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Numero 1°/2016La tutela dell’evento malattia in ambito INPS: aspetti medico-legali
ASPETTI RELATIVI AL DIRITTO
Evento tutelatoPer malattia1 si deve intendere una alterazione dello stato di salute che determina una
incapacità lavorativa non coperta da altra forma assicurativa (TBC, infortunio, malattia
professionale)2 3caratterizzata per essere:
- assoluta: cioè deve rendere impossibile lo svolgimento della attività lavorativa;
- temporanea: cioè deve avere una durata limitata nel tempo;
- specifica: cioè rapportata alla specifica mansione del lavoratore.
L’elemento principale di tale incapacità lavorativa è quello che essa deve essere valutata
in relazione al tipo di prestazione a cui il lavoratore è contrattualmente adibito. Questo
vuol significare che la stessa malattia può incidere in maniera diversa sulla capacità
lavorativa del lavoratore a seconda della concreta attività svolta e dell’ambiente di lavoro
determinando prognosi anche molto diverse a parità di patologia.
Anche l’Istituto Assicuratore si esprime in tal senso quando nel fornire indicazioni per le
visite di controllo4 ricorda che: “l’incapacità lavorativa e la durata della prognosi non
dipendono soltanto dalla natura e dallo stadio della forma morbosa, ma sono correlate al
tipo ed all’ambiente di lavoro, con riferimento anche alla gravosità ed all’eventuale
pericolosità del lavoro stesso”.
1Nel nostro ordinamento giuridico non emerge un concetto unitario che definisca l’evento malattia. Le
disposizioni normative fanno riferimento all’art.32 della Costituzione e all’art. 2110 del Codice Civile chedisciplina le assenze per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio in relazione al diritto alla retribuzioneed alla conservazione del posto di lavoro.2
Nel concetto di malattia devono, dunque, venire ricompresi anche gli infortuni extralavorativi.3 Cassazione n° 5634/1988: “l’impossibilità della prestazione lavorativa riferibile alla persona del lavoratorema a lui non imputabile, legata mediante un nesso di causalità mediato ed indiretto ad uno stato patologicoche richiede per effettive esigenze curative o riabilitative la sottoposizione a cure”.4 Circolare INPS n° 410 del 9 maggio 1987.
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Ultima caratteristica è quella che la malattia deve essere acuta o riacutizzata. Quando la
malattia si cronicizza superata la fase acuta, determina non più una incapacità temporanea
al lavoro ma eventualmente una invalidità permanente5.
Il fatto di essere una incapacità non assoluta fa si che il lavoratore che intende dedicarsi ad
altra attività lavorativa, come avremo modo di approfondire successivamente, nel corso
della malattia abbia l’obbligo di rendersi comunque disponibile, offrendo al datore di
lavoro una prestazione ridotta, compatibile con il proprio stato di salute (vedi Cassazione
29 luglio 1998, n° 7467).
Rientrano nel concetto di malattia anche situazioni non direttamente ricollegabili
all’alterazioni psico-fisica del lavoratore, come la necessità di particolari terapie o i
periodi di convalescenza.
Con messaggio del 3 marzo 2005 l’INPS ha chiarito che il diritto all’indennità di malattia
vige in caso di ricovero in ambiente ospedaliero, in tale fattispecie se il ricovero avviene
per una malattia si realizzerà “incapacità ed impossibilità lavorativa” mentre se avviene
solo per accertamenti medici, si realizza la sola impossibilità lavorativa.
Come si vede la malattia tutelabile ricomprende ogni fase del processo morboso dalla
manifestazione iniziale dell’evento alla cura dello stesso.
La malattia si differenzia anche dalla inidoneità che ha carattere permanente o, quanto
meno, durata indeterminata o indeterminabile e non implica necessariamente
l’impossibilità totale della prestazione. La inidoneità consente la risoluzione del rapporto
di lavoro (ex art. 5 Legge 300) indipendentemente dal superamento del periodo di
comporto (vedi Cassazione Civile n° 1404 del 31-01-2012), mentre di per se la malattia
non costituisce un grave impedimento contrattuale.
La malattia in ambito previdenziale si identifica, dunque, con una fattispecie diversa da
quella tutelata in ambito di assistenza sanitaria, infatti dopo la legge 883 del 1978 ogni
infermità è tutelabile a livello di assistenza sanitaria mentre nell’ambito della tutela del
5 Ad esempio stati di ipertensione arteriosa, diabete mellito possono comportare l’astensione dal lavoro soloin circostante di scompenso così come pure le patologie cronicizzate (come artrosi, bronchite ecc.) se nonsono in evidente fase di riacutizzazione non determinano lo stato di malattia
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rapporto di lavoro è rilevante solo la malattia che determina l’inidoneità al lavoro
subordinato.
La malattia va intesa anche come impedimento alle ferie nel senso di una incompatibilità
con il ristori ed il reintegro delle energie psico-fisiche.
La Corte Costituzionale con la sentenza n° 616 del 1987 ha stabilito che la malattia insorta
durante le ferie ne interrompe il decorso quando detta malattia impedisce il recupero delle
energie psico-fisiche, il soddisfacimento delle esigenze ricreativo-culturali e la
partecipazione più incisiva alla vita sociale e familiare6.
Nel novero della malattia rientrano anche i portatori di agenti patogeni. La Cassazione con
sentenza dell’ottobre 1987 ha, infatti, stabilito che anche “i lavoratori allontanati
dall’azienda perché considerati possibili portatori sani di germi infettivi e virus, hanno
diritto all’indennità di malattia per tutto il tempo in cui si protrae l’allontanamento. In
questa fattispecie può rientrare anche il familiare del portatore sano per il periodo
necessario ad escludere la sua contagiosità (in questo senso Circolare INPS n. 134381
AGO/246 del 04/12/81).
Qui occorre avere chiara la differenza fra portatore sano ed impregnato per cui valgono le
tutele previste dalle normative in tema di salute e sicurezza e quelle previdenziali INAIL.
Infine appare utile ricordare che esistono altre nozioni di malattia quali ad esempio la
nozione di malattia del bambino avente portata ampia e comunque tale da ricomprendere
non soltanto la fase acuta di alterazione patologica in atto, ma anche quella della
convalescenza in cui il bambino, dopo il superamento dei sintomi acuti, deve ancora
recuperare le propri normali condizioni biopsichiche e quindi la necessità dell’assistenza
materna o genitoriale per prevenire ricadute ed assicurare il completo ristabilimento fisico
e psichico ( vedi Cassazione n° 1293 del 6 febbraio 1998).
Nozione di malattia: casi equiparati
Sono accomunate alla malattie le situazioni quali:
6 Il lavoratore è tenuto a comunicare lo stato di malattia all’INPS ed al datore di lavoro. E’ data facoltà aldatore di lavoro che intende verificare l’effettiva incompatibilità della malattia del lavoratore con le ferie dichiedere il controllo da parte dell’INPS specificando che si tratta di lavoratore ammalatosi durante le ferie.
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1) Dimissioni Protette Ospedaliere : i periodi intermedi non sono equiparabili al ricovero
in quanto specifica l’INPS (Circolare 136 del 2003) la condizione di degenza non è in
assoluta conclusa ma viene temporaneamente sospesa. Si tratta di periodi durante i quali il
soggetto si reca presso la struttura di ricovero solo nelle giornate programmate per
effettuare indagini clinico-strumentali e dunque vengono indennizzati solo i giorni
effettivamente trascorsi in regime di ricovero. Occorre allora che per ottenere la copertura
dei periodi intermedi il lavoratore presenti all’INPS una certificazione della struttura
ospedaliera o del curante che attesti la temporanea incapacità al lavoro a causa della
malattia da cui il lavoratore è affetto.
Se al periodo di dimissioni protette va seguito il ricovero, detto ricovero deve essere
indennizzato come ricaduta.
2) Ricovero in Day Hospuital: le giornate in cui si effettua la prestazione in regime di
DH sono equiparate al ricovero per cui a prescindere dalla durata della presenza nel luogo
di cura, l’incapacità al lavoro viene riconosciuta anche se limitatamente al solo giorno di
effettuazione
Sulla stesso certificato, da inviare entro 2 giorni dal rilascio ai previsti destinatari, il
lavoratore deve, inoltre, indicare i propri dati, quelli dell’azienda presso il quale è
occupato , la residenza abituale o l’ eventuale diverso recapito per permettere l’esecuzione
dei controlli fiscali. 7
Per evitare problemi di privacy sarebbe utile che i sanitari stilassero un secondo attestato
privo di diagnosi da presentare al datore di lavoro o altra possibilità è che il lavoratore
presenti una fotocopia del certificato censurata per quanto riguarda la diagnosi.
3) Ricovero per donazione di organi: il lavoratore ha diritto alla tutela della malattia per
tutto il periodo di degenza e convalescenza ai sensi della legge n°107/1990 articolo 1
comma 1 (INPS circolare n° 192 del 7/10/1996).
4) Ricovero per donazione di midollo osseo: il donatore lavoratore dipendente ha diritto,
a seguito della legge n° 52/2001, alla conservazione della normale retribuzione per le
7 Circ. inps n.136/2003
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giornate occorrenti al prelievo, per le giornate di convalescenza e per i permessi orari
necessari all’espletamento dei preliminari della donazione.
5) FKT: la semplice prescrizione di trattamenti fisiochinesiterapici non comprova
l’incapacità al lavoro per la durata del ciclo di trattamento e quindi non da diritto alle
provvidenze economiche di malattia.
6) Trattamento dialitico: il trattamento dialitico da diritto alle indennità di malattia per le
giornate di assenza dal lavoro coincidenti con l’effettuazione del trattamento.
L’erogazione dell’indennità è regolata dalle norme comuni che vengono di seguito
riportate, salvo le seguenti condizioni particolari:
1) le giornate di assenza dal lavoro per l’effettuazione del trattamento devono essere
considerate un unico evento morboso continuativo.
2) la carenza e la diversificazione della misura dell’indennità in relazione alla durata della
malattia devono essere applicate per anno solare;
3) l’indennità non spetta qualora il lavoratore nel corso della giornata di effettuazione del
trattamento abbia prestato attività lavorativa sia pure per un numero limitato di ore.
4) ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia il lavoratore è tenuto a documentare
l’effettuazione del trattamento emodialitico a tale scopo deve essere ritenuta utile la
dichiarazione del luogo di cura (anche in forma cumulativa).
La nuova certificazione medica ( vedi messaggio INPS n.4752 del 13.-07-2015) prevede
l’inserimento del campo E (emodialisi/cicli di cura ricorrenti) in modo tale da poter
segnalare anche ai fini amministrativi queste due fattispecie.
7) Morbo di Cooley: l’INPS con circolare n° 1344 del 1 marzo 1984 ha stabilito che un
lavoratore affetto da morbo di Cooley ha diritto all’indennità giornaliera di malattia per le
giornate di assenza dal lavoro per effettuare il trattamento trasfusionale, sempre che non
sia stata prestata attività lavorativa sia pure per un numero limitato di ore nell’arco della
stessa giornata.
L’indennità deve essere corrisposta secondo i criteri in vigore per i lavoratori in
trattamento emodialitico.
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8) Interruzione di gravidanza. l’’interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza
qualora intervenga entro il 180° giorno dall’inizio della stessa è considerata a tutti gli
effetti come malattia (art.19, D.Lgs n°151), mentre se successiva viene considerata parto e
dunque rientrante nella tutela della maternità obbligatoria (art. 12 DPR 1026/1976).
L’aborto (Circolare INPS n° 139/2002) è considerato come malattia determinata dalla
gravidanza stessa e, dunque, tale assenza in quanto legata all’evento gravidanza non è
computabile nel periodo di comporto.
Non è considerato malattia il caso di procurato aborto quando questo costituisca reato.
9) Trattamenti a fini estetici: lo stato di incapacità temporanea derivante da trattamenti a
fini estetici in linea generale non è indennizzabile quale malattia.
Sussistono delle eccezioni, la più comune è senz’altro rappresentata dalla chirurgia della
piramide nasale (rinosettoplastica nasale, deviazione del setto nasale), nella quale oltre al
fatto squisitamente estetico coesistano deformità estetiche (gibbo, laterodeviazioni)
sostenute da alterazioni della normale architettura anatomica delle strutture
osteocartilaginee di sostegno, proprie della piramide nasale (congenite o acquisite), con la
stenosi mono/bi-laterale più o meno importante delle vie aeree: quest’ultima può
determinare conseguenti alterazioni del flusso aereo nelle vie respiratorie superiori, la cui
risoluzione chirurgica apporta comunque anche un miglioramento di immagine. In tali casi
va ammessa la indennizzabilità del periodo di malattia.. Altra fattispecie di ripetuto
riscontro è quella relativa alla chirurgia mammaria, nell’ambito della quale vanno
immediatamente distinte le differenti situazioni rappresentate dai diversi interventi
praticabili. La Mastoplastica Additiva (eseguita per aumentare il volume mammario,
attraverso l’introduzione di mezzi protesici) è sempre eseguita per soli fini estetici e le
componenti psicologiche riferite coesistenti di scarsa accettazione dell’ipotrofia
mammaria non sono, nella generalità delle situazioni, considerate ai fini
dell’indennizzabilità. Uniche eccezioni: la mastoplastica post-ablativa delle mammelle in
lavoratrici sottoposte a mastectomia radicale per K ed i rari casi di ipoplasia mammaria
monolaterale.
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La Mastopessi è l’intervento praticato per risolvere casi di ptosi mammaria di varia entità,
per lo più conseguenti a fatti involutivi della ghiandola (senili, post-allattamento e da
rapido dimagrimento):
anche questa è situazione che, proprio perché non sostanziata da alcuna patologia
organica, non è ammessa all’indennizzo. Esistono situazioni in cui, tuttavia, risulta
gravemente compromessa
l’immagine di se inducendo nella persona alterazioni nella sfera timica: tali casi,
identificabili mediante l’esame della documentazione sia iconografica che specialistica,
possono essere
ammessi all’indennizzo. La Mastoplastica Riduttiva (eseguita per ridurre il volume
mammario) assume frequentemente valenza di intervento con caratteri di necessità
terapeutica, attraverso
l’esistenza di problemi a carico del rachide cervicale e dorsale, conseguenti al peso
eccessivo delle mammelle e comportanti l’obbligo prolungato di assunzione di posture
scorrette ed incongrue.
Nell’ambito della chirurgia dell’addome non sussistono dubbi sulla caratteristica di
malattia degli interventi per laparocele mentre non sono indennizzabili gli interventi volti
a risolvere problemi di eccessiva adiposità e/o di rilassamento cutaneosottocutaneo.
Sono ammessi all’indennizzo gli interventi di addominoplastica per condizioni
patologiche organiche, quali ad esempio le complicanze proprie dei grandi grembiuli
addomino-pelvici (macerazioni e sovrainfezioni a carico delle ampie pieghe cutanee), gli
esiti postoperatori della chirurgia delle gravi obesità, importanti diastasi dei retti
addominali, ernie ombelicali di documentata grave entità, ecc..
Nell’ambito della chirurgia palpebrale vanno distinti gli interventi effettuati per la
correzione delle ptosi vere e proprie (le quali sono sostenute da patologie a carico dei
muscoli elevatore ed orbicolare) che alterano persino il campo visivo, da quelli relativi alla
rimozione degli eccessi cutanei e delle “borse” tipicamente di indole estetica e quindi,
non indennizzabili.
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Riguardo alla chirurgia refrattiva essa può essere ammessa all’indennizzabilità nel
momento in cui il lavoratore dimostri la reale necessità clinica dell’intervento.
Si rammenta che un intervento estetico non configura “malattia indennizzabile” nelle
giornate dell’atto operatorio e della successiva convalescenza: va da sé che, se il nesso
causale viene interrotto dal sopravvenire di complicazioni che alterano il normale decorso
post-chirurgico in modo del tutto imprevisto, la tutela assicurativa decorre normalmente.
(Messaggio Coordinamento Generale Medico Legale INPS n° 30/00)
10) Procreazione assistita: si tratta di pratiche complesse che richiedono oltre a giornate
di ricovero ospedaliero e/o in DH per l’effettivo impianto anche adeguati periodi di riposo
successivi che vanno ammessi all’indennizzabilità come malattia. Ove vengano effettuate
tecniche di procreazione assistita che richiedono il prelievo di spermatozoi è riconoscibile
al lavoratore un adeguato periodo di malattia.
Per quello che riguarda i controlli ecografici e/o i prelievi ematici questi rientrano in altre
fattispecie contrattuali come i permessi orari ad esempio.
11) Lavoratore con più rapporti di lavoro che si assenta a causa di un infortunio: il
Ministero del Lavoro ha precisato che in questa ipotesi il riconoscimento da parte
dell’INAIL di un evento come infortunio esonera l’INPS dall’obbligo di intervento anche
per gli altri rapporti di lavoro, dovendosi ritenere l’assenza del lavoratore quale assenza
per infortunio nei confronti di tutti i datori di lavoro.
12) Stati di tossicodipendenza: nell’ipotesi di certificati di malattia con diagnosi
riconducibili a stati di tossicodipendenza comportanti, o meno, soggiorno in comunità
terapeutica (fattispecie non equiparabile secondo l’INPS a ricovero ospedaliero) la
prestazione economica di malattia può essere corrisposta in presenza di una effettiva
incapacità lavorativa. Anche per questa fattispecie vige l’obbligo di reperibilità “a nulla
rilevando di per sé la particolare condizione di tossicodipendenza”.
13) Cicli di cura ricorrenti: riguarda i lavoratori che si sottopongono periodicamente per
lunghi periodi a terapie ambulatoriali specialistiche comportanti incapacità al lavoro. Se
nel certificato inviato è barrata la relativa casella si applicano i criteri della ricaduta (vedi
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oltre) , ove ne ricorrano i presupposti in particolare quello del trattamento eseguito entro
30 giorni dal precedente.
Insorgenza del diritto all’indennità
Secondo il principio dell’automatismo delle prestazioni 8 il diritto insorge quando il
lavoratore inizia a prestare attività lavorativa retribuita , anche di una durata minima ,
dopo la stipula del contratto.
Non è richiesta la costituzione di una contribuzione previa, né che il datore di lavoro
abbia provveduto alla comunicazione all’Inps delle notizie necessarie sui propri
dipendenti necessarie alla loro iscrizione oppure che lo stesso sia in regola con il
versamento dei contributi maturati.
Rispetto a queste regole generali che riguardano i lavoratori a tempo indeterminato
esistono delle eccezioni per alcune categorie di lavoratori a cui viene richiesto un
requisito contributivo per il diritto alla prestazione .
Conservazione del diritto
Il diritto alla prestazione si mantiene, nel lavoro a tempo indeterminato,per tutta la durata
del rapporto di lavoro e per un ulteriore periodo , detto di copertura assicurativa, di due
mesi (o di sessanta giorni, se il conteggio è più favorevole al lavoratore) dalla cessazione
del rapporto di lavoro o dalla sospensione del rapporto stesso.
Per le malattie che insorgono nel predetto periodo di due mesi, i lavoratori che hanno
cessato il rapporto di lavoro, licenziati o dimissionari, e quelli sospesi (assenti per
permessi di curata superiore a sette giorni, servizio militare, provvedimenti disciplinari,
sospensione provvisoria dell’attività aziendale ecc) hanno conseguentemente diritto alla
corresponsione dell’indennità. L’indennità è corrisposta in misura ridotta per tutta la
8 Art.11 della legge n. 138 /43 Circ. Inps 28 gennaio 1981, n. 134368 A.G.O. /14 par.2.
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durata della malattia, anche nel caso che questa si protragga oltre la scadenza dei due
mesi o 60 giorni, sempre nel termine massimo di indennizzabilità di 180 giorni.
Vanno esclusi dal computo dei 60 giorni perché considerati periodi neutri le assenze per
infortunio o malattia professionale, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale,
richiamo alle armi con obbligo di contribuzione, cure termali.
Per i lavoratori agricoli il diritto all’indennità permane se la malattia interviene entro due
mesi (o 60 giorni) dal giorno successivo alla data della cancellazione dagli elenchi
anagrafici.
Sono esclusi dalla copertura assicurativa i lavoratori a tempo determinato per i quali il
diritto alla prestazione cessa alla scadenza del contratto.
Sono anche esclusi i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro a tempo
indeterminato e hanno titolo alle prestazioni pensionistiche dirette.
Nel caso in cui, invece, il titolare di pensione diretta si sia rioccupato e si sia
successivamente dimesso o sia stato licenziato, il suo diritto all’indennità permane anche
nei successivi 60 giorni in quanto prevale la sua condizione di lavoratore rispetto a quello
di pensionato
Decorrenza e durata dell’indennità
L’indennità economica previdenziale viene erogata dal quarto giorno di malattia.
La non indennizzabilità da parte dell’Inps dei primi tre giorni di malattia viene indicata
correntemente con il termine di carenza
Quasi tutti i contratti di lavoro prevedono la retribuzione da parte del datore di lavoro
durante il periodo di carenza.
Il quarto giorno di malattia, e quindi la decorrenza dell’indennità, deve essere computato
dalla data di rilascio della certificazione medica..
L’Inps ammette la possibilità9 di riconoscere , ai fini erogativi della prestazione, la
sussistenza della malattia anche per il giorno immediatamente precedente quello del
9 circ . Inps n. 147/1996.
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rilascio del certificato se, nello stesso risulti compilata la voce “Dichiara di essere
ammalato dal….”
Questo criterio, valido anche per la certificazione della continuazione o ricaduta della
malattia, è da collegare alla facoltà per il medico curante10 di effettuare la visita medica il
giorno successivo, se la richiesta di visita domiciliare è avvenuta dopo le ore 10.
La regola non trova applicazione se la data riportata retroagisce di oltre un giorno quella
del rilascio o se emerge che si trattava di visita ambulatoriale. In tali situazioni le giornate
anteriori alla data del rilascio vengono considerate “non documentate “ e di conseguenza
non indennizzate.
L’indennità è dovuta per un periodo massimo di 180 giorni di malattia in un anno
solare
Nel periodo vanno compresi tutti i giorni di malattia, inclusi quelli per i quali l’indennità
non è stata erogata, come i giorni di carenza, i giorni festivi11 e quelli non indennizzati per
mancata o tardata certificazione.
Non vanno computati, invece, i periodi relativi a: maternità e congedo parentale, malattie
connesse con lo stato di gravidanza; malattia derivante da infortunio o malattia
professionale; malattia tubercolare, malattia causata da terzi, nei cui confronti l’Inps ha
esperito, positivamente, l’azione di surroga.
Inoltre non vanno computate le infermità che abbiano avuto causa, in tutto o in parte, nella
nocività insita nelle modalità di esercizio delle mansioni o comunque esistenti
nell’ambiente di lavoro, della quale il datore di lavoro sia responsabile per aver omesso le
misure atte a prevenirla o ad eliminarne l’incidenza, in adempimento dell’obbligo di
protezione ed eventualmente anche delle specifiche norme di legge connesse alla
concretizzazione di esso (Cassazione civile Sez. lavoro n. 7946/2011).
Del pari in caso di invalido assunto ope legis le infermità insorte per adibizione a mansioni
incompatibili con le condizioni di salute (Cassazione Civile Sez. lavoro n. 17720/2011).
10 DPR 28.9.1990 n. 314, art.20.11 Salvo che la contrattazione collettiva non contenga esplicite previsioni in senso contrario.
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Per i lavoratori con contratto a tempo determinato 12 l’indennità viene corrisposta per un
periodo non superiore a quello dell’attività lavorativa svolta nei 12 mesi precedenti ,
fermo restando il limite dei 180 giorni nell’anno solare, per il pagamento delle giornate
ulteriori, provvede direttamente l’inps.
N:B. Il periodo di 180 giorni nell’arco dell’anno solare non va confuso con il periodo
di comporto13 previsto dai Contratti collettivi di lavoro.
Continuazione e ricaduta della malattia
La ricaduta della stessa malattia o altra consequenziale, debitamente certificata dal
medico, se intervenuta entro 30 giorni dalla fine di quella iniziale, è considerata a tutti gli
effetti continuazione della malattia.
La certificazione medica della prosecuzione deve essere chiesta il primo giorno successivo
alla scadenza della prognosi precedente e trasmessa all’Inps entro il termine di due giorni
Nella fattispecie della ricaduta debbono essere incluse anche i cicli di cura ricorrenti se
comportanti incapacità al lavoro.
Il medico certificatore in caso di evento definibile come ricaduta deve barrare la casella
prevista nel certificato.
In caso di continuazione di malattia, non sono coperti dall’indennità economica i giorni di
ritardo compresi tra la data di scadenza della prognosi precedente e quella di emissione
della certificazione successiva. (INPS Circolare n°147/1996). In presenza di successivi
certificati intervallati dalla giornata festiva o dal sabato o domenica si presume che i due
periodi costituiscano un unico evento morboso ( INPS Circolare 134368 del 28/1/1981).
12 art. 5 legge 638/8313 Per periodo di comporto si intende il periodo di tempo durante il quale il lavoratore ha diritto allaconservazione del posto di lavoro, nonostante l'esecuzione della prestazione venga sospesa per fatto inerentealla sua persona. Con tale termine si intendono due diverse fattispecie:a) comporto secco: il periodo di conservazione del posto è stabilito (normalmente dal CCNL) conriferimento ad un unico episodio morboso di lunga durata;b) comporto per sommatoria: si ha in presenza di una pluralità di malattie ripetute e intermittenti chesingolarmente considerate non raggiungono il quantitativo richiesto per il comporto secco. Il comporto persommatoria ha un termine esterno (arco temporale considerato) ed uno interno (quello dato dalla somma ditutte le assenze per malattia).
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La nuova malattia viene indennizzata dal 1° giorno senza applicare la “carenza”, i giorni
vengono sommati a quelli della malattia iniziale ai fini del raggiungimento del 20° giorno,
a partire dal quale si alza la misura dell’indennità dal 50 al 66,66% della retribuzione.
La retribuzione da prendere a base per il calcolo dell’indennità è la stessa considerata per
il calcolo della precedente malattia.
Nel caso di cicli di cura ricorrenti può essere sufficiente anche una unica certificazione del
curante che attesti la necessità di trattamenti ricorrenti comportanti incapacità lavorativa e
che li qualifichi l’uno ricaduta dell’altro. Gli interessati dovranno inviare tale
certificazione prima dell’inizio della terapia, fornendo anche l’indicazione dei giorni
previsti per l’esecuzione. A tale certificazione dovranno far seguito, sempre a cura degli
interessati, periodiche dichiarazioni della struttura sanitaria, riportanti il calendario delle
prestazioni effettivamente eseguite, le sole che danno titolo all’indennità.
La sommatoria dei giorni di malattia non si applica ai fini dell’applicazione dell’articolo
41 comma 3 e-ter del D.Lgs 81/2008 smi.
Malattia a cavaliere
In caso di malattia iniziata in un anno e protrattasi ininterrottamente nell’anno successivo
, la malattia va considerata come un unico episodio morboso tenendo conto dei seguenti
criteri : 14
quando nell’anno di insorgenza dell’evento non è stato raggiunto il massimo
assistibile annuo , la malattia ancora in corso al 31 dicembre, viene
autonomamente indennizzata dal 1° gennaio successivo, per un massimo di
ulteriori 180 giorni;
quando invece nell’anno di insorgenza è già stato raggiunto il massimo
indennizzabile prima del 31 gennaio, il ripristino dell’indennità al 1° gennaio è
subordinato alla permanenza del rapporto di lavoro,o della copertura assicurativa ,
ossia si richiede che il rapporto non sia cessato o sospeso da oltre 60 giorni;
14 Circolare. Inps n°. 145/93
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l’erogazione dell’indennità negli anni seguenti, dal terzo in poi, è subordinata alla
ripresa dell’attività lavorativa, anche presso un diverso datore di lavoro.
E’ possibile interrompere la malattia?
Il lavoratore anziché proseguire la malattia (se si trovi vicino al raggiungimento del
comporto ad esempio) può chiedere di usufruire di:
1) ferie;
2) aspettativa.
Stante l’incompatibilità della malattia con il godimento delle ferie è necessario e
fondamentale che la richiesta in tal senso sia espressa. La Cassazione, in tale caso, ha
attribuito maggior rilievo all’interesse del lavoratore al mantenimento del posto di lavoro
(Cass. Civ. 3028/2003 e 25863/2010).
Malattia insorta durante le Ferie
La malattia iniziata durante un periodo di ferie le interrompe a condizione che:
si tratti di malattia di durata superiore ai tre giorni;
che la stessa sia stata documentata all’INPS e all’azienda nei modi e nei termini di
legge.
Se la malattia ha comportato un ricovero ospedaliero è sufficiente la documentazione
rilasciata dall’ospedale al momento delle dimissioni del lavoratore.
Nel caso in cui il lavoratore si ammali durante un soggiorno per ferie all’estero vale
quanto indicato nel paragrafo dedicato alla malattia all’estero.
I criteri generali sovra esposti sono validi in assenza di diverse disposizioni contrattuali
riguardanti la durata ed il tipo di malattia. Se il contratto prevede condizioni diverse, le
ferie si interrompono secondo le norme esposte nel contratto stesso.
L’effetto sospensivo non è escluso dal fatto che la malattia cada in un periodo di ferie
collettive (Cassazione n° 3093/1997).
La malattia insorta antecedentemente all’inizio delle ferie, qualora permanga oltre tale
data, non da luogo al decorso delle ferie. Al termine della malattia il lavoratore potrà
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godere delle ferie programmate non coperte dallo stato di malattia. In ogni caso il
lavoratore non può, con decisione autonoma, prolungare le ferie di un periodo equivalente
a quelle sospese per malattia.
Il lavoratore che sia assente per malattia durante il periodo di ferie annuali fissate nel
calendario aziendale ha diritto, una volta ristabilitosi, di godere delle ferie annuali in un
periodo diverso anche al di fuori della programmazione aziendale.
Marittimi già iscritti all’IPSEMA
Con la legge 99 del 2013 è stata trasferita all’INPS la gestione della malattia di lavoratori
già iscritti all’IPSEMA. Le modalità applicative di tale trasferimento sono state definite
dall’INPS con la circolare 179 sempre del 2013.
Come è noto viene definita malattia fondamentale (art. 6 legge 831/1938) quella malattia
che si manifesta durante l’imbarco impedendo la prosecuzione della navigazione. La
prestazione viene erogata dal giorno successivo allo sbarco per tutti i giorni di prognosi
fino alla guarigione clinica e comunque fino al massimo di un anno. Se il medico non
ritiene necessario lo sbarco la malattia viene retribuita dal datore di lavoro. Qualora,
invece, si ravvisi la necessità dello sbarco il marittimo deve provvedere alla
regolarizzazione sottoponendosi a visita presso il SASN (Servizio assistenza sanitaria ai
naviganti) di competenza oppure presso un medico fiduciario.
Riassumendo in caso di malattia il lavoratore marittimo deve:
1) informare il comandante della nave o l’armatore,
2 sottoporsi a visita medica;
3) trasmettere all’INPS e al datore di lavoro il modello di denuncia contenente fra l’altro il
primo rapporto medico;
4) rispettare le fasce orrire di reperibilità.
Alla malattia fondamentale si affianca la malattia complementare (disciplinata
dall’articolo 7 della legge 833 del 1938).
Per malattia complementare si intende la malattia che si manifesti entro i 28 giorni
successivi allo sbarco. L’indennizzo viene corrisposto a decorrere dal quarto giorno
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successivo alla data della denuncia e per la durata massima di un anno dall’annotazione
dello sbarco sul ruolo.
E’ onere del lavoratore trasmettere il modello di denuncia contenente fra l’altro il primo
rapporto medico (entro 48 ore dal suo rilascio) con le informazioni necessarie per
l’erogazione della prestazione. Il lavoratore è inoltre obbligato a rispettare le fasce di
reperibilità per tutti i giorni della prognosi,
I marittimi in continuità di rapporto di lavoro e di disponibilità retribuita hanno diritto,
oltre alle prestazioni indicate in precedenza, alla corresponsione di una indennità
giornaliera per inabilità temporanea da malattia che si manifesta dopo il 28 giorno ed
entro il 180 giorno dallo sbarco. La comunicazione dell’evento avviene nelle medesime
modalità previste per le precedenti prestazioni cioè tramite il modello di denuncia
contenente le informazioni necessarie per l’erogazione della prestazione d il primo
rapporto medico, da inviare entro 48 ore dal suo rilascio.
Al termine di un periodo di inabilità per malattia se il marittimo viene giudicato
temporaneamente non idoneo all’espletamento dei servizi della navigazione ha diritto ad
una prestazione economica di temporanea inidoneità all’imbarco, prevista dalla cosiddetta
legge Focaccia (n.1486 del 1962) per la durata temporale massima di un anno.
Indennità per inabilità temporaneaassoluta per:
Decorrenza del diritto
Malattia fondamentale Dal primo giorno successivo allo sbarco, pertutti i giorni di prognosi (compresa ladomenica) fino ad un massimo di un anno
Malattia complementare Dal primo giorno successivo alla denunciadell’evento medesimo, fino ad un massimo diun anno
Malattia per marittimi in continuità dirapporto di lavoro
Dal primo giorno successivo alla denunciadell’evento medesimo, fino ad un massimo di180 giorni.
Naspi e malattia
L’INPS con la recente circolare 94/2015 ha chiarito che la Naspi non sostituisce
l’indennità di malattia, pertanto nel caso in cui la malattia insorga durante la percezione
dell’indennità di disoccupazione e comunque entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto
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di lavoro, la Naspi viene sospesa per tutta la durata dell’indennità di malattia per poi
essere ripristinata, per la parte residua, dal momento della ripresa della capacità lavorativa.
ADEMPIMENTI DEL LAVORATORE
Comunicazione dell’insorgenza della malattia al datore di lavoro
Nell’ambito della comunicazione si concretizzano due rapporti distinti ed autonomi quali
quello di lavoro e quello previdenziale.
La tutela della malattia prevede tre fasi distinte quali 1) la comunicazione, 2) la
certificazione ed 3) il controllo e sono solo queste ultime due che si caratterizzano anche
per aspetti medico-legali.
Il lavoratore che si ammala deve dare tempestiva comunicazione, sia della sopravvenuta
malattia al datore di lavoro per consentirgli di assumere provvedimenti d' ordine tecnico-
amministrativi conseguenti alla sua assenza dal lavoro, sia del luogo in cui lo stesso
trascorrerà il periodo di malattia per poter essere rintracciabile per eventuali visite di
controllo15.
Le modalità ed il tipo di certificazione sono stabiliti dalle norme contrattuali ed
eventualmente dai regolamenti aziendali per quanto riguarda i rapporti fra datore di
lavoro e lavoratore.
Il lavoratore ha l’obbligo, poi, di giustificare l’assenza con il certificato medico in quanto
la trasmissione dell’avviso non esonera 16 dal successivo invio del certificato medico che
rappresenta la prova della malattia.
Se il lavoratore ha diritto a prestazioni economiche di malattia a carico dell’ INPS
intervengono anche norme legislative ed amministrative.
Se non vi è intervento economico a carico dell’INPS le norme specifiche che riguardano la
certificazione da trasmettere all’Istituto Previdenziale non hanno ragione di essere e
15 Il lavoratore per non incorrere in conseguenze disciplinari può provare di essere statoimpedito/impossibilitato ad inviare il certificato nei termini ad esempio perché privo di congiunti o perchéricoverato in ospedale senza poter comunicare con l’esterno: Cassazione 9 giugno 1993 n° 6416, 9 febbraio1986 n° 1003, 26 aprile 1983 n° 2824, 13 febbraio 1997 n° 1314:16 vedi Cassazione 21 marzo 1997 numero 2494
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valgono unicamente le norme contrattuali che potrebbero anche essere diverse da quelle di
legge: possono essere piò o meno rigorose di quelle di legge e possono variare da settore a
settore in ogni caso nulla hanno a che vedere con le norme previdenziali che riguardano
unicamente i casi nei quali sia previsto l’intervento economico.
Nel caso di intervento economico da parte dell’INPS il lavoratore deve inviare
contestuale certificazione all’INPS, certificazione che deve essere trasmessa direttamente
dal medico con modalità telematica.
Con circolare n°60 del 16 aprile 2010 l’INPS ha indicato le modalità attuative relative
alla trasmissione telematica dei certificati di malattia, ai sensi delle norme di legge quali il
Decreto del Ministero della Salute del 26 febbraio 2010 e della Circolare n° 1 del 19
marzo 2010 del dipartimento della Funzione Pubblica e del Dipartimento della
Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ed innovazione tecnologica.
I medici dipendenti dal SSN o in regime di convenzione sono tenuti a trasmettere, dunque,
all’istituto stesso, per il tramite del SAC (Sistema di Accoglienza Centrale), il certificato
di malattia del lavoratore rilasciandone una copia cartacea al lavoratore.
Il certificato così trasmesso viene ricevuto dall’INPS che lo mette a disposizione del
cittadino interessato mediante accesso al sito Internet dell’Istituto previa identificazione
con pin.
L’attestato di malattia è reso invece disponibile per il datore di lavoro pubblico o privato,
con modalità illustrate nella Circolare n°179 del 7 settembre 2010.
Per il settore privato è necessario accedere tramite il sito INPS alla voce Azienda Privata
con inserimento della matricola dell’Azienda.
Se il datore di lavoro ha chiesto di ricevere direttamente gli attestati di malattia, i
dipendenti non sono più tenuti a far pervenire in azienda l’attestato ricevuto dal medico.
Contrariamente, l’obbligo permane così come rimane in ogni caso, come già indicato in
precedenza, l’obbligo di avvertire dell’assenza nei termini previsti dal CCNL.
L’azienda è tenuta a dare comunicazione ai lavoratori, anche tramite affissione in bacheca,
dell’avvenuta attivazione del canale telematico, con conseguente esonero per gli stessi
dell’inoltro del numero identificativo del certificato.
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Il lavoratore che è assente a seguito di un incidente (non sul lavoro) dovuto a
responsabilità di terzi è tenuto a presentare all’INPS il modello SR 13 AS, sulla base del
quale l’Istituto può avviare l’eventuale azione di rivalsa.
Sia l’obbligo di comunicare lo stato di malattia che quello della certificazione è previsto in
tutti i contratti collettivi di lavoro, con termini di invio del certificato differenti. In caso di
violazione di detti adempimenti le norme contrattuali possono prevedere varie forme di
sanzioni.
Al lavoratore sta in capo ancor più dopo l’introduzione dell’invio telematico l’obbligo di
verificare l’esatta indicazione dell’indirizzo di reperibilità.
L’omessa indicazione dell’indirizzo non è equiparabile automaticamente all’assenza
ingiustificata alla visita di controllo (Cassazione sentenza n° 7909/1997 e Circolare INPS
n° 129 del 6/6/1990), ne consegue che l’INPS deve cercare di procurarsi l’indirizzo del
lavoratore utilizzando l’ordinaria diligenza ed il lavoratore ha l’onere di provare che
l’Istituto era in grado di procurarselo altrimenti (Cassazione sentenza n° 1283/1993).
Se l’INPS ne è già a conoscenza, per esempio, per l’effettuazione di precedenti controlli,
l’omessa indicazione dell’indirizzo non ha alcuna conseguenza economica (Circolare
INPS n° 182/1997).
Se l’indirizzo insufficiente per il reperimento del lavoratore coincide con quello riportato
sul certificato di residenza, il lavoratore può essere considerato giustificato, ove si tratti di
prima malattia (INPS messaggio n° 22747 del 9/10/1999).
Qualora il lavoratore riscontrasse delle inesattezze nel certificato, lo stesso potrà essere
annullato dal medico certificatore entro il termine di 24 ore dal suo invio.
Documentazione sanitaria: certificato medico di malattia
La certificazione sanitaria ha la funzione di giustificare la causa dell’assenza dal lavoro e
di documentare, ai fini dell’indennità di malattia , l’infermità che determina incapacità
lavorativa , certificando sull’inizio e la durata presunta della stessa.
La certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti soggetti all’INPS va redatta (art. 7
DPCM 26-03-2009) dal medico curante o dalla struttura sanitaria in doppia coppia
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secondo gli esemplari definiti dalla Convenzione Nazionale Unica (decreto Ministero
sanità e Ministero del lavoro 30 settembre 1991)17.
L’art. 1c. 149, L 311/2004 , modificando la normativa precedente , ha stabilito che dal 1°
giugno 2005, in caso di infermità che comporta inabilità al lavoro dell’assistito, sia il
medico di famiglia a trasmettere all’Inps il certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata
presunta della malattia per via telematica on line, secondo le tecniche e le modalità
determinate dall’INPS.
Il 14 settembre 2011 è entrata definitivamente a regime la nuova modalità di ricezione
telematica dei certificati di malattia, la quale è andata a sostituire la vecchia procedura di
presentazione delle attestazioni cartacee ed uniforma i regimi di ricezione da parte dei
datori di lavoro pubblici e privati18.
La nuova procedura telematica è regolata da quattro differenti norme che si sono
succedute nell’ultimo decennio:
1) il D.Lgs. 165/2001 che all’art. 55 septies comma 2 prevedeva che “In tutti i casi di
assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal
medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza
sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici
nel settore privato dalla normativa vigente […] e dal predetto Istituto e' immediatamente
inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata”.
2) Con L. 311/2004 si è poi previsto che “A decorrere dal 1º giugno 2005, nei casi di
infermità comportante incapacità lavorativa, il medico curante trasmette all’INPS il
certificato di diagnosi sull’inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica
on line, secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali determinate dall’INPS
medesimo. Il lavoratore è tenuto, entro due giorni dal relativo rilascio, a recapitare o a
17 Il medico deve compilare il certificato in tutte le sue parti senza mancanze e senza modifiche né aggiunte.Particolare attenzione occorre riservare alla compilazione delle voci: inizio, continuazione e ricaduta inquanto in caso di inizio di malattia le prime tre giornate di assenza sono a carico dell’azienda mentre in casodi continuazione tutte le assenze sono a carico dell’ente assicuratore. Nel caso di susseguano due malattiecon diagnosi diversa il medico dovrà bararre la voce inizio per ognuna di queste malattie per cui i primi 3giorni della nuova malattia sono a carico del datore di lavoro.18 Dalla normativa restano escluse alcune categorie: dal personale militare , della Polizia di Stato, del Corponazionale dei Vigili del Fuoco, al personale della carriera dirigenziale e direttiva penitenziaria ecc.
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trasmettere, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della
malattia, rilasciata dal medico curante, al datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo
richieda all’INPS la trasmissione in via telematica della suddetta attestazione, secondo
modalità stabilite dallo stesso Istituto”.
3) Con la finanziaria per il 2007 (art.1 c. 810 della L. 296/2006) si sono, in seguito, poste
le basi per la creazione del network utile ai medici curanti per l’inoltro dei certificati.
4) A chiusura si pone il c.d. “collegato lavoro” (L.183/2010) che all’art. 25 prevede che “al
fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e
privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 1° gennaio
2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il
rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni di cui
all’articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”
La Circolare n° 4 del 18.03.2011 della Presidenza del Consiglio dei Ministri afferma che
“l’inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica da parte dei medici costituisce
illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta il licenziamento o la decadenza
dalla convenzione, per i medici convenzionati,”. Ovviamente tale rischio non si pone per i
medici liberi professionisti, i quali, pur se obbligati all’utilizzo della procedura telematica,
non sono oggetto del sistema sanzionatorio previsto dalla normativa
La procedura telematica di inoltre della certificazione medica è basata sul SAC: “Sistema
di Accoglienza Centrale”, la piena entrata a regime di questo sistema ha comportato,
anche per il settore privato, la cessazione dell’obbligo in capo al lavoratore di inviare al
datore di lavoro la copia dell’attestato di malattia rilasciato dal medico al momento
dell’invio della certificazione telematica (PCM circ. 18.03.2001 n°4, in GU n° 135 del
13.06.2011).
Il SAC attribuisce al singolo certificato un numero di protocollo univoco, il che consente
al medico di stampare una copia del certificato e dell’attestato, da consegnare al
lavoratore19. Il datore di lavoro può ottenere l’attestato di malattia (quindi senza la
diagnosi) tramite accesso diretto al sistema INPS tramite credenziali tramite l’invio di
una email alla propria casella di posta certificata.
19 Vedi accordo Confindustria—CGIL-CISL-UIL del 20-07-2011.
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Il modulo INPS riservato al medico si compone, a sua volta, di due sezioni:
1) certificato vero e proprio con diagnosi della malattia
2) attestato di malattia per dichiarazione giustificativa della assenza dal lavoro , privo
di diagnosi ma contenente esclusivamente la prognosi, la data del rilascio e di
inizio della malattia. Detta certificazione produce la sospensione del rapporto di
lavoro durante la malattia ai sensi dell’art..2110 del codice civile, con il
conseguente diritto alla conservazione del posto.
Eccezion fatta per la presenza o mancanza della diagnosi il contenuto delle due sezioni è
identico e riporta:
1) dati identificativi del medico che redige il certificato
2) codice di diagnosi
2) dati di prognosi, ossia inizio e termine previsto della malattia e nei casi previsti data di
prosecuzione o ricaduta
3) se si tratti di inizio, continuazione o ricaduta;
4) se si tratti di visita ambulatoriale o domiciliare;
5) nome, cognome, codice fiscale, data e luogo di nascita del lavoratore;
6) residenza o domicilio abituale del lavoratore, completo di città, indirizzo e cap;
7) in caso di reperibilità durante la malattia a un indirizzo diverso da quello abituale, va
indicato espressamente il nominativo indicato presso l’abitazione, se diverso dal proprio,
la città, l’indirizzo ed il cap.
Il medico deve rilasciare al lavoratore il numero di protocollo del certificato grazie al
quale, inserendo anche il proprio codice fiscale, il lavoratore può accedere al sito internet
INPS e ricercare, visualizzare e stampare direttamente il documento in questione (INPS
circ. 16.04.2010 n° 60).
Il lavoratore può chiedere al medico copia cartacea del certificato e dell’attestato di
malattia , ovvero chiedergli di inviare copia degli stessi alla propria casella di posta
elettronica o posta elettronica certificata.
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L’invio telematico effettuato dal medico soddisfa l’obbligo del lavoratore di recapitare
l’attestazione di malattia ovvero di trasmetterla tramite raccomandata AR alla propria
amministrazione entro 2 giorni lavorativi successivi all’inizio della malattia.
I medici, nel caso di mal funzionamento del sistema hanno la possibilità di utilizzare il
servizio telefonico reso disponibile dal SAC.
Tale servizio è considerato di secondo livello e in ogni caso il medico ha la possibilità di
redigere il certificato cartaceo nel caso in cui i tempi richiesti dal risponditore automatico
confliggano con il dovere primario di assolvere agli obblighi assistenziali, in tal caso sono
i carico del lavoratore gli adempimenti di invio del certificato di cui alla precedente
normativa.,
Tramite la procedura telematica, il medico può, nel termine del periodo di prognosi ,
rettificare il certificato, anticipando quindi la conclusione della malattia, o può chiedere
all’INPS, al massimo entro il giorno successivo al rilascio, l’annullamento di un certificato
già inviato.
Se il termine finale per l’invio del certificato cade in un giorno festivo, c’è la proroga al
primo giorno lavorativo successivo.
La certificazione deve riportare una diagnosi che attesti in maniera chiara e giustifichi la
successiva prognosi di inabilità temporanea.
La diagnosi non deve, dunque, attestare uno stato morboso anche importante ma deve
indicare chiaramente la motivazione per cui il lavoratore deve astenersi dal lavoro per un
periodo di riposo e/o cure20.
Tale elemento diviene molto importante nel caso in cui si sia in presenza di un soggetto
affetto da una malattia cronica che può andare incontro ad esacerbazioni.
Le malattie croniche non sono infatti indennizzabili in quanto di per se nessuna malattia è
incompatibile con il lavoro ma le cui complicanze e/o esacerbazioni determinano, invece,
inabilità al lavoro (ipertensione versus crisi ipertensiva, diabete versus scompenso
diabetico ecc).
20 La diagnosi non deve essere necessariamente di certezza, ma può anche essere di probabilità o di sospettoma deve comunque e sempre fare riferimento ad un fatto che il sanitario ha riscontrato direttamente e di cuiil certificato è destinato a provare l’esistenza.
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Non rientrano del pari nella tutela della malattia condizioni che comportano necessità di
brevi permessi come ad esempio l’effettuazione di accertamenti laboratoristici o
strumentali, per cui si rinvia alle norme specifiche previste in molti C.C.N.L.
La certificazione di malattia per i dipendenti privati non rientranti nella tutela di malattia
da parte dell’INPS va stilata su certificato privato del medico ma nel caso in cui il medico
per errore lo rilasci su modulario INPS esso conserva validità in quanto in possesso di tutti
i requisiti necessari.
Se il lavoratore è impossibilitato per le sue condizioni di salute a recarsi presso
l’ambulatorio del proprio medico può richiedere la visita domiciliare che deve essere
effettuata nel corso della stessa giornata nel caso in cui venga richiesta al sanitario entro
le ore 10,00 o entro le ore 12,00 del giorno successivo nel caso in cui il lavoratore la
richieda dopo le ore 10,00. Nella giornata di sabato il medico non è tenuto a svolgere
attività ambulatoriale ma è obbligato ad effettuare le visite domiciliari richieste entro le
ore 10,000 della stessa giornata e quelle richieste il giorno precedente (venerdì) e non
effettuate.
Nella certificazione il sanitario deve indicare la decorrenza della malattia e dunque per
quanto si diceva sopra nel caso in cui egli abbia visitato a domicilio o presso il proprio
ambulatorio il lavoratore che accusa sintomi che ancora non hanno determinato assenza
dal lavoro la data di decorrenza coinciderà con quella di rilascio mentre nel caso in cui la
visita sia effettuata nello stesso giorno di inizio della malattia o nel giorno
immediatamente successivo la decorrenza coinciderà con la data di inizio della malattia
dichiarata dal lavoratore.
Medico curante abilitato al rilascio della certificazione
Per medico curante 21,secondo la prassi amministrativa, e salvo diversa indicazione della
Regione deve intendersi quello scelto dall’interessato a norma della convenzione unica,
cosiddetto “medico di famiglia” o un suo sostituto sia in ambulatorio che tramite visita
21 vedi. Circolare. Inps 28/1/1981, n. 134368 AGO
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domiciliare da effettuare nella stessa giornata se la richiesta perviene entro le ore 10,
oppure entro le ore 12 del giorno successivo (anche di sabato) ; i medici addetti al
servizio di guardia medica (che operano dalle ore 14 del giorno prefestivo alle ore 8 del
giorno successivo al festivo, nonché dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni di tutti i giorni
feriali) possono rilasciare, nei casi di necessità, ai sensi del Dpr n. 281/82, certificazione di
malattia per un massimo di tre giorni rimettendo poi, al medico di fiducia ogni ulteriore
decisione in merito22.
La certificazione di malattia è riconosciuta anche a medici diversi da quelli di “famiglia” (
medico specialista; medico di accettazione ospedaliero e di pronto soccorso o il medico di
accettazione operante nelle case di cura convenzionate con il S.S.N. medico
universitario, libero professionista che assume in cura diretta il lavoratore); ai quali il
lavoratore si sia rivolto per motivi di urgenza o per esigenze correlate alla specificità della
patologia sofferta, come pure nel caso di certificati rilasciati all’atto delle dimissioni da
ospedali o da strutture di Pronto Soccorso (INPS Circolare n° 99 del 13/5/1996, n° 136 del
25/7/2003 e messaggio n° 968 del 7/11/2003).
La certificazione sanitaria rilasciata, anche su modulario non regolamentare, da medici
diversi da quelli di libera scelta, ad es. medici privati o specialisti, sono validi ai fini
dell’erogazione dell’indennità se da essa sono ricavabili i dati richiesti: nominativo del
lavoratore, diagnosi e prognosi, intestazione, data del rilascio, timbro e firma del medico
e (da indicare anche a parte, a cura del lavoratore) il domicilio abituale del lavoratore ed
eventualmente il diverso temporaneo recapito durante il periodo di malattia. 23
Sono validi ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia le certificazioni rilasciate
dalle strutture ospedaliere, quali i certificati di ricovero e di pronto soccorso
22 vedi circolare INPS n° 134392 del 2 luglio 198223 Circ. Inps n. 99 /96 : « la certificazione sanitaria rilasciata, anche su modulario non regolamentare damedici diversi da quelli di libera scelta, compresa quella emessa dagli ospedali e dalle strutture di Prontosoccorso all’atto della dimissione, è da ritenersi valida ai fini dell’erogazione dell’indennità di malattia acondizione che contenga i requisiti sostanziali richiesti (intestazione, nominativo del lavoratore, data, firma,diagnosi e prognosi di incapacità al lavoro.
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limitatamente alle giornate di ricovero e alla giornata in cui si è eseguita la prestazione di
pronto soccorso . E’ sufficiente che il certificato, redatto su carta intestata riporti le
generalità del lavoratore, la data del rilascio, la firma del medico e la diagnosi.
Le certificazioni, invece, rilasciate dalla strutture ospedaliere in cui siano formulate
prognosi per periodi successivi al ricovero o alla prestazione di pronto soccorso diventano
valide ai fini erogativi della prestazione previdenziale solo quando ci sia un esplicito
riferimento ad uno stato di incapacità lavorativa e non ci si limiti alla mera prognosi
clinica senza complicazioni.
Dopo la dimissione ospedaliera il perdurare dell’assenza costituisce continuazione.
Il lavoratore qualora il certificato manchi di qualcuno degli elementi sostanziali ed
indispensabili dovrà richiedere la regolarizzazione agli stessi estensori.
Nel caso in cui un certificato di P.S. o di dimissione ospedaliera contenga una prognosi il
lavoratore deve verificare che essa faccia riferimento alla incapacità al lavoro ed in caso
contrario provvedere alla sua conferma da parte del medico di famiglia.
L’INPS con messaggio n° 968 del 7 novembre 2003 chiarisce che: “quando su un modulo
di pronto soccorso, di solito prestampato ovvero predisposto secondo un determinato
software, non comporta la dicitura esplicita di incapacità lavorativa non significa che lo
stesso certificato vada respinto come anomalo direttamente alla ricezione esso andrà
sempre e comunque sottoposto alla valutazione del centro medico-legale, essendo precisa
competenza del Dirigente medico stabilire se sul piano medico-legale la prognosi clinica
espressa è congrua con la patologia accertata in diagnosi e assumere le successive azioni
di diretta validazione del certificato o richiederne eventualmente integrazione e/o
controllo”.
La certificazione di PS equiparabile a certificato medico deve essere inviata entro 2 gg;
essa deve riportare le generalità dell’interessato, la data del rilascio, la firma leggibile del
medico e l’indicazione della diagnosi.
Anche se l’INPS ha dato indicazioni per una accettazione previa conferma da parte del
Centro medico-legale.
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Certificato di malattia rilasciato da medici stranieri all’estero
Le considerazioni che seguono valgono nelle diverse situazioni che possono presentarsi
quali:
1) malattia insorta durante un temporaneo soggiorno all’estero non per motivi di lavoro a
carico di un lavoratore occupato in Italia;
2) malattia insorta nei confronti di lavoratori occupati in paesi appartenenti all’Unione
Europea o in Paesi convenzionati con l’Italia,
3) malattia insorta nei confronti di lavoratori occupati all’estero in Paesi non
convenzionati con l’Italia;
4) lavoratori occupati in Italia e che trascorrono il periodo di malattia nel loro paese di
origine (prosecuzione della temporanea).
Per quanto riguarda la certificazione medica da esibire all’INPS in caso di incapacità
temporanea al lavoro, i cittadini comunitari (che sono considerati lavoratori nazionali) non
hanno l’onere di farlo pervenire in lingua originaria, non essendo esigibile dagli stessi la
traduzione della certificazione legittimamente ottenuta nei rispettivi paesi. L’onere di
traduzione grava sulle sedi dell’INPS (INPS msg 3-12-2007 n° 28978). Questa fattispecie
particolare rimane esclusa dalla nuova procedura telematica di invio dei certificati.
Se la malattia si verifica in un Paese appartenente all’UE24 o che abbia stipulato una
apposita convenzione, l’assicurato deve presentare all’Istituzione estera, entro 3 giorni
dall’inizio della inabilità, idonea certificazione di malattia che deve essere corredarìta
della Tessera Europea Assicurazione Malattia (che ha sostituito il formulario E111).
L’istituzione estera provvederà a trasmettere all’INPS la documentazione medica
acquisita, compresi gli esiti dei controlli eventualmente effettuati (INPS msg 3-12-2007 n°
28978 e msg 1-08-2005 n° 27699).
Il certificato rilasciato dal medico o dalla struttura sanitaria straniera è in tutto e per tutto
equiparato a quello nazionale e deve essere inviato senza necessità di traduzioni o
24 I nuovi Regolamenti Comunitari 883/2004 e 987/2009 entrati in vigore dal 1 maggio 2010 prevedono chevenga applicata la legislazione del Paese dove risiede l’istituzione competente, ovvero quella presso la qualeè assicurato il lavoratore.
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legalizzazioni particolari, a condizione che tale obbligo sia espressamente escluso dalla
convenzione o accordo bilaterale. I Paesi in questione sono:
Quelli extra UE con i quali sono stati stipulati accordi che prevedono
l’applicazione della disciplina comunitaria (Islanda, Norvegia e Liechtenstein in
base all’accordo SEE, Svizzera e Turchia);
Paesi extra UE con i quali sono state stipulate convenzioni estese (Argentina,
Australia, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Canada, Croazia, Macedonia, Principato di
Monaco, San Marino, Serbia e Montenegro, Tunisia, Uruguay e Venezuela).
Sono inoltre esenti da legalizzazione, a condizione che rechino l’”apostille”, gli atti ed i
documenti rilasciati dagli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1961. Anche questa
situazione rimane esclusa dalla nuova procedura telematica di invio dei certificati.
Se la malattia si verifica durante il soggiorno in un Paese non appartenente alla Unione
Europea o che non abbia stipulato alcuna convenzione o accordo specifico in materia, la
corresponsione dell’indennità di malattia avviene solo dopo la presentazione all’INPS
della certificazione originale, legalizzata a cura della locale rappresentanza diplomatica o
consolare italiana.
Molte ambasciate e consolati si avvalgono dell’operato di medici di loro fiducia (medico
fiduciario) a cui viene delegato il compito di esaminare tale certificazione o di redigerla
anche in lingua italiana.
Comunque la sede diplomatica deve attestare la veste di medico fiduciario e deve
attestare la autenticità della firma (INPS circ 6-09-2006 n° 95).
Per i lavoratori occupati in questi Paesi è stabilito che gli stessi trasmettano la
certificazione alla rappresentanza diplomatica e consolare italiana ed al datore di lavoro
entro 5 giorni (INPS circ. 12-07-1988 n° 156 e 30-7-1990 n° 182 ma anche cassazione 24-
06-2005 n° 13622).
Termine della malattia e rientro anticipato al lavoro
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La capacità lavorativa si considera riconquistata il giorno successivo alla scadenza della
prognosi alla quale non segua altra idonea certificazione.
In ambito INPS al contrario dell’INAIL o di altre realtà (idoneità ad opera della CMO per
alcune categorie del pubblico) non è previsto che vi sia il pronunciamento del sanitario sul
termine della malattia e la possibilità di riprendere il lavoro.
La normativa attuale prevede che i medici possano inviare, durante tutto il periodo di
prognosi, certificazioni che annullino i precedenti o li rettificano.
Questo quando il medico riscontri un decorso più favorevole della malattia tale da
permettere una riduzione della prognosi.
Con il messaggio n° 6973 del 12 settembre 2014 l’INPS ha chiarito che, non potendo il
datore di lavoro conoscere né la diagnosi né l’effettivo contenuto incapacitante della
malattia, lo stesso datore di lavoro non è in grado di valutare se e in quale misura (e
aggiungiamo neanche attraverso il medico competente stante la previsione di cui al Dlgs
106) il dipendente che desidera rientrare ala lavoro in anticipo rispetto alla certificazione
da lui stesso precedentemente inviata abbia effettivamente recuperato le proprie energie
psicofisiche così da garantire se stesso e l’ambiente di lavoro da qualsivoglia evento
avverso connesso ad una non completo recupero della idoneità fisica.
Pertanto il lavoratore assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere
anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante,
potrà essere riammesso al lavoro solo in presenza di un certificato medico di rettifica
dell’originaria prognosi.
Un caso di certificazione di fine malattia può essere ipotizzato nel caso in cui la capacità
lavorativa venga riacquistata prima della scadenza della prognosi (vedi conclusioni della
Commissione Bicamerale).
Obbligo di non procrastinare il recupero e possibilità di svolgere attività lavorativa
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Obbligo del lavoratore è quello, inoltre, di non mettere in atto comportamenti atti a
pregiudicare il recupero delle sue energie lavorative25 così da rimettersi in condizione di
adempiere la propria prestazione26.
Tale obbligo deve essere correttamente declinato con il diritto del lavoratore di ricevere
adeguate cure ed assistenza anche in realtà diverse da quelle del domicilio abituale (ad
esempio necessità di lungo viaggio aereo per trascorrere la convalescenza presso la
famiglia di origine dopo intervento per ernia discale).
Si diceva che la malattia tutelata è quella che determina incapacità al lavoro specifico e
dunque in linea di principio lo stato di malattia non comporta un divieto assoluto di
svolgere altra attività lavorativa purché questo comportamento non evidenzi la fraudolenta
simulazione della malattia o sia di per sé idoneo a pregiudicare o ritardare la guarigione ed
il rientro al lavoro per inosservanza del dovere di porre in essere tutte le cautele necessarie
ad un rapido recupero delle energie lavorative (Cassazione sez.lav. n° 26290/2013 e n°
4237/2015).
In caso contrario lo svolgimento di altra attività lavorativa deve essere ritenuto
ammissibile e deve ritenersi illegittimo il provvedimento di licenziamento o le sanzioni
disciplinari adottate in conseguenza dello stesso.
L’espletamento di altra attività lavorativa durante l’assenza per malattia non può avvenire
in contrasto con i doveri di correttezza e buona fede e nel rispetto del dovere di fedeltà, e
ciò anche a prescindere dalla compatibilità tra lavoro svolto e stato di malattia.
Durante l’assenza per malattia non è vietato lo svolgimento di qualunque attività
lavorativa bensì esclusivamente quello di attività incompatibili con lo stato di malattia
denunciata e per incompatibilità si deve intendere che siano capaci di aggravare la malattia
e quindi lo svolgimento di una altra attività lavorativa non può essere sussunto come
dimostrazione della assenza di malattia27.
25 Una remota circolare INPS del 1981 indica fra i casi che determinano la decadenza del diritto all’indennitàil compiere atti che possono pregiudicare negativamente il decorso della malattia.26 Cassazione 11 dicembre 2001 n° 15621 e n° 15827 del 15/12/201027 Cassazione 15621 del 11 dicembre 2001: “lo svolgimento di altra attività da parte del lavoratore assenteper malattia documentata con certificato medico, costituisce motivo di licenziamento disciplinare (o megliodi licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) solo se il dipendente abbia agito
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In questo senso la Cassazione 12 aprile 1985 n° 2434 che affermava che “non sussiste, a
carico del dipendente assente per malattia, un divieto assoluto di svolgere una altra
attività, tranne che questa evidenzi una simulazione di infermità o comporti, anche
attraverso la compromissione della guarigione, l’inosservanza dei suoi doveri e, in
particolare quelli di fedeltà”.
Il dipendente assente per malattia, ricorda la Cassazione con la sentenza 15916 del 19
dicembre 2000 , se svolge una attività lavorativa presso un altro datore di lavoro deve
provare la compatibilità fra l’attività svolta con la malattia e, quindi, l’inidoneità della
stessa a pregiudicare (impedire o rallentare) il recupero delle normali energie lavorative
ostacolando il celere rientro in servizio28.
Avendo chiaro che il lavoratore che intende prestare attività lavorativa presso terzi
svolgendo mansioni che non pregiudichino il recupero della piena idoneità fisica alla sua
mansione lavorativa, è tenuto ad offrire tale prestazione parziale al proprio datore di
lavoro, il quale potrebbe assegnare temporaneamente il lavoratore a mansioni equivalenti
per le quali il lavoratore “malato” è idoneo29.
Due quindi i parametri fondamentali per poter consentire al lavoratore di svolgere attività
in malattia, individuati dalla giurisprudenza, il primo consistente nella veridicità della
malattia, per cui se l’attività poi volta rende palese l’incompatibilità di essa con la
malattia certificata, quest’ultima si rende non credibile, non vera e ciò comporta la
licenziabilità del lavoratore per tradimento dei suoi obblighi di fedeltà, il secondo
consistente nell’obbligo del lavoratore di astenersi da tutte quelle attività che possano
finire per compromettere la sua guarigione o anche solo rallentarla.
simulando la malattia, si sia comportato in modo da compromettere e ritardare la propria guarigione, abbiasvolto un’attività oggettivamente incompatibile con lo stato di malattia, oppure l’abbia esplicata inviolazione del divieto di concorrenza”.28 Vedi anche Cassazione 13 aprile 1999 n°364729 Vedi Cassazione n° 7467 del 29 luglio 1998: “nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, ildipendente in malattia che, seppure inidoneo temporaneamente alle mansioni alle quali è assegnato daldatore di lavoro, intenda svolgere attività lavorativa presso terzi in costanza del periodo di malattia, peressere non di meno idoneo a mansioni diverse, il cui espletamento non sia pregiudizievole al fine di un piùrapido recupero della piena idoneità fisica, è tenuto a offrire tale prestazione parziale al datore di lavoro , ilquale - esercitando lo jus variandi di cui all’art, 2103 cc – potrebbe temporaneamente assegnare il lavoratoreproprio a quelle mansioni (equivalenti a quelle originarie) per il quale il lavoratore stesso sia idoneo”.
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Dalla disamina della giurisprudenza più recente si può trarre la conclusione che per il
lavoratore in stato di malattia, le attività lecite e consentite che non siano in contrasto con
il suo dovere di rendere la prestazione lavorativa e che quindi possono essere
tranquillamente svolte durante le assenze dal lavoro per malattia sono tutte quelle che:
1) non siano incompatibili con l’esistenza della malattia stessa (comprensiva di un
congruo periodo di convalescenza che assicuri dal rischio di ricadute);
2) non siano ostative o incompatibili con la migliore e più rapida guarigione possibile;
3) non siano dimostrative di una residua capacità lavorativa che deve essere offerta
prioritariamente al datore di lavoro.
Si tratta di una fattispecie che ha trovato nuova vitalità con le più recenti normative sui
rapporti di lavoro dove l’inabilità riferita alle specifiche mansioni lavorative può
configurare la malattia in una sola mansione.
Su questo punto pare utile ricordare che il Ministero del Lavoro a proposito di lavoratore
con più rapporti di lavoro che si assenta a causa di infortunio ha formulato l’avviso che il
riconoscimento da parte dell’INAIL di un evento come infortunio esonera l?istituto
dall’obbligo di intervento anche per gli altri rapporti di lavoro, dovendosi ritenere
l’assenza del lavoratore quale assenza per infortunio nei confronti di tutti i datori di
lavoro.
Questa teorica possibilità si scontra pur tuttavia con l’obbligo di reperibilità e non si
segnalano su questo punto né indicazioni da parte degli Enti né da parte della
giurisprudenza.
VISITE DI CONTROLLO
L’art. 5 della legge 300/1970, cosiddetto “Statuto dei Lavoratori”, dispone il divieto per i
datori di lavoro di effettuare direttamente accertamenti sullo stato di salute del lavoratore
assente per malattia e stabilisce che i controlli siano di competenza dei servizi ispettivi
degli Istituti previdenziali competenti.
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Il divieto di accertamenti sanitari e controlli sulle infermità del lavoratore da parte di
personale dipendente dal datore di lavoro non costituisce violazione dell’articolo 5 delle
stesso Statuto nel caso in cui gli addetti alla vigilanza aziendale accertino che il
dipendente si dedica ad altra attività lavorativa durante l’assenza per malattia, ma solo nel
caso in cui l’accertamento riguarda il fatto materiale integrante un illecito disciplinare e
non uno stato di malattia (Cassazione n° 7434/1996).
Si tratta di un diritto assoluto e oggi tale funzione di controllo è stata integralmente messa
in capo all’INPS.
L’INPS può disporre anche di propria iniziativa il controllo della malattia, una volta
ricevuto il certificato medico inviato dal lavoratore o su richiesta del datore di lavoro,
servendosi dei medici appartenenti alla lista speciale INPS.
Con decorrenza dal 1° ottobre 2011, il servizio di richiesta delle visite mediche di
controllo domiciliare e/o ambulatoriale da parte dei datori di lavoro, pubblici e privati,
deve avvenire esclusivamente per via telematica30.
Il datore di lavoro può richiedere la visita medica di controllo anche in seguito alla sola
comunicazione e tramite la procedura informatica è possibile per i soggetti abilitati
richiedere on line l’effettuazione delle visite fiscali (PCM, circ 18-03-2011, n° 4).
La richiesta telematica (attraverso il portale WEB dell’Istituto servizio di “Richiesta Visita
medica di controllo) può essere effettuata, per un solo lavoratore e per una sola visita alla
volta, la procedura visualizza l’esito della visita dopo che questa è stata effettuata (INPS,
circ. 12-09-2011, n° 118).
La legge 638/83, all’art 5 recepisce la previsione dello Statuto dei lavoratori in maniera
più organica prevedendo le modalità e gli orari dei controlli.
Successivi decreti ministeriali applicativi della Sanità e del Lavoro,31 apportano ulteriori
disposizioni sulla regolamentazione delle fasce orarie di reperibilità
30 La richiesta può essere inviata in qualsiasi momento nell’arco delle 24 ore direttamente da datori di lavoroin possesso del Pin o attraverso gli intermediari abilitati che abbiano ricevuto la delega da parte del datori dilavoro (art.38 c.5 legge 12272010).Le richieste pervenute saranno smistate giornalmente ai medici dicompetenza entro le ore 9.00 per la fascia antimeridiana e le ore 12.00 per quella pomeridiana (messaggioINPS 12 marzo 2012 n°4344).31Sanità DM 25 feb. ‘84 e DM 8 gennaio ’85; Lavoro 15 luglio ‘86
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Per consentire l’accertamento del suo stato di malattia , il lavoratore deve rendersi
reperibile al proprio domicilio indicato nel certificato medico durante le fasce orarie32:
per i lavoratori del settore privato
dalle 10 alle 12 del mattino
dalle 17 alle 19 del pomeriggio
Tutti i giorni comprese le domeniche e i festivi.
Gli orari delle viste fiscali per i dipendenti pubblici (Statali, Scuola, Militari, Polizia di
Stato, Vigili del Fuoco, Asl, Enti locali sono:
dalle 9 alle 13 del mattino
dalle 15 alle 18 del pomeriggic0
Tutti i giorni comprese le domeniche e i festivi.
La legge 111 del 15 luglio 2011 ha previsto che la verifica della reperibilità del lavoratore
da parte dell’INPS possa essere attivata “dal primo giorno se l’assenza si verifica nelle
giornate precedenti o successive a quelle non lavorative”.
Queste ultime sono da individuare non solo nelle giornate festive e nella domenica ma
anche nelle giornate di riposo infrasettimanale conseguenti all’effettuazione di turni o
servizi, nonché in quelle di permesso o di licenza concesse.
Il lavoratore durante il periodo di malattia può scegliere un domicilio diverso dalla propria
residenza abituale senza che possano essere invocate limitazioni a tale diritto previa
comunicazione all’Ente dello spostamento e del nuovo recapito presso cui egli si rende
disponibile per il controllo.
La giurisprudenza si diceva non ha posto limiti a tale diritto (estero, località remote, ecc)
ma in tal caso l’obbligo di comunicare il domicilio diviene ancora più cogente. Infatti in
caso di omessa indicazione dell’abituale domicilio, il lavoratore può addurre che l’INPS
era in grado di recuperare, usando l’ordinaria diligenza, il dato in questione mentre in caso
32 Gli orari delle visite fiscali sono disciplinati dal D.L. 6 luglio 2011 n°98.
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di malattia verificatasi e curata all’estero, il lavoratore deve, come ricordato dalla
Cassazione (sentenza n° 10036/1998), mostrare una proporzionale diligenza nel
comunicare il suo stato e nel consentire al datore di lavoro di esercitare il suo potere di
controllo.
In occasione della visita domiciliare il medico deve essere munito di apposito tesserino di
identificazione, rilasciato dalla Asl o dall’Inps .
Per le visite di controllo è istituito un apposito verbale su modello VMC/REF composto di
4 parti: per l’INPS, per il datore di lavoro, per il medico certificatore e per il lavoratore.
Il verbale deve riportare la motivazione per cui viene effettuata la visita cioè se richiesta
dall’INPS o dal datore di lavoro.
Può essere confermata o meno l’esistenza di una malattia che produce incapacità al
lavoro33, e in ogni caso, qualora intervenga una modifica alla prognosi, il medico stesso
dovrà dare una adeguata motivazione.
Se il lavoratore non accetta l’esito della visita di controllo deve far attestare il proprio
dissenso sul referto in sede di visita In capo al medico di controllo è l’obbligo di
informare il lavoratore che il dissenso deve essere eccepito seduta stante e di convocarlo
presso il gabinetto medico-legale per il primo giorno successivo utile.
.Il giudizio definitivo spetta al capo del servizio medico-legale della Asl o al coordinatore
sanitario della competente sede Inps. 34.
Per i lavoratori non assicurati all’INPS 35la visita di riesame per giungere al giudizio
definitivo spetta ad un collegio medico presso il Servizio di Medicina Legale della ASL, in
eventuale contradditorio con il medico di fiducia del lavoratore.
Nel caso di visite di controllo effettuate a ridosso della scadenza della prognosi del
curante, il medico di controllo qualora rilevi elementi patologici tali da far ritenere
33 La Cassazione con sentenza n° 15372 del 20 luglio 2007 ha affermato che il certificato redatto da unmedico convenzionato con l’INPS per il controllo della malattia del lavoratore ex art. 5 legge 300/70, è attopubblico che fa fede fino a querela di falso della provenienza del documento del pubblico ufficiale che l’haformato nonché dei fatti che il pubblico ufficiale medesimo attesta aver compiuto o essere avvenuti in suapresenza.34 DM 12/10/200035 Il DM 12-10-2000 prevede la possibilità per il lavoratore di non accettare l’esito delle visita di controllo.
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necessario un ulteriore periodo di riposo e cure dovrà inviare il lavoratore al medico
curante per il prolungamento della prognosi,
Il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo indicato durante la durata
della malattia compresi i giorni festivi.
La reperibilità ha lo scopo di rendere possibile il controllo dello stato di malattia.
Questo obbligo permane anche nei giorni successivi ad un controllo domiciliare
(giurisprudenza non costante) anche se poi la Cassazione ha stigmatizzato il continuo
ricorso alle visite domiciliari Cass. 19 gennaio 1999 n° 475 in quanto questo
comportamento concretizza un comportamento vessatorio che ricade sostanzialmente nella
fattispecie del mobbing.
Su questo tema si segnala anche la presa di posizione dell’INPS con circolare n° 134421
Ago dell’8 agosto 1984.
Il medico di controllo deve valutare la incapacità lavorativa temporanea ed assoluta allo
svolgimento delle mansioni proprie del lavoratore e questo necessita di una valutazione a
2 componenti:
1) clinica con la conferma o meno della diagnosi e della prognosi fatta dal curante;
2) medico-legale, in cui la prognosi clinica della infermità riscontrata va rapportata
alle reali mansioni svolte per valutarne la temporanea ed assoluta incapacità
specifica.
Compito del medico certificatore sia curante che di controllo è quello di individuare
correttamente la guarigione che, ai fini assicurativi, coincide con la scomparsa della
incapacità lavorativa specifica assoluta.
La guarigione non va, quindi, intesa in senso clinico ma solo in funzione della possibilità
di svolgere adeguatamente e per l’intero turno di lavoro le proprie mansioni.
Per valutare l’inabilità temporanea assoluta del lavoratore “controllato” è perciò
necessario che il medico di controllo accerti mediante una accurata indagine anamnestica
le mansioni lavorative realmente espletate dall’interessato soprattutto in caso di affezioni
modeste e/o settoriali.
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Stabilito che la malattia sussiste e che il lavoratore al momento della visita è realmente
incapace al lavoro, il medico di controllo ha pure il compito di decidere se la prognosi
clinica espressa dal curante sia da confermare, in quanto sovrapponibile alla prognosi
medico-legale, o da modificare (articolo 4 del D.M. 08/01/1985).
Le valutazioni del medico di controllo, per la parte in cui si riferiscono alla prognosi
hanno una prevalenza solo relativa, basata sul fatto che sono successive a quelle espresse
dal medico curante ma sono comunque suscettibili di risultare errate e dunque possono
essere corrette da un ulteriore certificato del medico curante che attesti il perdurare della
malattia oltre la data di guarigione indicata nel referto del medico di controllo.
In sede di controllo oltre a verificare eventuale prognosi incongrue o anomalie della
certificazione il medico deve verificare la sussistenza di patologie di competenza INAIL36
o di patologie per le quali l’Istituto può avviare azione di surroga
La nuova certificazione di malattia prevede la possibilità dell’inserimento di un codice di
esclusione valido per le sole visite mediche di controllo che vengono effettuate di ufficio.
In questo caso il medico dell’INPS che effettua la visita fiscale può decidere, effettuando
una scelta ponderata sul discernimento clinico e medico-legale di escludere uno specifico
certificato di malattia dal flusso dell’applicativo Data mining, qualora la diagnosi evidenzi
una condizione di gravità tale che sconsigli o addirittura controindichi il controllo
domiciliare disposto d’ufficio. Le condizioni patologiche, recita il messaggio del luglio
2015, che dovrebbero rientrare in questa casistica “sono a titolo esemplificativo: le
oncopatie metastastiche, stati terminali, situazioni post-chirurgiche di interventi demolitivi
ecc..).
Assenza del lavoratore alla visita di controllo
Se il lavoratore non viene trovato al proprio domicilio, viene invitato per il primo giorno
non festivo ad accertamento ambulatoriale. La convocazione viene consegnato dallo stesso
medico ad un familiare o al portiere dello stabile che devono rilasciare ricevuta.
In mancanza di tale possibilità il sanitario deve lasciare l’invito nella cassetta della posta.
36 La Circolare 69 del 30 marzo 2007 stabilisce che il medico di controllo deve far compilare al lavoratorecontestualmente alla visita il modello AS1.
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In questa ultima ipotesi se il lavoratore non si presenta alla visita ambulatoriale, nel giorno
ed ora indicati dal medico di controllo, l’INPS provvederà ad invitare nuovamente il
lavoratore mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.
Nel suo messaggio 7556/2004 l’INPS ha precisato che in base alla normativa non sono
previste ipotesi di esclusione dall’obbligo di osservanza delle fasce di reperibilità per cui
all’INPS non è consentito neppure in presenza di particolari affezioni rilasciare
autorizzazioni preventive a non rispettare le fasce.
Secondo la Cotte di Cassazione il giustificato motivo di assenza alla visita di controllo
non si identifica necessariamente nel caso di forza maggiore, potendo essere costituito da
un ragionevole impedimento.
Inoltre per costante orientamento la giurisprudenza afferma che il lavoratore deve mettere
in atto tutti quei comportamenti ispirati da buon senso e diligenza, idonei a consentire
l’effettuazione della visita medica di controllo mantenendo un comportamento tale da
consentire al medico della struttura pubblica sia l’immediato accesso all’abilitazione, sia
la possibilità della visita di controllo.. In questo senso la giurisprudenza si è pronunciata
sulla pratica applicazione di tale principio in merito a condizioni quali la omessa
indicazione del nome sul citofono o sul campanello, sull’assunzione di farmaci con
conseguente stato di sonno profondo, sulla ritardata apertura della porta dovuta all’essere
in doccia.
Sanzioni economiche in caso di assenze ingiustificate
Il lavoratore che risulta assente, senza giustificato motivo ad una prima visita di
controllo, perde il diritto all’indennità per i primi 10 giorni di malattia;37 dopo una seconda
assenza a visita di controllo, durante la stessa malattia, viene penalizzato con la riduzione
37 In base alla legge 638/83 l’assenza ingiustificata del lavoratore alla visita di controllo comportava oltrealla perdita dell’indennità per i primi 10 giorni di malattia anche la riduzione dell’indennità al 50% per ilperiodo rimanente.La Corte Costituzionale con sentenza n. 78/88 ha confermato la sanzione per i primi dieci giorni, ma haritenuto incostituzionale, perché troppo gravosa la riduzione sui giorni rimanenti. Solo dopo l’assenza ad unaseconda visita domiciliare o ambulatoriale è giustificata l’imposizione della perdita al 50% per i giornisuccessivi .v. Sentenza di Cassazione n. 3888/89 che accoglie questo orientamento.
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del 50% dell’indennità per tutto l’ulteriore periodo di malattia (esclusi i periodi di ricovero
ospedaliero o quelli accertati da precedente controllo; in caso di assenza ad una terza visita
viene sospesa l’erogazione dell’indennità dalla data in cui è stata riscontrata l’assenza. Se
il lavoratore si sottopone a visita ambulatoriale durante la quale venga accertata
l’incapacità al lavoro, dalla relativa data viene ripristinata l’indennità.
Per assenza del lavoratore deve intendersi non solo quella a visita domiciliare, ma
anche la mancata presentazione a visita ambulatoriale che viene sanzionata con le
stesse modalità.
Inderogabilità dell’obbligo di osservanza delle fasce orarie
La normativa non prevede ipotesi di esclusioni dall’obbligo di osservanza delle fasce
orarie di reperibilità per cui all’Inps, come alla Asl, ai medici ospedalieri o specialisti, non
è consentito, neppure in presenza di particolari patologie, rilasciare “autorizzazioni”
preventive che consentano l’assenza dal proprio domicilio.
L’eventuale assenza, quindi, in occasione sia di autorizzazioni mediche preventive , sia
della previa comunicazione da parte del lavoratore all’Inps del proprio allontanamento dal
domicilio durante le fasce, non viene giustificata ed è soggetta alle sanzioni previste.
Se la normativa non ha previsto ipotesi di esclusione dall’obbligo di rispetto della
reperibilità pur tuttavia l’INPS ha previsto, vedi Messaggio n° 1850 del 24 marzo 1997,
che l’assenza può essere giustificata in presenza di patologie per cui la permanenza in casa
durante le fasce orarie può avere un effetto negativo sulla storia naturale della malattia38
L’assenza alla visita domiciliare di controllo comporta la possibilità di sanzioni
disciplinari da parte del datore di lavoro. Secondo la Corte di Cassazione, l’impedimento
del controllo della malattia giustifica la comminazione di una sanzione disciplinare, ma
non rende automaticamente ingiustificata l’assenza e, quindi, non può comportare il
mancato pagamento dell’indennità di malattia, in assenza di una prova dell’insussistenza
dello stato morboso,
38 Su questo tema vedi Cassazione n° 11153 del 17 agosto 2001.
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Motivi giustificativi dell’assenza
L’Inps ha individuato alcuni criteri di giustificabilità 39dell’assenza del lavoratore, purché
debitamente documentati dal lavoratore, che sono poi stati condivisi nel tempo da una
giurisprudenza consolidata prevalentemente di Cassazione:
a) causa di forza maggiore: quando si verifica un impedimento assoluto dovuto a cause
ineluttabili.40
b) situazione che abbia reso imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore
altrove per evitare conseguenze gravi per sé e per i propri familiari;
c) concomitanza di una visita medica generica o specialistica con le fasce orarie41.
Nell’ipotesi b) il nucleo familiare deve essere inteso più in senso sociale che anagrafico
per cui vanno compresi non solo i familiari a carico o conviventi, ma anche i cosiddetti
parenti stretti” (ascendenti, discendenti, fratelli e sorelle).
Possono essere giustificate assenze dovute a convocazione da parte di pubbliche autorità o
la partecipazione a pubblici esami oppure a situazioni riguardanti il nucleo familiare che
comportino la presenza dell’assicurato per motivazioni “morali”( es. ricoveri ospedalieri,
funerali o gravi infortuni).
Rientra in questa ipotesi giustificativa, anche il caso del lavoratore affetto da particolari
malattie neuro- psichiatriche, per le quali il divieto di uscire durante le fasce orarie può
determinare pericolose reazione emotive pregiudizievoli anche sotto il profilo terapeutico.
Nella lettera n° 390800 del 1986 l’Istituto nel ribadire l’obbligo del rispetto delle fasce
oarrei anche per i lavoratori affetti da malattie nervose ammette che “tuttavia esistono
casi particolari di turbe nervose per i quali il divieto di uscire non costituisce una semplice
39 Delibera n. 99 del 6.4.1984 del Consiglio di Amministrazione Inps; Messaggio Inps n. 7556 /200440 Vedi Cassazione n°.1668/9641 “Il giustificato motivo non si identifica con il concetto di forza maggiore ma ricorre in presenza di unragionevole impedimento ovvero di una seria e valida ragione socialmente apprezzabile” Cassazione n°2624/2001.
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remora, ma può determinare nell’ammalato pericolose, gravi reazioni emotive,
pregiudizievoli anche sotto il profilo terapeutico”.
Oltre alla certificazione della natura della malattia da parte di un medico specialista della
branca che contenga una diagnosi puntuale e dettagliata, per la giustificabilità
dell’assenza occorre il motivato papere del Dirigente Medico Legale di Sede. Lo stesso
criterio si applica alle malattie croniche a prognosi infausta in cui il divieto di uscire da
casa può avere riflessi negativi sulla storia naturale dell’infermità.
Nella ipotesi c) di motivo giustificativo (concomitanza di visite mediche con le fasce
orarie), - per visita medica non si fa riferimento solo a quelle dallo specialista , ma anche a
quelle presso il proprio medico di fiducia – si richiede che vengano soddisfatti e provati i
motivi dell’urgenza e dell’indifferibilità della visita42.
Anche riguardo alla valutazione dell’urgenza , occorre il parere del Dirigente Medico-
legale di Sede, che si esprime sulla certificazione medica presentata dal lavoratore
contenente la diagnosi e la prescrizione terapeutica che sia di supporto alla dichiarata
urgenza.
E’ anche possibile , ai fini della giustificabilità dell’assenza , la valutazione della
cosiddetta “urgenza soggettiva” quando nella documentazione medica risulti una
sintomatologia (dolori o altri sintomi) tale da determinare nel lavoratore la convinzione di
doversi recare immediatamente dal proprio medico curante43.
In caso di visita urgente ricorre, come riconosciuto anche dallo stesso Istituto
previdenziale, il motivo giustificativo dell’assenza.
42 Tar Lombardia n° 6555 del 23 novembre 2000: “pur spettando al lavoratore la prova circa il giustificatomotivo d’assenza alla visita domiciliare di controllo e non essendo di per sé motivo sufficiente l’essersirecato presso il proprio medico o ambulatori o strutture ospedaliere, l’assenza è giustificata qualora il fatto direcarsi dal medico o presso le indicate struttura, durante l’orario di reperibilità, avvenga per necessità urgentiin relazione alla malattia o in relazione a stati patologici in atto, o perché il medico non riceve in oraricoincidenti con le fasce di reperibilità, pertanto l’Amministrazione trattiene illegittimamente la retribuzionerelativa alla giornata di assenza , laddove l’assenza risulti idoneamente giustificata dal certificato del medicoattestante l’orario della visita e la mancata preventiva comunicazione non possa essere addebitataall’interessato”:43 vedi Circolare INPS n° 171/1990.
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Criteri medico-legali dell’urgenza sanitaria
1) ragione seria ed apprezzabile;
2) necessità di accertamenti ed interventi “urgenti”;
3) riacuzie dell’affezione morbosa;
4) anomala evoluzione della malattia
5) incertezza determinata dalla soggettiva preoccupazione circa l’evoluzione della
patologia e dell’esigenza di aver chiarimenti/riassicurazioni del medico;
6) situazione sopravvenuta comportante la necessità imprescindibile ed indifferibile
dell’abbandono del domicilio per evitare gravi conseguenze per se o per i
componenti del nucleo familiare;
7) impegno anche di carattere morale da soddisfare con tempestività ed incompatibile
con il rispetto delle fasce orarie.
Il lavoratore, inoltre , deve fornire prova sia dell’indifferibilità della visita che
dell’impossibilità di effettuazione della stessa in orari non compresi nelle fasce di
reperibilità. Se l’orario del medico coincide solo in parte con le fasce di reperibilità,
l’assenza del lavoratore può essere giustificata se prova l’impossibilità di potersi recare
nello studio medico compatibilmente con il rispetto delle fasce orarie.
In caso di coincidenza totale per tutti i giorni della settimana fra l’orario di ambulatorio e
le fasce orarie, va considerato che il lavoratore è normalmente in grado di:
- anticipare o procrastinare opportunamente la visita negli spazi di tempo al di fuori
delle fasce;
- ottenere dal medico curante la possibilità di recarsi presso lo studio ad immediato
ridosso della chiusura dello stesso;
- esigere dal medico la visita domiciliare ai sensi dell’art.33 DPR n. 270/2000.
Cosa deve contenere il certificato giustificativo
a) data, ora della visita, tempo di permanenza nello studio del curante, presenza ed
orari di apertura dello studio;
b) data, ora della visita, tempo di permanenza nello studio del curante, presenza ed
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orari di apertura dello studio, indicazione del carattere urgente della visita con
descrizione della causa che ha concretizzato l’urgenza medica.
Giova ricordare che alcuni contratti collettivi di lavoro (come confermato dalla Cassazione
n°11358/1993) prevedono che il lavoratore preavvisi l’azienda della sua assenza durante le
fasce orarie di reperibilità
Esclusione dall’obbligo di reperibilità
Il lavoratore dipendente privato non è per ora escluso dal rispetto dalle fasce di reperibilità
in caso di malattia grave, in quanto tale opzione è prevista solo per i dipendenti pubblici
che si trovano in specifiche situazioni.
La novità introdotta dall’articolo 25 del Jobs Act “esenzione reperibilità” del Titolo II
Disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità” nel fissare le regole per
lo svolgimento delle visite fiscali per i dipendenti del settore privati ha introdotto una
ipotesi di esenzione dall’obbligo di reperibilità che però per divenire effettiva necessità di
uno specifico provvedimento emanato dal Ministero del Lavoro di concerto con il
Ministero della Salute, sentito l’Ordine dei Medici e l’INPS..
I dipendenti pubblici possono, invece, beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di rispettare
le fasce orarie di reperibilità nelle seguenti fattispecie44:
* patologie gravi che richiedono terapie salvavita45;
* infortunio sul lavoro INAIL,
* malattie riconosciute come dipendenti da Causa di Servizio,
* stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
Il decreto ha inoltre escluso dal predetto obbligo di reperibilità anche i dipendenti nei
confronti dei quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato
nel certificato medico.
44 Con il messaggio n. 4752 del 13 luglio 2015 l’INPS ricorda la istituzione del codice di esclusione “E”45 Per le terapie salvavita vedi l’articolo 10 del Decreto Legge 15/9/2000.
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Riassumendo, le esclusioni dall’obbligo di reperibilità per la visita fiscale (art. 2 Decreto
18 dicembre, 2009 n. 206), vi sono solo se la malattia è connessa ad una delle condizioni
sopra elencate e solo se l’amministrazione sia già in possesso della documentazione
formale sanitaria che certifichi la patologia che causa l’esclusione dal suddetto obbligo,
pertanto, nel caso in cui il dipendente che rientra nel regime di esenzione non fosse trovato
presso il proprio domicilio in occasione della visita fiscale, non andrebbe incontro a
responsabilità e all’applicazione di alcuna sanzioni.
Come fare per farsi riconoscere l’esclusione dalle visite fiscali?
Il dipendente ammalato che rientra in una delle cause che determinano l’esclusione dagli
obblighi di reperibilità malattia durante gli orari delle visite fiscali e dell’invio stesso del
medico ASL e INPS per effettuare la visita fiscale, deve presentare una serie di documenti
per far scattare tale esclusione,
Infatti, solo la presentazione all’amministrazione e quindi al datore di lavoro, della
documentazione sanitaria ASL comprovante l’esistenza delle cause di esenzione, può
escludere il dipendente ammalato dai suddetti obblighi.
La documentazione medica sanitaria, deve essere accompagnata dal certificato medico di
malattia che giustifichi l’assenza dal lavoro del dipendente, nel quale deve essere indicata
la causa di esenzione, la patologia che rientra nel regime di esclusione dell’obbligo di
reperibilità degli orari della visite fiscale e dalla visita stessa
N.B: Le cause di esenzione di reperibilità riconosciute ai dipendenti
pubblici non possono essere ancora estese ai dipendenti privati.
Infortunio e malattia professionale riconosciute dall’INAIL e reperibilità
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Negli ultimi anni alcuni Contratti Collettivi di Lavoro hanno introdotto l’obbligo di
reperibilità nelle fasce orarie per i lavoratori assenti dal lavoro per infortunio sul lavoro
per malattia professionale46.
Il mancato rispetto di tale obbligo, occorre precisarlo, se accertato dai medici dell’INPS,
autorizza il datore di lavoro ad applicare la sanzione disciplinare, ove prevista dal
contratto collettivo, ma non determina la perdita dell’indennità per inabilità temporanea
assoluta INAIL da parte del lavoratore.
Malattia bimbo
L’articolo 47 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001 n. 151 dispone il non obbligo da
parte di genitori r bambini di rispettare gli orari delle viste fiscali, in quanto per legge è
previsto che entrambi i genitori, alternativamente, abbiano il diritto di astenersi dal lavoro
per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni.
Controllo di malattia e sorveglianza sanitaria ex D.Lgs 81/2008
Il rapporto fra le due diverse normative è esemplarmente risolto dalla sentenza di
Cassazione n° 1728/2005 di cui riprendiamo ampi stralci: “La legge 300/1970 intende
tutelare la libertà e dignità del lavoratore; e tal fine l'art. 5 mira a impedire che i datori di
lavoro, per controllare l'assenza per infermità del lavoratore, ricorrano a medici di loro
fiducia, anziché ai servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti (ora sostituiti dai
medici del servizio sanitario indicati dalle regioni), potendo così strumentalizzare
l'accertamento sanitario per fini impropri, che possono essere lesivi della dignità del
lavoratore (ad. esempio per comminare abusivamente sanzioni disciplinari o addirittura
per risolvere illegittimamente il rapporto di lavoro). In una parola, la ratio della norma è di
garantire l'imparzialità del controllo sanitario sulla infermità del lavoratore dipendente, a
tutela della dignità di quest'ultimo.
46 La Sentenza n° 15773/2002 della cassazione ha ribadito che il lavoratore è comunque sottoposto aidiversi obblighi regolati dal contratto collettivo di lavoro.
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Il D.Lgs. 81/2008 smi, invece, vuole garantire la sicurezza e la salute del lavoratore
durante il lavoro; e a tal fine prescrive che gli obblighi di prevenzione e protezione
gravanti sul datore di lavoro siano assolti, per determinate lavorazioni "a rischio", con la
collaborazione professionalmente qualificata di un medico aziendale, il quale dovrà
accertare in via preventiva e periodica lo stato di salute dei lavoratori, istituire e
aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio per ogni lavoratore, visitare periodicamente gli
ambienti di lavoro insieme al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, etc.
(art. 17 più volte citato).
Il medico previsto dal D.Lgs. 81/2008 smi è quindi incaricato stabilmente dal datore di
lavoro sulla base di un rapporto fiduciario, e può essere o dipendente di una struttura
esterna, pubblica o privata convenzionata, oppure libero professionista ovvero dipendente
del datore di lavoro.
I suoi compiti sono definiti per legge e sono comunque finalizzati alla prevenzione e
protezione dei lavoratori esposti allo specifico rischio lavorativo: pertanto non sono
estensibili ad altri settori. Se da una parte è scelto e pagato dal datore di lavoro, perché
deve coadiuvare quest'ultimo nell'esercizio dei suoi obblighi prevenzionali, dall'altra egli
deve svolgere il suo servizio professionale solo nell'interesse della salute e della sicurezza
dei lavoratori, tanto che incorre in sanzioni penali in caso di inosservanza.
Ne consegue a rigore che, anche nelle aziende in cui è istituito il "medico competente" ai
sensi del D.Lgs. 81/2008 smi, il datore di lavoro che voglia controllare lo stato di salute di
un lavoratore per verificare la legittimità di un'assenza a titolo di malattia o infortunio, non
potrà ricorrere al medico aziendale, pena la violazione dell'art. 5 legge 300/1970, ma
dovrà attivare soltanto i medici del servizio sanitario regionale.
In altri termini, per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori "a rischio" il legislatore
acconsente, e anzi prescrive, che il datore di lavoro si avvalga della collaborazione di un
medico di sua fiducia; ma per verificare la regolarità delle prestazioni lavorative in caso di
malattia o di infortunio, il legislatore impone che il datore di lavoro ricorra al controllo
imparziale di medici del servizio sanitario pubblico, che soli possono garantire il rispetto
della dignità del lavoratore.
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Se ne deve concludere che, anche nelle aziende in cui è obbligatoria la sorveglianza
sanitaria ed è stato nominato a tal fine un medico competente, continua a trovare
applicazione il divieto di accertamenti sanitari privati sulle assenze per malattia o
infortunio del lavoratore di cui al più volte citato art. 5”.
Il D.lgs 81/2008 e smi interviene in tema di malattia solo all’articolo 41 così come
modificato dal 106 prevede l’obbligo di visita medica a parte del medico competente per i
lavoratori che siano stati assenti dal lavoro per un periodo superiore ai 60 giorni
consecutivi a causa di malattia di qualsiasi origine.
INPS-INAILNel caso in cui uno stato di inabilità temporanea assoluta al lavoro non venga
riconosciuto come infortunio dall’INAIL in quanto l’evento che l’ha provocato non
presenta i requisiti di legge per essere qualificato come tale , a norma di legge l’evento
viene trasformato automaticamente in malattia comune ed indennizzato dall’INPS.
Nonostante la garanzia della tutela sociale, il mancato riconoscimento di un infortunio sul
lavoro da parte dell’INAIL comporta una perdita di tutela per il lavoratore a causa delle
diverse regole e del differente livello delle prestazioni, soprattutto economiche, che sono
previste dalle due diverse gestioni, mentre può rappresentare un vantaggio per il datore di
lavoro, si pensi al solo tema del comporto e della licenziabilità per eccessiva morbilità.
Il lavoratore temporaneamente inabile al lavoro a causa di infortunio non è tenuto ad
osservare le fasce orarie di reperibilità in quanto l’INAIL non effettua mai visite
domiciliari ma convoca il lavoratore presso le proprie sedi (con rimborso delle spese di
trasporto).
Inoltre, salvo diversa previsione dei Contratti Collettivi di lavoro i periodi di infortunio sul
lavoro non sono considerati ai fini della maturazione del periodo di comporto
Nel comunicare al lavoratore il mancato riconoscimento dell’infortunio l’INAIL
comunica, inoltre, al lavoratore che il caso è stato trasmesso per competenza all’INPS
perché venga trattato e indennizzato come malattia comune. Tale inoltro avviene ai sensi
di una Convenzione che stipulata nel 2009 ( Circolare INAIL n°38/2009 e Circolare
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INPS n°91/2009) è stata aggiornata il 15 dicembre 2014 per la durata di tre anni (vedi
circolare INPS n°69/12014 e INAIL n°47/2015).
La convenzione si attiva e funziona anche nei casi di erroneo indirizzamento delle
denunce e/o dei certificati medici ai due Enti previdenziali, opera ovviamente in
entrambe le direzioni, nel senso che riguarda, sia i casi che l’INAIL disconosce come
infortunio sul lavoro, sia i casi (statisticamente inferiori) che l’INPS disconosce come
malattie comuni, che vengono reindirizzati, secondo un iter procedurale stabilito,
all’Istituto ritenuto competente a trattarli.
La Convenzione INPS/INAIL prevede che nelle more dell’accertamento dell’Istituto
competente a trattare il caso, le prestazioni vengano erogate, ancorché in via provvisoria,
dall’Ente al quale il lavoratore si è inizialmente rivolto.
L’Istituto che alla fine risulterà competente a trattare il caso, rimborserà all’altro Istituto il
controvalore delle prestazioni e corrisponderà al lavoratore l’eventuale differenza.
L’aggiornamento del 2014 stabilisce che non rientra nell’ambito della Convenzione la
malattia professionale non tabellata . La ratio di tale esclusione sta nel fatto che “queste
patologie si configurano sempre come malattie comuni finché il lavoratore non fornisca la
prova del nesso eziologico con l’attività lavorativa svolta”.
Qualora dalla disamina della certificazione medica di malattia il sanitario INPS prospetti
un possibile evento infortunistico nel determinismo della inabilità lavorativa invia il
questionario AS1 al lavoratore che deve restituirlo debitamente compilato.
Nei casi di inabilità temporanea assoluta dovuta al riacutizzarsi degli esiti dell’infortunio o
della malattia per i quali viene già corrisposta una rendita per inabilità permanente parziale
(intesa dopo il D.Lgs 38 anche come indennizzo in capitale),, non sussiste il diritto alla
indennità giornaliera erogata dall’INAIL ma il diritto all’assistenza economica in caso di
malattia di competenza dell’INPS.
La Cassazione 12402 del 22 agosto 2002 conferma che nell’assistenza di malattia a carico
dell’INPS rientrano anche gli aggravamenti degli esiti dell’infortunio sul lavoro
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suscettibile di stabilizzazione ad un diverso e maggiore livello invalidante e comunque
come ulteriore conseguenza e recrudescenza temporanea dell’infortunio stesso.
Oltre il periodo decennale per gli infortuni e quindicennale per le malattie professionali le
eventuali ricadute sono di competenza INPS e dunque deve essere compilata certificazione
di malattia o nel caso di erroneo invio all’INAIL lo stesso Istituto dovrà segnalare
rapidamente l’evento all’INPS per la relativa copertura.
Particolare attenzione andrà posta alla particolare fattispecie introdotta dal D.Lgs 38
dell’accertamento provvisorio in quanto si è in presenza di lesioni non stabilizzate e
dunque il lavoratore non si è visto accertare i postimi definitivi e in questa condizione
afferma la De Zorzi nel suo volume “in tal caso, è nostro parere che, essendo i postumi
non ancora stabilizzati, eventuali periodi di inabilità temporanea sostenuti da disturbi
psico-fisici ricollegabili alle lesioni infortunistiche, siano da considerare a carico
dell’INAIL”.
Tutta la documentazione citata può essere richiesta alla Consulenza Medico-Legale Nazionale via e-mail all’indirizzo [email protected],[email protected]