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Anno XXII I n. 189 APRILE 2015 Marzo 2013 “Fac cor nostrum secundum cor tuum” “Rendi il nostro cuore simile al Tuo” (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù) Rivista Parrocchiale

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Anno XXII I n. 189 APRILE 2015 Marzo 2013

“Fac cor nostrum secundum cor tuum”

“Rendi il nostro cuore simile al Tuo”

(Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù)

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La Voce di Bianco Notiziario di

Formazione ed Informazione

della Parrocchia ‘Tutti i Santi” di Bianco

Anno XXIII, N.189, Aprile 2015

Direttore Responsabile PADRE ANGELO MAFFESIS

Impaginazione & Grafica

Arch. Bruno Brancatisano

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in parrocchia

SOMMARIO

ARTICOLI & RUBRICHE

Copertina Pag 1

Sommario Pag 2

Editoriale a cura di p. Angelo Maffeis Pag 3

Rinfrancate i vostri cuori Pag 4

Noi e…la Passione Vivente Pag. 5

Alla scoperta della missione Pag 6-7

La Bibbia Pag 8 – 9 10- 11

Il Triduo Pasquale Pag 12-13

Io Vangelo Pag 14-15

Il Miracolo che più scuote Pag 16

C’era una volta……. Pag 17

Le parole di Papa Francesco….. Pag 18

Anagrafe, turni, calendario incontri Pag 19

Notizie Flash Pag. 20

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Parrocchia 0964 911558

p. ANGELO – Cell. 348 6444126

p. FRANCESCO -- Cell. 347 0872129

Reverende Suore 0964 911416

Scordino Tommaso 0964 913250

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3

Carissimi amici Bianchisani, frequentatori della comunità o semplicemente fratelli e sorelle che leggerete il nostro bollettino,

Vi scrivo queste due righe, questa sera, quando ormai la Domenica delle Palme, o Domenica della Passione de Signore, volge al termine. Abbiamo iniziato una settimana che ci avvicina alla sofferenza del mondo, ma con un segnale importante di speranza e resurrezione. Quando leggerete, saremo già, lo spero di cuore, inondati della gioia della Pasqua. Anno dopo anno ci aggrappiamo alla Pasqua come a un’ancora di salvataggio soprattutto per i giovani, i ragazzi di oggi ai quali dobbiamo poter dare un segnale di speranza. Lo facciamo con la forza di una festa capace di

superare anche l’impossibile, come la morte, dopo aver cercato di percorrere la lunga via crucis del mondo che ancora fatica a calcare sentieri di pace. Vi confesso però che non riesco a staccarmi dall’immagine di Gesù che il Giovedì Santo, durante l’ultima cena, si è messo il grembiule per lavare i piedi, per servire. E penso alla nostra comunità parrocchiale … Che bello se ci mettessimo tutti il

grembiule come Gesù, per servire con gioia e ottimismo la nostra comunità. Questo il sogno “pasquale” di un povero parroco missionario. Quanto bisogno abbiamo che la gioia pasquale rompa i muri della tristezza, del pessimismo, dello scoraggiamento! Ci aspettano momenti belli come la “FESTA DEL MIRACOLO” e la nostra “ASSSEMBLEA

PARROCCHIALE”, siano davvero “momenti comunitari”.

Allora carissimi Santa e Buona Pasqua a tutti.

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4 D

io non è indifferente al m

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a lo ama fino a d

are il suo Figlio p

er la salvezza di ogni uom

o.

"Rinfrancate i vostri cuori" Con fedeltà instancabile anche quest’anno risuonerà nella notte di Pasqua il

lieto annuncio: «L’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con Cristo»

(Rm 6,6). Perciò in Lui «possiamo camminare anche noi in una vita nuova»

(Rm 6,4). L’impegno di conversione della Quaresima che troverà il suo

vertice nella celebrazione del Triduo Pasquale, ravvivando il fuoco dello

Spirito Santo, dono del Risorto, rinvigorirà la nostra condizione di nuove

creature.

L’uomo nuovo che si rinnova a immagine di Cristo (Col 3,10) è una potente

ispirazione per la Chiesa di Dio che è in Italia, nell’anno che ci vede coinvolti

nella preparazione e nella celebrazione del 5° Convegno ecclesiale di Firenze.

Il nuovo umanesimo che cerchiamo e proponiamo trova in Cristo, crocifisso e

risorto, la sua immagine, la sua origine, la sua meta.

L’uomo nuovo che a immagine di Cristo e con la forza dello Spirito edifica

una umanità nuova ci pone in piena sintonia con il messaggio di Papa

Francesco per la Quaresima di quest’anno.

L’uomo nuovo non si lascia impaludare nella “globalizzazione

dell’indifferenza”, ma soffre con chi soffre, si apre alla fraternità responsabile,

si getta con coraggio nelle sfide del presente.

«Rinfrancate i vostri cuori» (Gc 5,8) è dunque il monito che accogliamo

volentieri dal messaggio del Papa. Esso dà un tono di ottimismo e di fiducia,

trasmette il coraggio necessario ad un profondo impegno di rinnovamento che

nel cammino verso il Convegno ecclesiale di Firenze siamo invitati ad

assumere con determinazione.

Auspico che, accolte con discernimento, alla luce dello Spirito, debitamente

adattate alle situazioni particolari, le nostre comunità cristiane promuovano

concreti itinerari di umanizzazione e di evangelizzazione, perché a tutti sia

annunciata la gioia del Vangelo.

Dalla liturgia celebrata e vissuta “in Spirito e Verità” le nostre comunità,

radunate per fare viva memoria di Cristo Gesù crocifisso e risorto, possano

attingere, come prega Papa Francesco, «la santa audacia di cercare nuove

strade perché giunga a tutti il dono della bellezza che non si spegne»

(Evangelii Gaudium, n. 288).

Nunzio Galantino

Segretario Generale della CEI

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“Noi” e… la

“passione

Vivente”

di nostro signore a cura di Maria Cristina Caracciolo

Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori

e, consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati.

Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza.

Prefazio : “ La passione redentrice del Signore ”

------------------------------------------------

E’ dal lontano 19 aprile 2011 che, nel nostro paese, non viene rappresentata la “Passione Vivente di Nostro Signore”; quest’anno abbiamo potuto assistervi grazie all’impegno di alcuni “avventurosi” e “temerari” volontari che hanno inteso realizzarla nuovamente. E così, quella che era solo un’idea, è stata proposta come opera concreta al parroco, p. Angelo, ed al Consiglio Pastorale Parrocchiale affinchè venisse approvata e diffusa in seno ai Gruppi Parrocchiali chiedendone la partecipazione …….; mettere insieme la “squadra” che ha dato vita alla rappresentazione è stata la cosa più facile di questo mondo perché tutti coloro che vi hanno preso parte lo hanno fatto con entusiasmo …. in primis coloro che provengono dalla vicina parrocchia di Pardesca, e poi coloro che fanno parte delle associazioni (dei pensionati, della pro-loco) ed in ultimo, ma non ultimi, i pochi di noi che frequentano la comunità parrocchiale. Posso affermare, certa della conferma da parte di tutti i partecipanti, che mai come quest’anno i “lavori” per giungere a rappresentare la “Passione” sono stati così disseminati di difficoltà ed irti di ostacoli …. pieni di tentazioni e prove da superare. Abbiamo veramente sperimentato cosa vuol dire il perdono, la comprensione, gli acciacchi, la malattia, il lavoro e la fatica fisica, la stanchezza mentale, le avversità, il beneficio di un sorriso, il calore di un abbraccio, la gioia quando tutto, finalmente, andava bene, la perseveranza in quello che stavamo facendo … credendoci. Abbiamo portato a compimento l’impegno preso e di ciò Ringraziamo Iddio che ci ha voluti immeritati narratori del suo bellissimo messaggio d’amore.

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6 G

esù non è morto, è risorto, è il V

ivente!

ari ALLA SCOPERTA DELLA MISSIONE

A cura di Valentina Bivera

Il Signore a ciascuno di noi fa una specifica "chiamata".

Sono infatti tante nel mondo le diverse vocazioni religiose e non religiose, ma

vi è una vocazione più grande che le racchiude tutte e che accomuna tutti noi

cristiani da farci, ancora di più, sentire fratelli, una cosa sola.

Tale vocazione è la missione, siamo chiamati ad essere missionari e, quindi il

cristiano è missionario, ma in che modo?

Tendiamo a pensare superficialmente che i missionari siano solo quelle

persone ( sacerdoti, suore, consacrati, laici) che vanno in paesi, villaggi, città

lontane per portare il messaggio di Cristo attraverso l'Evangelizzazione

associata alle opere, ma il cerchio è veramente molto più vasto. In particolare la

figura di un santo mi ha fatto riflettere su questo (come anche la figura di Gesù

stesso che teniamo sempre al primo posto).

Il suo esempio mi ha toccato il cuore

facendomi ancora più consapevole di

questa bellissima vocazione a cui tutti

siamo chiamati. San Giuseppe Moscati,

il santo medico (25 luglio 1880-12

aprile 1927, laico- celibe) ha vissuto

tutta la sua vita in stretto rapporto con

Dio.

Dio al centro in ogni cosa che faceva, in

ogni azione, soprattutto nel suo lavoro,

quella di medico che svolgeva con tanta

passione ma soprattutto con amore, con amore verso Dio e verso gli ammalati, i

sofferenti, i poveri i quali erano i suoi clienti preferiti: da loro non accettava

mai compenso; li curava a sue spese (praticando così la povertà) e li aiutava

senza farsene accorgere.

La sua vocazione è stata quella di essere medico ( con una brillante laurea) ma

spesso riusciva a curare gli ammalati già solo attraverso il suo modo di

testimoniare la sua fede in Dio trasmettendo i messaggi della Sua Parola che

poi diventavano azione, come faceva Gesù (Parola- Azione), e guariva le anime

oppresse degli ammalati, dei poveri, degli afflitti.

Non si arrendeva neanche davanti alla morte e, quando un' ammalato si trovava

agli ultimi istanti di vita, egli si assicurava che morisse in pace con Dio, che

l'anima abbandonasse il corpo con la pace in Dio. Medico- Apostolo unì la

scienza profonda ad una fede operosa.

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7

Lasciava che fosse Dio a muovere i tasselli, lui semplicemente si

lasciava trasportare giorno dopo giorno, istante per istante rispondendo

a quello che il Signore gli chiedeva in quel preciso momento, disposto

al sacrificio, anche a quello della rinuncia, dando priorità a ciò che

veramente era importante e necessario. Tutto per amore di Dio e del prossimo, tutto per essere fedele a Dio, fino alla

morte, non solo a parole ma anche e soprattutto attraverso la carità che

esercitava ogni giorno con le sue azioni.

Questa è la vera autenticità del cristiano, un cristiano non di sole parole vuote

ma un cristiano missionario.

Questa è la nostra chiamata!

Il cristiano è chiamato ad essere missionario

nella sua vita, nel suo lavoro, nella sua

famiglia, nella situazioni che incontra, nel suo

posto di combattimento, come dice san

Giuseppe Moscati (in uno dei suoi scritti)

:"Ricordatevi che vivere è missione, è dovere,

è dolore! Ognuno di noi deve avere il suo

posto di combattimento..." e ancora ( sempre

in uno dei suoi scritti) :"Esercitiamoci

quotidianamente nella carità. Dio è carità.

Chi sta nella carità sta in Dio e Dio sta in lui.

Non dimentichiamoci di fare ogni giorno, anzi

in ogni momento, offerta delle nostre azioni a Dio compiendo tutto per

amore".

Concludendo dunque, tutta la vita del cristiano è una chiamata alla missione,

ovvero, a quello che è la Volontà di Dio, un continuo rispondere a ciò che il

Signore chiede nel preciso momento, un vivere mettendo amore in ogni azione

che si compie dalla più piccola a quella che può essere più grande, un dare

priorità a ciò che è veramente importante e necessario con l'essere disposti

anche a sacrificare sè stessi per la sola gioia di vedere che si è compiuto del

bene, come fece san Giuseppe Moscati, scrisse infatti:

"Ama la verità;

mostrati quale sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi.

E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala;

e se il tormento e tu sopportalo.

E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel

sacrificio"

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8 N

on ci sono situazioni che Dio

non possa cam

biare, non c'è peccato che non p

ossa perd

onare se ci apriamo a L

ui

La Bibbia

(Vangelo secondo Marco, XLVIII libro) -seconda parte-

a cura di Tommaso Scordino

Il Vangelo secondo Marco, come abbiamo detto, è il più breve; consta di soli

16 capitoli ed è un testo che si legge con gusto perché, anche se la sua

composizione non è ordinata e l’espressione schematica, è, però, varia e

suggestiva e lo stile è vivace. Pertanto la sua lettura, che raccomandiamo,

oltre ad essere “Parola di Dio”, come la Chiesa insegna, è anche piacevole.

E la conferma sta nella preferenza dei piccoli particolari brillanti che ne

impediscono l’appiattimento e agganciano il lettore: “E subito li chiamò. Ed

essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono

dietro a lui” (1,20); “scoperchiarono il tetto…….” (2,4); “Allora egli disse

ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché

non lo schiacciassero” (3,9). Marco, infatti, non ha l’intenzione di scrivere

una biografia di Gesù, ma vuole, più che altro, richiamare l’interesse del

lettore sul mistero della persona di Cristo; in altri termini la domanda che si

pone in tutto il Vangelo è: chi è quest’uomo? Il perno sul quale ruota tutta la

narrazione “drammatica” è la figura e il ruolo di Gesù. Fin dall’inizio

l’autore annuncia il suo programma e lo scopo del suo Vangelo è quello di

dimostrare che Cristo è il Figlio di Dio: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo,

Figlio di Dio” (1,1). La struttura del libro è la seguente: un’introduzione che

contiene la predicazione di Giovanni Battista, il profeta inviato da Dio come

suo messaggero che ha il compito di preparare la strada del Signore: “Voce

di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi

sentieri” (1,3); il Battesimo e la tentazione nel deserto: “Gesù venne da

Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni…….nel deserto

rimase quaranta giorni, tentato da Satana” (1,9.13)

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Una prima parte che descrive l’attività apostolica e, in particolare, l’inizio del

ministero pubblico e la predicazione di Gesù in Galilea: “Dopo che Giovanni

fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio……”

(1,14), per continuare con la predicazione in Giudea: “Partito di là, venne

nella regione della Giudea……” (10,1), fino agli eventi del mistero pasquale

di morte: ”Ma Gesù, dando un forte grido, spirò” (15,37) e di gloria: “E’

risorto, non è qui.” (16,6). Segue l’elezione dei primi Apostoli per associarli

alla sua missione: “<<Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di

uomini>>. E subito lasciarono le reti e lo seguirono” (1,17-18); i diversi

miracoli: “Venne da lui un lebbroso,…….Ne ebbe compassione, tese la mano,

lo toccò……E subito la lebbra scomparve” (1,40-42); le parabole che le folle

amano tanto: quella del seminatore, quella della lampada che è fatta per

illuminare perché la Parola di Dio si riveli; quella del seme e del granello di

senapa, cioè il rapporto tra il seme e l’albero e come avviene la

trasformazione: “Diceva: <<Così è il regno di Dio: come un uomo che getta

il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e

cresce……>>” (4,26-27). L’utilità delle parabole è grande; esse, per Marco,

sono un linguaggio nascosto, in cui ci si introduce soltanto rendendosi

disponibili e che bisogna sia spiegato dalla Chiesa, alla quale Gesù affida

l’interpretazione e l’autorità: “Senza parabole non parlava loro ma, in

privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa” (4,34). Compie miracoli a

Cafàrnao e dintorni, tra cui la moltiplicazione dei pani: “Prese i cinque pani e

i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li

dava ai suoi discepoli perché li distribuissero” (6,41). Al capitolo IX

troviamo la “Trasfigurazione”, cioè la rivelazione della gloria, di fronte alla

Passione e a tutte le gravi umiliazioni che l’accompagneranno che, tra non

molto, il Signore dovrà patire. La gloria divina di Gesù è rivelata qui ai tre

Discepoli preferiti: Pietro, Giacomo e Giovanni. La voce dalla “nube”, che

svela la natura di Gesù ai tre Discepoli, testimoni privilegiati dell’evento

straordinario, proclama: “<<Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!>>”

(9,7). Una seconda parte che, mentre salivano a Gerusalemme, registra un

nuovo annuncio della sua passione: “Mentre erano sulla strada per salire a

Gerusalemme……coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in

disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli:

<<Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato

ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo

consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo

flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà>>” (10,32-34).

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L’entrata trionfale a Gerusalemme al grido della folla: “<<Osanna! Benedetto

colui che viene nel nome del Signore!......>>” (11,9). La cacciata dei

profanatori del Tempio: “Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che

vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei

cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe……..E insegnava loro

dicendo: <<Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di

preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri>>”

(11,15.17). Il discorso escatologico, cioè il destino finale dell’umanità e la

manifestazione gloriosa di Cristo: “In quei giorni, dopo quella tribolazione, il

sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e

le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte…….” (13,24-25). Nella terza

parte troviamo la passione e gloria di Gesù: “Venuta la sera, egli arrivò con i

Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: <<In verità io

vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà>>” (14,17-18). “E,

mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede

loro, dicendo: <<Prendete, questo è il mio corpo>>. Poi prese un calice e

rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: <<Questo è il mio

sangue dell’alleanza, che è versato per molti……..>>” (14,22-24). Dopo

l’arresto “tutti lo abbandonarono e fuggirono” (14,50), persino Pietro lo

rinnega: “<<Non conosco quest’uomo di cui parlate>>” (14,71). Espletato il

processo farsa che lo condanna a morte, Gesù viene crocifisso assieme a due

ladroni: ”Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua

sinistra” (15,27). All’agonia e alla morte di Gesù segue la sua Risurrezione,

futuro che, come è toccato a Gesù, toccherà anche a tutti noi alla fine del

mondo, allorchè alle anime verranno restituiti i loro corpi: “<<Non abbiate

paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui……>>”

(16,6). La Risurrezione di Gesù e quella dell’uomo sono verità fondamentali

della nostra fede, per la quale, però, la possibilità e la verità della seconda è

strettamente legata alla storicità (realtà) e verità della prima. S. Paolo, infatti, a

tal proposito, ci dice che “se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra

predicazione, vuota anche la vostra fede” (1 Corinzi 15,14). Il libro si chiude

con le apparizioni a Maria Maddalena: “Gesù apparve prima a Maria di

Màgdala” (16,9) e poi agli Apostoli: “Alla fine apparve anche agli

undici…..…” (16,14), con l’Ascensione di Gesù in cielo e la partenza dei

Discepoli che “predicarono dappertutto” (16,20). Abbiamo parlato, la volta

scorsa, del “segreto messianico”, ne facciamo un’ultima riflessione: esso viene

rivelato appieno solo alla fine a chi ha seguito Gesù pazientemente nel suo

cammino; soltanto chi ha visto l’umiliante sua morte, può arrivare a credere in

maniera autentica.

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11

E’ dalla e sulla croce che Gesù si riconosce come Messia e Salvatore nostro.

Anche noi, nei giorni della recente Settimana Santa, con gli occhi della fede,

abbiamo avuto la possibilità di “vederLo” soffrire e morire per salvarci dai

nostri peccati e poi di “vederLo”, anche, nella gloria della sua Risurrezione,

compimento delle promesse di Dio!

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Il Triduo Pasquale?

Il Triduo Pasquale, ricco di riti e celebrazioni, costituisce per i cristiani il cuore della liturgia in quanto memoriale dell'essenza della fede in Gesù Cristo morto e risorto. Con il termine “triduo pasquale” si fa riferimento ai tre giorni precedenti

la Domenica di Pasqua, nei quali si fa memoriale della passione e morte di

Cristo, prima della Risurrezione nel giorno di Pasqua.

Secondo il Rito Cattolico Romano il Triduo ha inizio con i Vespri del

Giovedì Santo e la celebrazione della “Cena del Signore” e si conclude con i

Vespri del giorno di Pasqua.

Le celebrazioni principali sono:

* La Messa vespertina (Cena del Signore) il Giovedì Santo;

* L’Azione liturgica il Venerdì Santo;

* La Veglia Pasquale nella notte del Sabato Santo;

* La Celebrazione della Pasqua nella giornata della Domenica.

Il Giovedì Santo inizia con la Messa del Crisma, celebrazione che si svolge

al mattino e che, soprattutto per i sacerdoti, riveste una importanza

notevole. Infatti, durante questa celebrazione non vengono solo benedetti

gli oli santi, ma vengono anche rinnovate le promesse sacerdotali. Ogni

Vescovo presiede questa celebrazione nella propria cattedrale, cui sono

invitati a partecipare tutti i presbiteri.

Nel pomeriggio del Giovedì Santo, con la Messa vespertina “nella Cena

del Signore”, iniziano ufficialmente i riti del Triduo Pasquale. Durante

questa liturgia si compie il tradizionale rito della “lavanda dei piedi“,

ricordando appunto l’ultima cena di Gesù e, soprattutto, l’istituzione

dell’Eucaristia.

Il Venerdì Santo, giorno in cui si ricorda la crocifissione, morte e

deposizione di Gesù, si svolge una “azione liturgica” e l’adorazione della

Croce.

In questo giorno e nel giorno seguente (Sabato Santo), la Chiesa, per

antichissima tradizione, non celebra l’Eucaristia.

Nelle ore pomeridiane ha luogo la celebrazione della Passione del Signore.

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13

Si commemorano insieme i due aspetti del mistero della croce: la

sofferenza che prepara la gioia di Pasqua, l’umiliazione e la vergogna di

Gesù da cui sorge la sua glorificazione.

Alla sera del Venerdì Santo si celebra tradizionalmente la Via Crucis. Per i

Cattolici il Venerdì Santo è giorno di penitenza, digiuno e astinenza.

Il Sabato Santo è un giorno “a-liturgico“, cioè privo di liturgie. Non si

compie nessuna celebrazione, se non alla sera la grande veglia pasquale,

che S. Agostino definiva “la madre di tutte le Veglie“.

La Chiesa cattolica invita tutti i fedeli a partecipare, se possono, alle

celebrazioni principali del Triduo Pasquale, cioè la Messa vespertina “in

Cena Domini” il Giovedì Santo, l’Azione liturgica in chiesa il Venerdì Santo,

la Veglia Pasquale il Sabato Santo, la Messa della Domenica di Risurrezione,

poichè queste celebrazioni sono il nucleo più profondo della liturgia

della Chiesa, e perciò sono più importanti delle altre devozioni che pure si

accompagnano alla liturgia in questi giorni, come le processioni e le Via

Crucis e le Passioni Viventi.

E’ nei giorni del Triduo che è racchiuso il cuore e l’essenza di tutta la

fede Cristiana. E’ nelle celebrazioni di questi misteri la radice della fede

in Gesù Cristo, che è morto e risorto per la salvezza dell’umanità.

Caratteristica delle celebrazioni del Triduo è che sono organizzate come

un’unica liturgia; infatti la Messa in Coena Domini non termina con l’ite missa est (”la Messa è finita”), bensì in silenzio; l’azione liturgica del

venerdì non comincia con l’usuale saluto e con il Segno della Croce e

termina anch’essa senza saluto, in silenzio; infine la solenne veglia comincia

in silenzio e termina finalmente con il saluto finale. Il Triduo Pasquale

costituisce pertanto un’unica solennità, la più importante di tutto l’Anno

liturgico cattolico; dal Gloria della messa del Giovedì a quello della Veglia le

campane devono stare in liturgico silenzio; anticamente anche gli strumenti

musicali dovevano tacere il Venerdì e il Sabato Santo, fino alla Veglia

Pasquale, per meglio esprimere il senso penitenziale proprio di questi

giorni; per questo molte composizioni di autori antichi per il Venerdì Santo

furono scritte per solo coro. Oggi tuttavia è permesso l’uso degli strumenti

musicali durante le celebrazioni di queste giornate, anche se solo per

sostenere il canto.

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Leggi il vangelo nel testo e nel

fumetto e rifletti

14 G

esù non vi delud

e, affidatevi a lui

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isorto entri nella tua vita, accoglilo come am

ico, con fiducia: L

ui è la vita!".

IL MIRACOLO CHE PIU’ SCUOTE

A cura di Totò Lascala Seconda parte:

LA FILOSOFIA DEI FILOSOFI ANTICHI

SUI CAMBIAMENTI NELLA NATURA:

Una delle prime esperienze dei nostri sensi è che in questo mondo gli esseri

sono in costante cambiamento. Lo stesso Divino maestro ha indicato un

esempio di ciò, affermando con incomparabile bellezza e semplicità:

“Osservate come crescono i gigli del campo” (Mt 6,28). Alcuni fra gli antichi

filosofi, analizzano la natura, conclusero che tutto è sottoposto a perpetua

alterazioni, nulla rimane uguale. Così sintetizzò Eraclito questo punto di vista:

“Per chi scende allo stesso fiume vengono incontro acque sempre nuove”.

Altri, come Parmenide, sostennero la tesi opposta: abbandonando la

testimonianza dei sensi per affermare che i cambiamenti in questo mondo sono

mere apparenze, tutto rimane sempre uguale. Ora, basta aprire gli occhi per

verificare che queste due teorie costituiscono, in realtà, spiegazioni unilaterali

della natura. La soluzione equilibrata è venuta da Aristotele, secondo il quale

in ogni trasformazione qualcosa muta e qualcosa permane. E comprende

quello che muta e quello che permane, dal punti di vista filosofico, ci sarà

indispensabile per considerare la transustanziazione. Analizzando i

cambiamenti negli esseri intorno a noi, possiamo costatare che non sono tutti

uguali. Da un lato, le cose possono cambiare senza smettere di essere quelle

che sono; per esempio, una mele verde matura e continua a essere la stesa

mela. Questo tipo di conversione è accidentata perché la sostanza, quella cosa

che è (una mela) permane uguale; solo gli accidenti o forme accidentali, cioè,

le sue caratteristiche non essenziali (grandezza, colore, colore, sapore,ecc.),

subiscono alterazioni. Dall’altro lato, ci sono mutamente più profondi e

complessi, come quello verificato in un albero distrutto in un incendio. Questo

secondo tipo di conversione è sostanziale, poiché l’albero ha smesso di

esistere. Malgrado ciò, in questo caso per-mane ancora qualcosa. Infatti, non è

vero che mentre l’albero era consumato dal fuoco sono apparsi sumo e cenere?

Pertanto, esiste una continuità, un elemento comune tra la sostanza dell’albero,

quella del fumo e quella della cenere, è un elemento proprio che le distingue

tra loro. L’elemento comune e primo di cui sono costituite tutte le sostanze

materiali – non solo l’albero, le cenere o il fumo – si denomina in filosofia

materia prima. E quello che ognuna ha di essenziale o proprio, che specifica la

materia prima, si chiama forma sostanziale.

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La civiltà del tutto e subito, del

soddisfacimento facile e immediato, non

insegna più ai suoi figli la fatica e la lotta

per superare le difficoltà. Forse anche

perché non ha più grandi ideali da

indicare. L’uomo del racconto, saggio

della vita, ha capito che ci vuole pazienza,

tempo e principalmente ( Amore ). Il vero amore viene da Gesù. Lui ci ama

non solo a parole ma con i fatti, e ci dà anche due prove che danno certezza:

l’incarnazione e la Sua vita sulla croce per noi uomini. Il desiderio più

profondo dell’uomo è di amare e di essere amato.

La principessa

A cura di Modestino Alessi

C'era una volta un re che aveva una figlia di grande bellezza e straordinaria

intelligenza. La principessa soffriva però di una misteriosa malattia. Man mano

che cresceva, si indebolivano le sue braccia e le sue gambe, mentre vista e udito si

affievolivano. Molti medici avevano invano tentato di curarla.

Un giorno arrivò a corte un vecchio, del quale si diceva che conoscesse il

segreto della vita. Tutti i cortigiani si affrettarono a chiedergli di aiutare la

principessa malata. Il vecchio diede alla fanciulla un cestino di vimini, con un

coperchio chiuso, e disse: «Prendilo e abbine cura. Ti guarirà».

Piena di gioia e attesa, la principessa aprì il coperchio, ma quello che vide la

sbalordì dolorosamente. Nel cestino giaceva infatti un bambino, devastato dalla

malattia, ancor più miserabile e sofferente di lei.

La principessa lasciò crescere nel suo cuore la compassione. Nonostante i

dolori prese in braccio il bambino e cominciò a curarlo. Passarono i mesi: la

principessa non aveva occhi che per il bambino. Lo nutriva, lo accarezzava, gli

sorrideva. Lo vegliava di notte, gli parlava teneramente. Anche se tutto questo le

costava una fatica intensa e dolorosa.

Quasi sette anni dopo, accadde qualcosa di incredibile. Un mattino, il bambino

cominciò a sorridere e a camminare. La principessa lo prese in braccio e

cominciò a danzare, ridendo e cantando. Leggera e bellissima come non era più

da gran tempo. Senza accorgersene era guarita anche lei.

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18 “Se un m

embro soffre, tutte le m

embra soffrono” (1

Cor 1

2,2

6)

A cura di Vincenzo Muscolo

Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole.

Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle.

In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro.

La sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli.

Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, formiamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini.

La carità di Dio che rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci

viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini.

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Orari sante Messe

DUOMO

Festivo: ore 10.00 e 17.00 messa

Feriale: ore 8.00 lodi e messa

SANTUARIO

Festivo: ore 08.00 messa

Feriale (escluso il Martedì e

Giovedì): ore 17.00 messa e vespri

SAN FRANCESCO

Martedì: ore 17.00 messa

Giovedì: ore 9.00 messa e inizio

adorazione eucaristica

ore 17.00 adorazione

comunitaria

SANTA MARINA Sabato: ore 17.00 messa prefestiva

I COLORI DELLA PASQUA

Pasqua è gialla come un pulcino,

come il collare di un cagnolino,

è rosa e allegra come un confetto,

come i bei fiori di quel rametto.

Pasqua è celeste come il mare e il cielo,

come la trama di questo velo,

è verde brillante come un bel prato,

come il trenino che ha appena sbuffato.

Pasqua è dipinta di tanti colori:

come i sorrisi dei nostri cuori.

Turni di Pulizia Duomo

02 aprile: Volontari-1

10 aprile: Volontari-2

17 aprile: Coro

24 aprile: A.Cattolica

30 aprile: gr.Liturgico

Turni di ADORAZIONE

EUCARISTICA

(17,00 a S.Francesco)

09 aprile: animatori 16 aprile: azione cat. 23 aprile: - suore 30 aprile: - coro 07 maggio gruppo lit.

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“Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo”

(1 Gv 4,19)

6 APRILE,

PASQUETTA COMUNITARIA

Com’è consuetudine ormai da un paio di

anni, anche quest’anno la nostra comunità

parrocchiale trascorrerà la Pasquetta con le

comunità di Samo e Pardesca; tutti siamo

invitati a partecipare ritrovandoci alle ore

09,30 in Samo, in località Croce di Dio Sia

Lodato , dove verrà celebrata la SS Messa,

al termine della quale seguirà un agape di

fraterna condivisione del pranzo che ognuno

di noi avrà preparato.

19 APRILE, A SAMO

IL RADUNO DIOCESANO DEI CORI

Anche quest’anno il nostro coro parteciperà

al raduno diocesano dei cori che si terrà a

Samo e che vedrà la presenza del Vescovo

Mons. Franco Oliva.

LPASQUETTA DELL’ANZIANO,

DEL MALATO E DELL’INFERMO

Venerdì 24 aprile, presso il Santuario, alle

ore 17,00 verrà celebrata la pasquetta

dell’anziano, dell’ammalato e dell’infermo;

tutti siamo chiamati gioisamente a prendervi

parte.

FESTA DELLA

MADONNA DEL ROSARIO

La novena in onore della Madonna del

Rosario verrà celebrata in Santuario alle ore

17,00; la festa culminerà nelle celebrazioni

religiose del 25 e 26 aprile 2015.

3 MAGGIO

ASSEMBLEA PARROCCHIALE

l’assemblea parrocchiale, cui tutti i

gruppi della nostra parrocchia sono

chiamati a partecipare, avrà inizio alle

ore 12,00 con una preghiera cui seguirà

un agape di fraterna condivisione del

pranzo a sacco che ogni partecipante avrà

cura di portare; i lavori proseguiranno per

tutto il pomeriggio.

E’ obbligatoria la presenza di tutti.

10 MAGGIO, 1^ CONFESSIONE

DEI RAGAZZI DI V ELEMENTARE

I ragazzi di V elementare riceveranno il

sacramento della Riconciliazione

domenica 10 maggio: per prepararsi

spiritualmente a questo importante

avvenimento sabato 9 maggio faranno

un mini ritiro col parroco e le catechiste.

24 MAGGIO,

1^ COMUNIONE E CRESIMA

Con una solenne messa, celebrata in

duomo da sua ecc.za il Vescovo di

Locri-Gerace Mons. Franco Oliva,

verranno somministrati i Sacramenti

della prima Comunione e della Cresima

ai ragazzi frequentanti il VI itinerario

della catechesi; assieme a loro

riceveranno il sacramento della Cresima

anche i giovani-adulti che hanno

frequentato in parrocchia l’apposito

corso di preparazione.

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