne di classe; rapporti tra insegnanti

e allievi; tra insegnanti e genitori e tra do-

centi e altri docenti. Noi due abbiamo sem-

pre cercato di favorire una relazione tra

insegnante e allievo, basata sulla fiducia

e apertura reciproca non lo abbiamo ritenu-

to importante solo sul piano umano, ma an-

che su quello didattico e formativo e ab-

biamo sempre cercato di tessere i rapporti

tra compagni e compagne, per favorire

una maggiore apertura e ascolto verso l'al-

tro. Abbiamo sempre cercato di sollecitare i

rapporti tra insegnanti e genitori, affin-

ché il nostro lavoro a scuola non fosse vani-

ficato fuori, ma che continuasse oltre l'ora-

rio scolastico. Oggi fare l'insegnante è sem-

pre più difficile, poiché sono profondamente

cambiati i linguaggi e gli interessi degli stu-

denti e, soprattutto, è cambiato il modo di

gestire la classe e la disciplina: i modelli se-

veri e autoritari del passato - cui alcuni in-

segnanti fanno ancora ricorso - sono oggi

inefficaci e non più accettabili e credo che

insieme abbiamo cercato di insegnare que-

sto ai nostri alunni; ma altrettanto ineffica-

ce consideravamo l'atteggiamento di rasse-

gnato laissez-faire seguito da altri inse-

gnanti, che lasciava la classe nel caos e fa-

Dedicato a te

Totò e Peppino

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ceva perdere all'insegnante il rispetto di sé

e degli allievi.

In realtà, noi abbiamo cercato un dialogo

costante sia fra di noi che fra gli alunni e

trovato insieme ogni soluzione ai problemi

che dovevamo affrontare con modalità di

gestione costruttiva della classe, e per il

bene di tutti.Era importante per noi rendere

stimolante e accogliente l'ambiente scola-

stico, in modo che ciascun bambino potesse

sviluppare le personali capacità espressive

e comunicative e in questo siamo state,

ognuna nel proprio ambito, delle insegnanti

non ben viste da alcune colleghe, ma siamo

rimaste sempre unite fino al nostro tra-

guardo.

Abbiamo compreso che, per svolgere effica-

cemente la nostra azione educativa, non

bastava conoscere la propria disciplina ed i

principi pedagogici e didattici, ma era ne-

cessario capire la complessa rete delle rela-

zioni all'interno della nostra classe. Come

spesso accadeva, non importava se resta-

vamo oltre il nostro orario di servizio, per-

ché sapevamo che farlo era un nostro pia-

cere, nel condividere ogni singolo momento

della nostra avventura.

Purtroppo collaborare in armonia con gli al-

tri non è stato facile, spesso il nostro luogo

di lavoro è stato caratterizzato da rapporti

freddi e di pura facciata, da invidie e ge-

losie, da conflitti latenti tra colleghi e le

nostre spensierate risate a molte davano

fastidio perché... non é decoroso ridere! Ma

quello che è stato evidente a tutti è il no-

stro rapporto di lavoro basato sull'amicizia,

cosa rara nel nostro ambiente.

Grazie collega, di avere reso belli per en-

trambe questi cinque anni, anche nelle tan-

te difficoltà vissute, con l'augurio e la spe-

ranza che se ne possano vivere ancora.

Credo in te, amica.

Credo nel tuo sorriso,

finestra aperta nel tuo essere.

Credo nel tuo sguardo,

specchio della tua onestà.

Credo nella tua mano,

sempre tesa per dare.

Credo nel tuo abbraccio,

accoglienza sincera del tuo cuore.

Credo nella tua parola,

espressione di quel che ami e speri.

Credo in te, amica,

così, semplicemente,

nell'eloquenza del silenzio.

Elena Oshiro

Simona Loretta Agolino,

Giurista,docente I.C."2 Ottobre

1870",piazza Borgoncini Duca Roma.

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Alunni speciali Apprendere l'inclusione a scuola di La redazione - Dalla redazione

Ci fa piacere pubblicizzare il lavoro di Patri-

zia Aminta Infantino che scrive anche sulle

pagine di questa rivista. In bocca al lupo

per la sua nuova avventura!

In ogni classe sono inseriti ragazzi che han-

no bisogno di essere integrati attraverso

una didattica speciale adeguata ai loro bi-

sogni speciali. Questo diventa un'opportu-

nità se i docenti trasformano i bisogni spe-

ciali del singolo in un'occasione di cresci-

ta per tutta la classe attraverso la speri-

mentazione di innovative tecniche attive

d'insegnamento. Dalla solita e ripetitiva le-

zione frontale alle tecniche cooperative

che permettono sia di scoprire la potenza

del cervello del gruppo che di sperimentare

tutti i talenti che i ragazzi possiedono. È il

salto qualitativo tra l'integrazione, l'in-

clusione e l'interazione.

"Alunni speciali" è un invito a lasciarsi cat-

turare dal piacere dell'educazione in una

scuola finalmente cooperativa dove a vince-

re non è il primo che alza la mano ma colui

che aiuta l'altro ad alzarla. Vince chi ha le

emozioni chiare più che le idee. Vince chi è

felice di non essere l'unico ad essere felice.

Vince chi è capace di risvegliare in sé il ri-

spetto e la dignità. Vincono gli insegnanti

che sanno lasciare un segno. Vince chi edu-

ca tirando fuori dall'altro il miglior "sé

stesso" possibile. Vince chi sa ascoltare.

Vince chi ha i mezzi per educare e li sa

mettere al servizio degli altri.

Questo libro è destinato a quelle guide, ge-

nitori ma soprattutto insegnanti, che cerca-

no di trasformare le sofferenze in una forza

dirompente, comprendendo che la "diversi-

tà" o il "trauma" possono rappresentare un

trampolino di lancio per la propria realizza-

zione.

Aminta Patrizia Infantino vive e lavora a

Roma. È insegnante nella scuola secondaria

di primo grado e specializzata in Scienze

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Motorie e Attività di Sostegno e Integrazio-

ne. Sostenitrice del gioco e delle tecniche

attive utilizzate come strumento didattico,

crede nella scuola e nel valore della sempli-

cità dell'atto educativo. Arricchisce il per-

corso personale con passioni inerenti e in-

tegranti l'unione tra sé e il suo lavoro: dan-

za, teatro, shiatsu, medicina tradizionale ci-

nese, biopsicosomatica.

Edizioni la meridiana, Collana partenze

pp. 116, Euro 14,50

NOVITÀ IN LIBRERIA

Per richiederlo e per ulteriori informazioni

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o visitate il sito www.lameridiana.it

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BIZ Factory 2012 premia l'eccellenza imprendi-

toriale giovanile Il premio "Migliore impresa JA" all'Istituto Fermi di Pontedera di La redazione - Dalla redazione

Si è conclusa l'8 giugno a Pisa, presso la

Stazione Leopolda, la nona edizione di BIZ

Factory, l'evento ideato da Junior Achie-

vement Italia, che ha visto 150 studenti

delle scuole superiori provenienti da tutta

Italia affrontarsi sul terreno dell'imprendi-

toria giovanile con 20 idee d'impresa ori-

ginali.

Si è aggiudicato il premio "Migliore Im-

presa JA" 2012 BISS Group dell'Istituto

Fermi di Pontedera con la penna USB

"KeyPassWorld". Gli studenti pisani si

presentano con l'acronimo di Business, In-

novation, Simple, Software e con questa di-

chiarazione di mission: "Semplificare la na-

vigazione in rete per agevolare la diffusione

di Internet e consentirne l'utilizzo a un

sempre maggior nume-

ro di utenti".

KeyPassWorld è una

penna USB che, inseri-

ta nel computer, memo-

rizza le credenziali che

l'utente crea per regi-

strarsi ai siti di suo inte-

resse consentendo, suc-

cessivamente, l'accesso diretto ai siti stessi,

senza dover più ripetere le operazioni di lo-

gin e senza doverle memorizzare sul pro-

prio PC, a scapito della sicurezza. La pen-

drive è in vendita online sul sito

www.bissgroup.it

Il vincitore è stato decretato da una giuria

di professionisti presieduta da Roberto

Barontini, Direttore Master Mains presso

l'Istituto di Management della Scuola Su-

periore Sant'Anna di Pisa e la premiazione

è stata preceduta da un talk show condot-

to da Roberto Bonzio, giornalista e blog-

ger di Italiani di Frontiera.

Hanno portato, inoltre, la loro testimo-

nianza durante la serata anche Francesca

Mazzocchi, rappresentante Progetto RENA

(Rete per l'Eccellenza Nazionale); i Gruppi

di Ricerca della Scuola Superiore S. Anna di

Pisa con progetti sul tema della Smart City;

e Jacopo Deiuri, studente-imprenditore,

Presidente Alumni JA.

La Redazione

Notizie dalla redazione

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