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Numero 2/2020 Il dibattito economico oltre i confini a cura dell'Osservatorio Economico e Finanziario Area Politiche di Sviluppo Redazione: Nicoletta Rocchi Angela Potetti Paolo Picariello Breve rassegna di quanto pubblicato negli ultimi mesi sulla politica economica, finanziaria e monetaria e sull’innovazione tecnologica. TECNOLOGIA E CLIMA

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Numero 2/2020

Il dibattito economico oltre i confinia cura dell'Osservatorio Economico e FinanziarioArea Politiche di Sviluppo

Redazione:

Nicoletta Rocchi

Angela Potetti

Paolo Picariello

Breve rassegna di quanto pubblicato negli ultimi mesi sulla politicaeconomica, finanziaria e monetaria e sull’innovazione tecnologica.

TECNOLOGIA E CLIMA

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SOMMARIO:

Tecnologia

Un primo gruppo di articoli affronta il tema in chiave generale, da diverseangolature. Su Project Syndicate del 2.12 Christopher Pissadies(prof.economia alla London School of Economics e premio Nobel) si chiede:Perché occuparsi dell’automazione? Egli sostiene che anche neiprecedenti periodi di sostituzione tecnologica dei lavoratori, gli economisti –ad esempio Keynes e Leontief – temevano che sarebbero stati creati troppopochi posti di lavoro per prevenire la disoccupazione di lunga durata. Lostesso disagio è oggi avvertito a fronte si un’ondata di crescenteautomazione. Una Big Read sul Financial Times del 30.9, a firma RobertWright affronta lo stesso argomento: l’avanzamento senza sosta dellarobotica ha avuto un forte e largo impatto sul lavoro manuale. Ma lacrescente capacità del machine learning software produrrà un cambiamentodigitale in grado di cancellare anche alcune professionalità white collar.Altri articoli intervengono su quesiti ancor più generali, come quello sulFinancial Times dell’1.10 firmato da John Tornhill intitolato: Da sola, latecnologia non può salvare il mondo. Se un economista neoclassicorespingerebbe l’allarme sull’irreversibilità del cambiamento climatico perchèse il riscaldamento globale diventasse un problema sufficientemente grande,la richiesta di correzione evocherebbe una soluzione: il mercato produrrebbemagicamente la risposta, la realtà non è così. Malgrado i grandi avanzamentiprodotti dall’ingegno umano nella ricerca di tali soluzioni, la crisi ambientalemostra il definitivo fallimento del mercato. Per salvare il pianeta servono ilpotere e la definizione della mission da parte dei governi, la mobilitazionedella società civile e radicali cambiamenti nei comportamenti dei consumatori.Su The New York Times dell’1.10 Margaret O’mara (prof.di storia allaUniversity of Washington di Seattle) critica, in un’ottica statunitense, Lachiesa del tecno-ottimismo, sostenendo che, malgrado la reazionebipartisan al Congresso US contro le Big Tech, i policymakers non riesconoad allontanarsi dal loro tecno-ottimismo e continuano a guardare all’industriatech per potenziare l’economia. Invece l’America ha bisogno di una rinnovatadeterminazione ad assumere alcune delle sfide decisive del pianeta ericonoscere la necessità di cambiare le proprie priorità, sia nell’iniziativaprivata che nella sfera pubblica. Un’opinione parzialmente diversa è espressasu Project Syndicate del 13.12 – Stato e rivoluzione digitale – daBenedict Macon-Cooney (ex adviser di Tony Blair), il quale sostiene che unadelle lezioni più importanti della prima rivoluzione industriale è che i periodi diprofondo cambiamento tecnologico richiedono una trasformazione altrettantoradicale dello Stato. Purtroppo –è la sua conclusione - troppi politici si sonoaggrappati alla retorica del ridimensionamento invece di abbracciare ciò chela nuova distribuzione tecnologica ha da offrire. Analogo ottimismo èespresso in un articolo scritto su Project Syndicate il 31.8 da Christopher

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Pissarides (prof. London School of Economics e premio Nobel) e JaquesBughin (direttore del mcKinsey Global Institute) – Non sprecare larivoluzione tecnologica: come le passate ondate di innovazionetecnologica, la nuova era dell’intelligenza artificiale e dell’automazionepromette una produttività maggiore, salari più alti e una durata di vita ancorapiù lunga per tutti. La realizzazione di tale potenziale però richiederà aigoverni e alle imprese di gestire attentamente lo sviluppo e la diffusione delletecnologie di frontiera. E su Project Syndicate del 18.9 – Le conseguenzeeconomiche dell’automazione – anche Robert Skidelsky si misura conl’insufficienza della teoria economica a fornire risposte chiare circa l’impattocomplessivo del processo tecnologico sull’occupazione. E se anchel’automazione, nel lungo periodo è risultata generalmente vantaggiosa, ipolitici non dovrebbero tuttavia ignorare i suoi effetti dirompenti a brevetermine sull’occupazione. Sempre su Project Syndicate del 2.10 –Prevenire il feudalismo digitale – Mariana Mazzucato (prof. di economiadell’innovazione e del valore pubblico e direttore dell’istituto UCL perl’innovazione e lo scopo pubblico) sostiene che, sfruttando le tecnologieoriginariamente sviluppate nel settore pubblico, le platform companies digitalihanno acquisito una posizione di mercato che consente loro di ricavareingenti introiti da consumatori e lavoratori. Riformare l’economia digitale inmodo che serva ai fini collettivi è quindi la sfida economica decisiva delnostro tempo. Su Project Syndicate del 17.12 – Quanto funziona il poteredella conoscenza? – Katrina Kosec (ricercatrice presso l’International FoodPolicy Research Instute) e Leonard Wantchekon (prof. di politica e affariinternazionali alla Princeton University) sostengono che, se in teoria lacrescente offerta di informazione potrebbe aiutare a migliorare la governance,le infrastrutture e la fornitura di servizi quali l’istruzione, l’assistenza sanitariae l’estensione agricola, è necessario che siano rispettate alcune condizioniperché essa riesca a esprimere tutto il suo potenziale per aiutare i poveri delmondo. Sul Financial Times del 4.11 – Il Big tech sta vendendo distopia enon utopia – Rana Foroohar dà conto con soddisfazione dell’aria che stacambiando intorno al Big tech: la Commissione europea, città e areeterritoriali importanti come Toronto e l’Australia, i candidati alle primariepresidenziali democratiche, a partire da Elisabeth Warren, stanno sfidando ilpotere dei giganti tecnologici. Il neoliberismo economico iniziato negli anni ’80ha creato molta ricchezza ma l’ha concentrata nelle mani di pochi che hannocatturato il sistema politico, soprattutto negli US e questo è stato il maggiorpropellente del populismo politico dei nostri giorni. L’auspicio è che unavittoria della Warren determini finalmente un contesto in cui si mettano limiti econtrolli ai dirigenti governativi più vulnerabili al lobbying dei ricchi.Un paio di interventi comparsi su The New York Times affrontano il temadell’A.I . Il primo è scritto l’11.10 da Stuart Russel (autore di HumanCompatible: artificial intelligence and the problem of control) scriveperentoriamente: Fermare l’A.I sovrumana. “Alcuni scettici all’interno dellacomunità dell’A.I credono che sia possibile continuare con il business as

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usual perché le macchine super-intelligenti non arriveranno mai. E’come sel’autista di un bus con passeggeri umani dicesse: Si, sto guidando più veloceche posso verso un dirupo, ma, credetemi, finiremo la benzina prima diarrivarci”. Il secondo è uscito il 9.10 a firma Tim Wu (professore allaColumbia University): Il rischioso approccio americano all’A.I. l’autoresostiene la tesi che occorre un intervento pubblico più diretto nel campo. Perevitare, in futuro di dover rimpiangere la perdita del sano equilibrio trapubblico e privato nel finanziamento della ricerca e lo spostamento di troppotalento ingegneristico e scientifico al settore privato. Anche un articolo sulFinancial Times del 22.11 Gillian Tett ha una posizione più ottimistica: Ilavoratori possono imparare ad amare l’intelligenza artificiale. Come? Lapolitica deve incoraggiare l’interazione tra gli scienziati dellacomputerizzazione che stanno sviluppando tali tecnologie e gli scienziatisociali che ne stanno misurando l’impatto. Infatti quando i lavoratori hanno lasensazione di qualche controllo, accettano l’innovazione e le efficienze chegenera, altrimenti c’è il rischio del rigetto.Alcuni articoli affrontano direttamente il problema della Big Tech. SulFinancial Times del 9.12 – Come riprendere il controllo delle Big Tech –di nuovo Rana Foroohar descrive le proposte politiche portate avanti nellasua campagna per le primarie presidenziali democratiche negli US daElisabeth Warren, tutte tese a ridimensionare significativamente il potereesercitato sulla politica dalle grandi aziende tecnologiche statunitensi. Su TheNew York Times del 9.10 un articolo afferma che Nei loro accordicommerciali, gli US proteggono il Big Tech. Un articolo su Project Syndicate del 4.12 – Otto norme per la stabilità delcyberspace – a firma Joseph S.Nye (prof. Harvard University) dà conto delrapporto pubblicato in occasione del forum di Parigi dalla CommissioneGlobale sulla stabilità del Cyberspazio su come fornire un quadro generaleper la stabilità informatica. Esse, secondo l’autore, costituiscono unimportante passo avanti in materia.Infine un Big read del Financial Times dell’11.10 racconta di un film in cui èstata ricrata artificialmente la faccia di Wilbur Smith.

Clima

Iniziamo con alcuni articoli di carattere generale sull’argomento, a partire daquello comparso su Social Europe del 2.12, firmato da Greta Thumberg,Luisa Neubauer e Angela Valenzuela: Perché scioperiamo di nuovo. E’un vero e proprio appello a unirsi agli scioperi sul clima in coincidenza con laConferenza di Madrid perché ai leader del mondo arrivi chiaro il messaggio:gli occhi delle future generazioni sono puntati su di te. Seguono una serie diinterventi di diverso orientamento, alcuni intenti a spronare all’azione, comel’intervento di Antonio Guteress (segretario generale dell’ONU) sulFinancial Times del 5. 11: Il progresso verso lo sviluppo sostenibile èseriamente fuori strada. I governi sono in ritardo e sono riluttanti a cambiare

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normative obsolete e il cortotermismo in economia scoraggia l’investimento alungo termine, occorre che siano proprio gli operatori economici ad allargare iloro orizzonti decisionali per spingere verso la crescita inclusiva che generiopportunità per tutti. Sul Financial Times del 6.11 è Martin Wolf a scrivere:C’è un modo per andare avanti sul cambiamento climatico. Quale? Unprogramma trentennale a cominciare da subito, attraverso il ricorsopragmatico a tutti gli strumenti di policy, compresi gli incentivi di mercato, conuna visione globale che in tempi di populismo e di nazionalismo spinti saràprobabilmente impossibile da realizzarsi. Su The New York Times del 25.10,Naomi Oreskes (prof. di storia della scienza all’Università di Harvard) eNicholas Stern (presidente del Grantam Research Institute on ClimateChange and Enviroment alla London School of economcs) scrivono: Ilcambiamento climatico costerà più di quanto pensiamo. La loro tesi èche gli economisti sottovalutano grandemente il prezzo del peggioramentodel clima e dell’innalzamento dei mari. Perché? si chiedono i due professori.E cercano di spiegarlo, sostenendo nel contempo che tuttavia non c’è piùtempo da perdere. Su Project Syndicate del 14.11 intervengono ancheGraciela Chichilnisky (prof. di economia e statistica alla ColumbiaUniversity) e Peter Bal (co-autore di Reversiong Climate Change)sostenendo, in Mercati verdi per una crescita equa, che l’unica soluzionerealistica alla crisi climatica è quella di sostituire l’energia a base dicombustibili fossili con energie rinnovabili in modo rapido ed economico perfare funzionare i motori della crescita economica. Perché questo avvengaserve un mercato globale del carbonio. Anche The Economist del 27.9affronta La questione del clima, sostenendo che il cambiamento climaticotocca tutto quello di cui si occupa il giornale e deve essere affrontatourgentemente e con chiarezza di idee. Se infatti è stato lo spirito di impresaad aprire il rubinetto dei carburanti fossili nella Rivoluzione industriale, perchéesso possa sopravvivere sono gli stati che più ne hanno tratto vantaggio chedebbono impegnarsi nella trasformazione dei meccanismi dell’economia delmondo. Su Social Europe del 17.9 Suzanne Wixforth (capo deldipartimento internazionale ed eurdopeo del DGB) e Reiner Hofmann(presidente del DGB) scrivono. Pensare al clima e alle politiche socialicome una cosa sola. Un approccio europeo alla politica del cambiamentoclimatico deve integrare la giustizia sociale poiché la neutralità climatica saràcostosa ma crescita senza fine è insostenibile. Su Project Syndicate del24.10 Emma Navarro (vice presidente dell’European Investment Bank)osserva il problema da un osservatorio specifico: Oceani come priorità diinvestimento. Come variabile chiave nella lotta ai cambiamenti climatici, glioceani del mondo non possono essere un semplice ripensamentonell’agenda economica e ambientale globale. Dovremmo investire nellaprotezione degli oceani come se il nostro futuro dipendesse da essi. Perchécosì stanno le cose. Su Social Europe del 2.12, anche Eloi Laurent(ricercatore senior OFCE – Science de Po) affronta la questione dellatransizione: Reinventare una transizione giusta. E lo fa con un intervento

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che coniuga l’obiettivo della riduzione della distruzione ambientale conl’obiettivo di combattere la disuguaglianza. Difficile? Si chiede lo studioso Ma“provate a vivere in un mondo che brucia come la California o che si spaccacome il Cile” è la sua considerazione finale. Sul Financial Times del 18.12Raghuram Rajan (professore di finanza alla Chicago Booth School ofBusiness) offre la sua proposta per Un modo semplice e giusto ditassazione delle emissioni di carbone: quello di dare a tutti incentivi simili,attraverso l’introduzione di un’imposta per tonnellata di carbone chiamataincentivo per la riduzione globale del carbone (GCRI). Infine un editoriale diThe Economist del 9.11: Fino all’ultima goccia. L’articolo commenta l’IPO– la più grande mai fatta al mondo – della saudita Aramco produttricedell’11% del petrolio del mondo e arriva a ipotizzare che la quotazione diAramco possa essere un segno che seppure potrebbe essere alle viste lafine del petrolio, la capacità della materia nera sarà di causare distruzionepolitica ed economica non diminuirà nei prossimi decenni. Segue una serie di articoli che affrontano il rapporto finanza/clima.Cominciamo con quello scritto su Social Europe il 10.12 da BasilOberholzer (economista ambientale, autore di Politica monetaria a greggio:prezzi, produzione, consumo): La finanza sostenibile può davvero aiutarea risolvere la crisi? La tesi, sostenuta da una serie di considerazionistoriche ed economiche, è che sarebbe sbagliato credere che il settorefinanziario contribuirà alla trasformazione ecologica, che cioè le banche e imercati finanziari risolveranno il problema più grande del nostro tempo.Restano dunque fondamentali le politiche economiche e ambientali. SuProject Syndicate del 27.11 Werner Hoyer (presidente della BancaEuropea per gli Investimenti) scrive: Il potere della finanza verde. La suatesi è in parte diversa da quella precedente: per affrontare i cambiamenticlimatici, oltre a una leadership con una visione e alla mobilitazione diimprese, cittadini e di gruppi organizzati della società civile, occorrerannoinvestimenti ingenti. Poiché non si può contare solo sui governi perraccogliere i soldi ma si dovranno usare le finanze pubbliche per sfruttare laforza del capitale privato. Sempre su Project Syndicate del 10.10 (861s.5)Scott Mather (chief economist di US Core Strategies c/o PIMCO) affronta iltema del Finanziamento della transizione a basse emissioni di carbonio.Malgrado gli sforzi di alcuni governi e attori del settore privato per affrontarela minaccia dei cambiamenti climatici, il mondo è in ritardo rispetto alraggiungimento degli obiettivi concordati a livello internazionale per ridurre leemissioni e limitare il riscaldamento globale. Per ritornare in rotta ènecessario fare di più per sfruttare il potere dei servizi finanziari.Infine due articoli sul Green New Deal dell’EU. Il primo è su ProjectSyndicate del 13.12 ed è di Jeffrey D.Sachs (prof. di sviluppo sostenibile epolitica di gestione della salute alla Columbia University): Il Green New Dealdell’Europa. Il giudizio espresso è di assoluta positività: annunciatodall’Europa, il green deal è una dimostrazione della socialdemocraziaeuropea al lavoro. Un’economia mista, che combina mercati,

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regolamentazioni di governo, settore pubblico e società civile perseguirà unastrategia mista, combinando obiettivi pubblici, investimenti pubblici e privati esostegno pubblico. Molto diversa l’opinione espressa su Project Syndicatedel 13.12 da Mark Leonard: L’accordo verde farà o distruggerà l’Europa.A fronte del fatto che la nuova leadership europea ha deciso di investire granparte del suo capitale politico in un piano per posizionare l’Europa comeleader globale nella transizione verso un’economia a emissioni zero. Ma setroppi collegi elettorali si sentiranno sacrificati sull’altare verde, il piano nondecollerà mai.

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Project Syndicate 2.12

Perché preoccuparsi dell'automazione?(Christopher Pissarides premio Nobel; prof.economia London School of economics)

Nei periodi precedenti di sostituzione tecnologica dei lavoratori, economisti comeJohn Maynard Keynes e Wassily Leontief temevano che sarebbero stati creatitroppo pochi nuovi posti di lavoro per prevenire una disoccupazione di lungadurata. Oggi, di fronte a un'ondata crescente di automazione digitale, molticondividono il loro disagio.

Dal movimento luddista degli inizi del diciannovesimo secolo agli scritti di importantieconomisti delle generazioni successive, come John Maynard Keynes e Wassily Leontief,la prospettiva dell'automazione ha sempre sollevato serie preoccupazioni in merito ai postidi lavoro. Keynes e Leontief dubitavano che ci sarebbero stati abbastanza posti di lavoroper i lavoratori. Oggi, di fronte a un'ondata crescente di automazione digitale, molticondividono il loro disagio.L'impatto delle odierne tecnologie digitali sul mercato del lavoro solleva tre domande. Cisaranno abbastanza posti di lavoro per i lavoratori? Dove saranno questi lavori? E lacompensazione sarà abbastanza elevata da evitare un aumento della povertà e delladisuguaglianza?La risposta alla prima domanda è inequivocabile. Le prove storiche dimostrano chel'innovazione tecnologica in sostituzione del lavoro non porta a cambiamenti di lungotermine nei tassi di occupazione e disoccupazione nei paesi industriali. Keynes parlava di"disoccupazione tecnologica" e non vi è dubbio che negli anni '20 e nella successivaGrande Depressione, una delle principali cause di disoccupazione in Gran Bretagna èstato il declino del carbone e di altre industrie di fronte alla concorrenza della Germania edegli Stati Uniti Stati. Le competenze e la posizione geografica dei lavoratori hannoescluso la loro rapida ridistribuzione in altre parti dell'economia. Ma quell'episodio ditransizione alla fine è passato.La paura della disoccupazione tecnologica persiste perché è radicata nell'incertezza sullacreazione di nuovi posti di lavoro. Le capacità delle nuove macchine ci consentono diidentificare i lavori a rischio, ma non i lavori che devono ancora emergere. Dobbiamoindovinare confrontando le capacità dei lavoratori e delle macchine, e spesso il bilancioinclina a favore delle stime della perdita netta di posti di lavoro.Ma abbiamo abbondanti prove dell'ingegno umano nella creazione di nuovi posti di lavoro.Quando Keynes scriveva, il settore dei servizi in Gran Bretagna e negli Stati Unitiimpiegava circa il 40% dei lavoratori. I settori dell'occupazione come la sanità el'assistenza e le più ampie industrie dei viaggi e dell'ospitalità erano minuscoli. Oggiciascuno impiega più persone rispetto alla produzione. Come diceva John F. Kennedy, "Segli uomini hanno il talento per inventare nuove macchine che privano gli uomini del lavoro,hanno anche il talento per rimetterli al lavoro".La sfida che tutte le nuove tecnologie rappresentano non è che creano troppo pochi postidi lavoro, ma piuttosto che troppo pochi lavoratori hanno le competenze per riempirli.Proprio come alcuni lavori traggono vantaggio dalle nuove tecnologie, mentre altridiventano obsoleti, così anche alcune competenze diventano più preziose, mentre altresono sostituibili. L'automobile ha aumentato il valore delle capacità ingegneristiche e haridotto il valore delle capacità di allevamento dei cavalli. Gli allevatori di cavalli hannodovuto apprendere nuove capacità per mantenere il proprio reddito. Una buonatransizione settoriale per loro sarebbe stata nei settori della produzione o dellamanutenzione dei veicoli. Il pregiudizio settoriale delle nuove tecnologie è una sfida che ilavoratori affrontano e alla fine padroneggiano, ma non senza obiezioni, almeno all'inizio.I lavori minacciati nelle prime fasi della robotica e dell'intelligenza artificiale erano di

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routine o si basavano sull'elaborazione dei dati. Spostare scatole di grandi dimensioni neimagazzini o caricare prodotti agricoli su camion era facilmente meccanizzabile. Oggipotrebbero essere eseguiti dal software AI anche i lavori di elaborazione dei dati: unmotore di ricerca e alcune parole chiave potrebbero facilmente sostituire un paralegaleche cerca precedenti in tribunale.Queste proprietà hanno portato alla polarizzazione dell'occupazione, sfidando i lavoratori aspostarsi verso lavori complementari alle nuove tecnologie, come la programmazioneinformatica o la robotica, oppure a lavori che non potevano essere programmati, come laconsulenza gestionale o l'assistenza infermieristica. Questi lavori erano o più qualificati emeglio pagati rispetto ai lavori di routine, o meno qualificati e meno retribuiti, conconseguente svuotamento della metà della distribuzione del reddito. In tempi più recenti, imiglioramenti dell'IA rendono vulnerabili anche i lavori non di routine.La transizione settoriale dell'occupazione è più facile laddove il sistema educativo insegnauna vasta gamma di competenze, piuttosto che incoraggiare la specializzazione fin dallatenera età e in cui i mercati del lavoro flessibili hanno buone strutture di riqualificazione.Anche l'accesso ai finanziamenti è essenziale per facilitare la transizione, consentendoalle start-up della nuova economia di assumere alcuni dei lavoratori risultati esuberanti.Alla Luohan Academy, abbiamo studiato la disponibilità di finanziamenti attraverso lepiattaforme digitali Alibaba e Ant Financial, che utilizzano le informazioni nei loro grandi setdi dati al posto delle garanzie per valutare le domande di prestito. Abbiamo scoperto chel'economia della piattaforma rende il credito accessibile a molte più persone di possanoessere raggiunte dalle banche tradizionali.La terza domanda, sulla disuguaglianza, è più difficile da affrontare. L'economia è brava afornire risposte inequivocabili a domande sull'efficienza dei mercati del lavoro. Laquestione della disuguaglianza, al contrario, riguarda in parte le scelte politiche. Lapropensione settoriale delle nuove tecnologie significa che la disuguaglianzageneralmente aumenta quando esse diventano disponibili. Coloro che riescono a trarnevantaggio ricevono premi ben superiori al resto della forza lavoro.La domanda chiave, tuttavia, non dovrebbe essere se alcune persone diventano moltoricche, ma se i salari delle persone con competenze inferiori sono sufficientemente elevatida evitare la povertà. Ciò dipende in parte dalla politica aziendale, poiché la concorrenzapotrebbe non funzionare per aumentare i salari quando le aziende crescono molto nellaloro area locale. Le aziende dell'era digitale hanno una scelta: possono usare la tecnologiaper sostituire il capitale al lavoro e mantenere bassi i salari, oppure usare la tecnologia peril bene dei propri lavoratori in vista di profitti a più lungo termine. In quest'ultimo caso, ilavoratori beneficiano maggiormente della nuova tecnologia, non solo attraverso salari piùelevati, ma anche attraverso migliori condizioni di lavoro e di vita.Se le nuove tecnologie aumentano la disuguaglianza economica, ma non aumentano lapovertà, alcune società potrebbero decidere di non fare nulla al riguardo. L'avversione alladisuguaglianza è più alta nei paesi europei che negli Stati Uniti, per esempio, e sono inatto una varietà di programmi di ridistribuzione per ridurlo. Con un sostegno sufficiente, lepolitiche per compensare la crescente disuguaglianza non sono difficili da elaborare. Ipaesi scandinavi hanno fatto affidamento a lungo su tasse elevate per finanziare ampiprogrammi di sostegno sociale.Qualunque sia l'atteggiamento della società verso la disuguaglianza, il risultato da evitaresono i salari di povertà (o quasi-povertà). Potrebbe essere necessario un salario minimoobbligatorio o incentivo fiscale ai datori di lavoro per aumentare i salari bassi. Il puntodell'innovazione tecnologica, dopo tutto, non è quello di dare alla gente motivo di resistere.

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Financial Times 30.9 Big Read - Tecnologia

L'avanzamento senza sosta della robotica ha avuto un impatta largamente sullavoro manuale. Ma la crescente capacità del machine learning software significache alcune delle professionalità white collar potrebbero essere cancellate dalcambiamento digitale(Robert Wright)

Quando Mati Radwell, un addetto all'assistenza clienti per una piccola authority localenell'UK ha cominciato, all'inizio, a rispondere alle domande dei residenti dell'area, eraun'attività frustrante e che consumava tempo. Se un residente contattava l'Aylesbury ValeDistrict Council, 40 miglia a nord di Londra, su una questione come il sussidio per l'alloggioin cui mancava di expertise, Radwell poteva tenere il richiedente in attesa anche 20 minutiDoveva trovare qualcuno che potesse dargli la necessaria informazione.Negli ultimi 2 anni, tuttavia, il suo lavoro è stato trasformato. Quando un residente digitauna domanda nella chat online del council, un sistema computerizzato avanzato cominciaa leggere.Per circa il 40% delle risposte, il sistema - che è stato formato per riconoscere le domandedei residenti usando la machine learning, una forma di intelligenza artificiale - offre aRadwell e agli atri addetti all'assistenza alla clientela, risposte pre-scritte. Ciascuna èetichettata con luna stimata probabilità di essere la scelta corretta. Se una è appropriata,Radwell clicca su di essa, soddisfacendo il residente più rapidamente e facilmente diprima.

"L'intelligenza artificiale ci permetterà di fare cose che sono ora possibili con moltominor sforzo e a costo inferiore".Il machine learning system del Council - fornito da Digital Genius, uno specialista di SanFrancisco dei sistemi di costumer service - ha messo di fronte alla trasformazione in corsodi milioni di lavori white collar in tutto il mondo. L'inarrestabile avanzata della robotica edell'AI nei luoghi di lavoro ha concentrato l'attenzione ampiamente sull'impatto sul lavoromanuale. In molte parti del mondo in via di sviluppo che deve ancora vedere un'ondatadell'industrializzazione e la spinta occupazionale che può portare, c'è il timore di avere giàperso la loro chance, dato l'uso crescente dell'automazione nelle fabbriche.Tuttavia, il crescente potere del software, come Digital Genius,ha aperto la possibilità chenuovi sistemi intelligenti miglioreranno ampiamente la produttività in un range di lavorid'ufficio da ruoli impiegatizi a ruoli professional - che ridurranno qualche fatica dei lavoriservili ma potrebbe portare qualche persona a perdere le proprie posizioni.Nel Globotic Upheavel pubblicato all'inizio dell'anno, Richard Baldwin, professore dieconomia internazionale al Graduate Institute di Ginevra, prevede che i white collar jobssaranno cancellati più rapidamente dal cambiamento digitale che in ogni altra precedentetrasformazione economica."Il potenziale esplosivo deriva dal mismatch tra la velocità a cui viene iniettata energiadistruttiva dalla sostituzione di lavoro e la capacità del sistema di assorbirlo con lacreazione di nuovo lavoro" scrive Baldwin.L'impatto potenziale va oltre i ruoli relativamente basici del costumer service come quellodi Redwell, allargandosi a ruoli di servizio professionali come le assicurazioni e la leggeche sembravano dipendere interamente dal giudizio e dalla comprensione umana. Unaricerca dello scorso anno di PwC, the consultants, ha trovato che il 30% dei lavori nellafinanza e nelle assicurazioni nelle economie sviluppate sono a rischio entro il 20239 e chenello stesso periodo il 50% di tutti i ruoli impiegatizi negli stessi paesi sono messi inpericolo dall'automazione.

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Less effort, lower costMichaeel Lewis, chief executive di Claim Technology, i cui sistemi di machine learningautomatizzano i processi assicurativi, dice che le tecnologie AI rimuoveranno gli spettinoiosi e ripetitivi della gestione delle richieste assicurative e permetteranno ai dipendenti diconcentrarsi su "attività ad alto valore aggiunto"."L'intelligenza artificiale ci permetterà di fare....cose che prima non erano possibili e di farecose che sono possibili ora ma con molto minore sforzo e a costi inferiori e forniranno unamigliore customer experience" dice Lewis.Ma uno sguardo all'ancora indaffarato ufficio open space di Radwell solleva domande suquanto rapidamente si diffonderanno negli uffici i cambiamenti in corso.Digital Genius ha lasciato non riempiti due ruoli del team del customer service - altrimentiavrebbe dovuto assumere altro personale per gestire il volume crescente di richieste dallapopolazione in espansione nell'area. Ma il team occupa ancora 8 persone.Questa esperienza conferma le tesi di Richard Freeman, un professore di economiadell'Università di Harvard che studia l'impatto della tecnologia sul lavoro. Freemanprevede che poche aziende potranno fare cambiamenti come l'eliminazione in blocco deiloro uffici contabilità lasciando solo un paio di persone a gestire i computers."Penso che le distruzioni stanno andando più lentamente di quanto dichiarano le persone"ha detto in un seminario tenuto al programma business ed economia dell'Università diOxford a luglio.Redwell respinge l'idea che l'introduzione di Digital Genius minaccia le sue futureprospettive di lavoro dicendo che ha reso il team "più piccolo ma più versatile"."Possiamo caricarci di più cose e ci sono meno persone qui" dice "Non direi che mette arischio il mio lavoro - lo ha migliorato"Ci sono indubbiamente campi in cui i machine learning systems, che sono formati peranalizzare e rapidamente individuare modelli in quantità di dati troppo grandi per essereesaminati dagli umani, hanno dato ai dipendenti nuove straordinarie capacità.Engage talent, una start-up di Charleston, South Carolina, analizza i modelli diassunzione e di retention nelle aziende, tracciandoli da migliaia di dati pubblici, come iratings delle aziende su Glassdor, il sito per l'impiego, i ratings degli analisti, i movimentidei prezzi delle azioni e l'azione normativa per fare da consulenza ai clienti su questionicome qual'è il momento migliore per approcciare lo staff di un concorrente.Matt Pietsch, responsabile delle entrate a Engage Talent dice che i suoi modelli hannosegnalato in anticipo una serie di esuberi a Tesla, il produttore di auto elettriche. SecondoPietsch, dal suo modello erano spuntati segnali di insoddisfazione del personale mesiprima che Elon Musk. il chief executive dell'azienda twittasse a giugno sui piani diristrutturazione."Se sono un reclutatore e ho i dati dal nostro sistema e se voglio assumere personale diTesla, vorrei avvicinare i singoli il 1 aprile e non quando è stato già fatto l'annuncio e altri6.000 reclutatori stanno cercando di avvicinarli." dice Pietsch.

Fiducia nella tecnologiaE' una sfida molto più grande, tuttavia,adattare il machine learning nei ruoli esistenti in cui idatori di lavoro e i clienti sono abituati al forte senso di intuizione e di flessibilità delpersonale umano.Questi temi sono chiari nel basso blocco di vetro degli uffici di Swindon, diZurich,l'assicurazione svizzera, che gestisce tutto, dalla lavorazione delle denuncieassicurative alle funzioni di back-office come le risorse umane. Il personale a 85 miglia aovest di Londra ha visto qualche significativo beneficio dal processo di automazionerobotica (RPA) un a forma relativamente semplice di automazione che sostituisce tutte leprevedibili forme di lavoro impiegatizio. Tra i benefici dell'RPA c'è che il personale dellerisorse umane non spende più 3 giorni all'inizio di ogni mese per far quadrare leregistrazioni delle deduzioni programmate dalle buste paga con le deduzioni che

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veramente il sistema è tenuto a fare. Il software RPA fa la quadratura e evidenzia solo glierrori apparenti perchè li risolvano gli umani.L'RPA ha ridotto il numero dei lavoratori necessario in parti dell'attività di Zurich, sebbenel'azienda dica che cerca di riutilizzare quelli colpiti, spesso formandoli in automazione."Il team sa esattamente in quali registri guardare" dice Dan Humeiuk, un consulente perl'automazione di Zurich dice dello staff di HR. "Vanno e parlano ai membri del team ecercano senza tre giorni di inferno all'inizio di ogni mese."E' meno chiaro, tuttavia, se il machine learning sia in condizioni di sostituire il lavoro piùcomplesso e analitico di smistamento, come la valutazione delle denunce assicurative pergli incedenti e i furti. Alastair Robertson, capo del miglioramento e dell'automazionecontinua della Zurich in UK, è uno dei molti nel campo ad esprimere dubi sul fatto che gliattuali sistemi siano in grado di svolgere il compito.Quando Zurich portò avanti, tre anni fa, uno schema pilota usando il machine learning pervagliare le denunce, gli umani dovevano troppo spesso cancellare la decisione delcomputer perchè valesse la pena del cambio tecnologico."Mentre poteva dare un quadro approssimativo, gli individui dovevano comunquesubentrare" dice Robertson. "Lo abbiamo pilotato. Abbiamo trovato quello che il softwarepuò fare e quello che non può. Così non è qualcosa che abbiamo diffuso".La tesi che il machine learning sia incapace di eguagliare l'affidabilità e l'accuratezzaumana è diffusa. Ben Allgrove, capo della ricerca e sviluppo globali per lo studio legaleBaker McKenzie, dice che, nelle assicurazioni, solo gli operatori che gestiscono alti volumidi routine e denunce di basso livello hanno fino ad ora trovato utile la tecnologia.Diversi assicuratori - compresa la giapponese Fukoku Mutual Life - hanno detto chegestiscono le denunce di routine con machine learning systems. Wallmart, il retailer US,usa la tecnologia per gestire le denunce di incidenti del personale."Cos c'è in comune su questi due modelli di fatti è l'alto volume, altamente standardizzato"dice Allgrove. "Si, si può automatizzare . Quanto si può automatizzare dipendeprobabilmente (da quanto standard vuoi realizzare)."Anche per le organizzazioni che hanno avuto successo con il machine learning, c'è statoun costo e uno sforzo considerevoli. Se l'Aylesbury Vale District Council è fiducioso cheDigital Genius ha pagato in rcome bytermini di salari ridotti e miglioramento del servizio airesidenti locali, il council ha affrontato uno sfida enorme nell'alimentare il sistema con datia sufficienza circa i bisogni dei residenti.Maryvonne Hassal, assistant director per la trasformazione digitale del Council dice chesolo dopo 4 mesi di programmi pilota, il sistema ha cominciato a dimostrare sufficientecomprensione tale da essere uno strumento utile. "Devi lavorare con lui per aiutarlo adapprendere" dice.Per le aziende di servizi professionali più specialistici, lo sforzo richiesto per formare unsistema è spesso alto in modo ingiustificato, dice Allgrove. Dice inoltre che i managers"sottostimano enormemente" il costo dell'introduzione dei machine learning systems." Bisogna stabilire dove hanno senso gli investimenti quando l'industria legale è cosìframmentata e segmentata che è difficile trovare una giustificazione economica" dice "Almomento non è facile trovare gli usi principali che abbiano senso economico".Invece i lavoratori è probabile che trovi la graduale introduzione, accanto ad essi, di nuovetecnologie evolutive. Allgrove confronta il processo di come sono scomparsi dagli uffici ilpool di segreteria ma molti assistenti personali sono ancora occupati presso i seniorexecutives."I lavori individuali cambieranno con le organizzazioni" prevede "Ma si avrà ancorabisogno delle persone. Cambierà lo skill-set che utilizzano e cosa fanno realmente".

Una questione di giudizioIl prof.Freeman ha detto al seminario di luglio ad Oxford che le persone spesso siaspettano una rapida introduzione delle nuove tecnologie negli ambienti white collar. Li

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vedono come simili ai ruoli blue collar nei quali un robot può essere spesso inserito in unprocesso senza distruggere il sistema più ampio.Ma questo mal comprende come i ruoli white collar tanno all'interno della maggior partedelle organizzazioni. "Se sta introducendo l'ultimo software per la contabilità, l'aziendadeve cambiare il modo in cui fa il resoconto, i controlli, un sacco di cose" ha detto "E'veramente un processo di aggiustamento molto più lento".Alcuni partecipanti sono fiduciosi che i miglioramenti nella machine learnig technology allafine porterà all'interno della sfera dell'automazione compiti come la valutazione delledenunce assicurative. Robertson della Zurich riconosce che è disponibile un software chesta "cominciando ad andare su quella rotta" sebbene la sua azienda non sia ancorapronta ad utilizzarlo.Ma, per molti che sono coinvolti, l'esperienza dell'automazione del lavoro dellaconoscenza ha rinforzato non solo le possibili nuove tecnologie ma anche i moltivantaggi, che continuano, dell'uso di umani intelligenti e flessibili.Allgrove riconosce che sempre più gli avvocati utilizzano i machine learning systemscapaci di leggere numeri enormi di rilevanti casi legali per valutare le loro possibilità disuccesso in un dato caso. Ma insiste che i migliori giudizi legali e le loro relazioni coiclienti ancora surclassano tale software."Gli avvocati più creduti sul mercato dicono "probabilmente abbiamo solo il 50% dipossibilità di vincere ma è un caso che va combattuto" dice " sentiamo che il mondo ècambiato; le posizioni sociali sono leggermente cambiate; la natura del banco dei giudici ècambiato".Riecheggiando le opinioni delle persone in molti settori white collar, Allgrove insiste chelacapacità di esercitare tali sfumature di giudizio resta uno "skill di alto valore"."Penso che nel futuro prevedibile - con questo intendo 10 anni - tale skill è ancora valido"dice Allgrove.

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Financial Times 1.10

La tecnologia da sola non può salvare il pianeta(John Thornhill)

Lo scontro intellettuale che ho visto una volta tra un economista neoclassico e unappassionato ambientalista resta fisso nella mia memoria, anche se ebbe luogo in unaconferenza in Francia più di 10 anni fa.Con la sua logica glaciale l’economista respinse l’allarme sull’irreversibilità delcambiamento climatico. Per definizione, uno sviluppo insostenibile non poteva esseresostenibile, sostenne. Se il riscaldamento globale diventasse in futuro un problemasufficientemente grande, allora la richiesta di una soluzione evocherebbe una correzione.Il mercato avrebbe magicamente prodotto la risposta.Dietro buona parte del responso sull’emergenza climatica in mostra al summit dell’ONU aNew York, la settimana scorsa, ancora questa fede cieca. Anche se non possiamoprevedere la forma esatta che assumeranno, continua la tesi, le forze del mercato el’innovazione tecnologica sicuramente troveranno una soluzione. Perché fermare losviluppo dei paesi poveri e privare del lavoro i minatori del carbone oggi quandol’innovazione tecnologica gestirà il problema domani?C’è una remota possibilità che gli ideologhi del libero mercato abbiano ragione. L’umanitàè capace di straordinaria ingenuità. Può anche essere che dobbiamo ancora inventare lamadre di tutte le macchine per la decarbonizzazione in risposta alla più grandeopportunità di investimento della nostra era. Ma scommettere tutto che questo avverràpresto è un diamine di scommessa con il futuro del nostro pianeta.Se, come sostengono gli ambientalisti, ci fosse il 75% di possibilità dello schianto sullaterra di un asteroide nel 2050. Allora sicuramente mobiliteremmo oggi tutte le nostrerisorse per evitare tale catastrofe. Perchè non rispondere al riscaldamento globale con lastessa urgenza?Edward Perello, un investitore del Deep Science Ventures, che sostiene le tecnologieambientali promettenti, dice che la sfida più grande è far crescere le soluzioni abbastanzarapidamente per gestire la magnitudine del problema.“Il mercato ha la capacità di offrire la tecnologia quando ne arriva la domanda?” chiede “Latecnologia da sola non risolverà il problema, certamente non nel quadro temporalenecessario” è la sua risposta.La rivista Economist è d’accordo: “Purtroppo per qualche decennio, le tecnologie in gradodi portare emissioni negative per milioni di tonnellate all’anno a prezzi ragionevoli nonesisteranno”.Non è il modo di sminuire le stupefacente – e disperatamente necessario – progressotecnologico che si è fatto in molti campi ambientali negli ultimi anni. I costi dell’energiasolare, nell’ultimo decennio, si sono ridotti di più dell’80%. Il miliardario tech Elon Musk haaiutato ad aprire la strada di una rivoluzione dell’auto elettrica producendo le “cool” autoTesla. Nel 2015, due dozzine di governi hanno lanciato Mission Innovation, che ha fino adora allocato $4.6 miliardi nella ricerca dell’energia pulita. Il governo cinese hamassicciamente investito nell’energia rinnovabile. La Breakthrough Energy Coalitionsostenuta da Bill Gates della Microsoft e altri investitori privati sta anch’essa esplorando ilpotenziale di tutti i tipi di tecnologie ambientali, dai reattori di prossima generazione, alsequestro dell’anidrite carbonica, alla prevenzione della flatulenza bovina. L’EU sta a suavolta sostenendo un venture fund collegato di 100 milioni di euro.Ma Gates conviene che è necessario un cambio sistemico molto più grande nei modidella governance dell’economia globale. “Per impedire che il pianeta diventisostanzialmente più caldo, ci servono innovazioni su come facciamo le cose – non solocome diamo energia alle nostre case e alle nostre auto” ha scritto in un blog post.Fiona Cousins, una responsabile di Arup, una engineering company, dice che, con gli

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incentivi giusti e una sufficiente volontà, si può fare molto di più con le esistenti tecnologieper tagliare le emissioni dannose di gas. Per esempio, usiamo un’enorme quantità dienergia per riscaldare e raffreddare gli ambienti. La risposta è elettrificarli e poidecarbonizzare l’offerta di elettricità. Sostituire le vecchie caldaie, istallare isolanti esviluppare sistemi di machine learning per regolare l’offerta e la domanda fa la differenza.Il problema è che nella corsa contro la fisica, vincere lentamente significa ancora perdere,come ha sostenuto lo scrittore Bill McKibben. In tal senso, la nostra crisi ambientalerappresenta il definitivo fallimento del mercato. Non possiamo affidarci solo al mercato perrisolvere il problema che esso ha contribuito ad alimentare. Per salvare il pianeta, servonoanche il potere e la definizione della mission dei governi, la mobilitazione della forza dellasocietà civile e radicali cambiamenti nel comportamento dei consumatori.“Dobbiamo cercare di fare tutto se vogliamo che le emissioni nette si riducano a zero”dice Cousins. “Non abbiamo molti ammortizzatori a disposizione”.

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The New York Times 1.10

La chiesa del tecno-ottimismo(Margaret O’Mara prof.storia della UNiversity of Washington a Seattle)

Qual è la politica di Silicon Valley? Non è facile saperlo. Nel 2016, Democratici e Big Techerano stretti alleati. Quasi tutto il denaro donato dai lavoratori tech ai candidatipresidenziali quell’anno è andato a Hillary Clinton, che testò il suo messaggio economicoin comizi a Silicon Valley.Quattro anni dopo, quasi tutti i candidati democratici per le elezioni 2020 assalgonoqueste stesse aziende accusandole di essere monopoli confusi dalla ricchezza. Anche ifavoriti si Silicon Valley sembrano non essere così amici. Pete Buttigieg, cha ha raccoltodenaro dagli amministratori delegati di diverse tech companies, si è alzato a difesa deilavoratori di Uber e Lyft in una recente manifestazione.“Sono qui perché da dove vengo, gig è un’altra parola per lavoro, e questo significa che sefate un gig work siete lavoratori e dovreste essere protetti come lavoratori”. Andrew Yang,egli stesso un imprenditore tech, ha chiesto il rafforzamento della legge anti trust e hacriticato gli effetti dei social media sulla salute mentale.I repubblicani credono che il tech stia sostenendo l’agenda liberal. La Casa bianca diTrump ei parlamentari di Capitol Hill hanno dichiarato che le piattaforme social mediastanno censurando le voci del conservatori. “Se non è un pregiudizio, allora cos’è?” haribollito un gruppo di senatori repubblicani in una lettera recente sulla etichettatura dimateriale riferito all’aborto su Facebook.Malgrado tutta questa attenzione, audizioni al congresso, inchieste antitrust degli stati emulte fatte dalla Federal Trade Commissione, le più grandi tech companies di SiliconValley protestano debolmente di non parteggiare per nessuno. Tutto quello che stannocercando di fare è “trovare un equilibrio” e “aumentare la salute del discorso pubblico”.Ma Silicon Valley ha una politica. Non è né liberal né conservatrice. Non è libertaria,malgrado le copie con le orecchie segnalibro dei romanzi di Ayn Rand che si possonotrovare sparpagliate nei cubicoli delle start up di Palo AltoE’ il tecno-ottimismo: il credere che la tecnologia e i tecnologisti stiano costruendo il futuroe che il resto del mondo, ivi compresi i governi, devono rincorrerli.E tale credo brucia intensamente, non offuscato dai rinculi anti-tech." Sta ora a tutti noiinsieme domare questa tremenda energia a beneficio di tutta l'umanità" ha detto in undiscorso sull'intelligenza artificiale nel novembre 2018 il venture capitalist Frank Chen."Costruiremo una strada per lo spazio" ha dichiarato Jeff Besos nel rendere pubblici i pianiper un allunaggio lunare la primavera prossima. E come ha recentemente chiesto ai suoiazionisti di Tesla Elon Musk,"Faremmo tutto ciò se non fossimo ottimisti?"Ma questo è ben di più che la sola Silicon Valley. Il tecno-ottimismo ha radici profondenella cultura politica americana, e nel suo credo nella ingegnosità americana e nelprogresso tecnologico. Fare i conti con questa storia è cruciale per la discussione su comeimbrigliare il potere, apparentemente senza limiti, del Big Tech.Il linguaggio del tecno-ottimismo appare per la prima volta nella retorica della politicaamericana dopo la seconda guerra mondiale."Scienza, la frontiera infinita" era il titolo delreport del 1945 di Vanner Bush, il capo consulente scientifico di Franklin Roosvelt e HarryTruman, in cui cominciava a spuntare il tecno-ottimismo e che mise in movimento unaspesa pubblica senza precedenti nel periodo post-bellico su ricerca e sviluppo.L'ondata di soldi trasformo la valle di santa Clara e fece della Standford University unacentrale di ingegneria. Dwight Eisenhower riempì la Casa Bianca di consulenti chedefiniva "i miei scienziati". John Kennedy, annunciando nel 1962 il colpo di lunadell'America, dichiarò che "L'uomo, in questa domanda di conoscenza e progresso, èdeterminato e non può essere trattenuto".In un discorso del 1963, un fondatore della Hewlett-Packard, David Packard, ripercorrendo

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la sua vita durante la Depressione, si meravigliava che il mondo in cui viveva, dando moltocredito all'innovazione tecnologica non ostacolata dell'interferenza burocratica: "Radio,televisione, il vasto insieme di pubblicazioni di tutti i tipi portano alla maggioranza dellagente ovunque nel mondo informazione considerevolmente dettagliata, su cosa avvienealtrove. Si sono aperti gli orizzonti e si sono generate nuove aspirazioni".L'umore è cambiato negli anni '70. La spesa militare è diminuita e la competenza dellamano pubblica è caduta in disgrazia. Richard Nixon sciolse il suo science advisory councile incoraggiò l'imprenditoria privata a riempire il gap. E, negli anni '80, è arrivata da solauna nuova generazione di tecnologi. Gli uomini e le donne che hanno costruito aziendecome Apple e Atari credevano ancora nella tecnologia. Mettere un computer su ogniscrivania e permettere la comunicazione in rete, essi credevano, avrebbe potuto rimediareai fallimenti e alle ingiustizie della società. Ma spesso avevano una politica radicalmentediversa dai repubblicani che avevano guidato la prima ondata tech della valle. Il Vietnam eil Watergate avevano distrutto la loro fiducia nel governo. Quest'ultimo non era il piùimportante patrono e utente del tech. Invece, era diventato un simbolo di cose andatemale, della stagflazione e della burocrazia.Il disprezzo era chiaro. "Non ho mai votato per un candidato presidenziale"dichiarò SteveJobs nel 1984. "Non ho mai votato in tutta la mia vita".Charlie Sporck, capo di nationalSemiconductor, è stato anche più chiaro: "Ero anti-governo e vedevo tutti i politici come unbranco di bastardi". Quando magnati come Jobs e Sporck andavano a Washington,sostenevano tagli alle tasse e deregolamentazione e non l'investimento scientifico comenell'epoca precedente. I loro commenti riflettevano una più ampia antipatia verso ilgoverno che è di gran lunga più importante del pensiero economico liberista percomprendere Silicon Valley.I leaders dall'America hanno amplificato e rafforzato tale messaggio. "Questi imprenditori ele loro piccole aziende sono responsabili di quasi tutta la crescita economica negli US"dichiarò nel 1988 Ronald Reagan. "Sono i motori principali della rivoluzione tecnologica".Il tecno-ottimismo si è sviluppato affianco ai due partiti principali. I conservatori, fautoridello small government del tech si sentirono ignorati da G.W.Bush e lasciati indietroperchè il partito repubblicano aveva abbracciato il conservatorismo sociale. Una nuovagenerazione di parlamentari democratici adottò le priorità dell'high-tech. Bill Clinton lavoròcon Silicon Valley per plasmare la policy di internet e promosse l'idea dell'eliminazione del"digital divide" come soluzione per l'iniquità economica. Barack Obama suonava notesimili. "Che magnifica cattedrale avete contribuito a costruire" dichiarò in un discorso del2015 al cybersecurity summit di Standford.Così quando Mark Zuckerbergparla di "avvicinare il mondo" egli costruisce su un sistemavecchio di decenni, sostenuto da parlamentari di entrambi i partiti, che sostiene che icomputer in rete sono strumenti di liberazione (anche se non è del tutto chiaro chi èliberato da cosa) e che più connessione, più trasparenza e più potenza tecnologica inqualche modo "renderanno il mondo un luogo migliore" (anche se non è del tutto chiarocosa è meglio e per chi)Quando le più potenti tech companies sembrano in differenti alle richieste di riforma deipolitici, malgrado la minaccia di sanzioni e azione antitrust, seguono la guida dei loroeroi, che credevano che il meglio che il governo potesse fare era togliersi di mezzo.E malgrado la reazione bipartisan in Congresso contro il Big Tech, i policymakers non sisono allontanati da loro credo fondamentale di tecno-ottimismo.I politici e i policymakers guardano all'industria tech per potenziare l'economia - e forseanche per "risparmiare" le città delle miniere del carbone e del manifatturieroprogrammando sia campi di addestramento che centri di esecuzione in Amazzonia.Quando il Congresso chiede che le aziende dei media trovino soluzioni tecniche allaproliferazione dei discorsi di odio o delle ingerenze elettorali, c'è un sotto-testo:La rispostanon è meno tecnologia; è una tecnologia diversa e migliore.C'è ancora molto di lodevole nel tecno-ottimismo americano, ma i punti di ciechi di Silicon

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valley sono penosamente chiari. L'avversione alla politica ha lasciato i tech leader maleattrezzati a gestire gli ostacoli politici che ostacolano la strada dei loro sogni tecno-ottimisti - come persuadere le città a finanziare l'infrastruttura per sostenere le auto senzaautista, o costruire il consenso sul cambiamento climatico senza il quale la tecnologia deicarburanti puliti può essere senza significato.La'America non ha bisogno di un altro "Science and Endless Frontier".Ma ha bisogno diuna rinnovata determinazione ad assumere alcune delle sfide principali del globo e diriconoscere che sia il governo che l'industria debbono modificare le loro priorità permettersi in condizione di affrontarle.

Project Syndicate 13.12

Stato e rivoluzione tecnologica (Benedict Macon-Cooney ex adviser di Tony Blair)

Una delle lezioni più importanti della prima rivoluzione industriale è che periodi diprofondi cambiamenti tecnologici richiedono una trasformazione altrettanto radicaledello stato. Purtroppo, troppi politici si sono aggrappati alla retorica delridimensionamento invece di abbracciare ciò che la nuova distribuzione tecnologicaha da offrire.

Il seguente account dovrebbe sembrare familiare. Nel corso di decenni, i talentidell'innovazione riprogettano la società, si diffondono in diversi paesi e regioni emodificano radicalmente ogni aspetto della vita. I politici, lenti nel rispondere alle nuovesfide, centralizzano il potere e perseguono forme di controllo più vecchie e più familiari, siache si tratti di statalismo tradizionale che nazionalismo aggressivo o entrambi. Ma latecnologia continua a forzare il cambiamento, e inevitabilmente riordina l'insediamentopolitico, economico e sociale.Questa descrizione si applica sia alla prima rivoluzione industriale sia al nostro momentoattuale. In un modo o nell'altro, l'ondata della rivoluzione tecnologica in atto oggi richiederàuna nuova teoria dello stato.Nel diciannovesimo secolo, una confluenza di fattori sociali, scientifici ed economici hacreato le condizioni per l'ascesa del moderno stato-nazione. E nel giro di un paio digenerazioni, la vita è cambiata radicalmente, con la crescita alle stelle della popolazione,l'aumento dei redditi e delle aspettative di vita. Nel Regno Unito, il Great Reform Act del1832 e varie innovazioni nei media hanno portato molte più persone nel processo politico.Giornali come The Guardian e The Economist sono diventati sempre più influenti nel dareforma al dibattito pubblico. Ma le riforme del periodo sono state principalmente unarisposta alla crisi, piuttosto che il risultato di analisi spassionate e di attenta deliberazione.Essendo nata dalla rivoluzione, la democratizzazione ha sempre minacciato di nuovo larivoluzione.Inizialmente, la Rivoluzione industriale fu accolta con una politica di estrema laissez-faire ,perché quello era il modo migliore per l'aristocrazia proprietaria della terra disalvaguardare il suo privilegio. Dall'ascesa del Partito liberale, sotto la guida di pensatoricome Leonard Hobhouse, l'azione collettiva ha iniziato a dare maggiore libertà positiva aicittadini medi. Queste forze progressiste, tra cui alcuni dei fondatori del Partito Laburista,hanno inaugurato un'era di politiche radicali che alla fine avrebbe portato a un nuovocontratto sociale.

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Come oggi, quel periodo era caratterizzato da divisioni politiche tra vecchio e nuovo,tradizione e modernità e sistemi aperti e chiusi. E, come oggi, i movimenti politici che sisono dimostrati più efficaci sono stati quelli che hanno capito la natura del cambiamentoche stava avvenendo.La tecnologia sta ancora una volta sovvertendo istituzioni di vecchia data e aggirando itradizionali guardiani. Coloro che sono in grado di dominare le dinamiche dell'attualerivoluzione e di offrire un nuovo modello di stato diventeranno la prossima grande forza inpolitica.Al centro della rivoluzione di oggi c'è il processo generalmente noto come globalizzazione.Mai prima d'ora è stato così facile spostare persone, informazioni, capitali e beni in tutto ilmondo. Nella prima Rivoluzione Industriale, una nuova classe media era consideratacome "campi sociali da conquistare per l'importazione dell'ananas". Oggi, innumerevolibeni sono a portata di clic.Nel frattempo, le società che hanno aperto i loro confini digitali posso ora importare unavasta cornucopia di informazioni. Internet è un immaginarium che facilita la costantegenerazione di nuove idee e l'arricchimento della conoscenza. Coloro che ne fanno ilmiglior uso prospereranno nell'economia del futuro.Ma, come sempre, ci sono dei compromessi. Internet ha anche fornito una piattaforma aestremisti e demagoghi per seminare discordia e polarizzazione. E nelle società chiuse, larivoluzione digitale è diventata una forza centralizzante, fornendo ai regimi autoritarimetodi ancora più potenti di controllo sociale.Di fronte al rapido cambiamento guidato dalla tecnologia, le forze sia della sinistra politicache della destra si sono impossessate di diverse forme di malcontento. A destra, larisposta dominante è stata nazionalista, sfruttando il senso di sicurezza che molte personederivano dall'identità di gruppo durante periodi di profonda incertezza e perdita di controllo.A sinistra, originariamente campione del lavoro durante la Rivoluzione industriale,l'attenzione si è concentrata sui lavoratori "lasciati indietro" dalla globalizzazione. Anchequesta reazione è caduta in uno schema tipico, con la soluzione proposta di un ritornoindietro nel tempo affidando allo stato un maggiore controllo, piuttosto che perseguire leriforme per la modernizzazione.In questo contesto, pochissimi politici parlano di come la tecnologia può essere utilizzataper trasformare la società in meglio. I dibattiti sul fatto che lo stato sia troppo grande otroppo piccolo sono obsoleti; la domanda è se lo stato moderno sia abbastanza agile dafavorire l'innovazione, la concorrenza e il fiorire su vasta scala nella nuova economia.A tal fine, i governi dovrebbero ri-orientarsi attorno alle nuove tecnologie, culture e modellioperativi che si stanno già evolvendo organicamente da soli. E dovrebbero esplorarenuove strade dell'innovazione in settori come l'istruzione, l'assistenza sanitaria e la politicaclimatica. In un modo o nell'altro, sta arrivando l'adozione diffusa dell'intelligenza artificialee i responsabili politici dovranno risolvere spinose domande sulla governance dei dati,sulla privacy e la regolamentazione. E al di là delle imposte, delle spese e delle normativetradizionali, i sistemi esistenti per la fornitura di servizi pubblici dovranno essere adattati alcambiamento delle realtà.Questa visione non riflette l'utopismo tecnologico, ma l'ottimismo condizionale. Dobbiamomantenere la fiducia nel potere dell'ingegno umano di migliorare la società. E dovremmoincoraggiare i leader progressisti a mettere la tecnologia al centro dei loro programmipolitici, a dimostrare che rappresentano la modernizzazione piuttosto che ilridimensionamento o il ritorno a idee storicamente esaurite.La prima rivoluzione industriale ci ha insegnato che il potere della tecnologia dipende inultima analisi dalle persone e che l'energia che sblocca non dovrebbe essere trattenuta,ma guidata verso fini costruttivi. Coloro che si adattano per primi saranno nella posizionemigliore per modellare il futuro.

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Project Syndicate 31.8

Non sprecare la rivoluzione tecnologicaChristopher Pissarides (premio Nobel e prof. London School of Economics) , JacquesBughin (direttore mcKinsey Global Institute)

Come le passate ondate di innovazione tecnologica, la nuova era dell'intelligenzaartificiale e dell'automazione promette una maggiore produttività, salari più alti euna durata della vita ancora più lunga per tutti. Ma realizzare questo potenzialerichiederà ai governi e alle imprese di gestire attentamente lo sviluppo e ladiffusione delle tecnologie di frontiera.

LONDRA - La discussione pubblica sugli effetti dell'automazione e dell'intelligenzaartificiale (AI) spesso si concentra sui vantaggi di produttività per le aziende e l'economia,da un lato, e sul potenziale svantaggio per i lavoratori, dall'altro. Esiste tuttavia una terzadimensione critica da non trascurare: l'impatto delle nuove tecnologie sul benessere.Storicamente, l'innovazione tecnologica ha avuto effetti positivi sul benessereestendendosi ben oltre ciò che viene catturato dalle metriche economiche standard comeil PIL. Vaccinazioni, nuovi prodotti farmaceutici e innovazioni mediche come i raggi X e larisonanza magnetica hanno notevolmente migliorato la salute umana e aumentato lalongevità. Oggi, anche i paesi con le aspettative di vita più basse al mondo hanno unadurata di vita media più lunga rispetto ai paesi con le aspettative di vita più alte nel 1800.Inoltre, circa un terzo degli aumenti di produttività delle nuove tecnologie nel secolo scorsoè stato convertito in riduzione di ore di lavoro, sotto forma di ferie annuali retribuite piùlunghe e, in alcune economie avanzate, del quasi dimezzamento della settimanalavorativa.Ora che viene adottata una nuova generazione di tecnologie, la domanda è se seguirannobenefici simili al benessere o se i timori della disoccupazione tecnologica creeranno nuovefonti di stress, minando la fiducia e la spesa dei consumatori.Nel cercare di rispondere a tali domande, ci si dovrebbe concentrare su due fattoridecisivi. Il primo è il potenziale dell'innovazione per migliorare il benessere. L'intelligenzaartificiale, in particolare, potrebbe migliorare sostanzialmente la qualità della vita dellepersone, aumentando la produttività, generando nuovi prodotti e servizi e aprendo nuovimercati. La ricerca di McKinsey & Company sull'attuale trasformazione digitale rileva chele applicazioni AI stanno già facendo esattamente questo e continueranno a farlo.Inoltre, le aziende che implementano l'IA allo scopo di favorire l'innovazione, piuttosto cheper la sostituzione del lavoro e la riduzione dei costi, avranno probabilmente il maggiorsuccesso; man mano che si espandono, assumeranno nuovi lavoratori. Nell'assistenzasanitaria, ad esempio, l'IA ha autorizzato i fornitori a offrire diagnosi migliori e precedenti dimalattie potenzialmente letali come il cancro, nonché trattamenti personalizzati.Il secondo fattore decisivo è l'approccio adottato da aziende e governi per gestire l'arrivo dinuove tecnologie. L'intelligenza artificiale solleva importanti questioni etiche, in particolarein settori quali la genomica e l'uso dei dati personali, e la necessità di acquisire le nuovecompetenze necessarie per utilizzare le macchine intelligenti può causare stress einsoddisfazione. La migrazione dei lavoratori attraverso i settori può essere una fonte diattrito significativa, aggravata da disallineamenti settoriali, vincoli di mobilità e costi(temporali e finanziari) di riqualificazione.Criticamente, gli attriti sul mercato del lavoro creati dalle tecnologie di frontiera odiernepossono influenzare segmenti della popolazione che in passato erano immuni da talirischi. Per evitare gravi perturbazioni, i responsabili politici dovrebbero concentrarsi sullafornitura di riqualificazione su larga scala, al fine di dotare i lavoratori di competenze "aprova di robot" e garantire fluidità nel mercato del lavoro.

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Indirizzando lo sviluppo di nuove tecnologie verso l'innovazione per il miglioramento delbenessere e gestendo gli effetti della diffusione tecnologica sul mercato del lavoro,possiamo aumentare non solo la produttività e i redditi, ma anche la durata della vita, chea sua volta può alimentare un PIL più elevato.Il calcolo dei probabili effetti dell'innovazione per il benessere è un processo complesso.Nella nostra valutazione , abbiamo sviluppato metodi di quantificazione del benesseresviluppati dagli economisti Charles Jones e Peter Klenow della Stanford University,nonché da altri nel crescente campo della ricerca sulla felicità. Usando un modelloschematico di avversione al rischio costante come parametro di riferimento, scopriamoche gli Stati Uniti e l'Europa potrebbero sperimentare guadagni in termini di benesserederivanti dall'IA e da altre tecnologie di frontiera che superano quelle fornite, negli ultimidecenni, dai computer e dalle precedenti forme di automazione. D'altra parte, se latransizione tecnologica non è gestita correttamente, gli Stati Uniti e l'Europa potrebberosperimentare una crescita del reddito più lenta, un aumento della disuguaglianza e delladisoccupazione e la riduzione del tempo libero, della salute e della longevità.Una scoperta rivelatrice della nostra ricerca è che la minaccia ai redditi e all'occupazione èpresente in tutti gli scenari probabili, il che significa che non può essere respinta oignorata. Se i prevedibili effetti negativi del passaggio a un'economia della conoscenzaautomatizzata non vengono affrontati, molti dei potenziali benefici potrebbero esseresprecati. I politici dovrebbero prepararsi per uno sforzo di riqualificazione sulla scala deldisegno di legge del 1944 negli Stati Uniti.Tra le altre cose, oggi i governi hanno un ruolo fondamentale nel fornire istruzione eriprogettare i curricula per enfatizzare le competenze tecniche e l'alfabetizzazione digitale.Possono inoltre utilizzare la spesa pubblica per ridurre i costi di innovazione per le impresee orientare lo sviluppo tecnologico verso fini produttivi attraverso appalti e mercati aperti.Ma anche i leader aziendali devono affrontare la sfida. Se le aziende adottano unapproccio di interesse personale illuminato rispetto all'intelligenza artificiale eall'automazione - ciò che chiamiamo "responsabilità sociale tecnologica", possono offrirevantaggi sia alla società che ai propri profitti. Dopotutto, ai lavoratori più produttivi possonoessere pagati salari più alti, aumentando così la domanda di prodotti e servizi. Peracquisire i vantaggi di vasta portata delle tecnologie digitali, dell'intelligenza artificiale edell'automazione, dovremo trovare un equilibrio accurato, promuovendo sia l'innovazionesia le competenze per sfruttare qualunque cosa scateni.

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Project Syndicate 18.9

Le conseguenze economiche dell'automazione Robert Skidelsky

La teoria economica non fornisce una risposta chiara riguardo all'impattocomplessivo del progresso tecnologico sull'occupazione. E anche se l'automazioneè stata tradizionalmente vantaggiosa a lungo termine, i responsabili politici nondovrebbero mai ignorare i suoi effetti dirompenti a breve termine sui lavoratori.

LONDRA - Mentre la Brexit conquista i titoli dei giornali nel Regno Unito e altrove, lamarcia silenziosa dell'automazione continua. La maggior parte degli economisti vedefavorevolmente questa tendenza: la tecnologia, a loro dire, può distruggere posti di lavoroa breve termine, ma crea nuovi e migliori posti di lavoro a lungo termine.La distruzione di posti di lavoro è chiara e diretta: un'azienda automatizza un nastrotrasportatore, il checkout di un supermercato o un sistema di consegna, mantiene undecimo della forza lavoro per la supervisione e licenzia il resto. Ma quello che succededopo è molto meno ovvio.L'argomentazione economica standard è che i lavoratori colpiti dall'automazioneinizialmente perderanno il lavoro, ma la popolazione nel suo insieme verràsuccessivamente compensata. Ad esempio, l'economista premio Nobel ChristopherPissarides e Jacques Bughin del McKinsey Global Institute sostengono che una maggioreproduttività derivante dall'automazione "implica una crescita economica più rapida, unamaggiore spesa per i consumatori, una maggiore domanda di lavoro e quindi unamaggiore creazione di posti di lavoro".Ma questa teoria della compensazione è troppo astratta. Per cominciare, dobbiamodistinguere tra innovazione "salva-lavoro" e "aumento del lavoro". L'innovazione diprodotto, come l'introduzione dell'automobile o del telefono cellulare, sta aumentando illavoro. Al contrario, l'innovazione di processo o l'introduzione di un metodo di produzionemigliorato fa risparmiare lavoro, poiché consente alle aziende di produrre la stessaquantità di un bene o servizio esistente con un minor numero di lavoratori.È vero, i nuovi posti di lavoro creati dall'innovazione di prodotto possono esserecompensati da un "effetto di sostituzione", poiché il successo di un nuovo prodotto fa sìche il lavoro impiegato nella produzione di uno vecchio diventi ridondante. Ma la sfida piùgrande viene dall'innovazione di processo, perché questo sposta sempre e solo i posti dilavoro e non ne crea di nuovi. Laddove l'innovazione di processo è dominante, solo imeccanismi compensativi possono aiutare a prevenire l'aumento della disoccupazione, oquella che l'economista britannico David Ricardo ha definito la "ridondanza" dellapopolazione.Esistono diversi meccanismi di questo tipo. In primo luogo, l'aumento dei profitti porterà aulteriori investimenti in nuove tecnologie e quindi in nuovi prodotti. Inoltre, la concorrenzatra imprese comporterà una riduzione generale dei prezzi, un aumento della domanda diprodotti e quindi della manodopera. Infine, la riduzione dei salari causata dalladisoccupazione tecnologica iniziale aumenterà la domanda di manodopera e indurrà ilritorno a metodi di produzione più ad alta intensità di lavoro, assorbendo i lavoratori inesubero.La rapidità di funzionamento di questi meccanismi di compensazione dipenderà dallafacilità con cui il capitale e il lavoro si spostano tra professioni e regioni. L'introduzionedella tecnologia per il risparmio di manodopera comporterà una riduzione dei prezzi, maridurrà anche i consumi dei lavoratori licenziati. È quindi questione di quale effetto sia piùveloce. Gli economisti keynesiani sostengono che la caduta della domanda di benirisultante dalla disoccupazione precederà, e quindi dominerà, la riduzione dei prezzirisultante dall'automazione. Ciò comporterà un ulteriore aumento della disoccupazione,

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almeno nel breve periodo.Inoltre, anche se tali perdite di posti di lavoro fossero solo un fenomeno a breve termine,l'effetto cumulativo di una serie di innovazioni per il risparmio di manodopera nel tempopotrebbe creare disoccupazione a lungo termine. Un efficace meccanismo diadeguamento dei prezzi, poi, presume la prevalenza generale della concorrenza. Ma in unmercato oligopolistico, un'azienda può usare i suoi risparmi sui costi per aumentare iprofitti piuttosto che ridurre i prezzi.Tali considerazioni rafforzano l'opinione contemporanea secondo cui i vantaggidell'automazione sono a lungo termine, con la "ridondanza" destinata a salire durante il"periodo di transizione". Ma quando la transizione può durare per decenni, come riconosceun recente rapporto del McKinsey Global Institute, non è sorprendente che i lavoratorisiano scettici su questa serie di argomenti di risarcimento.Karl Marx ha sostenuto che tali processi compensativi non esistono, né a breve né a lungotermine. La storia che ha raccontato quindi non ha un lieto fine per i lavoratori - almenonon sotto il capitalismo.Marx ha affermato che la concorrenza obbliga le singole aziende a investire il più possibiledei loro profitti in macchinari per il risparmio di manodopera, vale a dire per la riduzione deicosti. Ma una maggiore meccanizzazione non avvantaggia i capitalisti come classe. Èvero, il primo motore gode di un vantaggio temporaneo perchè "accelera il declino dellecurve del costo medio", come sostiene Joseph Schumpeter nella sua Storia dell'analisieconomica e perchè annichilisce le aziende più deboli nel processo. Ma la concorrenzadiffonde poi la nuova tecnologia ed elimina rapidamente qualsiasi super-profittotemporaneo.Ripristinare il saggio di profitto, sosteneva Marx, richiede un "esercito di riserva didisoccupati" sempre più grande. Così, ha scritto, la meccanizzazione "ha gettato ilavoratori sul marciapiede". Per Marx, la disoccupazione ha essenzialmente un caratteretecnologico. E anche se l'esercito di riserva viene temporaneamente assorbito dalla forzalavoro durante le esplosioni di grande prosperità, la sua esistenza continua porta a unpauperizzazione sempre crescente nel lungo periodo.Per Marx, quindi, la sequenza di eventi a lungo termine era esattamente l'opposto dellavisione ortodossa: la meccanizzazione crea prosperità febbrile a breve termine, ma acosto di un degrado a lungo termine.Gli effetti distributivi dei mutamenti tecnologici sono da tempo presenti in primo piano nellediscussioni tra gli economisti. Nel suo libro The Theory of Wages del 1932, John Hicks hasviluppato l'idea dell'innovazione indotta. Egli ha sostenuto che i salari più alti,minacciando il tasso di profitto, avrebbero spinto le imprese a economizzare sull'uso dellavoro perché questo fattore di produzione era diventato relativamente più costoso.L'automazione dell'economia non è quindi semplicemente il risultato di una maggiorepotenza di calcolo, secondo la Legge di Moore, ma dipende dalle variazioni del costorelativo del lavoro e del capitale.Questi sono argomenti tecnicamente complicati. Ma la teoria economica evidentementenon fornisce una risposta chiara per quanto riguarda l'effetto a lungo termine del progressotecnologico sull'occupazione. La migliore conclusione che possiamo trarre è che l'impattodipenderà dall'equilibrio tra innovazione di prodotto e di processo e da fattori come lo statodella domanda, il grado di concorrenza sul mercato e l'equilibrio di potere tra capitale elavoro.Queste sono tutte aree importanti in cui i governi possono intervenire. Anche sel'automazione è stata tradizionalmente vantaggiosa a lungo termine, i responsabili politicinon dovrebbero ignorare i suoi effetti dirompenti a breve termine. Il breve periodo, dopotutto, è dove accadono orrori storici.

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Project Syndicate 2.10

Prevenire il feudalesimo digitaleMariana Mazzucato (professore ordinario di Economia dell'innovazione e del valorepubblico e direttore dell'Istituto UCL per l'innovazione e lo scopo pubblico (IIPP).

Sfruttando le tecnologie originariamente sviluppate dal settore pubblico, le societàdi piattaforme digitali hanno acquisito una posizione di mercato che consente lorodi ricavare ingenti affitti da consumatori e lavoratori. Riformare l'economia digitalein modo che serva a fini collettivi è quindi la sfida economica determinante delnostro tempo.LONDRA - L'uso e l'abuso dei dati da parte di Facebook e di altre società tecnologichestanno finalmente avendo l'attenzione ufficiale che meritano. Con i dati personali chediventano la merce più preziosa del mondo, gli utenti saranno i padroni dell'economia dellapiattaforma o i suoi schiavi?Le prospettive di democratizzazione dell'economia della piattaforma rimangono scarse. Glialgoritmi si stanno sviluppando in modi che consentono alle aziende di trarre profitto dalnostro comportamento passato, presente e futuro - o da quello che Shoshana Zuboff dellaHarvard Business School descrive come il nostro "surplus comportamentale". In molti casi,le piattaforme digitali conoscono già le nostre preferenze meglio di noi e possono spingercia comportarci in modo da produrre ancora più valore. Vogliamo davvero vivere in unasocietà in cui i nostri desideri e le manifestazioni più intime della nostra personalità sono invendita?Il capitalismo ha sempre eccelso nel creare nuovi desideri e voglie. Ma con i big data e glialgoritmi, le aziende tecnologiche hanno accelerato e invertito questo processo. Piuttostoche creare semplicemente nuovi beni e servizi in previsione di ciò che le personepotrebbero desiderare, sanno già cosa vorremmo e vendono le nostre identità future.Peggio ancora, i processi algoritmici utilizzati spesso perpetuano pregiudizi di genere e dirazza e possono essere manipolati a scopo di lucro o di guadagno politico. Anche se tuttibeneficiamo immensamente di servizi digitali come la ricerca su Google, non ci siamoregistrati per catalogare, modellare e vendere il nostro comportamento.Per cambiare tutto ciò occorrerà concentrarsi direttamente sul modello di businessprevalente e in particolare sulla fonte delle rendite economiche. Proprio come i proprietariterrieri nel diciassettesimo secolo hanno estratto rendita dall'inflazione dei prezzi deiterreni, e proprio come i baroni rapinatori hanno approfittato della scarsità di petrolio, leaziende-piattaforma odierne stanno estraendo valore attraverso la monopolizzazione deiservizi di ricerca e commercio elettronico. A dire il vero, è prevedibile che i settori conelevate esternalità di rete - in cui i vantaggi per i singoli utenti aumentano in funzione delnumero totale degli utenti - produrranno grandi aziende. Questo è il motivo per cui lecompagnie telefoniche sono diventate così enormi in passato. Il problema non è ladimensione, ma il modo in cui le aziende di rete esercitano il proprio potere di mercato.Le aziende tecnologiche di oggi inizialmente utilizzavano le loro ampie reti per attirarediversi fornitori, a tutto vantaggio dei consumatori. Amazon ha permesso ai piccoli editoridi vendere titoli (incluso il mio primo libro) che altrimenti non sarebbero arrivati allo scaffaledel tuo negozio di libri locale. Il motore di ricerca di Google viene utilizzato per restituireuna vasta gamma di fornitori, beni e servizi.Ma ora, entrambe le società usano le loro posizioni dominanti per soffocare laconcorrenza, controllando quali prodotti gli utenti vedono e favorendo i propri marchi (moltidei quali hanno nomi apparentemente indipendenti). Nel frattempo, le aziende che nonhanno pubblicità su queste piattaforme si trovano in grave svantaggio. Come ha affermatoTim O'Reilly, nel tempo, tale ricerca di rendite indebolisce l'ecosistema dei fornitori che lepiattaforme sono state originariamente create per servire.Piuttosto che supporre semplicemente che le rendite economiche siano tutte uguali, i

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responsabili delle politiche economiche dovrebbero cercare di capire come gli algoritmidella piattaforma distribuiscono il valore tra i consumatori, i fornitori e la piattaformastessa. Mentre alcune allocazioni possono riflettere la concorrenza reale, altre sonoguidate dall'estrazione piuttosto che dalla creazione del valore.Pertanto, dobbiamo sviluppare una nuova struttura di governance, che inizia con lacreazione di un nuovo vocabolario. Ad esempio, chiamare le società della piattaforma"giganti della tecnologia" implica che hanno investito nelle tecnologie da cui traggonoprofitto, quando in realtà sono stati i contribuenti a finanziare le principali tecnologiesottostanti, da Internet al GPS.Inoltre, il diffuso ricorso all'arbitrato fiscale e ai lavoratori a contratto (per evitare i costi diassicurazione sanitaria e altri benefici) sta erodendo i mercati e le istituzioni su cui si basal'economia della piattaforma. Invece di parlare di regolamentazione, quindi, dobbiamoandare oltre, abbracciando concetti come la co-creazione. I governi possono e dovrebberomodellare i mercati per garantire che il valore creato collettivamente serva a fini collettivi.Allo stesso modo, la politica di concorrenza non dovrebbe concentrarsi esclusivamentesulla questione delle dimensioni. Spacchettare le grandi aziende non risolverebbe iproblemi di estrazione di valore o gli abusi sui diritti individuali. Non c'è motivo dipresumere che molti Google o Facebook più piccoli operino in modo diverso o sviluppinonuovi algoritmi, che sfruttano di meno.Creare un ambiente che premia la creazione di valore genuino e punisce l'estrazione divalore è la sfida economica fondamentale del nostro tempo. Fortunatamente, anche igoverni stanno ora creando piattaforme per identificare i cittadini, riscuotere le tasse efornire servizi pubblici. A causa delle preoccupazioni dei primi giorni di Internet sull'usoufficiale improprio dei dati, gran parte dell'attuale architettura dei dati è stata costruita dasocietà private. Ma le piattaforme governative hanno ora un enorme potenziale permigliorare l'efficienza del settore pubblico e per democratizzare l'economia dellepiattaforme.Per realizzare questo potenziale, dovremo ripensare la governance dei dati, svilupparenuove istituzioni e, data la dinamica dell'economia della piattaforma, sperimentare formealternative di proprietà. Per fare solo uno dei tanti esempi, i dati che si generano quando siutilizzano Google Maps o Citymapper - o qualsiasi altra piattaforma che si basa sutecnologie finanziate dai contribuenti - dovrebbero essere utilizzati per migliorare iltrasporto pubblico e altri servizi, anziché semplicemente diventare profitti privati.Naturalmente, alcuni sosterranno che la regolamentazione dell'economia della piattaformaimpedirà la creazione di valore guidata dal mercato. Ma dovrebbero tornare indietro eleggere il loro Adam Smith, il cui ideale di "libero mercato" era un mercato libero dallarendita, non dallo stato.Algoritmi e big data potrebbero essere utilizzati per migliorare i servizi pubblici, lecondizioni di lavoro e il benessere di tutte le persone. Ma queste tecnologie sonoattualmente utilizzate per minare i servizi pubblici, promuovere contratti a zero ore, violarela privacy individuale e destabilizzare le democrazie del mondo, il tutto nell'interesse delguadagno personale.L'innovazione non ha solo un tasso di progressione; ha anche una direzione. La minacciarappresentata dall'intelligenza artificiale e da altre tecnologie non sta nel ritmo del lorosviluppo, ma nel modo in cui vengono progettate e distribuite. La nostra sfida è stabilire unnuovo corso.

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Project Syndicate 17.12

Quando funziona il potere della conoscenza?(Katrina Kosec ricercatrice c/o International Food policy Research Institute; LeonardWantchekon prof. politica e affari internazionali Princeton University)

In teoria, una crescente offerta di informazioni potrebbe aiutare a migliorare lagovernance, l'infrastruttura e la fornitura di servizi quali istruzione, assistenzasanitaria ed estensione agricola. Ma perchè l'informazione possa esprimere tutto ilsuo potenziale per aiutare i poveri del mondo, devono essere soddisfatte trecondizioni.Al giorno d'oggi, la maggior parte di noi ha una grande quantità di informazioni a portata dimano. In teoria, tali informazioni potrebbero aiutare a migliorare la governance,l'infrastruttura e la fornitura di servizi quali istruzione, assistenza sanitaria ed estensioneagricola. Ma ci sono grandi lacune nell'accesso alle informazioni rilevanti, specialmentenelle zone rurali, dove vive quasi il 68% dei poveri del mondo. E anche dove ci sonoinformazioni rilevanti, tradurle in azioni non è un compito semplice.Si prenda in considerazione la governance. I responsabili politici hanno bisogno di datisulla produzione economica, i consumi, la migrazione, le richieste dei cittadini e unamiriade di altri fattori per prendere decisioni informate in merito a imposte e spese,compresi i programmi sociali. Allo stesso modo, i cittadini hanno bisogno di informazionisui mandati e le prestazioni dei politici, se gli incentivi elettorali devono funzionare. Anchein contesti autocratici, le informazioni possono aumentare la responsabilità, ad esempiostimolando le proteste popolari.Lo stesso vale per la fornitura di servizi di infrastruttura. I governi e i fornitori di servizihanno bisogno di dati su dove e come vivono le persone, in particolare quelle che sono piùgeograficamente, politicamente ed economicamente isolate, per fare investimenti solidi. Icittadini, da parte loro, devono sapere quali servizi sono disponibili, dove e comeaccedervi. Devono anche sapere come possono influenzare il processo politico, pergarantire, per esempio, che una scuola sia costruita in una posizione comoda.Sebbene negli ultimi dieci anni l'accesso alle informazioni sia notevolmente migliorato neipaesi a basso reddito, i fornitori di servizi rurali e gli utenti spesso sono in ritardo rispetto ailoro corrispettivi urbane. I fornitori potrebbero non disporre di dati sufficienti perdeterminare ciò di cui gli utenti hanno bisogno o che desiderano e agli utenti mancanoinformazioni sulle capacità dei fornitori di servizi. Alla luce di queste lacune informative, ileader politici spesso trascurano le esigenze dei cittadini rurali, in particolare di coloro chenon sono istruiti e sono politicamente disimpegnati.Ma anche laddove vi è un ampio accesso alle informazioni, ciò non è sufficiente perottenere vantaggi misurabili nella riduzione della povertà, nella governance e nellafornitura di servizi. Secondo il nostro esame di 48 studi empirici di paesi in via di sviluppo,l'informazione migliora effettivamente la governance rurale solo quando sono soddisfattetre condizioni: la credibilità dell'informazione, la sua significatività e sufficientespecificazione; gli utenti hanno il potere di agire su di essa e gli incentivi li incoraggiano afarlo.Nei contesti rurali, in via di sviluppo, almeno una di queste condizioni spesso non èsoddisfatta, annullando in gran parte o completamente l'impatto delle informazioni. Adesempio, nel 2014, l'Uganda ha introdotto U-Bridge, una piattaforma che ha permesso aicittadini di inviare gratuitamente messaggi anonimi ai funzionari del governo locale.Nonostante i livelli relativamente elevati di diffusione del sistema e l'entusiasmo deifunzionari distrettuali, il programma non è riuscito a portare a miglioramenti duraturi nellafornitura del servizio. La maggior parte delle informazioni fornite dagli utenti era troppovaga per essere utilizzabile e spesso venivano scoraggiati dalle risposte dei funzionari.Altrettanto importante è il potere di agire sulle informazioni. Per i responsabili politici, ciò

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significa progettare e attuare politiche che riflettano le priorità informate sui dati. Per icittadini, significa avere il diritto legale, la competenza e la mobilità per cambiare il lorocomportamento.Come mostrano le ricerche sulla governance agricola in Nigeria, la conoscenza e il poterenon sempre vanno di pari passo. Gli esperti agricoli hanno spesso poca influenza sulledecisioni di spesa del governo e i decisori mancano di conoscenze tecniche sufficienti.Questo squilibrio esiste anche all'interno del governo: i politici locali, che hanno maggioriinformazioni sulla situazione sul campo, spesso affrontano vincoli nel prendere decisioni dispesa.La condizione finale riguarda gli incentivi: ci deve essere qualche vantaggio netto percoloro che agiscono sulle informazioni che ricevono. I politici sono più propensi a usare illoro potere per perseguire iniziative con benefici a breve termine altamente visibili che ainvestire in progetti che secondo i dati, farebbero sostanzialmente più bene, ma in modomeno evidente o nel lungo periodo, dopo che la fine dei loro mandati.Ma ci sono anche prove che, quando tutte e tre le condizioni sono soddisfatte,l'informazione migliora i risultati per le comunità povere. In India, i gruppi di auto-aiuto delledonne facilitano lo scambio di informazioni rilevanti e forniscono un sistema di sostegno aimembri, potenziandoli socialmente, politicamente ed economicamente, anche aiutandoli atrarre vantaggio dai servizi pubblici. Uno studio ha scoperto che le donne che partecipanoa tali gruppi hanno maggiori probabilità di avere un documento di identità per votare, diaver votato alle ultime elezioni, di partecipare alle riunioni del consiglio del villaggio e dicredere che il consiglio del villaggio sia in grado di rispondere ai loro bisogni.Ciò non significa che tutte e tre le condizioni debbano - o possano - essere stabiliteimmediatamente. Dopotutto, farlo in modo efficace richiederebbe una conoscenzaanticipata dei probabili effetti di particolari tipi di informazioni e ciò richiede più dati. Invece,dovremmo iniziare con obiettivi più modesti, a breve termine, come la diffusione diinformazioni rilevanti.A dire il vero, non basta semplicemente fornire informazioni per garantire che le personene comprendano le implicazioni. Ma, come dimostrano le ricerche provenienti dallaTanzania, la condivisione di informazioni, ad esempio, sui progetti di sviluppo e sull'utilizzodelle entrate può aumentare la fiducia nel governo: il primo passo verso l'empowerment,l'incentivo e, in definitiva, l'impatto. Possono anche aiutare i processi deliberativi in cui lepersone possono esaminare attentamente le fonti di informazione. A più lungo termine, igoverni e i professionisti dello sviluppo dovrebbero testare interventi più completi, al fine digarantire la pertinenza, il potere e gli incentivi delle informazioni.Il governo ha il potere di far funzionare le informazioni per lo sviluppo o di fermarle. Anchegli attori non statali - compresi i professionisti dello sviluppo, nonché i media, i gruppi dellasocietà civile e i ricercatori - possono svolgere un ruolo, diffondendo informazioni rilevantiin contesti in cui è già probabile che siano presenti potere e incentivi.L'aforisma "conoscenza è potere" contiene molta verità, ma può essere fuorviante. Sel'informazione serve a far prosperare le popolazioni rurali, devono essere presenti le giustecondizioni.

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Financial Times 4.11

Big Tech sta vendendo distopia e non utopia(Rana Foroohar)

La marea si è finalmente rivoltata contro il Big Tech. La settimana scorsa, Twitter habandito la pubblicità politica; il capo dell'antitrust EU, Margrethe Vestager ha detto che staconsiderando standard molto più duri per il monopolio; la città di Toronto ha respinto ilprogetto Sidewalk di Google; l'Australia ha fatto causa al gigante della ricerca con l'accusadi abuso dei dati locali; e la candidata presidenziale US Elizabeth Warren ha sfidato illobbying politico di Facebook quando ha dichiarato metterebbe fine alle revolving doorstra affari e politica se vincesse la Casa Bianca.E' passato molto tempo. Negli ultimi 20 anni le più grandi compagnie di Silicon Valleyhanno tracciato un arco narrativo dall'utopia allo distopia. Da sconnessi innovatori neigarage si sono trasformati in capitalisti della sorveglianza che traggono profitto dai datipersonali e hanno il potere di agitare le elezioni e di schiacciare concorrenti anche grandi.La loro evoluzione ha diffuso quello che ritengo sarà un significativo e lungo respingimentoda parte di politici e regolatori in tutto il mondo. Stiamo vedendo anche tre cambiamenticruciali che colpiranno non solo le Big Tech, ma tutti quanti.Primo, vedremo cambiamenti fondamentali nel modello di business delle tecnologicheplatform firms. Le aziende tech US godono dal 1996 di responsabilità limitata per tuttoquello che gli utenti fanno o dicono sulle loro piattaforme. Ma le ramificazioni - dallamanipolazione elettorale al populismo politico alla monetizzazione dell'odio e dellaviolenza online - hanno creato un rifiuto pubblico. Il Congresso sta considerando dimettere fine, o almeno di tagliare significativamente, queste scappatoie legali. Ciòcostringerebbe le aziende come Facebook e Google ad assumersi maggioreresponsabilità per i loro contenuti, come già fanno i media groups tradizionali.In quest'area, la decisione di mercoledì di Twitter di bandire la pubblicità politica, marca ungrosso punto di svolta. Il chief executive, Jake Dorsey, ha spiegato in una serie di tweetsdal suo account personale:"Pagare per aumentare il raggio del discorso politico hasignificative ramificazioni che l'attuale infrastruttura democratica potrebbe non esserepronta a gestire. Conviene fare un passo indietro per affrontarlo".Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg ha insistito che la sua azienda non avrebbeseguito tale strada. ma dubito molto che il gigante social media potrà resistere allo tsunamidella pressione politica in arrivo. In una lettera a Zuckerberg,il senatore democratico MarkWarner, noto critico delle tech platforms, ha sostenuto con Facebook la necessità cheesso segua politiche simili a quelle delle reti via cavo che possono rifiutare inserzionipolitiche imprecise e lo fanno.ùLa pressione riflette un altro cambiamento. Per 40 anni il settore privato è stato in ascesa,ma ci stiamo indirizzando a un periodo in cui il settore pubblico eserciterà un controllomaggiore. Molti di noi si aspettavano tale cambiamento dopo la crisi finanziaria del 2008.Ma c'è voluto il potere superstar esercitato dai più grandi tech platform groups perchiarire quanto sia diventato non competitivo il nostro supposto libero mercato.Il risultato potrà essere leggi più dure contro i monopoli e nuove regole su come sidividono ricchezza e potere nell'economia digitale. Come segno di come stannocambiando le cose, si guardi alla causa australiana contro Google. Essa accusa il gigantedella ricerca di abusare gli utenti su come sono raccolti e usati loro dati personali e nonsulla base delle leggi sulla privacy (come in molti altri casi precedenti), ma sulla legge suiconsumatori che prevede sanzioni potenzialmente più alte. per me ciò segnala unospostamento verso l'attuazione non solo della privacy ma anche della giustiziaeconomica.In EU Margrethe vestager suggerisce un cambiamento sismico della legge antitrust. Seadottato, richiederebbe alla digital platform companies accusate di comportamenti anti-

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concorrenziali di dimostrare i chiari vantaggi per i loro utenti. Attualmente i regolatoridevono dimostrare il danno per il consumatore. E' una delle ragioni per le quali è statodifficile per aziende come Yelp negli US o Foundem in UK vincere le cause antitrust controi rivali più grandi. Non solo il Big Tech ha muscoli giuridici molto più grossi ma controllaanche la scatola nera dei dati e l'informazione algoritmica da cui dipendono tali casi.Creando la certezza che l'ecosistema digitale in cui le grandi aziende, le sturt ups e gliutenti operano è sicuramente giusto sarebbe parte di un altro grande cambiamento. Equesto terzo cambiamento sarebbe forse il più importante, da un'epoca di creazione diricchezza a un'epoca di distribuzione di ricchezza.Corretta e appropriata è anche l'insistenza di Toronto affinchè l'azienda sorella di GoogleSidewalk Labs condivida più dati e proprietà intellettuale dalla sua "smart city" sia con gliutenti che con il settore pubblico. Il progetto userebbe sensori per monitorare i movimentidei cittadini in una zona di lungomare di 12 acri. Porterebbe a modelli di traffico piùefficienti e a un più basso livello di consumi. ma ameno che il governo non controlli ciò cheè stato raccolto e chi vi abbia accesso, tale progetto metterebbe troppo controllo nellemani di una singola azienda.E questo è il cuore del problema.Il cambiamento verso il neoliberismo economico che ècominciato negli anni '80 ha creato molta ricchezza - ma la ha concentrata nelle mani dipochi. Ha portato a una nuova età dell'oro in cui il sistema politico, soprattutto negli US, èstato catturato dagli interessi dei ricchi. Questo è un fattore chiave del populismo politicodei giorni nostri. Non so se Warren vincerà la presidenza l'anno prossimo. Ma se lo farà,non posso pensare ad una migliore prima mossa che quella di mettere nuovi limiti suidirigenti governativi che usano i contatti per il guadagno delle aziende.

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The New York Times 11.10

Fermare l'A.I sovrumana(Stuart Russel autore di Human Cmpatible: Artificial Intelligence and the problem ofcontrol)

L'avvento della intelligenza artificiale sovrumana sarà l'evento più grande nella storiadell'umanità. Le grandi potenze del mondo si stanno finalmente svegliando di fronte aquesto fatto e le più grandi aziende del mondo lo sanno da qualche tempo. Ma quello chenon comprendono pienamente è che il modo in cui si evolve l'A.I determinerà se questo èanche il nostro ultimo evento.Il problema non è la trama fantascientifica che preoccupa Hollywood e i media - il robotumanoide che spontaneamente diventa consapevole e decide di odiare gli umani.Piuttosto, è la creazione di macchine che possono attingere più informazioni e guardare dipiù nel futuro di quanto possano gli umani, superando la loro capacità di decision makingnel mondo reale. Per capire come e perchè questo potrebbe portare seri problemi, dobbiamo innanzi tuttotornare indietro ai fondamentali elementi costitutivi della maggior parte dei sistemi di A.I. Il"modello standard" dell'A.I preso a prestito dalle nozioni filosofiche ed economiche delcomportamento razionale assomiglia al seguente:"Le macchine sono intelligenti nella misura in cui ci si può attendere che le loro azionirealizzino i loro obiettivi".Poichè le macchine, a differenza degli umani, non hanno propri obiettivi, diamo loro gliobiettivi da realizzare. In altre parole, costruiamo macchine, alimentiamo gli obiettivi al lorointerno e se ne vanno. Più è intelligente è la macchina più è probabile che completi taleobiettivo.Questo modello ricorre nella società, non solo nell'A.I. Control engineers progettanoautopilota per minimizzare le deviazioni dal livello di volo; statistici progettano algoritmi cheriducono gli errori di previsione; i retailer scelgono localizzazioni dei negozi chemassimizzeranno i ritorni per gli azionisti; e i governi fanno scelte politiche per accelerarela crescita del PIL.Purtroppo questo modello standard è un errore. Non ha senso progettare macchine che cisiano utili solo se definiamo compiutamente e correttamente i nostri obiettivi, perchè seinseriamo l'obiettivo sbagliato nella macchina ed è più intelligente di noi, perdiamo.Fino a recentemente abbiamo evitato le conseguenze potenzialmente serie di obiettivimal disegnati solo perchè la nostra tecnologia A.I non era particolarmente brillante ed erasoprattutto confinata nei laboratori. Ora, tuttavia, anche i learning algorithms relativamentesemplici per i social media, che ottimizzano i click manipolando le preferenze umane sonostati disastrosi per i sistemi democratici perchè sono così pervasivi nel mondo reale.Gli effetti dell'algoritmo super-intelligente che opera su scala globale potrebbero essere piùgravi. Che accadrebbe se un sistema super-intelligente del controllo climatico, cui èaffidato il compito di ripristinare la concentrazione di anidrite carbonica ai livelli pre-industriali, credesse che la soluzione fosse di ridurre a zero la popolazione umana?Ad alcuni ricercatori dell'A.I piace affermare che "possiamo sempre spegnerle" - maquesto non ha più senso del sostenere che possiamo sempre giocare meglio delloscacchista sovrumano o del Go program che abbiamo di fronte. La macchina anticiperàtutti i modi in cui l'umano potrebbe interferire e fare passi per prevenire che accada.La soluzione, allora, è cambiare il modo con cui pensiamo all'A.I. Invece di costruiremacchine che esistono per realizzare i loro obiettivi, vogliamo un modello che somigli aquesto: "Le macchine sono utili a condizione che sia possibile aspettarci che le loro azionirealizzino i nostri obiettivi".Questo aggiustamento potrebbe sembrare piccolo ma è cruciale. Le macchine che hanno i

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nostri obiettivi come loro unico principio guida saranno necessariamente incerte su qualisiano tali obiettivi perchè essi sono in noi - tutti gli 8 miliardi di noi, in tutta la nostragloriosa varietà e nelle generazioni che ancora debbono nascere - e non nelle macchine.L'incertezza sugli obiettivi potrebbe suonare controproducente ma, in realtà è unacaratteristica essenziale di un sicuro sistema intelligente. Implica che a prescindere daquanto intelligenti diventeranno, le macchine rimanderanno sempre agli umani.Chiederanno il permesso quando occorre, accetteranno la correzione, cosa più importantedi tutte, permetteranno a se stesse di essere spente - precisamente perchè vorrannoevitare di fare qualunque cosa che dia agli umani una ragione per spegnerle.Una volta che il focus si sposta dalla costruzione di macchine che sono "intelligenti" amacchine che sono "benefiche", il loro controllo diventerà un'impresa molto più facile. Siconsideri la differenza tra l'energia nucleare e le esplosioni nucleari: una esplosionenucleare è energia nucleare in forma incontrollata e noi preferiamo enormemente laforma controllata.Certo, mettere realmente in prtaica un modello come questo richiede una grande quantitàdi ricerca. Abbiamo bisogno di algoritmi "minimamente invasivi" per il decision making cheimpedisca alle macchine di mettere in disordine parti del mondo del cui valore non sonosicure, così come alle macchine di imparare di più sulla nostra verità, le preferenzesottostanti per come vorremmo che si sviluppasse il futuro. Tali macchine affronteranno unantico problema di filosofia morale: come distribuire benefici e costi tra diversi individui condesideri configgenti. Tutto ciò potrebbe richiedere 10 anni per essere completato - eanche allora, serviranno normative per assicurare l'adozione di sistemi di provatasicurezza e il ritiro di quelli non conformi. Non sarà facile. ma è chiaro che questo modellodeve essere in atto prima che le capacità dell'A.I supereranno quelle degli umani nell'ariache conta. Se cerchiamo di farlo,il risultato sarà una nuova relazione tra umani emacchine, una relazione che spero di consentirà di navigare con successo nei prossimidecenni. Se non ci riusciamo, potremmo trovarci di fronte a una scelta difficile: limitare laricerca nell'A.I e rinunciare agli enormi benefici che ne scaturirebbero o rischiare diperdere il controllo del nostro futuro.Alcuni scettici all'interno della comunità dell'A.I credono di vedere una terza opzione:continuare con il business as usual perchè le macchine superintelligenti non arriverannomai. Ma è come se l'autista di un bus con passeggeri umani dicesse: "Si, sto guidando piùveloce che poso verso un dirupo, ma credetemi, finiremo la benzina prima di arrivarci!"Non rischierei.

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The New York Times 9.10

Il rischioso approccio americano all'A.I(Tim Wu professore di diritto alla Columbia University)

Il brillante romanzo di fantascienza del 2014 "The Three-Body problem" dello scrittorecinese Liu Cixin, dipinge il destino delle civiltà come quasi interamente dipendente dallavittoria delle grandi gare verso traguardi scientifici. Qualcuno, nella leadership cinese,deve avere letto quel libro perchè Pechino ha fatto della vittoria della gara sull'intelligenzaartificiale un'ossessione nazionale, dedicando alla causa miliardi di dollari e stabilendo il2030 come l'anno per il dominio del mondo. Per non essere fuori gioco, il presidente russoVladimir Putin ha recentemente dichiarato che chiunque padroneggerà l'A.I "diventerà ildominatore del mondo".Di certo, le audaci promesse fatte dai veri credenti nell'A.I possono sembrare eccessive; leattuali tecnologie dell'A.I sono utili solo in situazioni ristrette. Ma se ci fosse anche unapiccola possibilità che la gara per ostruire un'A.I più forte determinerà il futuro del mondo -e questa sembra essere quanto meno una possibilità - gli US e il resto dell'Occidentestanno assumendo un approccio alla tecnologia sorprendentemente apatico eallarmantemente rischioso.Per l'industria tech americana, che mette la maggior parte dei suoi soldi nella pubblicità enella vendita di gadget personali, il piano sembra servire a essere campioni dell'occidente.Queste attività, si spera, faranno ricerca, sviluppo e dissemineranno le più importantitecnologie di base. Aziende come Google, Apple e Microsoft sono entità formidabili congrande talento e risorse che si avvicinano a quelle di piccoli paesi. Ma non possono averele risorse di grandi paesi nè hanno gli incentivi che si allineano pienamente con l'interessepubblico.Per leggermente esagerare: se fossimo nel 1957, potremmo sperare che le aerolineecommerciali sarebbero arrivate sulla luna.Se la gara per una potente A.I è davvero una gara tra civiltà per il controllo del futuro, gliUS e le nazioni europee dovrebbero spendere almeno 50 volte di più degli attuali fondipubblici della ricerca di base in A.I. Il loro modello dovrebbe essere la ricerca che haportato a internet, finanziata dalla Advanced Research projects Agency creata dalgoverno Eisenhower e probabilmente il progetto scientifico pubblico di maggiore successonella storia americana. A loro credito, aziende come Google, Amazon, Microsoft e Applespendono considerevoli quantità di denaro nella ricerca avanzata. Google ha volutodedicare $500 milioni all'anno a DeepMind, un lab di intelligenza artificiale e Microsoft hainvestito un miliardo di dollari in un indipendente laboratorio di OpenAI. In questi sforzi,essi sono parte di una tradizione di laboratori apripista come Bell Lbas,Xerro's Paolo AltoResearch center e Cisco Systems ai loro apici.Ma sarebbe un grave errore pensare di essere rassicurati dal fatto che Silicon Valley si ègià presa cura di tutto. La storia della computing research è una storia non solo dilaboratori di big corporate ma anche di collaborazione e competizione tra governi civili,esercito, accademia e operatori privati sia grandi (IBM, AT&T) che piccoli (Apple, Sun).Quando si parla di ricerca e sviluppo, ciascuno di questi attori ha vantaggi e limiti.Confrontata con la ricerca pubblica di base, la ricerca corporate, al suo meglio, può offrireuno stimolante equilibrio tra teoria e pratica, producendo invenzioni come i transistor e ilsistema operativo Unix. Ma queste grandi aziende possono anche essere riservate,talvolta paranoiche e talaltra commettere errori, come quando AT$T dismise le tecnologiedi internet.Le grandi aziende cambiano anche le loro priorità. Cisco, una volta leader industriale,negli ultimi 17 anni, ha speso più di $129 miliardi in riacquisto di azioni, mentre il suoprincipale competitor il cinese Huawei ha sviluppato i prodotti 5G leader al mondo. Alcunisostenitori di più ricerca in A.I hanno richiesto un "Manhattan Project" per l'A.I - ma questo

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non è il modello giusto. La bomba atomica e il razzo lunare sono stati progetti giganteschima discreti. Al contrario, l'A.I è un vasto e vago set di tecnologie scientifiche chericomprende non solo i recenti trend in machine learning ma anche tutto quanto èprogettato per replicare o aumentare la cognizione umana. Non dobbiamonecessariamente volere una fissazione ostinata su un'idea particolare di cosa diventeràl'A.I.Come ha fatto per la ricerca su internet, il governo US dovrebbe ampiamente finanziare laricerca di base e insistere sull'ampia disseminazione, con l'eccezione di strumenti chepotrebbero essere pericolosi. Non tutti i finanziamenti pubblici devono andareall'accademia: dovrebbero essere possibili percettori anche le istituzioni private di ricercacome OpenAI che sono impegnate allo sviluppo dell'A.I e all'ampia disseminazione dellescoperte della ricerca.In più,gli US hanno bisogno di sostenere le leggi sull'immigrazione per attrarre i miglioritalenti del mondo sulla A:I. La storia degli avanzamenti fatti da sturt-up suggerisce inoltrela necessità di politiche, come l'applicazione delle leggi antitrust e la difesa della neutralitàdella rete che danno una chance ai piccoli players.E' significativo che lo scienziato e imprenditore di computer Kai-Fu Lee, nel suo libro "AISuperpowers: China, Silicon Valley and the New World order" descrive la gara tra la Cinae Silicon Valley come se quest'ultima fosse la somma del totale della scienza occidentalein questa area. In futuro, quando ritorneremo a questo periodo, potremo rimpiangere laperdita del sano equilibrio tra pubblico e privato nel finanziamento della ricerca sull'A.I inoccidente e lo spostamento di troppo talento ingegneristico e scientifico nel settore privato.

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Financial Times 22.11

I lavoratori possono imparare ad amare l'intelligenza artificiale(Gillan Tett)

All'inizio dell'anno i ricercatori a Uber, il gruppo di ride-hailing, hanno cominciato adaffrontare una questione fondamentale:come gli esseri umani interagiscono in realtà con icomputers?Hanno condotto una ricerca etnografica nelle reazioni degli autisti di Uber a un nuovosistema computerizzato ad attivazione vocale, usando osservazioni di vita reale. I risultatisono stati stimolanti.Quando agli autisti di Uber piaceva il tono della voce computerizzata e - ancor piùcrucialmente - si sentivano, a loro volontà, in grado di fermare i comandi attivativocalmente, accettavano la tecnologia e l'efficienza che produce. Altrimenti la scansavano."Dovevamo essere sicuri che gli autisti potessero interrompere la voce ... e lapersonalizzazione non risultasse irriverente" ha detto Jake Silva, in una conferenza sullaprassi etnografica nell'industria della settimana scorsa, notando che Uber sta oraistallando una caratteristica di interruzione da parte degli autisti.E' un fatto simbolico. Oggi c'è grande nervosismo sulle minacce poste dai robot alla dignitàe al lavoro umani. E non è sorprendente. Sei anni fa, economisti dell'Università di Oxfordmisero in agitazione prevedendo che il 47% dei lavori US fossero "a rischio di esserepresto automatizzati (dai robot)" Analisi successivi hanno ripetuto tali previsioni. per di più,come ha espresso Mc Kinsey , questo processo colpirà le comunità vulnerabili in modoparticolarmente duro.Tuttavia viene spesso ignorato un altro aspetto di questa storia: l'innovazione digitalecreerà anche lavoro. McKinsey pensa che questa creazione di lavoro potrebbe esserecosì significativa che le previsioni di una futura disoccupazione di massa sono sbagliate. Egli etnografi che ricercano i trends dei luoghi di lavoro stanno scoprendo un modelloanalogamente complesso. Si prenda Google. Nell'ultimo anno, l'azienda si è affrettata asviluppare strumenti di intelligenza artificiale per i lavoratori negli uffici chiamati "GSuite"products. ma quando i ricercatori di Google hanno di recente condotto una ricercaetnografica, hanno notatao qualcosa di importante: i moderni lavoratori di ufficio tendono afare una distinzione mentale tra "core" work (lavori in cui si identificano) e "periphery" work"che non contribuiscono alla loro felicità o successo".I lavoratori di ufficio saranno pronti a usare l'AI per sostituire il peripheral work. Maresistono per i "core work".Questa intuizione sta ora "informando le decisioni strategiche su come l'AI è integrata daGSuite, dicono i ricercatori Google. Una dimensione dell'AI non va bene per tutto.La società di consulenza ReD Associated ha recentemente studiato come l'AI sostituiscelavoro in una management consultancy e ha trovato uno schema simile. Separatamente,gli etnografi ReD hanno osservato anche l'impatto dell'AI e della digitalizzazione sulavoratori della sanità francesi e su assicuratori americani e hanno trovato che i lavoratori"prendono misure per difendere il futuro delle loro condizioni di vita" in maniereinaspettatamente creative. I tecnici di strumenti medici stanno ridefinendosi come fornitoriterapeutici di "cura del paziente"; gli assicurativi si stanno ridefinendo come "consulentidel rischio"."Il team di ReD conclude che " per fare previsioni sull'occupazione futura a seguitodell'automazione....non è sufficiente...calcolare semplicemente la percentuale di compiticognitivi o manuali all'interno di una data mansione che potrebbero teoricamente esseresvolti da un computer""Tali previsioni non tengono conto del nuovo valore che i lavoratori stanno creandorimanendo competitivi".I ricercatori al Nissan autonomous vehicle laboratory sono d'accordo. "Non dovremmo

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associare l'automazione solo con l'esclusione degli esseri umani dal ciclo tecnologico inatto" hanno detto. Hanno dimostrato come gli executives della Nissan hanno scoperto che"le tecnologie automatizzate" come le driverless cars "nei fatti hanno bisogno dei lavoratoriumani" per sviluppare il mercato e monitorarli.Tali scoperte no alleviano la pena di quegli esseri umani che sono stati già sostituiti dairobot. Nè mitigheranno la sollevazione politica alimentata dal fatto che la sostituzionetende ad aumentare la disuguaglianza. Ed è ancora impossibile trovare buoni. Ipolicymakers e gli economisti devono focalizzare entrambi i fronti di questa equazione.Devono anche incoraggiare l'interazione tra gli scienziati della computerizzazione chestanno sviluppando queste tecnologie e gli scienziati sociali che stanno misurando il loroimpatto. La vera ragione del bottone di interruzione (barge-in) è che quando i lavoratori avvertanodi avere un qualche controllo, accettano l'innovazione e le efficienze che genera. Senzatale sensazione di controllo, c'è il rischio del rigetto. Gli investitori in stock tecnologici netengano conto.

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Financial Times 9.12

Come riprendere il controllo delle Big Tech(Rana Foroohar)

Il potere dei più ricchi è oggi diverso da quello del passato? E' una domanda che ho inmente a seguito di una conversazione recentemente avuta con un famoso investitoretecnologico di Silicon Valley.Abbiamo discusso di come, con il crescere delle Big Tech negli ultimi 20 anni, si sia ridottoil numero delle start up negli US e siano aumentate la disuguaglianza e la polarizzazione.Egli sembrava persino più afflitto di me su questo aspetto e questo mi ha dato motivo diottimismo: "Bene, ricorda che prima abbiamo tenuto a freno il monopolio - pensa solo aibaroni delle ferrovie nel 19esimo secolo" A questo l'investitore ha risposto cupamente: "Sima essi non potevano influenzare le elezioni".Questo, naturalmente, non è del tutto vero. Il tycoon delle ferrovie Thomas Scott nel 1876ha aiutato la corsa presidenziale di Rutheford B Hayes usando la sua ricchezza e le sueconoscenze per assicurare a Hayes il supporto politico del sud in cambio della suabenedizione ai tentativi di Scott di creare una seconda ferrovia transcontinentale. Adaccordo fatto, Hayes fu inaugurato 4 giorni dopo arrivando a Washington a bordo delvagone privato di Hayes.Il potere di padroni di Facebook, Google e Amazon è così diverso? La risposta è in granparte no, ma anche - per certi importanti versi - si. I loro modelli di business permettonoloro di esercitare il potere dal basso verso l'alto in modo del tutto diverso da tutto quantovisto in passato.L'influenza economica è stata tradizionalmente affermata dall'alto verso il basso. I ricchicompravano i media e il sistema politico (tramite aperte donazioni elettorali e ancheattraverso metodi più opachi).Talvolta finanziavano le proprie campagne elettorali, comesta facendo ora il miliardario Michael Bloomberg.Più denaro avevano più successo avevano i loro tentativi. Un recente paper di accademicidelle università del Massachusetts e del Texas mostra quanto sia lineare la relazione tra ildenaro e il potere politico negli US. Lo studio ha registrato sia le donazioni ufficiali e i varitipi di "dark money". Ha trovato che in tre elezioni tra loro distanti (1980, 1996 e 2012) larelazione tra la quota del voto bipartito dei principali candidati e la loro quotaproporzionata delle spese complessive per la campagna si sovrapponevano in una lineapiù o meno diritta. La relazione era - hanno scritto gli autori - "forte per il senato e stratta inmodo assurdo per la Camera".Questa è forse una delle ragioni per le quali lo zelo imprenditoriale è aumentato negli US.Come ha recentemente esaminato un economista dell'Università di New York, ThomasPhilippon nel suo libro The Great Reversal: How America Gave Up On Free markets", cisono buoni motivi per pensare che il declinare dei livelli della concorrenza negli US possaessere spiegato dalle scelte politiche, in particolare quelle che consentono enormiquantità di lobbysmo politico, formale e informale e i contributi per finanziare le campagne.Il prof. Philippon sostiene che i mercati europei sono in realtà più liberi di quelli americani eil livello di concentrazione corporate è più basso perchè c'è meno denaro in politica.Certo, gli attuali baroni tech di Silicon Valley coprono di denaro sia Washington cheBruxelles. Ma hanno anche un'altra modo, più potente, di imporre la loro volontà. Che èattraverso la loro stessa innovazione - survellaince capitalism (il capitalismo dellasorveglianza). Possono seguire ciascuno di noi e, sempre di più, offline attraverso i nostriportatili, gli smartphone, le smart car o i sensori applicati in un numero crescente diprodotti di consumo e nelle smart cities. Ciò permette loro di dividerci e conquistarci inmodi che gkli oligarchi del passato potevano solo sognare.Dimenticate l'influenza delle elezioni attraverso la televisione via cavo o le donazioni asingoli politici. Ciascuno di noi può, ora, grazie al surveillance capitalism, essere separato

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come un singolo granello di sabbia. Questo avviene sia economicamente - vediamo prezzidiversi, offerte e informazione online in base al nostro comportamento passato - epoliticamente attraverso messaggi che possono essere su misura per gli individui. Più daticondividiamo, più gli algoritmi possono prevedere ciò che faremo e guidarci ai risultatipreferiti dai mercanti.Combinate ciò con il fatto che c'è completa opacità su quali messaggi vengono inviati a chie avete un potere di gran lunga superiore ai titani del passato. Il massimo che i baronidelle ferrovie potevano fare in termini di microtargeting era offrire passaggi a bordo apolitici di loro gradimento. Il fondatore di facebook, Mark Zuckemberg ha avuto incontrisegreti con il presidente Trump. Ma quello che realmente spaventa le persone è il fatto chela sua piattaforma può modificare i suoi algoritmi in modo da farli pensare epotenzialmente anche agire, in modo differente.E' ancora tutto da vedere se la disinformazione online abbia o no realmente colpito leelezioni US del 2016, il voto per la brexit del 2016 o le diverse elezioni europee. ma è veroche qualche leader del big tech, compreso Eric Schmidt di Google si è vantato della lorocapacità di determinare e anticipare il comportamento individuale. Ciò è profondamenteinquietante.L'aspirante alla presidenza US, Elisabeth Warren sembra voler dividere le big tech. Maspacchettare Facebook non basterà a risolvere il problema del surveillance capitalism. Cisi riuscirà solo proibendo la localizzazione e il microtargeting degli individui. Consideravotale proibizione come estrema. Forse, a questo stadio, può essere impossibile. Ma stoanche cominciando a chiedermi se potrebbe essere cruciale non solo per risolvere ilproblema della concorrenza in US ma anche per salvare la fiducia nella liberal-democrazia in tutto il mondo.

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The New York Times 9.10

Nei loro accordi commerciali, gli US proteggono il Big Tech

L’amministrazione Trump ha cominciato a inserire protezioni legali nei recenti accordicommerciali che proteggono le piattaforme online come Facebook, Twitter e You Tube dacause legali, una mossa che potrebbe contribuire a bloccare le normative americane techfriendly in giro per il mondo anche se esse hanno cominciato a essere messe indiscussione in patria.Le protezioni, che scaturiscono da una legge degli anni ‘90 sono già state infilate in duedei più grossi accordi commerciali dell’amministrazione – lo United States-Mexico-CanadaAgreement e il patto con il Giappone che il presidente Trump ha firmato lunedì. Inegoziatori americani hanno proposto di includere l’argomento in altri prossimi accordi,compreso quello con l’Unione Europea, la Gran Bretagna e i membri del WTO.La spinta dell’amministrazione è l’ultima salva nella guerra globale su chi definisce leregole per internet. Mentre le regole per il commercio delle merci sono state largamentescritte - spesso dagli US – il mondo ha molti meno standard per i prodotti digitali. I paesistanno correndo in questo vuoto e nella maggior parte dei casi stanno scrivendo normeche sono molto più restrittive di quelle che l’industria tech vorrebbe.L’Europa ha messo in atto politiche dure per frenare il comportamento di aziende comeFacebook e Google e ha fatto leggi per gestire la privacy, l’incitamento all’odio e ladisinformazione. La Cina si è ampiamente transennata dal resto di internet, permettendoa Pechino di censurare il contenuto politico e sostenendo aziende tech cinesi comeAlibaba e Tencent. In India, Indonesia, Russia e Vietnam i governi stanno introducendonormative per proteggere apertamente la privacy dei loro cittadini e costruire industrieinternet nazionali che i critici dicono che boicotteranno le aziende americane nei lorotentativi di fornire servizi in quei paesi.Gli US vogliono che le loro regole più permissive costituiscano le basi per una normativamondiale. Ma c’è una discussione rischiosa sul fatto che le sue normative per internet nonsiano riuscite a proteggere la privacy degli utenti, abbiano incoraggiato la diffusione delladisinformazione e sostenuto un forum potente per il bullismo e la violenza sessuale.Le norme americane, codificate nella Sezione 230 del Communications Decency Act,proteggono le piattaforme on line da molte cause legali con riferimento al contenuto degliutenti e le proteggono dalle cause legali sul modo in cui moderano i contenuti. Questenorme, si ritiene largamente, hanno alimentato la rapida crescita di Silicon Valley. Illinguaggio degli accordi commerciali echeggia tali previsioni ma contiene alcunedifferenze.La libertà è stata sottoposta a intensa critica da parlamentari e avvocati. Essi dicono che lalegge di 23 anni fa ha permesso a aziende come Facebook e Google di evitare laresponsabilità per il danno associato ai contenuti che raggiungono miliardi di utenti. Talerabbia è stata aggravata dalle rivelazioni sul ruolo delle pratiche commerciali di SiliconValley nella diffuzione della disinformazione e del trattamento dei dati degli utenti.I leaders dell’House Energy and Commerce Committee ha detto in agosto che era“inappropriato per gli US esportare un linguaggio che rispecchia la sezione 230 mentresono in corso tali serie discussioni”. Il presidente del comitato, il democratico FrankPallone Jr del New Jersey e il suo corrispondente repubblicano, Greg Waldenrappresentante dell’Oregon, hanno messo in guardia il top adviser di Trump in materiacommerciale, Robert Lighthizer che sarebbe un errore includere le protezioni in“qualunque accordo commerciale di qui in avanti”.Lunedì hanno chiesto a Lighthizer di testimoniare davanti al comitato sull’argomento.L’ostilità verso la sezione 230 è bipartisan. I conservatori hanno manifestatopreoccupazioni alla luce delle affermazioni, fatte largamente senza prova, che le principalipiattaforme online come Facebook sono di parte rispetto alle loro posizioni politiche. Il

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senatore Josh Hawley, un repubblicano del Missouri, ha detto che lo scudo delleresponsabilità dovrebbe coprire le grandi piattaforme solo se sono certificate comepoliticamente neutrali. Anche la Casa Bianca si dice stia predisponendo un ordineesecutivo che restringerebbe le protezioni legali.L’anno scorso, il Congresso ha approvato a larghissima maggioranza una legge che rendepossibile citare il giudizio le piattaforme online che facilitano consapevolmente ilcommercio sessuale. I legislatori hanno prospettato di creare misure aggiuntive per lavendita online di oppioidi.I critici della sezione 230 dicono di essere allarmati dall’inclusione di tali previsioni negliaccordi commerciali.“Questi accordi non fanno altro che conferire maggior potere alle aziende a spese degliindividui” ha detto Carrie Goldberg, un parlamentare di New York che sta opponendosi allapossibilità della app per appuntamenti gay Grindr di usare la sezione 230 per difendersi inuna causa.I negoziatori commerciali americani hanno ampiamente ignorato tali preoccupazioni,insistendo che i nuovi accordi commerciali prevedono norme che richiedono ai partners dilimitare la responsabilità legale delle piattaforme online. Protezioni simili sono comparseper la prima volta lo scorso anno nella bozza di patto con il Canada e il Messico cgìheTrump spera sostituisca il NAFTA. Dirigenti del governo dicono che il Congresso ha datoloro il compito di negoziare accordi commerciali che rispecchino rigorosamente la leggeamericana. Se tali leggi sono un problema, sta al Congresso cambiarle, essi dicono. “E’una legge US” ha detto Lighthizer in un’audizione al Congresso a giugno. “Non ho scrittoil il 230. Lo ha fatto il congresso – è stato firmato dal presidente - n.1”. Ha aggiunto – n.2 -che non ci sono i problemi che vedete su aspetti di moralità pubblica e simili. Abbiamousato uno specifico linguaggio per essere sicuri che non fosse un problema”.Gli accordi commerciali non impediscono del tutto che un paese faccia una legge checontraddica i loro termini – comprese le previsioni sulla responsabilità legale – ma lirendono solo più complicate e rischiose. Se un paese viola un accordo commerciale, glialtri membri del patto possono fare dispute commerciali contro di loro e possono imporretariffe o sostenere di lasciare l’accordo.L’amministrazione Trump descrive le più ampie previsioni tech negli accordi come “ungold standard” per l’economia digitale e dice che prevede di usarlo nei negoziati futuri,compresi i colloqui con l’EU e la Gran Bretagna, se essa abbandona il blocco. Fanno partedelle proposte US sui negoziati sull’e-commerce con dozzine di paesi al WTO, anchenorme che danno accesso aperto ai dati governativi e alla protezione per i codici sorgentee gli algoritmi delle aziende. L’industria tech ha dato sostegno vocale alle previsioni comemodo per scoraggiare altri paesi dal fare piattaforme responsabili per il loro contenuto.Sostengono che tale esposizione legale potrebbe bloccare molti generi di normale attivitàcommerciale – ivi comprese le recensioni e le valutazioni degli utent - e potrebbediventare uno strumento per quei governi che sperano di impedire la libertà di parola.“Non includere queste protezioni – che hanno costituito legge negli US per più di 20 anni –negli accordi commerciali avrebbe un impatto negativo su innumerevoli piccole aziendeche usano le piattaforme on line per esportare e fare pubblicità sulle loro attività” ha dettoMichael Beckerman, presidente dell’Internet Association, che rappresenta aziende comeGoggle, Amazon, Facebook, eBay e Twitter.L’idea ha un potente sostenitore nel senatore Ron Wyden dell’Oregon, il democratico delComitato delle finanze che ha giurisdizione sul commercio. Wyden ha anche unaconnessione personale con l’argomento: à è stato co-autore della sezione 230 quandoserviva alla camera. In un’intervista Wyden ha respinto l’idea che gli accordi commercialifossero a fine corsa al Congresso. “So che c’è chi sta cercando di dire: “o, mio Dio, c’èquesta cosa nuova di zecca: qualcuno sta parlando di commercio e di 230”” ha detto“Tornate coi piedi per terra”.Wyden ha detto che forti accordi sul commercio digitale dovrebbero sostenere la libertà di

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parola e “includere il principio che il business online è in grado di moderare il contenutogenerato dagli utenti senza essere trattato come speaker”.Indipendentemente da ciò, i paesi in giro per il mondo hanno valutato se aumentare laresponsabilità che le aziende hanno per i contenuti degli utenti sulle loro piattaforme –aumentando la prospettiva che possano diffondersi gli sforzi americani per onorare negliaccordi commerciali le protezioni del Comminications Decency Act.“Non penso che ci sia una possibilità che le grandi economie come l’EU accettino il 230”ha detto Daphne Keller, direttrice della responsabilità degli intermediari al Center forInternet and Society alla Stanford Law School.

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Project syndicate 4.1

Otto norme per la stabilità nel Cyberspace(Joseph S. Nye jr. prov Harvard University)

Al forum di pace di Parigi del mese scorso, la Commissione globale sulla stabilitàdel cyberspazio ha pubblicato il suo rapporto su come fornire un quadro generaleper la stabilità informatica. Insieme alle norme, ai principi e alle misure dirafforzamento della fiducia suggerite da altri, le conclusioni del GCSCrappresentano un importante passo avanti.

In poco più di una generazione, Internet è diventato un substrato vitale per le interazionieconomiche, sociali e politiche e ha sbloccato enormi guadagni. Insieme a una maggioreinterdipendenza, tuttavia, ha determinato vulnerabilità e conflitti. Gli attacchi di stati e attorinon statali sono aumentati, minacciando la stabilità del cyberspazio. A novembre, al Forum di pace di Parigi, la Commissione globale sulla stabilità delcyberspazio ha pubblicato il suo rapporto su come fornire un quadro generale per lastabilità informatica. Originariamente convocato dal governo olandese tre anni fa, il GCSCmulti-stakeholder (di cui ero membro) aveva una copresidenza estone, indiana estatunitense e comprendeva ex funzionari di governo, esperti della società civile eaccademici di 16 paesi. Nel corso degli anni, ci sono stati numerosi inviti a leggi e norme per gestire la nuovainsicurezza internazionale creata dalla tecnologia dell'informazione, a partire dalleproposte russe alle Nazioni Unite due decenni fa che chiedevano un trattato vincolante.Sfortunatamente, data la natura delle armi informatiche e la volatilità della tecnologia, unsimile trattato non sarebbe verificabile e diventerebbe rapidamente obsoleto. Al contrario, le Nazioni Unite hanno istituito un gruppo di esperti governativi (GGE), che haprodotto un insieme di norme non vincolanti nel 2013 e 2015. Tale gruppo non è stato ingrado di pubblicare un rapporto nel 2017, ma il suo lavoro continua con un ampliamentodei membri e lo scorso mese di settembre, alle Nazioni Unite si è riunito un gruppo dilavoro aperto, cui hanno partecipato circa 80 stati. Inoltre, il segretario generale delleNazioni Unite António Guterres ha istituito un gruppo ad alto livello, che ha pubblicato unrapporto in attesa di una più ampia discussione delle Nazioni Unite nel 2020. Il GCSC definisce la stabilità informatica come una condizione in cui gli individui e leistituzioni possono essere ragionevolmente fiduciosi nella loro capacità di utilizzare iservizi informatici in modo sicuro, in cui il cambiamento è gestito in relativa pace e letensioni vengono risolte senza escalation. La stabilità si basa sul diritto internazionaleesistente, che, come affermano le relazioni 2013 e 2015 della GGE, si applica alcyberspazio. Ma un trattato giuridico internazionale vincolante sarebbe prematuro. Le norme sulcomportamento previsto possono fornire una via di mezzo flessibile tra trattati rigidi einazione. Come ha spiegato Michael Chertoff, uno dei copresidenti del GCSC eprecedentemente segretario alla Sicurezza interna degli Stati Uniti, le norme possonoesistere parallelamente alle leggi ma sono più dinamiche di fronte alla tecnologia in rapidaevoluzione. Il GCSC ha proposto otto norme per colmare le lacune nei principi precedentemente

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dichiarati e si è concentrato su questioni tecniche fondamentali per la stabilità informatica.Tali norme possono essere viste come punti di riferimento comuni nelle discussionipolitiche in evoluzione. La prima norma è la non interferenza con il nucleo pubblico di Internet. Mentre gli statiautoritari e democratici potrebbero non essere d'accordo sulla libertà di parola oregolamentazione dei contenuti online, possono concordare di non interferire con lefunzionalità principali come il sistema dei nomi di dominio, senza il quale non ci sarebbealcuna interconnessione prevedibile tra la rete di reti che compongono il Internet. In secondo luogo, gli attori statali e non statali non devono sostenere operazioniinformatiche intese a perturbare l'infrastruttura tecnica essenziale per elezioni, referendumo plebisciti. Sebbene questa norma non prevenga tutte le interferenze come ciò che èaccaduto alle elezioni americane nel 2016, stabilisce alcune linee luminose intorno allecaratteristiche tecniche. In terzo luogo, gli attori statali e non statali non dovrebbero manomettere beni e servizinello sviluppo o nella produzione se ciò dovesse compromettere sostanzialmente lastabilità del cyberspazio. Le catene di approvvigionamento non sicure rappresentanoun'importante minaccia per la stabilità. In quarto luogo, gli attori statali e non statali non dovrebbero impadronirsi delle risorse delpubblico in generale da utilizzare come "botnet" (robot cibernetici basati su macchine altruima comandate a loro insaputa o consenso). In quinto luogo, gli Stati dovrebbero creare quadri procedurali trasparenti per valutare se equando divulgare al pubblico vulnerabilità o difetti dei sistemi o della tecnologiadell'informazione. Tali difetti sono spesso la base delle armi informatiche. Accumulare talivulnerabilità per un possibile utilizzo in futuro rappresenta un rischio per tutti. Lapresunzione dovrebbe essere a favore della divulgazione e delle patch. In sesto luogo, gli sviluppatori e i produttori di beni e servizi da cui dipende la stabilità delcyberspazio dovrebbero enfatizzare la sicurezza, adottare misure ragionevoli per garantireche i loro prodotti siano privi di vulnerabilità significative, mitigare i difetti quando vengonoscoperti ed essere trasparenti sul processo. Tutti gli attori hanno il dovere di condividereinformazioni sulle vulnerabilità per aiutare a mitigare le attività informatiche dannose. In settimo luogo, gli stati dovrebbero attuare misure appropriate, comprese leggi eregolamenti, per garantire l'igiene informatica di base. Proprio come le vaccinazioniprevengono le malattie trasmissibili come il morbillo, così la cyber igiene di base può faremolto per rimuovere i frutti bassi che attirano i cyber malefattori. Infine, gli attori non statali non dovrebbero impegnarsi in operazioni informatiche offensivee gli attori statali dovrebbero impedire tali attività o rispondere se si verificano. A voltechiamato "hack-back", il vigilantismo privato può intensificare e costituire una graveminaccia alla stabilità informatica. In passato, gli stati una volta condonavano esostenevano persino i corsari in alto mare, ma poi scoprivano che i rischi di escalation econflitti indesiderati erano troppo alti. Lo stesso si può dire per la stabilità nel cyberspazio. Queste otto norme da sole non garantiranno stabilità nel cyberspazio, ma combinate connorme, principi e misure di rafforzamento della fiducia suggerite da altri, potrebbero fornireun inizio. A lungo termine, gli stati osserveranno le norme di comportamento al fine dimigliorare il coordinamento, gestire l'incertezza, preservare la loro reputazione o inrisposta alle pressioni interne. Il mondo è molto lontano da un tale regime normativo per ilcyberspazio, ma il GCSC ha contribuito a far avanzare il processo.

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Financial Times 11.10 Big Read Tecnologia

Un film ha digitalmente ricreato la faccia di un Will Smith più giovane. La riduzionedel costo di tali tecnologie apre opportunità per Hollywood ma anche per uneccesso di video profondamente falsi che coinvolgono politici o porno. (Tim Bradshaw)

Ogni attore di Hollywood vuole disperatamente aggrapparsi alla sua gioventù. Ora, WillSmith, la star di Independence Day e Man in Black può avere 23 anni per sempre. Ma adifferenza dei suoi colleghi botulinizzati, il segreto della fresca faccia di Smith è una nuovagenerazione di sosia digitali che offrono un realismo senza precedenti.In Gemini Man, il suo ultimo film di successo uscito venerdì, il 51enne attore interpreta unassassino in pensione il cui più giovane clone è stato spedito ad ucciderlo.Il 23enne clone di Smith, noto nel film come Junior, non è il vero attore nascosto sottostrati di make up o protesi. Invece è una riproduzione interamente digitale, costruita dalsuo scheletro fino alle punte delle sue ciglia dal neozelandese studio di effetti visivi WetaDigital.Gli insiders di Hollywood stimano che da solo, il personaggio di Junior costi dieci milioni didollari – forse il doppio dell’ingaggio di Smith.Tuttavia qualche settimana prima della premiere di Gemini Man un altro clone digitale,molto meno costoso, di Will Smith è apparso in una nuova versione del film difantascienza del 1999, The Matrix. In un video Yuotube di 2 minuti Smith ha preso il postodi Keanu Reeves per interpretare Neo, la pillola rossa e i proiettili immobili a mezz’aria.Il clpi era stato fatto senza il budget, stimato in 138 milioni di dollari di gemini man. Invece,il creatore, un YouTuber conosciuto solo come Sham00k, ha utilizzato un software gratuitochiamato LipFaceLab per sovrapporre la faccia di Smith a quella di Reeves nel filmato diMatrix. Cosiddette “deepfakes” come queste sono state usate per trasformare il comicoJordan Peele in Barack Obama o l’attore Bill Hader in Tom Cruise, con ogni clip piùcredibile del precedente.Le deepfakes e gli effetti esclusivi visti in Gemini man offrono due strade alternative permanipolare le persone nei video. Ma con la convergenza delle tecnologie, il costo di unumano interamente digitale è crollato. La “valle misteriosa” è stata finalmente raggiunta,spingendo alcuni a Silicon Valley a chiedersi quando gli assistenti virtuali come Alexa nonsaranno più solo una voce incorporea.“Il prezzo del realismo si è ridotto moltissimo negli ultimi 20 anni” dice Paul Franklin, co-fondatore e direttore creativo dello studio di effetti speciali vincitore di premi, DNEG. Lecose che erano dominio di aziende come DENG possono ora essere fate con un softwaregià disponibile. E’ inevitabile che le tecniche di Gemini man saranno strumenti del mestierenei prossimi 10 anni”.Il fatto che non è mai stato più facile per gli aspiranti Weta inserire persone in brevi videoha portato a ammonimenti da parete di politici, attivisti della privacy e della stessaHollywood. Fake videos convincenti potrebbero essere usati per manipolare gli elettori,frodare aziende o bullizzare individui – anche se per ora, l’hobby del principio deideepfakers è di inserire celebrità ignare nella pornografia.Un report si settembre di Deeptrace Labs, una start up di cyber security la cui tecnologiaindividua i video manipolati, ha trovato che il numero di deepfakes podstate online èraddoppiato negli ultimi 6 mesi, fino a 14.678. Di queste, il 96% sono classificate comeporno.“Si sta evolvendo molto rapidamente” dice Katja Bego, una data scientist che staricercando deepfakes a Nesta, un’organizzazione no profit concentrata sul tech.Facebook, Google e Microsoft hanno guidato gli sforzi per migliorare la scoperta deldeepfake, sperando di evitare la diffusione attraverso i loro networks di video ingannevoli.Il modo tradizionale di Hollywood di creare persone digitali realistiche è ancora un compito

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complicato. Portare alla vita Junior ha richiesto "centinaia di ore del tempo di accuratianimatori e modellatori" dice Stuart Adock, capo della facial motion di Weta, che è statafondata da Peter Jackson, direttore del Lord of Rings."In quel momento mi sentivo piùcome se stessimo facendo da zero un umano reale anzichè un effetto visivo".Ma con questi avanzamenti nel machine learning, nel processing power disponibile suglismartphone e nei sistemi di cloud computing, qualcuno prevede che effetti stile GeminalMan potrebbero un giorno diventare accessibili come lo sono oggi le app per smartphonedi ritocco dei selfie."Deepfakes sono il prossimo passo in unmna lunga catena di democratizzazione dellaproduzione dei media" dice peter Rojas, un ventur capital investor di Betaworks Ventures."Deepfakes è la democratizzazione del CGI. Non molto diverso di quello che il blogging hafatto per l'editoria"Deepfakes ha a mala pena due anni ma il cambiamento più grande degli ultimi mesi è laquantità di input data richiesti per creare un video convincente. A settembre l'app cineseZao ha causato una sensazione virale permettendo agli utenti di scambiarsi luoghi conLeonardo Di Caprio in una selezione di scene da film come Titanic. Poichè il range di clipsdi Zao è limitato e pre-selezionato, il processo ci mette appena pochi secondi e richiedeuna sola fotografia del face swapper (scambiatore di faccia)."Prima, era facile farlo con le celebrità e i politici perchè si hanno tonnellate di loro filmatisu internet", dice Bego. "Ora hai bisogno solo di una foto di una persona normale".Un nuovo benchmark per il realismoMalgrado il passo del progresso di Deepfakes, gli effetti tradizionali degli studi diHollywood come Weta vedono poche applicazioni per la tecnologia negli odierni film disuccesso. Deepfakes potrebbe scoppiare sugli smartphone, nei clips di YouTube e neiFacebook feeds ma in Gemini man, la faccia digitale di Junior e mostrata in persistentiapplicazioni ravvicinate in una ampio schermo Imax. L'effetto è più convincente nellescene all'interno di scure catacombe che alla luce del sole, esso è stato tuttavia salutatocome una svolta per il realismo umano. La differenza è evidente anche rispetto agli effettidi 2 o 3 anni fa,come la breve apparizione della Principessa Leia nello spin-off 2016 di StarWars,Rogue One."La cosa realmente difficile è il modo in cui si muove la faccia degli umani... che è dasempre un santo grail degli effetti visivi" dice Franklin.DNEG ha lavorato su film compresala serie Avengers e ExMachina."Siamo tutti esperti di come appaiono i volti" dice "Se solo qualcosa è leggermente spento- se i muscoli intorno alla bocca non si muovono correttamente o gli occhi non guardanonella direzione giusta -lo sappiamo immediatamente". Per questo molte Deepfakes sonoancora facili da individuare.Ottenere il livello di qualità visto in Gemini man o Avengers:Engame's "Mart Holk" ècostoso e richiede tempo. "Negli effetti visivi di alta gamma spendiamo milioni di dollari alminuto" dice Franklin. "E' un lavoro incredibilmente intensivo". Anche negli show televisivie nei video games, dove i budget sono normalmente più contenuti, un effetto "virtualmenteumano" potrebbe costare un conto a sei cifre.A Hollywood, tale investimento ripaga se il pubblico va in massa a vederlo sul grandeschermo. Jese Sisgold, presidente e dirigente operativo capo di Skydance madia, unadella aziende di produzione dietro a Gemini Man, dice che la "tecnologia rivoluzionaria delfilm stabilisce un nuovo benchmark per l'esperienza teatrale".IL primo anno di produzione su Gemini Man a Weta è stato speso per costruire unaversione digitale di Will Smith come è ora. Ha incluso un modello del suo teschio, unamappa fotogrammetrica dei pori della pelle e delle linee della faccia e il giusto mix di olioe acqua digitali per fare apparire più reali i suoi occhi.Poi, spiega Adcock di Weta,il suo team ha confrontato quel modello con uno "skin double"23enne,disegnandolo sui film di Smith degli anni '90 e sulle foto di lui a 8 anni, perdeterminare come sono invecchiati i tratti ad esempio del suo naso, del suo mento e della

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sua mascella.In aggiunta a questa sfida, aggiunge Adcock, c'è stata la necessità di essere all'altezzadelle memorie di Smith che è una faccia familiare a milioni di persone fin dal Fresh Princeof bel-Air del 1990.Il direttore Ang Lee ha chiesto al team di Weta di fare apparire Junior come se fosse "unbrutale assassino" ma simpatico a sufficienza perchè il pubblico volesse ancora "sedersi egodersi una bel piatto caldo di zuppa di pollo" con il personaggio. "Abbiamo litigato col concetto per un pò prima di atterrare finalmente sulla ricetta" diceAdcock. Weta ha fatto un "piccolo aggiustamento" all'angolo inferiore dell'occhio eabbiamo "addolcito un pò" lo sguardo."Tecnicamente è una sfida enorme ma ci sono anche molte scelte creative in ballo perfare funzionare le cose" dice. "E' un equlibrio di arte e scienza. Non si possono averesoluzioni con un solo click".Operazione messa a puntoIl processo usato da Weta e da altri effects studios è all'opposto dell'idea delle deepfakesinteramente automatizzate - e punta a una sfida più grande coi sistemi di intelligenzaartificiale. Deep learning e neural networks sono "scatole nere" che prendono i dati comeinput e tirano fuori il risultato senza spiegare cosa avviene nel mezzo. "Deepfakespermette di ottenere un risultato che è in qualche caso convincente ma l'occhio dell'artedell'immagine e della regia dirigono i comportamenti oculari da un fotogramma all'altro"dice Adcock. "Questo è il livello di controllo che ci serve".Suranga Chandratillake, investitore tech a Balderton capital dice che gli attuali sistemi dicreazione deepfake sono frammentati e incompleti. Malgrado la promessa dellafalsificazione istantanea, gli esempi di massima qualità richiedono ancora una grandequantità di messa a punto manuale per assicurare una clip convincente."Quando si legge l'iperbolica cosa che il mondo cambierà (per via di deepfakes) dipendese sarà andrà realmente bene all'istante" dice. "Non sono sicuro che l'approccio attuale ciporterà mai a questo punto". Questo problema dell'uomo "dietro le cortine" probabilmente colpisce altri sistemi a guidaA.I come le self-driving cars, egli aggiunge. L'automazione può farti fare il 90% della stradama serve ancora l'intervento manuale per raggiungere con sicurezza la destinazionedesiderata.Questo aggiunge un'altra sfida agli odierni produttori deepfake: la loro quasi completamancanza di un modello di business o di sponsorizzazione corporate. "L'interessanteostacolo (da superare) sarebbe il progresso nella commercializzazione" dice Bego. "Nonc'è abbastanza denaro che possa essere utilizzato per fare meglio queste cose".Questo significherebbe cominciare a cambiare le cose. malgrado molti nell'industria deglieffetti speciali liquidano deepfakes come un espediente, il primo film di Hollywood cheincorpora la tecnica è uscito all'inizio dell'anno - senza che il pubblico lo abbia notato.Deepfakery ha tolto diversi anni all'attore britannico Bill Nighy in Pokemon DetectivePikachu, secondo Tim Framestone, dirigente creativo capo di Framestone, il gruppo dieffetti virtuali che ha lavorato sull'adattamento cinematografico del video gioco. "La ragione per cui abbiamo finito di usare deepfake è stato in parte il desiderio disperimentazione" dice Webber. "Ci avevamo giocato intorno prima non molto seriamente enon aveva funzionato" Proprio come col trattamento Photoshop alle modelle sulle riviste di moda, le tecniche de-aging sono largamente usate (anche se spesso non reso pubblico) per ritoccaredigitalmente le star di Hollywood. Il de-aging svolge un ruolo preminente nel prossimocrime drama di Netflix "The irish man" per fare apparire più giovani Robert De Niro e AlPacino in alcune scene di flashback. nella maggior parte dei casi, a differenza della totaledigitalizzazione di Junior in Gemini Man, il de-aging implica che i modelli CGI sianomescolati con fotogrammi standard degli attori o vi vengano passati sopra.In Pokemon Detective Pikachu, tuttavia, la risistemazione deepkake di Framestone lo ha

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fatto per il grande schermo. Il personaggio di Nighy, Howard Clifford, è ringiovanito soloper pochi secondi, quando il self più giovane è mostrato nelle sequenze di apertura in unclip di notizie d'archivio a bassa risoluzione."Abbiamo fatto il de-aging su alcuni scatti così non è servito costruire un modello interodella faccia di un attore generato dal computer" ha detto Webber. "Potevamo usare unafotografia dell'attore quando era più giovane per realizzare il modello deepfake".Avatar opportunitySe lo sviluppo è stato "incredibilmente rapido", dice Webber, "è un pò difficile prevederecome andranno avanti le cose". La natura gratuita, open-source del software deepfake - ela sottostante comunità che lo usa - sta trattenendo la commercializzazione, egli sostiene.Potrebbe avvenire quando entra in gioco Silicon Valley. Apple, Google e Facebook, cosìcome gli sviluppatori di giochi come Fortnite maker Epic, assumono talenti dalle aziendedi effetti visivi californiane come Industrial Light & Magic che è stata fondata da GeorgeLucas, creatore di Star Wars e Pixar, pioniera di animazione computerizzata di proprietàdella Disney. La settimana scorsa, è emerso che l'Apple ha acquisito la britannicaiKinema, che è specializzata in motion capture "fully body" per giochi e film.Questo ha determinato l'attenzione dell'industria degli effetti visivi che si sta chiedendodove potrà portare - da aggiornamenti ad avatar, come la personalizzazione di Memojidella Apple o di Bitmoji di Snap alle totali visualizzazioni degli assistenti digitali come alexae Siri.ùle aziende tech "stanno in mezzo" tra gli effetti big budget stile Hollywood e il sentimentoDIY (do it yoursel- fai da te) di deepfakes, dice Steve Caulikin, dirigente tecnico capo diCubic Motion che lavora sull'animazione digitale per video games e film. "Hannopotenzialmente i mezzi per creare umani digitali di fascia alta".La combinazione delle vaste raccolte di dati di Silicon Valley con gli effetti visivi diHollywood potrebbe significare che un giorno ogni possessore di smartphone avrà lapropria versione privata dello Junior di Gemini Man - un avatar realistico che li rappresentanel mondo digitale."Ciò che trovo eccitante" ha scherzato Smith in una proiezioneanteprima del film all'inizio dell'anno "è la versione completamente digitale di me stesso a23 anni con cui ora posso fare film".

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Social Europe 2.12

Perché scioperiamo di nuovo(Greta Thunberg, Luisa Neubauer e Angela Valenzuela)

Dopo oltre un anno di cupe proiezioni scientifiche e crescente attivismo, i leadermondiali stanno riconoscendo sempre più l'urgenza della crisi climatica. Eppurenon è stato fatto nulla.

Per più di un anno, bambini e giovani di tutto il mondo hanno scioperato sul clima.Abbiamo lanciato un movimento che ha sfidato tutte le aspettative, con milioni di personeche hanno prestato la loro voce e il loro corpo alla causa. Non l'abbiamo fatto perché era ilnostro sogno, ma perché non vedevamo nessun altro agire per proteggere il nostro futuro.E nonostante il supporto vocale che abbiamo ricevuto da molti adulti, inclusi alcuni deileader più potenti del mondo, ancora non lo vediamo.Colpire non è una scelta che apprezziamo; lo facciamo perché non vediamo altre opzioni.Abbiamo visto svolgersi una serie di conferenze sul clima delle Nazioni Unite.Innumerevoli trattative hanno prodotto impegni molto alti ma alla fine vuoti da parte deigoverni del mondo, gli stessi governi che consentono alle compagnie di combustibili fossilidi trivellare sempre più petrolio e gas e bruciare il nostro futuro per il loro profitto.I politici e le aziende produttrici di combustibili fossili conoscono il cambiamento climaticoda decenni. Eppure i politici lasciano che i profittatori continuino a sfruttare le risorse delnostro pianeta e distruggano i suoi ecosistemi in una ricerca di denaro rapido cheminaccia la nostra stessa esistenza.Non ci si deve credere sulla parola: gli scienziati stanno suonando l'allarme. Avvertono chenon abbiamo mai avuto meno probabilità di limitare l'aumento delle temperature globali a1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali, la soglia oltre la quale si scatenerannogli effetti più distruttivi del cambiamento climatico.Ricerche recenti, ancora più terribili, mostrano che nel 2030 siamo sulla buona strada perprodurre il 120% in più di combustibili fossili di quanto sarebbe coerente con il limite di 1,5° C. La concentrazione di gas serra del riscaldamento climatico nella nostra atmosfera haraggiunto un livello record, senza alcun segno di rallentamento. Anche se i paesirispettano i loro attuali impegni di riduzione delle emissioni, siamo diretti verso un aumentodi 3,2 ° C.I giovani come noi sopportano il peso maggiore dei fallimenti dei nostri leader. La ricercamostra che l'inquinamento causato dalla combustione di combustibili fossili è la minacciapiù significativa al mondo per la salute dei bambini. Proprio il mese scorso, cinque milionidi maschere sono state consegnate nelle scuole di Nuova Delhi, la capitale dell'India, acausa dello smog tossico. I combustibili fossili ci stanno letteralmente soffocando la vita.La scienza sta chiedendo un'azione urgente, e ancora i nostri leader osano ignorarla.Quindi continuiamo a combattere.Dopo un anno di scioperi, le nostre voci vengono ascoltate. Siamo invitati a parlare neicorridoi del potere. All'ONU, ci siamo rivolti a una stanza piena di leader mondiali. Al WorldEconomic Forum di Davos abbiamo incontrato i primi ministri, presidenti e persino il papa.Abbiamo trascorso centinaia di ore partecipando a panel e parlando con giornalisti eregisti. Ci sono stati offerti premi per il nostro attivismo.I nostri sforzi hanno contribuito a spostare il dibattito sul cambiamento climatico. Lepersone ora discutono sempre più della crisi che affrontiamo, non in sussurri o comeripensamento ma pubblicamente e con un senso di urgenza. I sondaggi confermano ilcambiamento delle percezioni. Un recente sondaggio ha mostrato che, in sette degli ottopaesi inclusi, il problema climatico è considerato la questione più importante per il mondo.Un altro ha confermato che gli studenti hanno aperto la strada alla sensibilizzazione.Con lo spostamento dell'opinione pubblica, anche i leader mondiali affermano di averci

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ascoltato. Dicono di essere d'accordo con la nostra richiesta di azioni urgenti per affrontarela crisi climatica. Ma non fanno nulla. Mentre si dirigono a Madrid per la 25a sessione dellaConferenza delle Parti (COP25) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite suicambiamenti climatici, segnaliamo questa ipocrisia.Scenderemo di nuovo in piazza a Madrid, Santiago e in molti altri luoghi il 6 dicembredurante la conferenza sul clima delle Nazioni Unite. Studenti, giovani e adulti di tutto ilmondo staranno insieme, chiedendo ai nostri leader di agire, non perché lo vogliamo noi ,ma perché è la scienza a richiederlo .Tale azione deve essere potente e di ampio respiro. Dopotutto, la crisi climatica nonriguarda solo l'ambiente. È una crisi di diritti umani, di giustizia e di volontà politica. Isistemi di oppressione coloniale, razzista e patriarcale l'hanno creata e alimentata.Dobbiamo smantellarli tutti. I nostri leader politici non possono più sottrarsi alle lororesponsabilità.Alcuni sostengono che la conferenza di Madrid non sia molto importante: le grandidecisioni verranno prese alla COP26 di Glasgow il prossimo anno. Non siamo d'accordo.Come chiarisce la scienza, non abbiamo un solo giorno da perdere.Abbiamo imparato che, se non lo facciamo noi, nessuno lo farà. Quindi continueremo abattere costantemente colpi, proteste e altre azioni. Diventeremo sempre più forti. Faremotutto il necessario per convincere i nostri leader a unirsi dietro la scienza in modo cosìchiaro che anche i bambini lo capiranno.L'azione collettiva funziona: lo abbiamo dimostrato. Ma per cambiare tutto, abbiamobisogno di tutti. Ognuno di noi deve partecipare al movimento di resistenza al clima. Nonpossiamo semplicemente dire che ci preoccupiamo, dobbiamo dimostrarlo.Unisciti a noi. Partecipa ai nostri prossimi scioperi climatici a Madrid o nella tua cittànatale. Mostra alla tua comunità, all'industria dei combustibili fossili e ai tuoi leader politiciche non tollererai più l'inazione sui cambiamenti climatici. Con i numeri dalla nostra parte,abbiamo una possibilità.E ai leader che sono diretti a Madrid, il nostro messaggio è semplice: gli occhi di tutte legenerazioni future sono su di te. Agisci di conseguenza.

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Financial Times 5.11

Il progresso verso lo sviluppo sostenibile è seriamente fuori strada(Antonio Guterres segretario generale ONU)La gente in giro per il mondo è scesa in strada per protestare contro l'aumento del costodella vita e l'aumento, reale o percepito, dell'ingiustizia. Sentono che l'economia per loronon funziona - e in qualche caso hanno ragione. Uno stretto focus sulla crescita aprescindere dai suoi costi e conseguenze, sta portando a una catastrofe climatica,a unaperdita di fiducia verso le istituzioni e a una mancanza di fede nel futuro.Il settore privato è parte fondamentale per la soluzione di questi problemi. Il business stagià lavorando insieme all'ONU per aiutare a costruire un futuro più stabile ed equo, sullabase degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile. I 17 obiettivi sono stati concordati daileaders del mondo nel 2015 per affrontare entro il 2030 le sfide, compresa la povertà, ladisuguaglianza, la crisi climatica, il degrado ambientale, la pace e la giustizia.Ci sono stati alcuni progressi nei 4 anni da quando sono stati adottati gli obiettivi globali.L'estrema povertà e la mortalità infantile stanno riducendosi; l'accesso all'energia e allavoro dignitoso stanno aumentando. Ma complessivamente, siamo seriamente fuoristrada. la rabbia aumenta, metà della popolazione mondiale manca dell'istruzione di basee della sanità essenziale, le donne subiscono ovnque discriminazione e svantaggio.Una ragione per tale zoppicante progresso è la mancanza di finanziamento. Le risorsepubbliche dei governi semplicemente sono insufficienti a sradicare la povertà, a migliorarel'istruzione delle ragazze, a mitigare l'impatto del cambiamento climatico. Abbiamo bisognodell'investimento privato per riempire il gap , così l'ONU sta lavorando con il settorefinanziario. Questo è un momento critica per il business e per la finanza e per la lororelazione con la politica pubblica.Primo, il business ha bisogno di politiche di investimento a lungo termine che servano lesocietà. Sta cominciando ad accadere - alcuni grandi fondi pensioni stanno escludendodai loro portafogli i carburanti fossili. E più di 130 banche con $47 trilioni di asset hannosottoscritto i principi per una banca responsabile, definiti in collaborazione con l'ONU.Rappresentano un impegno senza precedenti verso strategie di business che si allineinocon gli obiettivi globali, l'accordo 2015 di Parigi per bloccare la crescita delle temperature eper pratiche bancarie che creino prosperità condivisa.Insisto con tutte le istituzionifinanziarie perchè firmino questo documento.Secondo, stiamo scoprendo nuovi modi per gli investimenti del settore privato in crescita esviluppo sostenibile. A ottobre, 30 leaders di aziende multinazionali hanno lanciatoall'ONU L'Alleanza degli investitori globali per lo sviluppo sostenibile.I top executives di Allianz e la Borsa di Johannessburg sono tra quelli che si sonopubblicamente impegnati ad agire come attori del cambiamento nelle loro aziende e più ingenerale. Stanno tutti sostenendo già progetti infrastrutturali sostenibili, compresi progettiper l'energia pulita ed accessibile in Africa, Asia e America Latina e l'uso di strumentifinanziari innovativi per mobilitare miliardi dollari per la sicurezza alimentare e l'energiarinnovabile. Assumeranno un ruolo sempre più grande nel canalizzare il capitale verso losviluppo sostenibile, mettendo in contatto le opportunità con gli investitori.Spero che tutti i business leaders seguano la loro guida, investendo nell'economia delfuturo:crescita verde, pulita che dia lavori decenti e migliori le vite delle persone per illungo termine I business deve muoversi ulteriormente e più rapidamente se dobbiamoraccogliere i trilioni di dollari richiesti per raggiungere gli obiettivi globali.Terzo, chiediamo ai leader del business di andare oltre l'investimento e spingere per uncambiamento di policy. In molti casi, le aziende stanno già guidando la strada.lasostenibilità ha un buon senso degli affari. Gli stessi consumatori stanno esercitando unapressione. Un investitore ha descritto la finanza sostenibile come un "megatrend". Ma lafinanza privata combatte spesso i sussidi per il carburante fossile che distorcono ilmercato e gli interessi consolidati che favoriscono la status quo. Grandi investitori,

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compreso Aviva avvertono che i sussidi per i fossili possono ridurre la competitività diindustrie chiave, ivi compresa l'economia low-carbon.I governi sono in ritardo, riluttanti a cambiare strutture obsolete normative, di policy efiscali. il reporting trimestrale dei cicli scoraggia l'investimento a lungo termine. I doverifiduciari degli investitori devono essere aggiornati per includervi considerazioni più ampie.Occorre che i leaders del business usino la loro enorme influenza per spingere indirezione della crescita inclusiva e per opportunità per tutti. nessun business puòpermettersi di ignorare questo sforzo e non c'è obiettivo globale che non tragga beneficiodall'investimento del settore privato.E' business etico e buono investire in sviluppo sostenibile ed equo. La leadershipcorporate può fare tutta la differenza nella creazione di un futuro di pace, stabilità eprosperità su un pianeta in buona salute.

Financial Times 6.11

C'è un modo per andare avanti sul cambiamento climatico(Martin Wolf)

Per riuscire a affrontare l'emergenza abbiamo bisogno di politiche forti che sianoefficaci, legittime e globali

La politica sul clima oscilla tra il cinismo di Trump il radicalismo di Greta Thumberg. Ilpresidente US ha appena tirato fuori dall'accordo di Parigi il secondo emittente di gas almondo. Thumberg chiede un taglio significativamente superiore al 50% nelle emissioninette globali entro il 2030. Il primo è certamente irresponsabile. ma la seconda sembrainconcepibile.L'esasperazione degli attivisti del clima radicali è comprensibile. Malgrado decenni didiscorsi, le emissioni di gas serra e le temperature globali continuano a crescere. Se iltrend non si ferma presto, le possibilità di evitare un aumento delle temperature globalimedie di più dell'1.5% sopra i livelli pre-industriali saranno pari a zero e quelle di evitareun aumento del 2% saranno molto piccole·Come il FMI nota nel suo ultimo Fiscal Monitor, ottenere il 2% richiede la riduzione delleemissioni di gas serra di circa un terzo sotto la linea di riferimento entro il 2030. Per tenerele emissioni sotto il +1.5% occorre dimezzare tale linea. Più si rinvia l'azione richiesta, piùgrande essa diventa, fino a quando non si potrà fare più niente perchè sarà tropo tardi. E'già quasi troppo tardi evitare quelli che gli esperti considerano cambiamenti climaticidistruttivi e irreversibili. Per tale ragione, servono politiche forti. Tuttavia sono possibili,sostiene l'Energy Transitions Commission se saranno attuate con fermezza nei prossimitrenta anni.Purtroppo la totale opposizione di persone come Trump e l'indifferenza di buona partedella popolazione, non sono gli unici ostacoli alla riuscita. Anche alcuni di coloro che sonofavorevoli ad agire costituiscono un problema, poichè la causa del clima per loro fa partedi una più ampia campagna contro il mercato.Pertanto, molti sostenitori del Green New Deal vedono il clima come la giustificazione perun'economia pianificata. Un giornalista britannico, Paul Mason sostiene: "I Labour vuolecombattere il cambiamento climatico attraverso tre meccanismi: la spesa pubblica, iprestiti di stato e la direzione statale della finanza privata". Questo approccio permette aglioppositori di sostenere che la sinistra è più preoccupata di distruggere le economie dimercato che di salvare il pianeta. Il disordine creato dal tentativo di pianificare uneconomia a emissioni nette zero in dieci anni potrebbe screditare tutti gli sforzi di

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mitigamento.In ogni caso, il cambiamento climatico non sarà risolto da un solo paese. Per averesuccesso,la politica deve essere efficace, legittima e globale.Per essere efficace la politica deve combinare progettazione, regolazione e incentivi. C'èuna forte motivazione per azioni di governo nella ricerca, nella pianificazione spaziale enel finanziamento. ma c'è anche necessità di incentivi volti a cambiare i comportamenti.Comando e controllo sono raramente efficaci da soli.Il report del FMI suggerisce che nel 2030, $75 a tonnellata di carbone potrebbe essere ilprezzo coerente al mantenimento dell'aumento della temperatura sotto 2 gradi. Oggi, c'èuna quantità di accordi sui prezzi, i prezzi stessi sono in massima parte di gran lungatroppo bassi, variabili nel tempo e tra i paesi per essere utili. Tuttavia , in via di principio,una carbon tax o un sistema di commercio delle emissioni con un prezzo minimo è ilmodo più efficace (perchè è il più completo) per influenzare le emissioni.Schemi che generano introiti fiscali dovrebbero essere attraenti per i politici, perchè ildenaro potrebbe essere usato per alti obiettivi di valore. Tassare un "bad" (in questo casouna forma di inquinamento) offre sempre l'opportunità di migliorare la tassazione o diaumentare spesa preziosa.Un punto importante espresso dal report del FMI è che soprattutto paesi come la Cina el'India potrebbero beneficiare da una riduzione dell'inquinamento ambientale locale, acausa dei benefici di un ridotto uso del carbone. E' anche vitale che tali paesi vedano talibenefici derivanti dalle tasse sul carbone perchè giocheranno una grossa parte nelportare avanti le necessarie riduzioni delle emissioni globali (relativamente alla baseline).Inoltre è in questi paesi che deve essere fatto una grossa parte dell'investimentonecessario in nuovi sistemi energetici. Dunque gli incentivi hanno grande importanza.Per assumere politiche legittime, è essenziale compensare chi perde. Non è vero che ipoveri siano, in proporzione, sempre i più colpiti dai prezzi energetici più alti. Ma contanoanche le proteste del resto della popolazione. La compensazione per i prezzi più alti deicarburanti deve essere visibile. Come importante è l'offerta di un convincente visione di unfuturo migliore. Altrimenti, i necessari cambiamenti di policy non saranno m ai accettati.Infine la politica deve essere globale, con il coinvolgimento di tutte le grandi economie.Ciò crea enormi problemi di equità. Chiaramente non raggiungeremo mai una soluzioneperfetta. M;a alcune soluzioni vanno trovate perchè i paesi ad alto reddito assistano congenerosità i paesi emergenti e quelli in via di sviluppo, specie attraverso l'introduzione dinuove tecnologie. Questo solleva un'altra importante domanda:cosa fare con i free-riderse con quello più grosso di tutti: gli US? La risposta, in via di principio, è chiara: dovràessere pesantemente penalizzato. Se accettiamo, come dovremmo, l'urgenza della sfida,ciò ne è la naturale conseguenza.Che fare allora? le risposte prevedono un programma di azione su trenta anni acominciare da ora; il ricorso pragmatico a tutti gli strumenti di policy, compresi gli incentividi mercato; l'uso dei proventi raccolti col prezzo del carbone per compensare chi perde euna maggiore efficienza del sistema fiscale e del mitigamento climatico; l'accentuazionedei benefici dell'eliminazione dell'uso dei carburanti fossili per l'ambiente locale e,soprattutto, un impegno sul clima come una condivisa sfida globale. In un'epoca dipopulismo e di nazionalismo, c'è qualche possibilità di riuscita? Ahimè, no. Se è così, nonriusciremo. Ma i giovani hanno sicuramente diritto di aspettarsi di meglio.

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The New York Times 25.10

Il cambiamento climatico costerà anche di più di quello che pensiamo(Naomi Oreskes prof.storia della scienza a Harvard e Nicholas Stern presidente delGrantham Research Institute on Climate Change and Enviroment alla London School ofeconomics)

Gli economisti sottovalutano grandemente il prezzo di un clima peggiore edell'innalzamento dei mari. Perchè?E' chiaro da qualche tempo che gli effetti del cambiamento climatico stanno comparendopiù velocemente di quanto anticipato dagli scienziati. Ora sta emergendo un'altra forma disottovalutazione, cattiva o forse peggiore di quella scientifica: la sottovalutazione dei costida parte degli economisti.Il risultato di tale incapacità degli economisti è che i leader del mondo non comprendanonè la magnitudine dei rischi per la vita e le condizioni di vita, nè l'urgenza dell'azione.Come e perchè è accaduto viene spiegato in un recente report di scienziati ed economistidella London School of Economics and Political Science, del Posdam Institute for climateimpact research e dell'Earth Institute della Columbia University.Una ragione è evidente: poichè gli scienziati del clima sottovalutano il tasso delcambiamento climatico e la severità dei suoi effetti, poi gli economisti inevitabilmentesottovaluteranno i costi. ma è peggio di così. Una serie di assunti e di pratiche ineconomia ha portato gli economisti a sottostimare l'impatto economico di molti rischiclimatici e a dimenticarne completamente alcuni. Questo è un problema perchè, comenota il report, questi "rischi dimenticati" potrebbero avere "impatti drastici e potenzialmentecatastrofici sui cittadini, le comunità, le aziende". Un problema riguarda la natura delrischio in un mondo col clima alterato. Proprio in questo momento, la concentrazione didiossido di carbonio nell'atmosfera è la più alta da tre milioni di anni (e sta ancoraaumentando).L'ultima volta che i livelli sono stati così alti, il mondo era circa 5 gradiFahrenheit più caldo e il livello dei mari 65 piedi più alto. Gli esseri umani non hannoesperienza di condizioni ambientali alterate di questo tipo.Tipicamente, le nostre stime del valore del costo di qualcosa, che sia un paio di scarpe ouna fetta di pane o l'impatto di un uragano si basano sull'esperienza. Gli statistici lodefiniscono "stazionarietà". ma quando le condizioni cambiano al punto che l'esperienzanon è più una guida affidabile per il futuro - quando la stazionarietà non si può piùapplicare - allora le stime diventano sempre più incerte.Gli idrologi riconoscono da qualche tempo che il cambiamento climatico ha scalzato lastazionarietà nella gestione delle acque - infatti hanno dichiarato che la stazionarietà èmorta. Ma gli economisti nell'insieme,.non hanno riconosciuto che questo si applica aglieffetti del clima su tutta la linea. Affrontano i danni del clima come perturbazioni minoriintorno e sotto al percorso di crescita e tengono poco conto della distruzione fondamentaleche potremmo fronteggiare perchè è così al di fuori dell'esperienza dell'umanità. Una seconda difficoltà riguarda i parametri che gli scienziati non si sentono di quantificareadeguatamente, come il calore della biodiversità o i costi dell'acidificazione degli oceani. laricerca mostra che quando gli scienziati mancano di buoni dati per una variabile, anche sesanno che è saliente, sono restii ad assegnare un valore per paura di sbagliarli. Pertanto,in molti casi, semplicemente lo omettono dal modello,dalla valutazione e dalla discussione.Nelle valutazioni economiche del cambiamento climatico, alcuni dei fattori principali, comele soglie nel sistema climatico, quando un cambiamento anche sottile potrebbe ribaltarecatastroficamente il sistema e forse limitare la capacità umana di adattarsi, sono omessiper questa ragione. In effetti, gli economisti hanno assegnato loro valore zero, quando irischi decisamente non lo sono. Un esempio dal report: lo scioglimento dei ghiacciai edella neve dell'Himalaya inonderà e colpirà profondamente la fornitura d'acqua di comunitàin cui vivono centinaia di milioni di persone e tuttavia è assente nelle valutazioni

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economiche. Un terzo terrificante problema riguarda gli effetti a cascata. Un motivo per cui è difficilescandagliare i danni del cambiamento climatico è che non avverranno in modo isolato, masi rafforzeranno reciprocamente in modi dannosi. In qualche caso potranno produrre unasequenza di danni seri e forse irreversibili. Per esempio, un'improvvisa rapida perdita del ghiaccio della Groenlandia o dell'Antartideoccidentale potrebbe portare a livelli del mare molto più alti e questo contaminerebbe lafornitura d'acqua, distruggerebbe le città costiere, costringerebbe i loro residenti adandarsene e causerebbe turbative e conflitti. Un altro esempio: l'aumento del caloreridurrebbe la produzione di cibo, cosa che porterebbe a una diffusa malnutrizione,diminuendo la la capacità delle persone di resistere al calore e alle malattie e renderebbeloro impossibile adattarsi al cambiamento climatico. Un caldo estremo sostenuto potrebbeanche ridurre la produzione industriale determinando la depressione economica.nello scenario peggiore , gli impatti del clima potrebbero sviluppare una catena di eventi incui il cambiamento climatico porterebbe a perdite economiche che, a loro volta,determinerebbero rotture sociali e politiche, minando sia la democrazia che la nostracapacità di evitare ulteriori danni climatici. Questo genere di effetti a cascata sonoraramente compresi nei modelli economici per gli impatti del clima.E questa serie di omissioni non include rischi addizionali che potremmo non avereidentificato. L'urgenza e la potenziale irreversibilità degli effetti climatici significa che nonèpossiamo attendere i risultati della ricerca per approfondire la nostra comprensione eridurre l'incertezza su questi rischi. Questo è particolarmente vero perchè lo studiosuggerisce che se dimentichiamo qualcosa nelle nostre valutazioni,è probabile chequalcosa peggiori il problema.Questà è ancora un'altra ragione dell'urgenza di perseguire un nuovo percorsoeconomico più verde per la crescita e lo sviluppo. Se lo faremo, è possibile una happyend. Ma se aspettiamo di essere più sicuri, la sola certezza è che ce ne pentiremo.

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Project Syndicate 14.11

Mercati verdi per una crescita equa(Graciela Chichilnisky prof.economia e statistica matematica Columbia University , PeterBal co-autore Reversing Climate Change)

L'unica soluzione realistica alla crisi climatica è quella di sostituire l'energia a basedi combustibili fossili con energie rinnovabili in modo rapido ed economico per farfunzionare i motori della crescita economica. Un mercato globale del carboniofarebbe proprio questo.

La crisi climatica e la crisi finanziaria del 2008 sono le due facce della stessa medaglia.Entrambe sono il prodotto della stessa caratteristica tossica del modello economicoprevalente nel mondo: la pratica di scontare il futuro. Proteggere l'umanità dalle rovineambientali e finanziarie richiede un approccio completamente nuovo alla crescita, che nonsacrifichi il domani sull'altare dell'oggi.In un certo senso, entrambe le crisi possono essere ricondotte allo stesso evento: lacreazione di un nuovo ordine internazionale dopo la seconda guerra mondiale. Leistituzioni di Bretton Woods che hanno sostenuto l'ordine - la Banca mondiale e il Fondomonetario internazionale - hanno incoraggiato una rapida globalizzazione, caratterizzatada un forte aumento delle esportazioni di risorse dal Sud globale al Nord globale. Il rilanciodelle politiche economiche neoliberiste alla fine degli anni '70 - compresa la rimozionedelle barriere commerciali, la deregolamentazione ad ampio raggio e l'eliminazione deicontrolli sui flussi di capitale - ha accelerato questo processo.Se tale sistema ha stimolato una crescita e uno sviluppo economico senza precedenti, haavuto tuttavia gravi svantaggi. Le innovazioni finanziarie hanno superato - osemplicemente sfuggito - la regolamentazione, consentendo al settore finanziario diespandere la sua influenza sull'economia, assumendo enormi quantità di rischio eraccogliendo enormi ricompense. Ciò alla fine ha determinato la crisi del 2008, che haportato il sistema finanziario globale sull'orlo del collasso. Poiché il sistema ha subitopoche riforme significative, i rischi sistemici acuti persistono anche ai giorni nostri.Sul fronte ambientale, l'estrazione sfrenata delle risorse ha distrutto gli ecosistemi deipaesi in via di sviluppo, incoraggiando al contempo un rapido aumento dei consumi -fondamentalmente, di energia - nei paesi sviluppati. Oggi, nonostante rappresentino solo il18% circa della popolazione mondiale, le economie avanzate consumano circa il 70%dell'energia mondiale, la maggior parte della quale (87%) proviene da combustibili fossili.Il divario nord-sud è quindi indissolubilmente legato alle emissioni di biossido di carbonio.E, di fatto, ha avuto un ruolo centrale in tutti i negoziati sul clima delle Nazioni Unite, con ipaesi che hanno contribuito maggiormente ai cambiamenti climatici - a cominciare dagliStati Uniti - che spesso ostacolano un'azione efficace.La resistenza di solito si riduce a una sola considerazione: l'attuale prosperità economica.Pertanto, l'unica soluzione realistica alla crisi climatica è quella di sostituire l'energia abase di combustibili fossili con energie rinnovabili in modo rapido ed economico permantenere in funzione i motori della crescita. Fortunatamente, sappiamo già che questo èpossibile. La chiave è un mercato globale del carbonio.Il protocollo di Kyoto del 1997 ha tentato di utilizzare un sistema di quote negoziabili perstabilire un prezzo sulle emissioni di CO 2 . Seppure diversi paesi alla fine abbiano rifiutatodi aderire al protocollo - gli Stati Uniti lo hanno firmato, ma non ratificato - il mercato delcarbonio che ha creato (progettato da uno di noi, Chichilnisky) ha contribuito a renderel'energia pulita più redditizia e l'energia sporca meno.Sebbene il protocollo di Kyoto sia crollato, il mondo si è basato su questo lavoro e alcunedelle sue più grandi economie - Cina, Unione Europea e diversi stati degli Stati Uniti, tra

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cui la California - stanno ora utilizzando sistemi di scambio di quote di emissioni. Il valoredei mercati globali negoziati per le quote di CO 2 è aumentato del 250% l'anno scorso eora supera $178 miliardi all'anno.Un rilancio del mercato globale del carbonio contribuirebbe a ridurre il nodo gordiano dellacrescita economica e del degrado ambientale. Inoltre, non costerebbe praticamente nullaper essere creato e per operare. Offrire un regime che garantisce efficienza basato sulmercato farebbe appello alle economie sviluppate, mentre i paesi in via di sviluppo lososterrebbero perché i limiti di emissione obbligatori si applicherebbero solo alle economiead alto e medio reddito, come nel caso del protocollo di Kyoto.Il potenziale di un mercato globale del carbonio continua a crescere. L'anno scorso, leAccademie nazionali statunitensi di Scienza, Ingegneria e Medicina e il Gruppointergovernativo sui cambiamenti climatici hanno riferito che le "tecnologie di emissioninegative" che rimuovono e sequestrano CO2 dall'aria potrebbero essere aumentate inmodo sicuro al fine di acquisire e immagazzinare una quota significativa di emissioni totali.Questo processo sarebbe così conveniente che la CO2 catturata potrebbe essere vendutacon profitto sul mercato del carbonio.Ovviamente, le emissioni di CO2 sono tutt'altro che l'unico contributo alla crisi climatica.Ma possono anche essere creati altri tipi di mercati verdi. Ancor prima del protocollo diKyoto, il Board of Trade di Chicago ha lanciato un mercato privato per i diritti di emissionedi anidride solforosa. Le Nazioni Unite stanno ora valutando di utilizzare mercati simili perproteggere la biodiversità e i bacini idrografici.Consentendo agli attori di acquistare e vendere diritti per utilizzare i beni comuni globali,tali mercati verdi combinano naturalmente efficienza ed equità. Eppure il persistentedivario Nord-Sud - e soprattutto la frattura tra Stati Uniti e Cina - sta ostacolando la nostracapacità di cogliere il loro potenziale. Abbiamo gli strumenti per arrestare e persinoinvertire il cambiamento climatico. È tempo di riunirsi e usarli.

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The Economist 21-27.9

La questione del clima

Il cambiamento climatica tocca tutto quello di cui si occupa questa rivista. Deveessere affrontato urgentemente e con chiarezza di ideeDa un anno all’altro non si può avvertire la differenza. Con il progredire degli anni, tuttavia,la storia diventa chiara. Le strisce sulla nostra copertina rappresentano la temperaturamedia del mondo anno su anno dalla metà del 19esimo secolo. Gli anni blu scuro sonostati i più freddi e quelli rossi i più caldi della media 1971-2000. Balza fuori il cambiocumulativo. Il mondo è di circa 1° più caldo di quando questa rivista era giovane.Rappresentare questo periodo della storia umana come una serie di semplici strisce puòsembrare riduttivo. Sono stati anni che hanno visto guerre mondiali, innovazionetecnologica, commercio su scala senza precedenti e una sbalorditiva creazione diricchezza. Ma queste storie complesse e le strisce semplificatrici condividono una causacomune. Il cambiamento del clima sul pianeta e la considerevole crescita del numero edelle ricchezze umane, entrambi scaturiscono dalla combustione di miliardi di tonnellate dicombustibile fossile per produrre la potenza industriale, l’elettricità, il trasporto, ilriscaldamento e, più di recente, il calcolo.Tutto quello che ci circondaChe il cambiamento climatico tocchi tutto e tutti dovrebbe essere ovvio – e dovrebbeesserlo anche il fatto che i poveri e i marginalizzati sono coloro che hanno più da perderequando il tempo atmosferico si rivolta contro di loro. Ciò che è meno ovvio, ma altrettantoimportante, è che, poiché i processi che portano al cambiamento del clima sono costruitisulle fondamenta dell’economia del mondo e della geopolitica, le misure per controllare ilcambiamento climatico devono essere analogamente a vasto raggio e onnicomprensive.Decarbonizzare un’economia non è una semplice sottrazione; richiede una revisione quasicompleta. Per alcuni – compresi molti dei milioni di idealisti che, mentre l’Eoniomist stavaandando in stampa, si stavano preparando per uno sciopero globale sul clima e molti diquelli che affolleranno le strade di New York durante l’Assemblea Generale dell’ONU dellasettimana prossima – la revisione non richiede niente di meno che la castrazione o losradicamento del capitalismo. Dopo tutto, il sistema è cresciuto attraverso l’uso deicarburanti fossili in quantità sempre crescenti. E l’economia di mercato ha fino ad ora fattomolto poco per aiutare. Quasi metà dell’anidride carbonica in più nell’atmosfera, prodottadall’uomo, vi è stata messa dopo la fine degli anni ’90, quando gli scienziati suonavanol’allarme e i governi dicevano che avrebbero agito.In realtà, concludere che il cambiamento climatico dovrebbe significare scuotere ilcapitalismo sarebbe sbagliato e dannoso. C’è un valore immenso nel vigore,nell’innovazione e nell’adattabilità che il libero mercato porta alle economie che ha presoforma nel corso di quel secolo a strisce. Le economie di mercato sono le fonti cheproducono la risposta che il cambiamento climatico richiede. Mercati competitivipropriamente incentivati e politici che servono una genuino desiderio di azione della gentepossono fare di più di qualunque altro sistema per limitare il riscaldamento che può essereprevenuto e quello che non può esserlo.Questo speciale dell’Economist non è sulla crisi del carbon-climate. Ma è fatto di articolisulla crisi e su cosa si può fare per essa. In ciò, il nostro reportage rispecchia il mondo. Oche stia nell’assicurare un futuro per il Canale di Panama o nello svezzare dalla loromentalità petrolifera presidenti a benzina, il clima non è mai l’intera storia. Contano altrecose per gli stockholders di Manhattan e gli smallholders del Malawi. Ma il cambiame5ntoclimatico è sempre più un contesto pericoloso per tutti i loro mondi.Per comprendere tale contesto, è importante comprendere tutte le cose che ilcambiamento climatico non è. Non è la fine del mondo. L’umanità non sta barcollandoverso la sua estinzione. Lo stesso pianeta non è in pericolo. La terra è una dura vecchia

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cosa e sopravviverà. E sebbene si possa perdere molto, la maggior parte della vitameravigliosa che rende unica la terra, per quanto gli astronomi possono già dire,continuerà.Il cambiamento climatico, tuttavia, è una terribile minaccia per innumerevole persone –una minaccia che nella sua dimensione è planetaria se non addirittura in termini assoluti.Come minimo, sposterà decine di milioni di persone; distruggerà aziende agricole su cuimiliardi fanno conto; inaridirà pozzi e corsi d’acqua; allagherà i luoghi bassi – e, conl’andare del tempo, anche quelli più in alto. In verità, darà anche delle opportunità, almenonel breve termine. Ma più tempo l’umanità impiega a frenare le emissioni, più grandisaranno i danni e più scarsi i benefici – e più grande il rischio di qualche sorpresarealmente catastrofica.La dimensione delle implicazioni sottolinea un’altra cosa che non è il cambiamentoclimatico. Non è soltanto un problema ambientale accanto ad altri – assolutamente non èun problema che può essere risolto ccon il cilicio dell’auto-abnegazione Il cambiamentodelle persone più allarmate non sarà sufficiente. Ciò che serve anche è il cambiamentodelle vite di chi ancora non se ne cura molto. Il clima e materia per l’intero governo. Nonpuò essere evitato dal ministro dell’ambiente che nessuno può nominare.E questo porta a una terza cosa che il cambiamento climatico non è. Non è un problemache possa essere rimandato per decenni. E’ qui e ora. Sta già producendo eventi estremicome l’Uragano Dorian. Le sue perdite sono già qui e spesso luttuose – nei panoramigrigiastri in cui sono morti i ghiacciai e sulle scogliere sbiancate del loro color corallo.Rinviare significa che l’umanità soffrirà più danno e dovrà affrontare un rimescolamentoassai più costoso per recuperare il tempo perso.Appendersi insiemeChe fare è già ben noto. E un compito vitale è la specialità del capitalismo: rendere lepersone migliori. L’adattamento, comprese le difese del mare, gli impianti didesalinizzazione, le colture resistenti alla siccità, costerà un sacco di soldi. Questo è unproblema in particolare per i paesi poveri, che rischiano un circolo vizioso dove l’impattodel cambiamento climatico li priva continuamente della speranza di sviluppo. Gli accordiinternazionali sottolineano la necessità di sostenere i paesi più poveri nei loro sforzi diadattamento ai cambiamenti climatici e per diventare abbastanza ricchi da avere bisognodi minore aiuto. Qui il mondo ricco si sta sottraendo ai suoi doveri.Ma. Anche se dovessero adempiervi, in nessun modo sarà possibile adattarsi a tutti glieffetti del cambiamento climatico. Più va avanti tale cambiamento e meno sarà possibiletrovare adattamenti di riequilibrio. Questo porta alla necessità del capitale: la riduzionedelle emissioni. Con plausibili miglioramenti tecnologici e molti investimenti, è possibileprodurre reti elettriche che non avranno bisogno di centrali elettriche che produconoemissioni di anidrite carbonica. Il trasporto su strada può essere elettrificato, sebbene èpiù difficile farlo per la navigazione a lungo raggio e i viaggi aerei. I processi industrialipossono essere ristrutturati; quelli che devono emettere gas serra, possono catturarli. E’ sciocco pensare che tutto ciò lo si possa fare in 10 anni o giù di lì, come chiesto da moltiattivisti e qualche aspirante alla presidenza. Ma gli sforzi di oggi, che sono troppo lassi perimpedire un riscaldamento del mondo di due o tre gradi, possono essere molto migliorati.Costringere le aziende a rivelare le loro vulnerabilità climatiche aiuterà sempre di più glispaventati investitori ad allocare in modo appropriato il loro capitale. Un robusto prezzodel carbone potrebbe stimolare nuove forme di riduzione delle emissioni, innovazioni che iprogrammatori non possono ancora immaginare. Per quanto potente uno strumento possaessere, la decarbonizzazione che determinerà dovrà essere accelerata attraversonormative ben costruite. Gli elettorati dovranno votare per entrambe le cose. Il problemacon tali politiche è che il clima risponde ai complessivi livelli di anidride carbonicanell’atmosfera, non al contributo di un solo paese. Se un governo riduce radicalmente lesue emissioni ma gli altri non lo fanno, il riduttore galante in generale non vedrà alcundanno ridotto. Questo non è interamente vero: gli incentivi iper-generosi della Germania

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all’energia rinnovabile ha determinato un boom mondiale nella produzione di pannellisolari che li ha resi più a buon mercato per tutti, riducendo in tal modo le emissioni anchefuori dal paese; le fiorenti centrali a vento offshore britanniche possono ottenere qualcosadi simile. Ma è abbastanza vero nella maggior parte dei casi.L’ovvia soluzione può essere indigeribile per molti. I colloqui dell’ONU sul climate changetrattano 193 paesi allo stesso modo, fornmendo un forum in cui tutti possono essereascoltati. Ma tre quarti delle emissioni vengono solo da 12 economie. In alcune di queste,compresi gli US, è possibile immaginare gli elettori più giovani nelle democrazie liberalirichiedere un riallineamento politico sui temi del clima – e un nuovo interesse degli altri adunirsi. Se fosse solo un club composto da una dozzina di potenze grandi o di stazza mediaa tirare fuori un “minilateral” deal, si determinerebbe l'esclusione di miliardi di persone daquestioni che potrebbero plasmare il loro destino. I partecipanti avranno bisogno di nuovisistemi di preferenza commerciale e altre minacce e tangenti per tenersi a badareciprocamente. Ma potrebbero superare l'impasse, spingendo una parte sufficiente delmondo in una traiettoria più ripida della mitigazione a beneficio di tutti - ed esserelargamente imitati.Il danno che produrrà il cambiamento climatico dipende dalla risposta umana nei prossimidecenni.- Molti attivisti di sinistra non riescono a immaginare che le democrazie liberaliodierne riusciranno a rispondere adeguatamente,. Chiedono con forza limiti alla ricercadella prosperità individuale e un radicale controllo pubblico sugli investimenti - critiche,alcune delle quali varrebbero comunque in ogni circostanza. Intanto, a destra, c'è chi evitadi guardare l'incipiente disastro, del genere "va tutto bene Jack" ignorando così i propridoveri nei confronti del grosso dell'umanità.Se lo spirito dell'intrapresa che per primo a aperto il rubinetto della potenza dei carburantifossili nella Rivoluzione Industriale deve sopravvivere, gli sti in cui ha prosperato di piùdovrebbero dimostrare che quelle attitudini sono sbagliate. Devono avere la voglia ditrasformare i meccanismi dell'economia del mondo senza abbandonare i valori da cui taleeconomia è nata. Alcuni affermano che l'amore del capitalismo per la crescita,inevitabilmente, si oppone alla stabilità del clima. Questo giornale ritiene che sbaglino.Ciononostante il cambiamento climatico potrebbe essere la campana a morte per la libertàeconomica, insieme a molto altro. Se il capitalismo deve mantenere il suo posto, devecambiare il suo gioco.

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Social Europe 17.9

Pensare al clima e alle politiche sociali come una cosa sola Susanne Wixforth (capo Dipartimento Europeo e internazionale del DGB e ReinerHoffmann presidente DGB)

Un approccio europeo alla politica del cambiamento climatico deve integrare lagiustizia sociale, poiché la neutralità climatica sarà costosa ma la crescita senzafine è insostenibile.

Il 20 giugno 2019, il Consiglio europeo ha presentato una nuova agenda strategica, 2019-2024 . Tra le sue priorità, il cambiamento climatico è inserito nel contesto della sostenibilitàsociale.Dal punto di vista sindacale, il legame tra politiche sociali e climatiche è cruciale:garantisce che i lavoratori e i cittadini dell'UE accettino le misure adottate per adempiereall'accordo di Parigi del 2015. Tuttavia il pianeta non può aspettare: abbiamo bisogno diun'inversione di tendenza economica pianificata.Dalla crisi economica e finanziaria, l'Unione europea è stata descritta in un modo che èmeglio definibile come "guidare a vista". I salari reali sono stagnanti o addirittura in calo,mentre gli stati stanno perdendo la loro capacità di definire politiche audaci. L'aumentodella disoccupazione e le tendenze divergenti dei salari dividono ulteriormente le societàdegli Stati membri. Un sottile strato di miliardari si confronta con molti lavoratori precari,che non possono sopportare gli alti costi che comporta la neutralità climatica, latransizione energetica e l'efficienza energetica.Secondo i sondaggi, il 30% della popolazione tedesca si sente lasciata indietro o nonrappresentata dai partiti tradizionali e, di conseguenza, non partecipa alle elezioni. InFrancia, il movimento dei "gilet gialli" ha presentato una nuova sfida sia ai partiti che aisindacati. In Italia, i partiti populisti di sinistra e sempre più di destra hanno ottenuto unapopolarità senza precedenti tra gli elettori che protestavano contro l'austerità guidatadall'UE. Tuttavia, a causa della modalità di crisi dell'UE, il clima e la politica sociale hannoavuto poco spazio nell'agenda politica dell'Unione.

Limiti planetariI fatti scientifici sono chiari: l'attuale modello economico raggiungerà i suoi limiti planetarinel prossimo futuro. Il problema politico posto dai cambiamenti climatici, tuttavia, è la suacomplessa relazione causa-effetto: la protezione del clima non migliora direttamente lasituazione e la protezione omessa non ha neppure conseguenze direttamenteidentificabili. In entrambi i casi, i risultati compaiono solo anni dopo l'azione.Ciò trasforma il processo decisionale in un compito estremamente difficile e, soprattutto,ha effetti dannosi sulle generazioni future. Il movimento studentesco 'Fridays for Future'può diventare un fattore scatenante per un cambiamento radicale: durante lo scioperoclimatico globale nel marzo 2019, 1,2 milioni di giovani sono usciti per le strade, 300.000nella sola Germania. La loro richiesta è semplice: il diritto ad un futuro.L'agenda strategica dell'UE per il periodo 2019-2024 può fornire una risposta allachiamata dei giovani: la concezione dell'UE come mercato interno basato sullo stato didiritto e sulla competitività sarà completata da una nuova priorità: "realizzare un climaneutro: Europa verde, giusta e sociale ". L'agenda evidenzia la transizione versoun'economia rispettosa del clima e un'importante mobilitazione degli investimenti pubblici eprivati, con un passaggio accelerato alle energie rinnovabili e un aumento dell'efficienzaenergetica. Per raggiungere questi obiettivi, sarà fondamentale supportare le comunità egli individui lungo la strada.L'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali è necessaria per garantire un'adeguata

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protezione sociale e mercati del lavoro inclusivi e promuovere la coesione, nonché unbuon accesso alle cure sanitarie. Anche la lotta contro le disuguaglianze che colpiscono inparticolare i giovani è una priorità.

Cambiamento radicaleSi potrebbe criticare il fatto che i cambiamenti climatici e la politica sociale sono trattatinell'agenda strategica come se fossero una sola questione. Dal punto di vista sindacale,tuttavia, questa connessione è indispensabile, poiché una politica climatica ambiziosaimplica un cambiamento radicale nelle industrie chiave tradizionali, in particolare in settoriquali l'energia o le automobili. I modelli di business cambieranno ; ci saranno nuovipartecipanti al mercato mentre quelli vecchi lasceranno il mercato.Questo cambiamento strutturale può avere successo solo se è modellato da uno statocapace di azioni coraggiose e se lavoratori e cittadini sono coinvolti e attribuiscono unruolo attivo nel processo politico. Il cosiddetto " compromesso sul carbone " tedesco è unesempio di quanto tempo può richiedere, quanto sono grandi gli sforzi richiesti e quantopuò essere costosa la transizione di interi settori.Senza un riorientamento dell'economia, è molto probabile che dovremo affrontare unriscaldamento globale da 3 a 5 gradi Celsius. Uno dei motivi è che se la crescitaeconomica annuale supera l'1,9 per cento non saremo in grado di contrastare gli effettidisastrosi dei gas a effetto serra. Tuttavia, il prodotto interno lordo globale sta attualmentecrescendo del 3% all'anno. Limitare il riscaldamento globale a meno di 2 ° C è quindiincompatibile con un'economia che si basa esclusivamente sulla crescita."Il capitalismo è in un vicolo cieco", ha detto sommariamente il ministro delle finanzefrancese, Bruno Le Maire. Lo stato del capitalismo e la capacità del mercato di soddisfare ibisogni collettivi sono al centro del dibattito. Il nostro modo di fare impresa e la nostracomprensione della prosperità e della crescita devono cambiare radicalmente. Ènecessaria una svolta economica pianificata, frenando la produzione annuale e limitando iconsumi.

Politiche audaciCiò significa che dobbiamo optare per l'austerità economica e la povertà volontariaanziché la crescita del PIL? Un banchiere centrale americano ha accuratamente riassuntoil dilemma: "La crescita è un sostituto della giustizia". Politicamente, è molto più difficiledistribuire ciò che abbiamo più equamente che semplicemente negare il cambiamentoclimatico e sfruttare l'ambiente. Pertanto, la domanda va in senso inverso: la giustizia puòsostituire la crescita? Una inversione di tendenza economica richiede politiche coraggiose,vale a dire la ridistribuzione della ricchezza dei ricchi, la fine della crescente disparità direddito e il lavoro buono piuttosto che precario.Ciò non può essere raggiunto fissando obiettivi non vincolanti, ma richiede unalegislazione europea concreta con misure ambiziose per tutti i settori. È ovvio che anche lavisione esistente della Commissione europea per il 2050 - una riduzione del 40% delleemissioni di gas a effetto serra - non sarà sufficiente per raggiungere gli obiettivi climaticidi Parigi. La Confederazione europea dei sindacati (CES) propone una riduzione del 55%delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, mentre la Federazione sindacaletedesca (DGB) chiede un aumento del 40% dell'efficienza energetica in tutta l'UE entro il2030.Tali obiettivi ambiziosi devono tuttavia essere accompagnati da una " transizione giusta ". Idue pilastri della protezione del clima e della compatibilità sociale devono essere posti suun piano di parità e concepiti come tali. La sicurezza dell'approvvigionamento e prezzienergetici accessibili, associati alla politica industriale sostenibile basata sull'innovazione esugli investimenti anziché sulla deindustrializzazione europea, sono i presupposti dientrambi.

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Massicci investimentiA tal fine, il settore pubblico deve essere dotato di risorse finanziarie sufficienti. Nel suodocumento A Clean Planet for All , la Commissione afferma che il 2,8 per cento del PILdell'UE (520-575 miliardi di euro) deve essere investito ogni anno per raggiungereun'economia neutrale dal punto di vista climatico. La Corte dei conti europea va ancoraoltre e stima che, tra il 2020 e il 2030, saranno necessari circa 1.115 miliardi di euro ognianno. Tali investimenti non possono essere erogati con un'agenda "come al solito".Pertanto, la CES ha invitato il Consiglio europeo a stabilire un patto per il finanziamentodel clima per consentire ingenti investimenti nella ristrutturazione di edifici ad altaefficienza energetica, nella rete ferroviaria e nelle energie alternative.Ciò può essere raggiunto solo se rafforziamo il lato delle entrate e facciamo partecipare iricchi al finanziamento della transizione, attraverso una tassa sulle transazioni finanziarie eaffrontando le lacune per migliorare la responsabilità fiscale delle società multinazionali,combattendo al contempo le disparità. Una tassa digitale e una tassa minima sulle societàsono anche approcci innovativi, che alla fine prevedono una tassazione equadell'economia della piattaforma.Tutte queste misure richiedono un'ambiziosa strategia europea, basata su obiettivivincolanti da raggiungere nel prossimo futuro. Gli sforzi nazionali da soli per realizzare unatrasformazione economica equa e neutrale dal punto di vista climatico non porteranno anulla. E negando i cambiamenti climatici, alla maniera del presidente brasiliano JairBolsonaro e della sua controparte a Washington, Donald Trump, che ha annullato ilcoinvolgimento degli Stati Uniti nell'accordo di Parigi, equivale alla distruzione deliberatadel futuro.Oggi, la comunità internazionale dei diritti umani e la comunità ambientale internazionalesi uniscono a New York prima del vertice delle Nazioni Unite sul clima . È l'ultimo passofondamentale nell'ampliare il movimento per la giustizia climatica per includere le voci deigruppi in prima linea nelle lotte per i diritti umani.Il vertice dei popoli su clima, diritti e sopravvivenza umana riunisce rappresentanti dellepopolazioni indigene, lavoratori, giovani, donne e gruppi ambientalisti e dei diritti umani perunirsi dietro gli obiettivi collettivi per far avanzare la giustizia climatica. Insieme a milioni dipersone in tutto il mondo e facendo eco alle richieste delle istituzioni delle Nazioni Uniteper i diritti umani, i partecipanti chiedono ai governi e alle società di affrontare con urgenzala crisi climatica per garantire la sopravvivenza umana.Gli impatti della crisi climatica non possono più essere ignorati. Le persone di ogni fusoorario stanno difendendo il loro diritto a un clima sicuro e un futuro sostenibile . I giovanicolpiscono da scuola. I leader religiosi chiedono la protezione del nostro mondo naturale.Città, stati e cittadini fanno causa a governi e società per (in) azione.Una volta percepito come esclusivamente un problema ambientale, il cambiamentoclimatico è, in sostanza, una questione di diritti umani. In effetti, le cause profonde dellacrisi climatica sono integrate in eredità di discriminazione, sfruttamento e abusi corporativi.Il cambiamento climatico è un sistema di minacce interconnesse e interconnesse alla vitaumana e ai diritti umani. Affrontare questa sfida sarà una prova della nostra umanitàcondivisa.Tuttavia, gli impatti di un pianeta in riscaldamento non sono le uniche minacce relative aidiritti umani legate al clima. Gli stessi driver del cambiamento climatico - estrazione ecombustione di combustibili fossili - hanno effetti devastanti sulla salute delle comunità inprima linea. L'attività sporca rilascia sostanze chimiche tossiche nell'aria, nell'acqua, neisuoli e nei corpi che circondano trapani, teste di pozzo e raffinerie.Questi effetti sono intensificati da megastormi, incendi e inondazioni causati dal clima.Quando l'uragano Harvey ha colpito il golfo del Texas nel 2017, le comunità inondate daacque alluvionali hanno affrontato gli impatti combinati delle massicce emissioni disostanze chimiche tossiche dalla vicina infrastruttura petrolchimica nelle aree basse. Lepersone alle Bahamas stanno affrontando un trauma simile ora, poiché un impianto gestito

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dalla compagnia petrolifera norvegese Equinor ha rilasciato una fuoriuscita di petroliotossico sui sopravvissuti all'uragano Dorian. Questi sono solo due delle migliaia di esempiche dimostrano come i driver e gli impatti dei cambiamenti climatici si mescolino l'un l'altro,in violazione dei diritti umani fondamentali.

Avvertenze confermateI diritti umani devono svolgere un ruolo altrettanto importante nelle soluzioni alla crisiclimatica. Ad agosto, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC)ha sottolineato l'importanza dei diritti delle popolazioni indigene, della partecipazione dellacomunità e dei diritti di possesso della terra nel ridurre al minimo le emissioni dalla terra. Isuoi avvertimenti sono stati tragicamente confermati durante l'estate quando le nuovepolitiche del governo brasiliano hanno minato la protezione dei diritti delle popolazioniindigene, portando ad un'accelerazione della deforestazione in Amazzonia.Troppo spesso, anche i progetti realizzati in nome della mitigazione e dell'adattamento delclima contribuiscono al danno o allo sfollamento. Ad esempio, la creazione di piantagionidi olio di palma su larga scala per la produzione di biocarburanti ha provocato ladevastazione degli ecosistemi nel sud-est asiatico e l'impoverimento delle comunità locali.In diversi paesi dell'America Latina, le popolazioni indigene e le comunità rurali sono statesfrattate dalle loro terre per consentire la costruzione di grandi dighe senza un'adeguataconsultazione. Adottare un approccio partecipativo e basato sui diritti umani all'azione peril clima può eliminare o ridurre questi danni.Troppo spesso, le persone che lottano per ritenere i governi e le società responsabili deicambiamenti climatici affrontano ulteriori rischi. In tutto il mondo, i difensori dei diritti umaniambientali subiscono minacce, intimidazioni e persino omicidi per il loro lavoro di difesadel nostro diritto a un pianeta sano. Questi individui e comunità in prima linea meritanonon solo la nostra gratitudine e ammirazione, ma anche la nostra protezione e sostegnosinceri.Gli impatti dei cambiamenti climatici sui diritti umani stanno crescendo in scala e gravità.Ma cresce anche il nostro movimento. Il vertice dei popoli cerca di riunire i movimentiintersecanti, ma troppo spesso disparati, per i diritti umani, i diritti degli indigeni, la giustiziaambientale e la giustizia intergenerazionale. Esiste un grande potere nella diversità diquesti gruppi se uniti: il potere di creare un cambiamento trasformativo.Questo percorso richiede responsabilità per gli attori governativi e aziendali le cui azionicontribuiscono e aggravano il cambiamento climatico. In base ai trattati internazionali suidiritti umani, gli stati hanno obblighi legali di protezione dei diritti e devono essere tenuti inconsiderazione se violano tali doveri. Allo stesso modo, le società devono essere ritenuteresponsabili del loro contributo alla crisi climatica e alla cattura delle politiche governative.Le aziende produttrici di combustibili fossili hanno saputo del ruolo dei loro prodotti nelcambiamento climatico e dei rischi che ciò ha comportato per decenni, ma hannocontemporaneamente ingannato il pubblico e minato la scienza del clima per motivi diprofitto a breve termine per i loro azionisti.Abbiamo gli strumenti, le soluzioni e il know-how per creare un futuro sostenibile. Con lacrisi climatica alle porte, dobbiamo agire ora per integrare i diritti umani nell'azione per ilclima e dare priorità alle vite umane rispetto al profitto aziendale.

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Project syndicate 24.10

Oceani come priorità di investimento(Emma Navarro vice presidente European Investment Bank)

Come variabile chiave nella lotta ai cambiamenti climatici, gli oceani del mondo nonpossono essere un semplice ripensamento nell'agenda economica e ambientaleglobale. Dovremmo investire nella protezione degli oceani come se il nostro futurodipendesse da esso, perché è così.

OSLO - Gli oceani della Terra affrontano molte minacce, nessuna delle quali ha soluzionirapide. Tuttavia, le soluzioni sono note e con una coalizione sufficientemente ampia dipartner, possiamo far rotolare la palla su una serie di fronti.Una vasta gamma di attività umane - dalla combustione di combustibili fossili alla pescaeccessiva - ha degradato gli oceani per anni. Aumentando l'assorbimento del biossido dicarbonio, il riscaldamento globale sta acidificando gli oceani e riducendo i livelli diossigeno, danneggiando o uccidendo piante marine, animali e altri organismi. E manmano che le calotte polari si sciolgono, l'innalzamento del livello del mare mette semprepiù a rischio centinaia di milioni di persone nelle aree costiere.Inoltre, a causa della mancanza di moderni impianti di trattamento in molte città, inparticolare in Africa e in Asia, le acque reflue vengono scaricate in fiumi e canali, dove allafine sfociano negli oceani, introducendo grandi quantità di particelle di plastica e tossine.Finiscono negli oceani anche tonnellate di spazzatura scaricate quotidianamente in strade,cortili, fiumi, spiagge e zone costiere. Molti di questi prodotti, come sacchetti della spesa econtenitori di acqua in bottiglia, contengono sostanze chimiche pericolose che vengonomangiate dai pesci e quindi consumate dalle persone, portando a una vasta gamma diproblemi di salute. Risolvere questi problemi richiederà cooperazione a tutti i livelli.Richiederà anche nuove risorse e non solo per riparare l'erosione delle coste e perprepararsi all'innalzamento dei mari e alle condizioni climatiche estreme. Dobbiamoreprimere la pesca illegale, finanziare la ricerca e sviluppare trasporti marittimi a basseemissioni di carbonio e produzione di pesce sostenibile. Inoltre, dobbiamo urgentementeescogitare metodi migliori di raccolta della plastica e forme di imballaggi riutilizzabili,migliorando al contempo il trattamento delle acque reflue e la gestione delle acquepiovane per mantenere, in primo luogo, la plastica e altri rifiuti fuori dai corsi d'acqua.Salvare gli oceani non dovrebbe essere pensiero secondario. Più di tre miliardi di personedipendono dagli oceani per il loro sostentamento. Le risorse e le industrie oceaniche ecostiere contribuiscono per circa 3 trilioni di dollari all'anno (5% del PIL mondiale)all'economia globale e offrono un enorme potenziale per l'ulteriore crescita, la creazione diposti di lavoro e l'innovazione. Gli oceani sono anche un'importante fonte di energiarinnovabile e risorse naturali. Il loro valore ambientale è enorme. Gli oceani hannoassorbito tra il 20-30% delle emissioni di biossido di carbonio indotte dall'uomo dagli anni'80. Producono oltre la metà dell'ossigeno del mondo e trasportano il calore dall'equatoreai poli, regolando così il nostro clima.Da parte nostra, la promozione di un'economia "blu" sostenibile è stata una delle prioritàdella Banca europea per gli investimenti. Abbiamo lanciato diverse iniziative per facilitarela cooperazione nella pulizia degli oceani e nella salvaguardia dell'attività economicabasata sulla marina. Attraverso la nostra strategia Blue Sustainable Ocean, Blue SOS,investiremo fino a 2,5 miliardi di euro (circa 2,8 miliardi di dollari) in cinque anni,mobilitando almeno altri 5 miliardi di euro per investimenti in progetti per proteggerel'economia oceanica. Tra l'altro, questi investimenti affronteranno l'erosione costiera,aiuteranno il processo di pesca e preserveranno il cibo, renderanno i trasporti marittimi piùrispettosi dell'ambiente e miglioreranno la ricerca sui prodotti biotecnologici.Inoltre, in collaborazione con le banche di sviluppo tedesche e francesi, abbiamo creato la

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Clean Oceans Initiative, che ha recentemente accolto la Banca di sviluppo spagnola comenuovo partner. Questa iniziativa congiunta fornisce fino a 2 miliardi di euro di finanziamentiin cinque anni per progetti che raccolgono materie plastiche e altri rifiuti prima cheraggiungano l'oceano. La maggior parte della plastica che finisce negli oceani proviene dairifiuti scartati nelle aree costiere o vicino ai fiumi dai due miliardi di persone che nondispongono di servizi di raccolta dei rifiuti. In effetti, circa il 90% di tutta la plastica chearriva negli oceani dai fiumi proviene da soli dieci paesi , principalmente in Africa e in Asia.Infine, la BEI è un finanziatore chiave del fondo per gli oceani sostenibili, che staraccogliendo $100 milioni per investire in ben 20 progetti oceanici nei mercati emergentiper migliorare l'intera catena di approvvigionamento dei prodotti ittici.Alcuni potrebbero chiedersi perché la BEI stia perseguendo attività di sviluppo al di fuoridell'Europa o sostenendo gli oceani del mondo. Il motivo è che vediamo le sfide dellasostenibilità non solo come ecologiche, ma economiche. Quando una grande istituzionecome la BEI viene coinvolta in un problema, può attirare capitali privati che non sisarebbero presentati diversamente. Incoraggiare progetti innovativi nell'economia "blu"non è tanto una questione di più soldi. Si tratta anche di eliminare gli ostacoli ai nuoviprogetti e ridurre il rischio di investimento. Quando i nostri esperti climatici danno il lorosegno di approvazione a un progetto, esso catalizza più finanziamenti da investitori privati,fondi pensione, fondi sovrani e compagnie assicurative. E quando tali investitori vedonoche possono trarre profitto da progetti ecologici, i risultati vanno a beneficio non solodell'oceano, ma anche di lavoratori e consumatori.Dobbiamo dimostrare che gli investimenti climatici non devono essere troppo rischiosi edobbiamo promuovere più partenariati pubblico-privato. Ecco perché la BEI staaumentando l'assistenza tecnica e i servizi di consulenza per rendere i progetti oceanicipuliti e sostenibili più interessanti per altri investitori.Ora stiamo cercando altri partner. Abbiamo bisogno di leader, governi, imprese e altreistituzioni che adottino le misure coraggiose necessarie per salvaguardare i nostri oceani,ripulire i nostri fiumi e porre fine all'inquinamento di questi ecosistemi vulnerabili. L'urgenzadella sfida non può essere sopravvalutata. Dovremmo proteggere gli oceani come se ilnostro futuro dipendesse da esso, perché così è.

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Social Europe 2.12

Reinventare una transizione giusta(Éloi Laurent ricercatore senior OFCE (Sciende de Po for economic research parigi; prof.di menagement alla sciende de po e visiting prof. alla Standford University)

Éloi Laurent apre una serie di Social Europe sulla "giusta transizione",inquadrandola nel contesto dello stato socio-ecologico.Le transizioni hanno un brutto nome. Si dice che Rob Hopkins, che ha probabilmenteintrodotto la parola "transizione" nel lessico ambientale, abbia scelto l'espressione piùneutra possibile, in modo che i consumatori e le imprese riluttanti non fossero spaventatidalle scelte e dai sacrifici difficili derivanti dal vivere in armonia con la biosfera (invece didistruggerla ciecamente). Le transizioni dovrebbero essere indolori.Quel che è peggio, lo storico francese Jean-Baptiste Fressoz ha argomentato in modoconvincente che "transizione energetica" è un'espressione coniata dalle lobby industriali ametà degli anni '70 per impedire che l'idea di "crisi energetica" prendesse piede nellementi occidentali. Le transizioni sono quelle che non dovrebbero mai avvenire realmente(e rimangono, per sempre, idee per il domani).Eppure, il concetto di transizione è in realtà uno strumento molto potente per pensare acosa dovremmo fare di fronte al peggioramento della crisi ecologica e per agire su di essa.Immaginare una transizione significa dover rispondere a tre domande fondamentali:perché il mondo in cui viviamo non è più desiderabile, quale mondo vogliamo e comeandare da qui a lì?Se si pensa che la nozione di "transizione" sia un po' complicata, ci si deve aspettare diconfrontarsi con l'idea di "transizione giusta". Promossa nei primi anni '90 dal leader dellavoro americano Tony Mazzocchi - per risolvere " il conflitto tra posti di lavoro e ambiente" - ha risuonato nei recenti vertici climatici, in cui i capi di stato hanno sostenuto lanecessità di una "giusta transizione della forza lavoro" nelle industrie dei combustibilifossili.Dal punto di vista del ciclo politico, tuttavia, qui c'è un chiaro avvertimento a tutti i governidi non impegnarsi in una transizione ecologica, per non essere rovesciati dalla rivoltasociale dei lavoratori "in transizione" licenziati e dei contribuenti arrabbiati. Basta chiedereal presidente francese, Emmanuel Macron.Eppure la giusta transizione potrebbe davvero essere l'idea più interessante dell'inizio del21° secolo, poiché, se se ne abbraccia il pieno significato, le crisi gemelle delladisuguaglianza e della biosfera si alimentano a vicenda. Purtroppo è una questione moltopiù impegnativa che dare "una mano per un nuovo inizio nella vita" ai lavoratoridell'industria dei combustibili fossili e le loro famiglie, come ha affermato Mazzochi.(L'economista Jim Boyce stima che il costo per garantire il reimpiego per i lavoratori,soddisfare gli impegni pensionistici e assistere le comunità nell'intera industria statunitensedei combustibili fossili, una delle più grandi al mondo, ammonta a meno dell'1% degliinvestimenti necessari per l'energia a basse emissioni di carbonio).Quindi quali sarebbero i componenti chiave di una giusta transizione?Mondo ingiustoPrima domanda, prima risposta: qual è il mondo ingiusto che non vogliamo più? È quelloin cui disuguaglianza e insostenibilità vanno di pari passo. Uno in cui l'outsourcing deidanni ambientali di ogni tipo è reso possibile dal divario tra ricchi e poveri tra e all'internodei paesi, in cui i poveri si ammalano e muoiono a causa dei danni inflitti al loro benesseredal degrado ambientale. La disuguaglianza ambientale — accesso all'aria pulita, acquapotabile, energia, cibo, protezione dai cambiamenti climatici e così via — è una sfidainevitabile del nostro tempo. La disuguaglianza inquina letteralmente il nostro pianeta.Ciò è vero a livello globale, con il 90% delle morti legate all'inquinamento atmosferico chesi verifica nei paesi a basso e medio reddito. È anche vero per Parigi: città di luce, amore

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e irritazione polmonare. Le mappe rilasciate di recente mostrano chiaramente checentinaia di migliaia di parigini nei quartieri a basso reddito e della classe media e lungo lacirconvallazione périphérique sono esposti all'inquinamento da avvelenamento, mentre laricca Parigi del sud e dell'ovest è in gran parte esente da questo degrado duraturo delbenessere. La disuguaglianza è un fattore che abilita l'inquinamento; l'inquinamento è unacceleratore della disuguaglianza.Seconda domanda, seconda risposta: qual è il mondo giusto che desideriamo e su cuidovremmo puntare? Uno in cui viene migliorato il benessere umano (qui e ora, domani ealtrove), non la crescita. Sì, la bussola della crescita è ancora un inganno attraente permolti, ma è perché lo confondono con il progresso sociale. E una realtà fondamentale sista materializzando davanti ai nostri occhi: non è la crescita che crea ricchezza, ma laricchezza che crea crescita. La crescita è la misura superficiale e il risultato dello sviluppoumano.Se la crescita viene perseguita a spese del benessere, come è ovviamente il caso negliStati Uniti - dove la salute, le istituzioni e le infrastrutture si stanno sgretolando mentre ilprodotto interno lordo, guidato dalla disuguaglianza, aumenta del 3% annualmente - allorala crescita è un impoverimento. Si guardi il Cile, dove il PIL pro capite è aumentatodell'80% negli ultimi 15 anni, dove la crescita è stata del 4% l'anno scorso e del 3%questo, eppure la giustizia (distribuzione piuttosto che produzione) è la richiesta principaledel pubblico che protesta .Si guardi la California, dove il PIL cresce al ritmo mozzafiato del 5% all'anno (quasialtrettanto velocemente che in Cina) e le cui ecosfere sono entrate in una crisi sistemicacosì grave che parti di questa magnifica regione stanno rapidamente diventandoinabitabili. Non è ovvio che la salute dei bambini è un indicatore di sviluppo molto miglioredella crescita del PIL? Perché non fare ciò che la Nuova Zelanda ha fatto lo scorsomaggio e metterlo al centro delle nostre finanze pubbliche?Solo politicheInfine, come costruire giuste politiche tra il mondo indesiderato e quello desiderabile?Considerando la disuguaglianza come un ostacolo e la giustizia come una leva. Si prendiain considerazione il cambiamento climatico. Uno dei numeri climatici più scioccanti (e cene sono molti) non è l'aumento della temperatura globale di 3,2° entro la fine del secolo. Èun dato di fatto, raramente discusso, che anche se tutti i paesi raggiungono i loro obiettivie impegni, stiamo ancora andando verso un mondo a + 2,9° C.In altre parole, il problema non sta nel raggiungere gli obiettivi, ma nel cambiarli. E ciòrichiede l'avvio, finalmente, della conversazione globale sulla giustizia climatica (unanozione menzionata una sola volta, e interpretata male, nell'accordo di Parigi ).Una manciata di paesi, esattamente il 10% - e una manciata di persone e industrieall'interno di questi paesi - sono responsabili dell'80% delle emissioni umane di gas serrache causano il cambiamento climatico che sta progressivamente distruggendo ilbenessere di gran parte dell'umanità, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. D'altra parte,la stragrande maggioranza delle persone più colpite, in vive in Africa e Asia, in paesi chenon portano quasi nulla in termini di responsabilità ma sono altamente vulnerabili alleconseguenze disastrose dei cambiamenti climatici: ondate di calore, uragani, inondazionie così via, innescati dagli stili di vita degli altri.Perché il cambiamento climatico non è ancora mitigato e anzi sta peggiorando sotto inostri occhi? In gran parte perché i più responsabili non sono i più vulnerabili e viceversa.La giustizia climatica è la chiave per comprendere ed eventualmente risolvere l'urgentecrisi climatica. È la soluzione ai cambiamenti climatici. Per quanto la grande Greta meritilode per essersi sollevata di fronte alla stupidità e all'odio, ha torto su un punto importante:le persone non si "uniranno dietro la scienza"; si uniranno dietro la giustizia. Iniziamo laconversazione sulla giustizia climatica alla COP 25 e facciamone la sostanza di un trattatosulla giustizia climatica del 2020, che sarebbe efficace perché equo.Politica socio-ecologica

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Ciò vale tanto a livello nazionale quanto a livello globale. Per quanto gli avversari e gliscettici delle iniziative per abbassare le emissioni di carbonio desiderino che sia così, larivolta dei "giubbotti gialli", l'anno scorso di questo mese, non ha dimostrato che lepolitiche ambientali devono essere ingiuste per loro stessa natura: possono essereingiuste in base a come vengono progettate.Ad esempio, domani sarebbe perfettamente possibile introdurre in Francia un'impostaprogressiva sul carbonio che ridistribuirebbe il denaro alla maggior parte delle famiglie eaiuterebbe a ridurre drasticamente la povertà di carburante. Questa è la tipica politicasocio-ecologica, parte di un più ampio stato socio-ecologico costruito sul nesso giustizia-sostenibilità, che ci porterà al futuro che desideriamo.Nessuno di questi tre passaggi della giusta transizione è facile da intraprenderesoprattutto se da solo, ma se presi insieme contemporaneamente si rinforzeranno l'unl'altro. L'obiettivo di ridurre la distruzione ambientale, piuttosto che aumentare la crescita,si rafforza combattendo la disuguaglianza qui e ora e tenendo conto della disuguaglianzanella progettazione della politica ambientale.Difficile? Di sicuro. Ma provate a vivere in un mondo che brucia come la California e sispacca come il Cile.

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Financial Times 18.12

Un modo semplice e giusto di tassazione delle emissioni di carbone(Raghuram Rajan professore di finanza alla Chicago Booth School of Business)

Gli economisti tendono a concordare che un modo importante per ridurre le emissioni dicarbone è tassarle, fornire incentivi per opera i tagli. Ma i cambiamenti determinati da talitasse nel breve periodo determinano distruzione. Ciò significa che ogni discussionesull'imporre una carbon tax in un paese incappa presto sia in scrocconi che in problemi digiustizia.Gli US e gli altri paesi sviluppati temono che i paesi in via di sviluppo ne approfitteranno econtinueranno ad aumentare le emissioni anche quando tutti gli altri lavorano duramenteper abbatterle. I paesi in via di sviluppo, da parte loro, credono sia profondamente iniquochiedere all'Uganda, che nel 2017 ha avuto emissioni di 0.1tonnellate pro capite, disostenere lo stesso onere per l'aggiustamento degli US che hanno emesso 16 tonnellatea persona o dell'Arabia Saudita che ha emesso 19 tonnellate.Tuttavia il modo meno costoso per ridurre le emissioni globali sarebbe dare a tutti incentivisimili: l'Uganda non dovrebbe costruire sporchi impianti a carbone e l'Europa dovrebbechiudere gli impianti che ha già. Come equilibrare queste preoccupazioni e nel contemposalvare il mondo?La soluzione è abbastanza semplice:una imposta per tonnellata di carbone chiamataincentivo per la riduzione globale del carbone (GCRI). Ciascun paese che emette più diuna media mondiale di circa 5 tonnellate pro capite dovrebbe pagare a un fondo perincentivi. Questo pagamento annuale sarebbe calcolato moltiplicando l'eccesso pro capiteper la popolazione e il GRCI. Se cominciassimo con un GCRI di $10 pedr tonnellata, gliUS pagherebbero circa $36 miliardi e l'Arabia saudita $4.6 miliardi. I paesi al di sotto dellamedia globale riceverebbero un premio commensurato: l?Uganda riceverebbe $2 miliardi.Tutti i paesi rischiano una perdita di $10 per ogni tonnellata di aumento delle emissioni siache siano oggi a un livello medio, alto, basso. L'Uganda ha gli stessi incentivi degli US aridurre le emissioni. Inoltre, questo affronta il problema dell'equità. I bassi emittenti, chesono spesso i paesi più poveri e più danneggiati dai cambiamenti climatici che non hannocausato,avranno un pagamento. Infatti, se, nel tempo, il GCRI viene aumentato, le sommecollettivamente pagate si avvicineranno ai $100 miliardi l'anno che sono stati promessi aipaesi poveri dai ricchi nel 2009 per l'adeguamento climatico - ben al di sopra delle magresomme che sono state fino ad ora rese disponibili. Il GCRI inoltre assegna leresponsabilità dei pagamenti in modo razionale: fortunatamente, i grossi emittenti hannotipicamente capacità di pagare.Idealmente tutti i paesi applicherebbero il GCRI tramite una tassa nazionale sul carboneche può essere anche più alta. Il piano Baker Shultz negli US propone una carbon tax di$43 a tonnellata e un rimborso delle somme raccolte a ogni americano tramite un carbondividend. Ciò consentirebbe di attrarre un ampio supporto politico perchè manterrebbeinalterato il reddito personale medio frenando nel contempo le emissioni. Se gli USescludono dalla ricezione del dividendo i più ricchi, potrebbero usare parte del denaroraccolto per pagare il loro contributo al fondo globale.Anche l'Uganda avrebbe un incentivo a imporre una carbon tax dello stesso livelloalmeno del GCRI, sebbene a causa delle sue basse emissioni, all'inizio, raccoglierebbepoco. la tassa metterebbe la crescita dell'Uganda sul giusto sentiero relativamente alleemissioni. Il paese potrebbe usare i suoi pagamenti dal fondo globale per adattarsi alcambiamento climatico, ridurre gli incentivi all'emigrazione e acquistare assicurazionicontro i disastri climatici.Proposte alternative di carbon tax sono meno giuste. Alcuni paesi che progettano diimporre una carbon tax nazionale vogliono anche imporre una imposta di adeguamentoalla frontiera, applicando nei fatti lo stesso tasso alle merci che provengono da paesi che

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non hanno una carbon tax.Ciò potrebbe spingere più paesi a imporre la loro carbon tax ma non fa nulla permigliorare l'equità tra paesi. Invece, le tasse di frontiera consentirebbero ai paesiimportatori di imporre agli altri le loro preferenze fiscali e potrebbe di fatto permettere ilprotezionismo in guisa di tassa di adeguamento. Tali tasse penalizzano anche i poveripaesi esportatori che avrebbero difficoltà a gestire una carbon tax.Potrebbero essere necessari alcuni aggiustamenti al GCRI. Dopo tutto, cosa si consuma èimportante quanto come si produce, dunque dovremmo assicurare che qualche partedelle emissioni inserite nelle merci importate si aggiungano al conteggio delle emissionidel paese importatore e sottratte dal conteggio del paese esportatore. La proposta diGCRI ignora inoltre le responsabilità passate nella costruzione dello stock di carbonenell'atmosfera. Gestire tale obbligazione sarà controverso ma non dovrebbe impedire glisforzi per affrontare la sfida immediata del mitigamento e dell'adattamento al cambiamentoclimatico.Questa proposta offre un modo nuovo, razionale e giusto per cambiare i nostricomportamenti. E' assolutamente necessario dopo il fallimento del meeting sul clima dimadrid della settimana scorsa. Potrebbe essere troppo ottimistico aspettarsi che i ricchiemittenti paghino. ma i giovani che si preoccupano del cambiamento climatico potrebberospingere i loro leader a rompere l'impasse. In questi tempi di divisioni, un progetto globale collettivo per ridurre le emissioni puòessere davvero il tonico di cui il mondo ha bisogno.

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The Economist 2-8.11

Fino all'ultima goccia

Il messaggio della più grande e selvaggia IPO del mondo è che l'industria delpetrolio forse declinerà ma non lo farà in silenzio.

La perforazione del primo pozzo moderno in Pennsylvania nel 1859 mise il petrolio su unpercorso che lo ha portato al cuore dell'economia e della geopolitica. Il petrolio haalimentato l'ascesa della cultura consumistica occidentale; ha aiutato a determinare ilvincitore della seconda guerra mondiale e ha determinato una crisi economica globalenegli anni '90. negli ultimi 20 anni, la Cina è diventata la seconda consumatrice di greggio,mentre la rivoluzione americana del fracking ha fatto si che, per la prima volta degli anni'50, l'America si avvicini ad essere un esportatore netto di energia. Ora si sta aprendo unnuovo capitolo della storia del petrolio: la prospettiva di una stagnazione o riduzione delladomanda con il mondo che si rivolge all'energia pulita. Come in passato, questa epocapromette di avviare un cambiamento economico e geopolitico.Si consideri l'imminente quotazione in borsa della saudita Aramco che produce 10 milionidi barili di petrolio al giorno, cioè l'11% della produzione globale. Come super-star araba,Aramco pompa superlativi e polemica. Con un valore che supera 1 trilione di dollari,potrebbe, una volta quotata, essere la public company di maggior valore al mondo,superando Apple. L'offerta pubblica iniziale (IPO) è stata rinviata diverse volte; un grandeimpianto di trasformazione di Aramco è stato colpito da un missile a settembre e l'aziendaè in definitiva controllata da Muhammad bin Salman, un autocrate di schiatta reale con lemani insanguinate. Ma per un momento andate oltre tutto ciò. La sottostante strategia diAramco è quella di essere l'ultimo produttore di petrolio se l'industria dovesse restringersi,puntando agli sconvolgimenti a venire.Il termine "peak oil" fu coniato nel 1956 da M.King Hubbert, un geologo preoccupatodall'esaurimento della materia prima. Oggi la frase è ritornata ma per un motivo opposto:la prospettiva di una forte contrazione della domanda. Può sembrare strano dato che dal2008 essa è cresciuta dell'1.4% annuo. ma chi dirige le compagnie energetiche haorizzonti lunghi e su questa dimensione temporale, il quadro per il petrolio è oscuratodall'inquinamento urbano e dal cambiamento climatico. Il petrolio è responsabile di unterzo dell'uso energetico globale e di una quota simile di emissioni di anidrite carbonica.Molte aziende petrolifere dicono che la produzione si ridurrà nel prossimodecennio,leggermente al di sotto dell'attuale livello di 95 milioni di barili al giorno (b/d) e poii stabilizzerà. Ma la produzione dovrà calare a 45-70 milioni b/d entro il 2050 se i mondovuole fermare la crescita delle temperature sopra l'1.5-2% rispetto ai livelli preindustriali.Aiuterebbe anche se ci fosse uno spostamento verso giacimenti petroliferi più puliti, il cuigreggio emetta un quinto in meno di quelli più sporchi. Sebbene io boss del petrolioinsistano, per lo meno in pubblico, che il petrolio resta l'indispensabile carburante delpianeta, essi avvertono tuttavia lo stigma crescente. L'opinione pubblica sta cambiando inoccidente, sostenendo norme più dure sulle emissioni. E in un segno di nervosismo,alcune aziende occidentali hanno favorito progetti a breve termine anzichè mettere il lorocapitale in scommesse decennali sul futuro del petrolio.Se la domanda si riduce,alcuni prodotti e produttori sono più vulnerabili di altri. Più di unterzo del petrolio è usato per macchine e camion che alla fine potranno funzionare conmotori elettrici. E' più difficile trovare un sostituto del petrolio nella petrolchimica e nellaplastica. Il senso comune suggerisce che saranno le aziende a costi più alti e quelle piùsporche a uscire per prime dal mercato. Se è così, un'industria che negli ultimi 160 anni èdiventata gigantesca, si ridurrà a un nucleo di produttori che corrisponderà alla residuadomanda del mondo al costo finanziario e ambientale più bassi.Molti attivisti ambientalisti temono che tale transizione non avverrà mai. Tuttavia essa si

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adatta alla strategia di Aramco e inclina verso gli investitori. L'azienda spende solo $3 pertirare fuori dal deserto un barile di petrolio, meno che in ogni altro luogo. Anche leemissioni derivanti dall'estrazione del petrolio saudita al livello più basso. Aramco si staespandendo nella petrolchimica e sta facendo accordi in esclusiva coi clienti in Asia - adagosto ha comprato $15 miliardi di azioni nel ramo chimico di Reliance, un giganteindiano. L'Arabia Saudita ha promesso agli investitori che avranno dividendi stabili inqualunque condizione. Nell'approccio del regno è implicito che , se e quando la domandadi petrolio vacillerà, Aramco sarà il produttore di ultima istanza.Un pianeta più pulito è nell'interesse di tutti. Ma una contrazione dell'industria del petroliopotrebbe significare più e non meno turbolenza per i mercati energetici e la geopolitica.Prendiamo prima i mercati energetici. Il caso ottimistico è che offerta e domanda calino intandem e che il prezzo del petrolio calerà insieme al costo di prosuzione dell'ultimo barilenecessario a soddisfare la domanda calante. ma ridimensionare un'industria con $16trilioni di capitale e almento 10 milioni di dipendenti non sarà mai semplice. Poichè i campipetroliferi si esauriscono naturalmente, una carenza di spesa per capitale potrebbecausare un balzo dei prezzi. Ciascuna azienda e ciascun paese, compresa l'ArabiaSaudita, dovrà scegliere tra contrarre l'offerta in modo da sostenere profitti e introitifiscali o aprire i rubinetti per agguantare quote di mercato ed esaurire le riserve prima chesia troppo tardi. Il cartello dell'OPEC, che ha al suo interno produttori ad alto e a bassocosto,potrebbe implodere. E con la produzione che si concentra in meno campi,aumenterà il rischio di distruzioni a causa del terrorismo o di indicenti.Le implicazioni politiche sono altrettanto grandi. 26 paesi dipendono dal reddito petroliferoper il 5% o più del loro PIL, dice la World Bank (in media per il 18%). Se prevalesse lalogica economica, i produttori del petrolio più caro e più sporco - ivi compresi Algeria,Brasile, Canada, Nigeria e Venezuela - dovrebbero ridurre la produzione, ma sarebbedoloroso e, per alcuni, devastante. Intanto l'America resta legata al petrolio che copre il40% delle sue necessità energetiche. La sua sete è soddisfatta dal boom del fracking,specialmente nel bacino Permiano in Texas. ma il fracking è sporco e i nuovi progettihanno bisogno di un prezzo del petrolio di 40-50 dollari al barile per arrivare al break-evenpoint, almeno il doppio del livello che richiede Aramco. per il bene del clima edell'efficienza, l0'industria del fracking dovrebbe alla fine ridursi. Ciò, tuttavia, renderebbel'America più dipendente dagli stranieri, proprio mentre la politica si è rivolta all'interno.Fino all'arrivo del regnoE poi c'è la stessa Arabia Saudita. La presentazione agli investitori di Aramco vanteràl'abbondanza, la relativa convenienza e pulizia del suo petrolio. Ciò è molto vero. Ma nonsi soffermerà sulla mancanza di lavoro per i giovani nel paese o sulla opaca politica dellacorte. Forse gli introiti dell'IPO aiuteranno a modernizzare l'economia saudita o forse no.Gli investitori che scommettono su Aramco come ultima grande presenza nel petrolio tra30 anni, dovranno considerare il rischio di una rivoluzione o di una invasione. Laquotazione di Aramco è un segno che la fine del petrolio potrebbe essere alle viste. Ma èanche un remainder che la capacità della materia nera di causare distruzione politica edeconomica non diminuirà nei prossimi decenni.

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Social Europe 10.12

La finanza sostenibile può davvero aiutare a risolvere la crisi climatica?(Basil Oberholzer economista ambientale. Autore di Politica Monetaria e petrolio greggio:prezzi, produzione, consumi)

È sbagliato credere che il settore finanziario contribuirà alla trasformazioneecologica. Le politiche economiche e ambientali restano fondamentali.

Il settore finanziario dovrebbe assumersi la responsabilità e contribuire alladecarbonizzazione dell'economia globale. Questo è sempre più il modo in cui think tank,banchieri, economisti e responsabili politici sostengono la "finanza sostenibile". È persinoun pilastro dell'accordo di Parigi. Se la finanza sostenibile è nella maggior parte dei casiavanzata per quanto riguarda i cambiamenti climatici, la stessa nozione si applica allabiodiversità e alle armi, al lavoro minorile e alle droghe.La finanza sostenibile si basa sull'idea che il denaro deve essere utilizzato per il bene.Impressionanti quantità di ricchezza privata vengono investite in attività sbagliate orimangono inattive. Allo stesso tempo, sono necessari miliardi di dollari per raggiungere gliObiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) o per tradurre in realtà l'accordo di Parigi. Pertanto,le banche e gli investitori dovrebbero investire questi fondi in progetti sostenibili,abbandonando quelli insostenibili.Senza soldi, l'argomentazione continua, la trasformazione verde rimane un sogno. Magrazie a finanziamenti sostenibili, è possibile realizzare le quantità richieste di energiarinnovabile, le innovazioni tecnologiche e i progetti infrastrutturali. Allo stesso tempo, laproduzione di combustibili fossili può essere ridotta ritirando capitali, privando le società difinanziamenti o, almeno, aumentando i loro costi di finanziamento.La buona notizia, si dice, è che la sostenibilità ha un "business case". L'investimento inattività come i combustibili fossili comporta alti rischi da evitare (ad esempio, l'argomentodella bolla del carbonio) e i rendimenti delle attività sostenibili sono almeno pari a quellidegli investimenti convenzionali. Fare del bene con i soldi comporta buoni ritorni.

Difetti fondamentaliVi sono tuttavia difetti fondamentali in questa visione ottimistica. Innanzitutto, si basa suuna concezione monetarista del denaro. Si presume che il denaro sia una quantitàlimitata, controllata dalla banca centrale, che la inserisce nell'economia, dove può esserescambiata con beni, servizi e attività finanziarie. Ciò significa che dobbiamo convincere iricchi e tutti coloro che possiedono denaro a investirlo in modo sostenibile.In realtà, il denaro è "endogeno": nasce quando una banca concede un prestito a unmutuatario. L'emissione di un prestito comporta la creazione simultanea di un depositobancario. I prestiti sono sul lato delle attività del bilancio della banca, mentre i depositisono sul lato delle passività. Poiché la fornitura di credito da parte delle banche non èlimitata, neanche la moneta è limitata. Pertanto, qualsiasi progetto di investimento puòsostanzialmente essere finanziato senza essere limitato dalla scarsità di denaro.In un sistema capitalistico, la redditività è il motore degli investimenti. Questo principioimplica che qualsiasi investimento trova il capitale di cui ha bisogno fintanto che èredditizio. Una volta soddisfatta la condizione di redditività, il sistema bancario forniscel'importo richiesto tramite l'apertura di linee di credito. Non sorprende quindi che le attivitàsostenibili generino gli stessi rendimenti di quelli convenzionali. Perché, se così non fosse,tali investimenti sostenibili non verrebbero semplicemente realizzati.

Economia realeGli investimenti possono essere neutrali o generatori di reddito. Il primo è il caso, adesempio, di un gestore di portafoglio che acquista e vende attività finanziarie: nulla cambia

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nell'economia reale, poiché le attività già esistevano. Il disinvestimento dai beniconvenzionali per l'acquisto di beni sostenibili non ha quindi alcun impatto. Allo stessomodo, non è davvero utile spostare un deposito di risparmio da una banca all'altra,aspettandosi che quest'ultima lo usi per progetti sostenibili: l'investimento è già avvenuto,altrimenti il deposito non esisterebbe.Si potrebbe sostenere che il disinvestimento da determinati beni non sostenibili faràscendere i loro prezzi. Ma la vendita di un'attività non influisce sul suo flusso di cassa e,fintanto che ci sarà redditività, ci sarà un acquirente.Investimento che genera reddito significa la produzione di nuovi beni (beni e servizi).Contrariamente alla semplice negoziazione di attività, è "reale" perché richiede l'emissionedi un nuovo prestito e quindi crea un nuovo reddito. Ancora una volta, la condizione perquesto è la redditività del progetto di investimento. Questo spiega perché la quota diinvestimenti sostenibili non è aumentata oltre i tassi a una cifra: troppi problemi ambientalinon sono redditizi in una logica aziendale, anche se hanno un'importanza esistenziale dalpunto di vista della società.D'altra parte, è vano sperare che i "settori cattivi" come l'industria petrolifera esauriscano icapitali a causa del disinvestimento degli investitori. Finché la produzione di petrolio saràun'attività redditizia, troverà fonti finanziarie, poiché denaro e credito non sono limitati.

Produzione di energia rinnovabileSi prenda l'esempio della produzione di energia rinnovabile, che sta crescendo a ritmielevati. Ciò è stato reso possibile dal ruolo pionieristico della Germania nella ricerca enella politica industriale, nonché dalla promozione cinese della produzione su larga scala,che ne ha ridotto i costi.La comunità delle finanze sostenibili celebra l'aumento delle risorse sostenibili perchésono aumentati gli investimenti nelle energie rinnovabili. Tuttavia, il principale impattocausale è derivato dalla politica, perché, attraverso la ricerca, i sussidi e le tasse, ha datoalle energie rinnovabili un business case. La successiva osservazione di attività piùsostenibili nei portafogli delle banche e degli investitori non è una sorpresa ma unanecessità tautologica. Allo stesso modo, se in futuro realizzeremo gli OSS, in modo taleche la nostra economia sia verde, anche i bilanci saranno inevitabilmente verdi.Su scala minore, la finanza sostenibile può avere un certo impatto. Ad esempio, unastrada possibile potrebbe essere il coinvolgimento degli azionisti nelle società, sebbenesia dubbio se anche gli azionisti siano disposti a migliorare il business quando riduce irendimenti. Un altro approccio potrebbe essere che una migliore informazione renda irischi per la sostenibilità più trasparenti, in modo tale che le aziende facciano più sforzi permitigarli.Tale approccio sarebbe molto più efficace, tuttavia, non solo per rendere trasparenti irischi, ma per renderli reali. Spetta alla politica promuovere leggi più severe e promuoveretecnologie migliori, per trasformare i combustibili fossili da un caso aziendale a un affare inperdita.

Chiave delle politicheLa finanza non è limitata. Ma scorre solo verso investimenti considerati redditizi.Continuerà a finanziare la produzione di combustibili fossili, armi e altri obiettivi "cattivi".Non finanzierà mai progetti per la protezione della biodiversità e della foresta pluviale,perché ciò non porta profitti.Attraverso il proibizionismo, le tasse, i sussidi e gli investimenti pubblici, le politicheeconomiche e ambientali sono fondamentali per rendere redditizie le attività sostenibili e lecattive attività non redditizie: le attività sostenibili al 100% ne saranno la direttaconseguenza. È sbagliato aspettare che banche e mercati finanziari risolvano il problemapiù grande del nostro tempo.

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Project Syndicate 27.11

Il potere della finanza pubblica verde(Werner Hoyer presidente Banca Europea per gli Investimenti)

Oltre a una leadership visionaria e alla mobilitazione di imprese, cittadini e digruppi della società civile, affrontare i cambiamenti climatici richiederà ingentiinvestimenti. Non possiamo contare solo sui governi per raccogliere i soldi;piuttosto, dobbiamo usare le finanze pubbliche per sfruttare il potere del capitaleprivato. I politici e gli esperti si torcono le mani sulle crisi che affliggono l'Unione Europea,sostenendo che è in ritardo nel far fronte alle principali minacce alla sua sopravvivenza alungo termine. Tuttavia, sulla questione del cambiamento climatico, nulla potrebbe esserepiù lontano dalla verità. A metà novembre, gli Stati membri dell'UE hanno dimostrato dipotersi unire dietro una visione condivisa di un futuro a basse emissioni di carbonio. E leistituzioni europee stanno già guidando la lotta ai cambiamenti climatici a livello globale.Tra questi, la Banca europea per gli investimenti svolgerà ora un ruolo ancora maggiorecome strumento per decarbonizzare l'economia e limitare il riscaldamento globale a ben aldi sotto dei 2 ° rispetto ai livelli preindustriali.Il cambiamento climatico è il principale problema politico del nostro tempo. Gli scienziatistimano che se rimaniamo sul nostro percorso attuale, sperimenteremo un riscaldamentoglobale di 3-4 ° C entro la fine del secolo, a quel punto grandi parti del pianeta sarannoinabitabili. Insieme alla crescita demografica, l'impatto sul benessere umano e sui flussimigratori sarebbe catastrofico. Le emissioni di carbonio hanno raggiunto un livello recordnel 2018, indicando che dobbiamo urgentemente intensificare la nostra risposta.La transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio non sarà possibile senzaingenti investimenti. Ma le scarse risorse pubbliche non saranno sufficienti per finanziarle.Invece, dobbiamo sfruttare il denaro pubblico per mobilitare il capitale privato. La nuovaCommissione europea sotto la presidenza di Ursula von der Leyen lo comprende. Nelperseguire un accordo verde europeo, von der Leyen ha chiesto alla BEI di diventare ilmotore finanziario della transizione a basse emissioni di carbonio.A tal fine, la BEI utilizzerà i propri finanziamenti per mobilitare oltre 1 trilione di dollari perinvestimenti nell'azione per il clima e la sostenibilità ambientale nel prossimo decennio, nelcontempo aumentando entro il 2025 la quota degli investimenti climatici nel suo portafogliofinanziario complessivo al 50%. Alla fine del 2020, il suo intero finanziamento saràallineato con gli obiettivi dell'accordo sul clima di Parigi del 2015 e un anno dopo finiranno ifinanziamenti per progetti basati esclusivamente su combustibili fossili. In futuro, la bancasarà impegnata nella strategia di investimento per il clima più ambiziosa di qualsiasiistituto finanziario pubblico nel mondo.Piuttosto che semplicemente seguire i mercati finanziari, le istituzioni finanziarie pubblichedevono guidarli, creando canali di investimento nelle tecnologie verdi del futuro, dai parchieolici galleggianti a nuove forme di produzione di energia delle maree, a batterie migliori ea edifici più efficienti. Le banche pubbliche devono andare dove il capitale privato è ancorariluttante ad andare, come ha già dimostrato la BEI nel settore eolico offshore.Inoltre, esiste una chiara logica aziendale per stabilire le priorità della finanza verde. Gliinvestitori e le agenzie di rating stanno esaminando sempre più i portafogli di investimentoper potenziali "risorse bloccate", come i progetti petroliferi e del gas che diventerannoobsoleti man mano che un numero maggiore di tecnologie per le energie rinnovabilidiventerà commercialmente valido. Molti progetti esistenti di combustibili fossili hanno giàuna durata di vita più breve di quanto precedentemente previsto, e i portafogli finanziariche dipendono fortemente da tali attività saranno sempre più a rischio di svalutazione.Con alcuni governi che hanno abbandonato gli impegni precedenti per ridurre le emissioni,

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si potrebbe pensare che lo sforzo globale per affrontare i cambiamenti climatici stiaperdendo forza. Ma non dovremmo sottovalutare il potere della pressione finanziaria perattuare il cambiamento, né possiamo ignorare la determinazione dei governi locali e delsettore privato ad agire dove i governi nazionali non lo hanno fatto.Tuttavia, per ottenere e mantenere tutti i governi a bordo, la transizione a basse emissionidi carbonio deve essere inclusiva. Mentre i paesi con oltre il 90% del capitale della BEIhanno votato a favore della nuova politica di prestiti energetici, alcuni paesi hanno votatocontro di essa. Hanno legittime preoccupazioni circa le implicazioni economiche per i loroelettori. Non possiamo ignorare la posizione di paesi che dipendono da combustibili fossilicome il carbone e che vedono l'aumento della produzione di gas naturale comecombustibile di transizione. Dobbiamo piuttosto aiutarli ad accelerare tale transizione,garantendo che il processo sia giusto ed equo. La BEI, ad esempio, ha concordato diprorogare la scadenza (fino alla fine del 2021) per il suo sostegno a progetti di gas già infase di valutazione.Come abbiamo visto negli ultimi anni, le politiche climatiche possono essere progettateperfettamente, ma se si dimenticano le comunità, esse subiranno una reazione negativa eprobabilmente falliranno. Al momento, almeno dieci Stati membri dell'UE affrontano sfidespecifiche in materia di investimenti energetici che non possono essere ignorate.Per aiutarli a trovare una via d'uscita, la BEI lavorerà a stretto contatto con laCommissione europea e con il nuovo "Just Transition Fund", offr5endo anche sostegnoconsultivo.Una transizione verde gestita in modo adeguato offrirà opportunità economiche più chesufficienti per tutti nel settore energetico, dalla generazione alla trasmissione edistribuzione, nonché allo stoccaggio. Inoltre, la necessità di tecnologie a basse emissionidi carbonio per la mobilità e i settori industriali ad alta intensità energetica creerà maggioriopportunità per le imprese innovative.Nuovi partecipanti stanno entrando nel mercato, i consumatori stanno diventando più attivie le organizzazioni della società civile si stanno mobilitando. Modellando i mercati eorientando gli investimenti privati verso i settori che garantiranno una transizione giusta edequa per tutti, la BEI non vede l'ora di dimostrare quanto si può ottenere attraverso la levafinanziaria pubblica.

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Project Syndicate 10.10

Finanziamento della transizione a basse emissioni di carbonio(Scott Mather chief economist di US Core Stratregies c/oPIMCO)

Nonostante alcuni governi e attori del settore privato adottino misure per affrontarela minaccia dei cambiamenti climatici, il mondo è in ritardo rispetto alraggiungimento degli obiettivi concordati a livello internazionale per ridurre leemissioni e limitare il riscaldamento globale. Per tornare sulla rotta, è necessariofare di più per sfruttare il potere dei servizi finanziari.

NEW YORK - Se prevalgono le menti pragmatiche, i governi e il settore privato, lavorandoinsieme, possono inaugurare un'economia a basse emissioni di carbonio e aiutare ilmondo ad adattarsi alle trasformazioni legate al clima già in atto. In effetti, diversi sviluppinel corso dell'ultimo anno hanno fatto luce sul ruolo che gli investitori e i servizi finanziaripossono svolgere nella gestione o mitigazione dei rischi sistemici globali posti daicambiamenti climatici.Ad esempio, a giugno, il Regno Unito è diventato il primo paese al mondo a fissare unobiettivo nazionale di emissioni di gas serra nette zero entro il 2050, svelando al contempouna strategia globale di finanziamento verde per incentivare gli investimenti ininfrastrutture sostenibili e energie rinnovabili. Lo stesso mese, il governo cileno ha emessoun'obbligazione verde di $1,4 miliardi, unendosi a un mercato rialzista in cui le emissionisovrane e corporate di obbligazioni verdi potrebbero raggiungere i $ 250 miliardi entro lafine dell'anno.Ma anche quest'anno l'azione per il clima ha incontrato nuovi ostacoli politici. Al vertice delG20 di Osaka, i rappresentanti del paese ospitante, il Giappone, sembravano minimizzarel'importanza della riduzione delle emissioni prima e durante i negoziati, tra accaniteresistenze da parte di Stati Uniti, Brasile, Turchia e Arabia Saudita. Mentre il comunicatofinale del vertice ha riconosciuto la "irreversibilità" dell'accordo di Parigi del 2015 sul clima,ha anche offerto spazio agli Stati Uniti per ribadire "la sua decisione di recederedall'accordo di Parigi perché svantaggia i lavoratori e i contribuenti americani".La narrativa sul clima di quest'anno è stata quindi contrassegnata da segnali diincoraggiamento al progresso accanto a realtà politiche difficili. E, nel frattempo, leemissioni e le temperature globali medie hanno continuato ad aumentare, così come irischi finanziari associati.Non deve essere così. Politiche climatiche sensibili e uno spostamento più ampio versoun'economia a basse emissioni di carbonio potrebbero favorire la crescita e apportarebenefici alle società in ogni fase dello sviluppo. Ma affinché ciò accada, i responsabilipolitici e i leader aziendali dovranno concentrarsi su tre aree chiave.Per cominciare, i governi possono fare di più - e ad un ritmo molto più veloce - per ridurrela dipendenza dei propri componenti dal carbonio e investire in soluzioni ecologiche.Secondo il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici e il programma ambientaledelle Nazioni Unite, i firmatari dell'accordo di Parigi sono collettivamente molto indietro nellimitare il riscaldamento globale a 2 ° C rispetto ai livelli preindustriali - per non parlare di1,5 °- il punto in cui i cambiamenti climatici avranno un reale devastante -effetto mondiale.Un modo per tornare in rotta è attraverso il processo "Parigi cricchetto", in base al quale igoverni aumenteranno i loro obiettivi di riduzione delle emissioni (ufficialmente noti come"contributi determinati a livello nazionale" o NDC) ogni cinque anni, con il contributo delsettore privato e di altre parti interessate. Sebbene gli Stati Uniti siano attualmente sullabuona strada per ritirarsi dall'accordo di Parigi nel novembre 2020, quasi la metà degliStati americani ha approvato l'accordo e alcuni hanno iniziato a fissare i propri obiettivi diemissioni nette zero.Il vertice delle Nazioni Unite per l'azione per il clima di quest'anno è stato presentato come

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un'opportunità per "inviare forti segnali di mercato e politici e dare slancio alla corsa" versol'alto "tra paesi, società, città e società civile" nel perseguimento degli obiettivi sanciti nelAccordo di Parigi e agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. In particolare, l'evento includenon solo i governi nazionali, ma anche rappresentanti del settore privato e delle principalicittà. Il governo di Los Angeles, ad esempio, ha offerto un piano visionario per costruire unfuturo sostenibile.La seconda area su cui concentrarsi è il mercato: i responsabili politici e i leader delsettore privato potrebbero unirsi per spingere per un prezzo significativo sul carbonio, trale altre misure. All'inizio di quest'anno, un gruppo di eminenti economisti europei haemesso un "appello" per la tariffazione del carbonio, sostenendo che gli schemi di mercatoesistenti dovrebbero essere sia rafforzati che estesi per includere più settori economici.Allo stesso tempo, il Climate Leadership Council degli Stati Uniti , un'alleanza bipartisan dieconomisti ed ex capi delle banche centrali, ha chiesto un dividendo sul carbonio , chefisserebbe un prezzo sul carbonio ma restituirebbe le tasse ai cittadini.Fare progressi verso un'efficace tariffazione del carbonio richiederà un ampio consenso.Negli Stati Uniti, dieci Stati hanno già programmi di tariffazione del carbonio attivi, quindiqualsiasi regime di dividendo di carbonio o di capitalizzazione commerciale a livellonazionale dovrà essere riconciliato con questi. Fortunatamente, il Global Compact delleNazioni Unite riferisce che 1.300 aziende in tutto il mondo hanno già incorporato un prezzodel carbonio nelle loro operazioni, il che dimostra che il settore privato sta avanzando inassenza di un'azione globale coordinata. E poiché le proposte di tariffazione del carbonioottengono un maggiore sostegno, allo stesso modo anche le iniziative parallele perincentivare gli investimenti nelle infrastrutture verdi.La terza area di azione è la gestione del portafoglio di investimenti. Il finanziamento di unarevisione dell'economia globale è in gran parte responsabilità dei gestori patrimoniali edegli investitori istituzionali, che si occupano di dirigere investimenti e capitali su largascala. La sfida a lungo termine della decarbonizzazione dell'economia comportacertamente dei rischi, ma offre anche opportunità agli investitori innovativi.Per valutare i rischi climatici all'interno dei portafogli di investimento, PIMCO ha progettatoun framework per i cambiamenti climatici che include un Climate Macro Tracker, perseguire le tendenze climatiche globali, così come una Portfolio Climate Heat Map, pervalutare gli investimenti e determinare l'esposizione netta di un portafoglio ai rischiclimatici tra settori e classi di attività. Con questi strumenti analitici, i gestori patrimonialipossono determinare se un portafoglio di investimenti è allineato con gli obiettividell'accordo di Parigi e con le raccomandazioni della Task Force sulle informazionifinanziarie relative al clima .Incoraggiamo i gestori patrimoniali, i proprietari patrimoniali, le banche e gli assicuratori adespandere il loro modo di pensare, le politiche e le strategie. È giunto il momento per iservizi finanziari di affrontare i veri rischi posti dai cambiamenti climatici e cogliere le nuoveopportunità commerciali e di investimento che arriveranno con una transizione versoun'economia a basse emissioni di carbonio.

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Project syndicate 13.12

Il Green Deal dell'Europa (Jeffrey D. Sachs prof.sviluppo sostenibile e politica di gestione della salute ColumbiaUniversity)

Il Green Deal annunciato dalla Commissione europea è una dimostrazione dellasocialdemocrazia europea al lavoro. Un'economia mista, che combina mercati,regolamentazione del governo, settore pubblico e società civile, perseguirà unastrategia mista, combinando obiettivi pubblici, investimenti pubblici e privati esostegno pubblico.

L'Europa l'ha fatto. L' accordo verde europeo annunciato dalla Commissione europea è ilprimo piano globale per raggiungere lo sviluppo sostenibile di una grande regione delmondo. In quanto tale, diventa un punto di riferimento globale - una guida "how-to" perpianificare la trasformazione in un'economia prospera, socialmente inclusiva eecosostenibile.A dire il vero, i compiti che deve affrontare l'Unione Europea sono scoraggianti. Ancheleggere il nuovo documento è scoraggiante: un apparente coacervo di piani, consultazioni,quadri, leggi, bilanci e diplomazia e molti temi interconnessi, che vanno dall'energia aitrasporti, dal cibo all'industria.I critici derideranno la burocrazia europea. Ma questa è burocrazia nel miglior sensoweberiano: è razionale. Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile sono indicati chiaramente; sibasano su tempi determinati; e i processi e le procedure sono stabiliti in linea con taliobiettivi. Gli obiettivi generali sono raggiungere la "neutralità climatica" (emissioni di gasserra nette zero) entro il 2050; un'economia circolare che pone fine all'inquinamentodistruttivo causato da materie plastiche e altri prodotti petrolchimici, pesticidi e altri rifiuti esostanze tossiche; e un sistema alimentare "dalla fattoria alla forchetta" che non uccide lepersone con una dieta eccessivamente elaborata né uccide la terra con pratiche agricoleinsostenibili.E la Commissione europea comprende che questo deve essere un approccio basato suicittadini. Ancora una volta, i critici considereranno il discorso delle consultazioni pubblichecome ingenuo fluff. Ma ditelo al presidente francese Emmanuel Macron , che affrontadisordini di strada da più di un anno; o al presidente cileno Sebastián Piñera, il cui paese èscoppiato improvvisamente in rivolte questo autunno dopo l'introduzione di un piccoloaumento delle tariffe della metropolitana. Sia Macron che Piñera sono ambientalistiesemplari. Entrambi hanno impegnato i loro paesi alla neutralità climatica entro il 2050.Entrambi sono urgentemente alla ricerca di un percorso di consultazioni pubbliche, madopo il fatto.Anche i neoliberisti americani derideranno, sostenendo che il "mercato" risolverà icambiamenti climatici. Eppure guardate oggi gli Stati Uniti. Se il neoliberismo fa per ilpianeta quello che ha fatto per le infrastrutture americane, siamo tutti in grossi guai.Arrivare in un aeroporto degli Stati Uniti significa affrontare ascensori, scale mobili epersone che non funzionano, taxi che non arrivano, collegamenti ferroviari che nonesistono e autostrade con corsie e cavalcavia rotti.La ragione di questa disfunzione è ovvia: corruzione. Ogni ciclo elettorale degli Stati Unitiora costa $8 miliardi o più ed è finanziato dai miliardari, dal Big Oil, dal complesso militare-industriale, dalla lobby di assistenza sanitaria privata e dai gruppi di interesse volti aottenere agevolazioni fiscali e protezione dello status quo. Le soluzioni basate sul mercatosono una finzione quando la politica è subordinata al lobbismo, come negli Stati Uniti. IlGreen Deal europeo mostra come dovrebbe essere il governo, non il governo subordinatoagli interessi corporativi.Il Green Deal europeo è in realtà una dimostrazione del successo della socialdemocrazia

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europea (in senso operativo piuttosto che stretto e partigiano). Un'economia mista, checombina mercati, regolamentazione del governo, settore pubblico e società civile,perseguirà una strategia mista: obiettivi pubblici, investimenti pubblici nelle infrastrutture,investimenti privati nella trasformazione industriale, missioni di ricerca e sviluppo pubblico-privato e una popolazione informata. In realtà, è la politica industriale nella sua forma piùsofisticata. (Di recente ho delineato una strategia social-democratica del New New Dealper gli Stati Uniti.)Ci sono motivi di ottimismo. Ancora più importante, esistono tecnologie avanzate,commercialmente o pre-commercialmente, per creare un'economia avanzata a zeroemissioni di carbonio, risparmio di risorse e sostenibilità ambientale. Combinando energiarinnovabile, tecnologie digitali, materiali avanzati e un'economia della condivisione neitrasporti e in altre infrastrutture, possiamo decarbonizzare il sistema energetico, passare aun'economia circolare e ridurre drasticamente il flusso di risorse primarie.Tuttavia, tre grandi sfide devono essere affrontate. La prima è superare gli interessi dellostatus quo. Big Oil dovrà assorbire le perdite, ma i lavoratori e le regioni carboniferedovrebbero essere compensati, con sostegno al reddito, riqualificazione e altri servizipubblici. I piani europei richiedono giustamente una "giusta transizione".La seconda sfida è il finanziamento. L'Europa, e in effetti tutte le regioni del mondo,dovranno indirizzare un incremento dell'1-2% della produzione annua verso l'economiaverde, comprese le nuove infrastrutture, gli appalti pubblici, la ricerca e lo sviluppo, la re-finalizzazione industriale e altre esigenze. Gran parte di questo sarà finanziato dal settoreprivato, ma molto deve passare attraverso i bilanci dei governi. L'Europa dovrà affrontaregli ideologi che si oppongono a maggiori spese dell'UE. I fatti dovranno essere importanti.L'ultima grande sfida è diplomatica. L'Europa rappresenta circa il 9,1% delle emissioniglobali di anidride carbonica, rispetto al 30% per la Cina e al 14% per gli Stati Uniti. Anchese l'Europa realizzerà appieno il Green Deal, sarà inutile se la Cina, gli Stati Uniti e altreregioni non riusciranno a eguagliare i suoi sforzi. Pertanto, i leader europei consideranogiustamente la diplomazia cruciale per il successo del Green Deal.Si consideri la Cina. Dopo decenni di rapida crescita che ha eliminato la povertà di massa,la Cina è diventata l'emettitore leader mondiale di CO2 (sebbene solo la metà delleemissioni pro-capite americane). La Cina da sola determinerà il futuro del clima mondiale.Da un lato, i leader cinesi sanno che il loro paese è estremamente vulnerabile aicambiamenti climatici e rischia di sisolarsi diplomaticamente se non riesce adecarbonizzare. D'altra parte, stanno affrontando i pericoli della guerra fredda sbagliatadell'America. I sostenitori della linea dura del governo e la lobby del carbone cineseresistono alla decarbonizzazione nel bel mezzo delle pressioni statunitensi, soprattutto dalmomento che Trump stesso sta rifiutando la decarbonizzazione.La diplomazia europea può fare la differenza se rifiuta di accompagnare gli insidiosi sforzidell'America per contenere la Cina e offre invece a quest'ultima un partenariato chiaro epositivo: lavorare insieme su infrastrutture, sviluppo e tecnologia eurasiatiche sostenibili,nel contesto di un Green Deal cinese a fianco dell'Europa. Tale partenariato gioverebbeenormemente all'Europa, alla Cina e alle dozzine di paesi eurasiatici nel mezzo e in effettial mondo intero.L'Europa ha fatto una svolta storica con il suo piano ambizioso, stimolante e fattibile. IlGreen Deal è un potente faro di speranza in un mondo di confusione e instabilità.

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Project Syndicate 13.12

L'accordo verde farà o distruggerà l'Europa(Mark Leonard direttore Consiglio Europeo per le relazioni estere)

La nuova leadership dell'Unione europea ha deciso di investire gran parte del suocapitale politico in un piano per posizionare l'Europa come leader globale nellatransizione verso un'economia a emissioni zero. Ma se troppi collegi elettorali sisentiranno sacrificati sull'altare verde, il piano non decollerà mai.

L' ambizione del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di guidareuna "commissione geopolitica" sta per affrontare il suo primo grande test. I capi di statoeuropei si stanno incontrando per discutere il suo proposto Green Deal europeo, unprogetto radicale che potrebbe unire l'Unione europea e rafforzare la sua posizione sullascena mondiale, o generare una nuova scissione politica infra-europea che lascerà ilblocco fratturato e vulnerabile.La necessità di un'azione concertata è chiara. Il Green Deal è una rispostaall'accelerazione del cambiamento climatico, che rappresenta una minaccia esistenzialenon solo per l'Europa ma per l'intero pianeta. Il problema non osserva i confini nazionali equindi richiede un'azione globale collettiva. Ma la transizione verso un'economia aemissioni zero offre anche opportunità di vasta portata. Con la giusta strategia in atto,l'Europa può dare impulso alla propria innovazione tecnologica e implementare latariffazione del carbonio e altre politiche fiscali per proteggere i mercati del lavoro europeidalla riduzione della produzione a basso costo in Cina e altrove.Inoltre, attraverso la Banca europea per gli investimenti, l'UE dispone già di uno strumentoper mobilitare enormi depositi di capitali per investimenti in infrastrutture, ricerca e sviluppoe altri settori essenziali. E, come ha sostenuto Adam Tooze, emettendo obbligazioni verdie altri "beni sicuri", l'Europa può garantire una maggiore indipendenza economica da altrepotenze e iniziare a stabilire l'euro come valuta globale.Ma accanto a questa visione positiva ci sono scenari più distopici in cui il dibattito sullapolitica climatica crea divisioni geografiche e socioeconomiche e alimenta un contraccolpopopulista. Sebbene il cambiamento climatico tocchi tutti, i suoi effetti sono asimmetrici,così come i costi di una transizione verso un'economia a emissioni zero. Il pericolo per glieuropei è che la distribuzione ineguale dei costi e delle opportunità alimenterà una guerraculturale tra oriente e occidente, urbano e rurale e così via.Questo dibattito europeo è l'eco di una sfida globale più ampia. Molti paesi dell'Europaorientale dipendono ancora fortemente dal carbone per la produzione di energia e temonoquindi che la spinta alla neutralità del carbonio sia una forma subdola di protezionismo daparte di economie avanzate come la Germania. Il ministro dell'energia polacco, KrzysztofTchórzewski, ha respinto come "una fantasia" l'idea che la Polonia - che si basa sulcarbone per l' 80% della sua elettricità - potrebbe raggiungere la neutralità del carbonioentro il 2050 e stima che i costi di tale transizione si avvicinerebbero a € 1 trilioni ($ 1,1trilioni).Ma, oltre alla divisione est-ovest, il Green Deal potrebbe anche creare spaccature politicheall'interno di ogni stato membro dell'UE. Il presidente francese Emmanuel Macron hacercato di posizionare la Francia come leader globale nel clima. Ma il tentativo del suogoverno di aumentare le tasse sul carburante lo scorso anno è fallito quando milioni digilet jaunes ("gilet gialli") sono scesi in strada per protesta alla fine del 2018.Il Consiglio europeo per le relazioni estere ha condotto sondaggi approfonditi percomprendere le preferenze politiche in tutta Europa e abbiamo riscontrato che la politicaclimatica è una questione particolarmente controversa. In superficie, circa i due terzi deglieuropei intervistati nella maggior parte dei paesi ritengono che la lotta ai cambiamenticlimatici debba essere una priorità, anche se ciò significa limitare la crescita economica.

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Ma una persona su quattro non pensa che il cambiamento climatico sia una vera minacciae invece è molto più preoccupata per il radicalismo islamico e l'ascesa del nazionalismo.I gilet jaunes non sono un fenomeno isolato. Le recenti elezioni hanno dimostrato come unprogramma come il Green Deal potrebbe diventare un utile sacco da boxe per populisti epartiti come l' Alternative für Deutschland (AfD) in Germania e il Rassemblement National(National Rally, ex National Front) in Francia.Criticamente, una volta che si passa dal chiedere alle persone se i cambiamenti climaticisono un problema al chiedere come dovrebbero essere affrontati, le preoccupazionisull'equità socioeconomica e sulla distribuzione dei costi si rivelano estremamente divisive.Anche al Parlamento europeo, dove il 62% degli eurodeputati è stato eletto su piattaformeispirate al verde, solo il 56% concorda sul fatto che l'UE dovrebbe perseguire una rapidatransizione verso un'economia a basse emissioni. Inoltre, solo un terzo degli eurodeputatiè pronto a intraprendere azioni severe contro le aziende con grandi impronte di carbonio.In generale, quindi, ci sono due possibili futuri per la politica climatica europea. Il GreenDeal potrebbe diventare la principale nuova causa europea, dando slancio all'integrazioneeuropea e rafforzando la posizione globale dell'UE nei confronti di Cina e Stati Uniti.Oppure potrebbe diventare la prossima "crisi dei rifugiati", una questione singolarmentepotente che divide l'Europa tra est e ovest e che mobilita forze populiste all'interno deipaesi del blocco.Per rendere più probabile il primo scenario, i leader dell'UE devono ascoltare meno imoralisti come la giovane attivista climatica Greta Thunberg e più i realisti pragmatici checomprendono che l'esigenza di tenere conto delle forze reazionarie è stato a lungo partedel prezzo del progresso. L'unico modo per guidare il Green Deal a una correttaattuazione sarà quello di offrire grandi trasferimenti fiscali ai ritardatari, in modo che ancheloro abbiano un interesse nella transizione verso l'energia pulita. Senza l'unità europea,non ci può essere una risposta europea efficace ai cambiamenti climatici.