Non raccontatelo ai bambini

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Un racconto per la domenica La porta stretta del lavoro La cattiveria, la malafede e la memoria corta pervadono uno spazio della nostra esistenza che purtroppo va vissuto e preso per quello che è e senza possibilità di scelta. L'ambiente lavorativo obbliga a convivere anche con persone che in altri contesti non si frequenterebbero. Se ci si discosta seppure lievemente dalle leggi "fantozziane" non legittimate per pudore ma accettate quasi da tutti si finisce nel disprezzo della gogna qualunquista di gente pavida, inerte e dedita alla cura del proprio orticello. Questa è una storia che si discosta da qualsiasi realtà sperimentata o conosciuta in qualche modo nel passato o nel presente: praticamente una fiction. Una ricostruzione di fantasia ambientata in un ufficio a partecipazione pubblica composto di diversamente giovani all'ultima spiaggia, ex disoccupati, ragazzi al primo impiego, diplomati e laureati di lungo corso che, invece di confrontarsi con il mercato piuttosto che in un concorso statale, hanno scelto la via modesta di una chiamata diretta attraverso uno dei tanti ammortizzatori sociali messi a disposizione dalle istituzioni governative.

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Un racconto per la domenicaQuanto narrato in questo scritto è opera di fantasia. Ogni riferimento a cose, persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

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Un racconto per la domenica

La porta stretta del lavoro

La cattiveria, la malafede e la memoria corta pervadono uno spazio della nostra esistenza che purtroppo va vissuto e preso per quello che è e senza possibilità di scelta. L'ambiente lavorativo obbliga a convivere anche con persone che in altri contesti non si frequenterebbero. Se ci si discosta seppure lievemente dalle leggi "fantozziane" non

legittimate per pudore ma accettate quasi da tutti si finisce nel disprezzo della gogna qualunquista di gente pavida, inerte e dedita alla cura del proprio orticello. Questa è una storia che si discosta da qualsiasi realtà sperimentata o conosciuta in qualche modo nel passato o nel presente: praticamente una fiction. Una ricostruzione di fantasia ambientata in un ufficio a partecipazione pubblica composto di diversamente

giovani all'ultima spiaggia, ex disoccupati, ragazzi al primo impiego, diplomati e laureati di lungo corso che, invece di confrontarsi con il mercato piuttosto che in un concorso statale, hanno scelto la via modesta di una chiamata diretta attraverso uno dei tanti ammortizzatori sociali messi a disposizione dalle istituzioni governative.

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Un periodo di tempo per la formazione e poi lo start up aziendale. Ma si lavora a singhiozzo. Qualche progetto per poi ripiombare nell'inattività retribuita puntualmente ogni fine mese. Tutto questo per anni, a spese della collettività e nel silenzio omertoso dei

dipendenti. Anzi, qualcuno di loro comincia a sgallettare e si fa pure strada leccando il culo a un ipotetico "Capo", di qui in avanti indicato con un nome di fantasia che evoca risultati positivi, come quello di "Vittorio". E Vittorio, che ha bisogno di leccaculo per fronteggiare chi comincia a preoccuparsi per il proprio futuro vista la retribuzione di fatto mai mancata in cambio di una perdurante

"nullafacenza", elargisce promozioni a destra e a manca. Tutto ciò non sfugge a un quotidiano nazionale, "La danza delle ore" di ponchielliana memoria, il quale pubblica un articolo denunciando che in giro per la penisola esiste una società mista a capitale pubblico dove sguazzano indisturbati dirigenti e quadri aziendali incompetenti e pagati profumatamente. Apriti cielo! Si inalberano "i marinai del nulla" e cazzano la randa.

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Nulla di fatto. Incompetenti erano e incompetenti restano per il prestigioso quotidiano. Il leccaculismo impera. Molti hanno la benda sugli occhi ben stretta e i tappi semichiusi nelle orecchie. Quel semichiuso suona male per qualcuno. Ed è così che inizia la caccia alle streghe. Diffamazioni, delazioni, spiate, messe in guardia da capitalizzare per un domani incerto. Madri in vendita e abbassamenti di culo. "Vittorio il Capo" esulta e porta avanti la baracca e la ingrandisce pure con superfetazioni azzardate nella complicità assoluta della politica e quella ancora più colpevole dei dipendenti autoaccecatisi e sordomutati per mission aziendale. Lavoratori indifferenti dinanzi al malaffare, agli imbrogli alla luce del sole come quello in cui inciampa un impiegato che, accostatosi involontariamente alla porta socchiusa del dirigente, intercetta suo malgrado una frase pronunciata da un funzionario venuto dall'alto di una istituzione, del tutto sordo ai motivi deontologici, che il poveretto prima di allora aveva ascoltato solo nei film: "Ci sono a disposizione un sacco di soldi per noi. Adesso bisogna saperli prendere!". Un bel giorno, salta il tappo. Quelli della tributaria fanno tana a "Vittorio il Capo". I dirigenti e i quadri incompetenti, almeno a leggere il giornale "La danza delle ore", fanno a gara per saltare sul carro del vincitore di turno e, come spesso accade, ci riescono con destrezza. D'altronde, è così anche per i furti. Gli onesti si ritrovano ad annaspare in una vasca zeppa di coccodrilli in affioramento nel completo e rassicurante anonimato. Quanto narrato in questo scritto è opera di fantasia. Ogni riferimento a cose, persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

L'importante è non raccontarlo ai bambini.