Numeri_romani
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Perché non usiamo più i numeri romani?
Il dottor Googol passeggiava tra le rovine del Colosseo, fantasticando sui
suoi oggetti preferiti: i numeri. All’improvviso un ragazzo gli si avvicinò.
“Signore – chiese il ragazzo- perché non si usano più i numeri romani?”
Il dottor Googol fece un passo indietro.
“Stai parlando con me?”
“Non è lei il famoso dottor Googol?”
“Ah sì” – rispose il dottor Googol- io so rispondere alla tua domanda, ma prima
di farlo, devi risolvere un piccolo rompicapo con i numeri romani. Non
credo che questo rompicapo risalga all’epoca romana, tuttavia ha l’aria così
semplice da poter essere piuttosto antico. Il dottor Googol disegnò i numeri
romani I, II e III sopra 6 colonne come illustrato in modo schematico nella
figura in veduta aerea.
Il quesito del Colosseo
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Il dottor Googol prese un blocco dalla tasca e cominciò a disegnare. “Date le 6
colonne (rappresentate in figura dai cerchi I, II e III), è possibile
connettere il cerchio I con I, II con II e III con III tramite linee che
non si intersechino tra loro e non escano dalla cornice? Le linee
devono essere tracciate sul pavimento. Possono essere linee curve, ma
non possono toccarsi o incrociarsi. Inoltre non è possibile disegnare
linee che passino attraverso le colonne”.
Il ragazzo studiò la figura per qualche minuto. “Signore, sono certo che questo
rompicapo è impossibile da risolvere”.
“Invece è possibile, ma ho visto che le persone che non sanno risolvere questo
rompicapo in genere riescono a risolverlo se lo mettono da parte per un giorno
e poi lo studiano di nuovo”.
“Aspetti!- disse il ragazzo-. Prima di tentare il suo problema, vorrei che
lei provasse a fare il mio”. E porse al dottor Googol un cartoncino:
XI + I = X
Il ragazzo guardò dritto negli occhi il dottor Googol. “Senza usare una
matita, come farebbe per rendere corretta questa equazione?”
Mentre il dottor Googol e il ragazzo analizzavano i quesiti, il dottor Googol
cominciò anche a raccontare al ragazzo perché il sistema numerico romano,
pur sopravvissuto per tanti secoli, alla fine fosse stato gettato via come una
scarpa vecchia.
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Oggi si usano raramente i numeri romani tranne sui monumenti o su
documenti speciali, oppure sulle date nei titoli di coda dei film per rendere
difficile stabilire quando la pellicola è stata girata.
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Talvolta si vedono i numeri romani tranne sui monumenti o su documenti
speciali, oppure sulle date nei titoli di coda dei film per rendere difficile stabilire
quando la pellicola è stata girata.
Talvolta si vedono i numeri romani sui quadranti degli orologi che,
incidentalmente, quasi sempre mostrano il numero quattro come IIII invece
del tradizionale IV. (Vi siete mai chiesti perché?). Abbiamo preso familiarità
con i numeri romani perché sono stati i soli a essere usati in Europa per
migliaia di anni. Il sistema numerico romano era basato su sistemi simili usati
dagli Etruschi, dove le lettere romane I, V, X, L e C erano basate sugli
originali Etruschi. Il sistema numerico romano era utile in quanto riusciva a
esprimere i numeri da 1 a 1.000.000 usando in tutto solo 7 simboli: I per 1,
V per 5, X per 10, L per 50 e M per 1000. I numeri romani si leggono da
sinistra a destra. I numeri che rappresentano le quantità più grandi si pongono
a sinistra. Immediatamente alla loro destra ci sono i simboli che rappresentano
le successive quantità più grandi, e così via. Generalmente i simboli vengono
addizionati. Ad esempio LX = 60 e MMCIII = 2103. M rappresenta
1.000.000: una barretta orizzontale posta sopra un numero moltiplica il
numero stesso per 1.000. Usando un numero infinito di barrette, i romani
avrebbero potuto rappresentare i numeri da 1 a infinito! Nella pratica, invece, il
numero massimo di barrette usate era 2.
*****
Le espressioni numerali sono simboli scritti per rappresentare i numeri. I
primi numerali erano semplicemente gruppi di righe orizzontali o verticali, dove
ogni riga corrispondeva al numero 1. Oggi il sistema arabo di notazione
numerica è quello usato nella maggior parte del mondo. Questo sistema venne
sviluppato dagli indiani per primi ed era usato in India a partire dal terzo
secolo a.C. All’epoca i numerali 1, 4 e 6 già si scrivevano come oggi. Il
sistema numerico indiano fu introdotto nel mondo arabo probabilmente
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intorno al settimo o ottavo secolo d.C. Si registra nel 976 d.C. il primo uso
del sistema in Europa.
La maggior parte dell’Europa passò dai numeri romani a quelli arabi nel
Medioevo, in parte a causa del libro di Leonardo Fibonacci del XIII secolo, il
Liber Abaci, nel quale egli canta le lodi del nuovo sistema numerico. Il
pensiero islamico non era così lontano dalla mentalità europea nel Medioevo.
Dopo tutto, i musulmani avevano dominato la Siviglia, la Spagna e il Nord
Africa, e quando infine gli Europei li espulsero, i musulmani si lasciarono dietro
la loro importante eredità matematica. Molti di noi dimenticano che l’Islam era
una cultura più potente- e scientificamente più avanzata- della civiltà europea
nei secoli che seguirono la caduta dell’Impero Romano. Baghdad era
allora un centro culturale incredibile.
In realtà, i numeri romani non sparirono completamente nel Medioevo. Molti
contabili continuavano a usarli perché addizioni e sottrazioni erano semplici con
i numeri romani. Ad esempio, se si vuole sottrarre 15 da 67, nel sistema
arabo si deve sottrarre 5 da 7, e 1 da 6. Invece nel sistema romano occorre
solamente cancellare una X e una V da LXVII per ottenere LII. Si tratta
della sottrazione per cancellazione. Però i numeri arabi detengono un
grande potere. Da quando siamo passati dal sistema numerico romano a quello
arabo, l’umanità riesce a formulare esotiche teorie sullo spazio e sul tempo,
contemplare la teoria delle onde gravitazionali, esplorare le stelle. I numeri
arabi sono superiori a quelli romani poiché hanno un sistema
“posizionale” nel quale il valore di un numero è determinato dalla sua
posizione. La cifra 1 può significare uno, dieci, cento o mille a seconda della
sua posizione in una stringa numerica. Ecco perché è molto più facile scrivere
1998 che MCMXCVIII – mille (M), più cento meno di mille (CM), più dieci
meno di cento (XC), più cinque (V), più uno più uno più uno (III). Provate pure
a trattare di aritmetica con questa mostruosità romana. D’altro canto, la
notazione posizionale semplifica in larga misura tutte le forme di calcolo
numerico fatto per iscritto.
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Intorno al 200 d.C. gli indiani, forse con l’aiuto arabo, inventarono anche lo
0, la più grande di tutte le invenzioni della matematica. (I babilonesi già nel
330 a.C. avevano un simbolo speciale per l’”assenza” di un numero, ma non
era un simbolo zero vero e proprio, in quanto non era da loro usato in modo
coerente. E in realtà non trattavano questa “assenza di un numero” come se
fosse un tipo di numero, così come noi non tratteremmo l’”assenza di un
orecchio” come se fosse un tipo di orecchio.) Il numero 0 rende possibile fare
differenza tra 11, 101 e 1001 senza l’uso di un nuovo simbolo, cosicché tutti i
numeri possono essere espressi tramite dieci simboli, le cifre da 1 a 9 più
lo 0. Durante il Medioevo, la presente richiesta di calcoli da parte del
capitalismo fece crollare ogni resistenza residua al “simbolo infedele” 0 e
assicurò intorno al XVII secolo che il sistema numerico indiano regnasse
supremo. Persino in epoca romana, i numeri romani erano usati più per
registrare numeri che per fare calcoli, i quali venivano eseguiti con l’abaco o
accumulando pietre*.
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A quando risalgono le espressioni numerali? Immaginate di essere trasportati
indietro nel 20.000 a.C. Vi trovate a 40 chilometri dal Mediterraneo spagnolo
presso le grotte di La Pileta. Puntate la vostra torcia contro il muro e
osservate alcuni segni paralleli, a gruppi di 5, 6 o più (figura 1). Gruppi di
righe sono connessi in alto con un’altra riga, come un pettine, o attraversati da
una riga, in un modo che ricorda quello moderno di contare oggetti 5 a 5.
Forse i cavernicoli stavano contando qualcosa? E’ possibile visitare la “Grotta
dei Numeri”, ma gli archeologi moderni non sono sicuri del significato di
questi segni. In ogni caso, la scoperta della Grotta dei Numeri contraddice le
solite vecchie idee secondo le quali i cavernicoli di quel periodo si esprimevano
______________
*La parola calcolo deriva dal termine latino calculus che significa “ciottolo” o “piccola pietra”.
[N.d.T]
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solo con suoni gutturali e si occupavano solo di mangiare e riprodursi.
Se le persone che hanno disegnato questi graffiti padroneggiavano i numeri,
allora la loro intelligenza andava ben oltre le richieste minimaliste dettate dalla
caccia. Ricordate anche che chi continua a vedere nei fregi maya e nelle loro
piramidi decorate mere opere d’arte, si sbaglia. Fortunatamente alcuni studenti
portati per la matematica li hanno studiati e ne hanno scoperto il significato
numerico.
Figura 1. Disegni sulla parte della grotta dei Numeri. Alcuni ricercatori ritengono che i segni rappresentino numeri. Esplorando la grotta, se si considerano i denti dei “pettini” come un ità, è possibile leggere tutti i numeri da 1 a 14. In una regione della grotta, i numeri 9, 10, 11 e 12 sono ravvicinati. Forse l’artista stava contando qualcosa, prendeva nota di alcuni dati, o addirittura faceva esperimenti con la matematica?
La primissima forma di notazione numerica che usava righe per raggruppare
alcuni 1 non era adatta a esprimere numeri grandi. Nel 3400 a.C. in Egitto, e
nel 3000 a.C. in Mesopotamia, venne adottato un simbolo speciale per il
numero 10. L’aggiunta di questo nuovo secondo simbolo numerico rese
possibile esprimere il numero 11 con 2 soli simboli invece che con 11, e il
numero 99 con 18 simboli invece che con 99.
6
11
10
5
3
9
12
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Nella notazione cuneiforme babilonese la cifra usata per 1 era usata anche
per 60 e per le potenze di 60; il valore del numero corrispondente si
deduceva dal contesto. Il sistema geroglifico egiziano sviluppò alcuni
simboli speciali (a forma di corde, piante di loto, ecc.) per 10, 100, 1.000 e
10.000.
Gli antichi greci avevano due sistemi per i numeri. Il primo di questi era
basato sulla lettera iniziale della parola corrispondente al nome del numero: il
numero 5 era indicato dalla lettera pi (penta); 10 dalla lettera delta (deca);
100 dalla forma antica della lettera H; 1.000 dalla lettera chi; 10.000 dalla
lettera mi. Il sistema successivo, introdotto nel III secolo a.C., usava tutte
le lettere dell’alfabeto greco più tre lettere prese in prestito dall’alfabeto
fenicio. Le prime 9 lettere dell’alfabeto erano usate per i numeri da 1 a 9, le
successive 9 lettere per le decine da 10 a 90, e le ultime 9 lettere per le
centinaia da 100 a 900. Le migliaia si indicavano ponendo una barretta alla
sinistra del numerale corrispondente, e le decine di migliaia sovrapponendo la
lettera corrispondente sopra la lettera M. Quest’ultimo sistema greco, più
avanzato, aveva il vantaggio di permettere di esprimere numeri grandi con
pochi simboli, ma aveva lo svantaggio di richiedere al fruitore di memorizzare
in tutto 27 simboli.
Si veda http://www.oup-usa.org/sc/0195133420 per un esempio di programmi
per il computer che generano numeri romani.
Bibliografia
Il brano è tratto da Le Meraviglie dei Numeri, Clifford Pickover, Collana Sfide
Matematiche.