Notizie - 27 - Maggio 2011 - Ricordando il Trio Lescano · Sono vietati l’uso e la riproduzione...

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http://www.trio-lescano.it/ Notizie Maggio 2011 Sono vietati l’uso e la riproduzione di testi e immagini presenti in questo documento senza un’esplicita autorizzazione del Curatore. 2 Maggio 2011 Grazie alla gentilezza e disponibilità del M° Gianfranco Iuzzolino (v. le Notizie del 12 Aprile 2011), abbiamo avuto la possibilità di esaminare il manoscritto barzizziano dell’arrangiamento della canzone di Grever-Lawrence Tu-Li-Tulip Time, diventata qui da noi, col testo di Riccardo Morbelli, Tuli-Tuli-Pan (o anche Tulipan) e incisa nel 1939 dal Trio Lescano con l’Orchestra appunto di Pippo Barzizza (disco Parlophon GP 93080a, matrice 154680). Tale manoscritto, inventariato col numero 265, consta di 15 pagine di fogli da musica a 12 righi, così ripartiti: copertina, parte separata per pianoforte conduttore (3 pagine), che serve anche per ricavare le parti di tutta la sezione ritmica, arrangiamento per orchestra (sottocopertina più 10 pagine). Sulla sottocopertina è indicato con chiarezza – e onestà – che l’arrangiamento segue da vicino l’incisione delle Andrews Sisters (qui erroneamente chiamate Andrew Sisters), da loro realizzata nel 1938 con l’Orchestra di Jimmy Dorsey (disco Polydor 61206 - B). Ciò che sorprende maggiormente in questo lavoro, notato – come sempre – da Barzizza con estrema cura e precisione, è la totale assenza delle parti vocali, assegnate (come si legge nella prima pagina) ad un Trio. A tale riguardo il M° Iuzzolino ci ha precisato che questa caratteristica è comune a tutte le partiture di Barzizza relative alle canzoni incise dal o col Trio Lescano. Chiaramente si tratta di una scelta che ha un suo significato, anche se non è agevole stabilire con certezza quale esso sia. A noi pare logico supporre che Barzizza, rinunciando a scrivere in extenso anche le parti per le tre sorelle, intendesse lasciar loro la massima libertà di crearle per proprio conto, prima improvvisandole e poi mettendole perfettamente a punto col loro pianista preparatore, il M° Carlo Prato. E che fossero capacissime di farlo, lo ha testimoniato senza ambiguità il M° Angelini, uomo notoriamente avaro di complimenti, dichiarando che le Lescano, non appena udivano un nuovo motivo, si autoarmonizzavano spontaneamente e in un batter d’occhio (dalla trasmissione di

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http://www.trio-lescano.it/

Notizie

Maggio 2011

Sono vietati l’uso e la riproduzione di testi e immagini presenti in questo documento senza un’esplicita autorizzazione del Curatore.

2 Maggio 2011

◙ Grazie alla gentilezza e disponibilità del M° Gianfranco Iuzzolino (v. le Notizie del 12 Aprile 2011), abbiamo avuto la possibilità di esaminare il manoscritto barzizziano dell’arrangiamento della canzone di Grever-Lawrence Tu-Li-Tulip Time, diventata qui da noi, col testo di Riccardo Morbelli, Tuli-Tuli-Pan (o anche Tulipan) e incisa nel 1939 dal Trio Lescano con l’Orchestra appunto di Pippo Barzizza (disco Parlophon GP 93080a, matrice 154680). Tale manoscritto, inventariato col numero 265, consta di 15 pagine di fogli da musica a 12 righi, così ripartiti: copertina, parte separata per pianoforte conduttore (3 pagine), che serve anche per ricavare le parti di tutta la sezione ritmica, arrangiamento per orchestra (sottocopertina più 10 pagine). Sulla sottocopertina è indicato con chiarezza – e onestà – che l’arrangiamento segue da vicino l’incisione delle Andrews Sisters (qui erroneamente chiamate Andrew Sisters), da loro realizzata nel 1938 con l’Orchestra di Jimmy Dorsey (disco Polydor 61206 - B). Ciò che sorprende maggiormente in questo lavoro, notato – come sempre – da Barzizza con estrema cura e precisione, è la totale assenza delle parti vocali, assegnate (come si legge nella prima pagina) ad un Trio. A tale riguardo il M° Iuzzolino ci ha precisato che questa caratteristica è comune a tutte le partiture di Barzizza relative alle canzoni incise dal o col Trio Lescano. Chiaramente si tratta di una scelta che ha un suo significato, anche se non è agevole stabilire con certezza quale esso sia. A noi pare logico supporre che Barzizza, rinunciando a scrivere in extenso anche le parti per le tre sorelle, intendesse lasciar loro la massima libertà di crearle per proprio conto, prima improvvisandole e poi mettendole perfettamente a punto col loro pianista preparatore, il M° Carlo Prato. E che fossero capacissime di farlo, lo ha testimoniato senza ambiguità il M° Angelini, uomo notoriamente avaro di complimenti, dichiarando che le Lescano, non appena udivano un nuovo motivo, si autoarmonizzavano spontaneamente e in un batter d’occhio (dalla trasmissione di

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Carlo Loffredo dedicata al Trio Lescano, Toh! Chi si risente, dell’8 Aprile 1979). In effetti è facile constatare come le olandesine, pur avendo inciso i loro dischi con parecchie orchestre, ognuna caratterizzata da uno stile e un sound propri, rivelino negli arrangiamenti che stanno dietro le loro parti vocali un’evidente omogeneità stilistica, sostanzialmente invariata nel tempo. Un’ulteriore ragione per ammirarle più di quanto non si sia fatto in passato, quando ci si limitava a considerarle delle brave interpreti e basta. Ora abbiamo invece la quasi certezza che erano anche autrici (o quanto meno coautrici) delle loro superlative interpretazioni.

1) Copertina del manoscritto di Pippo Barzizza con l’arrangiamento di Tuli-Tulip-Time; 2) prima pagina della parte per pianoforte conduttore; 3) prima pagina dell’arrangiamento per orchestra.

◙ Mail di Paolo: «Amici, ho reperito una bella foto di Barzizza con dedica sul retro e l’etichetta di un disco interessante, proveniente dal’Uruguay: FONIT 7316 - A. Si tratta di una Faccetta nera versione Barzizza, di cui non c’è traccia nei cataloghi della DDS. Chissà come il nostro Pippo avrà trattato orchestralmente la canzone propagandistica di Mario Ruccione...».

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Ricordiamo che Faccetta nera, creata nel ’35 per “giustificare” l’aggressione all’Etiopia, fu portata al successo da Carlo Buti, ascoltabile in YouTube. ◙ Mail di Tito: «Sulle Notizie di giovedì 21 Aprile scorso ho visto che è stata pubblicata parte di una foto con Nella Colombo, Aldo Donà e Lina Termini (Milano, anno 1943!) Guardate un po’ cosa c’è scritto sul retro di essa con la matita, frase ancora ben visibile malgrado un tentativo per cancellarla! Che sia stato quel birbone di Aldo Donà a scriverla?!? La voce che dava il maestro Angelini per un dongiovanni incallito sarebbe dunque fondata! Nulla però è cambiato sotto il sole, giacché l’ambiente che ho vissuto in prima persona per anni era proprio così: tutti e tutte si davano da fare alla grande!». La foto in questione, facente parte del Fondo Donà di prossima pubblicazione, si può vedere intera, col M° Angelini che dirige i tre cantanti suddetti, nelle Notizie del 9 Febbraio 2011.

3 Maggio 2011

◙ Il nostro caro e fedele amico Massimo Baldino ci ha dato un’ennesima prova della sua generosità offrendoci altre incisioni rare del suo enorme archivio musicale, in continua crescita. Tra queste c’è anche una canzone incisa dalle Lescano (GP 92491a, matr. 153532) che ci mancava e che anzi non avevamo mai ascoltato prima d’ora: Tante parole care di Zambrelli-Mancini-Spina, inclusa nella colonna sonora del film di Kurt Gerron e Giorgio Ferroni I tre desideri (1937). La copia donataci da Massimo, proveniente da un disco assai usurato, è purtroppo in cattive condizioni, ma il nostro impareggiabile restauratore Walter ha dato fondo alla sua abilità e pazienza (è arrivato ad ‘estirpare’ manualmente, ad uno ad uno, un centinaio di click, che nessun filtro riconosceva...), riuscendo a recuperare il pezzo nei limiti del possibile. Musicalmente la canzone ci sembra di quelle “senza infamia e senza lode”, tuttavia l’incisione si distingue grazie a due brillanti assoli, uno di chitarra e un altro di batteria, ad opera rispettivamente di Aldo Tonini e Francesco Bausi, due delle

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“stelle” dell’Orchestra Cetra diretta da Pippo Barzizza. Siamo lieti di presentare a tutti gli appassionati che ci seguono l’anteprima del primo assolo, con la successiva ripresa delle nostre olandesine, come sempre impeccabili, nonché dell’assolo di batteria.

◙ Mail di Paolo: «Max Menozzi mi segnala questo appunto interessante di tale VonUtz a proposito del tango di Mascheroni-Marf Io conosco un bar, inciso nel 1937 dal Trio Lescano (GP 92146): “Ho l’impressione che questa canzone sia stata censurata. Mia madre la cantava qualche volta e mi pare iniziasse così:

Avevo sedici anni [in realtà quindici! - NdC] e per la prima volta un uomo mi guardò insistentemente...”.

Io gli ho risposto così: “Più che essere censurata direi che si tratta della “strofa”, che spesso nelle canzoni viene omessa, cantando solo il “ritornello”. Nel caso specifico han preso due piccioni con una fava, in quanto il testo della strofa è “scabroso”, secondo i canoni dell’epoca. L’omissione della strofa è particolarmente frequente quando la canzone in origine era stata composta per uno spettacolo o una commedia

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musicale”. Ma abbiamo in archivio il testo originale completo di questa canzone?». Risposta del Curatore: certo che lo possediamo e lo abbiamo anche reso disponibile alla pagina http://www.trio-lescano.it/testi/065.jpg. Segnaliamo che il magnifico tango in questione fu inciso in quegli anni pure da Nada Villefleur, accompagnata dall’Orchestra del M° Giannini. Vi possiamo ascoltare la strofa soppressa nell’incisione realizzata dalle Lescano con l’Orchestra Barzizza. ◙ Mail di Manuel: «Piccolo commento sull’argomento di ieri [l’arrangiamento di Tu-Li-Tulip Time]. Ormai anch’io sono arrivato a pensare che le Lescano si “autoarmonizzassero”: lo proverebbe, a mio parere, anche il numero straordinario di incisioni da loro effettuate nel giro di pochi anni. Se avessero dovuto preparare ogni singola parte autonomamente, per poi riprovare fondendo le proprie voci... ci avrebbero messo almeno 20 anni! Vorrei precisare solo una cosa: in realtà il loro stile rimane sì inconfondibile, ma ha un’apprezzabilissima evoluzione (insomma, non rimane proprio lo stesso): nelle prime incisioni, forse anche per via della voce ancora immatura dell’allora giovanissima Caterinetta, le voci sono quasi sempre acute e sussurrate. A partire più o meno dal ’39, invece, le Lescano cominciano a cantare con voce piena e con un registro più grave. Due perfetti esempi agli antipodi sono proprio le incisioni recentemente offerteci da Renato: Cowboy e Canzone romantica. Ascoltale e... la mia analisi si convalida da sé. Spesso, poi, donando un effetto swingosissimo (mi si conceda il termine), alternano parti un po’ più sussurrate/acute, alla maniera degli esordi, a parti più vivaci e aggressive (ci sono innumerevoli esempi: Se quel sorriso o Quando canta il cucù, giusto per citare due dei miei ultimi ascolti più frequenti)». Risposta del Curatore. Le osservazioni di Manuel sulla vocalità delle Lescano sono acute, pertinenti e del tutto condivisibili. Noi, però, parlando dello stile interpretativo delle tre sorelle, intendevamo riferirci non alle peculiarità timbriche delle loro voci, destinate a cambiare con la maturità ed il mestiere sempre più affinato, bensì al loro modo di “autoarmonizzarsi”, in senso strettamente tecnico-compositivo. È questo che, a parer nostro, muta ben poco passando da un periodo all’altro della loro carriera. Del resto, se è vero che erano improvvisatrici fenomenali, lo erano proprio perché seguivano il loro istinto. E quest’ultimo è come il carattere di una persona: una volta formatosi, è poco incline a cambiare o evolvere. 4 Maggio 2011

◙ Il nostro amico palermitano Francesco Paci, di cui in passato abbiamo più volte parlato in questa sede (v. in particolare le Notizie del 25 Novembre 2010), ci ha gentilmente precisato che il disco originale di Tante parole care è uno di quelli che ha acquisito dalla collezione del nonno paterno. Esso presenta purtroppo all’inizio un taglio abbastanza profondo, che impedisce alla puntina di leggere uno o due solchi, problema sfortunatamente non risolvibile neppure appesantendo adeguatamente il braccio del giradischi. Dal canto suo Roberto Berlini, che da tempo collabora proficuamente con Francesco, ci ha scritto a proposito di questa canzone: «Sabato e domenica, mentre disegnavo,

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non ho ascoltato altro per ore: mi prenderete per un esagitato... ma quell’assolo di batteria mi fa impazzire. Questa incisione ha rafforzato la mia idea che la “filosofia” delle Lescano si possa riassumere in queste due parole: dolce energia, non trovate?». Ringraziamo sentitamente Francesco per le sue precisazioni e anche per la promessa di inviarci altro materiale raro proveniente dalla medesima collezione; quanto alla definizione di Roberto, la troviamo azzeccata. In realtà non è facile essere allo stesso tempo dolci e grintose, ma è il vero talento artistico che consente questo ed altro, e le Lescano, di talento, ne avevano da vendere!

Disegno di Roberto Berlini.

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◙ Mail di Paolo: «Per quanto riguarda il commento di Manuel [con la replica del Curatore], scusate ma dissento in pieno. Il fatto che Barzizza non orchestri la parte del Trio vuol dire che il lavoro veniva fatto da qualcun altro. Non dimentichiamo che Barzizza lavorava con tutti gli artisti Eiar e Cetra, e il lavoro di arrangiare o comporre per orchestra è particolarmente lungo e difficile. Evidentemente c’era un preparatore che armonizzava le parti vocali delle ragazze, conoscendole bene e magari discutendone con loro, ma una traccia armonica e melodica andava comunque seguita. Che poi il preparatore in questione fosse Prato, Ferrari o magari una delle ragazze stesse poco importa. In musica si può improvvisare solamente un assolo, ma quando si va in sala tutto dev’essere accuratamente preparato e scritto, per risparmiar tempo e denaro. Non solo. Teniamo presente che una seconda o terza voce non sono così istintive e orecchiabili come sembra, e possono essere studiate con profitto suonandole prima con un pianoforte». In due mail successive, Paolo aggiunge: «Non è detto che il materiale [gli arrangiamenti delle parti vocali incise dalle Lescano] non sia sepolto negli archivi Eiar o Cetra e quindi perduto, o finito magari in Argentina o chissà dove. Nel documentario Tulip Time Isa Bellini racconta esattamente come si registrassero allora i pezzi: un pianista faceva imparare a ciascuna cantante la parte e poi via in sala. “E loro erano bravissime” – precisa la Bellini a proposito delle Lescano. Del resto potremmo “interrogare” qualche ragazza dei trii moderni per vedere come lavorano in pratica». «No, certo, nessuno mette in dubbio la spontaneità e la verve jazzistica delle olandesine. Che fossero artiste e comunque fossero in grado di autoarmonizzarsi correggendo le parti rigidamente scritte è ammissibile, ma bisogna ammettere che senza una solida base musicale intonare intervalli non sempre di triadi perfette, utilizzando cioè eccedenti e diminuite, presuppone uno studio a monte. Per esempio vi propongo una cosa perfetta, solo che la cantante è... Mina, e lei stessa si è sovarincisa tutte le parti. Ma questo è un altro pianeta. Da notare che il file è tratto da e-mule, dove è intitolato Trio Lescano - C’è un uomo in mezzo al mare: come dire che c’è gente convinta che il Trio cantasse così...». Se è per questo, ce n’è di gente, e tanta, intimamente persuasa che gli asini volino. ◙ Mail di Walter: «Sulla temporale evoluzione stilistico-interpretativa delle Lescano, sollevata da Manuel, vorrei anch’io aggiungere qualcosa. Vero è che i brani riportati come esempio dimostrano che il Trio usava le voci (soprattutto nel volume) in maniera diversa, ma ciò, forse, aveva anche una motivazione tecnico-discografica. In Cow-boy si sussurra anche perché l’accompagnamento è ai minimi termini, mentre nell’altro brano i pieni orchestrali avrebbero sommerso i medesimi sussurri. Parimenti, se le Lescano avessero cantato a voce piena, avrebbero coperto il suono della chitarra. Ricordiamo che all’epoca non esisteva una ripresa sonora multitraccia: oggi possiamo far convivere tranquillamente in una registrazione un’orchestra di 60 elementi con un cantante “sfiatato” senza problemi di bilanciamento. Basta un mixer e un compressore di dinamica. Allora, oltre che “senza rete”, si registrava su una lacca e non c’erano tagli né possibilità di livellare tutti i segnali. Si faceva tutto con 2-3

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microfoni. Le stesse Lescano sono fotografate davanti ad un microfono solo e quindi possiamo immaginarle, cantando, sporgersi e ritrarsi a seconda della parte loro assegnata. Un’ultima considerazione: nei dischi dei primi del Novecento l’accompagnamento era di norma affidato a strumenti a fiato, vere e proprie piccole bande. Non si trattava certo solo di una questione di gusto, ma immaginate il volume di suono che i violinisti avrebbero dovuto produrre davanti al megafono. Per “smuovere” lo stilo sulla matrice serviva un suono decisamente più “importante”, come quello di trombe, tromboni e grancassa! Un esempio ve lo allego ora: ho scovato in un solaio un disco in ottime condizioni, che secondo me risale alla fine degli anni ’20 (in copertina si cita il supporto prodotto con i nuovi mezzi elettrici): anche in questo caso non si era ancora abbandonato l’accompagnamento con i fiati...».

◙ Mail di Virgilio: «Riguardo alla figlia di Lina Termini, ho telefonato al numero reperito attraverso le Pagine Bianche: ma – come Alessandro, che ho sentito, ben sapeva – Elena Guerra, unica figlia della cantante, è morta nel 2005, un anno dopo la madre, senza aver avuto figli. Le notizie me le ha date il vedovo, il signor Polastri: il quale, anch’egli cortesissimo, m’ha detto di conservare ancora tre o quattro foto giovanili della suocera, e che me le farà avere via mail; tutto il resto, purtroppo, è stato letteralmente “cacciato via” dall’artista nel 1998, dopo la morte del marito, a cui ella era legatissima. Lina Termini è morta, in pratica, di depressione, cinque anni dopo la sua scomparsa. Alessandro m’ha svelato un arcano che ignoravo: il marito di Lina Termini, Francesco Guerra, era con Rolando Tomasinelli e Gastone Iacobbi uno dei tre goliardi componenti del Trio Negro nella rivista di Cavur Giovanotti in aula! (1939) alla quale, a quanto pare, prese parte anche la stessa Termini, che lo conobbe nell’occasione». 5 Maggio 2011

◙ Mail di Aldo: «Intervengo anch’io un attimo riguardo a Io conosco un bar. Come in altri brani (non molti in realtà, vedi soprattutto il famoso Valzer della fisarmonica,

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inciso mesi dopo) le Lescano cantano qui solo il ritornello di un motivo (si potrebbe “valutare”... un quarto di canzone), lasciando spazio all’esecuzione orchestrale (non voglio chiedermi qui il perché). Per Io conosco un bar non si trattava comunque di una “censura”: bisogna riconoscere che a quei tempi, sotto certi aspetti, come nei testi delle canzoni, si manifestavano assai meno pruderies dando più spazio a una concreta, divertente “spontaneità” (cosa che, mi pare, non accada oggi, dove tutto deve essere correttamente “calibrato”). Nelle canzoni, era comunque più facile parlare di problematiche femminili che di maschili: la donna mercenaria, o quella fredda, è descritta in decine di motivi tra gli anni Venti e Trenta. Poche altre volte si parla di défaillances dell’uomo (“con la tua incapacità, frutto dell’emozion” – bel tratto psicologico! – in Non mi toccar così, schifosino, del comico-grottesco Paolo Bernard, 1930, Columbia CQ 474) o di “diversità” (il gay incontrato per strada “con quei capelli d’or / Quell’aria di languor” in Si chiama Teresina, Marf-Mascheroni, 1934, ben cantato da Crivel e ben recitato da Renzo Mori, Columbia DQ 814). Insomma, canzoni in libertà... che la gente, forse inconsapevolmente e (a dirla alla settentrionale) senza tante menate, cantava con piacere. Vi accludo l’anteprima della seconda strofa del brano in questione, e l’etichetta del relativo disco Parlophon, nell’interpretazione di Germana Romeo.

◙ Mail di Paolo: «Walter dice cose sacrosante. In effetti, e si veda la pagina dedicata agli Stili Vocali, il bilanciamento delle voci delle ragazze spesso lascia a desiderare, in quanto, proprio per la posizione assunta davanti al microfono, Giuditta emergeva più del dovuto, e Tante parole care non fa eccezione. Gli studi di registrazione di quei tempi erano ben miseri, e la grande abilità dei musicisti era quella di creare delle dinamiche musicali perfette, dato che i volumi non potevano essere troppo corretti in sede d’incisione. Ecco quindi l’uso di sordine, schermi o addirittura megafoni per cercare di bilanciare i suoni. È un problema grosso per le orchestre dell’epoca! Nelle incisioni fino agli anni ’40, anche in America, è difficilissimo ascoltare la chitarra, che comincia a evidenziarsi quando appaiono le prime semiacustiche (ovvero leggermente amplificate), verso il 1941. Nelle immagini e filmati di quel periodo i chitarristi stessi suonano con lo

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strumento quasi orizzontale, al fine di ascoltarsi meglio! In questo filmato http://www.youtube.com/watch?v=UjMDjVtRnVs il chitarrista Al Avola ne dà un bell’esempio, ed i trombonisti suonano “in hat”, ovvero schermando il suono dietro apposite sordine a forma di cappello. Anche le case di strumenti musicali si danno da fare. La Selmer, casa francese produttrice di saxofoni e altri strumenti, lanciò alla fine degli anni ’20 un modello di sax chiamato “Radio Improved”, proprio perché si dice avesse una maggior proiezione di suono atta a farlo meglio udire nelle trasmissioni radio (ma in realtà pare fosse una brillante idea pubblicitaria). Per il resto, il nostro ultimo disco, NP Big Band is back, ha richiesto 8 ore di incisione e 75 di editing in studio. Invece Barzizza ed il Trio incidevano praticamente a “buona la prima”: mi sento tanto piccolo... Nella foto allegata, si noti la disposizione dei musicisti in studio, e l’incredibile megafono dei violini!».

6 Maggio 2011

◙ I lettori più attenti ricorderanno che nel corso della nostra missione a Roma, alla fine del Gennaio scorso, abbiamo avuto il piacere di essere ricevuti nella sua bella casa dal dr. Enrico Morbelli, figlio del grande Riccardo Morbelli, che fu tra i primi a comprendere il talento canoro fuori dal comune delle sorelle Leschan (le future Lescano), che gli erano state segnalate dal M° Prato, suo buon amico e collega all’Eiar di Torino. Di lì prese inizio la vicenda fiabesca delle tre olandesine, destinata però a concludersi nel modo alquanto triste che sappiamo. Il dr. Morbelli, persona di rara cortesia, ci fornì in quell’occasione del prezioso materiale su suo padre [v.

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http://www.trio-lescano.it/archivio_documenti/morbelli.pdf], con la promessa di inviarcene dell’altro non appena avesse avuto modo di dedicare un po’ di tempo al consistente archivio di famiglia, conservato in luoghi diversi. In effetti il nostro Manuel è stato da lui accompagnato in seguito a visitare una parte di tale archivio, visita che gli ha permesso di fotografare un cospicuo numero di documenti (v. le Notizie del 29 Marzo 2011). Ora il dr. Morbelli ha spedito al nostro collaboratore genovese Virgilio Zanolla una mail, assai dettagliata, per illustrare un’altra serie di documenti da lui allegati, fra i quali spicca una bellissima foto pubblicitaria delle Lescano con dedica a Riccardo Morbelli, del tutto nuova per noi: un’acquisizione che costituisce il degno pendant al capolavoro di Enea Mangini che abbiamo presentato in questa stessa rubrica in data 10 Aprile 2011. La mostreremo presto, intanto invitiamo i nostri lettori a visionare il resto del materiale ricevuto, sistemato in un pdf apribile dalla pagina Oggi parliamo di...

Il dr. Enrico Morbelli.

A nome di tutti gli appassionati rivolgiamo al dr. Morbelli il più sentito ringraziamento per la sua apprezzatissima collaborazione. 7 Maggio 2011

◙ Nella seconda sezione della Fototeca, abbiamo inserito una decina di nuovi pdf con le foto che possediamo in archivio dei cantanti che hanno collaborato col trio Lescano, incidendo assieme a loro uno o più dischi. Contiamo di completare almeno questa parte della Fototeca prima delle vacanze estive. ◙ Ci scrive un lettore sinceramente dispiaciuto perché, nelle Notizie del 2 Maggio scorso, «abbiamo dato credito alla frase, volgare e offensiva, che si legge sul retro di una foto in cui compaiono il M° Angelini, alla testa della sua orchestra, più i cantanti Nella Colombo, Aldo Donà e Lina Termini». Assicuriamo al cortese lettore che, nel pubblicare questo documento, sulla cui autenticità non sussistono dubbi di sorta, non abbiamo inteso in alcun modo prendere posizione circa la veridicità della frase incriminata: abbiamo solo svolto il nostro compito di imparziali divulgatori di notizie, belle o brutte che siano, purché provenienti da fonti storicamente ben documentate. Ognuno poi è liberissimo di “interpretarle” secondo il proprio metro di

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giudizio e le proprie convinzioni. Noi, ad esempio, siamo propensi a credere che l’autore della frase – dato e non concesso che sia proprio lo stesso Donà – intendesse parlare in generale, e non già mettere in dubbio l’onorabilità delle colleghe Nella e Lina, alle quali era legato da sentimenti di affetto e ammirazione, da esse pienamente ricambiati. Resta comunque il fatto che, a detta di numerosi testimoni oculari degni di fede, nel decennio che va dalla morte della prima moglie (tarda estate del ’42) fino all’incontro con Mimma Sanvito, la giovane donna che avrebbe sposato in seconde nozze nel 1973, il M° Angelini condusse una vita all’insegna della sregolatezza nei tre classici campi di Bacco, Tabacco (lato sensu) e Venere. Relativamente a quest’ultimo, a parte la sua ben nota e prolungata liaison con Nilla Pizzi agli inizi della sua carriera, non si contano le conquiste femminili che gli vengono attribuite, a torto o a ragione: la frase di cui sopra, dunque, è tutt’altro che campata in aria.

Le tre donne più importanti nella vita del M° Angelini. Nell’ordine: la prima moglie Clara, Nilla Pizzi e Mimma Sanvito, sua seconda moglie.

8 Maggio 2011

◙ Ecco dunque la foto cui abbiamo accennato nelle Notizie del 6 Maggio scorso. Realizzata in color seppia, essa è di notevoli dimensioni e reca in basso una dedica delle Sorelle Lescano al “Signor Morbelli”, datata 27 Giugno 1938-XVI. Non c’è dubbio, però, che risalga ad un’epoca anteriore, dato che, a giudicare dai tratti ancora acerbi del volto di Caterinetta, pare essere stata eseguita nello stesso periodo della foto di Enea Mangini da noi recentemente acquisita (v. le Notizie del 10 Aprile 2011), e dunque databile agli inizi del ’36 o giù di lì. La foto è firmata in basso a sinistra, ma sfortunatamente il nome del fotografo non è chiaramente leggibile: Virgilio, che ha esaminato la foto per primo, ipotizza che si tratti di Ungaria o Musaria, nomi che per

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ora non ci dicono nulla. Le prime tre lettere della firma sembrano appartenere alla parola [F]oto, troncata nella composizione della cartolina, così come la scritta sottostante, che risulta del tutto indecifrabile. In basso a destra è visibile un altro nome, anch’esso però di problematica lettura. Viste frontalmente e in primissimo piano, le tre sorelle mostrano in questa foto la grande somiglianza tra Sandra e Giuditta, che hanno gli occhi scuri e i tratti somatici, decisamente imbelliti, del volto della madre, e la sostanziale diversità della fisionomia di Caterinetta, con i suoi occhi chiari e il viso tondeggiante del padre. Spiccano inoltre (a bella posta?) gli anelli che due delle sorelle portano al dito:

Sandra ne ha uno, sulla mano destra, con 3 brillantini, mentre quello di Caterinetta, sulla mano sinistra, è più modesto, con una sola piccola pietra preziosa. Chissà se questi gioiellini (siano essi veri o di bigiotteria) avranno avuto un significato particolare... Nell’insieme, comunque, questa foto ci restituisce l’immagine di tre jeunes filles en fleurs, dai volti puliti, aggraziati e dallo sguardo limpido e sognante. Volendo accostare ad essa un equivalente sonoro, ci viene spontaneo scegliere il dolce e romantico slow fox di Fucilli-Bracchi Sei troppo piccola (GP 92924b, matr. 154267), anche se inciso dalle Lescano, con voci più celestiali che mai, qualche anno dopo la realizzazione della foto.

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La foto pubblicitaria delle Sorelle Lescano offertaci dal dr. Enrico Morbelli, con alcuni particolari; al centro le scritte presenti in basso, a sinistra e a destra dell’immagine.

◙ Ieri pomeriggio Simone, il figlio minore del Curatore del sito, si è recato dal nostro collaboratore Tito Zaggia, per prendere momentaneamente in consegna, al fine di scansionarle a regola d’arte, le molte foto che egli ha ricevuto in dono dai familiari del cantante Aldo Donà, che è ancora in vita (ha superato i novant’anni!), ma risiede da più di mezzo secolo in Venezuela, a Caracas. Daremo la precedenza a tale lavoro di digitalizzazione, in modo da poter pubblicare presto, nella nostra Fototeca, anche questo importante fondo. In serata Tito ci ha scritto una bellissima mail, intitolata Differenza d’età: 50 anni - passione: la stessa!, per raccontarci i particolari di questo incontro, quanto mai piacevole per entrambi. Tito e Simone, infatti, sono accomunati da un amore sconfinato per la buona musica: il primo, come già sappiamo (v. in particolare la Mailing list n. 3, del 17 Novembre 2010), ha fatto in giro per il mondo, assieme alla moglie Marisa, il musicista di professione per svariati decenni;

Tito e Marisa nel 1964, quando lavoravano come musicisti nel Casinò di Baden Baden.

il secondo si avvia a diventarlo come batterista jazz, pur avendo in tasca un’ottima laurea in informatica, conseguita in una delle più prestigiose Università italiane. Una gradevole sorpresa è stata per Simone scoprire che Marisa, quando lavorava col suo Tito, non si limitava a cantare (aveva una bellissima voce, alla Jula De Palma), ma suonava la batteria, e in modo eccellente! Ecco una foto-ricordo di questo simpatico incontro generazionale:

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9 Maggio 2011

◙ Mail di Manuel, intitolata Un po’ di sinestesia, a commento della foto pubblicata ieri: «A mio parere questa foto è particolarmente apprezzabile perché, anche se non sembra, è molto spontanea, e per questo assolutamente rivelatrice di quelle che dovevano essere le Lescano ai loro esordi: tre ragazze sicure di se stesse (soprattutto Caterinetta, a dispetto della sua giovanissima età), ma semplici, modeste e aggraziate. La posa sembra rigida, ma solo perché non troppo costruita: è “funzionale”, diciamo. Il fatto che Giuditta sia seduta dipende, molto semplicemente, dal fatto che era la più bassa delle tre, non di certo per motivi... scenografici! La canzone che il Curatore ha associato ad essa mi sembra perfetta! Per amor di sinestesia, vi confido una cosa: io, a questa foto, ricollego – credo per motivi baudelairiani – il profumo del sapone di Marsiglia. Profumo fresco, delicato... pulito. Non ho dubbi (e Isa Barzizza me lo ha confermato): le Lescano sicuramente emanavano un buon odore, così come profuma ancora oggi la loro voce. Di sapone di Marsiglia agli esordi, di lavanda nel pieno della loro carriera. Un abbraccio a tutti... al pistacchio». ◙ Mail di Francesca, fotografa di talento (v. le Notizie del 10 Aprile 2011, verso la fine): «Ho osservato attentamente la foto e devo dire che è molto ben conservata. I

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toni caldi del seppia rendono la nuova immagine molto più armoniosa e suggestiva rispetto alla precedente di Enea Mangini. Per quanto riguarda la composizione, questo nuovo ritratto è equilibrato e quindi meno spontaneo rispetto all’altro, dove le tre sorelle sembravano più disinvolte e libere di posare. Inoltre, si può notare come mentre i due soggetti in alto sorridono o comunque accennano a un sorriso in entrambe le immagini, la terza sorella ha lo sguardo da sognatrice. Direi che quest’ultima foto sia precedente all’anteriore, si evince dai lineamenti ancora adolescenziali della più giovane». ◙ Mail di Paolo: «Mi complimento ancora per la bella e tenerissima foto dello studio sconosciuto. Ho passato qualche tempo alla ricerca di questo “Musaria” o quel che accidenti è, consultando vari archivi e seminando qualche messaggio. Pare che ciò sia questo Piero Becchetti, che è un conosciuto autore di storia della fotografia, in particolare a Roma. Non riesco però a trovare un recapito. Interessante sembra essere l’Archivio Fotografico Comunale, a Roma, ma consultarlo è piuttosto farraginoso. Se scopro qualcosa, avviserò subito il Curatore». Il nostro Manuel, che vive a Roma, è invitato a fare qualche verifica in loco... ◙ Sabato scorso avevamo rivolto al nostro amico di vecchia data, il finissimo saggista Claudio Dell’Orso, l’invito a manifestare liberamente la sua opinione di connaisseur sulla foto promozionale delle Lescano pubblicata ieri. La nostra mail si concludeva così: «Essa [la foto in oggetto] le mostra giovanissime, di fronte e in primo piano, per cui è possibile scandagliare tutte le peculiarità dei loro volti dall’aria ancora verginale. Tu che di Lolite e di Giustine sei il massimo esperto che io conosca, ti esorto a dire le tue impressioni su questa icona, acciocché abbiamo un’ulteriore autorevolissima expertise su cui riflettere e, sperabilmente, far riflettere i recalcitranti [sul tipo di chi trova le olandesine “piuttosto bruttine” (G. B. Lingua), ovvero “graciline e smunte” (G. Borgna)]. Soprattutto urge sapere a quale delle tre, se tu fossi nei panni di Paride, assegneresti la coccarda del glamour». La risposta di Claudio non si è fatta attendere e ha per titolo: Le Jugement de Pâris: «Quale arduo ma stimolante (non nel senso da Dolce Euchessina) compito mi dai, carissimo amico. Sicuro come sono che, da novello Paride, come mi spingi ad agire, un “diavoletto” interno – sempre di angelo, anche se caduto, trattasi – bellamente o beffardamente mi spinge. Sgomberiamo l’arduo ed opinabilissimo campo d’una cosa che tutti conoscono: mai giudicare col senno d’adesso pose voluttuose, occhiate di fuoco e figurette procaci d’antan! Dopo questa banalità, vorrei ricordare agli incliti lettori-utenti dello smagliante (sì, lo ripeto: smagliante) sito tre figure di dive cinematografiche dell’anteguerra: la soave e bellissima Alida Valli (fanciulla con la quale tutti si sarebbero allora fidanzati), la seducente Clara Calamai (tipo amabile di rovina-famiglie: è suo il primo seno nudo sull’italico schermo nazionale ne La Cena delle Beffe, del ferrigno 1941!) e infine la voluttuosa Doris Duranti, sorta di “casalinga” femme fatale, sospirosa annunciatrice di proibite (da chi? solo dalla morale...) carnali voluttà.

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Tre affascinanti dive del cinema a confronto: Alida Valli, Clara Calamai e Doris Duranti..

Davanti a questi simboli di passione che andavano per la maggiore, la fredda carineria spicciola delle tre Sorelle Lescano ovviamente impallidisce, si smorza, quasi evapora. I languidi sguardi di brave e giovanissime campagnole inurbate (giudico soltanto l’aspetto fisico, absit iniura verbis), le boccucce di rosa dove posare soavi bacetti sfioranti il “fraterno”, come appaiono nella foto promozionale, danno piccoli palpiti, forse la voglia di tenerle per mano, fare loro un’innocente carezza, magari coltivarci un segreto pensierino... Ma “quasi” nulla più. Forse era l’aria da caste dive che spaventava i maschietti rampanti, convinti di sentirsi rispondere con un oltraggiato “no!” a certe gagliarde richieste. Semmai è giustamente la seconda, la piccolina, a stimolare vieppiù le fantasie sensuali. Ancorché, scusate il quasi-contrasto, di pacato congiungimento. Dicevano i playboy del tempo andato (i tombeurs de femmes, insomma), che se ne intendevano: Donna nana, tutta tana (e sappiamo benissimo a cosa alludesse quel comodo rifugio), evocando giustamente certe acrobazie amatorie che con le spilungone risultavano non certo impossibili, ma assai più impegnative. Forse perché – mi sorge il sospetto – l’italico maschio d’allora era piuttosto brevilineo, e cercava dunque una partner alla sua “altezza”? Sfruculiando i miei ricordi giovanili, (ah, si jeunesse savait et si vieillesse pouvait!) devo ammettere che le piccoline risultavano più effervescenti, meno riottose e dotate di piccante caratterino, confrontate con le stangone, le “alte di cavallotto”, per intenderci. Alla fanciullina Giuditta, che forse era tutta pepe (urge conferma), darei perciò il palmarès del glamour, andante però sul patetico per via dell’impalpabile tristezza che, a mio avviso, traspare dalla sua faccia. Accomunandosi alle altre sorelle, d’aspetto più algido. Dopo aver chiuso comunque occhi e sensi sulle dive di allora, monumenti di desiderio, respiri di voluttà e ... scusate la retorica, eleganti nella sfacciataggine “morbosetta”.

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A loro confronto, le maggiorate del dopoguerra, Silvana Pampanini - Gina Lollobrigida (lo sapete, suppongo, che les lollos vengono ancora chiamate, in terra di Francia, le poppe abbondanti) - Sophia Loren, apparivano delle bonazze sguaiate, che volevano darsi un tono: quello che, inequivocabilmente, possedevano le sorelle Lescano. Un tono di buongusto, forse “offerta” sessuale in bilico fra modestia, ritrosia e aggancio subliminale. Il vostro (in senso di profonda amitié letteraria e “speculativa”) Claudio. P.S. – Imbarazzante e provocatoria proposta rivolta ai lettori più smaliziati: a quando un sex contest sul Duo Fasano?».

Il duo Fasano all’apice della carriera, agli inizi degli anni Cinquanta. 10 Maggio 2011

◙ Mail di Tito: «Sono rimasto non poco sorpreso dopo aver letto le Notizie del 7 Maggio sul Maestro Angelini: quel signore non sa cosa sia il mondo dello spettacolo! La continua “caccia” alla gonnella da parte degli orchestrali e soprattutto dei capi-orchestra è quasi un bisogno fisiologico. Non si tratta mai di amore, ma di semplice Liebelei: le mogli dei musicisti sono quasi sempre a casa, lontano, e le ballerine e “artiste” sono spesso di manica larga… Grazie a Dio, io mi sono salvato, perché mia moglie Marisa era sempre presente, perfino i miei colleghi stavano “buoni” per paura che essa parlasse poi con le loro mogli! In quanto al Maestro Angelini, tutti sapevano delle sue qualità di Schurzenjäger: indubbiamente aveva carisma e fascino, me lo ha raccontato un suo musicista, Amedeo Berganton da Torino (sax e violino), nonché il batterista Nando Stecconi. Quando una signora entrava in sala durante le serate – dicevano – posava sempre gli occhi sul Maestro, suscitando l’invidia di tutti gli orchestrali, che alla fine si ritenevano brutti e gobbi!». ◙ Mail di Virgilio: «Riguardo ai commenti sulla foto [quella pubblicata domenica scorsa], il più bello mi è parso proprio quello di Manuel: anche a me questa foto delle Lescano odora di sapone di Marsiglia, e di lavanda: insomma di quei profumi con cui un tempo – più che oggi, ahimè – si soleva profumare la biancheria. Cosa volete, mi ricorda le mele che, in campagna, venivano riposte nei cassetti dei canterani,

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perché un po’ del loro aroma restasse negli indumenti; oggi nessuno lo fa più, e questo significa anzitutto una cosa: che, evidentemente, le mele che noi mangiamo non sono altrettanto genuine e profumate. Circa l’intervento di Claudio, sono d’accordo nel paragone con le tre attrici, e capisco perfettamente la motivazione della scelta sui tre nomi; personalmente, però, avrei sostituito la Duranti (che, d’accordo, non era mica da buttar via: in Carmela, ad esempio, fu molto suggestiva... Ma bella, quello no di certo, anche se in un film interpretò la parte della contessa di Castiglione) con la fresca e pruriginosa Maria Denis, al cui trucco e al cui sorriso sembra ispirarsi il look di Giuditta».

María Denis (nome d’arte di María Ester Beomonte; Buenos Aires, 1916 - Roma, 2004).

◙ Giorni fa ci ha scritto da Stouffville (Ontario, Canada) il sig. Iginio Cogo, chiedendoci cortesemente se potevamo procurargli il testo della canzone di Vallini-Tettoni Nebbia, incisa nel ’41 da Caterinetta Lescano con l’Orchestra Barzizza (DC 4033b, mat. 51005). Gli abbiamo risposto dicendogli che tale testo era in rete all’indirizzo http://www.trio-lescano.it/testi/089.jpg e lo poteva stampare o scaricare senza problemi. Approfittando dell’occasione, gli abbiamo chiesto se se la sentiva di redigere per noi un articoletto sull’attuale diffusione in Nord America delle canzoni del Trio Lescano. Ecco la risposta del nostro nuovo amico: «Egregio Curatore, La ringrazio sinceramente per avermi fornito le parole di Nebbia. Purtroppo però nella versione della canzone che ho trovato e “scaricato” da YouTube, dopo l’introduzione di Tilli al sassofono, struggente e malinconica come la musica della canzone, seguita da un fraseggio al pianoforte e clarinetto, Caterinetta comincia con il ritornello. È stata cioè saltata l’introduzione. Ma va bene così. Non potevo avere una canzone così bella ed ancora “moderna” nella mia collezione senza le parole del testo. Grazie ancora. Quanto a informarla sulla diffusione delle canzoni del Trio Lescano in Nord America, le farò avere qualche notizia fra breve.

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Per quanto mi riguarda, sono nato nel 1942, sono ora in pensione e sto riordinando i miei ricordi, anche di gioventù. Così ho voluto registrare canzoni Italiane dei miei primi anni, fino all’adolescenza ed oltre; e, ricordandomi dei nomi del Duo Fasano, Trio Lescano, Quartetto Cetra e Quintetto Stars..., ho fatto delle ricerche in Internet su canzoni di questi artisti e sono così arrivato al vostro sito. Ho quindi confezionato un mio CD di Canzoni in bianco e nero ed a colori che non volevo perdere, ed alcune che conoscevo poco. In esso ho incluso canzoni dal 1937 al 1980, cominciando da Emilio Livi ed il Trio Lescano in Non dimenticar le mie parole, passando poi a Fedora Mingarelli in Un’ora sola ti vorrei, il Duo Fasano in Lola, il Trio Lescano in Camminando sotto la pioggia, Caterinetta Lescano in Nebbia... e via via le altre (20 in totale). Invierò questo mio CD a parenti ed amici In Italia, di età tra i 60 e gli 80 anni, perché si ricordino della nostra eredità di musica popolare che tanto ha influenzato le canzoni degli anni ’60 ed oltre. In un altro CD, compilato da me ed intitolato 75 anni di Armonia Chiusa, ho inoltre inserito La gelosia non è più di moda e Tuli Tuli Tulipan del Trio Lescano... Ma, come può capire, il mio interesse per il Trio è nato da una mia recente incursione nel “viale dei ricordi”. Comunque, mi farò presto vivo nuovamente. Distinti saluti». 11 Maggio 2011

◙ Ci scrive un nuovo simpatizzante, che si firma semplicemente Paolo, senza specificare il cognome (il nomeutente del suo indirizzo di p.e. è “cloppj”): «Buongiorno, e complimenti per il sito. Guardando il programma televisivo Cosmo su Rai3, avente per argomento la storia della televisione, ho intravisto per qualche secondo una fotografia delle Lescano inquadrate da una telecamera, evidentemente nel settembre del 1939, come appare anche nella sezione del vostro sito Partecipazione a Film, Riviste di Varietà e Radiovisione, che le mostra con gli stessi abiti della fotografia. Non vedendo nella sezione questa foto, vi mando in allegato con la mail il fotogramma che ho ricavato dal video, che si trova alla pagina: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-a293db4c-6fed-4196-83fa-4594252bb905.html.

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Se conoscete già la foto e non l'avete inserita nella sezione per altri motivi, vi prego di scusarmi per il tempo perso!». Non la conoscevamo e perciò ringraziamo Paolo per la sua gentile segnalazione, che è stata molto utile. Lo abbiamo cordialmente invitato a continuare la sua collaborazione con noi. ◙ Mail di Walter: «Non ho dimenticato la predilezione del nostro Curatore per Emilio Livi. Navigando su “Radioscrigno” della RAI ho trovato la versone italiana di Blue Moon, cantata proprio da lui. Nella speranza che questo brano non sia già presente nell’Archivio sonoro del sito, lo mando volentieri. Il titolo italiano è Luna malinconica». Questa incisione in effetti ci giunge nuova e siamo grati all’amico Walter che ci ha permesso di gustarla: Livi è qui, come al solito, impareggiabile per eleganza ed espressività del fraseggio, perfetta dizione e voce cristallina. Lo dimostra l’anteprima che offriamo ai nostri lettori.

Mandolino originale di Blue Moon, la famosa canzone scritta nel 1934 da Richard Rodgers e Lorenz Hart.

12 Maggio 2011

◙ Informiamo i nostri lettori che è quasi completata la sezione della Fototeca dedicata ai Cantanti che hanno collaborato col Trio Lescano: mancano ora solo gli album fotografici di quattro di loro, che non tarderanno ad essere pronti e pubblicati a beneficio di tutti. Tra i nuovi pdf appena messi in rete riveste una particolare rilevanza quello dedicato a Norma Bruni, per il numero considerevole di foto – poco meno di 50! – che siamo riusciti a raccogliere (grazie soprattutto a Manuel), restaurato e sistemato in esso in bell’ordine: è probabile che più d’una risulti nuova per la maggior parte degli ammiratori di questa grande artista. Siccome il nostro lavoro intende essere, in ogni suo aspetto, un work in progress, invitiamo quanti possiedono foto significative che mancano in uno qualunque di tali album ad inviarcele nel formato jpg: le aggiungeremo subito, precisando il nome del

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donatore. L’importante è che tali foto siano nitide e misurino almeno 700 pixel di altezza, se verticali, oppure 500, se orizzontali. Per contro, dati i nostri scopi, non serve inviarci foto eccessivamente pesanti, diciamo superiori a 1,5 Mb ciascuna. Ringraziamo fin d’ora quanti vorranno accogliere il nostro invito a collaborare a quest’opera di salvataggio della memoria. ◙ Mail di Paolo: «A proposito di Blue moon, ecco il mandolino italiano.

Vorrei spendere due parole sul pianista raffigurato. Ted Fio Rito (sic), nato a Newark, NJ, il 20 Dicembre 1900 (vero nome: Teodorico Salvatore Fiorito), figlio di sarti italiani immigrati, fu compositore, pianista, organista Hammond e direttore d’orchestra, soprattutto radiofonico, negli anni ’20, ’30 e ’40. Conobbe un discreto successo e fece qualche apparizione cinematografica. Condusse orchestre e piccoli gruppi fino alla sua morte, avvenuta il 22 Luglio 1971. Lo si veda in questa gustosa clip dell’epoca: umoristica, ma piena di swing: http://www.youtube.com/watch?v=88FUude8fDE.

L’Orchestra di Ted Fio Rito.

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Ted Fio Rito.

13 Maggio 2011

◙ Nel 1942 Caterinetta Lescano, accompagnata dall’Orchestra Barzizza, incise la bella – seppur così malinconica! – canzone di Lenti-Boschi Strada deserta (DC 4221b, matr. 51676).

In quello stesso periodo, non sappiamo se prima o dopo (ancora non possediamo i relativi dati discografici), il medesimo brano fu inciso anche da Norma Bruni, che ne diede un’interpretazione del tutto differente: molto più intensa e sofferta, quasi che le accorate parole del testo la toccassero da vicino. Fin qui nulla di sorprendente, tenuto conto della personalità, certamente assai diversa, delle due cantanti. Le perplessità sorgono invece quando si procede ad un attento confronto tra le due incisioni: appare infatti subito evidente, specie se si considera l’introduzione orchestrale di entrambe, che esse utilizzano arrangiamenti i quali, se non sono identici, poco ci manca. E questo è un fatto indubbiamente strano, anche ipotizzando che ad accompagnare la Bruni sia sempre l’Orchestra Barzizza: possibile che il grande Pippo non abbia fatto nulla per differenziare un po’ le due versioni? Con la sua bravura ed esperienza, ci avrebbe messo poco! Alessandro, inoltre, ritiene che la faccenda sia ancora più intrigante proprio perché sono due cantanti donne ad

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interpretare il medesimo brano. Di solito, due canzoni uguali avevano almeno la caratteristica di essere interpretate una da un uomo, l’altra da una donna. C’è qualcuno fra i nostri lettori che è in grado di chiarire la questione? ◙ Mail di Giancarlo: «L’album della Bruni mi è piaciuto, eccome! Sto dando ora gli ultimi ritocchi ad una piccola ricostruzione, per il sito di Manuel, dell’incontro Rabagliati-Lecuona Cuban Boys nel 1935, a Venezia. Durante il lavoro di ricerca, è balzato più che mai evidente quale centro di mondanità internazionale fosse il Lido tra le due guerre. E quanta musica e di che qualità, di riflesso, vi si facesse, ad uso dei frequentatori dei tanti e raffinati alberghi. Io, al Lido di Venezia, ci ho passato, bambino, la prima estate nel 1947 – devo controllare. E poi tutte le successive, fino al 1964. Fan quindi parte della mia infanzia le immagini dei vari Excelsior, Des Bains (“Grand Hotel des Bains de Mer”, come si leggeva sulla facciata), Hungaria, Villa Eva... che adesso ritrovo nel libro di Mazzoletti o nelle cronache dei giornali dell’epoca, perché dotate di orchestre proprie ad animare il thè pomeridiano e le serate. Ancora aperti Excelsior e Hungaria, ma chiusi o demoliti o riconvertiti ad altri usi gli altri. Il Des Bains (che ho fatto in tempo a frequentare, ballando alle note del piano-bar) leggo essere in restauro per ricavarne appartamenti da vendere [ai nuovi magnati, magari russi]. Ah, il Lido d’antan... Veramente, non più bambino, ma ragazzo, lo trovavo un po’ noioso, avendo piena la testa, al ritorno a scuola dalle vacanze estive, dei racconti dei coetanei reduci da spiagge più alla moda e “caciarone”: la Versilia, il Circeo, perfino Rimini o Jesolo. [...]. Già, le “capanne” del Lido. Blu quelle del Des Bains, verdi quelle delle Quattro Fontane, rosse quelle dell’Excelsior e giallo-oro (mi pare) quelle del Casinò – la striscia più ridotta di tutte. Scaglionate gerarchicamente su tre file, come soldati. Il fronte-mare la più costosa. (Noi affittavamo in seconda fila – “per evitare il vento”, diceva nostra madre, economa. Ma io snobisticamente invidiavo quelli della Prima Fila.) Ricordo che bisognava prenotare da un anno all’altro e che la lettera della CIGA per la riconferma arrivava verso Natale. E che belle le uniformi dei bagnini! Bianche da marinaio, fusciacca in vita, anche quella del colore delle capanne, piedi nudi e cappello da gondoliere in testa. Ammiravo molto anche i temibili (agli occhi di noi piccoli) Ispettori di Spiaggia, dotati di immacolate uniformi estive da ufficiale di marina, con scarpe bianche, pantaloni lunghi o al ginocchio, calzettoni di lana bianca. E la pulizia della sabbia, passata al setaccio ogni giorno dai bagnini all’alba, per far trovare la spiaggia impeccabile ai primi che varcavano i cancelli. E i cartelli rossi di pericolo quando le onde si facevano un po’ alte... M’è venuta voglia di tornare dopo tanti anni al Lido e passeggiare di nuovo lungo i suoi viali alberati e davanti alle facciate dei superstiti hotels, con l’eco delle voci delle Lescano e di Rabagliati ad accompagnare i miei passi».

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Al tempo di Rabagliati e del Trio Lescano il Lido di Venezia aveva ben pochi rivali al mondo in fatto di eleganza, raffinatezza e classe, tutte cose di cui oggi resta solo il mesto ricordo in chi le ha

conosciute.

◙ Nell’album fotografico di Michele Montanari, messo ieri in rete, figura a pag. 7 una foto che mostra il cantante sorridente, in abito scuro e con l’immancabile farfallino, assieme ad una leggiadra fanciulla, Miti Del Bosco, vestita da sposa. Tale foto, purtroppo stampata non troppo bene, si trova in un “Radiocorriere” del 1940, reperito da Manuel. La signora Gianna Montanari Bevilacqua, figlia dell’artista, da noi interpellata ci ha fornito al riguardo le seguenti precisazioni: «Circa la cantante in abito da sposa, devo avere una fotografia analoga, più grande e con altri personaggi in scena. Nell’intervista che mio padre rilasciò ad una laureanda, egli dice che cantavano Sposi, e, se ben ricordo, doveva essere un altro Concerto Cora. Quando la trovo ve la mando». 14 Maggio 2011

◙ Mail di Paolo in riferimento al quesito posto nelle Notizie di ieri: «Il problema si potrebbe spiegare forse con la relativa tarda incisione del pezzo ad opera di Caterinetta, databile al Settembre ’42, periodo in cui probabilmente c’era poco tempo per registrare, forse a causa di bombardamenti. Ecco che di conseguenza mancava anche il tempo per creare un nuovo arrangiamento, lavoro che richiede un notevole impegno. Del resto, se un pezzo funziona, perché cambiarlo? Non mancano esempi nemmeno nelle grandi orchestre americane d’epoca (Artie Shaw, Any Old Time, cantata da Billie Holiday ed Helen Forrest). La versione della Bruni è DC 4236 (Catalogo Cetra 1948, pag. 339), il che contrasterebbe con l’attribuzione temporale (1941) fatta da Antonio nelle Notizie del 26 Febbraio 2010. Le matrici corrispondenti alle serie DC attorno a 4200 puntano appunto al Settembre ’42 - Aprile ’43. Il disco non è presente nel sito della DDS. Una

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possibilità è che la versione di Caterinetta venga “tralasciata” per i noti problemi dovuti alle sciagurate leggi razziali, tuttavia non scompare dai cataloghi (1948, pag. 230).

La canzone Strada deserta nel Catalogo Dischi Cetra del 1948, pp. 230 e 339.

Un ulteriore problema è quello degli autori: A. Lenti potrebbe essere un Armando Lenti, che tuttavia nei cataloghi non è associato a questa canzone e comunque compare come “avente diritto non amministrato”; Boschi è parimenti misterioso: il sito ASCAP ci fornisce un Giovanni Boschi come pseudonimo di Ettore Fecchi... In definitiva, penso che si possa trattare di due pseudonimi». ◙ Mail di Antonio: «Desidero anch’io dire la mia su Strada deserta che nel ’42 fu “lanciata” alla radio da Norma Bruni, con Pippo Barzizza e la sua Orchestra Cetra. Lei la incise su disco Cetra DC 4236, mentre Caterinetta Lescano – sempre con la medesima Orchestra – l’aveva incisa su disco Cetra DC 4221. Secondo la regola dovrebbe essere stata quest’ultima la prima ad inciderla, tenendo conto del numero di serie, pur avendola lanciata ai microfoni la Bruni. Questo è accaduto anche per Bionda in viola e Bruna vendemmiatrice, lanciate ai microfoni da Silvano Lalli con Barzizza, però incise “soltanto” dalle Lescano». ◙ Mail di Alessandro: «Mi complimento per il bellissimo lavoro che è stato fatto su Norma Bruni: vedere tutte quelle immagini assieme, ben restaurate, in ordine quasi cronologico, è veramente una cosa meravigliosa... E pensare che fino a un anno fa non sapevamo quasi niente della cantante soprannominata “Velluto Nero”!». 15 Maggio 2011

◙ Paolo ci ha inviato una mail, intitolata Articolo revisionista, per segnalarci questa pagina, risalente all’11 Ottobre 2010: http://www.newfiammatrentino.info/la_bufala_del_trio_lescano.html. Dopo averla letta e avendo in effetti trovato il suo contenuto decisamente controcorrente, abbiamo invitato il nostro collaboratore a commentare lui stesso tale articolo in piena libertà. Ecco la sua risposta: «L’articolo di Filippo Giannini [La bufala del Trio Lescano e l’avviso alla fiction RAI], pubblicato nel suo sito da Emilio Giuliana, benché apertamente di parte, pone il dito su uno dei problemi che più affliggono la cultura attuale: la manipolazione della verità da parte dei mezzi di comunicazione. In una fase storica in cui sempre meno c’è interesse per la Storia autentica e documentata, coloro i quali dovrebbero, per la loro stessa funzione istituzionale, fare corretta informazione si lasciano trascinare da ben altre motivazioni che sono quelle

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del pressapochismo, dello show business e dell’apparenza contro la sostanza. Commentando con qualche lettore le varie falsità della fiction sul Trio Lescano [Le ragazze dello swing – si vedano molte delle Notizie pubblicate tra il 28 Settembre e il 7 Ottobre 2010] mi si obiettò che una ricostruzione storica fedele non sarebbe stata interessante, e questo purtroppo pare essere un malcostume diffuso. Che importa di quegli spettri di allora, a chi può ormai interessare una storia di tre cantanti, senza un pizzico di polvere pruriginosa, senza un procace seno esposto, senza far passare una madre onesta per una donna di facili costumi? Questo andazzo io lo depreco profondamente. Il nostro passato interessa sempre a meno persone, ed i giovani da questo punto di vista sono i meno colpiti dal retaggio nazionale. Una televisione seria non dovrebbe relegare i documentari storici alle 8.15 del mattino (Rai Tre) o a tarda notte, ma, si sa, la storia non fa audience, e gli spot pubblicitari si devono fare in mezzo ai programmi di cartello ed in ore comode.... Emilio Giuliana, di origini siciliane ma Trentino di adozione, ferroviere e sindacalista, ha le idee ben chiare e si è evidentemente documentato; pur essendo relativamente giovane, ha voluto guardare più in là del suo naso, cercando documenti e testimonianze, e di questo gli va dato atto. L’ideologia politica in questo caso va messa da parte, quando il fine è la ricerca di verità oggettive.

Filippo Giannini ed Emilio Giuliana.

Nello storico contrapporsi delle forze in gioco di quell’epoca sono stati evidentemente commessi abusi, si è poi cercato di mascherare verità scomode e negare responsabilità evidenti. Non vorrei fomentare ancora inutili diatribe, chi scelse una parte aveva le sue ragioni, spesso pagate con la propria vita. Ma proprio per questo quello che possiamo fare oggi è far emergere le cose così come sono accadute, con i limiti che il passar del tempo ci impone, per evitare che un domani si abbiano a ripetere. Ecco allora che un servizio pubblico dovrebbe dare il massimo in questo senso, per educare e far ricordare. Invece, memore di una antica tradizione, ci ammannisce panem et circenses in modo che i giovani, e, ahimè, molti adulti, si adagino in una mediocre passività acritica, sulla quale si inserirà il demagogo di turno con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, almeno di quanti ci vedono bene...».

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◙ Manuel ci segnala che ricorre oggi il 109° anniversario della nascita di Pippo Barzizza. Il nostro collaboratore lo ricorda degnamente nelle Notizie del suo sito, informando inoltre di aver postato su YouTube la canzone Dolce sogno, interpretata da Alberto Rabagliati accompagnato appunto dell’Orchestra del grande Maestro genovese.

16 Maggio 2011

◙ Oggi ricorre il 102° anniversario della nascita del Maestro Mildiego, il musicista che ebbe un ruolo determinante nel nuovo Trio Lescano, quello con Maria Bria al posto di Caterinetta.

Il M° Mildiego, nome d'arte di Dante Milano, pianista e direttore d’orchestra .

È nostra intenzione dedicargli un bel saggio, da inserire nella sezione Oggi parliamo di... Le ricerche su Mildiego, condotte in stretta collaborazione col figlio Lorenzo Milano, sono però tuttora in corso, per cui è opportuno attendere la loro conclusione

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prima di pubblicare il saggio in questione. Preghiamo dunque gli interessati di avere un po’ di pazienza, con la certezza che non rimarranno delusi. ◙ Mail di Francesco Paci: «Desidero intervenire anch’io riguardo all’articolo scritto dal signor Giannini. Da tempo avevo detto a Roby, nostro giovane collaboratore, che la fiction Le ragazze dello Swing è stata un’ennesima occasione per deplorare il Fascismo. Sia ben chiaro: io non sono di idee politiche di estrema destra; ma è perfettamente visibile come questo sottoprodotto del piccolo schermo sia stato il solito, forzato ed oramai ripetitivo gesto di disprezzo nei confronti del Ventennio 1922-1942. Il guaio risiede nel fatto che tutto ciò vada, naturalmente, a discapito delle nostre beniamine olandesi, che vengono – giustamente, dopo aver visto la fiction – descritte come “il Trio simbolo dell’Italietta fascista”. Mi associo dunque a quanto dice il buon Giannini, che, anche se di parte, non può non avere ragione quando deplora le scene di sesso nella fiction e la discutibile personalità attribuita ai personaggi (in particolare, alla madre Eva De Leuwe). Nella miniserie televisiva, poi, ci si è ben guardati dal fare risaltare l’aspetto musicale delle sorelle olandesi. Per carità, non voglio dire che non le si siano viste cantare completamente; anzi, devo persino dire che qualche rifacimento mi è persino piaciuto (come Piccole stelle), anche se non regge il confronto con gli originali, chiaramente. Quello che voglio affermare – come già molti hanno detto – è che il regista ha “preferito” dimenticarsi della moltitudine di cantanti, grandi personaggi ed artisti che collaborarono con le Lescano. Al contrario, ha voluto inserire forzatamente personaggi inventati, stravolgendo così la storia delle tre dive (stravolgimento che si è poi unito alla già stravolta storia, basata su stereotipi, la cui falsità è già stata dimostrata da tempo;e non con zuccherini, ma con prove vere). Da un lato, tuttavia, l’essersi “dimenticati” di tutti quanti i cantanti è stato un bene, in quanto, almeno, la loro reputazione – che la fiction avrebbe infangato – si è salvata; non la conoscerà nessuno, ma si è salvata. Purtroppo, qualcuno è stato “adescato”: Rabagliati, in primis, che, oltre ad essere stato collocato nel periodo sbagliato, ha pure dovuto subire l’affronto di non essere considerato un cantante capace di esprimere lo swing. Ma, forse, Zaccaro non ha mai sentito brani come Baciami piccina o Quando canta Rabagliati, insieme ad altri che qui non cito. Un’occasione sprecata – al solito –, tipico comportamento italiano. A questo punto, possiamo solamente pregare che qualcuno con una buona disponibilità economica ed una corretta visione della storia (non per forza di parte, ma oggettiva) giri un vero e proprio film sulle nostre olandesine, che faccia capire la loro grandezza e quella di coloro i quali ebbero la fortuna di cantare insieme al “fenomeno del secolo scorso”. Possibilmente, senza stravolgere la storia. Io, intanto, aspetto che venga girato un bel film sulla mia preferita, la simpaticissima Isa Bellini. ◙ Mail di Antonio: «Facendo seguito alla doppia interpretazione di Strada deserta da parte di Caterinetta e Norma Bruni, un’altra canzone – lanciata alla radio da quest’ultima – fu passata per l’incisione alla stessa Caterinetta : Sorge il sol. Questa volta però la Lescano fu l’unica ad inciderla».

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17 Maggio 2011

◙ Abbiamo aggiunto, sella sezione Oggi parliamo di..., il personale ricordo di Attilio Urciuoli, un caro amico che ci ha lasciati da qualche anno ma rivive ora, più garbato e a tratti spiritoso che mai, nelle sue poesie. Un grazie di cuore alla figlia Maria, senza la quale questo omaggio non sarebbe stato possibile. http://www.trio-lescano.it/pdf/Ricordo_di_Attilio_Urciuoli.pdf ◙ Mail ricevuta: «Gentile Curatore, sto preparando un concerto importante a Pietrasanta (Lucca) il giorno 6 luglio prossimo, dedicato al 150° dell’Unità d’Italia intitolato: O Italia, o Italia del mio cuore... I canti che hanno fatto l’Italia e le canzoni che hanno unito gli italiani Grande orchestra, coro di 80 persone, coro di bambini, fanfara dei bersaglieri, 8 solisti. Vorrei inserire Non dimenticar le mie parole nella versione del Trio Lescano con Emilio Livi. Sto cercando da diverso tempo (e senza successo) l’orchestrazione del brano, ed è per questo che mi rivolgo a Lei, sperando che possa consigliarmi per risolvere questo grosso problema. Spero di non averLa disturbata troppo, e La saluto con la più viva cordialità, sperando in una Sua risposta. Marco Balderi». Abbiamo risposto che di questo brano possediamo in archivio solo lo spartito pubblicato dalle Edizioni Curci, tuttora reperibile in commercio. Non ci risulta invece che sia mai stato pubblicato l’arrangiamento di Pippo Barzizza della canzone citata. Bisogna dunque “tirarlo giù” dal disco originale: un lavoro tutto sommato abbastanza facile per ogni musicista colto, specie se dotato del la assoluto. 19 Maggio 2011

◙ Fra i tanti artisti scoperti, preparati e quindi portati al successo dal M° Carlo Prato figura anche il Quartetto Stars, una formazione vocale femminile la cui carriera, iniziata nel primo dopoguerra, dura fino al 1953. Era composto da Mariuccia Barbesini, Mariolina Gai, Enrica Pereno e Santina Della Ferrera. Nell’archivio del Maestro segusino (da noi acquisito e tuttora in fase di sistemazione) si conserva una bella foto pubblicitaria di questo Quartetto, con una dedica particolarmente affettuosa, datata 1947, al Maestro Prato; da essa si può vedere che le sue componenti erano assai giovani e tutte piuttosto carine:

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Chi volesse documentarsi su questa formazione troverà una scheda ben fatta, opera del nostro collaboratore Vito Vita, su Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Quartetto_Stars): vi apprendiamo che Enrica – detta Rica – Pereno (Torino, 1931 - Londra, 2004), dopo lo scioglimento del Quartetto, si distinse come cantante solista in orchestre di eccellente livello. Nella biografia a lei dedicata in Wikipedia, pure questa di Vito Vita, possiamo ammirare un suo bel ritratto in primo piano e inoltre leggere una curiosa testimonianza del figlio, vissuto tra Italia, India e Inghilterra. Quanto alle incisioni del Quartetto Stars, YouTube non ha quasi niente, ma in compenso il benemerito sito Il discobolo dell’amico Massimo Baldino ne mette a disposizione, nell’area riservata, ben sei: Ay Nicolete, Il passerotto, Il re del Portogallo, Noi siamo quelli dello sci sci, ’E Cummarelle e Banana Boat (con Flo Sandon’s). Il nostro Walter, in occasione di una sua recente visita alla famosa Fiera di Novegro, vi ha potuto acquistare alcuni 78 giri in ottime condizioni, fra cui anche DC 4846 con Cicci-Cicci-Cicci e Ay Nicolete, entrambe interpretate con grande brio dal Quartetto Stars. Di Rica Pereno, presente ne Il discobolo con due incisioni, Lili e Mambo sotto la luna, Walter ci ha infine procurato O Cangaceiro, incisione che conferma le notevoli qualità della voce di questa artista: peccato però che in questa performance la sua dizione del portoghese-brasiliano lasci un po’ troppo a desiderare: imperdonabile, ad esempio, è il suo marchiano errore nel pronunciare la parola chão. ◙ Mail di Manuel: «Ho recuperato, nella rivista “Scenario” del Maggio 1940, questa pubblicità: la foto (del 1940) ce l’abbiamo già, presa dal “Radiocorriere”, ma questa è di una qualità assai migliore. Credo che sia davvero una delle foto live più belle, così come il brano che gli esecutori stanno interpretando mi sembra uno dei più felici dell’intera discografia delle Lescano [O-oh boom!, GP 93105a, matr. 154726: vedi le Notizie del 14 Dicembre 2010]».

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Il Trio Lescano, Michele Montanari, Oscar Carboni e Gianni Di Palma in concerto, accompagnati da due strumentisti.

Come si ricorderà, in un primo tempo, tratti in inganno dalla cattiva qualità della foto pubblicata sul “Radiocorriere”, si era pensato che il terzo cantante da destra fosse Aldo Donà, per il cui brano interpretato dal sestetto vocale sarebbe stato Appuntamento con la luna (GP 93091); ora invece siamo certi che si tratta di Michele Montanari, impegnato appunto ad eseguire, con gli altri cantanti, O-oh boom! Segnaliamo che quest’ultima, stupenda incisione si può ascoltare per intero su YouTube nell’ottimo canale Swingitaliano del nostro giovanissimo collaboratore Roby. Da leggere i commenti, specie quelli di SuperPhoenix82 e di musicaperpianoforte.

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20 Maggio 2011

◙ Su eBay mellabibba mette all’asta alla “modica” cifra di partenza di € 39,99 il disco a 78 giri IT 1013 (che non è affatto “rarissimo”, come pretende il venditore...), contenente le incisioni di Caterinetta Lescano Partire con te [anteprima] e Nebbia. Di tale disco abbiamo in archivio, oltre alle incisioni, anche le etichette, tuttavia quella riprodotta nell’annuncio è abbastanza nitida da consentirci di leggere con sicurezza il numero di matrice, che è 51040. Abbiamo in tal modo chiarito un dubbio, dato che sull’etichetta in nostro possesso la matrice risulta di lettura incerta; il pdf con i dati di tutte le etichette originali che abbiamo in archivio è già stato modificato.

◙ Mail di Giancarlo: «Un dettaglio della foto del Quartetto Stars vista tra le Notizie mi ha riportato con il ricordo indietro agli anni dell’infanzia. Quando le valigie erano una cosa seria e c’era chi ne proteggeva il cuoio a mezzo di una fodera in tela, per preservarlo da graffi e pioggia. Certo, era un po’ un controsenso (come portare un brillante al dito, celandolo agli sguardi altrui). Oltretutto, occultava alla vista le etichette degli alberghi e delle compagnie di navigazione, ambito status symbol dei grandi viaggiatori di allora. Ma delle fodere mi ricordo, eccome! Per passare ad altro argomento, ho voluto controllare il nome esatto del locale di Calcutta dove Rica Pereno cantò e conobbe il futuro marito: come sospettavo, si tratta di Firpo’s (L’aveva aperto una famiglia italiana di questo nome). Era il locale dove andare il sabato sera per i militari britannici di stanza a Calcutta durante la Seconda Guerra Mondiale e per i residenti loro connazionali nella metropoli indiana negli Anni Cinquanta. È perciò ben vivo nel ricordo di molti di loro. “A very formal dress only... and the dance bands were exceptional and the cuisine was first class” – così lo rievoca un vecchio frequentatore [“Si era ammessi solo se vestiti molto eleganti... e le orchestre da ballo che vi suonavano erano eccezionali e la cucina anche”]. Firpo’s era ubicato nel quartiere cittadino di Chowringtree, vicino al porto, alla foce dell’Hoogly River, dove attraccavano i mercantili. Andò distrutto da un incendio e

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non venne ricostruito. Anche Calcutta (capitale dell’India britannica fino al 1912) è dal 2001 Kolkata, il suo nome in bengalese.

Il famoso ristorante Firpo’s a Calcutta.

Non sono un esperto di India; ma ci ho viaggiato un po’ per lavoro e l’architettura lasciatavi dagli inglesi (ispirata com’è in gran parte a un palladianesino molto familiare agli occhi di un veneto come me) è quanto mi rende affascinante posti come Calcutta, la vecchia capitale». 21 Maggio 2011

◙ La nostra Fototeca si arricchisce da oggi un documento di notevolissimo valore storico-documentario: il corposo archivio fotografico del cantante Vittorio Belleli (Trieste, 1911 - Milano, 1996), che il figlio Emanuele è stato così generoso da affidarci sulla fiducia, in modo che potessimo scansionarlo nelle migliori condizioni possibili. Lo abbiamo fatto e successivamente ci siamo dedicati al certosino restauro di ogni singola foto e quindi alla loro catalogazione. Il risultato delle nostre fatiche è visionabile nel pdf che abbiamo aggiunto nella quarta sezione della Fototeca suddetta. Al Sig. Emanuele Belleli e alla gentilissima Signora Rina, sua moglie, vadano i più sentiti ringraziamenti, nostri personali e di tutti gli appassionati che ci seguono. ◙ Mail di Giancarlo: «Vorrei commentare anch’io l’articolo di cui si è parlato nelle Notizie del 15 Maggio scorso. Da illuminista militante e nipotino di Voltaire quale mi professo, ammetto il mio disagio di fronte a ogni esternazione di fede, sia essa religiosa o politica. Evidente come mettere in capo ad un testo, come fa Filippo Giannini, parole incise sulla nota tomba di Predappio, ossia una dichiarazione di fede. Fede in che cosa – se nel passato, presente o futuro – non so. Ma fede. E con i fedeli o illuminati (dalla fede), gli illuministi fanno fatica a dialogare (con buona pace della quasi assonanza). D’accordo, qui non si tratta di dialogare, bensì di esprimere un semplice parere, che è altra cosa. E dunque: deplorare che la Rai non faccia Storia, o buona o vera Storia, che senso ha? Sono il primo a trovare inguardabili i programmi dei vari

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Minoli, Vespa, Baudo, quando si occupano di storia (e infatti non li guardo). A mio giudizio, dispiace, caso mai, l’approssimazione assai più che la faziosità (se e quando c’è). Sottoscrivere l’abbonamento è, peraltro, ancora una libera scelta. (Personalmente, l’unico motivo per me di farlo è che la TV tiene compagnia – poca e sempre meno – a mia madre ultranovantenne). Mi dicono, poi, che la TV oggi sia anche una miriade di altre offerte specializzate (anche quelle canali a pagamento, d’accordo), dove la storia è forse bene rappresentata e forse ben trattata. E poi c’è internet che da solo ha smentito certe previsioni pessimistiche del recente passato e giustifica un certo grado di ottimismo nel presente e nel futuro. Si sosteneva e si sostiene che sia in atto un crescente regresso della scrittura, intesa come capacità di esprimersi. Se è per questo, non ricordo molti esempi di scrivere bello, piacevole, senza fronzoli (“volterriano”) nelle vecchie generazioni in Italia. Per dire, Croce per me è contorto, prolisso, faticoso da leggere – non suggerisce nulla il fatto che sia stato pochissimo tradotto in inglese? E d’Annunzio con che cosa ha incantato due generazioni di italiani dell’Italietta umbertina e vittoremanuelina? Forse con la prosa asciutta del Notturno? E parliamo di due giganti. Certo abbiamo la prosa di Machiavelli, di Guicciardini. Ma ha ragione Tomasi di Lampedusa: l’italiano dell’Ottocento è quello dei libretti d’opera e del Fratelli d’Italia . Foreste imbalsamate, elmo di Scipio, coorte... Parole ad effetto. Parole che suonano bene in bocca e all’orecchio. Parole d’ordine, slogan. Di paroloni in paroloni, si arriva a Emilio Salgari e al cav. Benito Mussolini. (“Una dittatura fondata sulle parole” definì il fascismo Longanesi, fascista lucido e disilluso). In difesa di Salgari, è necessario dire che il suo delirio esotico-eroico-guerresco rimase di natura letteraria e linguistica e dunque innocuo? Perché lo si è anche accusato – c’è anche il revisionismo letterario – di aver predisposto la mente dei giovani lettori al morbo del nazionalismo e del colonialismo. E di avere, in sostanza, preparato il terreno al fascismo. Figuriamoci! Se fece del male a qualcuno, lo fece a se stesso, facendo harakiri e suicidandosi. Quello che continua a stupirmi è la qualità dell’italiano di cui danno prova molti che scrivono su internet, sui vari blog e siti. E quello del nostro sito ne è un bell’esempio: rispetto della sintassi, congiuntivi, concisione, chiarezza. Ma anche i ragazzini o adulti che scrivono su internet in quel linguaggio giovanilisticamente detestabile e (per me) improbo da leggere (xchè, 6 bella e geroglifici a iosa), danno, in fondo, prova di creatività. Per farmi perdonare di non aver risposto a tono, manterrò la promessa fatta mesi e mesi fa, di mandarvi quanto prima il racconto di una bufala piuttosto grave, che fa il paio con quella delle Lescano arrestate e imprigionate a Genova. Anche l’epoca è la stessa e la protagonista – vittima del travisamento dei fatti – è un’altra stella della nostra canzone. Il fatto che autore (involontario, certo) di questa nuova bufala sia uno storico di professione (non un giornalista come la Aspesi, firma di prima grandezza, principe o principessa del giornalismo, ma non una accademica) ne aumenta la colpa e la responsabilità (perché di questo si tratta).

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Gioirà (vedrete perché), nel leggere la mia nota, il Filippo Giovannini, autore dell’articolo pubblicato su Fiamma Trentina; e con lui i revisionisti tutti. Questo, precisamente, mi ha imposto qualche cautela nello stendere il testo della nota da mandarvi: dove si parla di ebrei e di campi di sterminio, e alla querelle originata dalla scoperta della bufala ha preso parte un esponente del partito dei “negazionisti” (anzi, per dire le cose come stanno, a scoprire la bufala è stato lui, e non altri). C’è un limite alla tolleranza e al rispetto delle opinioni altrui e nel caso specifico valuto che il limite sia stato raggiunto. Con la conseguente preoccupazione di eliminare ogni riferimento a tesi e opinioni cui personalmente non ritengo di dover dare diffusione in alcun modo. Con ciò, lungi da me il voler stabilire l’equazione revisionismo = negazionismo. Sono allergico agli ismi in generale. E illuminista sono solo in Italia, perché nei paesi dove è nato e dove la pianta ha allignato più e meglio che da noi, si parla di philosophes, siècle des lumières, enlightment, Aufklärung – tutto meno che di ismo». 22 Maggio 2011

◙ Mail di Paolo: «Complimenti al Curatore per le belle foto dell’Archivio di Vittorio Belleli e anche per la loro impaginazione. Una vita interessante, direi, quella del cantante triestino, eh? Mi permetto due piccole correzioni: - Foto 10: trattasi della Turbonave – e non Motonave – Michelangelo. Scusate, ma non potevo proprio esimermi! Il mio cuore sanguina, da quando la vidi abbandonata in Iran... - Foto 126: il nome esatto è Gilberto – e non Alberto – Govi: un grandissimo artista, simbolo della genovesità! Si veda http://www.youtube.com/watch?v=vfvg6jFWN7k). Queste imprecisioni si spiegano col fatto che le didascalie riportano fedelmente ciò che si legge sul verso delle foto. Comunque abbiamo provveduto ad inserire le opportune modifiche. ◙ Mail di Virgilio: «Il fondo Belleli è semplicemente spettacoloso: credo esistano ben pochi altri esempi, almeno in Italia, di artisti della canzone che abbiano, non solo fruito di tante e tali conoscenze, ma anzitutto conservato il loro materiale di ricordi. Perché l’artista italiano d’allora, troppo spesso, non era uso a dar peso a cose simili: così, anzitutto, non raccoglieva convenientemente i documenti sulla propria vita e carriera; e quand’anche lo faceva, nel corso del tempo regalava o perdeva tutto, a causa di sviste, dimenticanze, dissennati traslochi, ecc; mettiamoci pure, se vogliamo, anche la guerra e determinate vicende personali... Insomma, un disastro. Che, quand’anche non avveniva, può benissimo – ahimè – aver avuto corso dopo la sua scomparsa, a causa di figli e parenti ingrati, superficiali e scioperati, quando non – perfino – interessati a qualche lucro. Vittorio Belleli e suo figlio Emanuele, no: l’uno ha raccolto amorosamente, l’altro, altrettanto amorosamente, ha conservato tutto. Il loro magnifico fondo sia d’esempio a tanti vecchi e giovani artisti, e ai loro parenti, quando ansiosi di lasciare su questa terra una traccia significativa della loro attività artistica, grande o modesta che sia. Un plauso, infine, al Curatore, il cui amore per il

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restauro e l’ordinamento di questa meraviglia è stato eguale a quello dei Belleli». Ringraziamo l’amico Virgilio per queste parole di sincero apprezzamento, ma, modesto com’è, ha “dimenticato” di citare il ruolo fondamentale da lui avuto nell’acquisizione del Fondo Belleli: è Virgilio, in effetti, che ha rintracciato e contattato per primo il figlio del cantante, persuadendolo della bontà delle nostre intenzioni e quindi preparando nel migliore dei modi il contatto diretto con lui. ◙ Mail di Giancarlo: «A proposito dell’Archivio Belleli desidero dare una (bonaria) tiratina d’orecchi al Curatore. Foto 72: “’Ava Gardner, attrice USA”, era necessaria la precisazione? Una cotanta diva! Ma si vede che la coscienza gli ha provocato rimorso, dato che ha debitamente rimediato all’immagine successiva della medesima (foto 123): qui, satis nomen. E anche Harry Belafonte (foto 75), non è forse nome sufficientemente consacrato da non aver bisogno di altro? Quanti, invece, sanno – mi domando – chi è Katherine (non Catherine) Dunham (foto 35/36), la pur grande ballerina e coreografa? La SA [guardia armata della Sturmabteilung] della foto (154) davanti al teatro a Monaco sembra la stessa della foto (16) all’aeroporto. Un accompagnatore (magari anche interprete), secondo me, messo a disposizione dalle autorità, più per cortesia e assistenza che con compiti di controllo e polizieschi. Erano tempi e paese, dove poco è mancato che anche al lattaio venisse imposta un’uniforme. La divisa indossata sembra effettivamente quella delle SA o Camicie Brune, formazione paramilitare del Partito Nazista, che arrivò a contare nei propri ranghi tre milioni di adepti. Il viaggio dell’orchestra italiana a Monaco è del 1933, e la data è compatibile con la presenza di una SA in veste di accompagnatore. Non lo sarebbe stata più l’anno dopo, perché – come è noto – il 30 giugno 1934 è la Notte dei Lunghi Coltelli, quando (proprio nei dintorni di Monaco) avvenne l’eccidio delle SA per ordine di Hitler. Anche se non vennero mai formalmente dissolte, le SA dopo di allora scomparvero di scena e cedettero gran parte degli iscritti ad altri corpi o formazioni. [...]. Altri commenti si potrebbero fare sulla dedica della foto del 1938, in cui Rascel si firma già così e non più Rachel, nonché sul veneziano Bruno Quirinetta e sulla musica che si eseguiva nei nights della Penisola negli Anni Cinquanta, dei quali il romano “La Rupe Tarpea” era un capofila. L’orchestra Quirinetta me la ricordavo proprio come nelle foto dell’archivio, con gli orchestrali vestiti da gondoliere – mestiere che Bruno Baldini aveva esercitato davvero, prima di darsi alla musica col nuovo nome di Quirinetta – e coi i leggii decorati dal ferro da gondola. Ad ogni modo quanto io abbia apprezzato la messa a disposizione dell’Archivio Belleli è prova il fatto che abbia sentito il bisogno di mandare i miei commenti, anche critici. Accompagno dunque ai saluti un applauso esplicito, forte, anzi fragoroso». Come puntualizzato qui sopra, il Curatore si è limitato a riportare quanto si legge sul retro di ogni foto, senza intervenire nel caso di lievi imprecisioni o incongruenze: queste non gli possono dunque essere addebitate. ◙ Massimo Baldino, generoso come sempre, ha ripreso ultimamente ad inviarci parecchio materiale di pregio, specialmente foto e incisioni rare, spesso di qualità impeccabile. Tra le foto ci piacciono in modo particolare queste quattro:

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Foto promozionali di Silvana Fioresi, Vittoria Mongardi, Leda Valli e Nilla Pizzi.

La bella foto della Fioresi (che servì da modello all’illustratore Baggiolini per dipingere la tavola che figura sulla copertina del 31° fascicolo de «Il Canzoniere della Radio», del 1° Marzo 1942) ci era ben nota, ma sempre ritagliata in modo vandalico e per lo più stampata male: è la prima volta che l’ammiriamo in tutto il suo splendore nella Cartolina Aser n. 0011. La firma del fotografo non è di facile lettura: c’è qualcuno che è in grado di decifrarla con sicurezza?

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Tra le incisioni si segnala una briosa interpretazione di Ritmando in sol , ad opera di Canapino col Quintetto Del Delirio (su questa eccellente formazione di piacevole impronta jazzistica si veda la scheda de Il Discobolo). Siccome il brano di Benedetto-Sordi è stato uno dei cavalli di battaglia di Caterinetta Lescano da sola, accompagnata dall’Orchestra Angelini (disco IT 1042a, matr. 51062), può essere interessante mettere a confronto le due incisioni.

23 Maggio 2011

◙ Mail di Virgilio al Curatore del sito: «Grazie per la citazione nelle Notizie. Circa gli appunti di Giancarlo, penso che egli sia un sincero appassionato nonché una persona di una certa età, che ha vissuto parte di quel periodo, e quindi è logico che voglia commentare quel che tu così doviziosamente offri; d’altronde, commentare è partecipare, no? Come diceva Faulkner, “Meglio il dolore che il nulla”. Confermo che hai fatto un lavoro semplicemente eccellente; cosa importa se qualche didascalia è perfettibile? Il sistema che hai impostato ne consente la correzione immediata, dunque possiamo solo ringraziare chi ci suggerisce migliorie, e quindi anche lui. Quanto alla firma dell’autore della foto di Silvana Fioresi, potrebbe essere quella di Vicari, fotografo del quale, peraltro, al momento attuale non so praticamente nulla. C’è stato un fotografo Vincenzo Vicari (Lugano, 1911-2007), sul quale esiste nella sua città natale una fondazione-museo: ma non potrei giurare che sia lui. Considerazione ovvia: scoprendo che tipo di Agenzia fosse la A. S. E. R. ne sapremo senz’altro di più». ◙ Mail di Emanuele Belleli: «Cari amici, io e Rina vi ringraziamo moltissimo per lo splendido lavoro che avete portato a termine con tanto amore e precisione. Leggendo sul sito, vedo che qualcuno muove appunti su certe imprecisioni nelle didascalie delle foto: se ne sono stato l’artefice, chiedo scusa, ma anch’io sto invecchiando... Che dire, non avrei mai immaginato di vedere papà, le sue gesta e le sue fotografie così ben disposte e descritte. Spero di poter contraccambiare presto il vostro regalo: per ora vi abbraccia tutti il vostro amico Lele con Rina ed i ragazzi».

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◙ Il nostro giovanissimo collaboratore Roberto Berlini, nel corso di una recente crociera cui ha preso parte con la sua famiglia, ha fatto tappa a Palermo, dove vive un altro nostro collaboratore, Francesco Paci, pure lui molto giovane: diciamo pure che sono le simpaticissime mascottes del nostro team. Ecco una foto che li ritrae assieme e non abbiamo difficoltà ad immaginare quale sarà stato l’argomento preferito dei loro discorsi durante questo incontro!

Francesco Paci e Roberto Berlini.

◙ Mail di Tito al Curatore del sito, intitolata Velo di tristezza: «Sono stato ore e ore incollato davanti al PC per godermi il tuo certosino lavoro sul cantante Vittorio Belleli. Ma quante belle foto! Complimenti per averle tutte così intelligentemente collocate! Ma un grazie è d’ obbligo al figlio del cantante per averle conservate con estrema cura e amore. Poi mi sono lasciato cogliere da un velo di tristezza, nel confrontarlo con i figli del sommo Kantor di Eisenach [Johann Sebastian Bach]! Questi ultimi se ne sono “strafregati”, scusa il termine volgare, delle cose lasciate dall’illustre padre! Ricordo che, arrivato a Francoforte nel 1960, la signora che mi ospitava, Maria Oitmann, rimasta vedova da poche settimane, incaricò la nettezza urbana di Francoforte, a “svuotare” lo studio del marito ingegnere, cultore e collezionista di musica, da tutta quella “robaccia inutile”: dischi, partiture, libri musicali introvabili, ecc., proibendo al sottoscritto e al maestro Horst Krohne, mio capo orchestra, di prelevare, anche a pagamento, ciò che a noi musicisti sembrava delittuoso buttare… Fu inflessibile, non ci dette nulla, e sotto il suo severo e stupido controllo, tutto finì in discarica, con indescrivibile dolore di noi musicisti! Pensando a tutti i dischi, libri rari, musiche, spartiti, lettere, foto, strumenti che con religioso amore e infinita passione ho raccolto e consultato nell’arco della mia vita, concludo con una amara citazione tratta da uno dei Vangeli: “E se così si fa con il legno verde, con il secco che avverrà?”.

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Dai vari figli di Bach, dai vari Schindler, custodi inetti dei quaderni di conversazione del grande Beethoven, da tutti quelli che preferiscono l’idiota karaoke, o che, arrivati a Venezia per il carnevale, subito si precipitano a seguire i carri allegorici trascurando musei, monumenti, concerti e quant’altro ancora, da tutti quelli che strappano i sipari di velluto rosso, ricchi di Storia e di Storie, per farne tappeti per i “Divi del Nulla”, libera nos domine».

Strumenti antichi di gran pregio nella collezione privata del M° Tito Zaggia.

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24 Maggio 2011

◙ Paolo ci segnala che esiste un fotografo Vicari a Salsomaggiore: si veda la copertina de “Il dramma”, n. 230, del 15 Marzo 1936-XVI, sulla quale campeggia una foto di Marta Abba, firmata appunto da lui.

Sempre di Vicari, ma questo di Torino, è una delle foto più famose di Luciana Dolliver:

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◙ Mail di Sandro: «Anche se da un bel po’ non mi faccio vivo, non sono sparito, seguo sempre e più da vicino possibile il vostro lavoro ed i progressi grandiosi che mostra, anche se non sarò mai in grado di farlo come Giancarlo, il quale, nella splendida raccolta fotografica su Belleli riesce a notare che il militare della Sturmabteilung della foto 16 sarebbe lo stesso della foto 154: das ist absolute Spitze! Sapete bene che, specialmente per gli argomenti “tecnici”, così ben curati dai vari collaboratori, sono una schiappa; ma molti altri fatti correlati – quelli storici, in particolare – mi affascinano e su di essi, con la mia solita presunzione, mi piacerebbe darvi un parere. Perciò, dal 15 Maggio, sono in paziente attesa del preannunciato seguito a quanto citato da Giancarlo a proposito di bufale storiche e di storico revisionismo o negazionismo. Quanto al messaggio di Tito non posso che condividere il suo velo di tristezza: il comportamento di quella vedova Oitmann dimostra che a volte (in tutto il mondo, naturalmente, non solo nella terra che ha dato i natali a Bach e a Goethe) nascono individui ai quali mancano delle doti talmente essenziali ed elementari da non poterli definire umani: secondo me, sono solo dei mostri». ◙ Tito Zaggia ci ha inviato altre foto [v. sopra] della sua meravigliosa collezione di antiquités, specie in ambito musicale, raccolte nel corso della sua lunga carriera di orchestrale, sempre in giro per il mondo:1) Ventaglio, probabilmente veneziano, in Perlmutter, ebano e metallo dorato, databile tardo ’700, più Deutsche Qverflöte nei “tagli” di Fa - Re - Do (seconda metà del ’700); 2) B Klarinette in bosso “Fridolin Weber” a 13 chiavi; 3) Troubadour-Violão portoghese (prima metà del XIX secolo). ◙ Mail di Paolo: «Vorre tranquillizzare Giancarlo, rassicurandolo che Katherine Dunham è ben nota ai musicisti ed agli appassionati di danza, che sono in numero maggiore di quel che egli pensa. Vorrei ricordarla col suo celebre numero tratto dal film Stormy Weather del 1943, dove crea un memorabile spettacolo sui temi della canzone omonima, cantata dalla splendida Lena Horne. Stormy Weather, un film musicale, fu interamente recitato da artisti di colore. Si ricorda l’ultima apparizione del grande pianista Thomas ‘Fats’ Waller, che morì appena terminate le riprese. 25 Maggio 2011

◙ Siamo lieti di annunciare a tutti gli appassionati che ci seguono che abbiamo completato la sezione della Fototeca dedicata ai Cantanti che hanno collaborato col Trio Lescano. Si tratta di 36 pdf contenenti un totale di 610 foto, tutte accuratamente restaurate e presentate in bell’ordine. Come è stato più volte precisato, questo è un lavoro che in nessun modo va considerato definitivo: esso è al contrario un work in progress, pronto cioè ad accogliere ogni nuova immagine che in futuro venisse alla luce, relativamente ad uno qualsiasi degli artisti da noi trattati. In effetti, rispetto alla prima pubblicazione, alcuni pdf (e.g. quello dedicato a Norma Bruni) si sono già notevolmente arricchiti, per cui chi fosse interessato in particolare ad uno o più cantanti farà bene ad aprire ogni tanto i rispettivi album fotografici, per verificare se ci sono novità. Ovvio che tutti sono invitati a collaborare a questa impresa di

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recupero il più possibile integrale della memoria, impresa che – lo diciamo con orgoglio – si affianca degnamente a quella portata avanti da altri siti (come Il discobolo) e non ha precedenti nella Storia della Canzone Italiana. In questa prospettiva l’obiettivo più urgente è per noi il reperimento di almeno una foto dei seguenti cantanti, che hanno inciso con le Lescano ma dei quali ignoriamo finanche le fattezze: Vincenzo Capponi, Quartetto [Campestre] Cetra (quello attivo alla fine degli anni Trenta, da non confondere col Quartetto Cetra di Virgilio Savona, sorto nel ’41), Harvedo Felicioli e Armando Giannotti. Di Piero Pasero possediamo attualmente una sola immagine, ma siamo in contatto col figlio e nutriamo concrete speranze di ottenere da lui del materiale sul genitore. ◙ Nelle Notizie del 13 Giugno 2010, presentando una serie di ottimi restauri di file audio realizzati dal nostro Walter, abbiamo accennato alla graziosa canzoncina Povera Titina (1942) di Falpo-Mari, interpretata dalle Lescano con l’Orchestra Angelini (disco Cetra IT 1175, 1942). Ebbene, mentre del compositore e autore di testi Astro Mari (Olbia, 1911 - Roma, 1988) sappiamo qualcosa e abbiamo in archivio anche alcune sue foto, ben poco ci è noto della biografia dell’altro autore del brano, il compositore Costante Falpo (Roma, 1917 - Roma, 1967), che usò anche lo pseudonimo di Fulvio Costante. Ci ha dunque fatto particolarmente piacere ricevere questa mail: «Gentili Signori, Ho trovato sul vostro sito informazioni sulla biografia di mio nonno Costante Falpo tra gli autori di canzoni cantate dal Trio Lescano. Spero possa farvi piacere ricevere una sua foto da inserire. Grazie per il lavoro fatto. Saluti, Donatella Falpo».

Costante Falpo.

Abbiamo subito inserito tale foto nella pagina degli Autori italiani (D-L) e, nel ringraziare come si conviene la signora Donatella, l’abbiamo invitata a scrivere un ricordo del nonno, da pubblicare nella sezione Oggi parliamo di...

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26 Maggio 2011

◙ Mail di Roby: «L’altra sera, non riuscendo a prendere sonno, ho guardato il programma televisivo Report. In un servizio hanno usato due incisioni: Senti l’eco con le Lescano soliste e La canzone del boscaiolo con Rabagliati e le Lescano; quest’ultima si sente pochissimo. Il video della trasmissione è visionabile in YouTube. La parte di nostro interesse inizia dopo il minuto 2.43. http://www.youtube.com/watch?v=DxtqpTL-KQo ◙ Mail di Paolo: «Aggiungo una mia nota personale alla inarrivabile collezione di Tito. Vi presento nell’allegata foto due strumenti americani d’epoca, tuttora perfettamente funzionanti, di proprietà mia e di un caro amico. A sinistra un sax alto Martin Handcraft 2 del 1928, a destra un C Melody sax Conn 8m del 1923.

Questi strumenti erano molto diffusi anche tra i musicisti italiani d’epoca, e la foto bellissima dell’orchestra Barzizza [n. 38 dell’Archivio Donà] mostra che Domenico Mancini e Cesare Estill avevano quasi certamente un Martin, mentre Sergio Quercioli aveva un Conn».

La sezione saxofoni dell’Orchestra di Pippo Barzizza agli inizi degli anni Quaranta. Da sinistra: Mancini, Quercioli, Estil, Di Cunzolo e B. Gimelli.

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27 Maggio 2011

◙ Mail di Sandro: «Accetto volentieri l’invito rivoltomi dal Curatore a commentare quanto pubblicato nel sito http://www.newfiammatrentino.info a proposito delle Sorelle Lescano e delle vicende nelle quali, secondo articoli apparsi sulla stampa fin dagli anni Settanta del secolo scorso, furono coinvolte e che causarono la fine della loro attività in Italia. Personalmente, non ritengo fuori luogo né questo né alcun altro tentativo di chiarire la verità su dei fatti definibili “storici”, in quanto riguardano eventi e comportamenti identificabili con certi periodi della storia. Giudico però essenziali, per l’attendibilità delle analisi, la buona fede e l’onestà intellettuale di chi ne è autore. Un’utopia? Forse. Questa condizione che mi pongo è per lo meno il lato debole, anzi debolissimo del mio atteggiamento, anche perché assai difficile da appurare. Il fatto è che la verità troppo spesso è ingrata, per chi ha un ideale, e sono troppi i casi in cui fa comodo dirne solo metà. Non vedo, però, perché dovrei avere dubbi sulla buona fede di Filippo Giannini e sul suo metodo di indagine storica – a quanto lui dichiara – essenzialmente documentale. Specialmente in questi ultimi tempi, sulla vicenda dell’“arresto” delle Lescano si è scritto molto e bene, nel nostro sito: ricordiamo tutti, soprattutto, la nota di Virgilio Zanolla Una leggenda da sfatare, con la quale essa è stata analizzata e chiarita nel modo più completo e circostanziato. Per quanto riguarda la mia esperienza, quella della mia famiglia (per parte di mia Madre discendo da una famiglia di ebrei), posso testimoniare che – sebbene le demenziali (come il Curatore le ha caritatevolmente definite tempo fa) leggi “in difesa della razza italiana” fossero vigenti dal novembre 1938 – le persecuzioni e deportazioni di cittadini israeliti in Italia avvennero solo dopo il Settembre 1943, cioè solo dopo la fulminea e parziale attuazione del Piano Alarico da parte delle truppe germaniche presenti nel nostro territorio nazionale, ai nostri confini e nei territori da noi occupati. La nuova condizione dell’Italia, scesa dal livello di alleanza a quello di servaggio, lasciò ai tedeschi il pretesto per applicare anche qui i metodi già usati in gran parte dell’Europa. Della loro natura, di come furono attuati, dei loro esiti si conosce quasi tutto e sarà ben difficile che negazionismi o revisionismi possano confonderci le idee. Altro e diverso è parlare di quale fu, da quello sciagurato Settembre in poi, il comportamento di molti italiani. Di episodi edificanti come quello citato nell’articolo di Giannini ne conosco tanti altri, perciò penso che siano assolutamente veritieri, ma che dire delle migliaia di casi in cui furono italiani a denunciare e a collaborare con gli occupanti tedeschi alla ricerca ed all’arresto di concittadini ebrei e non solo ebrei? Ho le prove di come persino tra gli ufficiali del Regio Esercito – per vigliaccheria o per servilismo – l’atteggiamento razzista, antisemita in particolare, dopo il 1938 fosse comune e da taluni ostentato ad ogni occasione possibile. Del resto il regime si era affrettato, fin dai primi mesi del 1939, a promulgare norme che escludevano i cittadini di razza ebraica dalle formazioni militari, dalle relative, anche se meritatissime, onorificenze, ecc, ecc.

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Guardiamoci in faccia: stiamo parlando di un periodo in cui, almeno in Italia, è sembrato perdersi quanto di giusto ci può essere nel comportamento degli uomini. Le azioni di molti furono talvolta improntate ai peggiori istinti; ciò che vi è di inumano nelle mille pieghe dell’anima umana, è venuto fuori. Pochi seppero guardare lontano, riuscendo a conservare responsabilità, pietà, solidarietà. Vi sono circostanze in cui chiunque non abbia sani principi e solida volontà, può comportarsi come un mostro, anche senza rendersene conto. È uno dei peggiori effetti della guerra, di qualsiasi guerra, anche la più “giusta”, ammesso che si possa mai definire così questa attività aberrante, propria del genere umano. Sulla miniserie di Maurizio Zaccaro, che io ho trovato stomachevole, e sui “principi” a cui si rifanno i metodi di ricerca storica applicati da lui e dalla Rai, a suo tempo vi ho già tediato abbastanza. Condivido pienamente quanto scrive Paolo. Un’opera d’arte, in quanto frutto della fantasia e dell’estro di un Artista che intende trasmettere quel che gli pare, può essere frutto di sola fantasia o non aderire in tutto e per tutto alla realtà. Ma questo, secondo me, vale solo se essa non rappresenta fatti reali, ossia effettivamente avvenuti o realisticamente possibili in una certa epoca storica; caso che, per fare degli esempi, non è quello di un capolavoro come Il Gattopardo di Visconti né di altri film documentatissimi come Schindler list, o Cercate il soldato Ryan di Steven Spielberg, né di uno come Habemus Papam di Nanni Moretti, né – per continuare a scendere sempre più terra terra, come la miniserie Le ragazze dello swing di Zaccaro, oscenamente realizzato dalla Rai coi nostri quattrini e liberamente “ispirato” alla vita delle Sorelle Lescano. In questi casi, secondo me, l’autore ha il preciso dovere di non divulgare falsità, nel contesto di quello che vuol trasmettere allo spettatore. Pensiamo, anzi, purtroppo, vediamo a cosa questo conduce, nel giro di una o due generazioni: al travisamento, in buona sostanza, di qualsiasi vicenda storica. Non lo dico per nostalgia dei metodi da Minculpop, ma solo perché ritengo che vi siano regole e limiti posti dall’etica, che dovranno pur essere rispettate! In questi casi un regista, secondo me, deve conoscere gli argomenti di cui sta parlando; se non li conosce deve ricorrere all’aiuto di sceneggiatori e storici competenti, come hanno fatto Visconti e Spielberg. Se vuol narrare eventi reali, storici o storicamente plausibili, non deve buttare frescacce al vento, come l’ineffabile Moretti nel suo Habemus Papam o raffigurare ambienti realmente esistiti alludendo o rappresentando solo vizio e sudiciume perché fa audience, come ha fatto Zaccaro. È certo che documentarsi fa aumentare di molto i costi di produzione: senza quatrini nun cantano ciechi si dice dalle mie parti. La perfetta ambientazione storica del film-capolavoro di Luchino Visconti, con la sua singolare frequenza di scene di massa riprese in esterni, nonostante i premi meritati a Cannes e altrove e l’enorme successo che ha conseguito e che ancora oggi, dopo mezzo secolo, riscuote (è stato trasmesso ancora da La7 nell’ambito delle celebrazioni del 150°) è stata tale che il film non riuscirà mai a recuperare il capitale enorme che è costato.

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A questo punto, se può servire a chiarire come la penso sia sull’argomento sia sull’attività di un Filippo Giannini (al quale raccomanderei di migliorare la proprietà di linguaggio e di usare maggiore pacatezza, cose che evidentemente gli è stato difficile imparare negli anni ’50 presso la facoltà di Architettura di Roma o dopo, lavorando in Australia) come di qualsiasi onesto storico revisionista, abbiate pazienza e consentitemi di uscire un po’dal tema. Premesso, naturalmente, che la storia purtroppo non si racconta con i se, ma parlando del periodo successivo al 25 Luglio e precedente l’8 Settembre 1943, anche se la tracotanza nazista era tale da far naufragare qualsiasi approccio inteso a concordare un ragionevole scioglimento del cosiddetto “patto d’acciaio”, l’Italia avrebbe dovuto comunque sottrarsi alla follia criminale di Hitler, distinguendo finalmente le sue responsabilità da quelle scatenate da costui in un crescendo di orrori e di distruzioni. Come da tempo stava facendo Mussolini (è provato da documenti resi di pubblico dominio negli USA e in UK, ma divulgati pochissimo in Italia), così avrebbe dovuto continuare a fare il nuovo governo, nato subito dopo la destituzione e l’arresto del Duce: lo doveva a tutti gli italiani, in special modo ai combattenti, e subito. Ma il re e Badoglio erano incapaci di un’azione decisa e rettilinea; la loro condotta, incerta e timorosa nei confronti dell’alleato germanico, consentì ai tedeschi di calare in forze in Italia. Quest’azione non solo non fu contrastata (come compiacenti biografi di Badoglio sostengono), ma fu almeno tollerata, se non favorita, in vista dei “temuti” sbarchi anglo-americani. D’altra parte, il grosso degli effettivi italiani in patria fu impiegato in quel periodo quasi esclusivamente in servizi d’ordine pubblico, e non tanto in funzione antifascista, quanto per timore che i movimenti “popolari” determinatisi dopo la caduta del fascismo potessero prendere la mano e portare a sbocchi “rivoluzionari”, assai paventati (e forse a ragione) anche da questi due personaggi.

A s.: Vittorio Emanuele III (Napoli, 1869 - Alessandria d’Egitto, 1947), re d’Italia dal 1900 al 1946; fu soprannominato “Sciaboletta” a causa della bassa statura (1,53 m);

a d.: Pietro Badoglio (Grazzano Monferrato, 1871 - Grazzano Badoglio, 1956), maresciallo d’Italia e Capo del Governo dal 25 Luglio 1943 all’8 Giugno 1944.

Questo ambiguo comportamento, che favoriva i tedeschi mentre cercava di venire a patti col nemico, fu nettamente percepito dagli anglo-americani e fu più che

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sufficiente a giustificare la pesante diffidenza con cui considerarono tutte le nostre iniziative e trattative per l’armistizio. Con la scusa del controllo dell’ordine pubblico, poi, ma anche allo scopo di liberarsi dei suoi nemici personali, Badoglio usò allora metodi (coprifuoco, carcerazioni, fucilazioni, veri e propri assassinii) peggiori di quelli usati – raramente – dal suo predecessore. E mentre, pochi giorni dopo il suo insediamento, si cominciava a trattare l’armistizio col nemico (gli Alleati). fino a pochi minuti prima che tale armistizio fosse annunciato, sia il re che il suo primo ministro continuarono, personalmente e tramite generali ed ammiragli, a fare solenni, melodrammatiche dichiarazioni di fedeltà all’alleato (i tedeschi). Non è tanto lo scopo, legittimo, ma il modo subdolo e contorto col quale esso fu perseguito, che fu dannoso, oltre che disgustoso. Un vero e proprio tradimento, che pesa come un marchio d’infamia su molti dei responsabili di allora, militari e civili: non seppero far fronte dignitosamente alle responsabilità ed ai compiti loro affidati; non seppero o non vollero tener fede agli impegni assunti. Destreggiandosi fra compromessi, complotti e tradimenti, pensarono solo a salvare la pelle o i propri particolari interessi, trascurando o non curandosi affatto delle conseguenze che le loro azioni, omissioni e compromissioni avrebbero avuto sulla popolazione. Alla fine della guerra, poi, ed anche– da parte di note fazioni, che non furono certo quelle costituite per iniziativa dei militari – durante l’ultima parte del suo tragico corso, si pensò all’Italia come a un mercato da conquistare, a una terra di confine che poteva toccare all’uno o all’altro dei due blocchi in cui il mondo si andava di nuovo dividendo. È per questo modo di pensare che allora sono mancati e che tuttora mancano quei provvedimenti che la politica doveva dare ai cittadini: quelli intesi a favorire la pacificazione degli animi, evidenziando, esaltando quello che di vero, di onesto, di giusto c’era stato nell’un campo e nell’altro, persino nelle più sciagurate vicende. Siamo diventati prigionieri di miserabili ideologi che si sono dati sempre un gran da fare per dividerci in “buoni” e “cattivi”. Perché i francesi, i tedeschi, popoli che hanno sofferto più di noi, non sono caduti in questo tranello? Quello che ci divise sessanta, settant’anni fa ancora oggi, assurdamente, ci divide: è un chiaro indice della colpevole miopia di generazioni di politici italiani. L’attività “politica” deve intendersi quella di chi ha avuto dai cittadini l’incarico di curarsi di tutto quello che giova alla nazione, al popolo. Ma quella dei “politici” (tra virgolette) italiani, da allora in poi, sembra proprio l’ulteriore prova che non pensano ad altro che a interessi lontani anni luce da quelli, reali, dei cittadini. Per il predominio di calcoli e di interessi diversi, e nonostante la presenza, allora per la prima volta dopo decenni, di forze politiche di rinnovamento, dal 1945 ad oggi l’Italia non ha potuto avere quella evoluzione morale e storica che doveva liberarla da quanto di velenoso c’era stato nei tempi prefascisti e fascisti né dalle ipoteche che la vecchia classe dominante s’era premurata di porre sulla futura direzione del paese, all’indomani del disastro da essa stessa provocato. È questa, anche secondo il mio irrilevante parere, la ragione principale per cui la nostra democrazia, puntualmente, incontra ostacoli di ogni tipo, quando tenta di

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incamminarsi sulla strada della verità. Che si tratti di confermare, revisionare o negare poco dovrebbe importare: la Verità sarà una, o no? Un fatto importante mi è sempre stato chiaro, nella fitta nebulosa dei documenti – ormai di dominio pubblico forse perché non interessano più a nessuno – e per l’esperienza della mia famiglia: quanto male arrechino le cattive azioni di capi incapaci o vili, e quanto poco riescano a porvi rimedio le azioni di migliaia di uomini semplici e in buona fede». 28 Maggio 2011

◙ Mail di Virgilio: «Ho appena finito di leggere la lettera-fiume di Sandro; trovo che abbia molte ragioni, meno una: quando afferma che «siamo diventati prigionieri di miserabili ideologi che si sono dati sempre un gran da fare per dividerci in “buoni” e “cattivi”» dice il vero, ma quando prosegue chiedendosi «Perché i francesi, i tedeschi, popoli che hanno sofferto più di noi, non sono caduti in questo tranello?» sembra dimenticarsi come in realtà – tanto in Francia, soprattutto, come in Germania – le cose siano invece andate proprio allo stesso modo. La Francia ha avuto, ed ha, la stessa divisione tra destra e sinistra che abbiamo noi, con isterie ed estremismi non meno significativi; senza contare, la stessa nostra ipocrisia che nel valutare la sua storia: come ho già avuto modo di dire in passato, trovo ignobile la valutazione storica data sulla figura del maresciallo Pétain, così come, per contrasto, da noi trovo ignobili le ‘dimenticanze’ sui crimini e sulle incapacità militari di personaggi come il generale Luigi Cadorna (prima guerra mondiale) e i generali, eppoi marescialli, Graziani e Badoglio (guerra d’Africa, seconda guerra mondiale). A Badoglio, in Piemonte, hanno addirittura intitolato il paese, Grazzano, come se non si trattasse di lui ma dell’eroico Pietro Micca a cui Sagliano ha giustamente voluto associare il nome! E come possiamo parlare di democrazia quando un film come Il leone del deserto (1981) di Moustapha Akkad, interpretato da attori del calibro di Anthony Quinn, Rod Steiger e Oliver Reed, che racconta le atrocità commesse da Graziani in Libia negli anni 1929-31, in Italia non è mai stato distribuito, è stato anzi censurato dalla nostra televisione e si è parlato perfino d’intentare a regista e produttore un processo per «vilipendio contro le nostre forze armate»? Ecco il giudizio su quest’opera dello storico Denis Mack Smith: «Mai prima di questo film, gli orrori ma anche la nobiltà della guerriglia sono stati espressi in modo così memorabile, in scene di battaglia così impressionanti; mai l’ingiustizia del colonialismo è stata denunciata con tanto vigore... chi giudica questo film col criterio dell’attendibilità storica non può non ammirare l’ampiezza della ricerca che ha sovrinteso alla ricostruzione».

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Manifesto originale del film Lion of the Desert. Quanto alla Germania, anch’essa ha avuto molte e incomprensibili ‘dimenticanze’, e anch’essa ha sofferto, e in parte soffre, la stessa divisione manichea di cui parla Sandro. Vorrei, anche, tornare sullo sceneggiato di Zaccaro e, a distanza di otto-nove mesi, dire qualcosa di più meditato – ma non, ahimé, di più lusinghiero. Purtroppo, me ne manca il tempo». 29 Maggio 2011

◙ Mail di Gianna Montanari Bevilacqua: «Gentile Curatore, mi permetta d’intervenire nel tema trattato in questi giorni, consigliando (a chi si trova nei paraggi della Valle di Susa) di visitare nel Parco del Gran Bosco una mostra, curata da Franco Debenedetti, che parla attraverso fotografie e documenti vari, e fa comprendere come fosse la vita degli ebrei dopo l’emanazione delle leggi razziali. È una mostra d vedere, molto chiara e comprensibile, che non parla il linguaggio dell’ideologia, ma quello dei fatti e delle vicende avvenute ad alcune famiglie: scuola negata ai bambini, lavoro e relazioni sociali negate agli adulti, e per molti la conclusione dell’esistenza in un lager. Una mostra istruttiva, molto indicata anche per le scuole. Notare che erano italiani sia i legislatori sia coloro che per denaro hanno denunciato gli ebrei, sia i tanti che hanno collaborato a questo stato di cose. Visitare la mostra è anche un’occasione per conoscere il Parco del Gran Bosco di Salbertrand e le sue bellezze. 17 novembre 1938 - Lo Stato italiano emana le leggi razziali, a cura di Franco Debenedetti Teglio. Aprile - Giugno 2011. Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand (To). Ecomuseo Colombano Romean, via F. Fontan 1. Info e tel. 0122 / 854720». ◙ Ricorre oggi il centenario della nascita di Alfredo Clerici, il cantante vigevanese con cui le Lescano incisero due canzoni: Orchidee sotto la luna (IT 591) e Vieni in

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riva al mar (IT 1032). Suo nipote, Marco Clerici [v. le Notizie del 23 Marzo 2011] ha inviato ad Alessandro Rigacci – e in copia anche a Paolo Piccardo, ma non a noi (anzi il nostro sito non è mai menzionato, né tanto meno ringraziato alla fine...) – un breve scritto, corredato da due foto inedite, per rievocare la figura del nonno, nonché della nonna, Alda Mangini. A richiesta di Alessandro (e solo per questo motivo), lo pubblichiamo nella sezione Oggi parliamo di...; il Curatore si è però astenuto, per comprensibili motivi, dall’effettuare su tale materiale il consueto lavoro di editing: esso si presenta dunque nella sua forma originale. 30 Maggio 2011

◙ Abbiamo finalmente finito di sistemare l’archivio fotografico del cantante Aldo Donà (Venezia, 23 settembre 1920, tuttora vivente a Caracas) e abbiamo il piacere di metterlo da oggi in rete, nella Fototeca. Esso consta di 64 foto, tutte interessanti e numerose di gran pregio. Fra queste ultime spiccano, oltre ai bellissimi ritratti giovanili del Nostro, le foto pubblicitarie di vari artisti firmate da quel genio della fotografia in studio che fu Enea Mangini, più l’incantevole ritratto di Norma Bruni, realizzato nel ’43 da un fotografo fiorentino il cui nome non siamo ancora riusciti ad identificare con sicurezza:

Firma della foto n. 40 nell’Archivio di Aldo Donà.

Se qualcuno è in grado di farlo è pregato di contattarci. ◙ Mail di Giancarlo: «Poche e brevi segnalazioni. E sempre con il solito dubbio di fare cosa superflua e rubarvi del tempo prezioso. Sul Maestro Carlo Prato risulta già ‘agli atti’ la seguente affermazione: “...il Maestro Carlo Prato, che aveva come aiuto un certo Ferdinando Buscaglione...”? Così Maurizio Ternavasio, scrivendo su Lidia Martorana in “Torinosette” del 1° marzo 2002. Allego, per ogni evenienza, l’articolo (reperito tramite il link presente su Wikipedia, voce Lidia Martorana / sezione Bibliografia). http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=3499637 Per scrupolo, ho cercato di controllare prima di scrivere. Su Buscaglione (non ancora Fred) ho trovato – nelle Notizie del novembre 2010 – la sua militanza nella formazione jazz di Renato Germonio e la sua amicizia e collaborazione con Leo Chiosso. Niente riguardo a Carlo Prato. Niente anche su altri siti. Forse, quindi, la mia segnalazione non è di quelle superflue.

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Su Maurizio Ternavasio testé citato: giornalista de “La Stampa”, classe 1961, è autore del volume Il Grande Fred. Fred Buscaglione, una vita in musica (Lindau, Torino, 1999). Da consultare (se già non è stato fatto), con la prospettiva di trovarvi maggiori notizie sulla collaborazione con il M° Prato. Sul periodico “Torinosette”, Ternavasio ha tenuto dal 2001 al 2004, la rubrica dal titolo Chi si rivede, dedicata ai torinesi illustri. (La raccolta degli articoli è uscita anche in volume, edizioni Anteprima). È in questa testata che è uscito il profilo di Marta Bria debitamente inserito nella Bibliografia di questo sito, con indicazione dell’autore e della data di pubblicazione (dicembre 2002), ma incompleto del nome della testata (“periodico sconosciuto”). A tali letture (o riletture) mi ha indotto un recentissimo colloquio telefonico con la grande Lia Origoni, contattata allo scopo di preparare il terreno a Manuel Carrera, al quale ho caldamente suggerito di raccogliere i ricordi dell’artista relativi al periodo in cui lavorò con Alberto Rabagliati. Nell’occasione, alla Signora Origoni ho anche detto che è stata brevemente ricordata mesi fa nelle Notizie di questo sito. E anticipato che lo sarà nuovamente e con maggior risalto, quando avrò inviato il promesso racconto della vergognosa “bufala” che l’ha vista involontaria protagonista. A proposito della “bufala” del mai avvenuto imprigionamento delle Lescano durante la guerra, la mia gentile interlocutrice ha detto di aver sempre creduto lei pure a tale racconto, e di averne sentito indicare l’origine in una delazione partita da un... trio rivale. Qui, però, temo – con il mio affastellare i nomi di Trio Aurora, Trio Capinere e Trio Primavera, e complice la preoccupazione di non abusare del tempo e della pazienza della Signora – di averne messo fuori strada i ricordi. Lei parlava di Isa Bellini come della moglie di Eduardo De Filippo, confondendola con Thea Prandi. Ma, ripeto, la colpa è unicamente della fretta e mia. La Signora Origoni è di una lucidità a tutta prova e impegnatissima ad aiutare il giornalista Giancarlo Tusceri a compilare la sua biografia, di imminente pubblicazione». ◙ Mail di Antonio: «Sin dall’inizio seguo ogni giorno le Notizie su questo sito, dedicato alle Lescano, e devo dirvi che in questi ultimi tempi esse stanno diventando alquanto polemiche, con lunghe dissertazioni sugli ebrei. È proprio necessario che si continui a toccare sempre lo stesso tasto, direi... sino alla noia? In questo modo – penso – non si tratterebbe più di notizie, ma di critiche, anche piuttosto logorroiche. Io la penso così. Mi sbaglio?». Il Curatore si limita a pubblicare i contributi che riceve, sistemandone un po’ – quando è necessario – solo la forma, perché ritiene che il sito non debba maltrattare la morfosintassi italiana. Quanto al contenuto delle mail pervenute in Redazione, il Curatore è convinto di non dover esercitare su di esso alcun tipo di censura, né in un senso né nell’altro: basta che ognuno esprima le proprie idee, anche controcorrente, con urbanità e senza aggredire o ingiuriare chi ha opinioni diverse dalle proprie. Regola che è sempre stata scrupolosamente rispettata, almeno nelle intenzioni. 31 Maggio 2011

◙ Mail di Giancarlo: «Eh sì, Fototeca e Notizie, dopo la scorpacciata iniziale, vanno guardate e riguardate, con calma e metodicamente. Ieri, per dire, mi sono letto,

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deliziandomene, il capitolo di Fatal Novara 2 su Carlo Prato, del Novembre 2010. Ma quanto è bravo Romolo Barisonzo! Che tocco da maestro. Lieve, ma impietoso. Che descrizione dello scalcagnato Regio Esercito del Re e di Mussolini nella Costa Azzurra occupata. Con quell’epilogo sublime di Dante Maggio che, da partenopeo di razza, si inventa il “suo” 8 Settembre ed esce di caserma in braghe a scacchi, maglietta a strisce e armato di raccchetta da tennis, e s’incammina verso casa e il bello è che lui a casa riesce a tornarci davvero. Siamo al livello del miglior Totò o del miglior Eduardo. E chi ringraziare per averci fatto conoscere tanta delizia?». ◙ Mail di Paolo: «Cari amici, oggi ho due curiosità do sottoporvi. Nella prima un “Quartetto Hawaiano Cetra” esegue un pezzo in stile, e di sicuro tra gli esecutori c’è l’autore, Seracini, valente chitarrista (Alma carioca, GP 91809a, matr. 151189). La datazione, vista la matrice, andrebbe a fine 1935. Lo stesso Seracini, qualche mese prima, incideva con un “Quartetto Jazz Cetra” (GP 91378), composto, oltre a Seracini, da Valdambrini, Filippini e Mojetta. Mi sembra di poter affermare che si tratti delle prime comparse di un “Quartetto Cetra”. Qualcuno dei chitarristi del sito (come Tito) ne sa qualcosa in più? Il disco seguente, IT 720b (Un tango nella notte) è invece del 1941, ma il fatto curioso è che la matrice 50426 riporta anche un numero 3. Mi sentirei di dire che in questo caso il “3” rappresenta il take, ovvero l’incisione che fu effettivamente usata delle almeno 3 realizzate. Non mi sembra che questo tipo di numerazione compaia altrove, o per lo meno questo uso è stato abbandonato».

◙ Mail di Manuel: «Per quanto riguarda le Notizie di ieri (mi riferisco ad Antonio), forse un po’ ha ragione, ma capisco benissimo anche il punto di vista del Curatore, che vuole essere un “semplice” coordinatore. Allora do un suggerimento: perché non cercare di stimolare qualche dibattito che riguardi solamente la musica? Come provammo a fare con Strada deserta... Dalla scorsa estate, non smetto mai di ascoltare questo straordinario repertorio di canzoni e continuo a meravigliarmi. Soprattutto Giuditta, secondo me, sarebbe da rivalutare. Ecco, si potrebbe parlare di lei!». Ottimo suggerimento! C’è solo da augurarsi che i lettori-collaboratori l’accolgano con favore: nel caso di Strada deserta non è certo stato così...