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Numero 125-126 Dicembre 2018 - Marzo 2019 della ECO BRIGNA Bimestrale di informazione religiosa, cultura e attualità Virescit, torna a rinverdire Sposalizio di S. Giuseppe Icone ed Iconostasi Simone Cuccia Il Mastro di Campo Il Mastro di Campo dei piccoli L’amore c’è tutto Icone - Tradizione/Contemporaneità Crederci, sempre Un’aula per Graziella Nuova serie - Piazza Umberto I, 22 - 90030 Mezzojuso (PA) - Italia Spedizione in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Palermo

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Numero 125-126Dicembre 2018 - Marzo 2019

dellaECOBRIGNA

Bimestrale di informazione religiosa, cultura e attualità • Virescit, torna a rinverdire • Sposalizio di S. Giuseppe • Icone ed Iconostasi• Simone Cuccia • Il Mastro di Campo • Il Mastro di Campo dei piccoli • L’amore c’è tutto• Icone - Tradizione/Contemporaneità • Crederci, sempre • Un’aula per Graziella

Nuova serie - Piazza Umberto I, 22 - 90030 Mezzojuso (PA) - ItaliaSpedizione in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Palermo

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editoriale

di

Don

Enz

o C

osen

tino Dopo una piccola

pausa invernale, ne-cessaria a preparare la pri-mavera, ritorniamo ad es-sere presenti nel territoriocon il nostro piccolo ma

amato giornale Eco della Brigna, stru-mento di “comunione”, che si sforzadi mantenere saldi i legami, sempre piùsottili, tra la nostra Comunità locale edi nostri amici emigrati che nel passatosono stati costretti a lasciare il nostropaese in cerca di un futuro migliore.Tante volte come Redazione ci siamochiesti se in un mondo così globalizzatoe sempre più “connesso” (internet, fa-cebook, whatsapp, messenger, etc.)valga ancora la pena stampare un gior-nale per voi e per noi. La risposta mi èvenuta da una nostra lettrice che in unbiglietto che accompagnava una pic-cola offerta diceva: “…non posso daremolto… è un piccolissimo contributoche serve a sostenere le spese che Voiaffrontate per la realizzazione della ri-vista Eco della Brigna, …quando miarriva per me è una gioia poterlo sfo-gliare, toccarlo, leggerlo con avidità…li conservo tutti … quando ho nostalgiadella mia terra, li rileggo con amore”.Si, è proprio vero, anch’io quando ri-prendo i volumi rilegati delle annatepassate, con la mia mente rivivo il cam-mino compiuto nel tempo dalla nostraComunità. In questi giorni ho finito dileggere un bel libro dal titolo Insepa-rabili, Due gemelli nel Caucaso, diAnatolij Pristavkin, che per certi versirispecchia la nostra piccola redazione,appassionata nelle imprese, spesso indifficoltà, ma sempre presente con lavoglia di proseguire il cammino.Dopo il mio trasferimento da Mezzo-juso sembrava, agli occhi di molti, chetutto dovesse finire perché la redazionesarebbe stata abbandonata a se stessama, grazie alla disponibilità di tutti,

non ci siamo arresi alle difficoltà, sem-pre presenti, a minare la nostra vogliadi crescere. La nostra unione e condi-visione degli stessi ideali ed amore perla nostra comunità è diventata un’armaefficace di difesa e impegno sempremaggiore.Ogni avversità è servita a rafforzare lanostra volontà di sopravvivenza, ad in-ventare soluzioni, a stimolare la ricercadi novità, sempre per amore della no-stra comunità.

Oggi più che mai affermo con convin-zione e determinazione che il nostrodesiderio di essere “comunità” oltre ledifficoltà e di rimanere “uniti” oltre ledistanze sia la forza vitale che animaquesto gruppo di “uomini e donne” dibuona volontà, che permette a ciascunodi noi di andare oltre la stanchezza delgiorno, della settimana, per dedicaretempo e spazio a questo “progetto dicomunione” che si chiama Eco dellaBrigna.

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Per contribuire alle spese di gestione, potete inviare le vostre offerte a Eco della Brigna tramite:BancoPosta: IBAN: IT40 X076 0104 6000 0103 6145 678 - Codice BIC/SWIFT BPPIITRRXXXBanca CARIGE: IBAN: IT53 Z061 7543 0910 0000 0253 480 - Codice BIC/SWIFT CRGEITGG

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VIRESCIT Torna a rinverdire

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Nato a S. Sofia d’Epiro il 12 agosto1938. Battezzato il 18 settembre

dello stesso anno e cresimato il 10 giu-gno 1945. Deceduto nel Monastero il6 gennaio 2019.Nel dicembre del 1953 all’età di 15anni entra nel probandato dell’Istituto“Andrea Reres” dei Monaci Basiliania Mezzojuso (PA), dove completa lascuola media.A settembre del 1956 arriva al Mona-stero della Badia di Grottaferrata dovefrequenta i due anni di ginnasio e i treanni di Liceo classico. La scuola ancoranon era parificata ed era aperta soltantoagli interni Probandi e Seminaristi. Re-sterà nel Monastero sino alla morte.Dopo la licenza ginnasiale, il 10 no-vembre del 1958, inizia i tre anni dinoviziato, tra cui quello cosidetto ri-goroso, che si concludono col “Mega-loskimato” (Professione solenne)dell’11 novembre 1961.Inizia gli studi filosofici e teologici allaPontificia Università Lateranense, doveprende il baccelierato in filosofia il 16ottobre 1968 e la licenza in Sacra teo-logia.Il 13 agosto 1967 riceve l’ordinazione

sacerdotale a S. Sofia d’Epiro da S. E.Mons. Giovanni Stamati, Vescovo diLungro.Nel 1968 viene trasferito a Piana degliAlbanesi (PA) nell’istituto SS. Salva-tore per ragazzi orfani dei lavoratori,come assistente dei ragazzi. Insegna

religione alle elementari di Piana degliAlbanesi.Nel 1971 viene trasferito a Grottafer-rata come vice-rettore del seminarioBenedetto XV e insegna lettere classi-che al ginnasio.Nel 1972 viene trasferito in Calabrianel seminario minore di S. Basile (CS)come assistente dei ragazzi.Nel 1973 è inviato in Grecia ad Atenecome assistente dei ragazzi nel semi-nario dell’esarcato cattolico di rito bi-zantino su richiesta di S.E. Mons. Gia-cinto Gad.Frequenta l’università teologica diAtene. Alla fine dei due anni viene chia-mato a Grottaferrata con l’incarico dieconomo, che mantiene per 15 anni enel contempo insegna religione al liceoClassico Benedetto XV.Per alcuni anni ricopre l’incarico dimaestro dei novizi e dal 1996 gli vieneaffidato l’incarico per accogliere gliospiti del Monastero.È stato per tre anni Priore sotto l’Egu-menato di Padre Paolo Giannini. Dal1975 è stato sempre nel gruppo deiConsiglieri dell’Abbazia. Dall’iniziodella fondazione dell’istituto per il so-stentamento del clero è stato Presidentedell’istituto diocesano e incaricato dio-cesano, rappresentando la Badia grecain tutti i convegni organizzati dall’isti-tuto centrale.Aveva una buona conoscenza parlata escritta della lingua greca moderna e al-banese.Il 31 gennaio 2000 è nominato Esarcadell’Abbazia e resterà in carica sino al4 novembre 2013 a seguito di dimis-sioni per raggiunti limiti di età.Durante il suo esarcato ha organizzatoin particolare il millenario dell’Abbazia.E’ stato l’ultimo (Quinto)� Archiman-drita Esarca dell’Abbazia di Santa Ma-ria di Grottaferrata� della Congrega-zione dei Basiliani d’Italia.Con il Rev.mo Padre Emiliano Fabbri-catore termina la tradizione a Grotta-ferrata dei Padri Basiliani nominati Ar-chimandriti, che ha avuto inizio nel1937 con�Padre Isidoro Croce.Muore il giorno dell’Epifania un santomonaco, un padre buono e premuroso,un conoscitore della divina liturgiagreca, vescovo di pura tradizione ni-liana che con umiltà, fraternità e caritàcristiana lascia un ricordo indelebile.

Sergio Conti

Padre Emiliano Fabbricatore riposa nel Signore

L’ex Archimandrita, l’ultimo eletto dai monaci, è scomparso all’età di 80 anni

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«Ègiunto il momento di scioglie-re le vele. Ho combattuto la

buona battaglia, ho terminato la miacorsa. Ho conservato la fede. Ora miresta solo la corona di giustizia che ilSignore, giusto giudice, mi consegne-rà in quel giorno». (Timoteo 4, 6-8)

Suor Caterina Musacchia, al secoloAnna, nasce a Piana degli Albanesi(PA) il 13 febbraio 1936, entra nelCollegio di Piana come aspirante il 28luglio 1956.Il 25 marzo 1957 fa il suo ingressonella casa generalizia delle SuoreCollegine al Borgo (Pa) per intrapren-dere il cammino di formazione alla vitareligiosa: il postulato e il noviziato.La vestizione religiosa si celebra aPiana nella Chiesa del Collegio, lafunzione viene officiata da S.E. Mons.Giuseppe Perniciaro, Eparcadell’Eparchia di Piana, assistito datutto il clero. Da religiosa le vienedato il nome di suor Maria Caterina.Il 5 Novembre 1958 emette la profes-sione religiosa nella casa generaliziadi Palermo alla presenza di S.E. Mons.Giuseppe Perniciaro, della Madre

Generale, delle consorelle, dei parentie degli amici.Il 6 Gennaio 1964 nella chiesa delCollegio di Maria di Piana, alla pre-senza del Rev.mo Papàs StefanoPlescia, della superiora MadreEucaristica Li Mandri, di tutta lacomunità e il popolo di Dio, emette ivoti perpetui.In comunità le viene dato l’incarico dicuoca, prepara cibi prelibati per centi-naia di ragazze interne ed esterne, per ibambini dell’asilo e naturalmente per lacomunità. La sua attività è senza sosta,la sua cucina delizia i palati di tutti, daigrandi ai piccini, si adopera per faresempre meglio ciò che può essere gra-dito agli altri. Ancora oggi ci sono per-sone che hanno frequentato l’asilo enon riescono a dimenticare il saporedella pasta che cucinava suor Caterina.Oltre all’ufficio di cuoca ella si occu-pa con tanto amore delle consorelleammalate e le serve con grande carità.Nel 1987 le viene affidato l’incarico disacrestana del Santuario “Maria SS.Odigitria” annesso al Collegio; svolgequesto ufficio con grandissimo amorearricchendo la chiesa di tutto il neces-

sario. Nel tempo libero cuce tovaglied’altare, paramenti sacri, purificatoi etanto altro, è instancabile perché vuolerendere decorosa la casa di Dio dedi-cata alla Madonna.Cucina, chiesa, suore ammalate...fatutto per amore dello Sposo che l’hascelta.La sua vita è un calvario di sofferenza,riesce comunque sempre a rialzarsi ein questi ultimi anni, non potendo farealtro, si dedica alla preghiera e cucecon grande maestria i sacri veli per lachiesa. Prima dell’ultimo ricovero inospedale, stava cucendo delle tovaglieper gli altari laterali della chiesa;doveva continuare il suo lavoro alritorno, ma lo Sposo l’ha chiamata asé.In quest’ultimo anno ha partecipatoattivamente ai festeggiamenti dellaMadonna Odigitria, con la sua presen-za in chiesa durante i preparativi deltriduo e della processione delSimulacro di Maria SS.Odigitria.Suor Caterina ha vissuto la vita reli-giosa imitando Cristo Suo Sposo sullacroce, accettando la sofferenza eoffrendosi a Lui quale ostia pura.Gli ultimi giorni della sua vita sonostati segnati da forti dolori, non le èmancato il conforto delle consorelle,dei sacerdoti, in particolare delRettore del Santuario, e di tutte le per-sone care.Suor Caterina, nei tuoi sessanta annidi vita religiosa, hai lottato come unaleonessa tutta la vita contro le soffe-renze e non ti sei mai fatta soggiogare.Andavi sempre avanti, superando ognigiorno una scia di dolore fisico, ognimattina aspettavi con gioia il sacerdo-te per la comunione Eucaristica,seguivi gli orari della comunità parte-cipando a tutti i momenti di preghierae di convivialità.Ora che sei presso lo Sposo che haitanto amato e al quale hai donatogenerosamente la vita, prega per noiche ti abbiamo voluto bene e conti-nueremo a farlo. Sentiamo tanto la tuamancanza.Siamo certi che tu continuerai aseguirci dal cielo in una dimensionediversa.Eterna sia la tua memoria, sorellanostra indimenticabile!

Suor Maria CanicattìSuperiora del Collegio di Piana

ARRIVEDERCI suor Caterina

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Alle ore 18.00 di mercoledì 23 Gennaio 2019, ha avuto inizio nella chiesadell’Annunziata la Celebrazione Liturgica presieduta da don Giorgio Ilardi,

durante la quale è stata impartita la benedizione a ciascuna coppia di sposi dellaComunità che nel corso del 2019 festeggerà il 25° e il 50° anniversario di matrimo-nio. Come negli anni precedenti, numerosi sono stati i fedeli che hanno partecipatoalla Celebrazione, condividendo con i parenti festeggiati la commemorazione delloSposalizio della Vergine vissuta insieme come una vera Festa della famiglia.

25 ANNI DI MATRIMONIO (1994)Spallitta A. e Lala R. 28/04/1994Visocaro C. e Nuccio M. R. 30/04/1994Arato F. e Gippetto G. 03/05/1994Farini M. e Spinella F. 04/06/1994La Gattuta G. e La Gattuta A. 11/06/1994Pennacchio I. e Amato C. 18/06/1994Ingraffia F. e Lanza R. 25/06/1994Salzano N. e Sanfilippo A. 02/07/1994Sclafani A. e Pappalardo G. 26/07/1994Viscardi N. e Tavolacci G. 27/07/1994De Biasi D. e Meli M. A. 30/07/1994Anselmo G. e Divono G. 13/08/1994Visocaro M. e Sagrì P. 01/09/1994Gattuso G. e Catania M. P. 13/09/1994Meli A. e Pirrone M. 24/09/1994Parisi S. e Gebbia F. 29/09/1994La Barbera F. e Ingrassia V. 01/10/1994

40 ANNI DI MATRIMONIO (1979)Morales V. e Sucato A. 24/03/1979

50 ANNI DI MATRIMONIO (1969)Sgroi A. e Sucato L. 15/02/1969Morales N. e Meli M. A. 26/04/1969Lala S. e Lo Bue R. 28/04/1969Lo Bue N. e Graziano O. 07/06/1969Burriesci V. e Visocaro A. 30/07/1969Mirto D. e Ferrante C. 31/07/1969Bonomo G. e La Barbera G. R. 06/09/1969La Barbera G. e Bonomo A. 06/09/1969Di Grigoli S. e Canino C. 10/09/1969Bua A. e Perniciaro G. 10/09/1969Schirò G. e Miano G. 13/09/1969D’Orsa A. e Piscitello E. 15/09/1969Bua S. e Farini A. 20/09/1969Bisulca I. e Amodeo F. 07/10/1969Schirò S. e Novellini C. 13/10/1969Figlia N. e Tavolacci F. 25/10/1969Burriesci N. e Spalla M. 29/10/1969Cardella G. e Cuttitta C. 31/12/1969

55 ANNI DI MATRIMONIO (1964)Palagonia G. e Piave V. 08/02/1964Siragusa N. e Bisulca E. 06/06/1964

60 ANNI DI MATRIMONIO (1959)Spataro P. e Bua F. 04/02/1959Schimmenti P. e Parisi C. 05/03/1959Corticchia G. e La Gattuta A. 30/04/1959Schirò D. e Amodeo D. 23/09/1959Burriesci C. e Burriesci D. 30/09/1959Lala S. e Valenti M. 21/10/1959Cutropi S. e Schillizzi R. 24/10/1959La Gattuta D. e Figlia E. 11/11/1959D’Arrigo S. e Mamola A. 26/12/1959

63 ANNI DI MATRIMONIO (1956)Sucato V. e Cuccia P. 22/09/1956

(Foto C. La Gattuta)

(Foto C. La Gattuta)

SPOSALIZIO DI SAN GIUSEPPE

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Come è ben noto a Mezzojuso èsorta nel XVII secolo, ad opera

dei monaci basiliani ivi operanti nelMonastero basiliano di rito bizantino,una scuola iconografica che ha lascia-to prodotti di notevole valore artisticooggi conservati nelle chiese della cit-tadina. Queste icone, assieme ad altredi varia provenienza ed epoca presentinegli stessi edifici religiosi, costitui-scono un motivo di orgoglio per lapopolazione e rendono Mezzojusometa di interesse di studiosi e di visi-tatori appassionati d’arte.Pare pertanto opportuna la pubblica-zione degli studi ancora inediti a suotempo preparati dall’arciprete LorenzoPerniciaro sulla storia delle icone edelle iconostasi della chiesa di SantaMaria di tutte le Grazie e della Matricedi San Nicolò di Mezzojuso. Nellostesso tempo credo di fare cosa graditapremettere una breve introduzione sulsignificato delle icone e delle iconosta-si, utile per inquadrare più facilmenteil senso di ciò di cui si parla.

ICONAI

Quadro storico

Il termine icona deriva dalla parolagreca eikon che significa immagine,figura. Si tratta di una raffigurazionepittorica di genere sacro, spesso portati-le, dipinta su tavola di legno, solitamen-te rettangolare1, perlopiù con l’altezzamaggiore della lunghezza, prodotta nel-l’ambito della cultura bizantina e slavacon una tecnica particolare e secondouna tradizione tramandata nei secoli. Nei primi tempi del Cristianesimo laChiesa non aveva posseduto immaginio, per meglio dire, ritratti di Cristo chelo rappresentassero nella sua individua-

velo detto Mandylion. Essa viene qua-lificata come acheropita, cioè non fattada mano d’uomo ma impressa miraco-losamente. Questa effigie era conser-vata ad Edessa, nella Siria settentrio-nale (oggi Urfa, in Turchia). Per difen-derla da una incursione di infedeli, erastata murata e coperta da un grandemattone; quando la si tolse dal nascon-diglio, si trovò che i segni del volto diGesù si erano riprodotti anche sul mat-tone. Secondo Eusebio di Cesarea, ilfazzoletto, sul quale Gesù avevaimpresso l’immagine del suo volto, fumandato dal Nazareno al re di Edessa,Abgar2, gravemente malato di lebbra,che da quella reliquia venne guarito. Da questa prima forma di icona si sonocosì trasmessi, di copia in copia, ilvolto e i tratti fisici caratteristici delCristo, e da essa derivarono i vari tipi diicone del Redentore3; i primi esemplari,che possono farsi risalire indicativa-mente al VI secolo, videro la luce inofficine siriane e copte, da dove poicominciarono a diffondersi in tutto ilmondo cristiano orientale, differen-ziandosi a seconda delle aree geografi-che e sviluppandosi come una dellemanifestazioni della sacralità della tra-dizione bizantina. Allo stesso modo daitre tipi di ritratti della Vergine, dipintida San Luca evangelista quando eraancora viva, subito dopo la Pentecoste,derivarono le icone della Madre di Dio. Nell’VIII secolo, a Bisanzio le iconefurono al centro di un grave conflitto:la vecchia idea dell’impossibilità dirappresentare in forma umana la divi-nità, risorta per influenza dei contatticol mondo musulmano e giudaico,nonché le interferenze fra potere poli-tico e religioso, e la grave crisi politicache interessava lo stato bizantino, por-tarono l’imperatore Leone III, sostenu-to dalle alte gerarchie ecclesiastiche, avietare il culto delle immagini, ordi-nando la distruzione di tutte le icone.

lità personale. La causa va ricercatanell’Antico Testamento, nella proibi-zione biblica del “farsi immagini delladivinità”. C’era, soprattutto per i cri-stiani provenienti dal paganesimo, latendenza ad identificare, come nelculto degli idoli, l’immagine con lapersona adorata. Il timore che gli adeptialla nuova religione, ancora malfermi eincerti nella fede, potessero cadere nel-l’idolatria portò i Padri della Chiesa deiprimi secoli a diffidare delle immaginie a esortare i cristiani ad astenersene. Poi il Concilio di Nicea nel 325 riaffer-mò, contro le eresie ariane, la pienezzadi umanità e divinità del Cristo, imma-gine visibile e perfetta del Padre, delDio invisibile, e quindi la possibilità dirappresentarlo come persona reale. Dopo questo concilio seguì un lungoperiodo di lotta contro le eresie chenegavano ora la natura divina di Cristo(arianesimo) ora l’umana (monofisi-smo), finché non si arrivò a stabilirenel Concilio di Calcedonia del 451 chenella persona di Cristo c’è l’unioneipostatica (cioè personale) di due natu-re, l’umana e la divina. L’icona diGesù Cristo esprime nell’immagine ildogma del Concilio; essa cioè non rap-presenta né la sola natura divina, né lasola natura umana del Cristo, ma rap-presenta la sua Persona di Uomo-Dioche unisce in sé le due nature. Egli èper sua natura divina consustanziale alPadre e per sua natura umana consu-stanziale a noi, simile in tutto a noifuorché nel peccato. L’icona serve per-ciò per confutare le idee errate relativeall’incarnazione e le eresie che da taliidee hanno preso origine. Dopo la metà del V secolo il pericolopagano è ormai diminuito e, nel secoloseguente, si moltiplicano le attestazio-ni relative alle icone e al loro culto. Laprima fondamentale e più antica iconadella tradizione bizantina rappresentail santo Volto di Gesù impresso su un

ICONE ED ICONOSTASI a cura di Nino Perniciaro

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Seguirono ribellioni popolari e sangui-nose repressioni che dilagarono in dueondate, la prima dal 726 al 787 e laseconda dall’815 all’843. Si è trattatodi vera e propria guerra civile aBisanzio che prese il nome di lotta ico-noclasta4.Ma proprio dal furore della persecu-zione si levò la voce dei grandi Padriiconoduli (difensori delle immagini)Germano di Costantinopoli, GiovanniDamasceno e Teodoro Studita, che,elaborando la teologia dell’icona,sostennero la liceità del culto delleimmagini sacre, sicché nel 787 sotto ilregno dell’imperatrice Irene il VIIConcilio ecumenico tenuto a Nicearistabilì il culto delle icone e formulò ildogma della loro venerazione.Tuttavia, dopo il divampare di unsecondo periodo di lotte, solo conl’imperatrice Teodora nell’843, unavolta deposto il patriarca iconoclastaGiovanni I e chiamato il nuovo patriar-ca Metodio proveniente dalla Sicilia,che ancora faceva parte dell’Impero, siristabilì in un sinodo l’ortodossiaponendo fine definitivamente al lungomovimento iconoclastico5 e si comin-ciò a celebrare, nella Chiesa bizantina,la ‘festa dell’ortodossia’.

L’AUTORE

L’iconografo, quando si accingeva araffigurare la persona di Cristo, copian-do fedelmente il Mandylion, dichiaravadi non aggiungere nessuna invenzioneumana; si limitava infatti a riprodurreciò che Gesù stesso aveva di fatto con-segnato come modello. Una costanteche si trova nelle icone è che ognuna diesse si attiene a canoni che la tradizionedella Chiesa definisce e tramanda e chesi sono mantenuti nei secoli, garantendocosì una continuità ed una unione dot-trinale: la realizzazione non è lasciata algusto creativo dell’artista, per nonrischiare di cadere in gravi errori, per-ché non è la sua personale verità chedeve emergere, ma la Verità di Dio. Perquesto gli iconografi hanno sempremantenuto un atteggiamento di obbe-dienza ai canoni, tanto da apparire pococreativi e perfino ripetitivi. In realtàl’obbedienza alla tradizione esprime ildesiderio dell’artista di immettersi nelflusso dell’eredità che Cristo ha lasciatoalla Chiesa. Ogni personaggio e ognisingolo episodio sono perciò facilmente

riconoscibili, anche perché la tradizioneprevede l’iscrizione dei nomi dei perso-naggi raffigurati o il titolo dell’avveni-mento rappresentato nell’icona. Questoperché probabilmente è funzionale allacollocazione, infatti nelle chiese orto-dosse ci sono centinaia di icone e i fede-li dovevano poter capire attraversol’iscrizione a quale scena o personaggiosi riferisse l’icona.Inoltre il simbolismo dell’icona preve-de che ogni gesto, colore, atteggia-mento corporeo, abbia un significatounivoco, affinché sia leggibile e deci-frabile da chi conosce il linguaggiocon cui è scritto e gli eventi teologico-biblici a cui rimanda. La teologia riteneva le icone opere diDio stesso, realizzate attraverso lemani dell’iconografo; esse sono unevento che impegna direttamente Dio,non solo in quanto oggetto rappresen-tato, ma anche come soggetto operan-te. E’ lo Spirito Santo il vero iconogra-fo; è Lui che guida la mano dell’arti-sta. Questi nutre la sua arte con la tra-dizione e l’insegnamento della

Chiesa. La sua personalità deve dile-guarsi davanti al personaggio rappre-sentato. Ne consegue logicamente chel’iconografo non deve firmare e datarele sue opere per almeno tre ragioni: ilnome richiama la sua personalità, cheinvece deve essere bandita, l’iconaviene realizzata secondo la tradizionee i documenti, che non appartengonoal pittore, e infine l’ispirazione vienedallo Spirito Santo.L’autore è lo Spirito Santo, l’uomopresta le sue mani, il suo corpo, il suospirito, le sue capacità.Iconografo è chi ha imparato ad essereun canale privilegiato che consenteallo Spirito Santo di comunicarsi e dipassare dal cuore dell’artista al legnodella tavola. Non a caso, anche in pas-sato, i maggiori maestri iconografifurono monaci e spesso anche santi. L’esperto iconografo si prepara conlunghi periodi di digiuno e preghiera,prima di mettere mano al pennello, enon inizia il lavoro finché l’immaginedel soggetto da dipingere non gli siaapparsa in sogno o in visione ed

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ICONE ED ICONOSTASI

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ne miracolosa, guarì Abgar, predicò il cri-stianesimo, battezzò il popolo e fondò laprima Chiesa cristiana ad Edessa. Il velovenne conservato a Edessa e verrà chiama-to successivamente “Mandylion”. Perdifenderlo da una incursione di infedeli,era stato murato e coperto da un grandemattone; quando lo si tolse dal nascondi-glio, si trovò che i segni del volto di Gesùsi erano riprodotti anche sul mattone (dettoin greco keramida: mattone, tegola).Ritrovata nel 545, l’icona, insieme con lakeramida, fu trasportata a Costantinopolinel 944 e questo trasporto si celebra tuttorail 16 agosto. A Costantinopoli rimase finoal 1204, quando col sacco dei crociati sene persero le tracce per molto tempo.Attualmente il Mandylion si trova nellacappella privata del Santo Padre a Roma.3. Secondo il concetto di copia che carat-terizza l’arte cristiana antica l’autenticitàdi ogni immagine dipende dalla sua somi-glianza all’originale. 4. Le cause che portarono a questa guerracivile e religiosa non sono ancora del tuttochiare. Probabilmente la crisi iconoclastaderivò dalla crisi politica che in quel perio-do cominciava a sgretolare il grande impe-ro giustinianeo. Infatti, a partire dal secoloVII, vasti territori bizantini erano occupatidagli arabi. Regioni, dal glorioso passatocristiano, come le parti orientali dell’AsiaMinore e il Nordafrica, passano all’islami-smo. Nella penisola balcanica i bulgari siribellano, mentre crolla l’esarcato in Italia.Tutto questo mette in crisi non solo le isti-tuzioni dello Stato ma anche la fieracoscienza religiosa dei bizantini.L’islamismo, infatti, con la sua marciatrionfante attraverso i territori dell’imperoe con la loro conseguente islamizzazionecrea degli enormi problemi di coscienza.Ci si domandava, per es., se la fiducianelle immagini dipinte non avesse qualco-sa di non cristiano, di pagano. Come maile tante immagini miracolose che si vene-ravano in tante chiese non avevano potutoproteggere le città dai seguaci dell’«infe-dele» Maometto? Il cristianesimo con ilculto alle icone era veramente rimasto lavera religione? Nella corte imperiale i«colti» erano convinti che il culto delleimmagini era un ritorno al paganesimo ese si voleva ritornare alla vera religione diCristo, bisognava eliminarle.Gli iconoclasti sostenevano che non biso-gnava dipingere icone né proporle allavenerazione dei fedeli perché si favorival’idolatria. Come si poteva dipingere Diodal momento che era invisibile? Per questomotivo, essi sostenevano che anche l’ico-na di Cristo non si poteva dipingere perchédi lui si poteva rappresentare solo l’umani-tà, ma in questo modo si favoriva il mono-fisismo.Incominciò così un’opera sistematica di

distruzione di ogni forma di rappresenta-zione religiosa in icone portatili, mosaici oaffreschi.Contemporaneamente si comincia la piùcrudele persecuzione che abbia mai cono-sciuto Bisanzio con l’eliminazione fisicadi tutti coloro che si opponevano alladistruzione delle immagini e questi eranospecialmente i monaci che incarnavano lacoscienza religiosa popolare. Gli iconoclasti distruggono una quantitàenorme di opere d’arte religiose; nelmigliore dei casi le pareti delle chiese sonoimbiancate, nel peggiore le pitture sonograttate, i mosaici distrutti, le icone ligneebruciate. Nulla è risparmiato, eccetto ilmonastero di Santa Caterina sul monteSinai che si trovava in territorio islamico.5. Dopo l’iconoclastia, nel IX secolo, connuova energia ci si accinge a decorare lechiese ormai spoglie e Costantinopolidiventa il centro di tale attività: vengonoqui convocati da ogni parte dell’Impero imigliori artisti. Con le Crociate prima econ la conquista ottomana poi l’attività siriduce al minimo; gli artisti emigrano nelleregioni vicine (Macedonia, Creta…) e quicontinuano ad operare mantenendo vival’eredità bizantina. In nessun luogo l’artedell’icona si diffonde quanto in Russia.Con la sconfitta dei Tartari e la nascitadello stato nazionale nel sec. XIV, l’iconavi conosce il periodo di maggiore splendo-re, collegato con lo sviluppo di uno straor-dinario movimento monastico, fondato dasan Sergio di Radonez, di cui fu discepoloAndrei Rublev, grande iconografo e santo. 6. L’iconografo (letteralmente colui chescrive le icone), oltre ad avere un naturaletalento ed esperienza d’artista, deve avereuna preparazione spirituale e restare incontatto con la Chiesa. Il pittore di iconeprima di mettersi al lavoro pone anche ilsuo spirito verso il mistero divino recitan-do le sue preghiere, come l’antica orazionedi seguito riportata: “Tu, divino Signore ditutto ciò che esiste, illumina e dirigi l’ani-ma, il cuore e lo spirito del tuo servo,guida le sue mani, affinché possa rappre-sentare degnamente e perfettamente la tuaimmagine, quella della tua Santa Madre edi tutti i Santi per la gloria, la gioia e ildecoro della tua santa Chiesa”.Quindi quando parliamo di «iconografia»,traducendo letteralmente dal greco, inten-diamo «scrittura dell’immagine». L’Iconabizantina secondo il modo usuale di espri-mersi degli iconografi, non viene solodipinta, bensì scritta. In greco infatti, i ter-mini “dipingere” e “scrivere” si rendonocon la stessa parola: graphein. Nell’iconaqueste due forme espressive costituisconoun unicum. Ed in effetti, parlando di ico-nografia intendiamo proprio uno “scriverein immagini”, una narrazione che non uti-lizza la forma del linguaggio orale, maquello visivo.

impressa profondamente nell’anima.La realizzazione dell’icona coinvolgepertanto il vero iconografo non solosotto l’aspetto estetico ma soprattuttosotto quello teologico e religioso,tant’è vero che nel lavoro pittorico unacomponente importantissima è semprestata quella della preghiera6. Che l’ico-na deve essere preparata, accompagna-ta e finita nella preghiera, sta a signifi-care che l’arte dell’icona è un’artedivino-umana. Prima di trasferirel’icona sulla tavola di legno il monacola genera in sé nella preghiera, nelsilenzio, nell’ascesi. Con lo sguardo eil cuore purificati può tracciare l’im-magine d’un mondo trasfigurato.Questo è tanto importante che, inOriente, la funzione di iconografo èconsiderata come un vero e proprioministero, quasi come il diaconato o ilsacerdozio. Non tutti possono essereiconografi, e non è sufficiente averebuone propensioni artistiche, ma ènecessario un profondo camminoascetico, morale e religioso.

NOTE1. Alcuni pannelli hanno la sommità aforma d’arco (centinati) ma non si riscon-trano vertici triangolari, piuttosto comuniinvece nell’arte occidentale. Pannellirotondi sono estremamente rari e fanno laloro comparsa in epoca tarda. 2. L’origine di questa immagine trovaspiegazione in un testo apocrifo compostoin Siria nel III secolo, secondo il qualeAbgar V Ukhama re (toparca) di Osroene,piccolo stato tra il Tigri e l’Eufrate, la cuicapitale era Edessa (oggi Urfa in Turchia),avendo sentito parlare delle gesta diCristo, inviò in Galilea il suo archivistaHannan (Anania), che era anche un abilepittore, affinché ne eseguisse un ritratto,che avrebbe poi conservato. Secondo lacredenza dell’epoca, l’immagine sostitui-va la presenza di una persona lontana e neesercitava tutti i poteri e facoltà. Il pittoreperò dopo diversi tentativi non sarebberiuscito a eseguire il ritratto perché “trop-po luminoso era il volto di Cristo” e risul-tava impossibile rappresentarlo. Tuttaviaprima di ritornare ad Edessa si accostò aGesù porgendogli un velo dopo averlobagnato nel Giordano e chiedendo che siasciugasse il volto con questo. Durante ilviaggio di ritorno successe un miracolo: ilvelo asciugandosi aveva trattenuto le sem-bianze di Cristo che si erano impresseindelebilmente. Con la sua lettera di rispo-sta Gesù inviò ad Abgar anche l’apostoloTaddeo, il quale, con l’aiuto dell’immagi-

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Nato ad Augusta il 16.03.1841,morto a Palermo 22.02.1894.

Il cognome, molto diffuso, sia a Mez-zojuso (dove risulta censito fin dal1584), che a Piana degli Albanesi, Con-tessa Entellina e Palazzo Adriano, de-nota una origine albanese. Simone, fi-glio di Luca Cuccia, ufficialedell’Esercito borbonico e comandantedella piazzaforte di Augusta (Siracusa),nacque casualmente in quella cittadinamarittima, il 16 marzo 1841. Luca Cuc-cia era nativo di Mezzojuso e facevaparte della colonia albanese di quelpaese. La famiglia Cuccia fu moltofiera della sua discendenza albanese emantenne sempre con il paese di ori-gine un vincolo strettissimo, che viveancora intatto. L’attaccamento al paese,alla sua gente ed alle sue tradizioni fusempre costante. La vita di SimoneCuccia è stata certamente breve, es-sendo morto a meno di 53 anni. Essa,però, è stata intensa e contrassegnatada una serie di successi, culturali e po-litici. Infatti, dopo avere compiuto i primistudi presso il Seminario Greco Arci-vescovile di Monreale, Simone si lau-reò in Giurisprudenza con il massimodei voti, presso l’Università degli studidi Palermo, la quale gli conferì - quasisubito - la cattedra di Diritto Penale edi Storia del Diritto. Nel 1867 Simone fu eletto ConsigliereProvinciale (a 26 anni). L’anno succes-sivo (1868) fu eletto Consigliere Co-munale di Palermo. Fu anche compo-nente del Consiglio del Banco di Siciliae Presidente della scuola superiore fem-minile (oggi Magistrale) “GiuseppinaTurrisi Colonna” di Palermo.Nell’anno 1882 e fino alla sua morte,avvenuta nel 1894, Simone Cuccia èstato eletto e successivamente confer-mato ininterrottamente (per ben 4 le-gislature) Deputato al Parlamento delRegno d’Italia, nel primo collegio elet-

torale di Palermo. Sicuramente, Simone Cuccia ebbe unasolida e profonda formazione giuridicae un’ottima preparazione filosofica eletteraria. Inoltre, fu dotato di non co-muni capacità oratorie, dialettiche e di-scorsive.Giurista insigne, Avvocato valente, Do-cente universitario eccezionale, Politicoattivo e attento ai problemi della gente,è rimasto famoso, soprattutto comeideatore della sociologia criminale,classificando le varie forme di delin-quenza e le diverse specie di malattiementali degli individui implicati. Con-clusivamente, il nome di Simone Cuc-cia resta molto noto, anche per averecollaborato attivamente, quale Depu-tato, alla stesura del Nuovo codice pe-nale italiano (codice Zanardelli).Il cognome CUCCIA è molto fre-quente, a Mezzojuso e fuori.Ecco i nomi di alcuni personaggi chericordo:1) CUCCIA SIMONE: in atto vive aPalermo (dove è nato il 09/09/1945),nipote del Nostro ed ex Dirigente Su-periore Regionale, collega dello scri-vente;

2) CUCCIA ENRICO: è nato a Romanel 1907 ed è morto a Milano nel 2000.Suo nonno paterno era Simone Cuccia,di cui abbiamo parlato. Laureatosi aRoma in Giurisprudenza, con il mas-simo dei voti ha dominato, per quasiun cinquantennio, il mondo dell’eco-

nomia e della finanza italiana. EnricoCuccia, di origine arbëreshë, è statouno dei più potenti banchieri italianied un giornalista apprezzato;

3) CUCCIA ENRICO: farmacista aMezzojuso (più noto come don Ri-chetto). Personaggio affabile e garbato,era fratello di Felice Cuccia, insegnanteelementare e parente del notissimo ban-chiere Enrico Cuccia;

4) CUCCIA ANTONINO: Avvocatoe Funzionario direttivo di Banca, pre-decessore dello scrivente, quale Sin-daco del Comune di Mezzojuso, nel-l’arco di tempo dal 1968 al 1973, unamico;

5) CUCCIA SALVATORE: Presidedel Liceo Classico “Nicola Spedalieri”di Catania e Maestro del sottoscritto.“Eco della Brigna” gli ha dedicato unarticolo (al n.108 del Novembre 2015);

6) CUCCIA SALVATORE: bizzarroe simpatico insegnante elementare e al-levatore di cani, pecore e capre;

7) CUCCIA MARCO E VITO: pa-sticcieri di Piana degli Albanesi, ovepossiedono un antico “Bar dello sport”,in cui tuttora la squadra calcistica delPalermo si rifornisce dei famosi cannolisiciliani.

Vittorio Pennacchio

SIMONE CUCCIA“Nessuno ha il diritto di infangare, con ipropri scarponi sporchi, i nostri sacrimarmi”.

La famiglia Cuccia fumolto fiera della sua di-scendenza albanese emantenne sempre con ilpaese di origine un vin-colo strettissimo

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Sin da piccola sapevo che il paese incui sono nata era un paese speciale,

non solo perché ci erano nati i miei avi,non solo perché mio nonno era il me-dico del paese, ma anche perché in que-sto paese ogni anno si rinnovava unafesta-rito che si faceva “solo quando ilpaese ne aveva voglia”. Una panto-mima in maschera che si ripeteva daalmeno due secoli, che rappresentavala voglia del paese di esprimersi, di di-vertirsi, di far festa e ribaltare – comenella migliore tradizione carnevalesca– la storia ufficiale, dimenticando ansiee frustrazioni almeno per un giorno, la-vorando alacremente alla preparazionedella festa… per tutto l’anno!Il Mastro di Campo è uno dei pochicarnevali teatrali sopravvissuti in Italia,non una semplice manifestazione fol-kloristica, ma un fatto culturale con un

risvolto sociale e politico molto forte,che contiene in sé, nella sua azione sce-nica e nei suoi personaggi, anche ungrado di denuncia – in chiave comico-burlesca – degli oppressori, dei tiranni,dei prepotenti.

Quest’anno ho avuto l’onore e il pia-cere di assistere alla rappresentazionedel Mastro di Campo da una postazioneprivilegiata: il balcone di Don Enzo. Da lassù potevo vedere benissimo tuttoquello che succedeva in piazza, apprez-zare le danze del corteo reale e del Ma-stro di Casa, le incursioni dei Fofòri, icalcoli degli ingegneri, le battaglie acolpi di confetti, la famosa “caduta”del Mastro di Campo e gli assalti deigaribaldini – che – novità molto inte-ressante di quest’anno – erano garibal-dine!

Era tutto perfetto e l’emozione di assi-stere a questo rito paesano era moltogrande. Ma la voglia di scendere giùin piazza e di essere immersa nella festasi affacciava ad ogni piè sospinto e lamemoria è andata indietro nel tempo,a quando gli attori e gli spettatori simescolavano nello spazio scenico.

La prima volta che ho visto il Mastrodi Campo avrò avuto una decina d’annied era… d’estate! Per fortuna quel-l’anno il paese aveva pensato anche achi come me veniva solo d’estate ecome tutti i mezzojusari ci mettemmoall’opera: mia sorella, e una sua amicadi Roma, vennero addirittura inseritenel corteo come damigelle. Era il 1977o giù di lì e nella mente si mescolanoricordi, sensazioni, racconti ed emo-zioni. L’emozione più grande la davano

IL MASTRO DI CAMPO

di Chiara Casarico

Foto D. Figlia

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i cavalli quando ti passavano vicinocon i loro corpi possenti… ma anche iMaghi che si mangiavano i maccheronidentro il pitale non erano da meno! Eche paura pensare di essere catturatidai Fofòri e portati chissà dove… Unadelle figure che mi aveva attratto mag-giormente era Garibaldi… si dicevache, in passato, il paesano che lo avevaimpersonato per anni si era fatto cre-scere la barba apposta, tanto che lochiamavano Garibaldi anche durante ilresto dell’anno!Una trentina d’anni dopo, nel 2006,tornai in paese apposta per vedere ilMastro di Campo e tutto divenne im-magine vivida, emozione, trasporto, di-vertimento, reviviscenza…. L’odoredei cavalli che ti passano accanto, ilsapore delle salsicce e del vino offerto,il ritmo del tamburo che accompagnala danza del Mastro di Campo, il suonodei campanacci del pecoraro… E riec-comi di nuovo sul balcone di DonEnzo, ad applaudire come una bambinaemozionata per il bellissimo spettacolo

che scorre davanti ai miei occhi e ascattare foto e fare video per portare acasa qualcosa da far vedere agli amicie dire: “Guarda che cosa speciale fannoancora al mio paese, ci venite l’annoprossimo?”.

E allora sogno di ritornare ancora neiprossimi anni e continuare ad assisterea questo magico rito, ogni anno rige-nerato e migliorato, come solo a Mez-zojuso sappiamo fare. Immaginandoche i giovani continuino ad appassio-narsi a questa festa – come ho vistofare quest’anno – e decidano di conti-nuare a scavare nelle proprie radici,rinnovandole e vivificandole.Sogno che il paese continui a ripren-dersi la festa e la costruisca durantetutto l’anno. Sogno che la Banda di-venti sempre più la protagonista dellacolonna sonora e che la musica regi-strata appaia solo negli intermezzi oalla fine. Sogno un complesso musicaleche suoni alla corte del Re, eseguendomusiche della tradizione siciliana, an-

che rinnovate. Sogno una scansione deitempi e delle entrate dei personaggisenza tempi morti. Sogno che ognianno i miei paesani si inventino nuovemaschere dando libero sfogo alla pro-pria creatività e attualizzando la festa.Sogno il pubblico che mangia, che ride,che balla e trova la possibilità di farparte del tutto.E sogno che Mezzojuso diventi famosain tutta Italia per questa rappresenta-zione teatrale “partecipata” e che il Ma-stro di Campo diventi come il “TeatroPovero di Monticchiello” dove le aspet-tative, i progetti e i sogni di un’interacomunità diventano Teatro che si fanelle piazze, nelle strade, nel comunedesiderio di fare di più e meglio per lenostre vite e per il nostro territorio..Poi, ad un certo punto, apro gli occhi emi rendo conto che la deformazioneprofessionale mi ha preso la mano. Mache ci volete fare? Parafrasando Totò,“teatranti si nasce”… ed io modesta-mente lo nacqui… a Mezzojuso!

Andrea Rao, “Garibaldi tutto l’anno” (Foto archivio S. Bisulca)

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di Carlo Parisi

La più bella storiad’amore del Carne-

vale siciliano?Sì… credo di sì! L’amore

c’è ancora tutto per intero! Nonostanteil Mastro di Campo abbia perso in que-sti ultimi anni alcune connotazioni pro-prie del Carnevale, ha mantenuto inal-terata tutta la passione che locontraddistingue da molti altri usuratischemi carnevaleschi del mondo.Quest’anno, forse per la mancata edi-zione di quello trascorso, direi che ilMastro di Campo, magistralmente in-terpretato da Giuseppe Cosentino, halasciato nella storia mezzojusara unodei ricordi più affettuosi del nostro Car-nevale.Diciamo subito, cosi ci togliamo il pen-siero, che l’immissione nella scenadelle transenne, la restrizione delcampo di azione di alcune maschere,(cavalleria, foforio, ‘ncignera e a voltelo stesso protagonista), non hanno gio-

vato al connubio tipico carnevalescotra le maschere e il pubblico; una cor-rispondenza di sensi, tipicamente pi-randelliana, meglio descritta e rivalu-tata nei quadri del nostro amico epaesano Nicola Figlia.Il servizio d’ordine, una volta garantitodalle stesse maschere, oggi per motividi adeguamento ai nuovi regimi di si-curezza, è stato, con competenza e spi-rito di servizio, lodevolmente espletatodalle forze dell’ordine. Un plauso vasempre attribuito alla macchina orga-nizzativa messa in moto dai ragazzidella Pro-Loco. Non possiamo fare altro, noi nostalgici,che adeguarci ai tempi e continuare arivivere, in ogni caso e con l’amorevo-lezza di sempre la nostra pantomima.La sicurezza alla fine è solo un pretesto,il vero motivo è da ricercarsi nell’evo-luzione della società che tende più avalorizzare l’immagine dell’uomo chela sua essenza. Forse il consumismo,la televisione e l’attenzione all’imma-gine, hanno adattato anche la teatralità

della messinscena.Ecco dunque, la corte che si organizzain balletti ben strutturati e programmati,Garibaldi con i garibaldini accennanodei moderni balli di gruppo e marce damajorettes, con prove studiate primadella manifestazione, e ognuno prepara,in modo organizzato la propria perfor-mance. Anche in leggera assenza dispontanea immaginazione e improvvi-sata interpretazione dei ruoli, l’amoree lo spirito di partecipazione rimanesempre incontrastato ed immutabile neltempo.Certamente non è venuto meno l’amoreincommensurabile tra la Regina e ilMastro di Campo, e nemmeno la con-sapevolezza del Re nel subire i dovutitradimenti della sua consorte. Que-st’anno, in particolare, non è mancatala passione, con la quale Giuseppe silibrava in aria senza risparmiarsi, conla leggerezza, il ritmo, il tenore, tipicodei grandi maestri del passato che inquesta sede voglio ricordare: MastroNunù e Tagghia!

L’AMORE C’È TUTTO!“Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcelanoi se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, unaper sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.”

(Luigi Pirandello)

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Non è mancata, compiacente e al passocon i tempi, la compartecipazione digenere. Garibaldine e more hanno ani-mato la piazza inscenando notevoli bat-taglie, con marce, bastonate, prigionierie tarallucci e vino alla fine del primotempo. Magnifico il balzo sul cavallodell’ambasciatore e bravi tutti i cava-lieri che hanno saputo ponderatamenteconiugare il loro ruolo con le ristret-tezze del loro limitato campo di azione.Anche Pino e Salvatore e Antony, ve-terani del Carnevale, hanno espresso illoro sentimento, immedesimandosi nelruolo degli ingegneri con il dovuto tra-sporto. Tutti gli attori e i mezzojusaricontinuano, in barba ai cambiamenti,a esprimere tutto l’amore immenso peril ruolo espresso, come si conviene nelvero Carnevale, sicché gli attori, il pub-blico e i personaggi si fondono in ununico aspetto passionale. La mascheraè persona e l’attore è personaggio, inun’unica essenziale figura rappresen-tativa.L’amore per l’eroe carnevalesco si notagià nei bambini che per tutto l’anno non

mancano di improvvisare qualche pi-roetta a ritmo di tamburo, o di esternarela tipica parola d’ordine del Foforio. Foriu… foriu, è un linguaggio singo-lare e universale nello stesso tempo;può esprimere magia, stupore, agita-zione, confusione, autorità e tenerezza,ma soprattutto l’amore condiviso peruna giornata in cui il mondo è capo-volto. La messinscena dei bambini cheormai tradizionalmente si esegue ilmartedì grasso, non ha nulla da invi-diare a quella dell’ultima domenica diCarnevale. Anzi, i bambini sono moltopiù spontanei, non ci sono le transenne,e i mezzojusari possono rivivere il Car-nevale più partecipi e con meno turistidi passaggio. Io non lo chiamerei “ilMastro di Campo dei bambini”, perchéè a tutti gli effetti, un Mastro di Campo,con l’assodata passione dei nostri pae-sani. Un’altra presenza, relativamentenuova, è quella dei fotografi. E’ unacostante da non sottovalutare nel signi-ficato della pantomima. Fotografia eMastro di Campo hanno molto in co-mune. E’ un rapporto solido, che acco-muna insieme, teatralità, fantasia, arte,e immancabilmente, passione e incanto.Il fotografo entra nella scena come unpersonaggio, in qualche modo si senteprotagonista, registra un momento, lofa suo, lo decifra, lo elabora come siconviene ad una maschera. Un’impressione di parte, ma che inogni caso non sminuisce il sentimentocon il quale mi immergo nella cornicecarnevalesca.Tutto può essere cambiato nel corsodei secoli, d’altronde è Carnevale, maniente e nessuno potrà mutare la pas-sione che è intrinseca nella più bellastoria d’amore del carnevale siciliano.Sì… l’amore c’è!

Tutto può essere cambiato nel corso dei secoli, d’altronde è carnevale, ma niente e nessuno potrà mutare la passione che è intrinseca nella più bella storia d’amore del Carnevale siciliano.

Fotografie di Carlo Parisi

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ICONE ICONE

TRADIZIONE/CONTEMPORANEITÀ

LE ICONE POST BIZANTINE DELLASICILIA NORD-OCCIDENTALEE LA LORO INTERPRETAZIONECONTEMPORANEA

Èstata inaugurata giovedì 4 Aprile 2019 pressol’Aula Capitolare di San Placido del Museo Dio-

cesano di Monreale la Mostra “ICONE. Tradizione/con-temporaneità - Le Icone post-bizantine della Sicilia nord-occidentale e la loro interpretazione contemporanea” acura di Francesco Piazza e Giovanni Travagliato. Lamostra è un omaggio alla storia dell’arte e alla tradizionegreco-bizantina. 12 icone post bizantine in dialogo conaltrettante icone contemporanee ad esse ispirate.Un’interpretazione e un confronto affidato a dodiciartisti, sei greci Manolis Anastasakos, Dimitris Ntokos,Nikos Moschos, Kostantinos Papamichalopoulos, ZoiPappa, Christos Tsimaris e sei siciliani, Giuseppe Bom-baci, Sandro Bracchitta, Giorgio Distefano, RobertoFontana, Antonino Gaeta e Ignazio Schifano, che simisurano con l’espressione artistica che maggiormenterappresenta la grecità e l’influenza reciproca tra i duepopoli.Sono esposte le Icone di scuola veneto-cretese del-l’Eparchia di Piana degli Albanesi e del Museo Dioce-sano di Monreale. I capolavori di Ioannikios, Leos Mò-skos e del Maestro dei Ravdà - XVII-XVIII sec. Riportiamo di seguito il saggio di Stefania Bua conte-nuto nel catalogo della mostra.

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Nella seconda metà dell’800,quando ancora perdurava la di-stinzione tra arti maggiori e

arti minori, dibattito fortemente di-scusso anche tra gli intellettuali sici-liani1, Gioacchino Di Marzo pubblicavaI Gagini e la scultura in Sicilia nei se-coli XV e XVI2, all’interno della qualededicava un capitolo all’Oreficeria inSicilia ne’ secoli XV e XVI. Merito dellostudioso è di essere stato il primo a cer-care di ricostruire la storia dell’orefi-ceria siciliana, tracciandone a grandilinee l’importanza e la diffusione nel-l’Isola3; infatti, egli scrive: «fu quindinecessaria all’ornamento della Chiesae degli altari, degli arredi sacri egual-mente che al vasellame da tavola; cosìalle preziose custodie, agli ostensori,a’ reliquiari, come al piccolo mondomuliebre delle gioie, degli anelli, dellamaniglie, cinture, fibbie»4. Gli studiiniziati dal Di Marzo sono stati ereditatida due donne, Maria Accascina finoalla prima metà del Novecento e MariaConcetta Di Natale dalla seconda metàdel XX secolo ad oggi. Quando si parla di Mezzojuso, non sipuò fare a meno di ricordare l’Acca-scina, la cui famiglia in questo paesealle porte di Palermo ebbe le sue ori-gini. Pioniera nello studio delle arti de-corative in Sicilia, ella lasciò un segnoindelebile per tutti gli studiosi che sisono accinti e si accingono ancor’oggia studiare e ricercare le opere d’arte in

tutta l’isola: «In questa storia dell’ore-ficeria non vi fu mai sosta. Il geniodell’isola si espresse sempre nella ma-teria aurea con voce costante»5.Nel 1956 l’Accascina organizza una mo-stra a Piana dei Greci, oggi Piana degliAlbanesi, dove espone le icone più an-tiche di Mezzojuso, e dopo poco più diun sessantennio le ritroviamo risplen-dere in questa mostra. La studiosa, oltrealle opere pittoriche, conosceva altret-tanto bene le suppellettili liturgiche diMezzojuso; infatti, nel suo libro Orefi-ceria di Sicilia dal XII al XIX secolo,pubblicato nel 1974, menziona la pissidecustodita nella chiesa Maria SS. Annun-ziata, presentata come esempio di gustoneoclassico tra le opere siciliane6.Le suppellettili liturgiche che si conser-vano nelle varie chiese di Mezzojusosono state realizzate da maestri argentieripalermitani tra il XVIII e XIX secolo.Come si rileva da inediti documenti delXVII secolo, conservati nell’ArchivioParrocchiale della chiesa di San Nicolòdi Mira e nell’Archivio Storico Dioce-sano di Palermo, Mezzojuso vantava unpatrimonio di beni ecclesiastici ancorapiù antichi, andato perduto, ma inventa-riato durante le Sacre Visite.L’incontro di diverse culture nella co-munità mezzojusara, così come nellealtre località dell’Eparchia di Piana de-gli Albanesi, ha fatto sì che avesseroinfluenze anche sulle suppellettili d’ar-genteria sacra, presentando diversi tipi

di stile: ora caratterizzate da forme ti-picamente latine, legate al rito occi-dentale, ora di ispirazione orientale le-gate a quello greco-bizantino, come adesempio gli ostensori dalle linee alter-natamente curve o quadrate7. Tra leopere di argenteria ancora esistenti,quella più antica è la pisside ineditadel 1717 custodita nella chiesa di ritogreco-bizantino di Santa Maria di tuttele Grazie (Fig. 1). La pisside è il vasoche contiene il pane o le ostie consa-crate disponibili ad viaticum infirmis.Nella liturgia greco-bizantina il sacer-dote, durante l’introito grande che rap-presenta l’ingresso a Gerusalemme,porta la pisside e il calice in proces-sione, cantando: «Pàndon imòn mni-sthìi Kirios o Theòs en ti vasilìa aftupàndote nin ke aì ke is tus eònas toneònon». L’antica suppellettile ha la basemistilinea gradinata ed è tripartita davolute, decorate con testine di cherubinialate, che si allungano fino al nodo. La

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A PROPOSITO DELLO STUDIO DELLE ARTI DECORATIVE NELLE CHIESE DI MEZZOJUSO

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Fig. 1 - Argentiere palermitano, 1717-1718, Pisside, vista frontale con Torchiomistico, Mezzojuso, S. Maria di tutte leGrazie.

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superiore teca, sostenuta da quattro esilibraccia con testine di cherubini, ha laforma cubica e, per ogni faccia, presentauna figura affiancata dal titulus in greco,e precisamente: Cristo benedicente condue mani e angeli nell’iconografia delTorchio mistico, San Basilio il Grande,San Gregorio Nazianzeno e San Gio-vanni Crisostomo. È racchiusa da uncoperchio con crocetta apicale. Sia labase che la teca recano la stessa punzo-natura, aquila di Palermo a volo alto ele iniziali del console Giuseppe Pa-lumbo che ricoprì l’alta carica dal 4 lu-glio 1717 al 21 luglio 17188. L’argentiere che ha realizzato il manu-fatto si è attenuto all’iconografia deiSanti Padri greci e ogni faccia dellacoppa quadrangolare è una piccolaicona monocromata argentea, un ri-flesso di quelle splendide icone post-bizantine del XVII secolo che fregianol’iconostasi nella stessa chiesa (vedi G.Travagliato, supra). La coppa quadran-golare della pisside ha stringenti affi-nità con quella datata 1881 della chiesadi San Nicolò di Mira9, quest’ultimarealizzata e acquistata in sostituzionedi una più antica che fu trafugata nel-l’anno 1878. Le notizie inerenti questofurto le troviamo in una cronaca del-l’arciprete del tempo Papàs LorenzoCavadi: «A due giugno 1878 un empioscellerato nella Matrice di S. Nicolòrubò la sacra pisside e la corona d’ar-gento della Madonna di tutte le Grazie,che si trovava nella Matrice»10. La pis-side trafugata, come cita il documento,potrebbe identificarsi con questa chesi conserva nella chiesa di Santa Mariadi tutte le Grazie, ma non ne abbiamofinora riscontro documentario.Le icone trovano analogia anche con al-tre opere presenti nelle varie chiese dirito greco-bizantino; a tal proposito, ri-cordiamo i sei medaglioni a fresco dellachiesa di Santa Maria di tutte le Grazie,opere di Olivio e Francesco Sozzi, datate

1752, raffiguranti i Santi Padri Greci:Epifanio, Nicola il Taumaturgo, Gio-vanni Crisostomo, Atanasio e Gregoriodi Nazianzio11. Questi sono vestiti conparati sacri che trovano affinità conquelli custoditi nelle chiese di rito greco-bizantino: ricordiamo a titolo esempli-ficativo la mitria conservata nella ma-trice di San Nicolò di Mira (Fig. 2). L’opera, di gusto neoclassico, è ricca-mente decorata con filo d’oro e pre-senta decorazioni di girali vegetali sti-lizzati campiti al loro interno da fioriche a loro volta affiancano la figura diun cherubino alato; vetri colorati, pail-lettes e sferette in argento arricchisconoil manufatto creando un forte effettoluminoso. Il modulo decorativo viene ripetuto sututti e quattro gli spicchi, quest’ultimiseparati da cordonetti dorati; l’insegnaè cimata da un globo in argento sor-montato da una croce a fusione. Comeci rivelano i documenti, la mitria ap-partenne a Mons. Giuseppe Masi, chefu vescovo ordnante per gli italo-alba-nesi di Sicilia dal 1878 al 1903. Verosi-milmente, essa fu realizzata a Roma,come induce a ritenere la targhetta posta

all’interno della custodia in cui c’èscritto: «G. Romanini/ Parati sacri e ri-cami/ Via Torre Millina 26 Roma», edè cronologicamente da assegnare aglianni del vescovato del suddetto pre-sule12.Concludiamo questo breve contributorivelando che a Mezzojuso si conservaun patrimonio d’arte sia figurativa chedecorativa in parte ancora da studiare;se oggi molte opere sono edite è grazieagli studi di Maria Concetta Di Natalee della sua scuola, che ha prodotto nel1990 la mostra Arte Sacra a Mezzojusoe il relativo catalogo, pietra miliare perla conoscenza del patrimonio custoditonelle chiese del centro.

NOTE

1 Per un approfondimento sul dibattito checontraddistinse la cultura artistica del XIXsecolo in Sicilia, si veda S. La Barbera, Lacritica d’arte a Palermo nell’Ottocento: al-cuni aspetti del dibattito sulle Belle Arti, inS. La Barbera (a cura di), La critica d’artein Sicilia nell’Ottocento, Palermo 2003, pp.9-29.2 Cfr. M. C. Di Natale, Gioacchino di Marzoe le Arti decorative in Sicilia, in S. La Bar-bera (a cura di), Gioacchino Di Marzo e laCritica d’Arte nell’Ottocento in Italia, Attidel Convegno, Palermo 2003, pp. 157-167;M. C. Di Natale, Momenti di riflessionesull’oreficeria siciliana, in S. Barraja, Imarchi degli argentieri e orafi di Palermodal XVII secolo ad oggi. Saggio introduttivodi M. C. Di Natale, Milano 2010, pp. 9-12.3 Cfr. M. C. Di Natale, Momenti di rifles-sione sull’oreficeria siciliana, in S. Barraja,I marchi..., 2010, p. 10.4 Cfr. G. Di Marzo, I Gagini e la sculturain Sicilia nei secoli XV e XVI, Palermo1880-83, voll. 2, I (1880), p. 600. 5 Cfr. M. C. Di Natale, Maria Accascinastorica dell’arte: il metodo, i risultati, inM. C. Di Natale (a cura di), in Storia, criticatutela dell’arte nel Novecento. Un’espe-rienza siciliana a confronto con il dibattitonazionale. Atti del Convegno Internazionale

Fig. 1 a-b-c - Argentiere palermitano, 1717-1718, Pisside, viste laterali con Santi Basilio il Grande, Gregorio Nazianzeno e GiovanniCrisostomo, Mezzojuso, S. Maria di tutte le Grazie.

Fig. 2 - Manifattura romana, fine del XIXsec., Mitria, Mezzojuso, San Nicolò diMira.

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di Studi in onore di Maria Accascina, Pa-lermo 2007, p. 32.6 M. Accascina, Oreficeria di Sicilia dal XIIal XIX secolo, Palermo 1974, p. 414.7 Cfr. M. C. Di Natale, Oreficeria a Mezzo-juso, in M. C. Di Natale (a cura di), Artesacra a Mezzojuso, catalogo della mostra,Palermo 1991, pp. 141-142.8 Le suppellettili liturgiche di Mezzojusopresentano quasi tutte il marchio di Palermocon l’aquila a volo alto – prima del 1715invece il punzone si presentava con l’aquilacon le ali abbassate - e la scritta RVP, RegiaUrbis Panormi, seguita dalle iniziali delconsole con le ultime due cifre dell’anno eda quelle dell’argentiere. L’identificazionedei marchi nelle opere di argenteria ci per-mette la giusta datazione dell’opera, l’in-dividuazione del luogo di realizzazione,l’argentiere e la certezza della lega dellamateria preziosa. La prima a studiare i mar-chi siciliani in maniera specialistica è stataMaria Accascina, la quale nel 1976 pubblicail volume I marchi delle Argenterie e Ore-ficerie Siciliane. A partire dagli anni Ottantadel XX secolo Silvano Barraja indaga sullaMaestranza degli orafi e argentieri di Pa-lermo dando un notevole contributo a quellaricerca già iniziata dall’Accascina. Si ri-manda a S. Barraja, La maestranza degli

orafi e argentieri di Palermo, in M. C. DiNatale (a cura di) Ori e argenti di Sicilia,Milano 1989, pp. 364-377; Cfr. S. Barraja,I marchi…, 2010, p. 72. In ultimo, le vocidedicate in M. C. Di Natale (a cura di), ArtiDecorative in Sicilia. Dizionario biogra-fico, Palermo 2014, 2 voll.9 Cfr. S. Anselmo, Le suppellettili liturgiche,scheda n. 25, in M. C. Di Natale (a cura di)Tracce d’Oriente. La tradizione liturgicagreco-albanese e quella latina in Sicilia,2007, p. 196; A. M. Campo, Suppellettililiturgiche, scheda n. 20, in M. C. Di Natale(a cura di), Arte sacra…, 1991, p. 168.10 Archivio Parrocchiale di S. Nicolò diMira, Mezzojuso, Registro Matrimoni1839-1878, p. 258.11 S. Cuccia, Gli affreschi di Olivio Sozzi,in «Sicilia», n. 51, 1966; M. Guttilla, Temie modelli della pittura siciliana nel Sette-cento. Gli esempi di Mezzojuso, in M. C.Di Natale (a cura di), Arte sacra…, pp. 85-86 e scheda 6, p. 95.12 Cfr. M. Vitella, scheda n. 16, in M. C. DiNatale (a cura di), Tracce d’Oriente…,2007, p. 214. A. M. Campo, Suppellettililiturgiche..., scheda n. 4, in M. C. Di Natale(a cura di), Arte sacra…, 1991, p. 176.

Stefania Bua

OrganizzazioneComunità Ellenica Siciliana

“Trinacria”

Ideazione Francesco Piazza e

Vassilis Karampatsas

Mostra e Catalogo a cura diFrancesco Piazza

(Arte Contemporanea)Giovanni Travagliato

(Icone Storiche)

Coordinamento Tecnico Amministrativo

Vassilis Karampatsas

Logistica, Conservazione e Restauri

Ciro Muscarello

Comunicazione Istituzionalee Ufficio StampaAlberto Samonà

Comunicazione Diocesi di Monreale

Antonio Mirto

Visual ConceptMarco Spataro e

Roberta Pellegrino / Visualya

Design catalogoGianni Schillizzi

Alcuni momenti dell’inaugurazione

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IL MASTRO DI CAMPOdei piccoli

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Il Martedì grasso a Mezzojuso è ilgiorno del carnevale dei bambini: il

Mastro di Campo dei piccoli. In tardamattinata tutto comincia con la conse-gna della maschera al piccolo Mastrodi Campo, quest’anno magistralmenteinterpretato da Riccardo La Gattuta. Illungo corteo con tanto di Foforio,banda e popolo assiste e partecipa, allacerimonia di investitura, con manifestocalore ed affetto. Da questo momentoalla entrata in scena passa davveropoco: alle 14 circa tutte le mascheresono pronte, palpitanti ed emozionate;alle 14 e trenta, da più parti della piazzacominciano ad arrivare e da lì, final-mente, tutto si trasforma: genitori, pa-renti, amici e non solo, le accolgonouniti in un lungo applauso. L’età deipartecipanti va dai sei ai dodici anni,ma la loro performance li supera digran lunga: precisi, dagli abiti curatis-simi, composti, con un portamento no-bile, attentissimi ai suggerimenti deiragazzi dell’Associazione Agape cheormai da diversi anni cura l’intera ma-nifestazione. Per circa due ore la follasorridente ed immobile di spettatori(come in un quadro del Figlia) nonsmette di elencare con piacere sia i pregidi quei piccoli attori sia la bellezza dellanaturalezza con cui tutto si svolge equell’atmosfera “raccolta” che si creatanto da far definire proprio quello inatto “il Mastro di Campo dei mezzoju-sari” marcando quella sfaccettatura delconcetto di appartenenza come si fa aduna cerimonia tra parenti stretti.

Concetta Lala

L’età dei partecipanti va dai sei ai dodici anni, ma la loro performance li supera di granlunga: precisi, dagli abiti curatissimi, composti, con un portamento nobile.

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Matrimoni celebrati nel 2018

DEGUARDI ANDREA e D’ORSA ANTONINAMEZZOJUSO, CHIESA MARIA SS. ANNUNZIATA

07/04/2018

PASSANTINO VITO e BRANCATO FRANCESCAMEZZOJUSO, CHIESA MARIA SS. ANNUNZIATA

15/05/2018

DI MARCO GIUSEPPE e GUCCIONE GIOVANNAMEZZOJUSO, CHIESA MARIA SS. ANNUNZIATA

29/06/2018

BIVONA DAVIDE e ARATO ILENIAMEZZOJUSO, CHIESA DEL SS. CROCIFISSO

05/07/2018

PERNICIARO SALVATORE e GIORDANO MARIANGELALERCARA FRIDDI, PARROCCHIA MARIA SS. DELLA NEVE,

28/07/2018

CALÌ EMILIO e PALAGONIA DANIELAMEZZOJUSO, CHIESA MARIA SS. ANNUNZIATA

01/09/2018

MALLIA BIAGIO e NAPOLI GIUSEPPINAMEZZOJUSO, CHIESA MARIA SS. ANNUNZIATA

03/10/2018

LIPARI MARCO e RADULESCU IRINACAMPOREALE, CHIESA S. ANTONIO DA PADOVA

25/07/2018

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di Cesare Di Grigoli

Oltre 80 tra i più bravipasticceri provenienti

da tutta Italia si sono sfi-dati dal 24 al 27 febbraio

presso la Fiera del Tirreno CT di Ma-rina di Carrara. L’evento, “I Miglioridolci Italiani 2019”, è stato indettodalla Federazione Internazionale Pa-sticceria, Gelateria e Cioccolateria(FIPGC). Quattro giorni all’insegnadella dolcezza e dell’arte della pastic-ceria durante i quali i concorrenti hannodato il meglio di sé cimentandosi inquattro diverse specialità: realizzare laMiglior Pralina, la Miglior Colomba,il Miglior Gelato al cucchiaio e la Mi-glior Monoporzione. Nessun tema pro-posto, nessuna linea guida, solo la crea-tività, l’estro e l’abilità di maestripasticceri. Alla fine del concorsol’unico siciliano a salire sul podio nellacategoria gelati, conquistando la me-daglia d’argento, è stato il nostro pastrychef Giuseppe Zito con un gelato arti-gianale chiamato “Amaretto Florioclean label” rigorosamente preparatosenza l’uso di prelavorati e coloranti.Definire oggi un gelato come “arti-gianale” - spiega Giuseppe - non èsemplice, a causa dell’aumento, nellegelaterie, di prodotti semilavorati e in-

dustriali che facilitando la produzionee standardizzando i gusti hanno cau-sato la perdita dell’unicità che con-traddistingueva ogni singola gelateria.Un gelato è artigianale quando, attra-verso una accurata selezione di materieprime sane e genuine, in particolarmodo latte, panna e frutta fresca, si ot-tiene un prodotto unico e di elevataqualità. Oggi sono arrivato a produrreun gelato totalmente artigianale, at-

traverso la conoscenza degli alimenti,lo studio del bilanciamento, struttura,difetti e processi schematici e trent’annid’esperienza nel settore. Inosmma«Crederci sempre, arrendersi mai»: èquesto il motto di Giuseppe reduce diquesto importante traguardo appenaraggiunto. Gli ingredienti del suo suc-cesso in questa nobile arte ricolma didolcezza? Cuore, amore, passione, maanche tanta dedizione e spirito di sac-rificio. Giuseppe sin da piccolo è cresciuto nellaboratorio della mamma Gesualda chegli ha trasmesso la passione per la pa-sticceria; nel tempo ha affinato la ca-pacità di coniugare le tradizione conl’evoluzione. Ha conseguito alcuni ma-ster di formazione e a ventisette anniha preso le redini della pasticceria difamiglia. Nell’ambito dell’evento “Pa-stry Magazine Exhibit” organizzatodalla rivista Pastry magazine a Mono-poli il 15 e 16 ottobre 2018, sono statidecretati i nomi delle nuove EquipeEccellenze Italiane Pasticceria Gela-teria Cioccolateria, professionisti chesi sono distinti nell’arte dolciaria e nellamaestria e tra questi figura anche ilnome di Giuseppe. A nome di tutta laredazione rivolgiamo a Giuseppe i piùsinceri auguri e un grande in bocca allupo per il prosieguo della sua carriera.

Crederci, sempre.Giuseppe Zito conquista la medaglia d’argento al Concorso nazionale “Migliori dolci d’Italia 2019”

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RIPOSANO NEL SIGNORE

BELLONE ANTONINA09/07/1926 - 08/10/2018

LALA ANTONINO05/03/1963 - 19/11/2018

SANFILIPPO GIOVANNA26/12/1943 - 03/12/2018

DI GIOVANNI ANTONINA26/08/1931 - 05/12/2018

SCHILLIZZI PIETRO02/12/1936 - 09/12/2018

RIZZO SALVATORE 13/08/1938 - 02/01/2019

CUCCIA RAFFAELE12/06/1936 - 23/01/2019

SILECI FRANCESCA12/07/1971 - 31/01/2019

SPATA NICOLÒ26/02/1933 - 03/02/2019

MONTANA ANTONINO24/11/1954 - 05/02/2019

NAPOLI PIETRO02/07/1947 - 23/02/2019

LA GATTUTA SANTA30/03/1935 - 27/02/2019

VISOCARO DOMENICO16/10/1942 - 10/03/2019

OFFERTE RICEVUTEI NUOVI ARRIVATI

SOFIA CARBÈdi Giuseppe e Serafina La Gattuta

NILDE LA BARBERAdi Vincenzo e Francesca Tibaudo

NICOLÒ BURRIESCI di Salvatore e Caterina Dottorato

ISMAELE CONTESSA di Ciro e Ester Schillizzi

MARIAROSA TAVOLACCIdi Francesco e Rosetta Scimeca

CONSTANCE MORELLOdi Tommaso e Giuseppina Di Marco

De Lisi Antonietta Di Fede, PA € 50.00Di Grigoli Anna, Chieri TO € 50.00Bisulca Mattia, Mezzojuso € 20,00Schillaci Antonio, Palermo € 20.00Ignazio Treppiedi, USA $ 60.00Mollye R. Blackburn, USA $ 100.00Tommaso Achille, USA $ 100.00Vitale Fortunato Villafrati € 20.00Governale Rosaria, Villabate € 20.00Bua Francesco, Palermo € 20.00Gambino Gioacchino, Vercelli € 30.00Napoli Francesco, S. Flavia PA € 20.00Ingrassia V./La Barbera F., Altofonte € 50.00Carcello Giuseppe, Castellanza € 30.00Perniciaro Caterina, Castellanza € 25.00Raviotta Calogero, Garbagnate M. € 20.00La Gattuta Franco, Palermo € 20.00Morales Assunta, Palermo € 10.00La Barbera Paola, Palermo € 20.00Cuttitta Maria, Palermo € 50.00Di Noto Irene, Palermo € 30.00Lo Monte Nicolò, Bolzano € 60.00Lanterna Giuseppe, Asti € 20.00Tantillo Tommaso, Palermo € 30.00Cilluffo Vincenzo, Contessa E. € 20.00Russo Nicolina, Castelforte LT € 20.00Santi Mario Gebbia, Palermo € 50.00Raimondi Maria, Palermo € 30.00Lisciandrello Mario, Pinerolo € 50.00Blanda Nunzia, Verbania Intra € 20.00Perniciaro Gaetano, Bivona € 50.00Dioguardi Giuseppe, Palermo € 50.00Muscarello Salvatore, Brescello € 20.00D’orsa Andrea, Palermo € 50.00Rosini Nicolò, Mezzojuso € 30.00La Barbera Paola-Barcia, Palermo € 30.00Lo Monte Antonina, Palermo € 20.00Catellano Marchianò Angela € 10.00(San Demetrio Corone) Spata Ignazio, Torino € 50.00Como Nicolò € 50.00(San Vito al Tagliamento)Ribaudo Giuseppe, Villafrati € 20.00Bonanno Ina Tumminia, Palermo € 25.00Di Chiara Pietro, Bolzano € 10.00D’Orsa Nicolò, Palermo € 25.00Albanese Filippo, Palermo € 50.00Gebbia Pina, Palermo € 30.00Russotto Salvatore, Mezzojuso € 50.00Russotto Maria Stella, Mezzojuso € 50.00Zambito Pietro, Bari € 40.00Como Santa, Palermo € 25.00Marie Gabrielle de Miceli, Francia € 200,00

Il 19 Marzo 2019 presso la Facoltà diMedicina e Chirurgia dell’Università diPalermo, Fabiola D’Orsa ha conseguitola Laurea in Medicina e Chirurgiadiscutendo la Tesi dal titolo: “Protesiinversa di spalla”. Relatore è stato ilProf. Antonino Sanfilippo, correlatoreil Prof. Michele D’Arienzo.Alla neolaureata i migliori auguri dellaredazione.

LAUREA

LETTERE RICEVUTE

Cari amici di Eco della Brigna, i miei migliori auguri per questonuovo anno! Che vi sia dolce e pro-duttivo tanto quanto questi ultimi anniin cui ho avuto il piacere di tentare dileggere e di comprendere i testi!La vostra rivista è magnifica e vi rin-grazio per l’articolo su Argentat!E’ di vero cuore che vi dico “grazie”!Tutti i miei complimenti per la vostrarivista.Con amicizia,

Marie Gabrielle de Miceli

x5milleSOSTIENI la

FONDAZIONESAN

DEMETRIOONLUS

donando il 5 x mille

dell’IRPEFcodice fiscale della Fondazione:

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BREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBDicembre 2018

Domenica 2In mattinata presso la casa di San Giu-seppe inizia la preparazione dei pa-nuzza di San Nicola.

Mercoledì 5 Alle 18.00 presso la parrocchia di ritogreco Solenne Ufficiatura del Vespro ebenedizione dei panuzza di San Nicola.

Giovedì 6Festa di San Nicola. Alle ore 11.00 So-lenne Divina Liturgia celebrata da pa-pàs Giorgio R. Caruso. A seguire ven-gono distribuiti i panini di San Nicolapreparati dai fedeli della comunità par-rocchiale.

Venerdì 7Alle ore 18.00 presso la parrocchia Ma-ria SS. Annunziata si svolge la festa diadesione dei soci di Azione Cattolica.

Sabato 8Solennità dell’Immacolata Concezione.Alle ore 04.30 si svolge per le vie delpaese la tradizionale “sveglia dell’Im-macolata” curata dalla Confraternita diS. Francesco.

Domenica 23Alle ore 16.00 presso il salone dellesuore basiliane i bambini del Catechi-smo si esibiscono in uno spettacolo na-talizio.

Lunedì 24Nel pomeriggio, presso l’oratorio Pa-dre Pino Puglisi, viene inaugurato ilpresepe vivente realizzato e interpretatodai bambini del catechismo di entrambele parrocchie e dai ragazzi di AzioneCattolica.Alle 23.30 viene celebrata nelle dueparrocchie la tradizionale solenne ve-glia natalizia. A seguire l’inaugurazionedel presepe allestito all’aperto davantial Castello dai ragazzi della ConsultaGiovanile in collaborazione con i socidell’Associazione Culturale Agorà.

Giovedì 27Si svolge la VII edizione del concorsodei presepi intitolato con Francescodavanti il mio presepe, anche que-st’anno organizzato dalla ParrocchiaMaria SS. Annunziata in collabora-zione con la Confraternita di San Fran-

cesco d’Assisi. Alle 17.00 al Castello “Supertombo-lata” organizzata dai ragazzi della Con-sulta Giovanile.

Venerdì 28Alle 18.00 viene proiettato all’internodel castello il film “A Christmas Ca-rol”, a cura della Consulta Giovanile edell’Associazione Agorà.

Lunedì 31Alle 16.00 presso il castello comunaleha luogo la cerimonia di giuramentodel nuovo Assessore alla PubblicaIstruzione e Cultura, Generale dei Ca-rabinieri in pensione Nicolò SergioGebbia, che prende il posto della sig.raGiovanna Burriesci nominata Presi-dente del Consiglio Comunale a seguitodelle dimissioni del suo predecessoreDott. Giovanni Tantillo.

Gennaio 2019

Mercoledì 2Alle 18.00 proiezione al castello del film“Heidi”, a cura della Consulta Giovanilee dell’Associazione Culturale Agorà.

Domenica 6Alle ore 12.00 si svolge nella chiesa diSan Nicolò di Mira, a causa della piog-gia, il rito dell’Aghiasmòs ovvero laGrande Benedizione delle Acque conil tradizionale Volo della Colomba.

Giovedì 17Festa di Sant’Antonio Abate. Nel po-meriggio papàs Rosario G. Carusocome tradizione impartisce la benedi-zione agli animali portati in piazza perl’occasione.

Mercoledì 23Sposalizio di San Giuseppe. Alle ore18.00 nella chiesa dell’Annunziata sisvolge la Solenne Celebrazione Eucari-stica officiata da don Giorgio Ilardi du-rante la quale viene impartita la benedi-zione a ciascuna coppia di sposi dellaComunità che nel corso del 2019 fe-steggerà l’anniversario di matrimonio.

Domenica 27In occasione della ricorrenza della“Giornata della Memoria” nel pome-riggio ha luogo un incontro nel salonedel Collegio di Maria organizzato

dall’Associazione Culturale Prospet-tive. Titolo dell’iniziativa: “Non mar-tiri, non infami, non santi.” I percorsidi Primo Levi. Interviene Valeria Lo-pes.

Febbraio 2019

Domenica 3Festa di S. Biagio Vescovo. Alle ore18.00, nella chiesa Maria SS. Annun-ziata don Giorgio celebra la S. Messa.Durante la Liturgia si svolge il rito dellabenedizione della gola di tutti i fedelipresenti e la distribuzione dei tradizio-nali “cuddureddi ri San Brasi”.

Lunedì 11XXVII Giornata Mondiale del Malato.Alle 17.30 presso la chiesa del SS.Crocifisso papàs Caruso celebra la Di-vina Liturgia. A seguire il rito dellabenedizione della gola e preghiere peri malati.In occasione dell’Anniversario dell’ap-parizione della B.V. Maria di Lourdes,don Giorgio Ilardi celebra alle 17.30,presso il Santuario della Madonna deiMiracoli la S. Messa. Subito dopo sisvolge una breve processione intornoal Santuario con il simulacro della Ma-donna di Lourdes.

Marzo 2019

Sabato 2Alle 16.00 all’interno dell’oratorio Pa-dre Pino Puglisi festa di Carnevale peri bambini organizzata dai catechisti dientrambe le parrocchie.Alle 17.00 presso la sala del Castellosi svolge la presentazione animatadell’album illustrato “L’artista distrada” dedicato a Pietro Ulmo. Pre-senti all’iniziativa oltre al Sindaco e alPresidente della Pro Loco, Sara Favarò,che racconta le storie da lei scritte eGioacchino Turdo che le interpreta congiochi e fantasia.

Mercoledì 13I componenti dalla Confraternita di SanGiuseppe e numerosi fedeli della co-munità parrocchiale iniziano in matti-nata la preparazione dei panuzza.

Lunedì 18Alle ore 18.00, nella chiesa Maria SS.

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IBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVI

23e

Annunziata, vengono celebrati i VespriSolenni in onore di San Giuseppe. Alle19.00, in ricordo del Glorioso Transitodel Santo Patriarca, risuonano in piazzae in tutto il paese i tradizionali Tocchi.Finita la Celebrazione don GiorgioIlardi, seguito dalla banda musicale eda numerosi fedeli, si reca nel Salonedel Collegio di Maria per procederealla benedizione dei panuzza.

Martedì 19Festa di San Giuseppe. Alle 03.30 hainizio, con partenza dal sagrato dellachiesa parrocchiale Maria SS. Annun-ziata, la Sveglia per le vie del paese.Nel corso della mattinata i componentidel Comitato distribuiscono porta aporta alle famiglie i tradizionali pa-nuzza. Alle ore 11.30 don Giorgio ce-lebra la S. Messa Solenne. A seguireprocede alla Benedizione della mine-stra che viene distribuita subito dopoai numerosi fedeli presenti in piazza.

Venerdì 22 FebbraioIn mattinata, presso la scuola dell’in-fanzia “I. Gattuso” alla presenza delleAutorità Civili e Militari di Mezzojuso,del Dirigente scolastico Dott.ssa ElisaInglima e del fratello Andrea Tantillo,si svolge la cerimonia inaugurale dellanuova aula di Educazione motoria in-titolata all’insegnante Graziella Tan-tillo, scomparsa prematuramente peruna malattia lo scorso anno. L’aula èstata realizzata grazie alla collabora-zione tra scuola e progetto di ServizioCivile (Daniela Melagranato, Silvia LaGattuta e Doriana La Gattuta), messoa disposizione dal Comune di Mezzo-juso. Hanno contribuito ai lavori anchele famiglie che in occasione dell’ini-ziativa “Un fiore che non perisce”hanno versato quote (364,10 euro) perrealizzare l’aula. Alla giornata comme-morativa hanno partecipato, oltre ai fa-miliari, personale e alunni dell’IstitutoComprensivo “Villafrati - Mezzojuso”.

Il 19 novembre 2018, all’età di 55anni, dopo una breve malattia, è tor-nato alla casa del Padre AntoninoLala. Di lui si ricorda il grande at-taccamento alla Vergine SS. dei Mi-racoli ed all’annesso Santuario. Pertanti anni è stato uno dei protagonistidella Confraternita. Si è sempre di-stinto per il suo amore per la fami-glia, per il lavoro e per la sua gene-rosità verso tutti. La Vergine SS.ma dei Miracoli,come madre amorosa ed avvocata,accompagni Nino dinanzi al SignoreGesù, buono e misericordioso, perricevere il premio preparato per igiusti fin dall’eternità.

Ciao Nino!

R I P O S A N E L S I G N O R E

Unʼaula per Graziella

Page 24: Numero 125-126 Dicembre 2018 - Marzo 2019 ECO n. 125-126.pdfIn questi giorni ho finito di leggere un bel libro dal titolo Insepa-rabili, ... Muore il giorno dell’Epifania un santo

eDirettore Responsabile: Vincenzo Cosentino - Condirettore: Carlo ParisiRedazione: Doriana Bua, Cesare Di Grigoli, Danilo Figlia, Concetta Lala, Lillo PennacchioIndirizzo: Piazza Umberto I, 22 - Mezzojuso (PA) - Tel e fax 091 8203461 - [email protected] - IBAN: IT53 Z061 7543 0910 0000 0253 480Grafica ed impaginazione: Gianni Schillizzi - Web designer: Enzo Di Grigoli - Stampa: I.S.P.E. soc. coop.

ECOBRIGNA

della

In copertina:Il Mastro di Campo

(foto di Danilo Figlia)

ECO DELLA BRIGNA - PERIODICO BIMESTRALE - MEZZOJUSONuova Serie, Registrato presso il Tribunale di Palermo al n. 33 del 15.10.97

Festa di San Giuseppe 2019Foto di S. Bisulca