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Via G. Paisiello, 43 00198 Roma Tel. 06/855631 Numero 1°/2016 La tutela dell’evento malattia in ambito INPS: aspetti medico-legali ASPETTI RELATIVI AL DIRITTO Evento tutelato Per malattia 1 si deve intendere una alterazione dello stato di salute che determina una incapacità lavorativa non coperta da altra forma assicurativa (TBC, infortunio, malattia professionale) 23 caratterizzata per essere: - assoluta: cioè deve rendere impossibile lo svolgimento della attività lavorativa; - temporanea: cioè deve avere una durata limitata nel tempo; - specifica: cioè rapportata alla specifica mansione del lavoratore. L’elemento principale di tale incapacità lavorativa è quello che essa deve essere valutata in relazione al tipo di prestazione a cui il lavoratore è contrattualmente adibito. Questo vuol significare che la stessa malattia può incidere in maniera diversa sulla capacità lavorativa del lavoratore a seconda della concreta attività svolta e dell’ambiente di lavoro determinando prognosi anche molto diverse a parità di patologia. Anche l’Istituto Assicuratore si esprime in tal senso quando nel fornire indicazioni per le visite di controllo 4 ricorda che: “l’incapacità lavorativa e la durata della prognosi non dipendono soltanto dalla natura e dallo stadio della forma morbosa, ma sono correlate al tipo ed all’ambiente di lavoro, con riferimento anche alla gravosità ed all’eventuale pericolosità del lavoro stesso”. 1 Nel nostro ordinamento giuridico non emerge un concetto unitario che definisca l’evento malattia. Le disposizioni normative fanno riferimento all’art.32 della Costituzione e all’art. 2110 del Codice Civile che disciplina le assenze per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio in relazione al diritto alla retribuzione ed alla conservazione del posto di lavoro. 2 Nel concetto di malattia devono, dunque, venire ricompresi anche gli infortuni extralavorativi. 3 Cassazione n° 5634/1988: “l’impossibilità della prestazione lavorativa riferibile alla persona del lavoratore ma a lui non imputabile, legata mediante un nesso di causalità mediato ed indiretto ad uno stato patologico che richiede per effettive esigenze curative o riabilitative la sottoposizione a cure”. 4 Circolare INPS n° 410 del 9 maggio 1987.

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Numero 1°/2016La tutela dell’evento malattia in ambito INPS: aspetti medico-legali

ASPETTI RELATIVI AL DIRITTO

Evento tutelatoPer malattia1 si deve intendere una alterazione dello stato di salute che determina una

incapacità lavorativa non coperta da altra forma assicurativa (TBC, infortunio, malattia

professionale)2 3caratterizzata per essere:

- assoluta: cioè deve rendere impossibile lo svolgimento della attività lavorativa;

- temporanea: cioè deve avere una durata limitata nel tempo;

- specifica: cioè rapportata alla specifica mansione del lavoratore.

L’elemento principale di tale incapacità lavorativa è quello che essa deve essere valutata

in relazione al tipo di prestazione a cui il lavoratore è contrattualmente adibito. Questo

vuol significare che la stessa malattia può incidere in maniera diversa sulla capacità

lavorativa del lavoratore a seconda della concreta attività svolta e dell’ambiente di lavoro

determinando prognosi anche molto diverse a parità di patologia.

Anche l’Istituto Assicuratore si esprime in tal senso quando nel fornire indicazioni per le

visite di controllo4 ricorda che: “l’incapacità lavorativa e la durata della prognosi non

dipendono soltanto dalla natura e dallo stadio della forma morbosa, ma sono correlate al

tipo ed all’ambiente di lavoro, con riferimento anche alla gravosità ed all’eventuale

pericolosità del lavoro stesso”.

1Nel nostro ordinamento giuridico non emerge un concetto unitario che definisca l’evento malattia. Le

disposizioni normative fanno riferimento all’art.32 della Costituzione e all’art. 2110 del Codice Civile chedisciplina le assenze per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio in relazione al diritto alla retribuzioneed alla conservazione del posto di lavoro.2

Nel concetto di malattia devono, dunque, venire ricompresi anche gli infortuni extralavorativi.3 Cassazione n° 5634/1988: “l’impossibilità della prestazione lavorativa riferibile alla persona del lavoratorema a lui non imputabile, legata mediante un nesso di causalità mediato ed indiretto ad uno stato patologicoche richiede per effettive esigenze curative o riabilitative la sottoposizione a cure”.4 Circolare INPS n° 410 del 9 maggio 1987.

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Ultima caratteristica è quella che la malattia deve essere acuta o riacutizzata. Quando la

malattia si cronicizza superata la fase acuta, determina non più una incapacità temporanea

al lavoro ma eventualmente una invalidità permanente5.

Il fatto di essere una incapacità non assoluta fa si che il lavoratore che intende dedicarsi ad

altra attività lavorativa, come avremo modo di approfondire successivamente, nel corso

della malattia abbia l’obbligo di rendersi comunque disponibile, offrendo al datore di

lavoro una prestazione ridotta, compatibile con il proprio stato di salute (vedi Cassazione

29 luglio 1998, n° 7467).

Rientrano nel concetto di malattia anche situazioni non direttamente ricollegabili

all’alterazioni psico-fisica del lavoratore, come la necessità di particolari terapie o i

periodi di convalescenza.

Con messaggio del 3 marzo 2005 l’INPS ha chiarito che il diritto all’indennità di malattia

vige in caso di ricovero in ambiente ospedaliero, in tale fattispecie se il ricovero avviene

per una malattia si realizzerà “incapacità ed impossibilità lavorativa” mentre se avviene

solo per accertamenti medici, si realizza la sola impossibilità lavorativa.

Come si vede la malattia tutelabile ricomprende ogni fase del processo morboso dalla

manifestazione iniziale dell’evento alla cura dello stesso.

La malattia si differenzia anche dalla inidoneità che ha carattere permanente o, quanto

meno, durata indeterminata o indeterminabile e non implica necessariamente

l’impossibilità totale della prestazione. La inidoneità consente la risoluzione del rapporto

di lavoro (ex art. 5 Legge 300) indipendentemente dal superamento del periodo di

comporto (vedi Cassazione Civile n° 1404 del 31-01-2012), mentre di per se la malattia

non costituisce un grave impedimento contrattuale.

La malattia in ambito previdenziale si identifica, dunque, con una fattispecie diversa da

quella tutelata in ambito di assistenza sanitaria, infatti dopo la legge 883 del 1978 ogni

infermità è tutelabile a livello di assistenza sanitaria mentre nell’ambito della tutela del

5 Ad esempio stati di ipertensione arteriosa, diabete mellito possono comportare l’astensione dal lavoro soloin circostante di scompenso così come pure le patologie cronicizzate (come artrosi, bronchite ecc.) se nonsono in evidente fase di riacutizzazione non determinano lo stato di malattia

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rapporto di lavoro è rilevante solo la malattia che determina l’inidoneità al lavoro

subordinato.

La malattia va intesa anche come impedimento alle ferie nel senso di una incompatibilità

con il ristori ed il reintegro delle energie psico-fisiche.

La Corte Costituzionale con la sentenza n° 616 del 1987 ha stabilito che la malattia insorta

durante le ferie ne interrompe il decorso quando detta malattia impedisce il recupero delle

energie psico-fisiche, il soddisfacimento delle esigenze ricreativo-culturali e la

partecipazione più incisiva alla vita sociale e familiare6.

Nel novero della malattia rientrano anche i portatori di agenti patogeni. La Cassazione con

sentenza dell’ottobre 1987 ha, infatti, stabilito che anche “i lavoratori allontanati

dall’azienda perché considerati possibili portatori sani di germi infettivi e virus, hanno

diritto all’indennità di malattia per tutto il tempo in cui si protrae l’allontanamento. In

questa fattispecie può rientrare anche il familiare del portatore sano per il periodo

necessario ad escludere la sua contagiosità (in questo senso Circolare INPS n. 134381

AGO/246 del 04/12/81).

Qui occorre avere chiara la differenza fra portatore sano ed impregnato per cui valgono le

tutele previste dalle normative in tema di salute e sicurezza e quelle previdenziali INAIL.

Infine appare utile ricordare che esistono altre nozioni di malattia quali ad esempio la

nozione di malattia del bambino avente portata ampia e comunque tale da ricomprendere

non soltanto la fase acuta di alterazione patologica in atto, ma anche quella della

convalescenza in cui il bambino, dopo il superamento dei sintomi acuti, deve ancora

recuperare le propri normali condizioni biopsichiche e quindi la necessità dell’assistenza

materna o genitoriale per prevenire ricadute ed assicurare il completo ristabilimento fisico

e psichico ( vedi Cassazione n° 1293 del 6 febbraio 1998).

Nozione di malattia: casi equiparati

Sono accomunate alla malattie le situazioni quali:

6 Il lavoratore è tenuto a comunicare lo stato di malattia all’INPS ed al datore di lavoro. E’ data facoltà aldatore di lavoro che intende verificare l’effettiva incompatibilità della malattia del lavoratore con le ferie dichiedere il controllo da parte dell’INPS specificando che si tratta di lavoratore ammalatosi durante le ferie.

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1) Dimissioni Protette Ospedaliere : i periodi intermedi non sono equiparabili al ricovero

in quanto specifica l’INPS (Circolare 136 del 2003) la condizione di degenza non è in

assoluta conclusa ma viene temporaneamente sospesa. Si tratta di periodi durante i quali il

soggetto si reca presso la struttura di ricovero solo nelle giornate programmate per

effettuare indagini clinico-strumentali e dunque vengono indennizzati solo i giorni

effettivamente trascorsi in regime di ricovero. Occorre allora che per ottenere la copertura

dei periodi intermedi il lavoratore presenti all’INPS una certificazione della struttura

ospedaliera o del curante che attesti la temporanea incapacità al lavoro a causa della

malattia da cui il lavoratore è affetto.

Se al periodo di dimissioni protette va seguito il ricovero, detto ricovero deve essere

indennizzato come ricaduta.

2) Ricovero in Day Hospuital: le giornate in cui si effettua la prestazione in regime di

DH sono equiparate al ricovero per cui a prescindere dalla durata della presenza nel luogo

di cura, l’incapacità al lavoro viene riconosciuta anche se limitatamente al solo giorno di

effettuazione

Sulla stesso certificato, da inviare entro 2 giorni dal rilascio ai previsti destinatari, il

lavoratore deve, inoltre, indicare i propri dati, quelli dell’azienda presso il quale è

occupato , la residenza abituale o l’ eventuale diverso recapito per permettere l’esecuzione

dei controlli fiscali. 7

Per evitare problemi di privacy sarebbe utile che i sanitari stilassero un secondo attestato

privo di diagnosi da presentare al datore di lavoro o altra possibilità è che il lavoratore

presenti una fotocopia del certificato censurata per quanto riguarda la diagnosi.

3) Ricovero per donazione di organi: il lavoratore ha diritto alla tutela della malattia per

tutto il periodo di degenza e convalescenza ai sensi della legge n°107/1990 articolo 1

comma 1 (INPS circolare n° 192 del 7/10/1996).

4) Ricovero per donazione di midollo osseo: il donatore lavoratore dipendente ha diritto,

a seguito della legge n° 52/2001, alla conservazione della normale retribuzione per le

7 Circ. inps n.136/2003

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giornate occorrenti al prelievo, per le giornate di convalescenza e per i permessi orari

necessari all’espletamento dei preliminari della donazione.

5) FKT: la semplice prescrizione di trattamenti fisiochinesiterapici non comprova

l’incapacità al lavoro per la durata del ciclo di trattamento e quindi non da diritto alle

provvidenze economiche di malattia.

6) Trattamento dialitico: il trattamento dialitico da diritto alle indennità di malattia per le

giornate di assenza dal lavoro coincidenti con l’effettuazione del trattamento.

L’erogazione dell’indennità è regolata dalle norme comuni che vengono di seguito

riportate, salvo le seguenti condizioni particolari:

1) le giornate di assenza dal lavoro per l’effettuazione del trattamento devono essere

considerate un unico evento morboso continuativo.

2) la carenza e la diversificazione della misura dell’indennità in relazione alla durata della

malattia devono essere applicate per anno solare;

3) l’indennità non spetta qualora il lavoratore nel corso della giornata di effettuazione del

trattamento abbia prestato attività lavorativa sia pure per un numero limitato di ore.

4) ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia il lavoratore è tenuto a documentare

l’effettuazione del trattamento emodialitico a tale scopo deve essere ritenuta utile la

dichiarazione del luogo di cura (anche in forma cumulativa).

La nuova certificazione medica ( vedi messaggio INPS n.4752 del 13.-07-2015) prevede

l’inserimento del campo E (emodialisi/cicli di cura ricorrenti) in modo tale da poter

segnalare anche ai fini amministrativi queste due fattispecie.

7) Morbo di Cooley: l’INPS con circolare n° 1344 del 1 marzo 1984 ha stabilito che un

lavoratore affetto da morbo di Cooley ha diritto all’indennità giornaliera di malattia per le

giornate di assenza dal lavoro per effettuare il trattamento trasfusionale, sempre che non

sia stata prestata attività lavorativa sia pure per un numero limitato di ore nell’arco della

stessa giornata.

L’indennità deve essere corrisposta secondo i criteri in vigore per i lavoratori in

trattamento emodialitico.

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8) Interruzione di gravidanza. l’’interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza

qualora intervenga entro il 180° giorno dall’inizio della stessa è considerata a tutti gli

effetti come malattia (art.19, D.Lgs n°151), mentre se successiva viene considerata parto e

dunque rientrante nella tutela della maternità obbligatoria (art. 12 DPR 1026/1976).

L’aborto (Circolare INPS n° 139/2002) è considerato come malattia determinata dalla

gravidanza stessa e, dunque, tale assenza in quanto legata all’evento gravidanza non è

computabile nel periodo di comporto.

Non è considerato malattia il caso di procurato aborto quando questo costituisca reato.

9) Trattamenti a fini estetici: lo stato di incapacità temporanea derivante da trattamenti a

fini estetici in linea generale non è indennizzabile quale malattia.

Sussistono delle eccezioni, la più comune è senz’altro rappresentata dalla chirurgia della

piramide nasale (rinosettoplastica nasale, deviazione del setto nasale), nella quale oltre al

fatto squisitamente estetico coesistano deformità estetiche (gibbo, laterodeviazioni)

sostenute da alterazioni della normale architettura anatomica delle strutture

osteocartilaginee di sostegno, proprie della piramide nasale (congenite o acquisite), con la

stenosi mono/bi-laterale più o meno importante delle vie aeree: quest’ultima può

determinare conseguenti alterazioni del flusso aereo nelle vie respiratorie superiori, la cui

risoluzione chirurgica apporta comunque anche un miglioramento di immagine. In tali casi

va ammessa la indennizzabilità del periodo di malattia.. Altra fattispecie di ripetuto

riscontro è quella relativa alla chirurgia mammaria, nell’ambito della quale vanno

immediatamente distinte le differenti situazioni rappresentate dai diversi interventi

praticabili. La Mastoplastica Additiva (eseguita per aumentare il volume mammario,

attraverso l’introduzione di mezzi protesici) è sempre eseguita per soli fini estetici e le

componenti psicologiche riferite coesistenti di scarsa accettazione dell’ipotrofia

mammaria non sono, nella generalità delle situazioni, considerate ai fini

dell’indennizzabilità. Uniche eccezioni: la mastoplastica post-ablativa delle mammelle in

lavoratrici sottoposte a mastectomia radicale per K ed i rari casi di ipoplasia mammaria

monolaterale.

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La Mastopessi è l’intervento praticato per risolvere casi di ptosi mammaria di varia entità,

per lo più conseguenti a fatti involutivi della ghiandola (senili, post-allattamento e da

rapido dimagrimento):

anche questa è situazione che, proprio perché non sostanziata da alcuna patologia

organica, non è ammessa all’indennizzo. Esistono situazioni in cui, tuttavia, risulta

gravemente compromessa

l’immagine di se inducendo nella persona alterazioni nella sfera timica: tali casi,

identificabili mediante l’esame della documentazione sia iconografica che specialistica,

possono essere

ammessi all’indennizzo. La Mastoplastica Riduttiva (eseguita per ridurre il volume

mammario) assume frequentemente valenza di intervento con caratteri di necessità

terapeutica, attraverso

l’esistenza di problemi a carico del rachide cervicale e dorsale, conseguenti al peso

eccessivo delle mammelle e comportanti l’obbligo prolungato di assunzione di posture

scorrette ed incongrue.

Nell’ambito della chirurgia dell’addome non sussistono dubbi sulla caratteristica di

malattia degli interventi per laparocele mentre non sono indennizzabili gli interventi volti

a risolvere problemi di eccessiva adiposità e/o di rilassamento cutaneosottocutaneo.

Sono ammessi all’indennizzo gli interventi di addominoplastica per condizioni

patologiche organiche, quali ad esempio le complicanze proprie dei grandi grembiuli

addomino-pelvici (macerazioni e sovrainfezioni a carico delle ampie pieghe cutanee), gli

esiti postoperatori della chirurgia delle gravi obesità, importanti diastasi dei retti

addominali, ernie ombelicali di documentata grave entità, ecc..

Nell’ambito della chirurgia palpebrale vanno distinti gli interventi effettuati per la

correzione delle ptosi vere e proprie (le quali sono sostenute da patologie a carico dei

muscoli elevatore ed orbicolare) che alterano persino il campo visivo, da quelli relativi alla

rimozione degli eccessi cutanei e delle “borse” tipicamente di indole estetica e quindi,

non indennizzabili.

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Riguardo alla chirurgia refrattiva essa può essere ammessa all’indennizzabilità nel

momento in cui il lavoratore dimostri la reale necessità clinica dell’intervento.

Si rammenta che un intervento estetico non configura “malattia indennizzabile” nelle

giornate dell’atto operatorio e della successiva convalescenza: va da sé che, se il nesso

causale viene interrotto dal sopravvenire di complicazioni che alterano il normale decorso

post-chirurgico in modo del tutto imprevisto, la tutela assicurativa decorre normalmente.

(Messaggio Coordinamento Generale Medico Legale INPS n° 30/00)

10) Procreazione assistita: si tratta di pratiche complesse che richiedono oltre a giornate

di ricovero ospedaliero e/o in DH per l’effettivo impianto anche adeguati periodi di riposo

successivi che vanno ammessi all’indennizzabilità come malattia. Ove vengano effettuate

tecniche di procreazione assistita che richiedono il prelievo di spermatozoi è riconoscibile

al lavoratore un adeguato periodo di malattia.

Per quello che riguarda i controlli ecografici e/o i prelievi ematici questi rientrano in altre

fattispecie contrattuali come i permessi orari ad esempio.

11) Lavoratore con più rapporti di lavoro che si assenta a causa di un infortunio: il

Ministero del Lavoro ha precisato che in questa ipotesi il riconoscimento da parte

dell’INAIL di un evento come infortunio esonera l’INPS dall’obbligo di intervento anche

per gli altri rapporti di lavoro, dovendosi ritenere l’assenza del lavoratore quale assenza

per infortunio nei confronti di tutti i datori di lavoro.

12) Stati di tossicodipendenza: nell’ipotesi di certificati di malattia con diagnosi

riconducibili a stati di tossicodipendenza comportanti, o meno, soggiorno in comunità

terapeutica (fattispecie non equiparabile secondo l’INPS a ricovero ospedaliero) la

prestazione economica di malattia può essere corrisposta in presenza di una effettiva

incapacità lavorativa. Anche per questa fattispecie vige l’obbligo di reperibilità “a nulla

rilevando di per sé la particolare condizione di tossicodipendenza”.

13) Cicli di cura ricorrenti: riguarda i lavoratori che si sottopongono periodicamente per

lunghi periodi a terapie ambulatoriali specialistiche comportanti incapacità al lavoro. Se

nel certificato inviato è barrata la relativa casella si applicano i criteri della ricaduta (vedi

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oltre) , ove ne ricorrano i presupposti in particolare quello del trattamento eseguito entro

30 giorni dal precedente.

Insorgenza del diritto all’indennità

Secondo il principio dell’automatismo delle prestazioni 8 il diritto insorge quando il

lavoratore inizia a prestare attività lavorativa retribuita , anche di una durata minima ,

dopo la stipula del contratto.

Non è richiesta la costituzione di una contribuzione previa, né che il datore di lavoro

abbia provveduto alla comunicazione all’Inps delle notizie necessarie sui propri

dipendenti necessarie alla loro iscrizione oppure che lo stesso sia in regola con il

versamento dei contributi maturati.

Rispetto a queste regole generali che riguardano i lavoratori a tempo indeterminato

esistono delle eccezioni per alcune categorie di lavoratori a cui viene richiesto un

requisito contributivo per il diritto alla prestazione .

Conservazione del diritto

Il diritto alla prestazione si mantiene, nel lavoro a tempo indeterminato,per tutta la durata

del rapporto di lavoro e per un ulteriore periodo , detto di copertura assicurativa, di due

mesi (o di sessanta giorni, se il conteggio è più favorevole al lavoratore) dalla cessazione

del rapporto di lavoro o dalla sospensione del rapporto stesso.

Per le malattie che insorgono nel predetto periodo di due mesi, i lavoratori che hanno

cessato il rapporto di lavoro, licenziati o dimissionari, e quelli sospesi (assenti per

permessi di curata superiore a sette giorni, servizio militare, provvedimenti disciplinari,

sospensione provvisoria dell’attività aziendale ecc) hanno conseguentemente diritto alla

corresponsione dell’indennità. L’indennità è corrisposta in misura ridotta per tutta la

8 Art.11 della legge n. 138 /43 Circ. Inps 28 gennaio 1981, n. 134368 A.G.O. /14 par.2.

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durata della malattia, anche nel caso che questa si protragga oltre la scadenza dei due

mesi o 60 giorni, sempre nel termine massimo di indennizzabilità di 180 giorni.

Vanno esclusi dal computo dei 60 giorni perché considerati periodi neutri le assenze per

infortunio o malattia professionale, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale,

richiamo alle armi con obbligo di contribuzione, cure termali.

Per i lavoratori agricoli il diritto all’indennità permane se la malattia interviene entro due

mesi (o 60 giorni) dal giorno successivo alla data della cancellazione dagli elenchi

anagrafici.

Sono esclusi dalla copertura assicurativa i lavoratori a tempo determinato per i quali il

diritto alla prestazione cessa alla scadenza del contratto.

Sono anche esclusi i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro a tempo

indeterminato e hanno titolo alle prestazioni pensionistiche dirette.

Nel caso in cui, invece, il titolare di pensione diretta si sia rioccupato e si sia

successivamente dimesso o sia stato licenziato, il suo diritto all’indennità permane anche

nei successivi 60 giorni in quanto prevale la sua condizione di lavoratore rispetto a quello

di pensionato

Decorrenza e durata dell’indennità

L’indennità economica previdenziale viene erogata dal quarto giorno di malattia.

La non indennizzabilità da parte dell’Inps dei primi tre giorni di malattia viene indicata

correntemente con il termine di carenza

Quasi tutti i contratti di lavoro prevedono la retribuzione da parte del datore di lavoro

durante il periodo di carenza.

Il quarto giorno di malattia, e quindi la decorrenza dell’indennità, deve essere computato

dalla data di rilascio della certificazione medica..

L’Inps ammette la possibilità9 di riconoscere , ai fini erogativi della prestazione, la

sussistenza della malattia anche per il giorno immediatamente precedente quello del

9 circ . Inps n. 147/1996.

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rilascio del certificato se, nello stesso risulti compilata la voce “Dichiara di essere

ammalato dal….”

Questo criterio, valido anche per la certificazione della continuazione o ricaduta della

malattia, è da collegare alla facoltà per il medico curante10 di effettuare la visita medica il

giorno successivo, se la richiesta di visita domiciliare è avvenuta dopo le ore 10.

La regola non trova applicazione se la data riportata retroagisce di oltre un giorno quella

del rilascio o se emerge che si trattava di visita ambulatoriale. In tali situazioni le giornate

anteriori alla data del rilascio vengono considerate “non documentate “ e di conseguenza

non indennizzate.

L’indennità è dovuta per un periodo massimo di 180 giorni di malattia in un anno

solare

Nel periodo vanno compresi tutti i giorni di malattia, inclusi quelli per i quali l’indennità

non è stata erogata, come i giorni di carenza, i giorni festivi11 e quelli non indennizzati per

mancata o tardata certificazione.

Non vanno computati, invece, i periodi relativi a: maternità e congedo parentale, malattie

connesse con lo stato di gravidanza; malattia derivante da infortunio o malattia

professionale; malattia tubercolare, malattia causata da terzi, nei cui confronti l’Inps ha

esperito, positivamente, l’azione di surroga.

Inoltre non vanno computate le infermità che abbiano avuto causa, in tutto o in parte, nella

nocività insita nelle modalità di esercizio delle mansioni o comunque esistenti

nell’ambiente di lavoro, della quale il datore di lavoro sia responsabile per aver omesso le

misure atte a prevenirla o ad eliminarne l’incidenza, in adempimento dell’obbligo di

protezione ed eventualmente anche delle specifiche norme di legge connesse alla

concretizzazione di esso (Cassazione civile Sez. lavoro n. 7946/2011).

Del pari in caso di invalido assunto ope legis le infermità insorte per adibizione a mansioni

incompatibili con le condizioni di salute (Cassazione Civile Sez. lavoro n. 17720/2011).

10 DPR 28.9.1990 n. 314, art.20.11 Salvo che la contrattazione collettiva non contenga esplicite previsioni in senso contrario.

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Per i lavoratori con contratto a tempo determinato 12 l’indennità viene corrisposta per un

periodo non superiore a quello dell’attività lavorativa svolta nei 12 mesi precedenti ,

fermo restando il limite dei 180 giorni nell’anno solare, per il pagamento delle giornate

ulteriori, provvede direttamente l’inps.

N:B. Il periodo di 180 giorni nell’arco dell’anno solare non va confuso con il periodo

di comporto13 previsto dai Contratti collettivi di lavoro.

Continuazione e ricaduta della malattia

La ricaduta della stessa malattia o altra consequenziale, debitamente certificata dal

medico, se intervenuta entro 30 giorni dalla fine di quella iniziale, è considerata a tutti gli

effetti continuazione della malattia.

La certificazione medica della prosecuzione deve essere chiesta il primo giorno successivo

alla scadenza della prognosi precedente e trasmessa all’Inps entro il termine di due giorni

Nella fattispecie della ricaduta debbono essere incluse anche i cicli di cura ricorrenti se

comportanti incapacità al lavoro.

Il medico certificatore in caso di evento definibile come ricaduta deve barrare la casella

prevista nel certificato.

In caso di continuazione di malattia, non sono coperti dall’indennità economica i giorni di

ritardo compresi tra la data di scadenza della prognosi precedente e quella di emissione

della certificazione successiva. (INPS Circolare n°147/1996). In presenza di successivi

certificati intervallati dalla giornata festiva o dal sabato o domenica si presume che i due

periodi costituiscano un unico evento morboso ( INPS Circolare 134368 del 28/1/1981).

12 art. 5 legge 638/8313 Per periodo di comporto si intende il periodo di tempo durante il quale il lavoratore ha diritto allaconservazione del posto di lavoro, nonostante l'esecuzione della prestazione venga sospesa per fatto inerentealla sua persona. Con tale termine si intendono due diverse fattispecie:a) comporto secco: il periodo di conservazione del posto è stabilito (normalmente dal CCNL) conriferimento ad un unico episodio morboso di lunga durata;b) comporto per sommatoria: si ha in presenza di una pluralità di malattie ripetute e intermittenti chesingolarmente considerate non raggiungono il quantitativo richiesto per il comporto secco. Il comporto persommatoria ha un termine esterno (arco temporale considerato) ed uno interno (quello dato dalla somma ditutte le assenze per malattia).

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La nuova malattia viene indennizzata dal 1° giorno senza applicare la “carenza”, i giorni

vengono sommati a quelli della malattia iniziale ai fini del raggiungimento del 20° giorno,

a partire dal quale si alza la misura dell’indennità dal 50 al 66,66% della retribuzione.

La retribuzione da prendere a base per il calcolo dell’indennità è la stessa considerata per

il calcolo della precedente malattia.

Nel caso di cicli di cura ricorrenti può essere sufficiente anche una unica certificazione del

curante che attesti la necessità di trattamenti ricorrenti comportanti incapacità lavorativa e

che li qualifichi l’uno ricaduta dell’altro. Gli interessati dovranno inviare tale

certificazione prima dell’inizio della terapia, fornendo anche l’indicazione dei giorni

previsti per l’esecuzione. A tale certificazione dovranno far seguito, sempre a cura degli

interessati, periodiche dichiarazioni della struttura sanitaria, riportanti il calendario delle

prestazioni effettivamente eseguite, le sole che danno titolo all’indennità.

La sommatoria dei giorni di malattia non si applica ai fini dell’applicazione dell’articolo

41 comma 3 e-ter del D.Lgs 81/2008 smi.

Malattia a cavaliere

In caso di malattia iniziata in un anno e protrattasi ininterrottamente nell’anno successivo

, la malattia va considerata come un unico episodio morboso tenendo conto dei seguenti

criteri : 14

quando nell’anno di insorgenza dell’evento non è stato raggiunto il massimo

assistibile annuo , la malattia ancora in corso al 31 dicembre, viene

autonomamente indennizzata dal 1° gennaio successivo, per un massimo di

ulteriori 180 giorni;

quando invece nell’anno di insorgenza è già stato raggiunto il massimo

indennizzabile prima del 31 gennaio, il ripristino dell’indennità al 1° gennaio è

subordinato alla permanenza del rapporto di lavoro,o della copertura assicurativa ,

ossia si richiede che il rapporto non sia cessato o sospeso da oltre 60 giorni;

14 Circolare. Inps n°. 145/93

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l’erogazione dell’indennità negli anni seguenti, dal terzo in poi, è subordinata alla

ripresa dell’attività lavorativa, anche presso un diverso datore di lavoro.

E’ possibile interrompere la malattia?

Il lavoratore anziché proseguire la malattia (se si trovi vicino al raggiungimento del

comporto ad esempio) può chiedere di usufruire di:

1) ferie;

2) aspettativa.

Stante l’incompatibilità della malattia con il godimento delle ferie è necessario e

fondamentale che la richiesta in tal senso sia espressa. La Cassazione, in tale caso, ha

attribuito maggior rilievo all’interesse del lavoratore al mantenimento del posto di lavoro

(Cass. Civ. 3028/2003 e 25863/2010).

Malattia insorta durante le Ferie

La malattia iniziata durante un periodo di ferie le interrompe a condizione che:

si tratti di malattia di durata superiore ai tre giorni;

che la stessa sia stata documentata all’INPS e all’azienda nei modi e nei termini di

legge.

Se la malattia ha comportato un ricovero ospedaliero è sufficiente la documentazione

rilasciata dall’ospedale al momento delle dimissioni del lavoratore.

Nel caso in cui il lavoratore si ammali durante un soggiorno per ferie all’estero vale

quanto indicato nel paragrafo dedicato alla malattia all’estero.

I criteri generali sovra esposti sono validi in assenza di diverse disposizioni contrattuali

riguardanti la durata ed il tipo di malattia. Se il contratto prevede condizioni diverse, le

ferie si interrompono secondo le norme esposte nel contratto stesso.

L’effetto sospensivo non è escluso dal fatto che la malattia cada in un periodo di ferie

collettive (Cassazione n° 3093/1997).

La malattia insorta antecedentemente all’inizio delle ferie, qualora permanga oltre tale

data, non da luogo al decorso delle ferie. Al termine della malattia il lavoratore potrà

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godere delle ferie programmate non coperte dallo stato di malattia. In ogni caso il

lavoratore non può, con decisione autonoma, prolungare le ferie di un periodo equivalente

a quelle sospese per malattia.

Il lavoratore che sia assente per malattia durante il periodo di ferie annuali fissate nel

calendario aziendale ha diritto, una volta ristabilitosi, di godere delle ferie annuali in un

periodo diverso anche al di fuori della programmazione aziendale.

Marittimi già iscritti all’IPSEMA

Con la legge 99 del 2013 è stata trasferita all’INPS la gestione della malattia di lavoratori

già iscritti all’IPSEMA. Le modalità applicative di tale trasferimento sono state definite

dall’INPS con la circolare 179 sempre del 2013.

Come è noto viene definita malattia fondamentale (art. 6 legge 831/1938) quella malattia

che si manifesta durante l’imbarco impedendo la prosecuzione della navigazione. La

prestazione viene erogata dal giorno successivo allo sbarco per tutti i giorni di prognosi

fino alla guarigione clinica e comunque fino al massimo di un anno. Se il medico non

ritiene necessario lo sbarco la malattia viene retribuita dal datore di lavoro. Qualora,

invece, si ravvisi la necessità dello sbarco il marittimo deve provvedere alla

regolarizzazione sottoponendosi a visita presso il SASN (Servizio assistenza sanitaria ai

naviganti) di competenza oppure presso un medico fiduciario.

Riassumendo in caso di malattia il lavoratore marittimo deve:

1) informare il comandante della nave o l’armatore,

2 sottoporsi a visita medica;

3) trasmettere all’INPS e al datore di lavoro il modello di denuncia contenente fra l’altro il

primo rapporto medico;

4) rispettare le fasce orrire di reperibilità.

Alla malattia fondamentale si affianca la malattia complementare (disciplinata

dall’articolo 7 della legge 833 del 1938).

Per malattia complementare si intende la malattia che si manifesti entro i 28 giorni

successivi allo sbarco. L’indennizzo viene corrisposto a decorrere dal quarto giorno

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successivo alla data della denuncia e per la durata massima di un anno dall’annotazione

dello sbarco sul ruolo.

E’ onere del lavoratore trasmettere il modello di denuncia contenente fra l’altro il primo

rapporto medico (entro 48 ore dal suo rilascio) con le informazioni necessarie per

l’erogazione della prestazione. Il lavoratore è inoltre obbligato a rispettare le fasce di

reperibilità per tutti i giorni della prognosi,

I marittimi in continuità di rapporto di lavoro e di disponibilità retribuita hanno diritto,

oltre alle prestazioni indicate in precedenza, alla corresponsione di una indennità

giornaliera per inabilità temporanea da malattia che si manifesta dopo il 28 giorno ed

entro il 180 giorno dallo sbarco. La comunicazione dell’evento avviene nelle medesime

modalità previste per le precedenti prestazioni cioè tramite il modello di denuncia

contenente le informazioni necessarie per l’erogazione della prestazione d il primo

rapporto medico, da inviare entro 48 ore dal suo rilascio.

Al termine di un periodo di inabilità per malattia se il marittimo viene giudicato

temporaneamente non idoneo all’espletamento dei servizi della navigazione ha diritto ad

una prestazione economica di temporanea inidoneità all’imbarco, prevista dalla cosiddetta

legge Focaccia (n.1486 del 1962) per la durata temporale massima di un anno.

Indennità per inabilità temporaneaassoluta per:

Decorrenza del diritto

Malattia fondamentale Dal primo giorno successivo allo sbarco, pertutti i giorni di prognosi (compresa ladomenica) fino ad un massimo di un anno

Malattia complementare Dal primo giorno successivo alla denunciadell’evento medesimo, fino ad un massimo diun anno

Malattia per marittimi in continuità dirapporto di lavoro

Dal primo giorno successivo alla denunciadell’evento medesimo, fino ad un massimo di180 giorni.

Naspi e malattia

L’INPS con la recente circolare 94/2015 ha chiarito che la Naspi non sostituisce

l’indennità di malattia, pertanto nel caso in cui la malattia insorga durante la percezione

dell’indennità di disoccupazione e comunque entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto

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di lavoro, la Naspi viene sospesa per tutta la durata dell’indennità di malattia per poi

essere ripristinata, per la parte residua, dal momento della ripresa della capacità lavorativa.

ADEMPIMENTI DEL LAVORATORE

Comunicazione dell’insorgenza della malattia al datore di lavoro

Nell’ambito della comunicazione si concretizzano due rapporti distinti ed autonomi quali

quello di lavoro e quello previdenziale.

La tutela della malattia prevede tre fasi distinte quali 1) la comunicazione, 2) la

certificazione ed 3) il controllo e sono solo queste ultime due che si caratterizzano anche

per aspetti medico-legali.

Il lavoratore che si ammala deve dare tempestiva comunicazione, sia della sopravvenuta

malattia al datore di lavoro per consentirgli di assumere provvedimenti d' ordine tecnico-

amministrativi conseguenti alla sua assenza dal lavoro, sia del luogo in cui lo stesso

trascorrerà il periodo di malattia per poter essere rintracciabile per eventuali visite di

controllo15.

Le modalità ed il tipo di certificazione sono stabiliti dalle norme contrattuali ed

eventualmente dai regolamenti aziendali per quanto riguarda i rapporti fra datore di

lavoro e lavoratore.

Il lavoratore ha l’obbligo, poi, di giustificare l’assenza con il certificato medico in quanto

la trasmissione dell’avviso non esonera 16 dal successivo invio del certificato medico che

rappresenta la prova della malattia.

Se il lavoratore ha diritto a prestazioni economiche di malattia a carico dell’ INPS

intervengono anche norme legislative ed amministrative.

Se non vi è intervento economico a carico dell’INPS le norme specifiche che riguardano la

certificazione da trasmettere all’Istituto Previdenziale non hanno ragione di essere e

15 Il lavoratore per non incorrere in conseguenze disciplinari può provare di essere statoimpedito/impossibilitato ad inviare il certificato nei termini ad esempio perché privo di congiunti o perchéricoverato in ospedale senza poter comunicare con l’esterno: Cassazione 9 giugno 1993 n° 6416, 9 febbraio1986 n° 1003, 26 aprile 1983 n° 2824, 13 febbraio 1997 n° 1314:16 vedi Cassazione 21 marzo 1997 numero 2494

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valgono unicamente le norme contrattuali che potrebbero anche essere diverse da quelle di

legge: possono essere piò o meno rigorose di quelle di legge e possono variare da settore a

settore in ogni caso nulla hanno a che vedere con le norme previdenziali che riguardano

unicamente i casi nei quali sia previsto l’intervento economico.

Nel caso di intervento economico da parte dell’INPS il lavoratore deve inviare

contestuale certificazione all’INPS, certificazione che deve essere trasmessa direttamente

dal medico con modalità telematica.

Con circolare n°60 del 16 aprile 2010 l’INPS ha indicato le modalità attuative relative

alla trasmissione telematica dei certificati di malattia, ai sensi delle norme di legge quali il

Decreto del Ministero della Salute del 26 febbraio 2010 e della Circolare n° 1 del 19

marzo 2010 del dipartimento della Funzione Pubblica e del Dipartimento della

Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ed innovazione tecnologica.

I medici dipendenti dal SSN o in regime di convenzione sono tenuti a trasmettere, dunque,

all’istituto stesso, per il tramite del SAC (Sistema di Accoglienza Centrale), il certificato

di malattia del lavoratore rilasciandone una copia cartacea al lavoratore.

Il certificato così trasmesso viene ricevuto dall’INPS che lo mette a disposizione del

cittadino interessato mediante accesso al sito Internet dell’Istituto previa identificazione

con pin.

L’attestato di malattia è reso invece disponibile per il datore di lavoro pubblico o privato,

con modalità illustrate nella Circolare n°179 del 7 settembre 2010.

Per il settore privato è necessario accedere tramite il sito INPS alla voce Azienda Privata

con inserimento della matricola dell’Azienda.

Se il datore di lavoro ha chiesto di ricevere direttamente gli attestati di malattia, i

dipendenti non sono più tenuti a far pervenire in azienda l’attestato ricevuto dal medico.

Contrariamente, l’obbligo permane così come rimane in ogni caso, come già indicato in

precedenza, l’obbligo di avvertire dell’assenza nei termini previsti dal CCNL.

L’azienda è tenuta a dare comunicazione ai lavoratori, anche tramite affissione in bacheca,

dell’avvenuta attivazione del canale telematico, con conseguente esonero per gli stessi

dell’inoltro del numero identificativo del certificato.

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Il lavoratore che è assente a seguito di un incidente (non sul lavoro) dovuto a

responsabilità di terzi è tenuto a presentare all’INPS il modello SR 13 AS, sulla base del

quale l’Istituto può avviare l’eventuale azione di rivalsa.

Sia l’obbligo di comunicare lo stato di malattia che quello della certificazione è previsto in

tutti i contratti collettivi di lavoro, con termini di invio del certificato differenti. In caso di

violazione di detti adempimenti le norme contrattuali possono prevedere varie forme di

sanzioni.

Al lavoratore sta in capo ancor più dopo l’introduzione dell’invio telematico l’obbligo di

verificare l’esatta indicazione dell’indirizzo di reperibilità.

L’omessa indicazione dell’indirizzo non è equiparabile automaticamente all’assenza

ingiustificata alla visita di controllo (Cassazione sentenza n° 7909/1997 e Circolare INPS

n° 129 del 6/6/1990), ne consegue che l’INPS deve cercare di procurarsi l’indirizzo del

lavoratore utilizzando l’ordinaria diligenza ed il lavoratore ha l’onere di provare che

l’Istituto era in grado di procurarselo altrimenti (Cassazione sentenza n° 1283/1993).

Se l’INPS ne è già a conoscenza, per esempio, per l’effettuazione di precedenti controlli,

l’omessa indicazione dell’indirizzo non ha alcuna conseguenza economica (Circolare

INPS n° 182/1997).

Se l’indirizzo insufficiente per il reperimento del lavoratore coincide con quello riportato

sul certificato di residenza, il lavoratore può essere considerato giustificato, ove si tratti di

prima malattia (INPS messaggio n° 22747 del 9/10/1999).

Qualora il lavoratore riscontrasse delle inesattezze nel certificato, lo stesso potrà essere

annullato dal medico certificatore entro il termine di 24 ore dal suo invio.

Documentazione sanitaria: certificato medico di malattia

La certificazione sanitaria ha la funzione di giustificare la causa dell’assenza dal lavoro e

di documentare, ai fini dell’indennità di malattia , l’infermità che determina incapacità

lavorativa , certificando sull’inizio e la durata presunta della stessa.

La certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti soggetti all’INPS va redatta (art. 7

DPCM 26-03-2009) dal medico curante o dalla struttura sanitaria in doppia coppia

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secondo gli esemplari definiti dalla Convenzione Nazionale Unica (decreto Ministero

sanità e Ministero del lavoro 30 settembre 1991)17.

L’art. 1c. 149, L 311/2004 , modificando la normativa precedente , ha stabilito che dal 1°

giugno 2005, in caso di infermità che comporta inabilità al lavoro dell’assistito, sia il

medico di famiglia a trasmettere all’Inps il certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata

presunta della malattia per via telematica on line, secondo le tecniche e le modalità

determinate dall’INPS.

Il 14 settembre 2011 è entrata definitivamente a regime la nuova modalità di ricezione

telematica dei certificati di malattia, la quale è andata a sostituire la vecchia procedura di

presentazione delle attestazioni cartacee ed uniforma i regimi di ricezione da parte dei

datori di lavoro pubblici e privati18.

La nuova procedura telematica è regolata da quattro differenti norme che si sono

succedute nell’ultimo decennio:

1) il D.Lgs. 165/2001 che all’art. 55 septies comma 2 prevedeva che “In tutti i casi di

assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal

medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza

sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici

nel settore privato dalla normativa vigente […] e dal predetto Istituto e' immediatamente

inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata”.

2) Con L. 311/2004 si è poi previsto che “A decorrere dal 1º giugno 2005, nei casi di

infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all’INPS il

certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica

on line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’INPS

medesimo. Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a

17 Il medico deve compilare il certificato in tutte le sue parti senza mancanze e senza modifiche né aggiunte.Particolare attenzione occorre riservare alla compilazione delle voci: inizio, continuazione e ricaduta inquanto in caso di inizio di malattia le prime tre giornate di assenza sono a carico dell’azienda mentre in casodi continuazione tutte le assenze sono a carico dell’ente assicuratore. Nel caso di susseguano due malattiecon diagnosi diversa il medico dovrà bararre la voce inizio per ognuna di queste malattie per cui i primi 3giorni della nuova malattia sono a carico del datore di lavoro.18 Dalla normativa restano escluse alcune categorie: dal personale militare , della Polizia di Stato, del Corponazionale dei Vigili del Fuoco, al personale della carriera dirigenziale e direttiva penitenziaria ecc.

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trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della

malattia, rilasciata dal medico curante, al datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo

richieda all’INPS la trasmissione in via telematica della suddetta attestazione, secondo

modalità stabilite dallo stesso Istituto”.

3) Con la finanziaria per il 2007 (art.1 c. 810 della L. 296/2006) si sono, in seguito, poste

le basi per la creazione del network utile ai medici curanti per l’inoltro dei certificati.

4) A chiusura si pone il c.d. “collegato lavoro” (L.183/2010) che all’art. 25 prevede che “al

fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e

privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 1° gennaio

2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il

rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni di cui

all’articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”

La Circolare n° 4 del 18.03.2011 della Presidenza del Consiglio dei Ministri afferma che

“l’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica da parte dei medici costituisce

illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta il licenziamento o la decadenza

dalla convenzione, per i medici convenzionati,”. Ovviamente tale rischio non si pone per i

medici liberi professionisti, i quali, pur se obbligati all’utilizzo della procedura telematica,

non sono oggetto del sistema sanzionatorio previsto dalla normativa

La procedura telematica di inoltre della certificazione medica è basata sul SAC: “Sistema

di Accoglienza Centrale”, la piena entrata a regime di questo sistema ha comportato,

anche per il settore privato, la cessazione dell’obbligo in capo al lavoratore di inviare al

datore di lavoro la copia dell’attestato di malattia rilasciato dal medico al momento

dell’invio della certificazione telematica (PCM circ. 18.03.2001 n°4, in GU n° 135 del

13.06.2011).

Il SAC attribuisce al singolo certificato un numero di protocollo univoco, il che consente

al medico di stampare una copia del certificato e dell’attestato, da consegnare al

lavoratore19. Il datore di lavoro può ottenere l’attestato di malattia (quindi senza la

diagnosi) tramite accesso diretto al sistema INPS tramite credenziali tramite l’invio di

una email alla propria casella di posta certificata.

19 Vedi accordo Confindustria—CGIL-CISL-UIL del 20-07-2011.

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Il modulo INPS riservato al medico si compone, a sua volta, di due sezioni:

1) certificato vero e proprio con diagnosi della malattia

2) attestato di malattia per dichiarazione giustificativa della assenza dal lavoro , privo

di diagnosi ma contenente esclusivamente la prognosi, la data del rilascio e di

inizio della malattia. Detta certificazione produce la sospensione del rapporto di

lavoro durante la malattia ai sensi dell’art..2110 del codice civile, con il

conseguente diritto alla conservazione del posto.

Eccezion fatta per la presenza o mancanza della diagnosi il contenuto delle due sezioni è

identico e riporta:

1) dati identificativi del medico che redige il certificato

2) codice di diagnosi

2) dati di prognosi, ossia inizio e termine previsto della malattia e nei casi previsti data di

prosecuzione o ricaduta

3) se si tratti di inizio, continuazione o ricaduta;

4) se si tratti di visita ambulatoriale o domiciliare;

5) nome, cognome, codice fiscale, data e luogo di nascita del lavoratore;

6) residenza o domicilio abituale del lavoratore, completo di città, indirizzo e cap;

7) in caso di reperibilità durante la malattia a un indirizzo diverso da quello abituale, va

indicato espressamente il nominativo indicato presso l’abitazione, se diverso dal proprio,

la città, l’indirizzo ed il cap.

Il medico deve rilasciare al lavoratore il numero di protocollo del certificato grazie al

quale, inserendo anche il proprio codice fiscale, il lavoratore può accedere al sito internet

INPS e ricercare, visualizzare e stampare direttamente il documento in questione (INPS

circ. 16.04.2010 n° 60).

Il lavoratore può chiedere al medico copia cartacea del certificato e dell’attestato di

malattia , ovvero chiedergli di inviare copia degli stessi alla propria casella di posta

elettronica o posta elettronica certificata.

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L’invio telematico effettuato dal medico soddisfa l’obbligo del lavoratore di recapitare

l’attestazione di malattia ovvero di trasmetterla tramite raccomandata AR alla propria

amministrazione entro 2 giorni lavorativi successivi all’inizio della malattia.

I medici, nel caso di mal funzionamento del sistema hanno la possibilità di utilizzare il

servizio telefonico reso disponibile dal SAC.

Tale servizio è considerato di secondo livello e in ogni caso il medico ha la possibilità di

redigere il certificato cartaceo nel caso in cui i tempi richiesti dal risponditore automatico

confliggano con il dovere primario di assolvere agli obblighi assistenziali, in tal caso sono

i carico del lavoratore gli adempimenti di invio del certificato di cui alla precedente

normativa.,

Tramite la procedura telematica, il medico può, nel termine del periodo di prognosi ,

rettificare il certificato, anticipando quindi la conclusione della malattia, o può chiedere

all’INPS, al massimo entro il giorno successivo al rilascio, l’annullamento di un certificato

già inviato.

Se il termine finale per l’invio del certificato cade in un giorno festivo, c’è la proroga al

primo giorno lavorativo successivo.

La certificazione deve riportare una diagnosi che attesti in maniera chiara e giustifichi la

successiva prognosi di inabilità temporanea.

La diagnosi non deve, dunque, attestare uno stato morboso anche importante ma deve

indicare chiaramente la motivazione per cui il lavoratore deve astenersi dal lavoro per un

periodo di riposo e/o cure20.

Tale elemento diviene molto importante nel caso in cui si sia in presenza di un soggetto

affetto da una malattia cronica che può andare incontro ad esacerbazioni.

Le malattie croniche non sono infatti indennizzabili in quanto di per se nessuna malattia è

incompatibile con il lavoro ma le cui complicanze e/o esacerbazioni determinano, invece,

inabilità al lavoro (ipertensione versus crisi ipertensiva, diabete versus scompenso

diabetico ecc).

20 La diagnosi non deve essere necessariamente di certezza, ma può anche essere di probabilità o di sospettoma deve comunque e sempre fare riferimento ad un fatto che il sanitario ha riscontrato direttamente e di cuiil certificato è destinato a provare l’esistenza.

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Non rientrano del pari nella tutela della malattia condizioni che comportano necessità di

brevi permessi come ad esempio l’effettuazione di accertamenti laboratoristici o

strumentali, per cui si rinvia alle norme specifiche previste in molti C.C.N.L.

La certificazione di malattia per i dipendenti privati non rientranti nella tutela di malattia

da parte dell’INPS va stilata su certificato privato del medico ma nel caso in cui il medico

per errore lo rilasci su modulario INPS esso conserva validità in quanto in possesso di tutti

i requisiti necessari.

Se il lavoratore è impossibilitato per le sue condizioni di salute a recarsi presso

l’ambulatorio del proprio medico può richiedere la visita domiciliare che deve essere

effettuata nel corso della stessa giornata nel caso in cui venga richiesta al sanitario entro

le ore 10,00 o entro le ore 12,00 del giorno successivo nel caso in cui il lavoratore la

richieda dopo le ore 10,00. Nella giornata di sabato il medico non è tenuto a svolgere

attività ambulatoriale ma è obbligato ad effettuare le visite domiciliari richieste entro le

ore 10,000 della stessa giornata e quelle richieste il giorno precedente (venerdì) e non

effettuate.

Nella certificazione il sanitario deve indicare la decorrenza della malattia e dunque per

quanto si diceva sopra nel caso in cui egli abbia visitato a domicilio o presso il proprio

ambulatorio il lavoratore che accusa sintomi che ancora non hanno determinato assenza

dal lavoro la data di decorrenza coinciderà con quella di rilascio mentre nel caso in cui la

visita sia effettuata nello stesso giorno di inizio della malattia o nel giorno

immediatamente successivo la decorrenza coinciderà con la data di inizio della malattia

dichiarata dal lavoratore.

Medico curante abilitato al rilascio della certificazione

Per medico curante 21,secondo la prassi amministrativa, e salvo diversa indicazione della

Regione deve intendersi quello scelto dall’interessato a norma della convenzione unica,

cosiddetto “medico di famiglia” o un suo sostituto sia in ambulatorio che tramite visita

21 vedi. Circolare. Inps 28/1/1981, n. 134368 AGO

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domiciliare da effettuare nella stessa giornata se la richiesta perviene entro le ore 10,

oppure entro le ore 12 del giorno successivo (anche di sabato) ; i medici addetti al

servizio di guardia medica (che operano dalle ore 14 del giorno prefestivo alle ore 8 del

giorno successivo al festivo, nonché dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni di tutti i giorni

feriali) possono rilasciare, nei casi di necessità, ai sensi del Dpr n. 281/82, certificazione di

malattia per un massimo di tre giorni rimettendo poi, al medico di fiducia ogni ulteriore

decisione in merito22.

La certificazione di malattia è riconosciuta anche a medici diversi da quelli di “famiglia” (

medico specialista; medico di accettazione ospedaliero e di pronto soccorso o il medico di

accettazione operante nelle case di cura convenzionate con il S.S.N. medico

universitario, libero professionista che assume in cura diretta il lavoratore); ai quali il

lavoratore si sia rivolto per motivi di urgenza o per esigenze correlate alla specificità della

patologia sofferta, come pure nel caso di certificati rilasciati all’atto delle dimissioni da

ospedali o da strutture di Pronto Soccorso (INPS Circolare n° 99 del 13/5/1996, n° 136 del

25/7/2003 e messaggio n° 968 del 7/11/2003).

La certificazione sanitaria rilasciata, anche su modulario non regolamentare, da medici

diversi da quelli di libera scelta, ad es. medici privati o specialisti, sono validi ai fini

dell’erogazione dell’indennità se da essa sono ricavabili i dati richiesti: nominativo del

lavoratore, diagnosi e prognosi, intestazione, data del rilascio, timbro e firma del medico

e (da indicare anche a parte, a cura del lavoratore) il domicilio abituale del lavoratore ed

eventualmente il diverso temporaneo recapito durante il periodo di malattia. 23

Sono validi ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia le certificazioni rilasciate

dalle strutture ospedaliere, quali i certificati di ricovero e di pronto soccorso

22 vedi circolare INPS n° 134392 del 2 luglio 198223 Circ. Inps n. 99 /96 : « la certificazione sanitaria rilasciata, anche su modulario non regolamentare damedici diversi da quelli di libera scelta, compresa quella emessa dagli ospedali e dalle strutture di Prontosoccorso all’atto della dimissione, è da ritenersi valida ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia acondizione che contenga i requisiti sostanziali richiesti (intestazione, nominativo del lavoratore, data, firma,diagnosi e prognosi di incapacità al lavoro.

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limitatamente alle giornate di ricovero e alla giornata in cui si è eseguita la prestazione di

pronto soccorso . E’ sufficiente che il certificato, redatto su carta intestata riporti le

generalità del lavoratore, la data del rilascio, la firma del medico e la diagnosi.

Le certificazioni, invece, rilasciate dalla strutture ospedaliere in cui siano formulate

prognosi per periodi successivi al ricovero o alla prestazione di pronto soccorso diventano

valide ai fini erogativi della prestazione previdenziale solo quando ci sia un esplicito

riferimento ad uno stato di incapacità lavorativa e non ci si limiti alla mera prognosi

clinica senza complicazioni.

Dopo la dimissione ospedaliera il perdurare dell’assenza costituisce continuazione.

Il lavoratore qualora il certificato manchi di qualcuno degli elementi sostanziali ed

indispensabili dovrà richiedere la regolarizzazione agli stessi estensori.

Nel caso in cui un certificato di P.S. o di dimissione ospedaliera contenga una prognosi il

lavoratore deve verificare che essa faccia riferimento alla incapacità al lavoro ed in caso

contrario provvedere alla sua conferma da parte del medico di famiglia.

L’INPS con messaggio n° 968 del 7 novembre 2003 chiarisce che: “quando su un modulo

di pronto soccorso, di solito prestampato ovvero predisposto secondo un determinato

software, non comporta la dicitura esplicita di incapacità lavorativa non significa che lo

stesso certificato vada respinto come anomalo direttamente alla ricezione esso andrà

sempre e comunque sottoposto alla valutazione del centro medico-legale, essendo precisa

competenza del Dirigente medico stabilire se sul piano medico-legale la prognosi clinica

espressa è congrua con la patologia accertata in diagnosi e assumere le successive azioni

di diretta validazione del certificato o richiederne eventualmente integrazione e/o

controllo”.

La certificazione di PS equiparabile a certificato medico deve essere inviata entro 2 gg;

essa deve riportare le generalità dell’interessato, la data del rilascio, la firma leggibile del

medico e l’indicazione della diagnosi.

Anche se l’INPS ha dato indicazioni per una accettazione previa conferma da parte del

Centro medico-legale.

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Certificato di malattia rilasciato da medici stranieri all’estero

Le considerazioni che seguono valgono nelle diverse situazioni che possono presentarsi

quali:

1) malattia insorta durante un temporaneo soggiorno all’estero non per motivi di lavoro a

carico di un lavoratore occupato in Italia;

2) malattia insorta nei confronti di lavoratori occupati in paesi appartenenti all’Unione

Europea o in Paesi convenzionati con l’Italia,

3) malattia insorta nei confronti di lavoratori occupati all’estero in Paesi non

convenzionati con l’Italia;

4) lavoratori occupati in Italia e che trascorrono il periodo di malattia nel loro paese di

origine (prosecuzione della temporanea).

Per quanto riguarda la certificazione medica da esibire all’INPS in caso di incapacità

temporanea al lavoro, i cittadini comunitari (che sono considerati lavoratori nazionali) non

hanno l’onere di farlo pervenire in lingua originaria, non essendo esigibile dagli stessi la

traduzione della certificazione legittimamente ottenuta nei rispettivi paesi. L’onere di

traduzione grava sulle sedi dell’INPS (INPS msg 3-12-2007 n° 28978). Questa fattispecie

particolare rimane esclusa dalla nuova procedura telematica di invio dei certificati.

Se la malattia si verifica in un Paese appartenente all’UE24 o che abbia stipulato una

apposita convenzione, l’assicurato deve presentare all’Istituzione estera, entro 3 giorni

dall’inizio della inabilità, idonea certificazione di malattia che deve essere corredarìta

della Tessera Europea Assicurazione Malattia (che ha sostituito il formulario E111).

L’istituzione estera provvederà a trasmettere all’INPS la documentazione medica

acquisita, compresi gli esiti dei controlli eventualmente effettuati (INPS msg 3-12-2007 n°

28978 e msg 1-08-2005 n° 27699).

Il certificato rilasciato dal medico o dalla struttura sanitaria straniera è in tutto e per tutto

equiparato a quello nazionale e deve essere inviato senza necessità di traduzioni o

24 I nuovi Regolamenti Comunitari 883/2004 e 987/2009 entrati in vigore dal 1 maggio 2010 prevedono chevenga applicata la legislazione del Paese dove risiede l’istituzione competente, ovvero quella presso la qualeè assicurato il lavoratore.

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legalizzazioni particolari, a condizione che tale obbligo sia espressamente escluso dalla

convenzione o accordo bilaterale. I Paesi in questione sono:

Quelli extra UE con i quali sono stati stipulati accordi che prevedono

l’applicazione della disciplina comunitaria (Islanda, Norvegia e Liechtenstein in

base all’accordo SEE, Svizzera e Turchia);

Paesi extra UE con i quali sono state stipulate convenzioni estese (Argentina,

Australia, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Canada, Croazia, Macedonia, Principato di

Monaco, San Marino, Serbia e Montenegro, Tunisia, Uruguay e Venezuela).

Sono inoltre esenti da legalizzazione, a condizione che rechino l’”apostille”, gli atti ed i

documenti rilasciati dagli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1961. Anche questa

situazione rimane esclusa dalla nuova procedura telematica di invio dei certificati.

Se la malattia si verifica durante il soggiorno in un Paese non appartenente alla Unione

Europea o che non abbia stipulato alcuna convenzione o accordo specifico in materia, la

corresponsione dell’indennità di malattia avviene solo dopo la presentazione all’INPS

della certificazione originale, legalizzata a cura della locale rappresentanza diplomatica o

consolare italiana.

Molte ambasciate e consolati si avvalgono dell’operato di medici di loro fiducia (medico

fiduciario) a cui viene delegato il compito di esaminare tale certificazione o di redigerla

anche in lingua italiana.

Comunque la sede diplomatica deve attestare la veste di medico fiduciario e deve

attestare la autenticità della firma (INPS circ 6-09-2006 n° 95).

Per i lavoratori occupati in questi Paesi è stabilito che gli stessi trasmettano la

certificazione alla rappresentanza diplomatica e consolare italiana ed al datore di lavoro

entro 5 giorni (INPS circ. 12-07-1988 n° 156 e 30-7-1990 n° 182 ma anche cassazione 24-

06-2005 n° 13622).

Termine della malattia e rientro anticipato al lavoro

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La capacità lavorativa si considera riconquistata il giorno successivo alla scadenza della

prognosi alla quale non segua altra idonea certificazione.

In ambito INPS al contrario dell’INAIL o di altre realtà (idoneità ad opera della CMO per

alcune categorie del pubblico) non è previsto che vi sia il pronunciamento del sanitario sul

termine della malattia e la possibilità di riprendere il lavoro.

La normativa attuale prevede che i medici possano inviare, durante tutto il periodo di

prognosi, certificazioni che annullino i precedenti o li rettificano.

Questo quando il medico riscontri un decorso più favorevole della malattia tale da

permettere una riduzione della prognosi.

Con il messaggio n° 6973 del 12 settembre 2014 l’INPS ha chiarito che, non potendo il

datore di lavoro conoscere né la diagnosi né l’effettivo contenuto incapacitante della

malattia, lo stesso datore di lavoro non è in grado di valutare se e in quale misura (e

aggiungiamo neanche attraverso il medico competente stante la previsione di cui al Dlgs

106) il dipendente che desidera rientrare ala lavoro in anticipo rispetto alla certificazione

da lui stesso precedentemente inviata abbia effettivamente recuperato le proprie energie

psicofisiche così da garantire se stesso e l’ambiente di lavoro da qualsivoglia evento

avverso connesso ad una non completo recupero della idoneità fisica.

Pertanto il lavoratore assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere

anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante,

potrà essere riammesso al lavoro solo in presenza di un certificato medico di rettifica

dell’originaria prognosi.

Un caso di certificazione di fine malattia può essere ipotizzato nel caso in cui la capacità

lavorativa venga riacquistata prima della scadenza della prognosi (vedi conclusioni della

Commissione Bicamerale).

Obbligo di non procrastinare il recupero e possibilità di svolgere attività lavorativa

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Obbligo del lavoratore è quello, inoltre, di non mettere in atto comportamenti atti a

pregiudicare il recupero delle sue energie lavorative25 così da rimettersi in condizione di

adempiere la propria prestazione26.

Tale obbligo deve essere correttamente declinato con il diritto del lavoratore di ricevere

adeguate cure ed assistenza anche in realtà diverse da quelle del domicilio abituale (ad

esempio necessità di lungo viaggio aereo per trascorrere la convalescenza presso la

famiglia di origine dopo intervento per ernia discale).

Si diceva che la malattia tutelata è quella che determina incapacità al lavoro specifico e

dunque in linea di principio lo stato di malattia non comporta un divieto assoluto di

svolgere altra attività lavorativa purché questo comportamento non evidenzi la fraudolenta

simulazione della malattia o sia di per sé idoneo a pregiudicare o ritardare la guarigione ed

il rientro al lavoro per inosservanza del dovere di porre in essere tutte le cautele necessarie

ad un rapido recupero delle energie lavorative (Cassazione sez.lav. n° 26290/2013 e n°

4237/2015).

In caso contrario lo svolgimento di altra attività lavorativa deve essere ritenuto

ammissibile e deve ritenersi illegittimo il provvedimento di licenziamento o le sanzioni

disciplinari adottate in conseguenza dello stesso.

L’espletamento di altra attività lavorativa durante l’assenza per malattia non può avvenire

in contrasto con i doveri di correttezza e buona fede e nel rispetto del dovere di fedeltà, e

ciò anche a prescindere dalla compatibilità tra lavoro svolto e stato di malattia.

Durante l’assenza per malattia non è vietato lo svolgimento di qualunque attività

lavorativa bensì esclusivamente quello di attività incompatibili con lo stato di malattia

denunciata e per incompatibilità si deve intendere che siano capaci di aggravare la malattia

e quindi lo svolgimento di una altra attività lavorativa non può essere sussunto come

dimostrazione della assenza di malattia27.

25 Una remota circolare INPS del 1981 indica fra i casi che determinano la decadenza del diritto all’indennitàil compiere atti che possono pregiudicare negativamente il decorso della malattia.26 Cassazione 11 dicembre 2001 n° 15621 e n° 15827 del 15/12/201027 Cassazione 15621 del 11 dicembre 2001: “lo svolgimento di altra attività da parte del lavoratore assenteper malattia documentata con certificato medico, costituisce motivo di licenziamento disciplinare (o megliodi licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) solo se il dipendente abbia agito

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In questo senso la Cassazione 12 aprile 1985 n° 2434 che affermava che “non sussiste, a

carico del dipendente assente per malattia, un divieto assoluto di svolgere una altra

attività, tranne che questa evidenzi una simulazione di infermità o comporti, anche

attraverso la compromissione della guarigione, l’inosservanza dei suoi doveri e, in

particolare quelli di fedeltà”.

Il dipendente assente per malattia, ricorda la Cassazione con la sentenza 15916 del 19

dicembre 2000 , se svolge una attività lavorativa presso un altro datore di lavoro deve

provare la compatibilità fra l’attività svolta con la malattia e, quindi, l’inidoneità della

stessa a pregiudicare (impedire o rallentare) il recupero delle normali energie lavorative

ostacolando il celere rientro in servizio28.

Avendo chiaro che il lavoratore che intende prestare attività lavorativa presso terzi

svolgendo mansioni che non pregiudichino il recupero della piena idoneità fisica alla sua

mansione lavorativa, è tenuto ad offrire tale prestazione parziale al proprio datore di

lavoro, il quale potrebbe assegnare temporaneamente il lavoratore a mansioni equivalenti

per le quali il lavoratore “malato” è idoneo29.

Due quindi i parametri fondamentali per poter consentire al lavoratore di svolgere attività

in malattia, individuati dalla giurisprudenza, il primo consistente nella veridicità della

malattia, per cui se l’attività poi volta rende palese l’incompatibilità di essa con la

malattia certificata, quest’ultima si rende non credibile, non vera e ciò comporta la

licenziabilità del lavoratore per tradimento dei suoi obblighi di fedeltà, il secondo

consistente nell’obbligo del lavoratore di astenersi da tutte quelle attività che possano

finire per compromettere la sua guarigione o anche solo rallentarla.

simulando la malattia, si sia comportato in modo da compromettere e ritardare la propria guarigione, abbiasvolto un’attività oggettivamente incompatibile con lo stato di malattia, oppure l’abbia esplicata inviolazione del divieto di concorrenza”.28 Vedi anche Cassazione 13 aprile 1999 n°364729 Vedi Cassazione n° 7467 del 29 luglio 1998: “nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, ildipendente in malattia che, seppure inidoneo temporaneamente alle mansioni alle quali è assegnato daldatore di lavoro, intenda svolgere attività lavorativa presso terzi in costanza del periodo di malattia, peressere non di meno idoneo a mansioni diverse, il cui espletamento non sia pregiudizievole al fine di un piùrapido recupero della piena idoneità fisica, è tenuto a offrire tale prestazione parziale al datore di lavoro , ilquale - esercitando lo jus variandi di cui all’art, 2103 cc – potrebbe temporaneamente assegnare il lavoratoreproprio a quelle mansioni (equivalenti a quelle originarie) per il quale il lavoratore stesso sia idoneo”.

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Dalla disamina della giurisprudenza più recente si può trarre la conclusione che per il

lavoratore in stato di malattia, le attività lecite e consentite che non siano in contrasto con

il suo dovere di rendere la prestazione lavorativa e che quindi possono essere

tranquillamente svolte durante le assenze dal lavoro per malattia sono tutte quelle che:

1) non siano incompatibili con l’esistenza della malattia stessa (comprensiva di un

congruo periodo di convalescenza che assicuri dal rischio di ricadute);

2) non siano ostative o incompatibili con la migliore e più rapida guarigione possibile;

3) non siano dimostrative di una residua capacità lavorativa che deve essere offerta

prioritariamente al datore di lavoro.

Si tratta di una fattispecie che ha trovato nuova vitalità con le più recenti normative sui

rapporti di lavoro dove l’inabilità riferita alle specifiche mansioni lavorative può

configurare la malattia in una sola mansione.

Su questo punto pare utile ricordare che il Ministero del Lavoro a proposito di lavoratore

con più rapporti di lavoro che si assenta a causa di infortunio ha formulato l’avviso che il

riconoscimento da parte dell’INAIL di un evento come infortunio esonera l?istituto

dall’obbligo di intervento anche per gli altri rapporti di lavoro, dovendosi ritenere

l’assenza del lavoratore quale assenza per infortunio nei confronti di tutti i datori di

lavoro.

Questa teorica possibilità si scontra pur tuttavia con l’obbligo di reperibilità e non si

segnalano su questo punto né indicazioni da parte degli Enti né da parte della

giurisprudenza.

VISITE DI CONTROLLO

L’art. 5 della legge 300/1970, cosiddetto “Statuto dei Lavoratori”, dispone il divieto per i

datori di lavoro di effettuare direttamente accertamenti sullo stato di salute del lavoratore

assente per malattia e stabilisce che i controlli siano di competenza dei servizi ispettivi

degli Istituti previdenziali competenti.

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Il divieto di accertamenti sanitari e controlli sulle infermità del lavoratore da parte di

personale dipendente dal datore di lavoro non costituisce violazione dell’articolo 5 delle

stesso Statuto nel caso in cui gli addetti alla vigilanza aziendale accertino che il

dipendente si dedica ad altra attività lavorativa durante l’assenza per malattia, ma solo nel

caso in cui l’accertamento riguarda il fatto materiale integrante un illecito disciplinare e

non uno stato di malattia (Cassazione n° 7434/1996).

Si tratta di un diritto assoluto e oggi tale funzione di controllo è stata integralmente messa

in capo all’INPS.

L’INPS può disporre anche di propria iniziativa il controllo della malattia, una volta

ricevuto il certificato medico inviato dal lavoratore o su richiesta del datore di lavoro,

servendosi dei medici appartenenti alla lista speciale INPS.

Con decorrenza dal 1° ottobre 2011, il servizio di richiesta delle visite mediche di

controllo domiciliare e/o ambulatoriale da parte dei datori di lavoro, pubblici e privati,

deve avvenire esclusivamente per via telematica30.

Il datore di lavoro può richiedere la visita medica di controllo anche in seguito alla sola

comunicazione e tramite la procedura informatica è possibile per i soggetti abilitati

richiedere on line l’effettuazione delle visite fiscali (PCM, circ 18-03-2011, n° 4).

La richiesta telematica (attraverso il portale WEB dell’Istituto servizio di “Richiesta Visita

medica di controllo) può essere effettuata, per un solo lavoratore e per una sola visita alla

volta, la procedura visualizza l’esito della visita dopo che questa è stata effettuata (INPS,

circ. 12-09-2011, n° 118).

La legge 638/83, all’art 5 recepisce la previsione dello Statuto dei lavoratori in maniera

più organica prevedendo le modalità e gli orari dei controlli.

Successivi decreti ministeriali applicativi della Sanità e del Lavoro,31 apportano ulteriori

disposizioni sulla regolamentazione delle fasce orarie di reperibilità

30 La richiesta può essere inviata in qualsiasi momento nell’arco delle 24 ore direttamente da datori di lavoroin possesso del Pin o attraverso gli intermediari abilitati che abbiano ricevuto la delega da parte del datori dilavoro (art.38 c.5 legge 12272010).Le richieste pervenute saranno smistate giornalmente ai medici dicompetenza entro le ore 9.00 per la fascia antimeridiana e le ore 12.00 per quella pomeridiana (messaggioINPS 12 marzo 2012 n°4344).31Sanità DM 25 feb. ‘84 e DM 8 gennaio ’85; Lavoro 15 luglio ‘86

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Per consentire l’accertamento del suo stato di malattia , il lavoratore deve rendersi

reperibile al proprio domicilio indicato nel certificato medico durante le fasce orarie32:

per i lavoratori del settore privato

dalle 10 alle 12 del mattino

dalle 17 alle 19 del pomeriggio

Tutti i giorni comprese le domeniche e i festivi.

Gli orari delle viste fiscali per i dipendenti pubblici (Statali, Scuola, Militari, Polizia di

Stato, Vigili del Fuoco, Asl, Enti locali sono:

dalle 9 alle 13 del mattino

dalle 15 alle 18 del pomeriggic0

Tutti i giorni comprese le domeniche e i festivi.

La legge 111 del 15 luglio 2011 ha previsto che la verifica della reperibilità del lavoratore

da parte dell’INPS possa essere attivata “dal primo giorno se l’assenza si verifica nelle

giornate precedenti o successive a quelle non lavorative”.

Queste ultime sono da individuare non solo nelle giornate festive e nella domenica ma

anche nelle giornate di riposo infrasettimanale conseguenti all’effettuazione di turni o

servizi, nonché in quelle di permesso o di licenza concesse.

Il lavoratore durante il periodo di malattia può scegliere un domicilio diverso dalla propria

residenza abituale senza che possano essere invocate limitazioni a tale diritto previa

comunicazione all’Ente dello spostamento e del nuovo recapito presso cui egli si rende

disponibile per il controllo.

La giurisprudenza si diceva non ha posto limiti a tale diritto (estero, località remote, ecc)

ma in tal caso l’obbligo di comunicare il domicilio diviene ancora più cogente. Infatti in

caso di omessa indicazione dell’abituale domicilio, il lavoratore può addurre che l’INPS

era in grado di recuperare, usando l’ordinaria diligenza, il dato in questione mentre in caso

32 Gli orari delle visite fiscali sono disciplinati dal D.L. 6 luglio 2011 n°98.

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di malattia verificatasi e curata all’estero, il lavoratore deve, come ricordato dalla

Cassazione (sentenza n° 10036/1998), mostrare una proporzionale diligenza nel

comunicare il suo stato e nel consentire al datore di lavoro di esercitare il suo potere di

controllo.

In occasione della visita domiciliare il medico deve essere munito di apposito tesserino di

identificazione, rilasciato dalla Asl o dall’Inps .

Per le visite di controllo è istituito un apposito verbale su modello VMC/REF composto di

4 parti: per l’INPS, per il datore di lavoro, per il medico certificatore e per il lavoratore.

Il verbale deve riportare la motivazione per cui viene effettuata la visita cioè se richiesta

dall’INPS o dal datore di lavoro.

Può essere confermata o meno l’esistenza di una malattia che produce incapacità al

lavoro33, e in ogni caso, qualora intervenga una modifica alla prognosi, il medico stesso

dovrà dare una adeguata motivazione.

Se il lavoratore non accetta l’esito della visita di controllo deve far attestare il proprio

dissenso sul referto in sede di visita In capo al medico di controllo è l’obbligo di

informare il lavoratore che il dissenso deve essere eccepito seduta stante e di convocarlo

presso il gabinetto medico-legale per il primo giorno successivo utile.

.Il giudizio definitivo spetta al capo del servizio medico-legale della Asl o al coordinatore

sanitario della competente sede Inps. 34.

Per i lavoratori non assicurati all’INPS 35la visita di riesame per giungere al giudizio

definitivo spetta ad un collegio medico presso il Servizio di Medicina Legale della ASL, in

eventuale contradditorio con il medico di fiducia del lavoratore.

Nel caso di visite di controllo effettuate a ridosso della scadenza della prognosi del

curante, il medico di controllo qualora rilevi elementi patologici tali da far ritenere

33 La Cassazione con sentenza n° 15372 del 20 luglio 2007 ha affermato che il certificato redatto da unmedico convenzionato con l’INPS per il controllo della malattia del lavoratore ex art. 5 legge 300/70, è attopubblico che fa fede fino a querela di falso della provenienza del documento del pubblico ufficiale che l’haformato nonché dei fatti che il pubblico ufficiale medesimo attesta aver compiuto o essere avvenuti in suapresenza.34 DM 12/10/200035 Il DM 12-10-2000 prevede la possibilità per il lavoratore di non accettare l’esito delle visita di controllo.

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necessario un ulteriore periodo di riposo e cure dovrà inviare il lavoratore al medico

curante per il prolungamento della prognosi,

Il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo indicato durante la durata

della malattia compresi i giorni festivi.

La reperibilità ha lo scopo di rendere possibile il controllo dello stato di malattia.

Questo obbligo permane anche nei giorni successivi ad un controllo domiciliare

(giurisprudenza non costante) anche se poi la Cassazione ha stigmatizzato il continuo

ricorso alle visite domiciliari Cass. 19 gennaio 1999 n° 475 in quanto questo

comportamento concretizza un comportamento vessatorio che ricade sostanzialmente nella

fattispecie del mobbing.

Su questo tema si segnala anche la presa di posizione dell’INPS con circolare n° 134421

Ago dell’8 agosto 1984.

Il medico di controllo deve valutare la incapacità lavorativa temporanea ed assoluta allo

svolgimento delle mansioni proprie del lavoratore e questo necessita di una valutazione a

2 componenti:

1) clinica con la conferma o meno della diagnosi e della prognosi fatta dal curante;

2) medico-legale, in cui la prognosi clinica della infermità riscontrata va rapportata

alle reali mansioni svolte per valutarne la temporanea ed assoluta incapacità

specifica.

Compito del medico certificatore sia curante che di controllo è quello di individuare

correttamente la guarigione che, ai fini assicurativi, coincide con la scomparsa della

incapacità lavorativa specifica assoluta.

La guarigione non va, quindi, intesa in senso clinico ma solo in funzione della possibilità

di svolgere adeguatamente e per l’intero turno di lavoro le proprie mansioni.

Per valutare l’inabilità temporanea assoluta del lavoratore “controllato” è perciò

necessario che il medico di controllo accerti mediante una accurata indagine anamnestica

le mansioni lavorative realmente espletate dall’interessato soprattutto in caso di affezioni

modeste e/o settoriali.

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Stabilito che la malattia sussiste e che il lavoratore al momento della visita è realmente

incapace al lavoro, il medico di controllo ha pure il compito di decidere se la prognosi

clinica espressa dal curante sia da confermare, in quanto sovrapponibile alla prognosi

medico-legale, o da modificare (articolo 4 del D.M. 08/01/1985).

Le valutazioni del medico di controllo, per la parte in cui si riferiscono alla prognosi

hanno una prevalenza solo relativa, basata sul fatto che sono successive a quelle espresse

dal medico curante ma sono comunque suscettibili di risultare errate e dunque possono

essere corrette da un ulteriore certificato del medico curante che attesti il perdurare della

malattia oltre la data di guarigione indicata nel referto del medico di controllo.

In sede di controllo oltre a verificare eventuale prognosi incongrue o anomalie della

certificazione il medico deve verificare la sussistenza di patologie di competenza INAIL36

o di patologie per le quali l’Istituto può avviare azione di surroga

La nuova certificazione di malattia prevede la possibilità dell’inserimento di un codice di

esclusione valido per le sole visite mediche di controllo che vengono effettuate di ufficio.

In questo caso il medico dell’INPS che effettua la visita fiscale può decidere, effettuando

una scelta ponderata sul discernimento clinico e medico-legale di escludere uno specifico

certificato di malattia dal flusso dell’applicativo Data mining, qualora la diagnosi evidenzi

una condizione di gravità tale che sconsigli o addirittura controindichi il controllo

domiciliare disposto d’ufficio. Le condizioni patologiche, recita il messaggio del luglio

2015, che dovrebbero rientrare in questa casistica “sono a titolo esemplificativo: le

oncopatie metastastiche, stati terminali, situazioni post-chirurgiche di interventi demolitivi

ecc..).

Assenza del lavoratore alla visita di controllo

Se il lavoratore non viene trovato al proprio domicilio, viene invitato per il primo giorno

non festivo ad accertamento ambulatoriale. La convocazione viene consegnato dallo stesso

medico ad un familiare o al portiere dello stabile che devono rilasciare ricevuta.

In mancanza di tale possibilità il sanitario deve lasciare l’invito nella cassetta della posta.

36 La Circolare 69 del 30 marzo 2007 stabilisce che il medico di controllo deve far compilare al lavoratorecontestualmente alla visita il modello AS1.

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In questa ultima ipotesi se il lavoratore non si presenta alla visita ambulatoriale, nel giorno

ed ora indicati dal medico di controllo, l’INPS provvederà ad invitare nuovamente il

lavoratore mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

Nel suo messaggio 7556/2004 l’INPS ha precisato che in base alla normativa non sono

previste ipotesi di esclusione dall’obbligo di osservanza delle fasce di reperibilità per cui

all’INPS non è consentito neppure in presenza di particolari affezioni rilasciare

autorizzazioni preventive a non rispettare le fasce.

Secondo la Cotte di Cassazione il giustificato motivo di assenza alla visita di controllo

non si identifica necessariamente nel caso di forza maggiore, potendo essere costituito da

un ragionevole impedimento.

Inoltre per costante orientamento la giurisprudenza afferma che il lavoratore deve mettere

in atto tutti quei comportamenti ispirati da buon senso e diligenza, idonei a consentire

l’effettuazione della visita medica di controllo mantenendo un comportamento tale da

consentire al medico della struttura pubblica sia l’immediato accesso all’abilitazione, sia

la possibilità della visita di controllo.. In questo senso la giurisprudenza si è pronunciata

sulla pratica applicazione di tale principio in merito a condizioni quali la omessa

indicazione del nome sul citofono o sul campanello, sull’assunzione di farmaci con

conseguente stato di sonno profondo, sulla ritardata apertura della porta dovuta all’essere

in doccia.

Sanzioni economiche in caso di assenze ingiustificate

Il lavoratore che risulta assente, senza giustificato motivo ad una prima visita di

controllo, perde il diritto all’indennità per i primi 10 giorni di malattia;37 dopo una seconda

assenza a visita di controllo, durante la stessa malattia, viene penalizzato con la riduzione

37 In base alla legge 638/83 l’assenza ingiustificata del lavoratore alla visita di controllo comportava oltrealla perdita dell’indennità per i primi 10 giorni di malattia anche la riduzione dell’indennità al 50% per ilperiodo rimanente.La Corte Costituzionale con sentenza n. 78/88 ha confermato la sanzione per i primi dieci giorni, ma haritenuto incostituzionale, perché troppo gravosa la riduzione sui giorni rimanenti. Solo dopo l’assenza ad unaseconda visita domiciliare o ambulatoriale è giustificata l’imposizione della perdita al 50% per i giornisuccessivi .v. Sentenza di Cassazione n. 3888/89 che accoglie questo orientamento.

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del 50% dell’indennità per tutto l’ulteriore periodo di malattia (esclusi i periodi di ricovero

ospedaliero o quelli accertati da precedente controllo; in caso di assenza ad una terza visita

viene sospesa l’erogazione dell’indennità dalla data in cui è stata riscontrata l’assenza. Se

il lavoratore si sottopone a visita ambulatoriale durante la quale venga accertata

l’incapacità al lavoro, dalla relativa data viene ripristinata l’indennità.

Per assenza del lavoratore deve intendersi non solo quella a visita domiciliare, ma

anche la mancata presentazione a visita ambulatoriale che viene sanzionata con le

stesse modalità.

Inderogabilità dell’obbligo di osservanza delle fasce orarie

La normativa non prevede ipotesi di esclusioni dall’obbligo di osservanza delle fasce

orarie di reperibilità per cui all’Inps, come alla Asl, ai medici ospedalieri o specialisti, non

è consentito, neppure in presenza di particolari patologie, rilasciare “autorizzazioni”

preventive che consentano l’assenza dal proprio domicilio.

L’eventuale assenza, quindi, in occasione sia di autorizzazioni mediche preventive , sia

della previa comunicazione da parte del lavoratore all’Inps del proprio allontanamento dal

domicilio durante le fasce, non viene giustificata ed è soggetta alle sanzioni previste.

Se la normativa non ha previsto ipotesi di esclusione dall’obbligo di rispetto della

reperibilità pur tuttavia l’INPS ha previsto, vedi Messaggio n° 1850 del 24 marzo 1997,

che l’assenza può essere giustificata in presenza di patologie per cui la permanenza in casa

durante le fasce orarie può avere un effetto negativo sulla storia naturale della malattia38

L’assenza alla visita domiciliare di controllo comporta la possibilità di sanzioni

disciplinari da parte del datore di lavoro. Secondo la Corte di Cassazione, l’impedimento

del controllo della malattia giustifica la comminazione di una sanzione disciplinare, ma

non rende automaticamente ingiustificata l’assenza e, quindi, non può comportare il

mancato pagamento dell’indennità di malattia, in assenza di una prova dell’insussistenza

dello stato morboso,

38 Su questo tema vedi Cassazione n° 11153 del 17 agosto 2001.

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Motivi giustificativi dell’assenza

L’Inps ha individuato alcuni criteri di giustificabilità 39dell’assenza del lavoratore, purché

debitamente documentati dal lavoratore, che sono poi stati condivisi nel tempo da una

giurisprudenza consolidata prevalentemente di Cassazione:

a) causa di forza maggiore: quando si verifica un impedimento assoluto dovuto a cause

ineluttabili.40

b) situazione che abbia reso imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore

altrove per evitare conseguenze gravi per sé e per i propri familiari;

c) concomitanza di una visita medica generica o specialistica con le fasce orarie41.

Nell’ipotesi b) il nucleo familiare deve essere inteso più in senso sociale che anagrafico

per cui vanno compresi non solo i familiari a carico o conviventi, ma anche i cosiddetti

parenti stretti” (ascendenti, discendenti, fratelli e sorelle).

Possono essere giustificate assenze dovute a convocazione da parte di pubbliche autorità o

la partecipazione a pubblici esami oppure a situazioni riguardanti il nucleo familiare che

comportino la presenza dell’assicurato per motivazioni “morali”( es. ricoveri ospedalieri,

funerali o gravi infortuni).

Rientra in questa ipotesi giustificativa, anche il caso del lavoratore affetto da particolari

malattie neuro- psichiatriche, per le quali il divieto di uscire durante le fasce orarie può

determinare pericolose reazione emotive pregiudizievoli anche sotto il profilo terapeutico.

Nella lettera n° 390800 del 1986 l’Istituto nel ribadire l’obbligo del rispetto delle fasce

oarrei anche per i lavoratori affetti da malattie nervose ammette che “tuttavia esistono

casi particolari di turbe nervose per i quali il divieto di uscire non costituisce una semplice

39 Delibera n. 99 del 6.4.1984 del Consiglio di Amministrazione Inps; Messaggio Inps n. 7556 /200440 Vedi Cassazione n°.1668/9641 “Il giustificato motivo non si identifica con il concetto di forza maggiore ma ricorre in presenza di unragionevole impedimento ovvero di una seria e valida ragione socialmente apprezzabile” Cassazione n°2624/2001.

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remora, ma può determinare nell’ammalato pericolose, gravi reazioni emotive,

pregiudizievoli anche sotto il profilo terapeutico”.

Oltre alla certificazione della natura della malattia da parte di un medico specialista della

branca che contenga una diagnosi puntuale e dettagliata, per la giustificabilità

dell’assenza occorre il motivato papere del Dirigente Medico Legale di Sede. Lo stesso

criterio si applica alle malattie croniche a prognosi infausta in cui il divieto di uscire da

casa può avere riflessi negativi sulla storia naturale dell’infermità.

Nella ipotesi c) di motivo giustificativo (concomitanza di visite mediche con le fasce

orarie), - per visita medica non si fa riferimento solo a quelle dallo specialista , ma anche a

quelle presso il proprio medico di fiducia – si richiede che vengano soddisfatti e provati i

motivi dell’urgenza e dell’indifferibilità della visita42.

Anche riguardo alla valutazione dell’urgenza , occorre il parere del Dirigente Medico-

legale di Sede, che si esprime sulla certificazione medica presentata dal lavoratore

contenente la diagnosi e la prescrizione terapeutica che sia di supporto alla dichiarata

urgenza.

E’ anche possibile , ai fini della giustificabilità dell’assenza , la valutazione della

cosiddetta “urgenza soggettiva” quando nella documentazione medica risulti una

sintomatologia (dolori o altri sintomi) tale da determinare nel lavoratore la convinzione di

doversi recare immediatamente dal proprio medico curante43.

In caso di visita urgente ricorre, come riconosciuto anche dallo stesso Istituto

previdenziale, il motivo giustificativo dell’assenza.

42 Tar Lombardia n° 6555 del 23 novembre 2000: “pur spettando al lavoratore la prova circa il giustificatomotivo d’assenza alla visita domiciliare di controllo e non essendo di per sé motivo sufficiente l’essersirecato presso il proprio medico o ambulatori o strutture ospedaliere, l’assenza è giustificata qualora il fatto direcarsi dal medico o presso le indicate struttura, durante l’orario di reperibilità, avvenga per necessità urgentiin relazione alla malattia o in relazione a stati patologici in atto, o perché il medico non riceve in oraricoincidenti con le fasce di reperibilità, pertanto l’Amministrazione trattiene illegittimamente la retribuzionerelativa alla giornata di assenza , laddove l’assenza risulti idoneamente giustificata dal certificato del medicoattestante l’orario della visita e la mancata preventiva comunicazione non possa essere addebitataall’interessato”:43 vedi Circolare INPS n° 171/1990.

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Criteri medico-legali dell’urgenza sanitaria

1) ragione seria ed apprezzabile;

2) necessità di accertamenti ed interventi “urgenti”;

3) riacuzie dell’affezione morbosa;

4) anomala evoluzione della malattia

5) incertezza determinata dalla soggettiva preoccupazione circa l’evoluzione della

patologia e dell’esigenza di aver chiarimenti/riassicurazioni del medico;

6) situazione sopravvenuta comportante la necessità imprescindibile ed indifferibile

dell’abbandono del domicilio per evitare gravi conseguenze per se o per i

componenti del nucleo familiare;

7) impegno anche di carattere morale da soddisfare con tempestività ed incompatibile

con il rispetto delle fasce orarie.

Il lavoratore, inoltre , deve fornire prova sia dell’indifferibilità della visita che

dell’impossibilità di effettuazione della stessa in orari non compresi nelle fasce di

reperibilità. Se l’orario del medico coincide solo in parte con le fasce di reperibilità,

l’assenza del lavoratore può essere giustificata se prova l’impossibilità di potersi recare

nello studio medico compatibilmente con il rispetto delle fasce orarie.

In caso di coincidenza totale per tutti i giorni della settimana fra l’orario di ambulatorio e

le fasce orarie, va considerato che il lavoratore è normalmente in grado di:

- anticipare o procrastinare opportunamente la visita negli spazi di tempo al di fuori

delle fasce;

- ottenere dal medico curante la possibilità di recarsi presso lo studio ad immediato

ridosso della chiusura dello stesso;

- esigere dal medico la visita domiciliare ai sensi dell’art.33 DPR n. 270/2000.

Cosa deve contenere il certificato giustificativo

a) data, ora della visita, tempo di permanenza nello studio del curante, presenza ed

orari di apertura dello studio;

b) data, ora della visita, tempo di permanenza nello studio del curante, presenza ed

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orari di apertura dello studio, indicazione del carattere urgente della visita con

descrizione della causa che ha concretizzato l’urgenza medica.

Giova ricordare che alcuni contratti collettivi di lavoro (come confermato dalla Cassazione

n°11358/1993) prevedono che il lavoratore preavvisi l’azienda della sua assenza durante le

fasce orarie di reperibilità

Esclusione dall’obbligo di reperibilità

Il lavoratore dipendente privato non è per ora escluso dal rispetto dalle fasce di reperibilità

in caso di malattia grave, in quanto tale opzione è prevista solo per i dipendenti pubblici

che si trovano in specifiche situazioni.

La novità introdotta dall’articolo 25 del Jobs Act “esenzione reperibilità” del Titolo II

Disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità” nel fissare le regole per

lo svolgimento delle visite fiscali per i dipendenti del settore privati ha introdotto una

ipotesi di esenzione dall’obbligo di reperibilità che però per divenire effettiva necessità di

uno specifico provvedimento emanato dal Ministero del Lavoro di concerto con il

Ministero della Salute, sentito l’Ordine dei Medici e l’INPS..

I dipendenti pubblici possono, invece, beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di rispettare

le fasce orarie di reperibilità nelle seguenti fattispecie44:

* patologie gravi che richiedono terapie salvavita45;

* infortunio sul lavoro INAIL,

* malattie riconosciute come dipendenti da Causa di Servizio,

* stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Il decreto ha inoltre escluso dal predetto obbligo di reperibilità anche i dipendenti nei

confronti dei quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato

nel certificato medico.

44 Con il messaggio n. 4752 del 13 luglio 2015 l’INPS ricorda la istituzione del codice di esclusione “E”45 Per le terapie salvavita vedi l’articolo 10 del Decreto Legge 15/9/2000.

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Riassumendo, le esclusioni dall’obbligo di reperibilità per la visita fiscale (art. 2 Decreto

18 dicembre, 2009 n. 206), vi sono solo se la malattia è connessa ad una delle condizioni

sopra elencate e solo se l’amministrazione sia già in possesso della documentazione

formale sanitaria che certifichi la patologia che causa l’esclusione dal suddetto obbligo,

pertanto, nel caso in cui il dipendente che rientra nel regime di esenzione non fosse trovato

presso il proprio domicilio in occasione della visita fiscale, non andrebbe incontro a

responsabilità e all’applicazione di alcuna sanzioni.

Come fare per farsi riconoscere l’esclusione dalle visite fiscali?

Il dipendente ammalato che rientra in una delle cause che determinano l’esclusione dagli

obblighi di reperibilità malattia durante gli orari delle visite fiscali e dell’invio stesso del

medico ASL e INPS per effettuare la visita fiscale, deve presentare una serie di documenti

per far scattare tale esclusione,

Infatti, solo la presentazione all’amministrazione e quindi al datore di lavoro, della

documentazione sanitaria ASL comprovante l’esistenza delle cause di esenzione, può

escludere il dipendente ammalato dai suddetti obblighi.

La documentazione medica sanitaria, deve essere accompagnata dal certificato medico di

malattia che giustifichi l’assenza dal lavoro del dipendente, nel quale deve essere indicata

la causa di esenzione, la patologia che rientra nel regime di esclusione dell’obbligo di

reperibilità degli orari della visite fiscale e dalla visita stessa

N.B: Le cause di esenzione di reperibilità riconosciute ai dipendenti

pubblici non possono essere ancora estese ai dipendenti privati.

Infortunio e malattia professionale riconosciute dall’INAIL e reperibilità

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Negli ultimi anni alcuni Contratti Collettivi di Lavoro hanno introdotto l’obbligo di

reperibilità nelle fasce orarie per i lavoratori assenti dal lavoro per infortunio sul lavoro

per malattia professionale46.

Il mancato rispetto di tale obbligo, occorre precisarlo, se accertato dai medici dell’INPS,

autorizza il datore di lavoro ad applicare la sanzione disciplinare, ove prevista dal

contratto collettivo, ma non determina la perdita dell’indennità per inabilità temporanea

assoluta INAIL da parte del lavoratore.

Malattia bimbo

L’articolo 47 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001 n. 151 dispone il non obbligo da

parte di genitori r bambini di rispettare gli orari delle viste fiscali, in quanto per legge è

previsto che entrambi i genitori, alternativamente, abbiano il diritto di astenersi dal lavoro

per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni.

Controllo di malattia e sorveglianza sanitaria ex D.Lgs 81/2008

Il rapporto fra le due diverse normative è esemplarmente risolto dalla sentenza di

Cassazione n° 1728/2005 di cui riprendiamo ampi stralci: “La legge 300/1970 intende

tutelare la libertà e dignità del lavoratore; e tal fine l'art. 5 mira a impedire che i datori di

lavoro, per controllare l'assenza per infermità del lavoratore, ricorrano a medici di loro

fiducia, anziché ai servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti (ora sostituiti dai

medici del servizio sanitario indicati dalle regioni), potendo così strumentalizzare

l'accertamento sanitario per fini impropri, che possono essere lesivi della dignità del

lavoratore (ad. esempio per comminare abusivamente sanzioni disciplinari o addirittura

per risolvere illegittimamente il rapporto di lavoro). In una parola, la ratio della norma è di

garantire l'imparzialità del controllo sanitario sulla infermità del lavoratore dipendente, a

tutela della dignità di quest'ultimo.

46 La Sentenza n° 15773/2002 della cassazione ha ribadito che il lavoratore è comunque sottoposto aidiversi obblighi regolati dal contratto collettivo di lavoro.

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Il D.Lgs. 81/2008 smi, invece, vuole garantire la sicurezza e la salute del lavoratore

durante il lavoro; e a tal fine prescrive che gli obblighi di prevenzione e protezione

gravanti sul datore di lavoro siano assolti, per determinate lavorazioni "a rischio", con la

collaborazione professionalmente qualificata di un medico aziendale, il quale dovrà

accertare in via preventiva e periodica lo stato di salute dei lavoratori, istituire e

aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio per ogni lavoratore, visitare periodicamente gli

ambienti di lavoro insieme al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, etc.

(art. 17 più volte citato).

Il medico previsto dal D.Lgs. 81/2008 smi è quindi incaricato stabilmente dal datore di

lavoro sulla base di un rapporto fiduciario, e può essere o dipendente di una struttura

esterna, pubblica o privata convenzionata, oppure libero professionista ovvero dipendente

del datore di lavoro.

I suoi compiti sono definiti per legge e sono comunque finalizzati alla prevenzione e

protezione dei lavoratori esposti allo specifico rischio lavorativo: pertanto non sono

estensibili ad altri settori. Se da una parte è scelto e pagato dal datore di lavoro, perché

deve coadiuvare quest'ultimo nell'esercizio dei suoi obblighi prevenzionali, dall'altra egli

deve svolgere il suo servizio professionale solo nell'interesse della salute e della sicurezza

dei lavoratori, tanto che incorre in sanzioni penali in caso di inosservanza.

Ne consegue a rigore che, anche nelle aziende in cui è istituito il "medico competente" ai

sensi del D.Lgs. 81/2008 smi, il datore di lavoro che voglia controllare lo stato di salute di

un lavoratore per verificare la legittimità di un'assenza a titolo di malattia o infortunio, non

potrà ricorrere al medico aziendale, pena la violazione dell'art. 5 legge 300/1970, ma

dovrà attivare soltanto i medici del servizio sanitario regionale.

In altri termini, per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori "a rischio" il legislatore

acconsente, e anzi prescrive, che il datore di lavoro si avvalga della collaborazione di un

medico di sua fiducia; ma per verificare la regolarità delle prestazioni lavorative in caso di

malattia o di infortunio, il legislatore impone che il datore di lavoro ricorra al controllo

imparziale di medici del servizio sanitario pubblico, che soli possono garantire il rispetto

della dignità del lavoratore.

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Se ne deve concludere che, anche nelle aziende in cui è obbligatoria la sorveglianza

sanitaria ed è stato nominato a tal fine un medico competente, continua a trovare

applicazione il divieto di accertamenti sanitari privati sulle assenze per malattia o

infortunio del lavoratore di cui al più volte citato art. 5”.

Il D.lgs 81/2008 e smi interviene in tema di malattia solo all’articolo 41 così come

modificato dal 106 prevede l’obbligo di visita medica a parte del medico competente per i

lavoratori che siano stati assenti dal lavoro per un periodo superiore ai 60 giorni

consecutivi a causa di malattia di qualsiasi origine.

INPS-INAILNel caso in cui uno stato di inabilità temporanea assoluta al lavoro non venga

riconosciuto come infortunio dall’INAIL in quanto l’evento che l’ha provocato non

presenta i requisiti di legge per essere qualificato come tale , a norma di legge l’evento

viene trasformato automaticamente in malattia comune ed indennizzato dall’INPS.

Nonostante la garanzia della tutela sociale, il mancato riconoscimento di un infortunio sul

lavoro da parte dell’INAIL comporta una perdita di tutela per il lavoratore a causa delle

diverse regole e del differente livello delle prestazioni, soprattutto economiche, che sono

previste dalle due diverse gestioni, mentre può rappresentare un vantaggio per il datore di

lavoro, si pensi al solo tema del comporto e della licenziabilità per eccessiva morbilità.

Il lavoratore temporaneamente inabile al lavoro a causa di infortunio non è tenuto ad

osservare le fasce orarie di reperibilità in quanto l’INAIL non effettua mai visite

domiciliari ma convoca il lavoratore presso le proprie sedi (con rimborso delle spese di

trasporto).

Inoltre, salvo diversa previsione dei Contratti Collettivi di lavoro i periodi di infortunio sul

lavoro non sono considerati ai fini della maturazione del periodo di comporto

Nel comunicare al lavoratore il mancato riconoscimento dell’infortunio l’INAIL

comunica, inoltre, al lavoratore che il caso è stato trasmesso per competenza all’INPS

perché venga trattato e indennizzato come malattia comune. Tale inoltro avviene ai sensi

di una Convenzione che stipulata nel 2009 ( Circolare INAIL n°38/2009 e Circolare

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INPS n°91/2009) è stata aggiornata il 15 dicembre 2014 per la durata di tre anni (vedi

circolare INPS n°69/12014 e INAIL n°47/2015).

La convenzione si attiva e funziona anche nei casi di erroneo indirizzamento delle

denunce e/o dei certificati medici ai due Enti previdenziali, opera ovviamente in

entrambe le direzioni, nel senso che riguarda, sia i casi che l’INAIL disconosce come

infortunio sul lavoro, sia i casi (statisticamente inferiori) che l’INPS disconosce come

malattie comuni, che vengono reindirizzati, secondo un iter procedurale stabilito,

all’Istituto ritenuto competente a trattarli.

La Convenzione INPS/INAIL prevede che nelle more dell’accertamento dell’Istituto

competente a trattare il caso, le prestazioni vengano erogate, ancorché in via provvisoria,

dall’Ente al quale il lavoratore si è inizialmente rivolto.

L’Istituto che alla fine risulterà competente a trattare il caso, rimborserà all’altro Istituto il

controvalore delle prestazioni e corrisponderà al lavoratore l’eventuale differenza.

L’aggiornamento del 2014 stabilisce che non rientra nell’ambito della Convenzione la

malattia professionale non tabellata . La ratio di tale esclusione sta nel fatto che “queste

patologie si configurano sempre come malattie comuni finché il lavoratore non fornisca la

prova del nesso eziologico con l’attività lavorativa svolta”.

Qualora dalla disamina della certificazione medica di malattia il sanitario INPS prospetti

un possibile evento infortunistico nel determinismo della inabilità lavorativa invia il

questionario AS1 al lavoratore che deve restituirlo debitamente compilato.

Nei casi di inabilità temporanea assoluta dovuta al riacutizzarsi degli esiti dell’infortunio o

della malattia per i quali viene già corrisposta una rendita per inabilità permanente parziale

(intesa dopo il D.Lgs 38 anche come indennizzo in capitale),, non sussiste il diritto alla

indennità giornaliera erogata dall’INAIL ma il diritto all’assistenza economica in caso di

malattia di competenza dell’INPS.

La Cassazione 12402 del 22 agosto 2002 conferma che nell’assistenza di malattia a carico

dell’INPS rientrano anche gli aggravamenti degli esiti dell’infortunio sul lavoro

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suscettibile di stabilizzazione ad un diverso e maggiore livello invalidante e comunque

come ulteriore conseguenza e recrudescenza temporanea dell’infortunio stesso.

Oltre il periodo decennale per gli infortuni e quindicennale per le malattie professionali le

eventuali ricadute sono di competenza INPS e dunque deve essere compilata certificazione

di malattia o nel caso di erroneo invio all’INAIL lo stesso Istituto dovrà segnalare

rapidamente l’evento all’INPS per la relativa copertura.

Particolare attenzione andrà posta alla particolare fattispecie introdotta dal D.Lgs 38

dell’accertamento provvisorio in quanto si è in presenza di lesioni non stabilizzate e

dunque il lavoratore non si è visto accertare i postimi definitivi e in questa condizione

afferma la De Zorzi nel suo volume “in tal caso, è nostro parere che, essendo i postumi

non ancora stabilizzati, eventuali periodi di inabilità temporanea sostenuti da disturbi

psico-fisici ricollegabili alle lesioni infortunistiche, siano da considerare a carico

dell’INAIL”.

Tutta la documentazione citata può essere richiesta alla Consulenza Medico-Legale Nazionale via e-mail all’indirizzo [email protected],[email protected]