NUMERO 10 Layout 1 - onaf.it · e guardando al 2015 ho tre pensieri che ... di Laura Bonvini 26-29...

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In f orma ORGANO DI INFORMAZIONE DELLA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI FORMAGGI Magazine di cultura casearia dal mondo dei formaggi 10 DICEMBRE 2014 euro 7 ISSN 2281-5120 Il formaggio visto da tre grandi chef Genova, crocevia di aromi e sapori Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale -70% NO/CUNEO n° 4 anno 2014 Nasce la filiera del latte d’asina La favola di Osella, il patriarca del fresco Affinatori mondo da scoprire A Caseus Veneti Eleonora Daniele Maestra Assaggiatrice Affinatori mondo da scoprire A Caseus Veneti Eleonora Daniele Maestra Assaggiatrice

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Informa

ORGANO DI INFORMAZIONE DELLA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI FORMAGGI

Magazine di cultura casearia

dal mondo dei formaggi

10DICEMBRE 2014

euro 7ISSN 2281-5120

Il formaggio vistoda tre grandi chef

Genova, crocevia di aromi e sapori

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2014

Nasce la filiera del latte d’asina

La favola di Osella, il patriarca del fresco

Affinatorimondo da scoprire

A Caseus Veneti Eleonora Daniele Maestra Assaggiatrice

Affinatorimondo da scoprire

A Caseus Veneti Eleonora Daniele Maestra Assaggiatrice

Via Reale nord, 2- 12030 Marene (CN) • Tel. 0172 742.575www.caseificiosepertino.com • e-mail: [email protected]

“Gli aromi intensi di frutta secca e legno si coniugano in maniera accattivante con

una struttura friabile e solubile”

1 º C L A S S I F I C A T O

Formaggi a pasta dura

I n fase di bilancio dell’anno che se ne vae guardando al 2015 ho tre pensieri chevoglio lasciarvi. Il primo è un’istantanea:

i volti dei contadini che hanno partecipatoall’ultima edizione del Salone del Gusto e diTerra Madre. Sono il miglior antidoto allanostra preoccupazione di fronte alla crisi.Quei contadini e produttori di formaggioarrivati da ogni parte del mondo, con la loroserena caparbietà rappresentano un innoall’ottimismo. Immagino tutta questa genteche dall’alba al tramonto, per tutti i 365 gior-ni dell’anno, si dedica al proprio lavoro svol-to con orgoglio e convinzione.Secondo pensiero. La carenza di lavoro peri nostri giovani fa meditare. Ogni tanto miviene da pensare che forse la nostra gene-razione non sia riuscita a trasmettere quan-to i nostri predecessori ci avevano insegna-to e caldamente raccomandato ogni giorno.La presenza in Italia di tanti ragazzi stranieriin buona parte istruiti che lavorano nel set-tore di cui ci occupiamo, e non tutti costret-ti a farlo dalle circostanze avverse, ci fa riflet-tere.Siamo ancora in tempo a correre ai ripari.Dobbiamo però renderci conto che nulla

sarà più come prima e dobbiamo riconside-rare totalmente il nostro modo di vivereadeguandolo alle nuove realtà. Un passoindietro? No, è un passo avanti da compie-re con uno spirito meno piagnoso, più prag-matico.Terza riflessione. Anche la nostra organizza-zione non è esente dalle difficoltà delmomento, ed è per questo che ho rivolto alnostro Consiglio e di conseguenza a tuttivoi, un appello alla concretezza e a un rinno-vato impegno allo spirito collaborativo nellacertezza di trovarvi uniti e compatti nel pro-seguimento del nostro cammino.L'interesse, la curiosità e la stima che abbia-mo raccolto attorno a noi, dimostra quantospazio abbiamo per migliorarci e per essereun valido supporto professionale al mondocaseario.Sono orgoglioso della rivista che in questomomento avete fra le mani. È uno strumen-to formidabile di comunicazione unico nelsuo genere in Italia, con pochi altri esempi inEuropa. Facciamola crescere, usiamola e dif-fondiamola. La nostra voce è sempre piùascoltata. Vi auguro Buon Natale. Teniamoci InForma.

di PIER CARLO ADAMIPresidente Onaf

L’esempiodei contadini

di Terra MadreI giovani

e il lavoro: serveuno spirito meno

piagnoso e piùpragmatico

Infine, un invito a tutti i soci:

diamoci da fare

L’EDITORIALE

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Guardando al 2015ho tre pensieri per voi

Giovani realtà del mondo caseario

crescono in tutti gli angoli d’Europa

e sono il miglior viatico per il nostro futuro

Sommario30-31Il formaggio che ha ispiratoSalvador Dalìdi Gianmario Giuliano

32-34L’altra faccia del bittodi Maria Grazia Mercalli

35Brasile-Veneto assieme per un formaggio tipicodi Mimmo Vita

36-37Il Grand Tour dei formaggi in Siciliadi Pietro Pappalardo

39Altri mondidi Massimo Pelagatti

40-41 Le ricette di Fabio Campoli

42-43 Il Concorso premio Romadi William Loria

45Adami confermato presidente Onaf

47 Abitare nel patrimoniodell’umanitàdi Elio Ragazzoni e Tomaso Zanoletti

Al Salone del gusto con il Murazzano Dop

48-51 Onaf Newsa cura di Beppe Casolo

53 Formaggi in libertàdi Fiorenzo Cravetto

52 L’Agendadi Marco Quasimodo

54 La vignettadi Gianni Audisio

3L’editorialedi Pier Carlo Adami

4Il nuovo sito Onafdi Marco Quasimodo

5La grattugia del direttore di Elio Ragazzoni

6-11Tutte le strade portano a Romadi Domenico Villani, Stanislao Liberatore,William Loria, Donato Nicastro, AlessandroFanelli, Francesca Solarino, Gaia Giannotti,Gabriele Piva con un contributo di June di Schino

12-14Il formaggio è salutedi Monica Russo ed Eugenio Del Toma

15Peccati di gola di Luigi Cremona e Lorenza Vitali

16-17Album Dop: il pecorino romanodi Enrico Surra

18-19Esame visivo e tattile della pasta dei formaggi di Armando Gambera

20-21Làit Real, il latte nobile del Piemonte di Giampiero Lombardi, MassimilianoProbo e Roberto Rubino

22-24Il formaggio di fossadi Renato Brancaleoni

25Il parmigiano più vecchio al mondodi Cornelio Marini

Concorso Infiniti Bludi Laura Bonvini

26-29Molise il formaggio del buon auspiciodi Gabriele Di Blasio, Nicola Iasenza,Nicola Di Niro

OSPITI DELL’ONAF: LA LORO RIVISTASI CHIAMA BELLA ITALIA

Quattro giornalisti della rivista giapponese “Bella Italia”,in visita nel nostro paese, hanno espressamenterichiesto all’Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero di

poter partecipare ad una degustazione di formaggi condottadall'Onaf. Al rientro da una sessione di ricerca del tartufo vis-suta con un “trifulau” albese ed i suoi meravigliosi cani, isignori Iwao Takagi, Mikiko Nakano, Wei Liang e Sayuri Moritahanno raggiunto la sala didattica del Castello di GrinzaneCavour dove hanno trovato ad attenderli quattro perle casea-rie: Murazzano Dop di 30 giorni, Bra duro Dop di 12 mesi,Castelmagno Dop di 60 giorni e di 12 mesi. Prima di proce-dere con l’assaggio, gli ospiti giapponesi hanno allestito unvero set fotografico in esterno e sfruttando il sole autunnale elo sfondo delle colline di Langa hanno realizzato un servizio discatti che andranno a comparire sulle pagine di “Bella Italia”,rivista al 100% made in Japan per il pubblico giapponese, mainteramente dedicata al nostro Paese. Il formaggio non è unelemento tipico nella gastronomia del Giappone, ma i giappo-nesi che amano la gastronomia sanno comunque quanto ilformaggio in Italia abbia un ruolo importante.Elio Ragazzoni ha condotto i quattro uditori in un viaggio chesi è rivelato estremamente interessante anche grazie allacuriosità dell’editore Takagi, alle sue domande e richieste diapprofondimenti oltremodo pertinenti. Takagi, in conclusio-ne, ha calorosamente ringraziato il relatore e l’Onaf:“Frequento l’Italia da molti anni, penso di poter dire di cono-scerla bene, ho sempre mangiato i suoi formaggi, ma oggi perla prima volta sono riuscito a gustarli, a capire quali mi piac-ciono e quali no, ed il perché di queste mie scelte”.

Giornalisti giapponesi a scuola di formaggio

Alcune precisazionie una speranza

Onaf editorevia Castello, 5 - 12060 Grinzane Cavour - CnPubblicazione bimestrale registrata al Tribunale di Albail 3/9/2012 n. 3/12 R. PeriodiciISSN 2281-5120

Direttore responsabile:Elio Ragazzoni

Comitato ScientificoArmando Gambera - Enrico SurraDaniele Bassi - Giuseppe CasoloGiancarlo Coghetto - Maria SarnataroGiampaolo Gaiarin

Redazione: Telefono/Fax 0173 231108 (ore 11/15) E.mail: [email protected]

Coordinamento editoriale: Fiorenzo Cravetto

Grafica: DP comunicazione via Spielberg 70, 12037 Saluzzo (Cn) by Roberta Baffa - www.graficline.net

Pubblicità: Marco Quasimodo 0173 231108 (ore 11/15)Collaborazione Promo-pubblicitaria Caseus Montanus-Gerardo Beneiton

Stampa: Tipolitografia Graph-Art sncVia Galimberti, 75 - 12030 Manta

A questo numero hanno collaborato: Pier Carlo Adami,Gianni Audisio, Vittorio Beltrami, Alan Bertolini, EttoreBevilacqua, Chiara Boi, Fabio Campoli, AntonioCarpenedo, Renato Ciaponi, Giancarlo Coghetto, Riccardo

Collu, Fiorenzo Cravetto, Carlo Fiori, Armando Gambera,Fiorenzo Giolito, Barbara Guerra, Antonio Madaio, AndreaMagi, Igino Morini, Antonio Papa, Massimo Pelagatti,Marco Quasimodo, Elio Ragazzoni, Elisabetta Salimei, LaraSanti, Albert Sapere, Maria Sarnataro, Giulio Signorelli,Enrico Surra, Riccardo di Terlizzi, Marco Zanazzi, PaoloFrancesco Zatta, Mirella Zordan, Il Corpo Forestale delloStato, Il Consorzio di tutela del Gorgonzola Dop e le dele-gazioni provinciali dell’Onaf.

Foto di copertina: Onaf Informa

Garanzie di riservatezza per gli abbonatiL’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati

forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi

dell’art. 7 del d. leg. 196/2003 scrivendo a: InForma - Via Castello, 5 - Grinzane Cavour (Cn)

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InformaMagazine di cultura casearia

Vi saranno in questo numero alcunepagine dedicate agli affinatori o stagio-natori che dir si voglia. Le testimonian-

ze raccolte parlano da sole: gente appassio-nata e capace che onora il mondo caseario.Non so con precisione quanti siano gli affina-tori in Italia, di certo i personaggi pubblicatisono una minima parte, una scheggia, unlampo di parole che illuminano la categoria.Eguale riconoscimento vorrei giungesse atutti quelli non citati. Avremo tempo e cia-scuno dei tralasciati potrà intervenire, certodi una futura accoglienza. In un momentodove tutti i giornali diminuiscono i formativorrei che le nostre pagine fossero immen-se, di qualche metro quadrato,con lo spazio per parlare ditutti. Sogno bislacco e irrealizzabilequanto assolutamente since-ro, una cosa è comunquecerta, continueremo il discor-so. É d'uopo un'altra precisazione: parleremo diGenova, città viva e meravigliosa, piacevoleoggetto dell'immaginario collettivo. Non par-leremo di alluvioni, di disastri ricorrenti, deldolore e della rabbia che la “Superba”, fru-stata dalle acque, vive ciclicamente. Non è,questa, una ragione di spazio, semplicemen-te di scelta. Noi che parliamo di formaggiovorremmo essere come lui: forti e invincibili.

di ELIO RAGAZZONI

Raccontare i formaggi è più bello

se il cibo ha una forte

connotazionesociale

LA GRATTUGIA DEL DIRETTORE

Non c'è guerra che l'abbia piegato, disastroche l'abbia fatto svanire. Ci provarono iCàtari nella Provenza del XXIII secolo, ma gliandò male. Ci fù il Vajont là dove si faceva ilPiave, ma nessuno fermò i casari. Terremotisquassarono l'Emilia e le sublimi produzionidi grana hanno retto il colpo. Anche per que-sto non parlare del Bisagno può essere unabbraccio diverso, la sincera convinzioneche le cose cambieranno, l'augurio che tuttorinascerà migliore.Non è possibile, infine non sottolinearequanto è successo a Caseus Veneti, dove unconcorso di formaggi ed una star televisivahanno offerto reale solidarietà a ragazzi che

vivono malattie debilitanti.Raccontare i formaggi puòessere ancora più bello se esi-ste la convinzione che il cibopossa avere una forte conno-tazione sociale, senza fermarsialle sole immaginifiche descri-

zioni. Il formaggio può aiutare, essere disostegno alle difficoltà. Non credo, perquanto se ne parli, che sarà la sola alimenta-zione a salvare il mondo. Senza una politicaglobale che veramente lo voglia non capiterànulla, o poco. Quel poco che si è fatto aTreviso, però, ha fatto sì che alle paroleseguissero donazioni concrete. Se dentro ilpiatto c'è posto per una prospettiva solidaleè giusto sperare di superare la narrazione.

Genova,tutto rinascerà

migliore

PRIMO PIANO

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«[...] troverai una città regale, addossata a una collinaalpestre, superba per uomini e per mura, il cui soloaspetto la indica Signora del mare.» FrancescoPetrarca.

Genova é una striscia di terra con una facciarivolta verso i monti, l’altra verso i mari comei due volti di Giano, la divinità bifronte da cui

prende il nome. Questo doppio aspetto si ritrova nelcarattere di ogni Genovese che ha sia la riservatezzadi chi vive in campagna, che l’orgoglio di appartene-re ad una Repubblica Marinara. Gli abitanti tengonoin vita le tradizioni, anche se nei secoli sono stateinfluenzate da varie culture e dal commercio. Plinio il vecchio, già nel 193 d.C. descrisse Genovacome la principale esportatrice di vini e formaggi, tra-dizione che tra il 1400 e il 1500 divenne l’Arte deiformaggiai. Gli Artieri, detenevano il monopolio per ilcommercio di formaggi, carni di porco salate, pescisalati, caviali, bottareghe, mossame e olio. Furono iprimi fornitori di bordo, tanto da avere l’autorizzazio-ne per la fabbricazione e la commercializzazione dicandele di sego e scope di saggina.L’importanza di questa professionela si capisce dalla sua diffusione,solo all’interno delle mura vi eranooltre settanta botteghe, altre siestendevano nelle podesterie diVoltri, Polcevera e Bisagno. Il pre-stigio era vincolato a regole ferree,tanto che un Artiere fu processatoper aver consentito alla moglie lavendita al banco dei prodotti, possibile solo agliuomini. Addentrandoci nel campo caseario si rilevadai registri oggi custoditi nei fondi storici dellaBiblioteca Berio, dell’Archivio di Stato e dellaBiblioteca Universitaria, che già allora vi era un’ampiavarietà di prodotti. Tutto veniva riportato nei docu-menti dei commerci annotando con meticolosità ori-gine, tipologia, quantità e prezzi. Fra i principali for-maggi, quelli provenienti dalle isole, riconoscibili perle loro definizioni che riassumevano con precisionele caratteristiche e l’origine. Dalla Sardegna i più notierano il caxeum Sardinie, caxeum salsum Sardiniae,

caxeum Sardiniae freschum. Stessa prassi era adotta-ta per i formaggi siciliani denominati Caxei Sicilie,Caxei salsi Sicilie, buffalini, casicavalli. Genova era la piazza maggiore. Dall’area padana,attraverso le vie del sale e la valle dell’Aveto giunge-vano il butero o buro e il formaggio Piacentino informe larghe e alte simili, per aspetto e sapore alCaseus Parmensis. Dal centro Italia e dalMediterraneo occidentale provenivano il Raveggioloe il Marzolino. Di pronto consumo i prodotti localicaseis nostratibus, recotis et presinsolis, l’odiernaPresinsèua tipicità casearia del levante genovese. Ilcapoluogo ligure è circondato a ponente dalla valleStura confinante con Savona che giunge fino il albasso Monferrato, a Levante dalla val d’Aveto, stradadi commercio verso il Piacentino che lo separa da LaSpezia; queste paiono quasi come due mani volte aproteggerlo. In questi territori, sono attive tutt’oggi lemaggiori realtà casearie del Genovesato e della regio-ne. Quando si parla di Liguria, si parla del formaggiodi Santo Stefano d’Aveto, ormai pochi produttori tra-dizionali realizzano questa tipicità. A Rezzoaglio, è sorto il caseificio che produce il San

Stè, lavora ogni anno circa900mila quintali di latte del territo-rio. Altre piccole realtà realizzano“U Cabanin” ricotte, Sarazzu e laPrescinsèua. A ponente, una coo-perativa nata a Rossiglione, prov-vede alla raccolta del latte e creadiversi formaggi, tra i quali laCrescenza Ligure, anche usatanella Focaccia di Recco. L’uso dei

formaggi nella cucina ligure è usato come ingredien-te nelle paste ripiene come Pansôti e ravioli di magro.Nelle verdure ripiene e nelle torte sono insostituibiliricotta e Prescinsèua. Ma il più eclatante esempio diuso del formaggio lo troviamo nel Pesto Genovese,piatto bandiera della cucina locale: oltre al BasilicoGenovese, l’olio ligure e l’aglio possibilmente impe-riese di Vessalico, è fondamentale l’uso di Parmigianoe Pecorino Sardo che danno a questa inimitabilesalsa fredda una doppia immagine, delicata e aroma-tica come il basilico, ma con una grande personalitàfornita dall’aglio e dai formaggi.

Chi governava le galee minimizzava laspesa per ottenere un’ottimizzazionedella forza lavoro in mare. Bisognava

utilizzare pochi grassi, mentre era necessariodare ai marinai del cibo che potesse essere unafonte di energia immediata. Ecco comparire ilvino, con il suo apporto calorico e il gradoalcoolico assumeva il ruolo di sedativo ed antidepressivo, alleviando il duro regime di bordo. I marinai introducevano abusivamente sullanave formaggio vecchio molto stagionato,nascondendoselo sotto le vesti. Il formaggiostagionato dava un contributo calorico fonda-mentale e si conservava molto bene perché eraprivo di acqua. Fu resa necessaria una GridaPontificia per vietare questo abuso. Sino al XVIII secolo la città di Genova è cresciu-ta insieme al porto mantenendo la sua struttu-ra originale. Intorno al “cuore antico” tra laLanterna e la Torre dei Greci, poste a controlloe difesa all’ingresso dal mare, si dipanavano il

MA ICOSA

Carne salata, cacio

GENOVA BIFRONTEUna faccia rivolta ai monti, l’altra al mareE l’artiere formaggiaio è nato qui

di Chiara Boi

di Riccardo Collu

Dalle vie di terraal porto, la città erala piazza maggiore

dei commerci alimentari

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Palazzo del mare, la Zecca, il Molo vecchio e laDarsena. Luogo commerciale per eccellenza la Darsena,una cittadella nella città dove galeotti, marinai,contrabbandieri e abitanti operosi avevanocontatti e rapporti quotidiani. Ma soprattutto era il crocevia per lo smista-mento di tutte le mercanzie che rifornivanol’entroterra e il nord Italia, desiderosi di riceve-re i prodotti che arrivavano dal mare.La vita in Darsena, era la “sala d’attesa” per l’im-barco nelle galee, su questi moli si formavanole ciurme. A Genova la formazione dell’equi-paggio delle navi era determinato da regole benprecise e così composto: schiavi, forzati evogatori volontari (bonavoglia) in parti uguali diun terzo.A tutti veniva assegnato un banco di voga, glischiavi e i forzati erano sempre legati con cate-ne ai remi.Le condizioni di vita dovevano essere terribi-li, sia per la mancanza di spazio fra i remi, cheper la forte promiscuità e l’assoluta mancan-

za di igiene. Sulle galee sia di giorno che dinotte si viveva prevalentemente sul ponte dicoperta. Per la preparazione e il distribuzionedel cibo si rimuoveva un banco di voga e siattrezzava l’area con il focone; questo servivaanche in inverno per scaldarsi, durante lesoste in porto. Su queste imbarcazioni di circa quarantametri era necessario curare i rapporti nono-stante gli angusti spazi, uno dei momenti pereccellenza erano i pasti. Per i marinai dedica-re il giusto tempo ed importanza alla tavola,scongiurava la nostalgia di casa ed esorcizza-va la durezza della voga. Grazie a testimonianze e documenti manoscrit-ti, si stima che fra le provviste per circa 350uomini d’equipaggio vi fossero, oltre a 140barili di vino da 50 litri ognuno, 20 di aceto,1/2 tonnellata d’olio, 1 tonnellata di carne sala-ta, 192 barili di acqua dolce e altri generi,anche 1,5 tonnellate di formaggio essiccato e

MARINAIMANGIAVANO?essiccato, acqua e vino base del rancio

Segue a pagina 8

di Riccardo di Terlizzi

Capita che le colline dell’entroterra e il marevengano nascosti ed avvolti da una fittacappa di nuvole che si addensano quasi a

formare un muro di caldo umido, ma che raramen-te daranno pioggia. Il terreno freddo e l’aria, carica di umidità portatadal vento di scirocco, si scontrano creando la mac-caia. Nel nord Europa gli inglesi si riferisconoall’aria “viziata” con il termine di muggy air e nellalingua ligure a questa particolarità si attribuisceanche un significato metaforico collegato al compor-tamento e allo stato d’animo. Quando c’è maccaia siha una sensazione di pesantezza... che scaldal’aria... e come se le persone si ricoprissero di una“patina” appiccicosa che crea loro disagio e fastidio. Il centro storico di Genova, quello stretto tra le muraantiche, presenta una miriade di percorsi, stradinestrette, quasi delle venature tra i palazzi che arriva-no al mare seguendo le vie d’acqua e sono conosciu-ti con il nome di “carrugi”. Un tempo si passava dall’entroterra, dalle vallatepercorrendo la via del sale e le mulattiere e si arri-vava con le merci al porto. Le botteghe artigiane, irivenditori e tutti i proprietari di attività commer-ciali che vivevano nei carrugi percepivano la mac-caia solo nel suo aspetto più minaccioso e deleterio;essa rendeva l’aria stantia e chi aveva le botteghetemeva per le proprie merci. In Vico Macellari adesempio, la carne in tempo di maccaia marciva;SottoRipa i formaggi diventavano rancidi e la muffapoteva fare andare in malora tutte le provviste deimagazzini collocati nei corridoi d’aria che davanosul mare.Anche se per i marinai delle barche a vela la macca-ia significava calma piatta e quindi “un accidente”,questo termine nel tempo si è caricato di un`accezio-ne più positiva, quasi romantica e contemporanea.Questo contributo è sicuramente opera della bravu-ra di alcuni poeti e cantautori che osservando larealtà genovese con la vena artistica hanno associa-to alla maccaia lo spirito stesso di un popolo schivo,riservato e descrivendolo l’hanno arricchito renden-dolo meno scontroso.La maccaia si è trasformata proponendosi in unavisione nuova, dolce: rappresentativa di un’atmosfe-ra ovattata, gonfia di tristezza, ma bella. Alla mac-caia hanno dedicato strofe indimenticabili cantanticome Paolo Conte, Cristiano De Andrè e MaxManfredi. Ammantata di questa nuova veste, dissolta la suacupezza alla luce penetrante della Lanterna, resti-tuisce allo sguardo del visitatore attento l’immaginedi fiaba di una Genova incantata.

Così dolce,così triste: è la Maccaia

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PRIMO PIANO

questa quantità sottolinea l’importanzadall’alimento.Il rancio fu uguale per secoli anche sulleimbarcazioni del nord Europa. Per avere un buon rancio si dovrà aspet-tare sino all’Ottocento, saranno i marinaidi Napoleone, attraverso l’invenzionedelle lattine e del sotto-vuoto ad opera delcuoco Nicolas Appert nel 1809, a vederenotevolmente migliorate le pietanze servi-te a bordo.Il XIX secolo invece è da considerare ilsecolo dei grandi cambiamenti, il menùsulle navi diverrà sempre più simile al cibodelle comuni abitazioni e dei grandi alber-ghi. Nuove apparecchiature e innovativetecniche di cottura consentiranno diampliare la varietà dei piatti disponibili.Nel 1876 l’epocale introduzione del frigo-rifero manderà in pensione il biscotto chediverrà una riserva e verranno introdottianche i formaggi freschi nelle dispense dibordo.

Segue da pagina 7

Fu Napoleonea garantirecibo migliore

Un caratteristico carrugiodel centro storico di Genova

Èluogo comune che la cucina liguresia povera perché storicamente gliingredienti provenivano dai piccoli

orti terrazzati e dal mare. La lingua di terra tra l’Appennino e il maredonava piante aromatiche come il basili-co, tra le risorse della terra patate, casta-gne, olive e l’uva e quelle di natura “mari-nara” crostacei, bianchetti, orate, acciu-ghe.Da Ponente a Levante, seppur nella diver-sità territoriale e culturale, troviamo ele-menti che accomunano queste terre eche ci fanno dire di essere in Liguria.I costumi locali poi con le influenze prove-nienti da tradizioni mediterranee e attivitàcommerciali, hanno saputo creare unconnubio e proporre nel tempo piatti ela-borati che non hanno nulla da invidiare alresto d’Italia. La cucina casalinga di quando i marinairientravano a casa, oppure le tavolate perfesteggiare il santo patrono o i menù deipotenti, dei capitani, dei Dogi rappresen-tano “mense” succulente, e cariche dipeculiarità tramandatesi sino a noi.Uno dei prodotti più famosi ed utilizzati inmolte ricette è la Prescínseua.Per il suo gusto deciso e con un caratteri-stico sapore acidulo è ritenuta indispen-sabile nella preparazione di diverse tipici-tà regionali.La Prescínseua viene infatti utilizzatacome ingrediente principale per il ripienodi molte torte salate e la troviamo prota-gonista nella Torta Pasqualina e nei Ravioli

del Doge: i Barbagiuai della Val Nervia. Ad arricchire le pietanze della culturacontadina e non solo, intervengonoanche altri formaggi liguri come il Bruzzu,ricavato da eccedenze di varie lavorazioni

LA SCHEDALa Prescínseua é prodotta con latte,generalmente vaccino, crudo opastorizzato a bassa temperatura. Lacoagulazione è acido – presamica,senza spurgo del siero, quindi sonopresenti sia le siero proteine che lelatto proteine.La Prescínseua, non ha una propriaforma, il colore è bianco neve, omo-geneo.La struttura visivamente è finementegranulare, cremosa, i profumi ricor-dano il latte, lo yogurt, l’erba fresca.Il sapore lievemente acido al retro-gusto presenta una fine tendenzadolce che ricorda la panna, le sensa-zioni sono abbastanza intense epersistenti.La struttura è cremosa, pastosa, leg-germente adesiva, piacevolmentediluibile e ingeribile. Gli aromi sonogli stessi dei profumi, ma, amplifica-ti, li ritroviamo ampi e persistenti. La sensazione finale del prodottocon un pizzico di fantasia può ricor-dare il territorio di produzione, e sipuò paragonare ai sentori di salsedi-ne e ai profumi delle vicine colline.

La storia di una cucina

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e rifermentato o il Santo Stè della Valledell’Aveto. Per tutto il Medioevo i medicicriticarono e sconsigliarono l’utilizzo delformaggio. La diceria rimase a lungo invoga tra letterati e dottori sino a tutto ilSettecento. “I misteriosi meccanismi dellacoagulazione e della fermentazione eranovisti con sospetto dalla scienza medica” Unire il caglio al latte non è un gesto comu-ne. Fa parte di una elaborata e raffinata cul-tura contadina che ha informato di sé lepopolazioni esistenti in tutto il nord Italia. Come sostituto della carne, il formaggio èstato reintegrato di buon grado nella cuci-na paesana a dispetto dei dotti.Ma la Prescínseua trovò sempre una strada

spianata perché considerata “elemento”genuino.I “Ravioli del Doge” con zucca, riso ePrescínseua ottennero con una legge dellaRepubblica di Genova del 1413 e il bene-stare del medico, il permesso per essereofferti dalla popolazione locale al DogeGiorgio Adorno nei giorni di festa. Pertanto la Prescínseua deve essere consi-derata non soltanto alimento, ma prodottofondativo della nostra identità.Se oggi pensiamo ai cibi Dop come unaeccellenza del Made in Italy, la pluralitàdelle voci tutelate fanno del nostro Paeseun’inesauribile miniera di ricchezza.

Ch.B.

IL PESTOPESTO DI PONENTE COL SOLE CRESCENTE,PESTO DI LEVANTE COL SOLE CALANTEParlare di Pesto si può far presto, ma gli abitanti dellaLiguria sanno che non è così. Questa salsa fredda è laseconda più diffusa al mondo dopo quella di pomidoro.Il Pesto genovese nella sua attuale ricetta è relativamen-te giovane, fra ponente e levante vi sono delle piccoledifferenze storiche. Quando il sole è crescente, in esta-te, questa salsa nella sua ricetta classica è particolarmen-te gradita per condire pasta fresca e gnocchi di patate.Quando cambia la stagione, in autunno con sole calante,la versione più indicata del pesto su alcune pietanze èquella di levante, con l’aggiunta della Prescínseua alla giànota ricetta. Alcuni prodotti invernali, come le trofie e gli gnocchi confarina di castagne assumono una tendenza dolce, laPrescínseua aggiunta al pesto, con la lieve acidità riequi-libra il piatto e consente un piacevole consumo.

RICETTA DEL PESTO GENOVESE(presentata al corso per assaggiatori di Pasto Genoveseorganizzato dalla Provincia di Genova e riconosciuto conattestato professionale regionale)30 – 35% Basilico Genovese Dop1% Sale Marino Grosso3% Aglio di Vessalico Dop 20-25% Parmigiano Reggiano3-5% Pecorino Sardo20-25% Olio extra Vergine di Oliva Dop Ligure10% Pinoli di PisaLe percentuali di Basilico, olio, Parmigiano, varianosecondo le stagioni di raccolta, la maturazione dell’olio ela stagionatura del formaggio. Consigliata l’esecuzionemanuale al mortaio (nel caso è necessaria l’aggiunta di“olio di gomito”).

La focaccia col formaggio di Recco

povera che nasconde tesori

Le origini pare risalgano all’epo-ca delle incursioni Saracene:gli abitanti si rifugiavano in col-

lina e cuocevano sulla pietra unimpasto di farina con acqua, olio,sale unendoci la formaggetta locale,presumibilmente di latte caprino.L’antica ricetta dell’attuale focaccia ène “La cuciniera Genovese” di G.B.Ratto edito dopo il 1860. Già allora la focaccia si preparavacon furmagétta fresca locale di lattevaccino. A oggi la ricetta, pur conalcune variazioni, ha conservato le

sue peculiarità: due sottilissime sfo-glie di pasta contenenti formaggio apasta molle che sciogliendosi impedi-sce che la pasta bruci. Viene cottasolo dai più bravi diretta-mente sul piano delforno a legna, nor-malmente integlie di ramestagnato o nelleplacche e inforni moderni.Il vero segretodella focaccia di

Recco è la manualità, che si acquisi-sce dopo molte volte e la conoscen-za del forno. Tantissimi sono gli esti-matori di questo piatto povero, da

Guglielmo Marconi agli artistiche negli anni ‘60 predili-

gevano Recco comemeta del dopotea-

tro.Dal 1960, ognianno a mag-gio la festadella focacciavede fornai,

ristoratori e cittadini lavorare a fian-co per cuocerne diversi quintali chevengono distribuiti a migliaia di turi-sti.In ogni festività ed avvenimento èsempre protagonista; queste uniteal quotidiano consumo della focac-cia col formaggio, rappresentanouna consistente fetta di economianon solo locale, considerato che aRecco si consuma un’alta percen-tuale di crescenza e stracchino delprodotto nazionale.

R.C.

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PRIMO PIANO

Indirizzi giusti per i gourmet di Riccardo Collu

CASA DEL PARMIGIANOMercato Orientale, box n° 63, via XX Settembre, Genova

Nel mercato Orientale dal 1934.Sono selezionatori da quattro gene-razioni, da loro, se si arriva in tempo,sono reperibili stagionature di oltre90 mesi. Disponibili piccole produ-zioni di Robiola di Roccaverano,Mozzarella di Bufala, Pecorini variToscani, Sardi.Ben fornito l’angolo con prodotti perla spesa quotidiana. L’attività oggi siramifica in 14 punti vendita nellaprovincia di Genova, ma nello stori-co box c’è sempre il capostipite

Mario, assaggiatore Onaf, con la figlia e il cognato che portano avanti latradizione.

FORMAGGERIA CORRADO RABAGLIAVia Marco, sala 59r, Genova Nervi.

Da generazioni la famigliaRabaglia era produttricedi Parmigiano Reggiano,in seguito si tasferì aRapallo. Nel 1968Corrado Rabaglia aprì aNervi il locale attualmentegestito dai figli Marco eMatteo. Ha ricevuto iprimi riconoscimenticome locale del buon for-maggio nel 1997, 1999,

2001, 2003, 2005 e più recenti. Nel 1999 ha ottenuto il titolo “Chevalierde Taste Fromage de France”. Da settembre 2005 iscritti all’Onaf e dal2006 Assaggiatori.

PARLACOMEMANGI Bottega Italiana, Via Mazzini 44, angolo vico F. De Andrè, Rapallo.

Guido Porrati è figlio d’arte,da generazioni in commer-cio soprattutto con selezionidirette. Lui è un istrione,protagonista e regista dellabottega, con competenticommessi al banco. Ogniformaggio esposto ha ladenominazione, la zona diprovenienza, indicazioni sultipo di latte e il nome del

casaro. Guido conosce la storia dei prodotti, alcuni nati da suoi stimoliai casari locali, oggi sono già tradizione. Molto piacevoli e non invasive lesue e-mail. Provate ad iscrivervi, diventerete sicuramente amici: chiede-te a Michael Douglas.

LA BRINCA-TRATTORIA “Caneva con fùndego da vin”, Via Campo di Ne, 58, Ne (Genova).

Sergio Circella e famiglia dal1987 sono i conservatoridei sapori e delle ricettestoriche del territorio.Usano prevalentementeprodotti locali uniti ad unimpeccabile servizio e unadelle migliori liste viniItaliane. I formaggi, sonoovviamente delle vallateadiacenti: Sarazzu di

Sopralacroce e della Val d’Aveto, Cicherina, “U Cabanin” di razza autoc-tona Cabannina, Agugiaia, Caprino di Sopralacroce, San Sté. Vengonoserviti con la confettura di cipolle di Zerli accompagnate da un foglio conle descrizioni dei prodotti.

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DOSSIER

Affinamentol’arte della perfezioneDalle latterie di una volta all’alta specializzazione dei maestri

Nella filiera produttiva del formaggio sono molti gli attori. Tra questi spic-cano due figure importanti, molto diffuse in Francia, che assumonoruoli e contorni propri: la figura dell’affinatore e dello stagionatore.

Sulla carta le due definizioni si differenziano per la possibilità di modificarel'essenza stessa del prodotto prima dell'eventuale stagionatura da parte del-l'affinatore e di curare essenzialmente il solo invecchiamento da parte dellostagionatore. Insomma, l'affinatore inventa, aggiunge, modifica e trasforma con la sapienzadi chi ricerca un prodotto nuovo da presentare al mercato mentre lo stagio-natore, lava, rivolta, controlla, a volte unge, verifica e cura affidandosi al solotrascorrere del tempo.C'è però un fatto: quasi tutti gli affinatori sono anche stagionatori e molti sta-gionatori comunque qualcosa affinano. Di qui nasce un ragionevole dubbio:si potrebbero unificare i due termini?L'esperienza francese, che in merito è maestra, considera unicamente il ter-

mine “affineur”, potremmo quindi anche noi riunire i due concetti in uno solo:l'affinatore.In effetti il termine affinatore si riconduce al verbo “affinare” che tra gli altrisignificati ha proprio quello di “perfezionare”. Lasciamoci quindi trascinare dalpensiero che, letteralmente, l’affinatore sia un “perfezionatore di formaggi”,ovvero colui che è in grado di offrirci un prodotto comunque migliorato dallasua passione e dal suo lavoro.Si deve però considerare che pur con la medesima definizione le realtà fran-cesi e italiane sono differenti.La causa va ricercata nella storia, nella cultura e nella tradizione del formag-gio. In Francia da sempre sono diffusi i negozi specializzati, “les fromage-ries”, presenti anche nei piccoli centri. Da noi, nei paesini, c’erano le “latte-rie” che poi in realtà, nel dopoguerra, sono diventati quei punti venditacosiddetti “negozio di commestibili” dove il formaggio era solo uno tra itanti prodotti venduti. Questa situazione fa sì che gli affinatori francesi siano

di Enrico Surra e Elio Ragazzoni

Segue a pagina 12

12

DOSSIER

più considerati dal consumatore.Il grave errore che commettiamo noiitaliani è sovente quello di considerarel'affinatore come un semplice commer-ciante, fatto non vero e assolutamenterestrittivo.C'è poi da dichiarare che l'affinatore, ostagionatore che dir si voglia, italianonon è certo da meno di quellod'Oltralpe. Il gallico affineur si occupanormalmente di tutta la produzionecasearia francese, mentre in Italia ilcampo si restringe ad aree e prodotti piùlimitati consentendo una maggiore spe-cializzazione e la più sicura individuazio-ne e salvaguardia della tradizione e dellatipicità.L'affinatore vende il formaggio, maprima ancora di lavorarlo lo sceglie, risul-tando prezioso tratto di unione tra il pro-duttore e il mercato. Quindi al di là dellasapiente fantasia per produrre novità odel costante impegno nella stagionaturadel formaggio, esiste una continua epuntigliosa ricerca della qualità di base. C'è chi dice che manca una istituzionaliz-zazione della categoria e l'osservazioneforse è giusta, sarebbe auspicabile che lafigura di chi segue la vita del formaggiouscito dal caseificio potesse ottenerel'importanza che merita. Si vedrà, intan-to è certo che gli uomini che fanno que-sto splendido mestiere abbiano un mar-chio mai scritto: “scelto per te” che testi-monia al consumatore la certezza di unacquisto interessante, sicuro e buono.

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Piedi saldi nella tradizionedi un Sud in crescita

Sign

orel

li

di Antonio Madaio

Madaio

Un marchiomai scritto: scelto per te

Affinare è migliorare quello che tiappartiene per renderlo semplice-mente unico, valorizzare al massi-

mo il lavoro degli allevatori, dediti a seguirele bestie in montagna, e tornare al passato,per ritrovare la dieta e i ritmi di un tempo,vero elisir di una vita migliore. Mio nonnoera allevatore, produceva i formaggi e liconservava per lungo tempo quando gliinverni in montagna erano tanto rigidi danon permettere di nutrirsi di altro se nonquello che si aveva in casa. Mio padre,acquisiti gli strumenti e il sapere, conamore seguiva la campagna e gli animali. Ioho girato un po' tutta l’Italia e l’estero primadi tornare a casa, convinto che Castelcivita,il mio paese, sito nel Parco Nazionale delCilento, fosse realmente un paradiso doveconservare il formaggio in modo naturale.Oggi ho anche io dei figli, e un’aziendacomposta da giovani menti è un continuoconfrontarsi e condividere. Angelo eDavide rappresentano il presente e il futu-ro di Casa Madaio, e garantiscono la salva-guardia del mestiere di affinatore in tutte lesue sfaccettature, dalla presentazione deiformaggi, al miglioramento del prodotto,attraverso la continua collaborazione con lestrutture locali e l’Università. L’affinatoreoggi non può infatti improvvisarsi, devetenere i piedi ben saldi nella tradizione eallungare il collo verso il futuro, aggiornar-

si e seguire il mercato con attenzione. Gliaffinatori francesi con abilità trasformano lelattiche, modellandole ad arte, in Italia l’affi-natore del nord è specialista delle tome,l’affinatore del sud è figlio delle paste filatee dei formaggi ovicaprini. Le paste filatehanno una diversa composizione rispettoai formaggi ovicaprini, sono maggiormentesoggetti a fermentazioni e dunque il pro-cesso di stagionatura risulta più delicato, ilformaggio deve essere curato con maggio-re frequenza, e rivoltato durante la stagio-natura come accade per lo spumante. Oggi saper custodire un formaggio, signifi-ca preservarne le tecniche di lavorazione,mantenere intatta la tradizione, valorizzareun territorio. L’acqua, l’aria, le mani, l’abilitàdel casaro e la capacità di attendere rendo-no il formaggio unico e inimitabile.Si parla tanto di marchi e prodotti da stan-dardizzare, ma non è giusto, nè possibilecredere di poter replicare le tipicità. Lastandardizzazione può avvenire nella quali-tà, nel controllo della materia prima, manon nel tentativo di clonare quello che giàgli altri fanno. Il formaggio vive, ed è di persè come un figlio o un nipote, lo si aiuta anascere e lo si segue in tutte le sue fasi,fino a quando saggio ed anziano, abbando-na i luoghi natali per condividere la suaesperienza con i mercati italiani ed esteri.

Casa Madaio srl - Via Roma 23, 84020Castelcivita SA - Tel. 0828 364 815

• Davide, Antonio e Angelo Madaio

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Imiei primi approcci con il formaggio, visti con gli occhi di oggi,sono stati dei veri traumi infantili: nel 1954 , a 11 anni, miopadre d’inverno mi metteva in un magazzino a raschiare la

morchia degli stracchini a temperatura ambiente di quattro gradiper renderli più appetibili e…piangevo, povero bambino anch’io.Correva l’anno 1965 quando a mio padre venne il pallino delgrana cappato nero, all’epoca colore distintivo del grana di quali-tà. Perciò papà acquistava le forme con la crosta naturale come laconosciamo oggi e si procurava olio di lino e terra d’ombra perprodurre una poltiglia scura con cui il giovane Giulio, nelle pochegiornate di licenza dal servizio militare, doveva ungere le forme digrana anziché andare a trovare gli amici.Nonostante queste due significative e non esattamente positiveesperienze iniziali, nel 1969 abbiamo lasciato la licenza diambulante ed aperto il primo negozio. Sembra incredibile, maho iniziato da ignorante in materia casearia. Nel tempo, conl’aiuto prezioso di mia moglie Luciana, ho imparato a conosce-re e valutare l’intero ciclo: dai pascoli, alle bovine, ai caseifici edalle tecniche di lavorazione fino alla stagionatura ed all’affina-mento. Lo stimolo che mi ha portato a dedicarmi anima e corpoal formaggio, è giunto nel 1984, quindici anni dopo l’aperturadel negozio, grazie all’incontro con due splendidi personaggi:Guglielmo Locatelli e il notaio Carlo Leidi. Il primo è l’uomo gra-zie a cui lo Strachitund è arrivato sino ai giorni nostri, il secon-do è stato l’illuminato Fiduciario della Condotta Slow Food diBergamo. L’ultima svolta importante è arrivata nel 2000 quan-do Bruno Martinelli con l’Onaf ha organizzato il primo corso perAssaggiatori a Bergamo, corso che mi ha permesso di avvici-narmi al formaggio in maniera più scientifica e meno istintiva,come invece era stata sino ad allora. Da vero sperimentatorepoi negli anni, buttando anche un piccolo patrimonio perchénon sempre le prove hanno esito positivo, ho potuto migliora-re le mie tecniche di affinamento…ungendo, raschiando, spaz-zolando, lavando, operando su temperature ed umidità, aspet-tando che il tempo facesse il suo corso. Ora oltre alla grandesoddisfazione per i risultati si aggiunge la fortuna dei figli Paoloe Simone che stanno proseguendo sulla strada tracciata dalbisnonno Alessandro, continuata prima da mio padre Luigi epoi da me.

“Ol formager” di Giulio Signorelli Piazzale Oberdan, 2 - 24124 Bergamo - Tel. 035.23.92.37

g

Ho cominciato ungendo,raschiando e spazzolando

di Giulio Signorelli

Il formaggio che innamoraper offrirci emozioni

di Antonio Carpenedo

Carp

ened

o• Giulio, Paolo, Luciana e Simone Signorelli

• Antonio Carpenedo con la moglie Giuseppina

L'infanzia trascorsa tra gli scaffali di papà mi ha lasciato un imprintingdi sapori genuini, di verità gustose che sono rimaste magicamenteriposte nei ripiani della mia memoria. Ricordo le vecchie assi di

legno affollate di formaggi in stagionatura imparando l'importanza dellatemperatura, umidità, tempo e ambiente. Ho sempre considerato il for-maggio qualcosa di vivo, una creatura capace di evolvere straordinaria-mente coccolato dalle mani rugose di papà, che ogni tanto bussava incrosta quasi a chiedere permesso. Ho messo poi le mani in pasta dandovita in prima persona ai formaggi nel mio caseificio. Che splendida e riccaavventura fare il formaggio, facendo tesoro degli anni in bottega, comple-tando così un puzzle da anni sopra il tavolo della vita, ancora incomple-to. Come trasferire quei sapori perduti, cambiati dopo la guerra? Creare,stagionare, affinare e poi mutare un formaggio in un’emozione. Il miometodo, il metodo Antonio Carpenedo era la risposta, con il primo for-maggio Ubriaco, quello di Raboso, che tra poco compirà quarant'anni.Con lui ho messo tutto me stesso per sposare il vino con i sapori dellaterra, per tornare ad emozionarmi e farvi vivere d'istanti e d'istinti, nonpiù distanti e distinti dai gusti. Perché la differenza la fanno i dettagli.L'esperienza mi ha dato la capacità per preparare il formaggio ad acco-gliere i sapori. Questo processo è spesso ignorato dai più. Riuscire adevolvere un formaggio per essere poi affinato è parte fondamentale percreare un prodotto unico, perché cambiamo le sue caratteristiche orga-nolettiche. Si trasforma completamente e diventa un contenitore di sapo-ri, una banca di profumi, sia che parliamo di vino, spezie o fieno. Dicosempre che il formaggio si innamora e grazie a questo si completa perregalarci emozioni uniche.Il lavoro inizia con l’amore per gli animali, dando loro buon cibo per poteravere un ottimo latte, sano e ricco di profumi da trasferire, mantenere edesaltare nella stagionatura. Senza questo controllo di tutta la filiera, qual-siasi tipo di lavorazione successiva sarebbe inutile e al di sotto delle mieaspettative. Ogni anello di questa catena è importante per ottenere unrisultato eccellente e duraturo.Nella mia vita ho cercato di mettere amore in tutto quello che faccio e hovoluto celebrare mia moglie e la nostra unione con il “Blu 61”, perché èstata ed è chi mi completa. 50 anni condividendo un sogno, fatica e sod-disfazioni, il tutto dentro i miei formaggi, che immagino, creo e affino daquasi 40 anni.

La Casearia s.r.l. -Via Santandrà 17 - 31050 Camalò di Povegliano (TV) Tel. 0422 872178

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FOCUS

L’affinatore di formaggi è un conoscitore delle razze di bestie che saindividuare un territorio ideale adatto a consentire ad esse una vita diqualità; inoltre l’affinatore interiorizza le sue conoscenze per elevare

maggiormente il cacio.L’affinatore conosce il mondo dove gira il formaggio e a volte riesce acoglierne i primi vagiti; è come l’immagine di un padre che pensa e sidomanda come sarà suo figlio da adulto.È rimasto un mestiere poco conosciuto ma che solo l’immaginazione diquesta figura fa acquisire sulla tavola sentori vivi, veri e liberi.Quante delusioni, ma alcune volte è un vero godimento d’anima, poichécon la fantasia e l’esperienza si elabora un capolavoro della tavola.

Gastronomia Beltrami - Via Umberto, 21/23 - 61030 Cartoceto - PU -Italia - Tel. 0721 893006

Nel corso degli ultimi 25 anni , il formaggio ha vissuto una foca-lizzazione fino ad allora sconosciuta. Sull’onda dell'interesseche ha trasformato l’enogastronomia quasi in oggetto di spet-

tacolo, anche il vocabolario si è arricchito di denominazioni maiusate. Tra queste, all’inizio timidamente e poi via via più prepotente-mente, ha preso piede la parola “affinatore” a qualificare un’attivitàstrettamente correlata al mondo del formaggio. Va sottolineato che sitratta di una denominazione vaga perchè lascia molto spazio alla liber-tà interpretativa di ognuno in quanto si tratta di una professione percui non esiste un albo istituzionale, nè è prevista una conclamata con-sacrazione per “titoli ed esami”. In breve quando si dice “affinatore”non ci si esprime oggettivamente come quando si dice dottore, avvo-cato o cuoco. Nessuno di questi può autorefenziarsi, cosa che è inve-ce possibile ad un affinatore. Può essere quindi interessante appro-fondire un po' il discorso e cercare di proporre qualche riflessione.Quelle che seguono, sono considerazioni mutuate dalla mia esperien-za rapportata a quella di altre aree casearie, come la Francia dove laprofessione è ben definita, e dalla tradizione della mia famiglia che sidedica a questo “mestiere” ininterrottamente da centotrentotto anni.Che cosa sia un “affinatore” è abbastanza presto detto: è un allevato-re di formaggi.

FioriL’allevatore di formaggi con attenzioni amorevoli

di Carlo Fiori “Guffanti”

Gio

lito

Beltrami

Affinare è un vero godimento dell’anima

• Carlo Fiori

Che cosa faccia un “affinatore” prevede qualche precisazione in più.Generalmente non è un casaro, ma chi seleziona i formaggi sui luoghidi produzione, individuati tra quelli con una personalità già ben defini-ta e rispettosa della tradizione. Come selezionatore l’affinatore dovràessere conoscitore degli antichi saperi cioè di quelle regole ben defi-nite ed irrinunciabili secondo cui ogni formaggio va prodotto. La qua-lità, poi, non viene solo dal rispetto di queste regole ma dal fatto chesi sia lavorato il latte fresco, “giusto”, cioè del luogo e degli animalivocati alla produzione di “quel” formaggio, preferibilmente a lattecrudo. Selezionati i suoi formaggi il buon Affinatore a questi applicauna cura continua e professionalmente consapevole fatta di manuali-tà, di attenzioni, spesso amorevoli. Un affinatore che si rispetti devequindi predisporre e gestire ambienti adatti per i diversi formaggi chenecessitano di differenti temperature e umidità mentre, per quantoriguarda la conservazione, dovrà essere esperto conoscitore e gesto-re del tempo necessario affinchè il formaggio arrivi ad esprimeretutto quello che può. Dovrà offrire al consumatore il meglio in termi-ni di aspetto, profumo, tessitura della pasta e gusto. Quello dell’affi-natore è un vero “mestiere” artigianale nella speranza che, come reci-tava una vecchia pubblicità dovrebbe d’ora in poi ...bastare la parola.

Luigi Guffanti 1876 s.r.l. - Via Milano, 140 - 28041 Arona NO - Italy- Tel. 0322 242038

• Vittorio Beltrami

di Vittorio Beltrami

“Affinatore”…bella parola… Mi sono permesso di consultare il diziona-rio della lingua Italiana di Fernando Palazzi, che alla voce “Affinare”, dicetestualmente: “render fine, sottile, più acuto; affinare l’ingegno, di

metalli, purificarli, separandoli dalle scorie...”.Fig. migliorarsi, perfezionarsi…”La lingua italiana non fa riferimento all'ambitoalimentare né tanto meno a processi di stagio-natura del formaggio. “Affinatore” in quest'ac-cezione è una parola nuova, presa a prestitodal francese “Affineur”, stagionatore, alla qualetendiamo ad aggiungere l'idea di miglioramen-to e perfezionamento nella definizione italiana.Se questo è il senso, allora ben venga questanuova professione (in Francia già effettivamen-te ben radicata), anche se temo che si facciaancora un po' di confusione a proposito, talvol-ta forse abusando di questo bel termine.Diamo dunque per scontato che l’affinatore siauna figura con il preciso compito di miglioraree perfezionare il formaggio, e fin qui ci siamo.Ma chi stabilisce che un tal prodotto è statosemplicemente stagionato, oppure è stato affi-nato? Alla voce “Stagionare”, il suddetto dizionariodice: “…il periodo o il processo necessari per-

ché alcuni prodotti rispondano a determinati requisiti”. A questo punto, michiedo se io sia uno Stagionatore oppure un Affinatore, perché negli anniho sperimentato alcune forme di trasformazione dei formaggi, con vinac-ce, foglie, olio, alcol, ed altro ancora.A volte, con clienti esteri, mi definisco un “Cheese Hunter” (Cacciatore diformaggi), un modo originale di definire quel continuo peregrinare sullevalli alpine alla ricerca di piccole realtà, spesse volte sull’orlo dell’estinzio-ne, per poi proporle ai miei clienti, cercando di trasmettere quella poesiae quel duro lavoro che c’è dietro alla produzione. La mia attività è forseindispensabile avendo alcuni di questi piccoli produttori l’impossibilità di

stoccare e commercializzare i loro formaggi.Al di là delle definizioni credo che sia pro-prio questa la vera essenza del mio lavoro.Non dimentichiamoci dunque che perquanto possiamo essere osannati noi affina-tori spesso citati sui menù dei ristoranti, seabbiamo ragione di esistere, lo dobbiamo aquei pastori, margari, contadini e casari, chesi fanno delle levatacce con ogni tempo, chemungono tutti i giorni, che non fanno ungiorno di ferie all’anno, e che debbonocombattere con i burocrati ed ora anchecon i lupi. E non sai chi sia peggio tra i due.Loro sono i protagonisti. Noi affinatori o sta-gionatori, come dir si voglia, continuiamopure sulla strada del miglioramento ed ilperfezionamento del nostro lavoro, il for-maggio di qualità, non avrà che da guada-gnarci.

Giolito Formaggi - Via Montegrappa, 6 -12042 - Bra - Cn - Tel. 0172 412920

Il cacciatore di formaggiche va di valle in valle

di Fiorenzo Giolito

• Fiorenzo Giolito

Gli affinatori sono un po' poeti

e un po' casari, commercianti che impreziosiscono,

ricercatori che salvaguardano,saggi formaggiai creativi,

pazienti custodi della tradizione,inventori di sapori nuovi,

difensori di antichi saperi,sapienti appassionati

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ALBUM DOP

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Paese che vai, ricotta che trovi. In ogni ango-lo della nostra penisola e delle isole, dallavaccina all'ovina alla bufalina. Con nomi dia-

lettali e con lavorazioni diverse: dal seirass pie-montese avvolto nel fieno alla ricotta mustiaovvero affumicata della Sardegna. E' un mondoda riscoprire, fatto di sapori lattici, delicati dellericotte fresche, oppure di aromi intensi dellericotte da grattugia. Provate una ricottella di bufa-la, dolce e tenera, sminuzzata su degli spaghetti alpomodoro fumanti: magnifico! Possiamo affermare, senz'ombra di dubbio, chela ricotta appartiene alla cultura degli del nullasprecato. Come del resto succede anche nellacucina tradizionale italiana i cui piatti, recuperan-do le frattaglie degli animali o semplicemente lacarne cotta del giorno precedente, sono di unasuperba eccellenza. Altrettanto dicasi delle ricot-te: così fragili e aeree, dagli aromi assolutamentesemplici, ma profondamente caratteristici.Godibili al palato così come sono, meglio seappena fatte, altrettanto piacevoli nelle tantecomposizioni culinarie di cui le nostre regioni

sono prodighe.Le ricotte si ottengono dagli scarti della prepara-zione del cacio. Infatti la ricotta non è classificatacome un formaggio, ma potremmo subitorispondere che, sotto il profilo dell'assaggio, lacosa è di secondaria importanza. La legislazioneitaliana dice che il formaggio deriva dalla coagu-lazione del latte; poiché la ricotta nasce invecedalla cottura del siero (prodotto durante la coagu-lazione del latte e immediatamente eliminato),essa viene relegata nel limbo dei caci qualifican-dola come latticino, come succede al burro e alloyogurt. Tuttavia tale qualificazione è del tutto arbi-traria, non sancita da leggi, tant'è che spessoanche i formaggi freschi sono classificati latticini.Lasciamo perdere i cavilli legali, e parliamo diricotte. Il siero viene scaldato fino ai 90 °C e inquesto modo le sieroproteine si degradano,ovvero flocculano in grumi leggeri che vengonoraccolti e deposti nelle fiscelle per un leggerosgrondo. Il prodotto è già pronto per il consumo.Talvolta viene aggiunto un po' di latte per unamaggiore consistenza strutturale; altre volte laricotta viene trattata con erbe secche o affumica-ta per favorire la sua conservazione e talvolta

salata e usata da grattugia. Essendo tantissime,come già detto in apertura, soffermiamoci soltan-to brevemente sulle due Dop italiane: la RicottaRomana e la Ricotta di Bufala Campana.La Romana Dop è un prodotto fresco ottenuto dasiero di latte ovino intero della regione Lazio e ivicaseificato. Le procedure di produzione vietanol'uso di latte congelato, di prodotti chimici e del-l'aggiunta di grassi (ad es. la crema di latte).Presenta una struttura molto fine, dal colore bian-co, e un sapore delicato e dolce.La Bufala Campana Dop è un prodotto lattiero-caseario fresco, quindi privo di maturazione,ottenuto da latte di bufala usato nella produzionedi Mozzarella di Bufala Campana Dop. Presentaparticolari caratteristiche strutturali di cremosità emorbidezza, un colore bianco porcellana, e spic-cate proprietà sensoriali descrivibili come fra-granza delicata di latte e dolcezza. I caseifici(regioni Campania, Lazio, Puglia e Molise) devo-no utilizzare esclusivamente siero dolce (ovverodella coagulazione del latte, non quello dellamaturazione della mozzarella chiamato sieroacido) trasformandolo in ricotta entro le 24 oredalla sua estrazione.

di Armando Gambera

Paese che vai

ricotta che ricotta che

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DAI DISCIPLINARIRicotta Romana Dop• All’atto dell’immissione al consumo la “Ricotta

Romana” presenta le seguenti caratteristiche:prodotto fresco; pasta bianca, a struttura gru-mosa; sapore dolciastro di latte; pezzatura finoa 2 Kg; contenuto lipidico: minimo 40% sullamateria secca.

• Il siero deve essere ottenuto da latte intero dipecora proveniente dal territorio della RegioneLazio. Le operazioni di lavorazione-trasforma-zione e di condizionamento dello stesso inRicotta Romana devono avvenire nel solo terri-torio della Regione Lazio.

•La materia prima e costituita dal siero di latteintero di pecora delle razze piu diffuse nel Lazio,quali: Sarda, Comisana e Sopravvissana,Massese, e i loro incroci. Il siero deve essereottenuto dal meccanismo di spurgo, dovuto allarottura della cagliata destinata alla produzionedei formaggi pecorini ottenuti da latte di pecoreproveniente dal territorio del Lazio. Per la pro-duzione e consentita, nel corso del processo diriscaldamento del siero l'aggiunta di latte interodi pecora proveniente dalle razze sopra citatefino al 15% del volume totale del siero.

• La Ricotta Romana viene confezionata in cestel-li tronco-conici di vimini, di plastica o di metallodi capacita massima di 2 kg. La facciata superio-re del cestello viene ricoperta da un foglio diplastica. Sono consentite altre tipologie di con-fezionamento: avvolta con carta pergamena,contenitori di plastica e/o sottovuoto.

Ricotta di Bufala Campana Dop • All’atto dell’immissione al consumo, presenta le

seguenti caratteristiche: forma: tronco pirami-dale o tronco conica; peso: fino a 2.000 gram-mi; colore: bianco porcellana; aspetto esterno:assenza di crosta; consistenza: morbida, granu-losa, ma non sabbiosa.

• Caratteristiche chimiche: grasso sulla sostanza

secca: minimo 45%; grasso: non inferiore al12% sul tal quale; umidita: non superiore al75%; acido lattico: inferiore o uguale a 0,3%;contenuto in sodio: inferiore o uguale a 0,3%.

• Caratteristiche organolettiche: sapore: caratteri-stico, fresco e delicatamente dolce; odore: fra-grante di latte e crema.

• La zona di produzione è situata nei territori (intutto o in parte) delle regioni Campania, Lazio,Puglia, Molise.

• La materia prima e costituita dal “primo siero”(o “siero dolce”) proveniente dalla lavorazionedel latte di bufala, ottenuto dalla mungituramanuale e/o meccanica di bufale di RazzaMediterranea Italiana allevate nell’areale di pro-duzione. Il “primo siero” deve essere ottenutodal meccanismo di spurgo dovuto alla rotturadella cagliata destinata alla produzione dellaMozzarella di Bufala Campana. Il “siero acido”derivante dal completamento della maturazionedella cagliata non puo essere utilizzato per laproduzione della Ricotta di Bufala CampanaDop. In ogni caso, il siero e trasformato nellaricotta entro 24 ore dalla separazione dallacagliata. È ammessa l’aggiunta di latte di bufalacrudo, termizzato o pastorizzato, provenientedalla zona di produzione della ricotta in misuramassima del 6% della massa del “primo siero”(o “siero dolce”). È ammessa l’aggiunta di pannafresca di latte di bufala proveniente dalla zona diproduzione nella misura massima del 5% dellamassa del primo siero.

• La durata massima della conservabilita (shelf-life) della Ricotta di Bufala Campana “fresca”non potra essere superiore, dalla data di produ-zione, a 7 giorni. Al fine di ottenere una ricottacon una conservabilita superiore (massimo 21giorni dalla data di produzione), prima di proce-dere alla fase di confezionamento e ammessoun trattamento termico della ricotta sgrondatadalla scotta. Successivamente la ricotta vienelisciata od omogeneizzata al fine di conferirle unaspetto piu cremoso.

Ma le Dopsono soltanto due:

la Romana e la Bufala Campana

trovitrovi

Sopra, Ricotta Romana DopA fianco, lavorazione di ricotta

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LA RICERCA

LATTE D’ASINAINNOVATIVA FILIERA AGRO-MEDICALE: UNA PROPOSTA MADE IN ITALY

(Università del Molise)

Ènoto che la composizione chimica del lattedi asina è quella che più si avvicina a quel-la del latte di donna, soprattutto per quanto

attiene i tenori medi in proteine (16.5g/L) e lattosio(65g/L). È tuttavia doveroso segnalare che il latte diasina ha un tenore in grassi decisamente basso(inferiore a 5g/L; latte umano e bovino: 35g/L), ilche si traduce in un basso apporto energetico(circa 1700 kJ/L). L’elevata percentuale di lattosiorende il latte di asina particolarmente dolce e gene-ralmente gradito al palato mentre le componenticaseiniche e sieroproteiche si discostano, perquantità e qualità, daquelle del latte deiruminanti, specie latti-fere convenzionali. Oltre a quanto noto dasecoli, dalla ricerca ita-liana emerge oggi checiò che rende il latte diasina simile al latteumano non è tanto lacomposizione centesi-male, quanto la pre-senza di alcune com-ponenti lipidiche eazotate che hanno unafunzione extranutrizio-nale, quali ormoni, fat-tori di crescita cellularee immunomodulatori.Per esempio, nel lattedi asina è stata rilevatala naturale presenza dipeptidi umano-simili,quali leptina, grelina,

IGF-I e triiodiotironina, la cui attività biologica puòsvolgersi per via locale (a livello intestinale) e siste-mica, contribuendo così alla regolazione dell’as-sunzione alimentare nonché del metabolismoenergetico e proteico del consumatore di fasciasensibile, come lattanti con allergie alimentari,anziani, pazienti defedati ecc.Inoltre, dalla parziale digestione di caseine e siero-proteine del latte e derivati (yogurt, latte fermenta-to, ecc) si generano altri peptidi bioattivi cui vengo-no attribuite svariate attività biologiche, tra cui anti-microbica, immunomodulante, antiipertensiva,antitrombotica e persino oppioide.Il concetto di “digeribilità” degli alimenti, cioè quel-l’insieme di modificazioni chimiche e fisiche cherende possibile l’assorbimento intestinale di ciò

che mangiamo, assu-me oggi un significatoben più complesso diquanto comunementeriferito alla semplicenutrizione del consu-matore. Il fatto chenon tutte le compo-nenti della dieta ven-gano digerite, infatti,non necessariamenterappresenta un aspet-to negativo per lo statodi salute/benesseredei consumatori difascia sensibile, comeappunto nel caso dellecomponenti biologica-mente attive.Proprio le citate com-ponenti bioattive natu-rali conferiscono allatte di asina una

valenza salutistica o, più correttamente, “nutraceu-tica”, che deve essere rigorosamente caratterizzatae valorizzata in una nuova filiera latte, definita “agro-medicale” nella 2° edizione dell'Encyclopedia ofDairy Sciences, specifica per consumatori di fasciasensibile. Tra le componenti funzionali, vale la pena ricordareanche il lisozima, proteina antimicrobica presente alivelli elevati (circa 1 g/L), che in parte motiva l’ap-plicazione pionieristica del latte di asina anche nellatecnica casearia, testata con successo presso ilaboratori Ersaf Lombardia in collaborazione conl’Università del Molise e successivamente confer-mata da altri enti di ricerca italiani. In relazione alle naturali componenti antimicrobi-che, il latte di asina presenta caratteristiche unicheanche da un punto di vista microbiologico tantoche la letteratura scientifica già identifica il latte diequide (cavalla e asina) come un’ottima base per lapreparazione di bevande probiotiche, di grandeinteresse salutistico (koumiss).Le peculiarità del latte di asina e le sue grandipotenzialità in dietetica umana richiedono tuttaviatecniche di produzione primaria che garantiscanoun idoneo stato nutrizionale e metabolico delle lat-tifere, massima igiene e sicurezza del latte perse-guite anche attraverso il ricorso a processi di risa-namento efficaci ma rispettosi delle preziose com-ponenti endogene.Il latte di asina dunque assume caratteristiche diprodotto di nicchia, da annoverare tra altri latti dalcosto decisamente elevato, quale il latte di cavalla,di cammella, ecc., rispetto al latte bovino o di altre

di Elisabetta Salimei

• La produzione scientifica di Elisabetta Salimei, dottoredi Ricerca in Scienze Zootecniche e Professore associa-to confermato di Nutrizione ed alimentazione animale,si concretizza in circa 200 pubblicazioni su riviste nazio-nali ed internazionali

1919

specie lattifere convenzionali. L’innovativa filieraagro medicale del latte di asina richiede infatti lamessa a punto di un sistema di certificazione dellaqualità e la ricerca disempre più sofistica-ti (quanto economi-ci) metodi per la rile-vazione di possibiliadulterazioni conlatte meno nobile, atutela del consuma-tore, delle proprietàsalutistiche del pro-dotto e, in ultimaanalisi, anche del-l’ambiente in cuiquesta produzioneviene realizzata.A conclusione di questa rapida panoramica sul lattedi asina, alimento tradizionale innovato grazie alle

più recenti acquisizioni scientifiche e tecniche, èinfatti importante ricordare che l’allevamento del-l’asina da latte bene si addice alle zone più fragili del

nostro Paese, a forterischio di abbandonoe marginalizzazionee, nello stessotempo, contribuiscealla sopravvivenza diuna specie che, gra-zie alla sua indoleforte e generosa, hada sempre rappre-sentato una risorsaumilmente preziosanelle nostre societàrurali ma che, all’albadel terzo millennio, è

stata definita dalla Fao a serio rischio di estinzionenei Paesi industrializzati del Mediterraneo.

Alcuni anni fa il Consorzio del GranaPadano ha chiesto alla struttura Ersaf diCarpaneta di impostare un progetto con

l’obiettivo di verificare la possibilità di produrreil loro formaggio senza l’aggiunta del lisozima,pur alimentando le vacche con insilato di mais.L’aggiunta di quest’additivo è indispensabileper evitare, nel formaggio Grana Padano, l’in-sorgere di un microorganismo sporigeno facil-mente presente nell’insilato di mais. La giustifi-cazione di tale richiesta sta nel fatto che l’addi-tivo in questione essendo ricavato dall’albumed’uovo può creare problemi di allergia. Considerando che nel latte d’asina è presenteuna buona percentuale di lisozima ipoallergico, aCarpaneta abbiamo pensato di verificare se l’ag-giunta al latte di vacca di questo prodotto, insostituzione del lisozima tradizionale, potevagarantire gli stessi risultati. La prova ha avuto unesito positivo anche se sono stati evidenziati deiparticolari che avrebbero bisogno di nuoviapprofondimenti. Dall’analisi dei risultati ècomunque emerso che il latte d’asina sembrafavorire lo sviluppo dei batteri lattici presenti nellatte di vacca. Quest’aspetto ci ha invogliato adaggiungere il latte d’asina nella ricetta di un for-maggio semiduro che Ersaf ha pensato (cinqueanni fa) come alternativa produttiva per i caseifi-ci monoproduttori della provincia di Mantova. Per capire se l’idea era buona, abbiamo sceltodi inviare il nuovo formaggio al premio S.Lucio, organizzato ogni due anni dall’AssoCasearia di Pandino, nelle edizioni del 2012 edel 2014. Credo che i riconoscimenti ottenutidal Gran Musi (ultimo nome dato a questo for-maggio) nella categoria dei formaggi a lattemisto del 2012 e nel 2014 siano uno stimoloper continuare le prove e per cercare di inse-rirlo nel circuito produttivo. A questo scopoabbiamo avviato una prova in collaborazionecon la struttura Ersaf di Breno per verificare lapossibilità di produrre il Gran Musi con il lattecrudo proveniente dagli alpeggi e dalle aziendedi fondo valle della Regione Lombardia. Asostenerci in questo tentativo c’è un passaggiodel giudizio che l’Arbitro del Concorso premioS. Lucio dottor Vincenzo Bozzetti ha scritto perdescrivere le caratteristiche sensoriali del GranMusi dove si legge: “La principale caratteristicasensoriale olfatto-gustativa si riscontra nellafreschezza del persistente aroma che aggiun-ge, a quanto rilevato dal naso, anche il brodo dicarne, il fogliame del sottobosco con erbe aro-matiche selvatiche, pungenti e rinfrescanti.Significativa la presenza dei cristalli di tirosinaesaltatori di sapidità, tipici di un formaggio durocon latte di vacca, che magicamente si fondo-no con le fresche e intriganti note aromatichedel latte d’asina”.

Gran Musi Piace il formaggio

misto-asinadi Marco Zanazzi

Una forma di Gran Musi

premiato al “Concorso San Lucio”

Caratteristiche e composizione del latte di asina

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IL LATO TECNICO

Prima di inoltrarci in questa amenadigressione su quali “cambiamenti”abbia subito il mondo caseario visto

dalla parte delle “attrezzature”, corre ilbisogno di esprimere alcune

definizioni.Strumento: arnese, con-

gegno, dispositivo,necessario per compie-

re una determinata operazione o svolgereun’attività. Attrezzature: complesso degli attrezzi,

macchine, arnesi, strumenti, impianti, necessari allosviluppo di un’attività. Caseificio (sin. Casone,Casello): opificio nel quale ha luogo la trasformazio-ne del latte in burro e formaggio. Bene, questo erafondamentale anteporlo prima dello svolgimentodei fatti. “Tutto ebbe inizio circa 6 – 7.000 anni fa,

grosso modo, all’incirca…”. Io identifico comeprimo attrezzo caseario un contenitore, più precisa-mente un otre, ove è possibile che sia avvenuta laprima coagulazio-ne enzimatica (omagari anche

solo acida) del latte ma potrebbe benissi-mo essere stato un altro tipo di recipientedi origine naturale come, ad esempio unazucca.Qualcuno, più propenso alla fase lipidicadel latte, potrebbe anche aggiungerecome primordiale attrezzo caseario unrudimentale cucchiaio, oppure anchesolo semplicemente il dito con il quale“separare” la crema o panna dal restantelatte posto involontariamente ad affiora-re.Da quei giorni, la strada casearia è stataun susseguirsi di rettilinei e tornanti (piùo meno stretti), dove la mancanza divisuale in curva corrispondeva ai varimomenti di scoperte di tecniche e quin-di anche di attrezzature dedite a tale tec-

niche ed i tratti diritti quei periodi di consolidamento delle stesse. Tra i primi passi “tecnologici” mi piace segnalare il momento in cui “qualcuno”ha pensato bene di tagliare un ramo forcuto di larice, piuttosto che altra essen-za, ed ha creato il primo rozzo sistema di rottura della cagliata (dopo l’uso degliarti superiori, ancora in uso ai giorni nostri).In buona sostanza sino al 1800 poco simuove, ma in quel secolo, a segui-to della meccanizzazione indu-striale, si accompagnano alcu-ne fondamentali “evoluzioni”delle attrezzature casearie.Citiamo qui:• Invenzione del termometroa mercurio (Gabriel DanielFahrenheit Celsius – 1714) einvenzione della scala Celsius(Anders Celsius - 1742).Per chi si occupa di tecnologia ali-mentare (ed ovviamente non solo)è fondamentale ricordare questa dataperché il concetto di temperatura si lega a molti passaggi tecnologici caseari, trai quali certamente lo sviluppo microbiologico è tra i più importanti.

• Separazione della chimosina dal caglio equindi la nascita del caglio in polvere(Deschamps – 1840).• Invenzione della prima macchina frigori-fera (John Gorrie – 1851).A quest'ultimo si deve anche la realizzazio-ne del primo impianto frigorifero suun piroscafo, le “Frigorifique”, chenel 1876 trasportò in Francia un carico dicarne precedentemente macellatain Argentina.• Scoperta dei fermenti lattici (Pasteur –1857).• Scoperta dell’effetto termico sui batteri(sempre Pasteur – 1866).Che avvia la strada per migliorare soprat-tutto la sicurezza sanitaria, nel nostrocaso, della produzione alimentare.• Primi estratti puri industriali di caglio(H.C. Hansen – 1872).• Invenzione della scrematrice centrifuga

Nella storica sededell’Istituto Lattiero-Caseario di Morettanel 2008 è stato alle-stito un piccolo museodelle attrezzaturecasearie. L’attività diformazione iniziata nel1990 aveva permessodi raccogliere alcunipezzi storici importan-

ti. L’incontro con Gino Aimar di Savigliano ha permesso il recuperodi alcuni grandi attrezzature derivanti da un caseificio nato ai primi del‘900 e chiuso nel 1955. L’idea è ovviamente quella di ricordare inostri “avi casari” attraverso gli attrezzi del mestiere.Chi, tra i lettori, avesse da segnalare un Museo Caseario, oppure unaarea di un museo contadino, può inviare i riferimenti alla ScuolaCasearia Morettese.

IL MUSEO DI MORETTA

ARNESI DA LATTEdi Guido Tallone

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(Gustav De Laval – 1877) che rappresenta uno dei passaggi importantianche per il legame indissolubile con la panna o crema e quindi con il burroritenuto il prodotto caseario forse più emblematico di tutto l’arco alpino,ancora prima del formaggio.Da fine ‘800 sino ai giorni nostri l’evoluzione delle attrezzature casearie èstata vertiginosa seguendo le varie scoperte nei campi della fisica, microbio-logia, scienza dei materiali, ecc.Mi piace ancora citare: la scoperta dell'acciaio inossidabile (Harry Brearly1913); la nascita dei primi pastorizzatori in continuo (1920); la raccolta etrasporto del latte in cisterna, inizio della refrigerazione del latte alla stalla(1960).Si inizia a stoccare il latte in stalla a temperature fredde e questo significa unaltro sconvolgimento della microbiologia casearia e negli stessi anni si avviala dismissione dei bidoni come contenitori di raccolta del latte. Ai giorni nostri è certamente corretto e molto significativo l’impiego del ter-mine “Industria Casearia” perché ormai la produzione dei formaggi può

essere effettuata con un livello di meccanizzazione ed automazione che per-mette anche di ridurre a zero il contatto fisico del Casaro nella varie fasi pro-duttive. I cosiddetti “coagulatori in continuo” ne sono un esempio perfetto.Possiamo ovviamente pensare che ciò tolga poesia alla Tecnica Casearia, maoccorre pur sempre avere presente che l’industria alimentare deve poterprodurre riducendo, quanto possibile, i costi di produzione per permetterecompetitività sul mercato e avere un prezzo di vendita accessibile per tutti.Possiamo non ritenere interessante alcuni prodotti caseari “di massa” masono comunque il frutto della evoluzione della tecnologia e delle attrezzatu-re casearie.

Dall’otre della preistoriaalla rivoluzione tecnicadell’800 fino ai giorni nostri,evoluzione continua per le attrezzature casearie

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è fonte di ricchezza, sapercultura alla

leggende e legame forte Il

e e scoperta.è fonte di ricchezza, sapereccellenze delle onomica enogastrcultura

danze Dalle radicate. e vive leggende Vla ende rpassato col legame

e e scoperta.la territorio: del eccellenze

folkloristici gruppi dei danze tradizioni, di terra d’Aosta alleVVa

di valori dei trasmissione la dagli storici, nevali carai folkloristici

artigianato, agricoltura, tradizioni,

comunità una di popolari sport dagli

miti feste, artigianato,

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ESPERIMENTO

EMOZIONISi abbassano le luci, una musica di sotto-fondo accompagna un'artista che simuove leggera dietro i tavoli e benda tutti

i partecipanti con tele colorate. Davanti allepersone bendate è messo un piattino, con del-l’insalata tagliata finemente e sopra due pezzet-ti di Bitto, uno giovane e uno vecchio. Una vocefuori campo introduce il racconto della lavora-zione del Bitto:“Tutto inizia negli alti pascoli degli alpeggi valtel-linesi dove le mucche possono respirare a pienipolmoni l’aria pura e frizzante della montagna epascolare nei prati ricchi di erba e fiori. Il tintinnio echeggiante dei campanacci si dif-fonde per tutto il territorio mentre le vacche simuovono lentamente cercando i ciuffi d’erbapiù preziosi, bevendo l’acqua pura delle sor-genti. Poi tutti sono invitati a porre le mani nelpiatto, e prendere il primo pezzetto di formag-gio, a toccarlo, ad annusarlo a metterlo inbocca per scoprire l’odore di latte, di erba,per percepire la morbidezza e la dolcezza delformaggio di settanta giorni”.“Rimettete le mani nel piatto, e in mezzo all’er-ba, pardon all’insalata, ne troverete un altropezzetto. È più duro, rompetelo ancora in duee sotto il naso sentirete odori più intensi dibosco, di essenze di montagna, di fumo… eadesso in bocca: la morbidezza e la buttirrosi-tà tipiche del formaggio giovane si sono tra-sformate in qualcosa di più strutturato ma poia contatto con la saliva si scioglie lentamenteregalandoci sensazioni di dolcezza...”.Loretta accarezza con una piuma il viso dei par-tecipanti togliendo la benda. Sono proiettate

immagini di vita nell’alpeggio. Loretta inizia aballare, e l’immagine del suo corpo si sovrappo-ne alle vacche al pascolo, alla mungitura, al lattenella caldaia, al fuoco, alla cagliata che si sta for-mando.Due ragazze portano un nuovo piatto: un orzot-to mantecato conBitto e mela i cui colo-ri vogliono rappresen-tare il fuoco, la caglia-ta rotta in granelli diriso, e la nera caldaia.L'attrice, avvolta daleggere stoffe colora-te, ritorna tra i tavolimuovendo le tele congrazia, per ricordarci icolori della vita inalpeggio: l’azzurro delcielo, il verde dell’er-ba, il giallo e rosso delfuoco della legna che brucia, il nero della calda-ia, il grigio del fumo, il bianco del latte ed il gial-lo del Bitto.In un angolo di un piatto quadrato, nuova crea-zione dello chef Egidio Della Valle, una cialdacontenente una fonduta di Bitto, è posata sopraalcuni steli di erba cipollina e una fetta di caro-ta stilizzata a mo’ di fiamma. Una sottile fetta dipane di segale appoggiata sopra la cialda ricor-

da che il focolare è sempre in un angolo. Il piat-to quadrato non è stato scelto casualmente,vuole rappresentare il calecc. E il pane di sega-le ha lo stesso colore del telo utilizzato perestrarre la cagliata. Il racconto continua:“La camicia arrotolata sulle braccia, eccolo con

la testa nella caldaia, lemani che tengono untelo immerse nel liquidoancora caldo, la cagliatache è raccolta nel telocon gesti sicuri, consoli-dati da un’esperienzatramandata nel tempo.Con gesto rapido il teloche contiene la cagliataviene messo sullo sper-sore e quindi all’internodelle fascere di legno. Illungo lavoro del casaronon finisce qui, occorre

portare il formaggio appena fatto alla casera,effettuare la salatura...”.Ultima emozione, il corpo di chi danza, chiusoin un sacco di tela grigia, si agita dolcementedavanti alle immagini della lavorazione che sisusseguono. I movimenti evocano l’azione deimicrorganismi presenti nella cagliata, chiusanel telo. Quando la danza finisce finalmente ilBitto è pronto per la maturazione in casera.

TU CHIAMALESE VUOI...Degustazione al buio di un Bittogiovane e uno vecchio: un racconto intrigante

di Renato Ciaponi

Loretta inizia a ballaree il suo corpo si sovrappone

alle immagini di alpeggio,mungitura,

latte nella caldaia, cagliatache si sta formando

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FOCUS

L’intervento del Corpo foresta-le fra gli scaffali e in tutta lafiliera agroalimentare tende a

smascherare piccole e grandi frodicelate dietro ad etichette spessorese incomprensibili ad arte.L’attenzione non è mai troppa, que-sto potrebbe essere forse lo spotdel messaggio del Corpo forestaledello Stato per i consumatori. Chi fala spesa ogni giorno orienta le suescelte anche sulla base delle eti-chette apposte sui prodotti che tro-viamo sugli scaffali. Vengono identi-ficati prodotti tipici e specialitànazionali o regionali proprio graziead immagini evocative e alle sigle,come Dop o Docg, che certificanosia la provenienza che la tipicità delprocedimento necessario a caratte-rizzare un prodotto di qualità.Le etichette sono lo strumentonecessario per consentire unascelta consapevole al consumato-re, spesso però sono fatte in mododa risultare ingannevoli ed evocanoprodotti che non risultano confor-mi ai dettami dei consorzi di produ-

zione o della normativa di settore.Ci sono alcuni accorgimenti indi-spensabili per leggere un’etichettae individuare con precisione cosaandremo ad acquistare di preciso:prima di tutto l'ordine con cui gliingredienti appaiono in etichettanon è casuale, ma è regolato perlegge. In particolare, i vari compo-nenti devono comparire in ordinedecrescente di quantità; quindi ilprimo ingrediente dell'elenco è piùabbondante del secondo, che a suavolta è più abbondante del terzo ecosì via. Controllando, pertanto, l'ordinedegli ingredienti di due prodottisimili possiamo farci un'idea suquale dei due sia qualitativamentemigliore. Ad esempio, se nell'etichetta ali-mentare di due biscotti l'ordine diolio extra vergine di oliva e marga-rina è invertito, è meglio sceglierequel prodotto in cui l'olio extra ver-gine di oliva compare per primo ocomunque scegliere il prodottosulla base del fatto che la margari-

na, piuttosto che un altro grasso, èutilizzato in quantità maggiore ominore.Al di là delle accortezze che il con-sumatore può porre al momentodell’acquisto vi sono etichette chesono ingannevoli, create ad arte

per trarre in confusione gli acqui-renti sulle qualità del prodotto daacquistare, creando un errore nellascelta e inducendo a pagare unprezzo per un prodotto con deter-minate caratteristiche che risulta-no, di fatto, solo millantate.In questo ambito è fondamentalel’apporto del Corpo forestale delloStato che controlla tutta la filieradella produzione. In particolare, inquella del formaggio i controlli par-tono dal foraggio che mangiano gliarmenti, proseguono sul latte esulle modalità di trattamento econservazione, fino al formaggio eal prodotto caseario che trovere-mo negli scaffali. È prestata atten-zione anche alle modalità di confe-zionamento, impacchettamento edetichettatura, affinché la merce siasicura dal punto di vista della tute-la della salute e affidabile dal puntodi vista della qualità vantata. Accade sempre più spesso che laForestale si imbatta in prodotti chenon rispettano le norme sull’eti-chettatura degli alimenti in bella

FORESTALE

Non solo controllo del territorio: il Corpo è in prima fila contro le piccole e grandi frodi agroalimentari

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mostra sugli scaffali della grandedistribuzione.Come è accaduto a Firenze, dove ilpersonale del Corpo forestale delloStato ha provveduto a far ritirareingenti quantità di mozzarella dagliscaffali di sette supermercati tosca-ni poiché il prodotto riportava inetichetta di essere realizzato “conlatte di bufala” mentre veniva pro-dotto utilizzando prevalentementelatte di altra enon precisatanatura.La scoperta èavvenuta nelcorso di uncontrollo effet-tuato in unnoto discounttoscano dalpersonale del Comando Stazionedi Pistoia che ha trovato espostealla vendita confezioni diMozzarella falsamente etichettate.L’etichetta, infatti, è risultata ingan-nevole poiché pubblicizzava unprodotto realizzato con latte di

bufala mentre in realtà, l’analisidegli ingredienti evidenziava comela maggioranza del latte adoperatofosse di altra natura. Il prodotto,inoltre, veniva commercializzatoadoperando una testa di bovinostampigliata sulla confezione, conevidente richiamo al logo dellaMozzarella di Bufala CampanaDop, e veniva posto in vendita nelmedesimo scaffale di quest’ultima.

Le confezionidi mozzarellafalsamente eti-chettate sonostate fatte riti-rare dagli scaf-fali dei super-mercati, alresponsabi ledel punto ven-

dita e al confezionatore è statacontestata una sanzione ammini-strativa di 6.000 euro ciascuno perpratica commerciale ingannevolein violazione al D.Lgs. 109 del1992, che disciplina l’etichettaturadegli alimenti.

Eloquente è anche il caso di Ruvodi Puglia (BA) dove presso un'attivi-tà di vendita all'ingrosso ed al det-taglio di prodotti alimentari e diprodotti di consumo i Forestalihanno posto sotto sequestro circa2000 kg di falso formaggioPecorino Romano Dop. Durante il controllo, infatti, iForestali del Nucleo TutelaRegolamenti Comunitari e dellaSezione di Analisi Criminale, hannoverificato che in azienda era pre-

sente il formaggio con un'etichettae sigilli falsi contenenti informazionierrate e contraddittorie.L’attività di controllo dei compartiagroalimentari, sugli operatoridelle filiere produttive ma anchepresso gli esercenti e rivenditori,tutelano i consumatori. Il Corpoforestale dello Stato raccomanda lamassima attenzione al momentodell’acquisto per compiere unascelta consapevole seguendo iconsigli brevemente illustrati.AMICA

LA MISSIONIl Corpo forestale è impegnato nella lotta alla contraf-fazione dei prodotti agroalimentari Dop e Igp attraver-so controlli sui territori di produzione finalizzati all'at-tività di prevenzione e contrasto dell'agropirateria.

La sicurezza igienica, la salubrità e la conoscenza dell'origine edella provenienza di un determinato prodotto rappresentano deirequisiti fondamentali per l'orientamento all'acquisto dei consu-matori, tali da poter “assicurare” loro “il diritto all'informazione”e la possibilità di “compiere scelte consapevoli”.Le attività di indagine e controllo sono coordinate a livello centra-le dalla Divisione 2a dell'Ispettorato generale del Corpo forestaledello Stato con il Nucleo Agroalimentare e Forestale, Naf, unastruttura centrale altamente specializzata nel contrasto alla crimi-nalità in ambito agroalimentare e alla contraffazione dei prodottidi qualità. L'attività operativa è realizzata dagli 87 Comandi provin-ciali, dagli altrettanti Nuclei Investigativi di Polizia Ambientale eForestale Nipaf e dai 1.100 Comandi stazione del Corpo foresta-le dello Stato. Il Naf opera su tutto il territorio nazionale svolgen-do funzioni di coordinamento ad indirizzo info-investigativo e dianalisi in tema di sicurezza agroalimentare, fornendo supportooperativo e logistico ai Comandi territoriali del Corpo forestaledello Stato.Presso i quindici Comandi regionali sono presenti altrettanti Ufficidei referenti agroalimentari con il compito di analisi e coordina-mento delle attività a livello regionale.

Interventi di controllo del Corpo Forestale dello Stato

La filiera del formaggioè monitorata dal foraggio allo scaffale

IL VIAGGIO

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La Norvegia, nell’immaginario collettivo,riporta spesso alla mente luoghi comuniquali i fiordi, il sole a mezzanotte, Capo nord,

le renne, il baccalà delle isole Lofoten e tant’altroancora. A tutto si pensa quindi tranne ai formag-gi. Eppure anche in questo campo le sorpresenon mancano. Le bellezze paesaggistiche e naturali, fanno dellaNorvegia uno dei paesi più belli, e più ricchid’Europa. Va inoltre sottolineato che la Norvegia,per il suo aspetto orografico è il paese con l'indi-ce di sviluppo umano più alto del mondo. La maggior parte degli abitanti sono di etnia nor-vegese, ma esiste anche una realtà etnica impor-tante, quella dei Sami (sámit nella loro lingua), enon chiamateli Làpponi perché il termine parenon sia gradito agli interessati. Lappone nello sve-dese lapp significa “toppa” mentre in finlandeselape indica la “periferia” non solo topografica, maanche quella della diversità.

Fiordi&FormaggiRicca produzione tipica da piccoli allevamenti di bovini,pecore e capre

di Paolo Francesco ZattaL’agricoltura è principalmente dedicata allecoltivazioni foraggere assieme a quelle dell’or-zo e dell’avena destinate soprattutto all'ali-mentazione del bestiame. L’allevamento vienecondotto con tecniche molto progredite aprodurre carne, ma anche burro e formaggi inaziende piccole con economia intensiva utiliz-zando, per necessità climatiche, razze bovineresistenti. La superficie agricola non supera il2,5% dell’intera superficie totale del paese,mentre la foresta occupa più di un quarto delterritorio nazionale. Oltre ai bovini ci sonoanche gli ovini per la lana e per la carne, icaprini e non ultimi i suini. Le capre norvege-si sono razze diverse e producono in media3L/die di latte alle quali si affiancano le peco-re come ad esempio le “Norwegian short tailsheep”, dalla coda piccola. Parlando di for-maggi. Cominciamo con la tipologia sicura-mente insolita del Brumost (ost, in norvegeseè il formaggio, brun il colore bruno).

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CONSORZIO TUTELA FORMAGGIO GORGONZOLA DOP

www.gorgonzola.com

Il Consorzio si impegna ogni giorno per tutelare una bontà unica al mondo.

BRUMOSTIl Brumost, in origine veniva prodotto solo conlatte caprino; si prepara riscaldando del latte, capri-no (almeno 24 %), con con panna e siero vaccinofinché l’acqua evapora concentrando il lattosio chetende a caramellarsi per dare il sapore tipico forte,dolce e il colore ambrato. Se tuttavia la bollitura dellatte avviene in tempi brevi si produce il Prim spal-mabile. Diversi caseifici locali aggiungono del loroper personalizzare Brumost e Prim. Esistono dellevarietà di Brumost, come il Geitost, letteralmenteformaggio caprino, con varietà locali che si diffe-renziano per il caramello e che si usa abbinare apiatti di stufato di selvaggina al sugo con ginepro odi stoccafisso, ma è molto gradevole anche seaccompagnato da frutta secca o miele.

PULTOSTEcco ancora il Pultost un formaggio di latte crudovaccino aromatizzato con semi di cumino. Dopo lacoagulazione si procede con l’ innesto di batteri lat-tici e a seguire un riscaldamento tra i 45 e i 65 gradi.Dopo si lascia riposare la massa per un’ora per poiraccoglierla in un panno che si appende per paio digiorni per togliere il siero. Alla fine il prodotto vienesbriciolato e fatto fermentare in tini di legno (nøler).L’aggiunta finale di semi di cumino serve sia a bloc-care il processo fermentativo che per dare aroma alformaggio, che diventa quindi una caratteristica tipi-ca. Il pultost si può consumare fresco oppure sta-gionato (12 mesi). Si presenta di colore giallopaglierino, di sapore piuttosto intenso e pungenteche deriva dalla metabolizzazione degli acidi grassi,che aumenta con l’invecchiamento. Si può mangia-re come piatto unico accompagnato da patate lesseimburrate oppure spalmato sul pane della tradizione(flatbrød).

GAMALOSTAltro formaggio tipico è il Gamalost (gammel, anti-co) letteralmente, “formaggio vecchio”, di saporepungente; un tempo era un prodotto base dellacucina norvegese. Si ottiene da latte vaccino scremato con innestoacidifico (batteri lattici) e per riscaldamentolento prima della cagliata, un’operazione labo-riosa che dura alcuni giorni in funzione dellafermentazione lattica e dalla maturazione suc-cessiva. Il formaggio a pasta compatta di coloregiallo-bruno (riscaldamento), ricco di proteine(50%) e tenore di grasso intorno dall’1%. È unblu cheese con tempi di conservazione moltolunghi; ha pasta semidura, di colore marrone-giallo e un sapore molto intenso e aromaticoche dopo la stagionatura aumenta. Con lamaturazione cresce la struttura granulare e siraggiunge la formazione di una crosta marrone.È ricco in proteine e ha un basso tenore di gras-si compreso tra lo 0’5 e l’1%.

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La cucina italiana è formata da tante cucine regionali, spesso viene defi-nita “povera”. Affonda le sue radici in una tradizione prevalentementecontadina, in secoli di fame e lotta per la sopravvivenza, se escludia-

mo le tradizione napoletana a siciliana, che sotto la dominazione Borbonicahanno conosciuto ricchezza e fasti con i Monsù, per i continui scambi conla cucina francese.I formaggi nella tradizionale venivano utilizzati si per conferire sapore masoprattutto sostanza in termini calorici al piatto, in una società dove il movi-mento era necessario per la sopravvivenza, le calorie dovevano esseretante.Il più classico degli abbinamenti da quando il pomodoro è stato portato daCristoforo Colombo dalle Americhe è sicuramente con pasta e pomodoro,questa preparazione unisce l’Italia da Nord a Sud nell’idea, poi magari il tipodi pomodoro e di formaggio varia da paese a paese.Il nostro modo di mangiare è decisamente cambiato negli ultimi dieci anni,con l’esigenza sempre più diffusa della cultura gastronomica occidentale dicercare meno calorie e più salute.

E come si collocherà il formaggio in questa nuova esigenza? Sicuramenteseguendo la nuova tendenza di leggerezza e probabilmente prendendospunto dalla cucina d’autore italiana.In una ristorazione italiana di qualità, mai così sugli scudi, il piatto simbolodi una nuova idea dell’utilizzo dei formaggi in cucina è la nuvola di capresedi Pino Cuttaia, chef patron del ristorante due stelle Michelin della Madia diLicata. Piatto che nel 2013 è stato il migliore dell’anno per la Guida deiRistoranti dell’Espresso.Il gusto della classica caprese amplificata, alleggerita resa elegante all’enne-sima potenza. Una spuma leggera di mozzarella di bufala campana e delpomodoro racchiusi dalla pellicina che si forma durante la bollitura del latte.Sul fondo del piatto del pane, a mo’ di panzanella e una spremuta di pomo-doro datterino preparato in modo leggero, con aglio e basilico, per poiessere filtrata, molto molto delicato. Un piatto che sprigiona passione, calo-re, voglia di Sud e di Mediterraneo, il formaggio resta al centro della ricettaconservandone, anzi, concentrandone, il suo gusto.Certo non bisognerà perdere la tradizione, parte della nostra cultura nonsolo gastronomica, ma rinnovarsi aiuta sempre a migliorare e a preservareanche le tradizioni.

Gli americani lo considerano un loro piattotipico, e difficilmente si riuscirà a convin-cerli che la pizza in realtà è italiana, tanto è

apprezzata, diffusa e conosciuta negli Stati Uniti.Avranno contribuito gli investimenti massicci dellegrandi catene alimentari, oppure la straordinariasua semplicità: un disco di pasta da farcire a piace-re. Certo è che la pizza è il cibo di tutti. Il piatto pro-babilmente tra i più consumati al mondo, di sicuroil più conosciuto. La pizza lega il suo nome all’Italiae particolarmente alla città di Napoli che ne vede leorigini. Ad uno sguardo attento questa preparazio-ne tanto semplice non è, richiede importanti com-petenze tecniche per la preparazione degli impastiche devono essere ben lievitati ed a giusta matura-

zione, perfettamente digeribili. Occorre un’atten-ta selezione degli ingredienti ed ottime compe-tenze per la cottura, elemento questo molto

caratterizzante e strategico nel mondo della pizzanapoletana tanto che esiste una figura professio-nale specifica, il fornaio. Sicuramente deveessere fatto un lavoro importante a livello inter-nazionale per far passare il messaggio che lapizza vede nel Bel Paese le sue origini, non soloper una questione di protagonismo ma perchédecisivo sarà dal punto di vista economico ilconcetto che la vera pizza si prepara con ingre-dienti italiani. San Marzano, olio extravergined’oliva ed ovviamente i formaggi quali Mozzarelladi Bufala, Grana Padano, Gorgonzola, Provolone,Fiordilatte... Legare all’immagine della pizza lematerie prime italiane significherà un migliora-mento dell’export agroalimentare italiano. Suquesto auspichiamo una grande iniziativa delsistema Italia.

La pizza traina il made in Italy

di Barbara Guerra

di Albert Sapere

FORMAGGI IN CUCINAPiatti d’autore che sprigionano passione

TENDENZE• La nuvola caprese di Pino Cuttaia

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TENDENZE

Terza generazioni dipizzaioli. La loro pizze-ria a San Giorgio a

Cremano è una vera meccaper tutti gli appassionati.Hanno fatto della ricerca edella selezione di prodottidi qualità il loro manifesto.Scopriamo ora i loro segre-ti.Qual è la differenza tramozzarella di bufala e fiordi latte?«La risposta la troviamonella composizione mole-colare del loro latte, quellodi bufala rispetto al latte divaccino ha non solo uncontenuto maggiore digrasso, che incide sul sapo-re e sull'aspetto nutriziona-le, ma anche un contenuto di alfa-caseina nettamente superiore che ne deter-mina le differenze per l'uso. L’alfa-caseina è la proteina che conferisce elasticitàalla struttura dei latticini. Un’elasticità che gioca un ruolo importante anchedurante la fusione del prodotto in forno. La mozzarella di bufala, quindi, fila dimeno ma proprio per la maggiore elasticità rimane morbida più a lungo a diffe-renza di un fior di latte di vaccino che fonde meglio ma si rapprende velocemen-te. Altra importante differenza la ritroviamo nella tecnologia di lavorazione oltre chenella struttura: la mozzarella di bufala contiene al suo interno più liquido ed ènecessario far perdere al prodotto questo latticello che altrimenti inciderebbesulla qualità della cottura della pizza e della mozzarella stessa. Il maggior quanti-tativo di liquido rilasciato dalla mozzarella sulla pizza ne aumenterebbe l'umiditàdurante la cottura e quindi dovrebbe essere cotta più a lungo finendosi poi perbruciare. Il mio consiglio è quello di utilizzare della mozzarella di bufala “matura” e nonappena fatta, tagliandola anzi tempo per espellere i liquidi e riporlo alcune orein frigo, dove l'azione del freddo favorisce il rompersi delle catene proteiche,quindi un'ulteriore perdita dei liquidi e la perdita di elasticità del prodotto chequindi favorirà la filatura sulla pizza.Noi preferiamo lavorare con paste filate non troppo sapide in quanto il sale favo-risce la brunitura in cottura ed aumenta la resistenza alla filatura durante la cot-tura».Come utilizzate invece i formaggi a pasta dura? «I formaggi a pasta dura sono tendenzialmente più sapidi ed asciutti, preferiamousarli grattugiati o scagliati a crudo in modo che possano fondere a temperatu-re basse, solo con il vapore della pizza sfornata, per non perdere così il lorobouquet di aromi». Utilizzate anche formaggi erborinati? «L'unico esempio che possiamo fare è quello della pizza “Nduja e Verzin”, doveun formaggio erborinato a pasta molle viene fatto fondere per amplificarne ilprofumo ed aumentare la cremosità che resterà a lungo in bocca come sensa-zione di grassezza che avvolge poi la piccantezza della nduja in un’alternanza dipiccante, grasso e aromaticità».

B.G.

In cucina il formaggio è un prodotto versatile, anche la cucina d’autoretrova il modo di utilizzarlo avendo sempre cura di impiegare tecniche dicottura innovative e che ne facciano risaltare al meglio le qualità organo-

lettiche. Incontriamo alcuni chef stellati e andiamo a conoscere il loro mododi interpretare il formaggio passando attraverso alcuni loro piatti emblema-tici. ALFONSO CAPUTO, da anni uno dei pilastri della ristorazione campana,nella sua Taverna del Capitano sulla spiaggia di Nerano, accoglie insieme allasorella Mariella ospiti da tutto il mondo, facendo scoprire il gusto del pesca-to locale elaborato sempre in raffinate preparazioni. La tua è una cucina fortemente legata alle materie prime del territorio, diquali fornitori ti servi e come li selezioni? «Nella mia cucina entrano i formaggi della mia zona, i monti Lattari, quindifiordilatte, caciotta, caciocavallo, provolone del monaco ma anche parmigia-no reggiano, grana padano e mozzarella di bufala. Mi rifornisco quando èpossibile direttamente dai produttori».Nel tuo menù tanti i piatti a base di pesce freschissimo, come vedi l’ab-binamento tra formaggio e pesce e quali secondo te i formaggi più indi-cati?«Ho sempre provato quest'abbinamento e trovo i risultati eccellenti comeper la caprese di sarago oppure lo scorfano con la scamorza affumicata e lasalsa di acqua pazza».Gli “spaghetti alla Nerano” sono un piatto tipico della Costiera, ci sveli iformaggi che utilizzi e la tecnica per un risultato perfetto?«In questa preparazione classica del mio territorio entrano formaggi stagio-nati come la caciotta, il caciocavallo e il provolone. La mantecatura va effet-tuata a caldo con l'acqua di cottura della pasta ma non sulla fiamma viva, ilmovimento deve essere dolce. È una questione di esperienza, il formaggiodeve sciogliersi ma non rifilare».

LA LEZIONE DEL PIZZAIOLO

Il bello della mozzarella

PAROLA A 3 Dalla costiera alla Brianza

di Barbara Guerra e Maria Sarnataro

• Alfonso Caputo • Enrico Bartolini

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ENRICO BARTOLINI, due stelle Michelin, dal suo ristorante all’internodel Devero Hotel a Cavenago Brianza, passa il futuro della grande cucinaitaliana. Quali sono i formaggi che preferisci usare?«Parmigiano sempre poi gorgonzola e caprini d’autore. Occasionalmenteutilizzo mozzarella e burrata ed amo alcune produzioni perfettamente affina-te di cui l’Italia è ricca».Il “risotto con rapa rossa e gorgonzola” è uno dei piatti emblematici dellatua cucina, un piatto che ha segnato una piccola rivoluzione nel modo diconcepire il risotto. Com’è nata l’idea?«La voglia di dare spazio ad un brutto anatroccolo come la rapa . Io la vede-vo povera e inespressa. In questo modo, abbinata al gorgonzola, ne è usci-ta nel suo grande splendore».LUCA ABBRUZZINO, talentuoso giovane chef calabrese, nel ristorante difamiglia “Antonio Abbruzzino Alta Cucina Locale” a Catanzaro interpreta inmaniera contemporanea una grande materia prima locale. Quali sono i formaggi che preferisci utilizzare nella tue ricette? «Dipende da ricetta a ricetta, la cosa importante è che si tratti sempre diun prodotto di qualità che rispetti la tradizione e che sia valido dal puntodi vista organolettico». Chi sono i tuoi fornitori?«Ho la fortuna di vivere in un territorio che mi permette di approvvigio-narmi direttamente dai produttori». Un piatto che colpisce molto i tuoi ospiti è “fusilloni con acqua dipecorino e nduja e ricci di mare”, ce la spieghi? «Faccio bollire dell’acqua, spengo ed aggiungo il pecorino grattugiato,mescolo e faccio riposare per dodici ore. Il formaggio si depositerà e fil-trando si ricava un’acqua fortemente aromatica, faccio ridurre sul fuocoper concentrare il sapore. Avrò così un liquido dal sapore intenso dipecorino che utilizzerò nella fase finale di cottura della pasta».

GRANDI CHEF e ritorno in Calabria

Il Caffè Sicilia a Noto è lamecca per ogni appassionato,conosciuto in tutto il mondoCorrado Assenza è uno degliartigiani del gusto italiani piùstimato ed amato. Riduttivochiamarlo pasticcere, con lasua continua tensione allaricerca, il suo palato raffinato,la sua sensibilità culturale egastronomica è uno dei simbo-li dell’eccellenza italiana.Scopriamo insieme a lui i segreti della ricotta, prodotto caseario versatile, ingre-diente importante della tradizione italiana da nord a sud. In commercio troviamo quella di mucca, pecora e bufala. Dal punto di vistadel pasticcere quali sono le differenze fra le varie tipologie di ricotta, ci sonodelle differenze a livello strutturale oltre che organolettico? Quale preferisciimpiegare nelle tue preparazioni.«Se non ci fosse stata qualcuno l'avrebbe dovuta inventare. Nel mio caso, conl'aggravante “Isola” a cui sono intimamente e profondamente legato, sia dalpunto di vista culturale materiale che da quello affettivo, mio personale nei con-fronti del prodotto. Cerco nella ricotta una nota di saporita, fresca, gustosa ele-ganza che apporta nelle mie preparazioni insieme alla nota gustativa, anche unacomponente sensoriale tattile sul palato esprimendo tutta la setosa, talvolta cre-mosa, consistenza del prodotto.A secondo della ricetta a cui lavoro cerco tra le tipologie di ricotta, quella chemaggiormente si confà al caso in questione considerando sempre accantoall'aspetto gustativo anche quello della consistenza sul palato. Regina, per la miazona, la Sicilia iblea di Noto, è quella di pecora, soprattutto in pasticceria. Anchequella di vacca trova ampio utilizzo: quando si desidera avere quel gusto incon-fondibilmente marcato di latte vaccino e di pascolo fresco che si trova nel lattedegli animali al pascolo nei prati stabili dell'altipiano ibleo della zona di Modicae Ragusa». Quale caratteristica deve avere la ricotta per essere buon ingrediente dellapasticceria tradizionale siciliana?«Nella “mia” pasticceria Siciliana, come dicevo poc'anzi, la ricotta deve apporta-re sapore, freschezza, leggerezza, il profumo del pascolo e l'essenza dell'anima-le da cui deriva il latte utilizzato. Deve essere un “descrittore” del territorio a cuiappartiene, non solo delle sue caratteristiche ambientali ma anche di quelleantropologiche dello stesso. Ricordiamoci che la ricotta è un prodotto figlio delrapporto tra territorio, uomo e animale. Figlia quindi della cultura materiale delPopolo di un territorio, dalla sua produzione fino al suo utilizzo alimentare».L’alimentazione contemporanea richiede sempre meno l’utilizzo di zuccheriraffinati, ci dai qualche consiglio per diminuire lo zucchero anche nellenostre preparazioni casalinghe?«Sostituire lo zucchero industriale con zuccheri naturali come il miele o le polpeo i succhi dei frutti. Aggiungendo in altre parole gusto alla dolcezza, sostituen-do con questo la pura dolcezza del saccarosio. Il miele – un universo, un calei-doscopio di sapori dolci – per esempio, può sostituire molto facilmente lo zuc-chero e ci dà la possibilità di diminuirne le quantità impiegate per la ricchezzadel suo gusto che sazia il palato di dolcezza con minor quantità di prodotto. Lostesso dicasi per le puree e i succhi di frutta. Poi, secondo me, per tornare allacultura materiale, quello da attuare è proprio un cambiamento culturale dellanostra alimentazione mettendo al suo centro l'equilibrio e non l'eccesso».

CAFFÈ SICILIA

I gusti di Corrado

• Luca Abbruzzino

• Corrado Assenza pasticcere a Noto

IL RICORDO

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Mi ricordo con grande nostalgia i panini che mio Nonno, allevatoredi vacche di razza grigia alpina, mi preparava, quando lo assistevonella raccolta del fieno nei prati. Intorno alle 16 (all’epoca più sem-

plicemente le quattro) mi preparava un panino che, oltre ad essere appeti-toso alla vista, era anche una grande fonte di energia: una michetta (un tipodi pane bianco che oggi conosciamo come spaccatina) con burro e zucche-ro. Il panino veniva tagliato o semplicemente spezzato con le mani, spalma-to di abbondante burro e poi spolverizzato con dello zucchero semolatobianco: il burro ne era il protagonista. Il Nonno mi diceva: mangia, che ti fabene! Il burro era straordinario, perché era a latte crudo proveniente dalleproprie mucche, ed in estate, prodotto con latte di malga. Il panino avevachiaramente un gusto ed una aromaticità particolare, anche perché prepa-rato dal Nonno. Sentori di erba e latte fre-sco, con note leggere di nocciola. Il burroera morbido e solubile, esaltato dalla suatemperatura ambiente. Non solo.C’erano tutti gli elementi nutrizionali, chepotevano fungere da carburante dellequatto del pomeriggio: carboidrati, pro-teine, grassi, zuccheri, sali minerali e vita-mine. Che panino!

IL FORMAGGIO ABBRUSTOLITOUn tempo, in ogni cucina e su ogni tavo-lo c’era un pezzo di formaggio chiamato“Nostrano”, formaggio autoctono, locale.Lo si mangiava in tanti modi diversi: apezzi durante o a fine pasto, a fette sotti-li nelle minestre, fuso in padella e, quando ormai indurito, grattato sui primi.Oggi lo degustiamo, ma allora lo si mangiava in grande quantità poiché face-va parte di quelle poche pietanze nutrizionalmente complete. Quando nerimaneva la crosta, si era soliti abbrustolirlo sulla piastra del vecchio focola-re. Una vera leccornia, che piaceva ai grandi ed ai piccini. La si tagliava apezzi di media grandezza adagiandola ai bordi della piastra del vecchio foco-lare, alimentato a legna. La parte centrale della piastra infatti, troppo calda

per adagiarvi le croste di formaggio, era occupata dalle pentole utili alla cot-tura delle pietanze principali del pranzo o della cena. Il momento diventavamagico: i vari pezzetti di crosta di formaggio si ammorbidivano pian piano,abbrustolendosi in modo lieve sulla parte a contatto della piastra, diventan-do un qualcosa di unico. Non era un esercizio facile: mia Nonna infatti erapiù brava di mio Nonno nel cogliere il momento di giusta cottura. Oggi pur-troppo, sia per la considerazione della crosta quale scarto naturale, sia perl’impiego dei focolari come stufe da riscaldamento piuttosto che come puntidi cottura, le croste dei formaggi non vengono più gustate. Che peccato!

LA CENA DELLA FESTALa Nonna e la Mamma, si prodigavano ad inventarsi le pietanze più dispara-te con ciò che c’era in casa o con ciò che avanzava dal giorno prima. Un belesercizio di inventiva, tutti i giorni. La polenta era una di quelle farine che

venivano impiegate molto, sia per il suobasso costo sia per la sua attitudine allaconservazione: per questi motivi la polentaera una pietanza che non mancava mai inogni casa. Talvolta mia Nonna, per renderepiù gioioso il giorno della festa, preparavala Mosa (dal tedesco Mus, ovvero Mousse,poiché morbida), ovvero la polenta informa semi-dura, preparata sostituendol’acqua con il latte: ne derivava una polentadi grande morbidezza e la pietanza venivaulteriormente arricchita mangiandola conuna ciotola di latte intero a fianco immer-gendo le cucchiaiata di polenta nel lattefresco, con un contrasto di caldo e freddosensazionale. Quando si voleva festeggiare qualche

evento molto importante, si arricchiva il latte della ciotola con della pannafresca: che prelibatezza. Un segreto della mia cara Nonna, scoperto un gior-no di nascosto senza farmi scoprire? Per farla piacere di più ai piccini,aggiungeva nella Mosa un pochino di zucchero semolato. La pietanza eragradevolissima, poiché la tendenza dolce della Mosa e del latte prevalevasull’acidità: un’esplosione di sentori, amplificati dal metodo di preparazionee dalla sua calda temperatura di servizio. Che bello gioire con poco!

PANE, BURRO E ZUCCHEROCom’era buona la merenda del Nonno

di Alan Bertolini

TERRITORI/1

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La squadra dei grandi formaggi Dop e Stg delVeneto si è schierata per partecipare allagrande edizione di Caseus Veneti, il concor-

so regionale di formaggi che ha festeggiato lasua decima edizione. Settanta produttori, daigrandi caseifici alle piccole malghe di montagnahanno partecipato alla competizione da tutte esette le province del Veneto per un totale di 358formaggi in gara nelle trentotto categorie, incor-niciate in quattro grandiaree: i formaggi Dop/Stg,quelli tipici tradizionali e lealtre categorie che hannospaziato dagli affinati nellevinacce, agli erborinati, conpepe o peperoncino, sinoalla novità degli affinati inbirra o aceto balsamico.L'evento svoltosi sabato 4 edomenica 5 ottobre nella splendida villa palladianadi Fanzolo di Vedelago, in provincia di Treviso è statala festa dei formaggi veneti quanto una festa dellasolidarietà: dei quasi 2 mila chili di prodotto arrivatiin Villa Emo, la metà è stata venduta in beneficenzaa favore di Life Inside Onlus, associazione che sioccupa di ragazzi affetti da autismo e la Città della

Speranza, che da anni sostiene i piccoli pazientioncologici e la ricerca. Testimonial dell'iniziativa emadrina dell'evento è stata la conduttrice RaiEleonora Daniele che ha ricevuto, con una certaemozione, il diploma di Maestro AssaggiatoreOnorario dell’Onaf (Organizzazione NazionaleAssaggiatori Formaggi), dalle mani del presidentePier Carlo Adami.I Maestri Assaggiatori Onaf hanno costituito,insieme agli esperti di analisi sensoriale di VenetoAgricoltura e rappresentanti del settore caseario,

la giuria di settanta elementiche ha determinato le trentot-to medaglie d'oro del concor-so. A guidare il medagliere èancora la provincia di Trevisocon 20 primi posti seguita daVicenza (11), Verona (5),Belluno (2) e Venezia (1). Una seconda giuria, la GiuriaCritica formata da giornalisti e

critici del settore enogastronomico si è poi riunitaper scegliere tra le medaglie d’oro di ogni catego-ria il Miglior Formaggio Veneto 2014. Il comitato organizzatore era formato dalle setteDop venete: Asiago, Casatella Trevigiana, GranaPadano, Montasio, Monte Veronese, Piave,Provolone Valpadana e dalla Mozzarella Stg.

CASEUS VENETICASEUS VENETIIl formaggio della solidarietà

Grande vendita benefica a favore

dei ragazzi autisticie per la Città

della Speranza

di Giancarlo Coghetto

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TERRITORI/1

Alla cerimonia di consegna delle Medaglie d’Oro di Caseus Veneti2014, si è aggiunto un riconoscimento speciale per EleonoraDaniele, madrina storica del concorso regionale di formaggi del

Veneto. É giunta infatti l'investitura a Maestro Assaggiatore Onorario Onafconsegnata direttamente dal presidente della Associazione. Padovana dinascita, Eleonora è ormai da anni un volto Rai tra i più amati, conduttriceprima di Linea Verde e da tempo di Uno Mattina dove cura Storie Vere, unospazio di approfondimento e impegno.«Donna di spettacolo e comunicazione – recita la nota – ha sempre sapu-to interpretare i valori agroalimentari, in particolare del formaggio, conpassione, competenza e giusto risvolto sociale». Eleonora ti ritrovi in que-ste parole? E che significato ha per te essere diventata assaggiatore Onaf?«Sicuramente è stata una grande soddisfazione. Conosco da tanti annil'Onaf, c’è un rapporto di stima e per me è stato un onore ricevere l’attesta-to dal presidente Pier Carlo Adami. Diciamo che un pochino me ne intendoanche, sicuramente sono una appassionata del mondo dei formaggi ched'ora in poi crescerà ancora».Da anni sei madrina di Caseus Veneti come è nato questo rapporto pas-sionale con la manifestazione?«Conosco A.Pro.La.V che organizza l’evento, sono persone molto serie e iosono felice di poter stare ogni tanto nel mio Veneto a sostegno dei grandiprodotti tipici di questo territorio».Tu hai viaggiato tutta l’Italia venendo a contatto con tutto il panoramavariegato di prodotti tipici che fanno grande il nostro Paese. Ma“Territorio” e “Made in Italy” non rischiano di diventare solo slogan?«C’è chi si riempie la bocca di “Made in Italy” usandolo come slogan, mabisogna andare a toccare con mano il mondo della produzione agricola persapere cos’è davvero. Ho conosciuto di persona gli agricoltori: penso allepersone che ho incontrato due anni fa in Maremma dopo l’alluvione, aveva-no perso tutto e nessuno che li aiutava».L’applauso più grande lo ha ricevuto la mamma di un ragazzo autistico lacui testimonianza ha commosso tutti. Perché Caseus, anche grazie a te, èuna manifestazione solidale. «Io curo oggi una trasmissione che si chiama proprio Storie Vere perchécredo che la testimonianza sia lo strumento più vero che abbiamo per comu-nicare. Dobbiamo scoperchiare realtà che non vorremmo vedere: portare,in un contesto di festa, la storia di una mamma che vive ogni giorno con unfiglio in difficoltà credo sia servito a dare sentimento ed emozione anche aduna manifestazione che apparentemente si occupa d’altro».Degustare per un assaggiatore è molto diverso dal mangiare. Cosa signi-fica educarsi al gusto per te? «In realtà per molto tempo alimentarsi per me non è stato importante. Hocambiato il mio approccio verso il cibo quando, con Linea Verde, ho iniziatoa venire a contatto con il mondo della produzione, ad apprezzare i prodottiacquistati direttamente dai contadini. Oggi sono convinta che saper assag-giare vuol dire capire il cibo in tutti i suoi valori. A maggior ragione ciò valeper il formaggio. Entrare nella grande famiglia Onaf non potrà che migliora-re il mio rapporto con il gusto».A questo punto concludiamo chiedendoti qual è il tuo formaggio preferi-to?«Beh, mi direte che sono partigiana verso i formaggi veneti, ma io amo laCasatella Trevigiana. Da sempre il mio formaggio preferito».

ELEONORA DANIELEMAESTRO ASSAGGIATOREONORARIO

«Io e il formaggio»di Lara Santi

IL PIAVE DOP INCORONATORE DEL VENETOLa Giuria Critica, formata da giornalisti ed esperti del settore, tra i 38 for-maggi campioni, ha scelto il vincitore assoluto, incoronando miglior for-maggio del Veneto 2014 il Piave Dop, prodotto da Lattebusche. Un rico-noscimento che arriva nell’anno in cui la cooperativa di Cesiomaggiore, inprovincia di Belluno, festeggia il sessantesimo anno di vita «Il Piave è unformaggio a Denominazione di Origine Protetta che prevede l’impiegoesclusivo di latte delle vallate bellunesi per la realizzazione di 350 milaforme l’anno – spiega il direttore generale, Antonio Bortoli - una produzio-ne di nicchia apprezzata però sempre più nel mercato nazionale e stranie-ro dove ormai va il 20% della produzione».

I CONSUMATORI PREMIANO I CASARIUn riconoscimento particolare, conferito dalla giuria popolare, è andatoai mastri casari. Una trentina di persone scelte fra il grande pubblico del-l’evento hanno potuto valutare i campioni, Piave Dop escluso. Il giudiziodiretto dei consumatori, è caduto su tre formaggi e di conseguenza suicasari che li hanno creati: per gli stagionati il premio è andato a DarioGugole del Caseificio Artigiano Gugole di San Giovanni Ilarione (VR); peri freschi premiato Salvatore Cavalieri della Cooperativa Agricola 8 Marzodi Verona e per gli affinati Dino Pozzebon della Latteria Sant’Andrea diVisnadello (TV). L'attenzione ai protagonisti della filiera casearia, spessodimenticati, conferma le prime parole del Governatore del Veneto LucaZaia che ha aperto la manifestazione con l'affermazione: “Grazie casari”.

IL NOME PIÙ STRANOSALVA UNA RAZZATra le presenze a Caseus Veneti spicca quella di un formaggio dal nomeveramente inconsueto: Il Bastardo del Grappa. Formaggio a pasta semi-dura e semicotta, di sapore intenso e persistente presenta note aromati-che erbacee con ricordi di burro e piacevole solubilità. Il nome gli derivadal fatto che in tempi passati era realizzato con latte misto di vacca e peco-ra, ora prodotto con latte di vacca autoctona Burlina. La protagonista tra-dizionale degli alpeggi dell'Asiago, ricordata anche dal grande MarioRigoni Stern in un suo romanzo, era stata nei tempi del fascismo forzosa-mente abbandonata in favore di razze più produttive. I capi passaronocosì da 15.000 ai 300 censiti oggi. A proteggere la biodiversità nel rispet-to delle ricette tradizionali contribuiscono il Bastardo del Grappa ed ilMorlacco del Grappa, uniti nell'ambizioso progetto di salvare una vaccapiccola, frugale ed adatta al pascolo di montagna: la Burlina.

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FORMAGGI Dop e STG01 Asiago Dop pressato Caseificio San Rocco (Tezze sul Brenta-VI)02 Asiago Dop d’Allevo mezzano (4-6 mesi) Latterie Vicentine (Bressanvido-VI)03 Asiago Dop d’Allevo vecchio (10-15 mesi) Latterie Vicentine (Bressanvido-VI)04 Asiago Dop d’Allevo stravecchio (oltre 15 mesi) Caseificio Pennar (Asiago-VI)05 Casatella Trevigiana Dop Latteria Sant’Andrea (Povegliano-TV)06 Grana Padano Dop Caseificio San Rocco (Tezze sul Brenta-VI)07 Grana Padano Dop (oltre 20 mesi) Caseificio San Rocco (Tezze sul Brenta- VI)08 Montasio Dop fresco (2-5 mesi) Latterie Venete spa (Vedelago-TV)09 Montasio Dop mezzano (5-10 mesi) Latteria Summaga (Portogruaro-VE) 10 Montasio Dop stagionato (oltre 10 mesi) Latteria di Roverbasso (Codognè-TV)11 Monte Veronese Dop latte intero (25-45 giorni) Caseificio Menegazzi (Erbezzo-VR)12 Monte Veronese Dop d’Allevo (6 mesi) Giulia snc di Lavarini (S.Anna di AlfaedoVR)13 Monte Veronese Dop d’Allevo (oltre 12 mesi) Caseificio Gugole Dario (San Giovanni Ilarione-VR)14 Piave Dop (Fresco, Mezzano, Vecchio, Vecchio-Selezione Oro, Riserva) Lattebusche sca (BL)15 Provolone Valpadana Dop (dolce) Caseificio Albiero srl (Montorso Vicentino-VI)16 Provolone Valpadana Dop (piccante) Caseificio Albiero srl (Montorso Vicentino-VI)17 Mozzarella STG Latteria Soligo (TV)

FORMAGGI TIPICI E TRADIZIONALI18 Morlacco del Grappa Az. Bordignon Ysabel–Malga Coi Veci (Crespano del Grappa-TV)19 Malga fresco (alpeggio 2014) Az. Agricola Ponte Vecchio ss (Vidor-TV)20 Malga vecchio (alpeggio 2013 e antecedenti) La Casara Roncolato Romano srl (Roncà VR)21 Formaggio affinato nelle vinacce Perenzin Latteria srl (San Pietro di Feletto-TV)

ALTRE CATEGORIE22 Freschi e Freschissimi (pasta molle senza crosta) Caseificio Castellan Urbano sas (Rosà-VI)23 Caciotta pasta molle con crosta (30gg-2 mesi, peso inf. a 1 Kg) Az. Agr. Tre Comuni (Istrana-TV)24 Latteria pasta molle con crosta (30gg-2 mesi, peso sup. a 1Kg) Latteria Tarzo e Revine (Tarzo-TV)25 Pasta molle con crosta fiorita Ca’ Bastian soc. agr. (Montebelluna-TV)26 Pasta Molle con crosta lavata Az. Agr. Muncio (Fonte-TV)27 Pasta semidura (3-6 mesi) Centro Veneto Formaggi srl (Cavaso del Tomba-TV)28 Pasta dura (oltre 10 mesi) Toniolo Casearia spa (Borso del Grappa-TV)29 Mozzarella Az. Agr. Tre Comuni di Minato Eros (Istrana-TV)/ Lattebusche (Cesiomaggiore-BL)30 Pasta filata molle Az. Agr. Venturin (Spresiano-TV)31 Pasta filata dura Caseificio Albiero srl (Montorso Vicentino- VI)32 Formaggi aromatizzati (pepe-peperoncino) Latteria Soligo (TV)33 Formaggi aromatizzati (erbe, fieno e spezie) Latteria Sant’Andrea (Povegliano-TV)34 Formaggi aromatizzati (fumo o affumicati) Soc.Agricola 8 Marzo (VR))35 Formaggi erborinati La Capreria Soc. Agr. (Montegalda-VI)36 Formaggi di capra, coagulazione prevalentemente acida

Perenzin Latteria (San Pietro di Feletto- TV)37 Formaggi di capra, coagulazione prevalentemente presamica

Soc.Agricola 8 Marzo (VR)38 Affinato in birra o aceto balsamico Latteria Sant’Andrea (Povegliano-TV)

Informazioni: Segreteria Caseus Veneti, Tel.0422-422040, [email protected]

MEDAGLIE D’ORO

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CONTRIBUTOREGIONE DEL VENETO

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TERRITORI/2

Consorzio GORGONZOLA Una battaglia vinta contro i furbetti della contraffazione

Una battaglia durata tre anni, e coronata dalsuccesso. Il Tribunale di Milano ha con-dannato il Comune di Gorgonzola e

l'Azienda Agricola Caterina al ritiro dal commer-cio del prodotto denominato “Stracchino diGorgonzola” in quanto mera contraffazione dellaDop Gorgonzola. Il Comune e la società, consede proprio a Gorgonzola, sono stati condanna-ti anche al pagamento delle spese processuali.La causa era stata intentata nel luglio del 2010dal Consorzio per la Tutela del FormaggioGorgonzola, ente senza fini di lucro creato nel1970 con il preciso compito di vigilare sulla pro-duzione e sul commercio del Gorgonzola Dop esull'utilizzo della sua denominazione in Italia e nelmondo. Il formaggio Gorgonzola, infatti, è unprodotto a denominazione d'origine protetta dal1996 e pertanto gode di una tutela internaziona-le. La commercializzazione col nome “Stracchino diGorgonzola” di un formaggio, seppur del tipostracchino, facente parte dell'antica tradizionelocale della zona di Gorgonzola, riportante inoltrela De.Co. (un marchio collettivo diDenominazione Comunale), è stata ritenuta dalTribunale di Milano una condotta potenzialmenteingannevole per il consumatore visto che il for-maggio Gorgonzola Dop in origine veniva defini-to proprio “Stracchino di Gorgonzola”.Il Consorzio ha agito e continuerà a farlo in futu-ro, a tutela del consumatore per garantire che ladenominazione “Gorgonzola” sia utilizzata esclu-sivamente nei casi in cui un prodotto sia realizza-to seguendo il rigoroso disciplinare di produzio-ne della Dop.

GORGONZOLA IN CIFRE• Con il 10% della produzione nazionale e circa il 6% dei consumi di formaggio nel nostro

paese, il Gorgonzola è il 3° formaggio di latte vaccino per importanza nel panorama dei for-maggi Dop italiani, dopo i due grana.

• Più di 4 milioni di forme, pari a circa 500.000 quintali annui, è stata la produzione globaledi Gorgonzola nel 2012 da parte delle circa 3000 aziende agricole e 40 caseifici dislocatinel territorio consortile.

• 500 milioni di euro è il giro d’affari del Gorgonzola al consumo.• In Italia le vendite si suddividono per il 65% nel nord-ovest, 19% nel nord-est, 9% nel sud

e nelle isole e il 7% al centro. • Il 31 % della produzione è destinato all’esportazione, prevalentemente nell’Unione Europea

(con la Germania e la Francia che assorbono più del 50% dell'esportazione totale), maanche negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone, paese in cui il consumo di formaggi italia-ni è in forte crescita.

L’ente di tutela nato nel ’70 raggruppa quaranta caseificiIl Consorzio per la tutela del formaggioGorgonzola è stato creato nel 1970 ed ha sede aNovara. È un ente senza fini dilucro che raggruppa 40 caseificiche rappresentano il 100 percento della produzione mondiale.Il Consorzio, che dipende diretta-mente dal Ministero dellePolitiche agricole, alimentari eforestali, ha il preciso scopo divigilare sulla produzione e sulcommercio del Gorgonzola Dope sull'utilizzo della sua denomina-

zione al fine di tutelare produttori e consumatori.Il Consorzio promuove tutte le iniziative tese a sal-

vaguardare la tipicità e le caratteri-stiche del formaggio Gorgonzolapreservandole da ogni abuso,concorrenza sleale, contraffazio-ne, uso improprio della Dop ecomportamenti illeciti. Inoltre, incollaborazione con le Università,gli Istituti di ricerca e gli IstitutiTecnici Lattiero-Caseari, ilConsorzio promuove ricerchetecnico-scientifiche.

Successo del 2° Concorso caseario riservatoai produttori delle province di Siena, Arezzoe Grosseto

Tre giorni all’insegna del formaggio pecorino perconoscere le sue caratteristiche organolettiche,per apprezzarlo nella sua tipicità, per confrontar-lo nella degustazione e soprattutto per valutarloin un concorso organizzato perl’occasione, tutto ciò nelcontesto della “Fiera delcacio” a Pienza, da secoli cen-tro di produzione e di com-mercio del cacio delleCrete Senesi. Città rinascimentale volutadal Papa Pio II, costruitasecondo un “piano urbani-stico” in soli 3 anni (1459-62) dall’architetto Bernardo Rossellino con bellis-simi e imponenti edifici, Pienza è iscritta nel patri-monio dell’Umanità dal 1996, riconoscimentoche dal 2004, si estende anche a tutta la Vald’Orcia, considerata l’espressione più alta delrapporto uomo-natura, anchein riferimento alla campagnaarmoniosa in cui si trova.In una cornice storica cosìimportante il 5 settembre si èsvolto il 2° Concorso casearioriservato ai pecorini, organizza-to dalla Delegazione Onaf diSiena-Arezzo, in collaborazio-ne con l’AmministrazioneComunale e la Pro Loco. Una giuria tecnica, formata da 20 Assaggiatori e

Maestri Assaggiatori, provenienti da varieDelegazioni d’Italia, ha proceduto alla valutazionevisiva, olfattiva, tattile e gustativa dei pecorini,suddivisi nelle diverse categorie, compilando leschede con i relativi punteggi. La serietà della

metodica di assaggio e laresponsabilità dei giurati mani-festa l’importanza che riveste ilconcorso per la delegazionestessa e per i partecipanti, con-siderato l’alto numero di for-maggi conferiti dai caseifici edalle aziende agricole del terri-torio. Hanno partecipato ben 26

produttori delle tre province di Siena, Arezzo eGrosseto con l’iscrizione di circa un centinaio diformaggi.

Nel pomeriggio, sotto le Logge del PalazzoComunale, gli stessi formaggi sono stati presen-tati ad una giuria popolare, così che consumatorie appassionati hanno potuto esprimere la lorovalutazione di gradimento. La manifestazione hasuscitato un notevole interesse e grande parteci-pazione da parte dei numerosi visitatori che affol-lano la ridente cittadina toscana, i quali hannoavuto l’opportunità di valutare dei prodotti simili,utile a sviluppare un consumo del formaggiosempre più attento e consapevole. Tutte le fasi del programma nella loro organizza-zione sono state svolte con dedizione ed impe-gno da parte dei componenti del Consiglio diDelegazione Siena-Arezzo, con l’obiettivo di con-tribuire alla crescita culturale ed alla divulgazionedella conoscenza dei formaggi.

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TERRITORI/3

Il Pecorino è ReAl premio 2014 l’eccellenza della Toscana

Nella cornice storicadella città di Pio II un concorso di successo che cresce anno dopo anno

PIEN

ZA

Ventisei i produttori in gara

con l’iscrizione di un centinaio

di forme

Da dietro le quinte, da dove si lavoraper organizzare un concorso è diffi-cile a volte motivare i produttori a

partecipare, in quanto emerge diffidenza,una mancanza di voglia a competere, datoche “forse” si ha paura di un giudizio oppureper pregiudizio del candidato concorrente…che ritiene nessuno in grado di valutare lasuo opera d’arte.Ricercare i produttori a volte è complicatoperché specialmente se si parla di aziende

agricole, quindi di pastori,sono sempre presi al lavo-ro, instancabili, inamovibili,tra il pascolo, la mungiturae la lavorazione. È com-prensibile che non abbia-no voglia di parlare al tele-fono con qualcuno che glichiede un appuntamentoper spiegare loro il concor-so, dato che non hannotempo da perdere. Ma sicapisce che mentre tirispondono a volte ancorastanno pensando allacagliata che gli sta’ matu-rando e rispondono d’istin-

to: non mi interessa! Poi invece, va a finireche parlandoci siconvincono che nonvogliamo venderenulla, ma solo dareun’opportunità amettersi in gioco pervalutare il loro lavo-ro.La risposta più fre-quente è stata: “Maperché devo parteci-pare ad un concorsose tanto il mio for-maggio è talmentebuono che rimango sempre senza?”.Pensiero più che giusto e legittimo, ma noncorretto, dato che nessuno mette in discus-sione che il lavoro del casaro è sacrosanto eche ognuno fa tutti i giorni del suo meglio persuperarsi e per fare il prodotto migliore che èin grado di fare… specialmente se si tratta di“domare” quel latte crudo sempre diverso,non da stagione a stagione ma anche di gior-no in giorno. Sacrificio, impegno e dedizione: sono le

regole base di chi decide di seguire la voca-zione del casaro, quindi merita comunquerispetto a qualunque livello, sia che si parli diuna azienda agricola o di un caseificio.Amare il proprio lavoro ancor più di se stes-si, questa è la pura verità, dove a volte pro-prio per quello che si fa per curare gli anima-li si rinuncia anche alle sacrosante ferie. Pernon parlare delle festività comandate, pro-prio perché occorre sottolineare a chi non sisofferma mai a pensare che gli animali sonoproprio come noi, mangiano tutti i giorni,devono essere munti quando sono in latta-zione una o due volte al giorno.Spiegato l’enorme difficoltà nel voler coinvol-gere e non convincere le persone a parteci-pare a volte è stato un lavoro duro, ma allafine molto gratificante, almeno per me. Nonvoglio spiegare o dilungarmi sul raccontaredella fatica fisica e psicologica della faseorganizzativa e logistica. L’altra faccia dellagara è l’enorme gratificazione, appagamentoe soddisfazione venuta fuori durante la con-segna del premio a una ragazza che ha l’haritirato con un gran sorriso ma in lacrime,vere e sincere lacrime che raccontavanoanni di sacrifici, anni di duro lavoro e impe-gno. In questa occasione nessuno ha guada-gnato dei soldi, ma ho visto molte facce sod-disfatte anche per il terzo premio, proprioperché consapevoli di essere arrivati prima di

altri e anche per avere il margine di miglio-ramento. Sono profondamente convintoche competizioni del genere fanno bene atutto il comparto lattiero-caseario, masoprattutto perché stimolano e danno lagiusta motivazione per fare sempremeglio… non solo perché “tanto il formag-gio lo vendono tutto ugualmente” ma per-ché risulta molto piacevole avere un rico-noscimento al proprio lavoro, che è la cosapiù importante.

L’altro volto della competizione

I PRIMI DELLA GIURIA TECNICAFRESCO DI AZIENDA AGRICOLA

Soc. PPM di Puggioninu Paola e Marianna PECORINO FRESCO DI CASEIFICIO

Caseificio Seggiano S.r.l. PECORINO FRESCO LATTE CRUDO

Azienda Agricola Podere il Casale PECORINO SEMISTAGIONATO DI AZIENDA AGRICOLA

Az. Agr. Le Fabbrie PECORINO SEMISTAGIONATO DI CASEIFICIO

Caseificio di Sorano PECORINO A LATTE CRUDO SEMI STAGIONATO

Az. Agricola Giallini Vinicio PECORINO A LATTE CRUDO STAGIONATO

Caseificio Cugusi Silvana PECORINO STAGIONATO DI AZ. AGRICOLA

Az. Agricola I Sodelli di Faedda e Monne PECORINO STAGIONATO DI CASEIFICIO

Caseificio Cugusi Silvana PECORINO AFFINATO DI AZIENDA AGRICOLA

Az. Agricola I Sodelli di Faedda e Monne PECORINO AFFINATO DI CASEIFICIO

Caseificio Pienza Solp PECORINO GRAN RISERVA DI AZIENDA AGRICOLA - I Renai

PECORINO GRAN RISERVA DI CASEIFICIOCaseificio Cugusi Silvana

di Andrea Magi

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Un momento della premiazioneSotto, lo staff che ha curato

la perfetta organizzazione del Premio Pienza

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Evidenziato
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PERSONAGGIO

Ogni tanto ne nasce uno. Di quelli che quando pensano una cosa rie-scono a realizzarla e ne pensano una al giorno. Di quelli che se fos-sero scrittori pubblicherebbero un best seller, se fossero tenori

canterebbero al Metropolitan di New York e se sono imprenditori nessunoli ferma più. Dario Osella, 83 anni, è uno di questi. Dal padre prese lo spiri-to commerciale, papà Domenico già esportava inFrancia l'olio di noci, e dalla mamma Caterina,figlia di margari della valle Stura, acquisì la passionecasearia. Il resto ce lo ha messo di suo realizzando contenacia e illuminato senso degli affari un capolavoroimprenditoriale: le “Fattorie Osella”, un gioiellodi caseificio dove la più moderna tec-nologia è al servizio della qualità. A dire ilvero gli esordi del giovane Osella furononormalissimi, non è che studiare non gli pia-cesse, ma mal sopportava l'impegno costan-te sui libri. Terminato il liceo al RealCollegio Carlo Alberto diMoncalieri, si iscrisse a legge e lìnacque la sua fortuna. Nel sensoche capì che la carrieraaccademica non non si

confaceva al suo carattere e tornò a casa. Nel frattempo la famiglia aveva rea-lizzato un caseificio che produceva Emmental ed egregie Tome quasi nel cen-tro di Caramagna in provincia di Cuneo. Lo gestivano con buon successopadre madre ed il fratello Gino. Lui, figliol prodigo che aveva rifiutato l'avvo-catura, fu messo a scaricare bidoni. Per poco naturalmente perchè poi fumandato all'Istituto Caseario di Lodi, dove si diploma, e contemporaneamen-te affina l'esperienza presso la Polenghi & Lombardo, industria casearia tra lepiù brillanti del momento. Si trattava di cogliere il senso di una produzionecasearia in evoluzione, di superare il limite cuneese di caseifici ottimi, ma nonancora all'avanguardia. Bisognava imparare che la modernità non dovevanecessariamente intaccare bontà e schiettezza del prodotto, solo aumentarne

la produzione nel rispetto della sicurezza ali-mentare. Obiettivo raggiunto. Dario

Osella rientra in azienda dopo dueanni ed ha le idee chiarissime: il

futuro della produzione caseariasarà nei formaggi freschi. Il fratel-

lo Gino a cui era legatissimo è pre-maturamente mancato, ma giunge a

dargli manforte Anna Carlotti, daGorgonzola, la sua consorte che lo

accompagnerà nell'avventura di unavita. L'imprenditore, romantico oltreche capace e instancabile, gli dediche-

rà un fiore all'occhiello della sua produ-zione: la dolcissima “Annabella”. Nasce,

poi, il “Caramagnin”, tomino fresco di

di Elio Ragazzoni

LA FAVOLAOSELLA

Dario, patriarca del “fresco”e imprenditore romantico,

ha scritto una storia aziendale irripetibile

• Dario Osella, titolare delle omonime Fattorie a Caramagna Piemonte

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tradizione, la Robiola cremosa e fresca al palato e l’”Alpino” che fa l’occhioli-no alla produzione d'oltralpe di croste fiorite con un formato più piccolo e inu-suale. Fu subito successo.

I PUNTI FERMI DI DARIO OSELLAIl latte è al primo posto. Uno dei suoi vanti sono le cinquemi-la vacche che sparse in sessantatrè allevamenti nelle provin-cie di Cuneo e Torino forniscono la materia prima quasi achilometri zero e con una alimentazione tradizionale e con-trollata. Qui si usa solo latte da conferimento. Poi la sicurez-za alimentare, lo stabilimento di Caramagna, ora in periferia,è esempio di asetticità e di atteggiamenti rigidamenti regola-ti a favore di lavorazioni protette da ogni aggressione batte-rica esterna. Cosa stupisce piacevolmente sono i rapporti che l'imprendi-tore ha con il personale. Sono 150 gli addetti della industriacasearia e lui li conosce uno per uno. Le macchine perfette che ora produ-cono i suoi formaggi con ritmi velocissimi ed a volte robotizzati, un po’ lospaventano. “Sono necessarie, afferma, ma non sempre le ho avute tuttenella testa”. Affermazione forse non vera, ma chedice come il ricordo di quando incartavano sottocasa il burro a mano sia ancora affettuosamentevivo. Quando si parla di formaggi non si può pen-sare al futuro se non si è legati alla tradizione.

LA GRANDE SVOLTAFare formaggi freschi per aggredire il mercatonon è cosa semplice. La tecnologia costa ed è incontinuo cambiamento. Per incrementare la pro-duzione occorrono grandi investimenti. Fu il figlioGino che, quasi per scherzo, contattò la Kraft,colosso dell'alimentare mondiale, per proporgliuna qualche collaborazione o partecipazione.Risultò più semplice del previsto: conosciutoDario Osella, constatato come lavorava e pensa-va, l'accordo fu fatto e dal partenariato con il mar-chio mondiale nacque il nuovo stabilimento per-fetto ed efficente, in grado di produrre per esi-genze nazionali ed europee. Poteva essere unsuccesso parziale: grande quantità e prodotto piùbanale. Ma non fu così, il marchio “FattorieOsella” seguito sempre dall'imprenditore che loaveva creato continuò nel suo cammino favoritodalla accoglienza dei clienti.

L'ACQUA SANT'ANNASe non ci fosse stato il latte nonsarebbe arrivata l'acqua mineraleche ha segnato il mercato nazio-

nale. Fu durante unavisita a certi suoi for-nitori che d'estateportavano le vacchein altura, a Sambuco,che scoprì una fonte chepassava per medicamentosa.Di certo miracolosa non era, mabuona, leggera e povera di sodio si. Acquistò il laghetto dellafonte incurante di chi gli diceva che era una follia comprareun “paciass”, inteso come lago così piccolo che manco ci sipotevano allevare i pesci. Era lì che che sgorgava la fonte pre-

ziosa che diede vita all'ennesima operazione commerciale di successo.Anche qui una giusta immagine e la qualità del prodotto giustificarono inve-stimenti ed impianti per l'imbottigliamento. La favorevole richiesta dei con-

sumatori fece il resto. Ora le bottiglie che vengo-no dalla Valle Stura sono tra le più vendute erichieste. A proposito, il nome Sant'Anna non ècasuale, è sempre quello della moglie. Che siaperchè per convivere con un così pirotecnicoimprenditore un po' “santa” lo deve essere dav-vero?

LE NUOVE SFIDESi può a ottantatrè anni aver ancora voglia diimmaginare cose nuove? Per Dario Osella non èun problema. Negli ultimi tempi sta pensando aiformaggi con caglio vegetale. Sarebbe una lineache acchiapperebbe più di sei milioni di clientivegetariani. Unica difficoltà è convincere i colla-boratori, visto che per reggere la produzioneoccorrerebbero ettari di coltivazioni. Lo solleticaanche l'idea di produrre formaggi privi di lattosioper renderli fruibili a chi ha intolleranze alimen-tari. Intanto ci saranno novità nelle confezioni esi fa ricerca per ridurre il pakaging.Una sua nostalgia? É il latte crudo, “ma così nonme li lasciano fare”, brontola. Il suo sogno piùaffettuoso e delicato? Portare, da buon credente, ilformaggio in paradiso. Perchè lo merita, dice.

A ottantatre anni sta pensando ai formaggicon caglio vegetale

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EVENTO

sive. Alla gara partecipavanoanche dei giovanissimi, che nonhanno sfigurato: il primo di loro,Giacomo Tiraboschi, 16 anni, diSerina in provincia di Bergamo,ha raggiunto quasi cinque chilidi prodotto munto nella propriaprova. Il più giovane di tutti, unquattordicenne, ha dichiarato dimungere già da quattro anni ealla domanda se avessel’Iphone, con aria attonita hachiesto cosa fosse un taleattrezzo. Beata innocenza di chivive felice egualmente. Gli ani-mali erano molto assortiti, con

razze pure di Bruna Alpina, Pezzate Rossa, Frisonae la presenza di molti meticci da incroci più dispa-rati, senza pedigree o grandi palmares. Al vincitore sono andati un buono del valore di3500 euro ed il Secchio d’oro, trofeo da custodireper un anno per poi rimetterlo in palio il prossimoautunno. L’organizzazione, meticolosa e impeccabi-le, è stata curata curata dal Consorzio del Formai deMut, perla casearia della zona.

CAMPIONATO MONDIALE DI MUNGITURA A MANO

Nove litri in due minuti, sboccia il recorddi Antonio Papa

Domenica 28 settembre, in uno splendidocontesto di paesaggio, animali e persone, aLenna nel Bergamasco si è svolto il primo

Campionato Internazionale di Mungitura a Mano.La sfida si è disputata all'agriturismo Ferdy, dove ilvincitore, Gianmario Ghirardi ha munto Mirka, lasua vacca pezzata rossa di sette anni, divenendocampione mondiale con una raccolta di nove litriin due minuti. Ben un litro in più di NicolòQuarteroni, di Lenna, che ha conquistato la piazzad'onore. L’ultimo gradino del podio è andato aPierangelo Rota da Locatello (Bergamo) con 7,973

chili di munta. I par-tecipanti alla gara,potevano portare ipropri animali ousufruire di quellimessi a disposizio-ne dall’organizza-zione. I concorrential momento dellaloro prestazione,conducevano lavacca in postazio-ne, dove in batteriedi otto si svolgeva lagara. La tenzoneconsisteva in dueminuti di prepara-

zione della mammella e due successivi minuti perla mungitura vera e propria, al termine dei qualiveniva pesato il latte munto. Dopodiché, il concor-rente conduceva la lattifera in zona di ricovero perla completa mungitura, al fine di svuotare la mam-mella, per il benessere dell’animale. I concorrentiche avevano portato la propria bovina, in genere ipiù vicini, sono risultati tra i primi, forse avvantag-giati da una già consolidata intesa di gara. Ciascunpartecipante era controllato da un giudice di mam-mella che riprendeva la prova grazie a un tablet. Diversi erano i modi di approccio e particolare inte-resse ha destato quello di un indiano che accovac-ciato vicino all’animale, si poneva in atto di profon-do rispetto verso di esso, in contegno religioso,distinguendosi da tutti gli altri che si ponevano

invece in tono di comandoverso la bovina. Varia era lascelta di utilizzare o meno sga-belli di varie fogge, il più avve-niristico era quello del concor-rente valdostano, munito di unammortizzatore a molla sulpiede di appoggio, mentre glialtri erano a uno o tre piedi.altri, infine, non facevano usodi supporti, mostrando ognu-no una propria tecnica. I mungitori giungevano oltreche dalla Bergamasca, ancheda Valle d'Aosta, Piemonte,Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Basilicata, Sicilia e da Svizzera, Romaniae India. Fra loro anche otto giovani e sette donne.Grande stima và a tutte le partecipanti rosa, chehanno concorso senza remore, alla pari con l’altrosesso, non sfigurando per nulla, anzi; la prima diloro, Sofia Caratti, bresciana di Berzo Demo, con5,2 kg munti nei due minuti previsti, è risultata fra iprimi per lungo tempo, prima di essere scalzata daiconcorrenti maschi più bravi delle batterie succes-

• Le fasi del campionato disputato a Lenna, in BergamascaSotto, il campione Gianmario Ghirardi alza il Secchio d’Oro (foto Ennio Pittino)

NUOVA DENUNCIA DEL CONSORZIO DEL PARMIGIANO REGGIANO

FALSO PARMESANSEQUESTRATO AL SIAL DI PARIGI

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Apoche ore di distanza dall’apertura delSalone Internazionale dell’Alimentazione aParigi, il Consorzio del Parmigiano

Reggiano ha chiesto l’intervento delle autoritàfrancesi ed ha ottenuto il sequestro di ben 7prodotti riportanti o evocanti le denomina-zioni che appartengono in modo esclusivoalla Dop italiana.Si è ripetuta così, a distanza esatta di unanno, una situazione già riscontrata all’Anugadi Colonia, altro “tempio” dell’agroalimentareinternazionale.Immediata e dura la reazione del Consorziodel Parmigiano Reggiano, che già all’inizio diottobre, aveva invitato alla vigilanza le autori-tà francesi.«Paradossalmente – sottolinea il presidentedel Consorzio di tutela, Giuseppe Alai –anche in queste grandi vetrine internazionalisi registrano forme di contraffazione e usur-pazione del nome del nostro prodotto, appli-cato nei modi più fantasiosi ad altri formaggio a prodotti che possono contenereParmigiano Reggiano, ma che in alcun modopossono fregiarsi del suo nome o di altrediciture evocative o, ancora, della denomina-zione “Parmesan”, anch’essa in uso esclusivoal nostro prodotto».Proprio la Corte di Giustizia delle ComunitàEuropee aveva a suotempo sentenziato che il

termine “Parmesan” non è affatto generi-co e costituisce una evocazione delladenominazione “Parmigiano Reggiano”;conseguentemente, il suo uso per for-maggi non conformi al disciplinare costi-tuisce una violazione alla Dop italiana. «Grazie all’immediato intervento deinostri uffici legali in Italia e in Francia –spiega Alai – si è arrivati al ritiro del pro-dotto ingannevole presentato al Sial».«La tempestività del lavoro delle autoritàdi vigilanza francesi – prosegue il presi-dente del Consorzio – dimostra che isistemi di vigilanza del Consorzio e i mec-canismi di tutela che abbiamo ottenuto inquesti anni in ambito Unione Europeafunzionano: ora resta l’auspicio che ilripetersi di queste dure azioni repressiveponga fine ad una pratica che vede incampo anche aziende importanti del set-tore, che certo non possono né ignorarené fingere di non conoscere le norme cui

debbono attenersi in materia ditutela delle denominazioni, finaliz-zate anche alla tutela dei consu-matori».L’intervento del Consorzio delParmigiano Reggiano è avvenutosulla base di una legislazionedell’Unione Europea (maturatadopo anni di contenziosi) che pre-vede, tra l’altro, l’obbligo di tuteladelle Dop “ex officio” in tutti gliStati membri della UE, assegnandocosì ai Paesi membri l’ineludibilecompito di un diretto intervento divigilanza e l’adozione di adeguate

misure.

di Igino Morini Grazie all’immediatointervento

degli uffici legalile autorità francesi hanno

ritirato il prodotto

Sopra, esempio di falso parmigiano

Sotto, confezioni di veroParmigiano Reggiano

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Lo studio e l’approfondimento di tutto ciò chemi capita di conoscere, nel corso delle mieavventure gastronomiche, costituiscono la

base che mi ha portato ad interessarmi all’etimolo-gia delle parole. E come l’appetito vien mangiando,anche la passione cresce praticandola: le radici lati-ne e greche che nel corso di millenni hanno contri-buito alla formazione della nostra lingua italiana,celano infatti significati curiosi quanto semplici, mache mi invitano spesso a ricche riflessioni.Ero intento nelle mie letture serali di testi gastrono-mici storici, che adoro collezionare, quando la miaattenzione si è focalizzata sul termine ricorrente“convivio”: ho così scoperto, con una brevissimaricerca, che la parola rimanda etimologicamente allatino “cum vivere”, vivere insieme. Da qualche anno a questa parte, con il sempremaggior diffondersi dell’informazione in materia dicultura enogastronomica, ho visto il rinnovo e larinascita di nuove abitudini “intorno al convivio”.Dagli aperitivi alle cene, dalle degustazioni ai corsiintensivi di cucina, è il continuo fiorire di aspirantibuongustai il motore di questa usanza antica cheoggi, senza neanche accorgercene, stiamo recupe-rando. Vi sarà più facile, dopo questa piccola premessa,capire dove voglio accompagnare il vostro pensie-ro: il tradizionale banchetto natalizio,a cui ciascunodi noi pensa con innegabile gioia a dicembre, è soloun esempio del nostro breve sguardo alla storia delconvivio. Partiamo con l’affermazione certa secon-do la quale la compagnia e la condivisione a tavolasono tratti unici della specie umana, che riunendo-si attorno a un tavolo riesce a trasformare il gesto

puramente nutrizionale dell’alimentazione in avve-nimento eminentemente culturale. Ma “culturale” perché? Tutto ciò che si fa “insiemeagli altri” assume significato sociale e valore dicomunicazione, che nel caso del cibo appare parti-colarmente forte e complesso,data l’essenzialità dell’oggettorispetto alla sopravvivenza del-l’individuo e della specie. Il banchetto, nel senso stretto eautentico del termine, imbanditoriccamente e riservato solo aoccasioni quali feste private oricorrenze pubbliche, è anch’es-so, a ben pensarci, giunto fino aigiorni nostri. Di “banchetto”, anzi di “cum vivere”,come accennato poc’anzi, abbiamo semplicementecreato un maggior numero di declinazioni. E così come gli antichi, anche noi migliaia di annidopo ritroviamo ogni anno nelle cosiddette “feste

comandate” le nostre occasioni di ritrovo e veroconvivio, con familiari e amici, vicini ma anche lon-tani, fattore che spesso allieta ancora di più la festa.Che si sia atei o religiosi, infatti, a prescindere dallamotivazione primaria del convivio, è curioso notarequanto questo sia capace di celare in sé l’identità dichi ne prende parte, nei passi dell’ospite o delpadrone di casa. Partendo dall’identità economicae sociale, che ieri come oggi rende le tavole sofisti-cate o gradualmente più semplici, a base di prodot-ti genuini, spesso territoriali ma non solo, che si dif-ferenziano per qualità e rarità. In passato il cibo eravero e proprio emblema di uno status sociale: offri-re cibi preziosi significava denotare, spesso ancheostentandola, la propria ricchezza e la differenza diclasse sociale. Proseguo poi citando l’identità che ritengo giustodefinire religioso/filosofica, che non definisce latavola in senso di differenze sociali, né nel senso ditipicità territoriale dei prodotti, ma va oltre, collo-candosi sul piano degli uomini, tanto uguali ma

tanto diversi, la cui vita e dietasono influenzate da autenticicredo, ora insiti nella religione,ora ad esempio nella cucinavegetariana, e la più modernavegana. Concludo con l’identità territoria-le, che è spesso un concettoampio, proprio perché l’ostenta-zione di ricchezza induceva spes-

so ad un “irrinunciabile” portare sulla propria tavo-la cibi provenienti dal globo intero. La mia ricetta personale per un sereno convivionatalizio? A Natale non c’è niente di meglio cheportare sulla tavola i cibi della propria casa, del pro-

di Fabio Campoli

Ritrovarsi per le feste

è un’occasione per condividere

emozioni e sapori

Intorno alla tavola nataliziaalla riscoperta del “convivio”

IL CIRCOLODEI BUONGUSTAI

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LE RICETTE di Fabio Campoli

PERLE DI PATATE AROMATIZZATE ai funghi, con salsa al Gorgonzola, spinacini e melogranoIngredienti per 4 personeper gli gnocchi aromatizzati ai funghiPatate bollite, 550 g Farina “00”, 350 g Tuorli, n. 2Funghi cotti, 250 gSale fino, q.b.Noce moscata, q.b.Ingredienti per salsa gorgonzolaPanna, 300 mlGorgonzola dop, 200 g Spinacini, 40 gMelograno, 40 chicchi Parmigiano Reggiano dop grattugiato, q.b.

EsecuzionePer gli gnocchiCuocere i funghi e frullarli fini. Farli freddare. In una casseruola mettere l’acquafredda e cuocere a fuoco dolce le patate con la buccia e il sale. Una volta cotte,sbucciarle e schiacciarle. Unire i funghi. Farle freddare, quindi incorporare lafarina, i tuorli, il sale e la noce moscata. Fare l’impasto velocemente. Dare laforma di gnocchi piccoli, passarli uno ad uno con la forchetta e cuocerli inacqua bollente, contando circa 1 minuto dall’affioramento in superficie.Abbiate cura di scolarli molto bene prima di ripassarli nella salsa. Per la salsa al gorgonzolaTagliare il gorgonzola a cubetti. Mettere nella casseruola la panna, farla scalda-re leggermente e aggiungere il gorgonzola. Far sciogliere il tutto a fuoco dolce.Togliere i gambi agli spinacini. Tritarli e aggiungerli nella salsa fuori dal fuoco.Rimettere la salsa sulla piastra.Per terminareCuocere gli gnocchi in abbondante acqua salata, per circa un minuto dall’affio-ramento in superficie. Scolarli bene e aggiungerli alla salsa. Far amalgamare.Servire con una spolverata di parmigiano e i chicchi di melograno.

RAVIOLO DI RAPA ROSSA AL BURRO ESALVIA CON FETTUCCINE DI VEGETALIe Montasio Dop

Ingredienti per 4 personeSfoglie all´uovo tirate sottili, 200 gPurea di rapa rossa bollita, 150 gPatate bollite, 50 gMascarpone, 50 gVerdure miste di stagione, 400 gScalogno, 20 gBurro, 50 gSalvia, n. 2 foglieMontasio dop, 150 g

EsecuzioneIn una ciotola riporre la rapa rossa, le patate e il mascarpone, condire con unpoco di sale e lavorare il tutto fino a rendere il composto omogeneo.Tagliare la pasta a piccoli quadrati di 5x5 cm, mettere un po’ di composto al cen-tro del quadrato, chiuderlo a metà a formare un triangolo, arrotolarlo su se stes-so partendo dalla parte larga, arrotolare le estremità e saldarne i bordi, a forma-re un tortellino.Tagliare con la mandolina o aiutandovi con un pelapatate le verdure a fettuccine(ottime sono le carote, zucchine, asparagi, sedano, ecc.) e conservarle a parte.Tritare lo scalogno finemente. In una padella mettere la salvia e il burro e farlofondere a fuoco dolce, adagiarvi tutte le verdure tagliate a filetti e lo scalogno tri-tato, lasciarle scottare velocemente per due minuti. Fare cuocere la pasta, scolar-la bene, adagiarla su un piatto caldo, coprire con le verdure saltate ecospargeredi cubetti di Montasio dop.

prio territorio italiano, per rimanere sempre in equi-libro tra le emozioni (che il cibo della vostra memo-ria personale genera) e l’originalità dei prodotti.Durante le festività “curiamoci” con le buone cose,quelle che fanno bene a noi stessi, agli altri e all’am-biente che ci circonda. E quale occasione miglioreper la condivisione a tavola dei prodotti certificatiitaliani, tra i quali i formaggi sono i principi, aiutan-do così anche i piccoli produttori locali a preserva-re quelle che spesso sono piccole produzioni, nateda persone semplici che hanno trovato grandimotivazioni nei gusti unici delle loro stesse tradizio-ni?L’ultimo consiglio del buonumore: riunitevi con ivostri cari intorno al tavolo delle feste e godetevi loscambio di idee e di sensazioni con la degustazio-ne in compagnia, scegliendo formaggi provenientida mille parti d’Italia e che d’ogni parte rispecchie-ranno il sapore.

COME RINNOVARE• Bonifico a favore di O.N.A.F - Via Castello, 5 - 12060 Grinzane Cavour CN

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anni di formaggio insieme.

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LE FABBRICHE

DEI FORMAGGI

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In omaggio la copia anastatica del volume del 1844 che tratta… la maniera di migliorare le fabbriche dei formaggi… pagg. 224

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di MASSIMO PELAGATTI

Il “pizzo” ha fatto scoppiare la guerra del cacio tra Honduras e Nicaragua

Due nazioni che non godono di relazio-ni commerciali idilliache, Honduras eNicaragua, rischiano di veder precipita-re i propri rapporti ufficiali per quellache potrebbe essere chiamata la“Guerra del cacio”. Tredici produttorinicaraguensi che abitualmente esporta-no i loro formaggi nel Paese confinantedenunciano da qualche tempo di subi-re un sistematico blocco delle esporta-zioni da parte del Senasa (ServicioNacional de Sanidad Agropecuaria),che fa capo alla Secretaría deAgricultura y Ganadería dell'Honduras.

L’organismo pubblico hondureño è accusato di non rispettare le proce-dure di importazione nei termini previsti dalla legge (tre giorni per con-trolli e sdoganamento), causando seri problemi alle consegne ai desti-natari, alla qualità dei prodotti, ed inevitabili ripercussioni nei rapporti trale aziende e la loro clientela.Dopo giorni di insistenze, lamentele e voci di corridoio sempre più insi-stenti, una verità - per quanto tutta ancora da dimostrare - pare esseretrapelata da parte dei produttori: qualcuno, probabilmente qualche fun-zionario nel sistema di movimentazione delle merci in Honduras, stareb-be chiedendo 600 Lempiras (l'equivalente di 22 Euro) per permettere iltransito di ogni collo.

Fare del formaggio è … “facile”: date del latte a dei batteri ed essi faranno ilresto, conferendo al formaggio gusti e aromi propri di ogni ceppo.Visto che sulla superficie del nostro corpo (nella giungla oscura e umida delleascelle, nel deserto secco degliavambracci, fra le dita dei piedi,…) proliferano innumerevoli tipi dibatteri, la chimica Sissel Tolaas hacondotto un progetto con l’obietti-vo di produrre formaggi utilizzan-do vari tipi di batteri prelevati dadiverse parti anatomiche dei mem-bri del suo gruppo. E gli otto formaggi “umani” pro-dotti sono risultati abbastanza singolari: chissà che delizia un … “sotto-ascel-la n° 1”, così colante e aromatico, meglio di un Camembert.

Di tutti i formaggi è stata fatta solo la valutazione degli odori. Il formaggio pro-dotto con i batteri “Mani 1” aveva odori di lievito e formaggio vecchio e ina-cidito; quello con i batteri “Piedi 1” aveva odori di sudore, latte, succo d’aran-

cio lasciato troppo in frigorifero efunghi champignon; quello con ibatteri “Naso 2” aveva odori dipiedi, vacca, caseificio, vecchiastazione del metrò, prodotti per lapulizia; quello con i batteri “Ascella2” aveva odori di industriale, sinte-tico, fermentato, scarico d’auto,fuoco, chimico e via così.Panorama “caseario” che immagi-

no sia meglio non incontrare in un tagliere di formaggi, al termine di un buonpasto!

I piccoli Davide che negli Usa sfidanoil gigante GoliaÈ successo nelNuovo Mondodove LisaLeake e VaniHari, conosciu-te solo da qual-che migliaia dipersone per viadei loro food-blog, oggi sonotra più noti paladini della salubrità alimentare degli Stati Uniti peraver lanciato una petizione per dire “no” ai coloranti nei Mac &Cheese, la versione Usa dell'anglosassone Cheesey Pasta dellaKraft. I due prodotti sono veramente simili ma le due bloggerhanno scoperto che il prodotto destinato al mercato statuniten-se ha tra i suoi ingredienti due coloranti che quello europeo nonha. Questa differenza di trattamento ha insospettito le due prota-goniste e con loro tanti consumatori americani. Il dubbio, si è tra-sformato in un forte atto di accusa popolare nei confronti dellamultinazionale del cibo. I coloranti Yellow Dye 5 e Yellow Dye 6,entrambi legali negli Usa sono messi al bando in Norvegia,Austria e Regno Unito dal momento che provocano iperattivitànei bambini, allergie, emicrania e che la loro origine, sono deri-vati del petrolio, porta a ritenerli a rischio di tumore. Gli Usa sirivelano ancora una volta come un paese dai mille contrasti edalla infinite contraddizioni, con un potere lobbistico straordina-rio, ma al tempo stesso con una miriade di “piccoli Davide” chedi punto in bianco trovano il coraggio di sfidare altrettanti “Golia”.

Altri mondiChe ne dite di un formaggio… “di ascelle” o “di piedi”

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VITA ONAF

Nell’immaginario collettivo il grande Paesesudamericano è rappresentato da danzee musica, dal carnevale e dal calcio, in

campo alimentare pensiamo al caffè ed alla fruttatropicale, mai al formaggio. Al Salone del Gusto,Mariana Guimaraes Weiler, brasiliana e diplomataassaggiatrice Onaf a Torino, ci ha offerto la chan-che di conoscere un mondo nuovo, complice lapresenza a Terra Madre di una significativa pre-senza di artigiani caseari brasiliani e dei loro pro-dotti. I produttori brasiliani hanno richiesto agliassaggiatori Onaf di spiegare loro la metodologiadi assaggio e dell’uso delle schede di valutazionedel formaggio. Si sono assaggiati undici campio-ni, dieci vaccini a latte crudo, tutti molto bencurati esternamente, del peso di 1-2 kg. e stagio-natura dai trenta ai cinquanta giorni. Tutti presen-tavano alcune caratteristiche comuni: la quasitotale assenza di sensazioni amare, una buonasapidità, qualche volta eccessiva, ed una struttu-ra piuttosto compatta, tanto da fare pensare adun più lungo invecchiamento. Certamente le tem-perature a cui stagionano le forme, più alterispetto alle nostre cantine, accentua questa sen-

sazione. Il formaggio Salitre si distingue per unamarcata sapidità, una buona solubilità e lievi sen-tori di fermentato e di piccante; il Colonial pre-senta una evidente occhiatura, struttura elastica esensazioni lattiche dolci; il Canastra ha strutturacompatta, occhiatura quasi assente, sale equili-brato e lievi note di glutammato.

Interessante anche il Serro, lievemente piccantecon aromi complessi ed una struttura che ricordaun erborinato, pur essendo privo di muffe.Una nota di merito particolare per un formaggioColonial, proveniente dallo stato di SantaCatarina, affinato sotto le vinacce, sorprendente-mente equilibrato, dolce, sapido, dalla strutturaelastica e molto solubile e con piacevoli e intri-ganti sensazioni aromatiche. Le positive impressioni rilasciate devono ulterior-mente tenere conto del difficile trasporto delleforme, giunte in Italia nelle valigie dei produttori,in quanto la legislazione brasiliana è molto restrit-tiva a livello di formaggi artigianali a latte crudo ene impedisce l’esportazione dallo stato di produ-zione con grave danno per i produttori che nonpossono inviare i loro prodotti ai grandi mercatidi San Paolo o Rio de Janeiro, se non clandestina-mente.

DAL BRASILE A FOGGIAAL SALONE DEL GUSTOCrescono gli artigiani nel paese del samba

di Ettore Bevilacqua

Gli assaggiatori Onaf hanno degustato11 campioni di formaggi brasiliani

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Il caseificio Botallanasce nel 1947 enel 1978 viene

rilevato dalla famigliaBonino, che provie-ne dal settore indu-striale. La visionemanageriale, unitaad un profondorispetto della tradi-zione casearia localeed alla qualità, indu-ce la famiglia Boninoa diventare sociodella cooperativa deiproduttori di lattebiellesi, creando unastretta collaborazioneper garantire standard qualitativi elevati.La gamma dei prodotti è piuttosto ampia e spaziadalle tome classiche della tradizione ai formaggiinvecchiati, dai formaggi di capra e pecora aquelli di fantasia. C'è anche lo Sbirro, che nasce dall’amicizia edalle sinergie con il confinante BirrificioMenabrea. Affinato con i cereali di risulta dellafermentazione della birra, il formaggio acquisiscegli aromi che ne hanno decretato il grande suc-cesso presso i consumatori. Al Salone del Gusto è stata proposta al pubblicola pizza con lo Sbirro: risultato molto interessan-te.Altra novità presentata al Salone, realizzato in col-laborazione con il dipartimento di Agraria diTorino del prof. Zeppa, è un formaggio a cagliovegetale “funzionalizzato”, cioè additivato con ifamosi acidi grassi polinsaturi Omega 3.

MOLINO A VENTO: SOLO RAZZE AUTOCTONE

Da Foggia i formaggi allo stato bradoL’azienda agricola Molino a Vento di Biccari (FG) alleva animali di razze

autoctone, capre garganiche, maiali neri e pecore, allo stato semi bradonei terreni circostanti la tenuta agricola e produce da

una ventina d’anni formaggi del territorio.I formaggi caseificati sono il pecorino canestrato, i caprinilavorati all’antica ed il cacioricotta, che vengono sistematiper la stagionatura in antiche fosse granarie a Bovino, pocodistante da Biccari, dove, ad una profondità di 12 metri, conumidità e temperatura quasi costanti, maturano al meglio.Nel corso dell’affinamento ad alcune forme vengono aggiun-ti timo, mentuccia o crusca, dando origine a maturazionimolto diverse fra loro, in base agli ingredienti aggiunti.

Nonostante qualche perplessità prima dell’assaggio, la mentuccia nella qualesono avvolti i caprini, conferisce delle note balsamiche decisamente intriganti.

Un discorso a parte riguarda il caciocavallo podolico, cheviene caseificato da latte proviente dalle vacche podoliche distanza nel Gargano allo stato brado. Domenico Ioanna e sua figlia Federica, veterinario aziendale,sono molto attenti all’ambiente: producono energia con lepale eoliche e con pannelli solari e per lo smaltimento delsiero di caseificazione hanno introdotto l’allevamento deimaiali neri, razza rustica, che permette anche la produzione diottimi salumi, salsicce e capocolli, rigorosamente senza con-servanti.

AFFINATO CON I CEREALI DI RISULTA

Lo sbirro, amico della birra

• Andrea Bonino e Carlo Moretto allo stand Botalla

• Preparazione della pizza allo sbirro

solo dalla Valle d’Aosta.

CUORE VALDOSTANO

www.fontinacoop.it

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VITA ONAF

Consiglio nazionale Onaf

Sabato 25 ottobre, presso la sala “Punt &Mes” di Eataly, gentilmente concessa alLingotto di Torino, la convocazione del

Consiglio Nazionale Onaf ha visto tempi ridottiper gli impegni del Salone del Gusto, ma noncerto una carenza di temi trattati. Protagonistainiziale del dibattito l'esigenza di creare una divi-sa che servirà ai docenti ed agli assaggiatori nelleoccasioni ufficiali. Il discorso è rimasto apertodopo aver parlato di due opportunità: un elegan-te vestito marrone scuro, presentato da AndreaMagi a prezzo accessibile o l'utilizzo di uno spez-zato giacca blu e pantaloni grigi con distintivoricamato e cravatta coordinata per la versionemaschile e foulard per le assaggiatrici. É stataribadita comunque la convinzione generale diunificare presso il pubblico la nostra l'immagine.Si è confermata l'opportunità, di autorizzare corsi

di minor durata con due lezioni accorpate nellastessa serata. La necessità, nata dalla precisarichiesta di molti corsisti, permetterà di diminuirei costi e sveltire i tempi di formazione senza intac-carne la qualità. In chiusura, pur-troppo forzata, è giunta la propo-sta di un evento che potrebbe sot-tolineare il nostro venticinquenna-le con un incontro di testate epubblicazioni casearie europeeper far conoscere la nostra orga-nizzazione anche oltre confine.Naturalmente la proposta troveràattuazione nella misura in cui sitroveranno i finanziamenti neces-sari. Con vero rincrescimento si è poi deciso dirimandare la pubblicazione prevista in onore delnostro quarto di secolo di vita. La crisi economi-

ca e le risorse attuali avrebbero reso rischiosol'investimento deciso in tempi economicamentepiù facili. Si è preferito indirizzare una piccolaparte della spesa prevista al potenziamento ed

alla crescita della nostro“Magazine” di informazione chesta ottenendo ottimi consensi.Era per la prima volta presente allariunione la neo-componente delcollegio sindacale PatriziaMontone, da sempre sincerasostenitrice dell'Onaf, che è statariconfermata proprio in questigiorni a capo della segreteria delladirezione generale preposta alla

repressione frodi agroalimentari delDipartimento del Ministero delle PoliticheAgricole.

IL TEMA DELLE DIVISE E CORSI PIÙ VELOCIAFFRONTATI DURANTE I LAVORI

Per la prima voltapresente

Patrizia Montoneneo componente

del collegio sindacale

DA LEGGERE

Il Modello Latte Nobile, Un'altra via è possibiledi Roberto Rubinopagg. 193 edizioni Caseus Anfosc.

Il volume riporta i risultati degli studi piùrecenti sugli indici di qualità delLatteNobile e più in generale su altrimodelli alternativi. Comprende il rac-conto della nascita e dello sviluppodel modello produttivo con partico-lare attenzione alle aspettative diconsumatori ed allevatori con l'in-dicazione delle barriere da supera-

re e dei sentieri da percorrere. Una sezionetratta quanto occorre studiare e monitorare per il giusto

prezzo di chi alleva e chi acquista. Il libro si può scaricare dal sito:www.lattenobile.it.

Il grana Padano in Paradiso! di Silvio Brotto e Giuseppe Dellai pagg. 291 - Bozzetto Edizioni - Treviso.

É la storia della Latteria CooperativaMolinetto e dei centoventi Caseifici Socialidel destra Brenta nei 120 anni di coopera-zione nelle terre delle risorgive e dei pratistabili dove il latte diventa Grana Padano.Gli autori con stile vario e garbato, nonprivo di piacevoli digressioni, rendonogodibile un saggio che altrimenti sarebbe riservato aisoli cultori dell'argomento. L'indagine socioeconomica diviene etno-grafica e culturale a più ampio raggio. Una nutrita serie di bellissimeimmagini che spaziano dai documenti storici a paesaggi mozzafiatosono da sfondo ai veri interpreti di di questo romanzo delleCooperative Casearie: gli allevatori che hanno accettato di buongrado di raccontare la loro esperienza.

• Patrizia Montone e il presidente Onaf Pier Carlo Adami

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onafnewsonaa cura di BEPPE [email protected]

>>>>>>>>107° mostra del Bitto

Ottima qualità per i formaggi presentati alla 107° mostra del Bittoa Morbegno. Una commissione di assaggiatori Onaf, tra i qualianche il vice presidente nazionale Beppe Casolo, ha valutato 36partite di Bitto utilizzando la classica scheda dellOnaf. Il vincitore èFlavio Mazzoni, casaro dell’alpeggio Piazza di Albaredo che hatotalizzato 85 punti. Il concorso della Mostra del Bitto rappresen-ta un momento importante per testare la qualità della produzionedel formaggio Bitto della provincia. Malgrado l’annata difficile dalpunto di vista meteorologico, non sono mancate le note positive,confermando il continuo crescente miglioramento della qualità,anche se le temperature rigide dell’estate in quota hanno proba-bilmente rallentato la maturazione delle forme in alpeggio cheevolverà sicuramente con l’avanzare della stagionatura regalandoai consumatori aromi e gusto particolari.

Il delegato Renato Ciaponi

DALLA DELEGAZIONE DISONDRIO

• La commissione valuta l’aspetto esterno

DALLA DELEGAZIONE DIPARMA

>>>>>>>>Serate degustazione e varieIl 24 luglio 2014 “Serata calda?...Freschi formaggi” era prevista al B&B Il Villino diPorporano, ma per il cattivo tempo abbiamo spostato l’incontro all’Hostaria Tre Villedove abbiamo degustato 5 formaggi. Due dell’Azienda Agricola Gritti di Cologno alSerio, un Casatica a crosta fiorita e un Bleu di Bufala a pasta erborinata, tre delCaseificio la Baronia, di Castel di Sasso (CE): Mozzarella di bufala, Mozzarella di bufa-la affumicata, Caciotta di bufala e una provola sempre di bufala. La Sig.ra Scarica hapreparato un primo piatto “notte d’estate” e un semifreddo alla pesca veramenteeccezionali. L’azienda Agricola Lamoretti di Casatico ha abbinato degli ottimi vini.Il 22 settembre, presso il Ristorante Rigoletto di Fontevivo serata didattica chel’esperto Vincenzo Bozzetti ha condotto sul tema “il Caglio” con l’assaggio diMozzarella, Caciotta di Vacca, Provolone e Parmigiano Reggiano di 31 mesi; per ulti-mo un formaggio portato da Bozzetti, che ha vinto il premio al trofeo di S.Lucio: lattevaccino con un 3% di latte di asina. Veramente eccezionale. Grazie Vincenzo dellabella e istruttiva serata.Il 29 settembre è iniziato un corso di primo livello a Parma presso Confesercenti e il19 ottobre altro corso, che conta 52 iscritti, a Zola Predosa in provincia di Bolognacon la fattiva collaborazione dei Maestri Assaggiatori Andrea Sella e FernandoMarzillo. Il corso si tiene presso Palazzo Albergati dove il Dr. Faenza ha messo adisposizione per lo svolgimento del corso una delle numerose cantine. Un grazie alDr. Faenza ed al suo staff.

Il Segretario Massimo Pelagattiil Delegato Giacomo Toscani

DALLA DELEGAZIONE DIROMA

>>>>>>>>Magiche muffe 2014

Il giorno 10 luglio 2014si è tenuto presso ilpub La Piccola Abbaziadi Roma l’incontro didegustazione “MagicheMuffe 2014”, dedicatoal mondo degli erbori-nati. Sono stati abbinati cin-que straordinari for-maggi blu ad altrettantebirre artigianali e preci-samente un gorgonzola

dolce dop, abbinato alla famosa birra belga Saison Dupont ed uno piccante, affian-cato dalla laziale Duchessa di Birra del Borgo; l’Ovisardo, latte di pecora, con laTripel del varesotto Extraomnes; il Capriziola, latte di capra, con la BdBi(g)BodyIbudi Birra del Borgo, amara, luppolata e dall’impronunciabile nome; un blu di bufalaaccompagnato dalla 10 e Lode del birrificio abruzzese Opperbacco. La serata si è conclusa con un assaggio bonus di uno Stilton inglese ed è stataimpreziosita, oltre che dalle spiegazioni dei Maestri Assaggiatori della Delegazionedi Roma, anche dalla presenza del rappresentate del birrificio Birra del Borgo EzioMarcelli, che ha raccontato ai partecipanti le birre degustate sottolineando come labirra artigianale italiana sia sempre più apprezzata nel mondo.

Alessandro Finelli, consigliere Delegazione di Roma

• Birre col Blu (Alessandro Fanelli)

>>>>>>>>Sulle tracce del formaggio “Ormea”

Il 6 settembre si è svolta lavisita all'Alpeggio Stanti 1(1859 m s.l.m.) in alta valCorsaglia, in cui l'AziendaAgricola Castagnino AnnaMaria produce il formaggio“Ormea” nel territorio del-l’omonimo comune.Dopo la visita alla localitàStanti in cui pascolano lecapre e le vacche, si è assistitoin azienda alla caseificazione.

Al termine dei lavori si è passati alla degustazione di cagliata lattica caprinadi 48 ore, lattica caprina di 10 giorni, Ormea dei primi giorni di giugno,Ormea di fine giugno e quindi di due “prove” del mese di giugno di Ormeaa pasta semicotta. Prima del piatto di lasagne di Ormea condite con burro, toma e formaggioOrmea offerte dall'Azienda Agricola, si é gustato il “bruzzu” spalmato sulle“fozze” (tipico pane locale), il tutto accompagnato da un bicchiere diOrmeasco. Dulcis in fundo la ricotta, ancora tiepida, accompagnata da mar-mellata di prugne.

Tullio Galvagno

>>>>>>>>Diplomati nuovi assaggiatori

Martedì 7 ottobre, presso il Salone d'onore della Camera di Commercio,sono stati “investiti” con il titolo di socio Onaf ed assaggiatore di formaggii partecipanti al corso svoltosi a Cuneo la primavera scorsa: PiersimoneAvena, Andrea Bevacqua, Manuel Borgogno, Simona Brao, Andrea Burzi,Massimo Burzi, Vilma Draperi, Claudine Escamez, Cristina Lerda, ErikMacario, Andrea Moizo, Federica Parodi, Marco Pellegrino, Marco Ricca,Lorenzo Taliano, Gabriella Tesio, Silvia Testa, Antonio Zucco. Il corso si è svolto nell’ambito di un progetto con il Consorzio di Tutela delMurazzano. È stato curato dalla Segreteria Onaf, con la partecipazione delMaestro assaggiatore Osvaldo Tealdi.

Il delegato Franco Fortina

DALLA DELEGAZIONE DICUNEO

• I neo-assaggiatori cuneesi

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DALLA DELEGAZIONE DIASTI

>>>>>>>>Eccoci qua!Lunedì 13 ottobre, presso Tuit di V. Grandi, presente la quasi totalità dei socidella provincia, è nata la Delegazione Onaf di Asti. L’assemblea ha eletto comedelegato provinciale Elio Siccardi e come consiglieri Susanna Argenta,Francesco Fassone, Sara Guazzo, Ignazio Nebiolo, Sergio Rossotto, CorradoRustichelli. Il gruppo si propone di diffondere la “cultura del formaggio” anchenell’ambito astigiano partendo ad inizio 2015 con un corso di 1° livello e pro-ponendo quindi serate didattiche per far raggiungere la professionalità neces-saria richiesta ad un buon assaggiatore.Alla serata ha partecipato, in rappresentanza del Consiglio nazionale, ElioRagazzoni.

Susanna Argenta, consigliere di Delegazione

• L’assemblea dei soci di Asti

DALLA DELEGAZIONE DITRENTO E BOLZANO

>>>>>>>>Onaf alla desmontegadadi Rabbi (Trento)Il 20 ed il 21 settembre scorso, si sono vissu-te due giornate intensissime nella splendidaVal di Rabbi, laterale della Val di Sole inTrentino, dedicate alla demonticazione.L’Onaf, delegazione di Trento e Bolzano, hacollaborato con gli organizzatori della manife-stazione, coordinando i lavori della commissione per la valutazione delFormaggio nostrano e del Casolèt, entrambi di malga. Parecchi i formaggi inrassegna, con delle eccellenze che hanno ben rappresentato il formaggiod’alpeggio della Val di Rabbi, valle Trentina a grande vocazione lattiero-casea-ria. A presiedere le attività della commissione, il consigliere nazionale Onaf edelegato regionale, dr Gianpaolo Gaiarin. L’evento si è tenuto presso il GrandHotel delle Terme di Rabbi con una grande presenza di pubblico. Nello stes-so fine settimana, la delegazione, con il maestro assaggiatore Alan Bertolini,ha anche tenuto un laboratorio in un vecchio ma affascinante caseificio, dedi-cato sempre al Formaggio nostrano ed al Casolèt. Caseificio dismesso damolto tempo ed ora relegato a piccolo tempio del formaggio. Laboratorio par-ticolare, ove si è degustato il Casolèt, e a seguire due formaggi nostrani, unogiovane ed uno a lunga stagionatura di tre anni. Il luogo affascinante ha reso tutto quasi magico. Durante il laboratorio, fuoriprogramma inaspettato e apprezzatissimo dai partecipanti: il sommelierWalter Zanon ha presentato un Trentodoc, spumante metodo classico, facen-dolo degustare prima dell’assaggio del terzo formaggio. Arrivederci all’annoprossimo, 2015.

Alan Bertolini

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>>>>>>>>Abbinamenti formaggi e vini d’OrciaNell’ambito della “Fiera del Cacio” si è svolta anche la prima degustazione guidatadi pecorini e vini Orcia, un’esperienza per assaggiare i vini della denominazione,serviti dai produttori stessi in abbinamento ai pecorini di diverse stagionature, coni consigli dei Maestri Assaggiatori Onaf. L’abbinamento Orcia Doc e pecorino haassunto la valenza di un’esperienza culturale con l'attenta analisi delle contrappo-sizioni delle sensazioni e l'attenzione all'quilibrio delle caratteristiche organoletti-che. A conclusione della manifestazione domenica 7 settembre è andato in scenail “Cacio al Fuso”, un gioco della tradizione contadina che si disputa tra le sei con-trade. I vari alfieri si fronteggiano lanciando forme di formaggio sul lastricato dipiazza del Duomo, cercando di avvicinarle il più possibile a un fuso di legno pian-tato verticalmente.Infine la premiazione dei partecipanti al secondo concorso caseario nel 2015, l’ap-puntamento verrà esteso a tutta la regione Toscana.

Il delegato Andrea Magi

DALLA DELEGAZIONE DISIENA - AREZZO

DALLA DELEGAZIONE DIMILANO

>>>>>>>>7° Concorso caseario nazionale “Infiniti blu” Sabato 25 Ottobre, aTorino, allo stand di SlowFood Lombardia del SaloneInternazionale del Gusto-Terra Madre 2014, haavuto luogo la premiazio-ne del settimoConcorso Caseario nazio-nale dei formaggi erborina-ti, frutto della pluriennalecollaborazione tra la con-dotta Slow Food di Gorgonzola e Martesana e la delegazione Onaf di Milano. Il Concorso ha avuto luogo a Gorgonzola sabato 20 settembre, con l’attenta regiadella Consigliera nazionale Onaf Laura Bonvini e del Maestro Assaggiatore FlaviaCosti. Beppe Casolo, vicepresidente Onaf, ha descritto lo svolgimento della valu-tazione dei formaggi in Concorso, alla quale hanno partecipato 18 maestri assag-giatori, confermando l’alta qualità dei prodotti che si è riscontrata in generale.Nicoletta Bassi ha presentato la sua esperienza di partecipante al Concorso con isuoi campioni di Gorgonzola Dop e ha reso onore alla serietà e professionalitàmostrate delle due associazioni coinvolte. Lorenzo Berlendis, vice presidentenazionale di Slow Food Italia, dopo aver ribadito l'importanza della biodiversità edel ruolo di sentinelle del territorio svolto da produttori e agricoltori, ha procedu-to alla premiazione dei vincitori, alternandosi con Beppe Casolo.

Ecco l'elenco dei premiati in ordinealfabetico:Targhe di ECCELLENZADè Magi - Alchimia dÈ formaggiVia Tevere, 116 - Castiglion Fiorentino (AR) BRIACACIO DI PECORA - 109 gg.La Casearia Carpenedo s.r.l. Via Santandrà, 17, Camalò TVBASAJO - 280 gg.

Riconoscimento di qualità superioreAz. Agr. Fattoria FiorentinoVia Perugia, 51 -71036 - Lucera (FG)BLU DI FATTORIA - 90 gg. circaL'ERBORI' - 65 gg. circa

Bassi S.p.A.via Sempione, 10 - 28040 MaranoTicino (No) GORGONZOLA Dop ELIT DOLCE GORGONZOLA Dop ELIT PICCANTE

Casa Fadda 1886 Regione Possilva, 2 Thiesi (SS)OVINFORTH - 90 gg.

Caseificio Defendi S.r.l. Via Francesca, BergamoGORGONZOLA Dop PICCANTE “ILBACCO VERDE”GORGONZOLA Dop DOLCE “ILBACCO”Caseificio La Via Lattea Via Provinciale per Verdello, 33,Brignano Gera D'adda BG

OL SCIUR - 65 gg.VERDUN DE LA GERA - 90 gg.

Caseificio Taddei Via San Vitale 24040 FornovoS.Giovanni (Bg) BLUTUNT - 120 gg.De' Magi - Alchimia de' formaggiVia Tevere, 116 - Castiglion Fiorentino (AR) PINO - 72 gg.GOBBO DI PICCHE - 86 ggBRIACACIO VACCINO - 103 gg.

Eredi A. Baruffaldi S.r.l.via Roma, 32 - 28060 - Castellazzo Nov.(NO)

GORGONZOLA Dop PICCANTE “PRI-MULA VERDE” - 120 gg.GORGONZOLA Dop PICCANTE “PRI-MULA VERDE” K6 - 130 gg.

Formaggio di Speloncia Via Fenadora, 51/B - 32030 Fonzaso(BL)BLU DEL PARCO NAZIONALE DOLO-MITI BELLUNESI (80 gg.)

Fossa dell' AbbondanzaP.zza Allende, 13 - 47020 Roncofreddo (FC)BLU MONTEFELTRO - 109 gg.

L'Albertana di Mauro AlbertiniRegione Castignolio 1, 13896 Netro BIERBURIN - 5 mesi + 10 giorni

• Laura Bonvini, Beppe Casolo, Andrea Magi,Alessandro Carpenedo, Alessandro Romussi,Lorenzo Berlendis

>>>>>>>>“Facciamo il formaggio”a TicinelloDomenica 5 ottobre presso Cascina Campazzo nel territorio urbano di Milano, si èsvolto il laboratorio didattico di caseificazione tenuto dal M.A. Luca Rapetti, pilastrodel Comitato per il Parco del Ticinello onlus. È stato prodotto sull’aia un primo saleche è stato degustato con soddisfazione dal pubblico intervenuto. L’Onaf ha gestito un divertente laboratorio sensoriale dedicato ai bambini delle scuo-le elementari: sempre grande il fascino per le capacità olfattive e gustative dei piùpiccoli.

Il delegato Beppe Casolo

>>>>>>>>Autunno Pavese:tre eventi a firma OnafNell’ambito della tradizionalemanifestazione pavese svoltasidal 3 al 6 ottobre, che da 62 annipromuove le eccellenze alimentaridel territorio, l’Onaf ha coordinatoe gestito tre momenti interessanti,che hanno fatto registrare il tuttoesaurito:Formaggi tra miti e leggende:degustazione guidata di ricotta dibufala dell’azienda Molino dellebufale, crosta lavata di capradell’Az. Agricola Il Boscasso,Casanova del Caseificio Cavanna,Grater blu di capra della Fattoria IGrater.Abbinamenti con birre crude arti-gianali del giovane e promettenteBirrificio Bad Guy.La nutrizionista Daniela Capuanoha introdotto la serata sviluppandoin modo piacevolissimo il temadell’inserimento formaggio nellacorretta dieta.Abbinamenti eccellenti per degu-

stazioni fuori dal comune curatida Onaf, Fisar, Slow Food e con lapartecipazione della nutrizionistaDaniela Capuano. Sono stati pre-sentati Tronchetto di capra concenere di carbone dell’Az.Agricola Il Boscasso, Stafforelladel Caseificio Cavanna, GranaPadano dop del caseificio Giani(24 mesi), che sono stati accom-pagnati da confettura di Zuccabertagnina di Dorno e Zenzero,pane di farina integralbianco delPanificio Mussini. Degustazione diformaggi con abbinamento dimieli, confetture e vini. Unanuova proposta per l’intera duratadella manifestazione, per la qualeè stata messa al servizio degliavventori la professionalità delMaestro Assaggiatore Onaf esommelier Fisar, Augusto Gentilli.Obiettivo porre in buona evidenzala figura dell’assaggiatore al tavolo,per l’assistenza e la guida ai pro-dotti caseari. Ottima e proficua lacollaborazione con Paviasviluppo,che, per la Camera di Commercio,ha coordinato l’intera manifesta-zione.

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DALLA DELEGAZIONE DINAPOLI

>>>>>>>>L’attività dei Maestri Assaggiatori nella Grande Distribuzione

La comunicazione del for-maggio può avvenire intanti contesti. Di recente aNapoli, prima esperienzapilota per la Regione, per iMaestri Assaggiatori all’in-terno di due supermercatidella Catena Auchan percomunicare la “ Mozzarelladi Bufala Campana Dop”. Inrealtà, grazie alla positivaesperienza fatta nell’ambi-to dell’evento “le stradedella Mozzarella” che havisto sostituire avvenenti hostess con acculturati e simpatici assaggiatori di for-maggio, si è venuto a creare un rapporto di sinergia con il consorzio dellaMozzarella di Bufala Campana che ha suggerito agli organizzatori della promozio-ne di utilizzare degli esperti del prodotto. Grazie alla passione dei nostri associatigli interventi hanno avuto un buon successo, gettando un ulteriore seme per lepossibilità operative di un Maestro Assaggiatore.

Salvatore Varrella Delegato di Napoli, Maria Sarnataro Vicepresidente Onaf

• I Maestri Assaggiatori Paride Cimbalo e SalvatoreCimmino

>>>>>>>>Serata di preparazione al corso

Si è tenuta a Taggia, in provincia diImperia, presso il ristorante“Clipper”, una serata convivialepropedeutica alla formazione di unfuturo corso di primo livello.Insieme ad un folto numero di socierano presenti amici e simpatiz-zanti che potrebbero costituire labase della prossima formazione diassaggiatori. A introdurre l’Onaf, isuoi obiettivi ed il piacere di guar-dare il formaggio con occhiocurioso, attento e professionale èintervenuto il direttore della nostrarivista Elio Ragazzoni. Una serie di nobili tome d'alpeggio di varia stagionatura euna panoramica di ricotte affinate hanno fatto da cornice agli eleganti cibi propo-sti dal patron del locale Stefano Gardani, maestro di accoglienza. Un blu di mon-tagna è stato poi abbinato al “Moscatello di Taggia Passito”, un vitigno autoctonodimenticato da anni e riportato in vita dalla passione del produttore ErosMammoliti. Un progetto ambizioso che ha portato alla produzione, per ora, dipoco più di trecento preziose bottiglie di altissima qualità. Non poteva essercimigliore auspicio per il futuro della delegazione imperiese.

Il delegato Giuseppe Moser

DALLA DELEGAZIONE DIIMPERIA

ERIO GIORDANODopo una breve malattia ci halasciati Erio Giordano.Probabilmente sconosciuto ai gio-vani della nostra Organizzazione,Erio fu il primo segretario dell'Onaf.Persona di una puntualità estremae dall’ordine quasi maniacale, eranato nel 1962 a Villafalletto, da unafamiglia di allevatori e la passioneper l’attività zootecnica lo ha por-tato a diplomarsi presso l’Istitutoprofessionale di Verzuolo ed inseguito a lavorare al ServizioVeterinario presso il presidio

Multizonale di Cuneo, in qualità di vigile sanitario.Fu lui a permettere all'Onaf appena nata di dotarsi delle struttureorganizzative che ne avrebbero permesso la crescita ed a seguire icorsi che timidamente iniziavano a conquistare il territorio naziona-le. Di Erio mancherà la sua proverbiale satira strategica, il suo saperleggere le situazioni difficili ed il suo positivo decisionismo. Di certoha lasciato una impronta indelebile in tutti coloro che l’hanno cono-sciuto ed hanno condiviso con lui la passione per il formaggio, perl’agricoltura, per il lavoro e per la crescita collettiva.Lascia la moglie Stefania ed il figlio Pietro, che frequenta la quartaelementare, a cui vanno gli abbracci dell'Organizzazione che havisto nascere e che ha contribuito a migliorare.

Delegazione di Cuneo

LORENZO LENTAIn questo strano autunno ciha lasciati Lorenzo Lenta, ilDelegato torinese dellanostra Associazione.Ricordarlo è un dovere, ma èsoprattutto un piacere perquanti lo hanno conosciuto. Ébello ripensare alla sua perso-na, fisicamente importante,coerente, onesta, talvoltascomoda, di una ruvidezza dichi crede sinceramente nelleproprie idee e le difende consanguigna convinzione.Per i soci torinesi è quasiimpossibile non ripensare a

vicende personali, ad un percorso in Onaf cominciato insieme,molti anni orsono, a momenti comuni trascorsi a saloni, concorsi,gite, a chiacchierate fino a tarda ora dopo le serate, progettandoqualche nuova iniziativa. Ci legava a lui un rapporto di matura ami-cizia, non da bisbocce, ma di reciproca stima, di intesa anche suparole non dette che veniva suggellata dalla sua franca risata.La Delegazione gli deve molto per l’assiduo lavoro svolto, i numero-si corsi diretti, la disponibilità e la sua ampia competenza che tocca-va molti altri settori dell’alimentazione.La famiglia dell’Onaf abbraccia con affetto la sua grande ed a cui eraimmensamente legato.

Delegazione di Torino

• Giacomo Lantrua, Pino Moser, Eros Mannoliti

Saluto agli amici

Onaf
Evidenziato
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PARIGI21 FEBBRAIO - 1 MARZO 2015SALON INTERNATIONAL DE L’AGRICULTUREParis Expo Porte de VersaillesL’edizione 2014 èstata visitata da oltre700mila persone,professionisti delsettore agricolo maanche famiglie edappassionati di agri-coltura, di gastrono-mia regionale francese ed internazionale, di turismo verde. Il Salone èfiglio del Concours général agricole nato nel 1870. Il programma pre-vede tra l’altro percorsi eno-gastronomici, momenti per i bambini,spazi per progetti con finalità sociali.Per informazioni: www.salon-agriculture.com

MILANO27 FEBBRAIO – 2 MARZO 2015MILANO SAPORIForum di AssagoLa “fiera della buona tavola”nasce con l’intento di offrireal grande pubblico la possi-bilità di venire a contattocon sapori e tradizioni e diacquistare direttamente i prodotti.Per informazioni: www.mondosapori.it

VERONA22-25 MARZO 2015SOL&AGRIFOODVeronafiere

Rassegna interna-zionale dell’agroali-mentare di qualità,si svolge in conco-

mitanza con Vinitaly. Protagonisti saranno in primo luogo i migliori oliextravergine di oliva ed insieme a loro le eccellenze dell'agroalimen-tare: dalla pasta ai salumi, dalle specialità dolciarie ai formaggi, daimieli alle salse, dalla birra al caffè.Per informazioni: www.solagrifood.com

Inoltre…I CORSI DELL’ONAFArezzo, dal 12 gennaio al 10 febbraio 2015 – Chiusura iscrizio-ni il 30/12/2014.Levata (CR), dal 20 gennaio al 31 marzo 2015 – Chiusura iscri-zioni il 30/12/2014.Mezzana/Balerna (Canton Ticino, Svizzera), dal 6 febbraio al 24aprile 2015 – Chiusura iscrizioni il 12/01/2015.Milano, presso “la Cordata” Via San Vittore, 49, corso di secon-do livello dal 24 gennaio - marzo corso primo livello.Como,Per informazioni: www.onaf.it

ENNA10-11 GENNAIO 2015TRINACRIA D’ORO, 3.a edizioneConcorso caseario, convegni, degustazioniFederico II PalaceHotelTorna l'appuntamento prin-cipale per gli assaggiatori diformaggi e tutti gli operatoridel comparto lattiero-casea-rio siciliani con un programma comprendente convegni, degustazio-ni guidate, concorso caseario, menù degustazione e molto altro anco-ra. Protagonista il formaggio più antico d'Europa: il Pecorino SicilianoDop. Inoltre questa edizione ospiterà una tappa di “Expo in viaggio”,grazie a cui si potrà approfondire il messaggio di Expo 2015..Per informazioni: www.onaf.it

SAN FRANCISCO (USA)11-13 GENNAIO 2015WINTER FANCY FOOD SHOWOrganizzato dalla Specialty FoodAssociation, si tratta del maggiore eventodella “West Coast” dedicato all’eno-gastronomia. Previsti più di 1300 esposi-tori da tutto il mondo. Per informazioni: www.specialtyfood.com/fancy-food-show/winter-fancy-food-show/

TRENTO21-22 FEBBRAIO 2015LA CASOLARAFiera delle migliori produzioni di formaggioPiazza FieraL’evento prevede, oltre alla presenza dei produttori, i "Laboratori delgusto", in cui i visitatori saranno "educati" ad un corretto e consape-vole consumo dei prodotti caseari, attraverso informazioni e curiosi-tà. Un'area sarà riservata ai più piccoli che potranno assistere in diret-ta e cimentarsi nella produzione del formaggio, sotto la guida deglistudenti della Fondazione Mach. I giovani produttori potranno poiportare a casa il frutto del loro lavoro. Anche quest'anno le degusta-zioni guidate si svolgeranno a Palazzo Roccabruna, con l'interventodella Delegazione Onaf trentina.Per informazioni: www.lacasolara.com

MONTICHIARI (BS)21-24 FEBBRAIO 2015GOLOSITALIACentro Fiera del GardaLa quarta edizione di Golositalia, fiera dedicata ad enogastronomia,ristorazione ed attrezzature professionali, vedrà l’unione conAliment&Attrezzature. Sarà aperta al pubblico, non solo ai buyers, epotrà pertanto essere un’importante vetrina nell’imminenza di Expo2015. Per informazioni: www.golositalia.it

Agenda a cura di

[email protected]

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Vi ricordate il 1989? Che anno, quell’anno. Merita il detto latino: albosignanda lapillo, un anno da segnare con una pietra bianca. In queidodici mesi è cambiato il destino del mondo. A cominciare dalla carta

geografica: prima l’Europa era divisa in due blocchi, e quello orientale partivadal Danubio per arrivare a Vladivostok. Ne sono successe di tutti i colori, in quell’anno spartiacque della storia. Anchein Italia, dove stava annaspando la Prima Repubblica che di lì a poco sarebbestata travolta da Tangentopoli.Ci siamo divertiti a pescare qua e là i fatti salienti di 25 anni fa. Il 15 gennaio1989, a Praga, durante la commemorazione della morte di Jan Palach, vengo-no arrestati centinaia di manifestanti. Tra di loro ancheVaclav Havel. Il 14 febbraio l’Ayatollah Khomeini daTeheran pronuncia la condanna a morte nei confron-ti dello scrittore Salman Rushdie, autore de “I versisatanici”. Il giorno dopo inizia il ritiro sovieticodall’Afghanistan. Il 22 febbraio Arnaldo Forlani diven-ta segretario della Democrazia Cristiana. Nota legge-ra, a fine mese Fausto Leali e Anna Oxa vincono il 39°Festival di Sanremo con “Ti lascerò”.Passiamo a marzo. Il 9 un bel ribaltone: il cardinalePaul Marcinkus lascia lo Ior, la banca vaticana. Il 10,vanno assolti in Appello tutti gli imputati per la stragedi Piazza della Loggia a Brescia. Il 29 Pristina, capitaledel Kosovo, viene occupata dai carri armati jugoslavi. Aprile: il 17 Solidarnoscviene riconosciuta ufficialmente. Il 18 cominciano le proteste studentesche inpiazza Tienanmen a Pechino. Maggio è il mese in cui scatta il ticket sanitario introdotto dal governo De Mita;il premier per altro è alla frutta e si dimette il giorno 19. Sul fronte calcisticodue successi italiani in Europa: il Napoli vince la Coppa Uefa, il Milan laChampions. L’Inter si aggiudica lo scudetto numero 13. Ai primi di giugnol’esercito cinese mette fine ai sit-in degli studenti in un bagno di sangue. Il 18elezioni europee: Dc 32,9, Pci 27,6, Psi 14,8.

Luglio si apre con i veleni del corvo di Palermo per screditare il giudiceFalcone. Il 23 giura il sesto governo Andreotti, un pentapartito. Ad agostoforti rumors antisovietici: il 23 nei Paesi Baltici due milioni di persone for-mano una catena umana da Vilnius a Riga a Tallin. In Polonia nasce una coa-lizione di governo guidata da Solidarnosc. I sommovimenti a Est continua-no a settembre: il 10 l’Ungheria apre la frontiera con l’Austria, è il primovarco nella cortina di ferro. Ottobre è americano: venerdì 13 crolla WallStreet, un brivido scuote il mondo. A San Francisco il 17 forte terremotocon 64 morti. Arriviamo a novembre, mese fatidico. Il 9 cade il Muro di Berlino, partono

le rivoluzioni nei paesi satelliti dell’Urss. Il 12 il lea-der del Pci Achille Occhetto compie lo strappodella Bolognina: il partito cambierà nome e pro-gramma. Seguirà un dicembre straordinario, chevede la visita di Gorbaciov a Papa Wojtyla, la finedi Ceausescu in Romania, l’elezione di VictorHavel a presidente della Cecoslovacchia. NelBelpaese, il 4 nasce la Lega Nord, che apre la stra-da all’avvento della Seconda Repubblica.SEMPRE IN QUEL 1989. Domenica 12 novem-bre alla Camera di Commercio di Cuneo 87 socifondatori danno vita all’Onaf. Erano formaggiai,artigiani del gusto, funzionari, commercianti, gior-

nalisti, amministratori, semplici appassionati. La maggior parte arrivava dallecontrade della provincia Granda, ma c’erano anche torinesi, rappresentan-ti di altre regioni, romani. “L’organizzazione degli assaggiatori di formaggio– disse Giacomo Oddero appena eletto presidente – parte da Cuneo perdiffondersi e crescere in tutta l’Italia. I maestri Onaf insegneranno l’artedella degustazione, aiuteranno i produttori, daranno un contributo impor-tante all’economia agricola”.Era una sfida, si può ben dire che è stata colta con serietà. Anche questa èuna pagina di storia.

di FIORENZO CRAVETTO

Formaggi in libertà

Dove si parla di rivoluzioni,Gorbaciov, WojtylaMuro di Berlino,

fine della prima RepubblicaE anche dell’Onaf

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Straordinario 1989: venticinque anni fa il mondo cambiava volto. E da noi...

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la [email protected] Gianni Audisio

12 mesi

24 mesi 60 mesi

72 mesi

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