Non lasciate solo il Libano · 2020. 9. 4. · Non lasciate solo il Libano L’auspicio di «un...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 202 (48.526) Città del Vaticano sabato 5 settembre 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!"!;!z!,! LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Conversazione con il presidente del Cnel, Tiziano Treu Il futuro è incerto Servono coesione e stabilità di MARCO BELLIZI F orse non saremo più nella tempesta ma a piovere, pio- ve. Eccome. Tiziano Treu, 81 anni appena compiuti, ministro dei governi Dini, Prodi e D’Alema, non fa professione di ottimismo a prescindere circa le prospettive del- la ripresa in Italia. Commissario straordinario dell’Inps nel 2014, Treu è presidente del Cnel dal 2017. Un osservatorio ideale, que- st’ultimo, da cui analizzare le spin- te, le tendenze economiche e socia- li di un Paese per molti versi diffi- cilmente decifrabile. L’impressione che se ne ricava, e che si illustra in questa conversazione, è che l’incer- tezza ancora regni sovrana. Ci sono anche elementi e segnali positivi, soprattutto se si ragiona in pro- spettiva. Ma dipende tutto dalla volontà di rimanere coesi e stabili nelle intenzioni, a partire dal mon- do del lavoro, un settore che l’ex ministro conosce bene, avendo av- viato nel 1997 una delle riforme più importanti, quella che ha introdot- to, o regolato, i contratti atipici, la flessibilità. Un cambiamento epo- cale non esente da aspetti critici. Primo fra tutti quella, spiega con rammarico Treu, di non essere sta- to seguito da adeguati investimenti per i servizi di riqualificazione e reinserimento. Un vulnus che oggi, in corso di pandemia, mostra tutta la sua drammaticità. Presidente, inizio con una domanda che attiene a una sfera più privata. All’esordio della pandemia, qual è stata la sua prima reazione personale, da persona abituata ad analizzare le dinamiche sociali ed economiche di un mondo che all’improvviso non era più lo stesso? Al primissimo momento la rea- zione è stata, come dire, di incre- dulità e anche momentaneamente di presa di distanza, quasi per esor- cizzare. Anche perché alcuni degli stessi esperti dicevano “vabbè, in fondo non è detto che sia così gra- ve, che sia molto diversa da altre malattie già sperimentate”. Però su- bito dopo, vedendo la chiusura di tutti i luoghi di lavoro, le scuole, il lockdown generalizzato, ho avuto una reazione di angoscia: si è visto che la crisi non solo colpiva, come nel 2008, l’aspetto economico, ma, in modo grave, l’esistenza stessa delle persone. E l’Italia è stata tra i primi paesi, abbiamo visto solo do- po che si trattava di una calamità mondiale. Poi la sensazione è stata di sconcerto, perché è parso chiaro sin dall’inizio che si era di fronte a evoluzioni difficili da prevedere. CONTINUA A PAGINA 3 Il cardinale Parolin inviato del Papa nel Paese dei cedri per la Giornata di preghiera, digiuno, solidarietà con Beirut Non lasciate solo il Libano L’auspicio di «un futuro pieno di speranza» per il Libano e il ringra- ziamento al Signore per il suo amore «che si è espresso tramite la solida- rietà di molti», con l’affidamento del Paese dei cedri — affinché realizzi la sua «vocazione di pace e di fraterni- tà» — sono riecheggiati nell’accorata preghiera di Papa Francesco letta dal cardinale Pietro Parolin, segreta- rio di Stato, tra la gente di Beirut, venerdì mattina, 4 settembre, in oc- casione della Giornata universale di preghiera e di digiuno per il Libano. Era stato lo stesso Pontefice ad an- nunciarla all’udienza generale di mercoledì 2, stringendo tra le mani una bandiera libanese recata da un sacerdote maronita. Un’iniziativa so- stenuta anche nella stessa Giornata del 4 con un tweet sull’account @Pontifex rilanciato dalla Rete mon- diale di preghiera del Papa e da Va- tican Media Di vicinanza della «Chiesa cattoli- ca in tutto il mondo» al Libano e al suo popolo il porporato ha parlato anche davanti ai leader religiosi riu- niti nella cattedrale maronita di San Giorgio, nella capitale, dov’è stata commemorata la tragica esplosione nel porto cittadino avvenuta un me- se fa. Il Papa, ha ricordato il cardi- nale Parolin, «mi ha chiesto di veni- re qui per incontrarvi dopo aver lan- ciato il suo appello per una “Giorna- ta di preghiera, digiuno e solidarietà con Beirut” e con il Libano». E la risposta è stata «immediata ed è giunta da tantissimi Paesi diversi, da tutti i continenti. Non siete soli!», ha assicurato il segretario di Stato, che — dopo aver invocato da Dio il dono della «sua pace a tutte le vitti- me della terribile e tragica esplosio- ne che ha rapidamente lacerato il cuore della città» — ha pregato per- ché il Signore «dia la forza per prenderci cura di ogni persona che è stata colpita e realizzare il compito di ricostruire Beirut». Quindi ha fat- to notare come nessuno possa «vive- re in una situazione di timore che la propria vita e quella dei suoi cari possa essere minacciata in qualsiasi momento». Per questo, ha aggiunto, «siamo accanto a voi in silenzio e solidarietà per esprimere il nostro amore. Stando al vostro fianco, tro- viamo il coraggio di gridare insieme: “basta”». Nel suo discorso il cardi- nale ha anche messo in luce come «la nostra sofferenza» possa «aiutar- ci a purificare le nostre intenzioni e rafforzare la nostra determinazione a vivere insieme in pace e dignità, a cercare una governance migliore che favorisca la responsabilità, la traspa- renza e la responsabilizzazione». Da qui il caloroso invito a scon- figgere insieme la violenza e «tutte le forme di autoritarismo, promoven- do una cittadinanza inclusiva basata sul rispetto dei diritti e dei doveri fondamentali». Richiamando il mes- saggio di Papa Francesco per la LII Giornata mondiale della pace (2019), il porporato ha esortato tutti i leader politici libanesi, «quelli dei partiti tradizionali ma anche quelli dei nuo- vi movimenti, a promuovere in mo- do sincero e concreto i talenti dei giovani e le loro aspirazioni di pace e di un futuro migliore». Nessuno, ha ribadito, «deve manipolare i so- gni delle generazioni più giovani, ma piuttosto agevolare la loro parte- cipazione attiva alla costruzione del- la società». Dopodiché il segretario di Stato ha rimarcato «l’importanza unica del Libano», che è parte della Terra santa «visitata da Nostro Si- gnore Gesù Cristo e dai suoi aposto- li, nonché da sua Madre, cara a tutti i libanesi, la Santa Vergine Maria». I leader religiosi, ha aggiunto, hanno «la missione fondamentale di dare speranza a una popolazione colpita, di onorare e servire i nostri fratelli e sorelle nell’umanità, a partire da quelli più vulnerabili». In proposito il cardinale Parolin ha fatto riferimento ai «bellissimi esempi di solidarietà vissuti in tutta Beirut», che «rafforzano la nostra speranza e ispirano le nostre azioni future». Rivolgendosi ai rappresen- tanti di varie organizzazioni confes- sionali e della società civile presenti all’incontro, il porporato si è detto consapevole che sono proprio essi «a sopportare la maggior parte della re- sponsabilità» e che stanno impiegan- do «grandi sforzi per non abbando- nare nessuno in queste tragiche cir- costanze». Da qui l’auspicio che possano «continuare a offrire un esempio di sincera solidarietà, fedele alla tradizione libanese di resilienza, creatività e sostegno reciproco». Il cardinale ha quindi rinnovato l’ap- pello di Papa Francesco alla comuni- tà internazionale: «Non lasciate solo il Libano!». Il Paese, ha detto, «ha bisogno del mondo, ma anche il mondo ha bisogno dell’esperimento costante unico del pluralismo, del vi- vere insieme in solidarietà e libertà che è il Libano». La sera precedente, al suo arrivo a Beirut, il cardinale aveva celebrato la messa nel piazzale del santuario ma- riano di Harissa. Davanti ai pastori, ai fedeli e alle autorità locali, riuniti intorno alla mensa eucaristica, nel ri- cordo delle vittime e dei loro fami- liari della tragedia e del drammatico momento per tutta la nazione, ha espresso «la vicinanza e la solidarie- tà del Santo Padre e, attraverso di lui, di tutta la Chiesa». Poi, ha spie- gato come il Libano abbia «sofferto troppo» e ha ricordato che «l’anno che sta per concludersi è stato la scena di molte tragedie che hanno colpito il popolo libanese». Senza dimenticare la grave crisi economica, «sociale e politica che continua a scuotere il Paese, la pandemia del coronavirus che ha aggravato la si- tuazione e, di recente, un mese fa, la tragica esplosione nel porto di Bei- rut, che ha sventrato la capitale del Libano e causato terribili sofferen- ze». È vero, ha aggiunto, che i liba- nesi «stanno vivendo momenti di abbattimento. Sono prostrati, sfiniti e frustati». Ma «non sono soli. Noi li accompagniamo tutti spiritualmen- te, moralmente e materialmente». Infatti, nell’ultimo anno, e soprattut- to nell’ultimo mese, il Papa «ha ri- cordato il Libano in diverse occasio- ni e ha espresso la sua solidarietà at- traverso gesti solidali». Il cardinale ha infine esortato «la comunità in- ternazionale a soccorrere il Libano, ad adoperarsi per risolvere i suoi problemi e a cercare il bene di que- sto grande popolo e di questo Pae- se», definito da Giovanni Paolo II «Paese messaggio per l’Oriente e l’O ccidente». Messaggio pontificio al forum di Cernobbio L’economia come “cura” al servizio della persona «Di fronte a un futuro che appare incerto e difficile» l’economia «può diventare espressione di “cura”, che non esclude ma include, non mor- tifica ma vivifica, non sacrifica la dignità dell’uomo agli idoli della finanza, non genera violenza e di- suguaglianza, non usa il denaro per dominare». Lo ha scritto il Pa- pa in un messaggio inviato ai par- tecipanti al Forum di “European House - Ambrosetti”, in corso a Villa d’Este, Cernobbio, dal 4 al 5 settembre. Dopo aver ricordato come que- st’anno il confronto sugli impor- tanti temi in agenda richieda «un impegno straordinario, per rispon- dere alle sfide provocate o rese più acute dall’emergenza sanitaria, eco- nomica e sociale», Francesco ha messo in luce «che dall’esperienza della pandemia tutti stiamo impa- rando che nessuno si salva da so- lo». Infatti, ha aggiunto, «ogni scelta personale ricade sulla vita del prossimo, di chi ci sta accanto ma anche di chi, fisicamente, sta dall’altra parte del mondo». Del resto, ha osservato ancora il vescovo di Roma, «nella tragedia, che ancora attanaglia l’umanità in- tera, non sono bastate neppure la scienza e la tecnica». Mentre «l’ele- mento decisivo è stato il surplus di generosità e di coraggio, messo in atto da tante persone». Di conse- guenza, ha suggerito il Pontefice, occorre «uscire dal paradigma tec- nocratico, inteso come unico o pre- valente approccio ai problemi». In- somma, «nei confronti sia della na- tura sia, a maggior ragione, delle persone, è necessario un cambia- mento di mentalità che allarghi lo sguardo e orienti la tecnica, metten- dola al servizio di un altro tipo di modello di sviluppo, più sano, più umano, più sociale e più integrale». E in proposito ha concluso incorag- giando i partecipanti a «costruire modalità nuove di intendere l’eco- nomia e il progresso, combattendo ogni emarginazione, proponendo nuovi stili di vita, dando voce a chi non ne ha». PAGINA 10 Un volume sull’assemblea generale ordinaria del 2018 con un testo di Francesco Intorno al fuoco vivo del Sinodo sui giovani È uscito in questi giorni il libro del salesiano Rossano Sala Pastorale gio- vanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo. Educare alla vita buona del Van- gelo, nel quale sono raccolti contributi sulle tematiche della pastorale gio- vanile della Chiesa alla luce di quanto emerso dai lavori della XV assem- blea sinodale dei vescovi, svoltasi nel 2018. Del libro pubblichiamo l’«In- vito alla lettura» scritto da Papa Francesco, stralci dell’introduzione dell’autore e del testo conclusivo del gesuita Giacomo Costa, entrambi se- gretari speciali di quell’assise. PAGINE DA 7 A 9 Le credenziali del nuovo ambasciatore del Belgio Nelle tensioni tra Grecia e Turchia nel Mediterraneo orientale La Nato cerca di mediare BRUXELLES, 4. La Nato propone col- loqui per cercare di risolvere la peri- colosa escalation nel Mediterraneo orientale. «Dopo le mie discussioni con i leader di Turchia e Grecia, i due Alleati hanno concordato di av- viare colloqui tecnici presso la Nato per stabilire meccanismi per una de- escalation militare in modo da ridur- re il rischio di incidenti e infortuni nel Mediterraneo orientale» ha di- chiarato in una nota il segretario ge- nerale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg. «Rimango in stretto contatto con tutti gli Alleati coinvol- ti per trovare una soluzione nello spirito di solidarietà della Nato» ag- giunge Stoltenberg. Tuttavia, da Atene è arrivata una secca smentita. Al momento — si leg- ge in una nota dell’esecutivo greco — non sono in programma colloqui con la Turchia sulle tensioni medi- terranee. «I nostri partner europei hanno già stilato un elenco di san- zioni e stanno chiedendo ad Ankara di procedere ad una de-escalation, altrimenti le attiveranno» ha detto il portavoce del governo greco, Stelios Petsas. Linea dura anche da Ankara. «La Grecia, Cipro e i Paesi che li sosten- gono agiscono in maniera tale da aumentare la tensione e rendere il problema irrisolvibile» ha detto ieri il presidente turco, Recep Tayyip Er- doğan, nel corso di una riunione in videoconferenza con il cancelliere te- desco, Angela Merkel. Erdoğan, ci- tato dall’agenzia di stampa Anadolu, ha elogiato gli sforzi della Merkel per contribuire alla soluzione del problema, definendo «inaccettabile» il sostegno dato da alcuni Paesi «all’atteggiamento egoista e ingiusto della Grecia». Nelle tensioni tra Turchia e Grecia s’intrecciano questioni geopolitiche, economiche ed energetiche. Alla ba- se dell’escalation c’è soprattutto una grossa rivalità per le risorse di gas e greggio. La Turchia ha sviluppato negli scorsi mesi un ampio piano di esplorazioni alla ricerca di gas e pe- trolio nel Mediterraneo orientale. Tutto questo non è piaciuto alla Grecia, che ha risposto schierando navi e stringendo un accordo di par- tnership con l’Egitto. Al centro ci sono i diritti di esplorazione e perfo- razione, nonché i confini marittimi. Un terzo paese Nato, la Francia, è stato coinvolto, schierandosi con i greci. Inoltre, secondo fonti di stam- pa, un piccolo numero di aerei da guerra F-16 degli Emirati Arabi Uni- ti sarebbe stato in una base aerea a Creta per esercitazioni con le contro- parti greche. La Turchia, dal canto suo, ha deciso di prolungare le esplorazioni. «Noi non cerchiamo di attizzare le tensioni; vogliamo solo difendere i nostri diritti e interessi» ha detto il ministro della Difesa tur- co Hulusi Akar. Nella mattina di venerdì 4 settembre Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenza il signor Patrick Renault, nuovo ambasciatore del Belgio, in occasione della presentazione delle Lettere con cui è stato accreditato presso la Santa Sede Vantaggi e limiti delle visite virtuali Propedeutiche e complementari MARIO PANIZZA A PAGINA 5 La IV edizione del Joint Diploma in Ecologia Integrale delle Università e degli Atenei pontifici di Roma Un’alleanza pedagogica per la Casa comune PAOLO PEGORARO A PAGINA 6 Ricordo di madre Teresa a ventitré anni dalla morte La lezione di Calcutta GIAMPAOLO MATTEI A PAGINA 9 ALLINTERNO NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 9 Il cardinale nella cattedrale maronita di Beirut danneggiata dalle esplosioni di un mese fa (Ansa)

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 202 (48.526) Città del Vaticano sabato 5 settembre 2020

.

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LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Conversazione con il presidente del Cnel, Tiziano Treu

Il futuro è incertoServono coesione e stabilitàdi MARCO BELLIZI

Forse non saremo più nellatempesta ma a piovere, pio-ve. Eccome. Tiziano Treu, 81

anni appena compiuti, ministro deigoverni Dini, Prodi e D’Alema,non fa professione di ottimismo aprescindere circa le prospettive del-la ripresa in Italia. Commissariostraordinario dell’Inps nel 2014,Treu è presidente del Cnel dal2017. Un osservatorio ideale, que-st’ultimo, da cui analizzare le spin-te, le tendenze economiche e socia-li di un Paese per molti versi diffi-cilmente decifrabile. L’i m p re s s i o n eche se ne ricava, e che si illustra inquesta conversazione, è che l’incer-tezza ancora regni sovrana. Ci sonoanche elementi e segnali positivi,soprattutto se si ragiona in pro-spettiva. Ma dipende tutto dallavolontà di rimanere coesi e stabilinelle intenzioni, a partire dal mon-do del lavoro, un settore che l’exministro conosce bene, avendo av-viato nel 1997 una delle riforme piùimportanti, quella che ha introdot-to, o regolato, i contratti atipici, laflessibilità. Un cambiamento epo-cale non esente da aspetti critici.Primo fra tutti quella, spiega conrammarico Treu, di non essere sta-to seguito da adeguati investimentiper i servizi di riqualificazione ereinserimento. Un vulnus che oggi,

in corso di pandemia, mostra tuttala sua drammaticità.

Presidente, inizio con una domandache attiene a una sfera più privata.Al l ’esordio della pandemia, qual èstata la sua prima reazione personale,da persona abituata ad analizzare ledinamiche sociali ed economiche di unmondo che all’improvviso non era piùlo stesso?

Al primissimo momento la rea-zione è stata, come dire, di incre-dulità e anche momentaneamentedi presa di distanza, quasi per esor-cizzare. Anche perché alcuni deglistessi esperti dicevano “vabbè, infondo non è detto che sia così gra-ve, che sia molto diversa da altremalattie già sperimentate”. Però su-bito dopo, vedendo la chiusura ditutti i luoghi di lavoro, le scuole, illockdown generalizzato, ho avutouna reazione di angoscia: si è vistoche la crisi non solo colpiva, comenel 2008, l’aspetto economico, ma,in modo grave, l’esistenza stessadelle persone. E l’Italia è stata tra iprimi paesi, abbiamo visto solo do-po che si trattava di una calamitàmondiale. Poi la sensazione è statadi sconcerto, perché è parso chiarosin dall’inizio che si era di fronte aevoluzioni difficili da prevedere.

CO N T I N UA A PA G I N A 3

Il cardinale Parolin inviato del Papa nel Paese dei cedri per la Giornata di preghiera, digiuno, solidarietà con Beirut

Non lasciate solo il LibanoL’auspicio di «un futuro pieno disperanza» per il Libano e il ringra-ziamento al Signore per il suo amore«che si è espresso tramite la solida-rietà di molti», con l’affidamento delPaese dei cedri — affinché realizzi lasua «vocazione di pace e di fraterni-tà» — sono riecheggiati nell’accoratapreghiera di Papa Francesco lettadal cardinale Pietro Parolin, segreta-rio di Stato, tra la gente di Beirut,venerdì mattina, 4 settembre, in oc-casione della Giornata universale dipreghiera e di digiuno per il Libano.Era stato lo stesso Pontefice ad an-nunciarla all’udienza generale dimercoledì 2, stringendo tra le maniuna bandiera libanese recata da unsacerdote maronita. Un’iniziativa so-stenuta anche nella stessa Giornatadel 4 con un tweet sull’account@Pontifex rilanciato dalla Rete mon-diale di preghiera del Papa e da Va-tican Media

Di vicinanza della «Chiesa cattoli-ca in tutto il mondo» al Libano e alsuo popolo il porporato ha parlatoanche davanti ai leader religiosi riu-niti nella cattedrale maronita di SanGiorgio, nella capitale, dov’è statacommemorata la tragica esplosionenel porto cittadino avvenuta un me-se fa. Il Papa, ha ricordato il cardi-nale Parolin, «mi ha chiesto di veni-re qui per incontrarvi dopo aver lan-ciato il suo appello per una “Giorna-ta di preghiera, digiuno e solidarietàcon Beirut” e con il Libano». E larisposta è stata «immediata ed ègiunta da tantissimi Paesi diversi, datutti i continenti. Non siete soli!»,ha assicurato il segretario di Stato,che — dopo aver invocato da Dio ildono della «sua pace a tutte le vitti-me della terribile e tragica esplosio-ne che ha rapidamente lacerato ilcuore della città» — ha pregato per-ché il Signore «dia la forza perprenderci cura di ogni persona che èstata colpita e realizzare il compitodi ricostruire Beirut». Quindi ha fat-to notare come nessuno possa «vive-re in una situazione di timore che lapropria vita e quella dei suoi caripossa essere minacciata in qualsiasimomento». Per questo, ha aggiunto,

«siamo accanto a voi in silenzio esolidarietà per esprimere il nostroamore. Stando al vostro fianco, tro-viamo il coraggio di gridare insieme:“basta”». Nel suo discorso il cardi-nale ha anche messo in luce come«la nostra sofferenza» possa «aiutar-ci a purificare le nostre intenzioni erafforzare la nostra determinazione avivere insieme in pace e dignità, acercare una governance migliore chefavorisca la responsabilità, la traspa-renza e la responsabilizzazione».

Da qui il caloroso invito a scon-figgere insieme la violenza e «tuttele forme di autoritarismo, promoven-do una cittadinanza inclusiva basatasul rispetto dei diritti e dei doverifondamentali». Richiamando il mes-saggio di Papa Francesco per la LIIGiornata mondiale della pace (2019),il porporato ha esortato tutti i leaderpolitici libanesi, «quelli dei partititradizionali ma anche quelli dei nuo-vi movimenti, a promuovere in mo-do sincero e concreto i talenti deigiovani e le loro aspirazioni di pacee di un futuro migliore». Nessuno,ha ribadito, «deve manipolare i so-gni delle generazioni più giovani,ma piuttosto agevolare la loro parte-

cipazione attiva alla costruzione del-la società». Dopodiché il segretariodi Stato ha rimarcato «l’imp ortanzaunica del Libano», che è parte dellaTerra santa «visitata da Nostro Si-gnore Gesù Cristo e dai suoi aposto-li, nonché da sua Madre, cara a tuttii libanesi, la Santa Vergine Maria». Ileader religiosi, ha aggiunto, hanno«la missione fondamentale di daresperanza a una popolazione colpita,di onorare e servire i nostri fratelli esorelle nell’umanità, a partire daquelli più vulnerabili».

In proposito il cardinale Parolinha fatto riferimento ai «bellissimiesempi di solidarietà vissuti in tuttaBeirut», che «rafforzano la nostrasperanza e ispirano le nostre azionifuture». Rivolgendosi ai rappresen-tanti di varie organizzazioni confes-sionali e della società civile presentiall’incontro, il porporato si è dettoconsapevole che sono proprio essi «asopportare la maggior parte della re-sponsabilità» e che stanno impiegan-do «grandi sforzi per non abbando-nare nessuno in queste tragiche cir-costanze». Da qui l’auspicio chepossano «continuare a offrire unesempio di sincera solidarietà, fedele

alla tradizione libanese di resilienza,creatività e sostegno reciproco». Ilcardinale ha quindi rinnovato l’ap-pello di Papa Francesco alla comuni-tà internazionale: «Non lasciate soloil Libano!». Il Paese, ha detto, «habisogno del mondo, ma anche ilmondo ha bisogno dell’esp erimentocostante unico del pluralismo, del vi-vere insieme in solidarietà e libertàche è il Libano».

La sera precedente, al suo arrivo aBeirut, il cardinale aveva celebrato lamessa nel piazzale del santuario ma-riano di Harissa. Davanti ai pastori,ai fedeli e alle autorità locali, riunitiintorno alla mensa eucaristica, nel ri-cordo delle vittime e dei loro fami-liari della tragedia e del drammaticomomento per tutta la nazione, haespresso «la vicinanza e la solidarie-tà del Santo Padre e, attraverso dilui, di tutta la Chiesa». Poi, ha spie-gato come il Libano abbia «soffertotroppo» e ha ricordato che «l’annoche sta per concludersi è stato lascena di molte tragedie che hannocolpito il popolo libanese». Senzadimenticare la grave crisi economica,«sociale e politica che continua ascuotere il Paese, la pandemia delcoronavirus che ha aggravato la si-tuazione e, di recente, un mese fa, latragica esplosione nel porto di Bei-rut, che ha sventrato la capitale delLibano e causato terribili sofferen-ze». È vero, ha aggiunto, che i liba-nesi «stanno vivendo momenti diabbattimento. Sono prostrati, sfinitie frustati». Ma «non sono soli. Noili accompagniamo tutti spiritualmen-te, moralmente e materialmente».Infatti, nell’ultimo anno, e soprattut-to nell’ultimo mese, il Papa «ha ri-cordato il Libano in diverse occasio-ni e ha espresso la sua solidarietà at-traverso gesti solidali». Il cardinaleha infine esortato «la comunità in-ternazionale a soccorrere il Libano,ad adoperarsi per risolvere i suoiproblemi e a cercare il bene di que-sto grande popolo e di questo Pae-se», definito da Giovanni Paolo II«Paese messaggio per l’Oriente el’O ccidente».

Messaggio pontificio al forum di Cernobbio

L’economia come “cura”al servizio della persona

«Di fronte a un futuro che appareincerto e difficile» l’economia «puòdiventare espressione di “cura”, chenon esclude ma include, non mor-tifica ma vivifica, non sacrifica ladignità dell’uomo agli idoli dellafinanza, non genera violenza e di-suguaglianza, non usa il denaroper dominare». Lo ha scritto il Pa-pa in un messaggio inviato ai par-tecipanti al Forum di “Europ eanHouse - Ambrosetti”, in corso aVilla d’Este, Cernobbio, dal 4 al 5s e t t e m b re .

Dopo aver ricordato come que-st’anno il confronto sugli impor-tanti temi in agenda richieda «unimpegno straordinario, per rispon-dere alle sfide provocate o rese piùacute dall’emergenza sanitaria, eco-nomica e sociale», Francesco hamesso in luce «che dall’esp erienzadella pandemia tutti stiamo impa-rando che nessuno si salva da so-lo». Infatti, ha aggiunto, «ogniscelta personale ricade sulla vitadel prossimo, di chi ci sta accantoma anche di chi, fisicamente, stadall’altra parte del mondo».

Del resto, ha osservato ancora ilvescovo di Roma, «nella tragedia,che ancora attanaglia l’umanità in-tera, non sono bastate neppure lascienza e la tecnica». Mentre «l’ele -mento decisivo è stato il surplus digenerosità e di coraggio, messo inatto da tante persone». Di conse-guenza, ha suggerito il Pontefice,occorre «uscire dal paradigma tec-nocratico, inteso come unico o pre-valente approccio ai problemi». In-somma, «nei confronti sia della na-tura sia, a maggior ragione, dellepersone, è necessario un cambia-mento di mentalità che allarghi losguardo e orienti la tecnica, metten-dola al servizio di un altro tipo dimodello di sviluppo, più sano, piùumano, più sociale e più integrale».E in proposito ha concluso incorag-giando i partecipanti a «costruiremodalità nuove di intendere l’eco -nomia e il progresso, combattendoogni emarginazione, proponendonuovi stili di vita, dando voce a chinon ne ha».

PAGINA 10

Un volume sull’assemblea generale ordinaria del 2018con un testo di Francesco

Intorno al fuoco vivodel Sinodo sui giovani

È uscito in questi giorni il libro del salesiano Rossano Sala Pastorale gio-vanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo. Educare alla vita buona del Van-gelo, nel quale sono raccolti contributi sulle tematiche della pastorale gio-vanile della Chiesa alla luce di quanto emerso dai lavori della XV assem-blea sinodale dei vescovi, svoltasi nel 2018. Del libro pubblichiamo l’«In-vito alla lettura» scritto da Papa Francesco, stralci dell’intro duzionedell’autore e del testo conclusivo del gesuita Giacomo Costa, entrambi se-gretari speciali di quell’assise.

PAGINE DA 7 A 9

Le credenziali del nuovo ambasciatoredel Belgio

Nelle tensioni tra Grecia e Turchia nel Mediterraneo orientale

La Nato cerca di mediareBRUXELLES, 4. La Nato propone col-loqui per cercare di risolvere la peri-colosa escalation nel Mediterraneoorientale. «Dopo le mie discussionicon i leader di Turchia e Grecia, idue Alleati hanno concordato di av-viare colloqui tecnici presso la Natoper stabilire meccanismi per una de-escalation militare in modo da ridur-re il rischio di incidenti e infortuninel Mediterraneo orientale» ha di-chiarato in una nota il segretario ge-nerale dell’Alleanza atlantica JensStoltenberg. «Rimango in strettocontatto con tutti gli Alleati coinvol-ti per trovare una soluzione nellospirito di solidarietà della Nato» ag-giunge Stoltenberg.

Tuttavia, da Atene è arrivata unasecca smentita. Al momento — si leg-ge in una nota dell’esecutivo greco —non sono in programma colloquicon la Turchia sulle tensioni medi-terranee. «I nostri partner europeihanno già stilato un elenco di san-zioni e stanno chiedendo ad Ankaradi procedere ad una de-escalation,altrimenti le attiveranno» ha detto ilportavoce del governo greco, SteliosPe t s a s .

Linea dura anche da Ankara. «LaGrecia, Cipro e i Paesi che li sosten-gono agiscono in maniera tale daaumentare la tensione e rendere ilproblema irrisolvibile» ha detto ieriil presidente turco, Recep Tayyip Er-doğan, nel corso di una riunione invideoconferenza con il cancelliere te-desco, Angela Merkel. Erdoğan, ci-tato dall’agenzia di stampa Anadolu,ha elogiato gli sforzi della Merkelper contribuire alla soluzione delproblema, definendo «inaccettabile»il sostegno dato da alcuni Paesi«all’atteggiamento egoista e ingiustodella Grecia».

Nelle tensioni tra Turchia e Grecias’intrecciano questioni geopolitiche,economiche ed energetiche. Alla ba-se dell’escalation c’è soprattutto unagrossa rivalità per le risorse di gas egreggio. La Turchia ha sviluppatonegli scorsi mesi un ampio piano diesplorazioni alla ricerca di gas e pe-trolio nel Mediterraneo orientale.Tutto questo non è piaciuto allaGrecia, che ha risposto schierandonavi e stringendo un accordo di par-tnership con l’Egitto. Al centro cisono i diritti di esplorazione e perfo-razione, nonché i confini marittimi.

Un terzo paese Nato, la Francia, èstato coinvolto, schierandosi con igreci. Inoltre, secondo fonti di stam-pa, un piccolo numero di aerei daguerra F-16 degli Emirati Arabi Uni-ti sarebbe stato in una base aerea aCreta per esercitazioni con le contro-parti greche. La Turchia, dal cantosuo, ha deciso di prolungare leesplorazioni. «Noi non cerchiamo diattizzare le tensioni; vogliamo solodifendere i nostri diritti e interessi»ha detto il ministro della Difesa tur-co Hulusi Akar.

Nella mattina di venerdì 4 settembre Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenzail signor Patrick Renault, nuovo ambasciatore del Belgio, in occasione della presentazione

delle Lettere con cui è stato accreditato presso la Santa Sede

Vantaggi e limiti delle visite virtuali

Prop edeutichee complementari

MARIO PANIZZA A PA G I N A 5

La IV edizione del Joint Diplomain Ecologia Integraledelle Università e degli Ateneipontifici di Roma

Un’alleanzap edagogicaper la Casa comune

PAOLO PEGORARO A PA G I N A 6

Ricordo di madre Teresaa ventitré anni dalla morte

La lezione di Calcutta

GI A M PA O L O MAT T E I A PA G I N A 9

ALL’INTERNO

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 9

Il cardinale nella cattedrale maronita di Beirut danneggiata dalle esplosioni di un mese fa (Ansa)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 5 settembre 2020

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Coinvolti nel fermo e nell’uccisione dell’afroamericano Daniel Prude a Rochester

Sette agenti di poliziasospesi negli Stati Uniti

Il premier russo Mishustin incontra Lukashenko

Mosca e Minsksempre più vicine

WASHINGTON, 4. Sono stati sospesi isette agenti coinvolti nel fermo enell’uccisione dell’a f ro a m e r i c a n oDaniel Prude a Rochester, nello Sta-to di New York. Prude è morto a 41anni lo scorso 30 marzo dopo esserestato fermato da un gruppo di agen-ti, che poi lo hanno ammanettato egli hanno coperto la testa con uncappuccio e tenuto il viso schiacciatoal suolo per due minuti. Lo ha resonoto ieri sera Lovely Warren, il sin-daco democratico di Rochester, nelcorso di una conferenza stampa.

La decisione è stata presa ad oltrecinque mesi dall’episodio, dopo chequalche ore prima la famiglia diPrude ha pubblicato le drammaticheimmagini. Il procuratore generaledello Stato di New York, Letitia Ja-mes, ha garantito una «indagine giu-sta, indipendente e trasparente».

La perizia del medico legale parladi una morte «causata dalle compli-cazioni di un’asfissia dovuta a unacoercizione fisica». Prude — che sof-friva di disturbi mentali ed era arri-vato da Chicago a Rochester, alleporte di New York, per una visita adalcuni familiari — è l’ennesima vitti-ma di un uso eccessivo della forzada parte di agenti di polizia.

Vicende che stanno piombandosulla campagna elettorale per le pre-sidenziali del 3 novembre prossimo.

E a meno di un mese dal voto perla Casa Bianca, Donald Trump hadeciso di tagliare i fondi federali allecittà — definite «giurisdizioni anar-chiche» — governate dai democrati-ci, che, ha detto il presidente degliStati Uniti, «tolgono i fondi alla po-lizia» e lasciano carta bianca allaviolenza nelle proteste razziali.

La decisione, indicano gli analisti,appare controversa, perchè i fondigovernativi sono in genere approvatidal Congresso, ma l’Amministrazio-ne può tentare di cancellare alcuniprogetti. Probabili le battaglie in tri-bunale, sicure quelle politiche.

Nel mirino ci sono la capitale,Washington Dc, oltre a New York,Portland e Seattle: ossia i fronti cal-di della contestazione antirazzistacontro l’uso eccessivo della forza daparte delle forze dell’ordine, soprat-tutto contro gli afroamericani.

Una mossa già provata contro lecittà che tutelano gli immigrati irre-golari, anch’esse a guida democrati-ca, per scaldare una campagna elet-torale delle presidenziali che già og-gi entra nel vivo con il voto per po-sta in North Carolina.

L’annuncio di Trump è arrivatodurante la visita del suo rivale de-mocratico, Joe Biden, a Kenosha, lacittà del Wisconsin dove il 23 agostoscorso l’afroamericano Jacob Blake èstato ferito con sette colpi di pistolaalla schiena esplosi da parte di unagente, rimanendo paralizzato.

Da Kenosha, dove nei giorni scor-si si era recato anche Trump, Bidenha condannato la violenza «da qua-lunque parte arrivi» e ha chiestol’incriminazione del poliziotto cheha sparato alla schiena di Blake.

Sono qui per «unire gli america-ni», ha detto l’ex vicepresidente de-gli Stati Uniti (dal 2009 al 2017 sot-to l'Amministrazione di BarackObama) prima di incontrare la fami-glia di Blake, in forma privata,all’aeroporto di Milwaukee. Al ter-mine dell’incontro, Biden ha dettodi avere parlato al telefono con Ja-cob Blake per un quarto d’ora. «Miha detto di come nulla lo sconfigge-rà, del fatto che non si arrenderà,che torni a camminare o meno», hariferito ai giornalisti il candidato de-mocratico alla Casa Bianca.Manifestanti protestano davanti alla sede della polizia a Rochester (Afp)

MINSK, 4. Russia e Bielorussia«hanno fatto progressi su moltequestioni, inclusa quella del futurodello Stato dell’Unione, che saràbasato sulle posizioni assolutamen-te indipendenti dei nostri stati macon appropriate misure di naturaeconomica che abbiamo concorda-to». Queste le parole pronunciateieri dal premier russo Mikhail Mi-shustin al termine dell’incontro, aMinsk, con il presidente bielorussoAleksandr Lukashenko. Al centro,la crisi scoppiata in seguito al votodel 9 agosto, che ha visto la vitto-ria di Lukashenko, al potere dal1994. L’opposizione e una partedella comunità internazionale han-no contestato l’esito del voto.

Mosca ha fin da subito espressoil proprio sostegno a Lukashenko,riconoscendo l’esito del voto. In-tanto, ieri il ministero dell’internodi Minsk ha annunciato che la po-lizia ha arrestato 26 persone chehanno preso parte alle manifesta-zioni antigovernative due giorni fa.

Caracas invital’Onu e l’Uea monitorarele legislative

CARACAS, 4. Il governo del Venezue-la ha invitato l’Onu e l’Unione euro-pea a monitorare le elezioni parla-mentari del 6 dicembre prossimo. Loha scritto su Twitter il ministro degliEsteri di Caracas, Jorge Arreaza, po-stando una lettera di invito al segre-tario generale delle Nazioni Unite,António Guterres, e all’Alto rappre-sentante dell’Ue per gli Affari esterie la Politica di sicurezza, Josep Bor-rell, in cui ha illustrato le garanzieassicurate in vista delle legislative.

L’attesa consultazione per il rin-novo dell’Assemblea nazionale delVenezuela è stata aspramente critica-ta — e definita «una truffa» — dalsettore dell’opposizione a cui fa ca-po Juan Guaidó.

Riconosciuto come presidente adinterim del Venezuela da oltre cin-quanta Paesi, Guaidó ha rivolto ieriun ulteriore appello a boicottare ilvoto, precisando che le elezioni del6 dicembre «non possono nemmenodefinirsi false, ma semplicementeuna farsa». Consultazione elettorale— ha assicurato — «che non sarà ri-conosciuta dalla comunità interna-zionale per l’inesistenza delle condi-zioni minime di libertà e di traspa-re n z a » .

In una nota da Washington, il se-gretario di Stato americano, MikePompeo, ha detto che gli Stati Uniti«non contribuiranno a legittimareun’altra frode elettorale» nel Paesesudamericano. «Non esistono lecondizioni per un voto libero eequo», ha precisato Pompeo.

Il ministro dell’Interno era stato estromesso

Libia: reintegrato Bashagha

Manifestazione a sostegno di Bashagha a Misurata (Reuters)

Attacco jihadistanel nord della Nigeria

Tu rc h i a :s c a rc e r a t ol’avvo catodissidente

Storica sentenzac o n t ro

il bracconaggio

KINSHASA, 4. Sentenza storicanella Repubblica democraticadel Congo. È stato condannatoa 30 anni di lavori forzati unodei più noti bracconieri al mon-do, responsabile dell’uccisionedi oltre 500 elefanti nel corso didieci anni di spedizioni nella fo-resta africana. Mobanza Mo-bembo Gerard, conosciuto comeGuyvanho, è accusato anche ditraffico d’avorio e di tentatoomicidio dei ranger del Parconazionale di Nouabale-Ndoki.

A occuparsi del caso è statoun tribunale penale. Si tratta di-fatti della prima condanna pena-le di un trafficante di animali sel-vatici nel paese. In precedenza, ireati ambientali sono stati pro-cessati in tribunali civili e hannosubito una pena massima di cin-que anni. Le accuse di tentatoomicidio contro Guyvanho sonocollegate a un incidente avvenutonel 2019, quando avrebbe sparatoe ferito in uno scontro armatouno dei membri di una pattugliadi ranger che tentavano di difen-dere i pachidermi ormai da annia rischio di estinzione. Questasentenza «invia un messaggioestremamente forte: i criminicontro la fauna selvatica non sa-ranno tollerati» ha dichiaratoEmma Stokes, direttore del Wil-dlife Conservation Society(Wcs), fondazione per la tuteladella vita naturale.

AN KA R A , 4. È stato scarcerato ieriin Turchia per motivi di salutel’avvocato Aytac Unsal, che da213 giorni è in sciopero della fa-me per protestare contro la suacondanna per associazione terro-ristica. Il fatto accade a una setti-mana dalla morte in ospedaledella collega Ebru Timtik dopo238 giorni di digiuno.

ABUJA, 4. Ancora violenze in Nige-ria. Almeno nove militari sono statiuccisi in un attacco sferrato dajihadisti nello stato di Borno, nelnord-est del paese. Lo riferisconofonti della sicurezza, specificandoche i miliziani del cosiddetto Statoislamico nell’Africa occidentale(Iswap) hanno invaso, martedì,una postazione dell’esercito dellacittà di Magumeri.

L’attacco è stato rivendicatodall’Iswap. In una dichiarazioneafferma di aver ucciso dieci militari, sequestrando armi e veicoli della

loro base. Gli islamisti hanno ri-vendicato anche il blitz contro isoldati a Baga, altra città dello sta-to di Borno, con un bilancio similedi vittime. Due fonti della sicurez-za hanno confermato l’attacco, manon il bilancio delle vittime. I mili-tari lo stesso giorno hanno annun-ciato di aver ucciso almeno 20 jiha-disti in ritirata da Maiduguri, ca-poluogo del Borno. L’esercito nige-riano combatte dal 2009 contro imiliziani in un conflitto che ha uc-ciso finora 36 mila persone, cau-sando circa due milioni di sfollati.

Il nuovoa m b a s c i a t o re

del Belgio

Sua Eccellenza il signor PatrickRenault, nuovo ambasciatore delBelgio presso la Santa Sede, ènato a Rabat, in Marocco, il 22settembre 1960 È sposato e haun figlio. Laureato in diritto ein diritto europeo (UniversitéCatholique de Louvain - B), hastudiato lingue e diritto cinese aPe c h i n o .

Ha ricoperto i seguenti incari-chi: insegnante presso l’Istitutodi relazioni internazionali di Pe-chino (1986), stagista presso ilministero degli Affari esteri(1987-1989), primo segretario diambasciata in Pakistan, incarica-to per l’Afghanistan (1989-1992);vice portavoce aggiunto del mi-nistero degli Affari esteri (1992-1994); consigliere dell’ambascia-ta in Italia per questioni econo-miche e finanziarie (1994-1996);console generale in Cina, aShanghai (1996-1997); vice capodi gabinetto del vice-Primo mi-nistro, ministro delle Finanze edel Commercio estero (1997-1998); console generale in Au-stralia (1998-2002); ambasciatorein Pakistan e Afghanistan (2002-2006); direttore di stampa e co-municazione del ministro degliAffari esteri (2006-2008); consi-gliere diplomatico del vice-Pri-mo ministro, ministero del La-voro e delle Pari opportunità(2008-2009); ambasciatore inAustralia, Nuova Zelanda e Iso-le del pacifico (2009-2013); am-basciatore in Argentina, Uru-guay e Paraguay (2013-2017); di-rettore media e comunicazionepresso il Palazzo reale (2017-2018); direttore del servizio eco-nomico mondiale, cyber diplo-mazia, lotta contro la criminalitàorganizzata, il finanziamento delterrorismo e della corruzione,presso il ministero degli Affariesteri (2018-2020).

A Sua Eccellenza il signor Pa-trick Renault, nuovo ambascia-tore del Belgio presso la SantaSede, nel momento in cui si ac-cinge a ricoprire il suo alto inca-rico, giungano le felicitazionidel nostro giornale.

Bruxelles accelerasul vaccinoanti-covid

TRIPOLI, 4. Segnali di distensione aTripoli. È rientrato, almeno per ora,lo scontro in seno al governo di Fa-yez al-Serraj, che la settimana scorsaaveva portato al licenziamento diFathi Bashagha.

La sospensione del ministrodell’Interno è stata revocata. Lo haannunciato il consiglio presidenzialedopo un’audizione a porte chiusecui era stato convocato il politicomisuratino. La «sospensione precau-zionale» del ministro era stata moti-vata da «un’inchiesta amministrati-

va», ma anche da «dichiarazioni»rilasciate circa le manifestazioni de-gli ultimi giorni a Tripoli, funestateda spari esplosi dai miliziani suicontestatori.

L’Onu, intanto, denuncia ancorauna volta la continua violazione fla-grante dell’embargo sulle armi inLibia, giudicando «deplorevole»l’assistenza militare che diverse po-tenze straniere continuano a fornirealle forze di Khalifa Haftar e aquelle del governo di al-Serraj.

BRUXELLES, 4. La Commissione eu-ropea accelera sul vaccino contro ilcovid-19 e sull’accesso universale alfarmaco. È attesa per novembre laprima disponibilità del vaccino notocome Oxford. Bruxelles ha firmatoun contratto che consente ai paesimembri di comprare 300 milioni didosi del vaccino con l’opzione di al-tre 100. Partiti anche i test Sanofi-Gsk, si punta a un miliardo di dosi.Il vaccino, sviluppato da AstraZene-ca, dovrebbe arrivare sul mercatonel prossimo novembre. Ad indicar-lo è un alto funzionario della Com-missione europea, spiegando che sista tentando di «minimizzare il ri-schio di non comprare un vaccinoefficace». Per questo motivo si lavo-ra su un «portafoglio» di candidati,anche se si negoziano contratti «so-lo con compagnie che sono in unostadio avanzato», perché anche iltempo ha un valore nella corsa alvaccino, visti i costi enormi del loc-kdown. Tuttavia — sottolinea — con -ta anche il prezzo, perché «nonpossiamo avere prezzi che privinogli Stati membri del vaccino». Laproprietà delle dosi «sarà degli Statimembri: noi paghiamo l’anticip o»,che è necessario «perché le compa-gnie si assumano il rischio». Prose-guono intanto le trattative con lecase farmaceutiche.

La Commissione — riferisce l’altofunzionario — è in uno «stadioavanzato» nei negoziati con Sanofi,Johnson & Johnson, CureVac eModerna. «Speriamo di iniziare lostadio di procurement anche conBiontech». Peggiora intanto il qua-dro epidemiologico generale, com-preso quello italiano, dove si temeper la risalita dei contagi. Ieri sonostati confermati dieci decessi e 1.397positivi, mente sono 120 le personein terapia intensiva. Nell’ambitodella crisi causata dal covid, il go-verno francese ha presentato, ieri, idettagli del piano di rilancio da100 miliardi di euro in due anni,per far fronte a una contrazioneprevista nell’11% quest’anno.L’obiettivo è una ripresa dell’eco-nomia fortemente colpita dallapandemia, preparando la Franciadel 2030. Il primo ministro JeanCastex auspica che il piano crei nel2021 160.000 posti di lavoro. Ierisono stati confermati più di sette-mila i positivi.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 5 settembre 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Conversazione con il presidente del Cnel, Tiziano Treu

Il futuro è incertoServono coesione e stabilità

Anche adesso... lo sento, discutomolto con colleghi, parti sociali, ov-viamente analizziamo tutti gli aspet-ti, quello economico, del lavoro,dell’occupazione. Anche quello dellasalute personale e pubblica... Sentotante, anche troppe, diagnosi e lasensazione che mi angoscia di più èche non sappiamo ancora nulla. Si èdetto già in passato: questa èun’epoca di incertezza, dobbiamotutti vivere nell'incertezza. Beh, sì eno... È un momento in cui si avverteuna gravità per certi versi anchem a g g i o re .

Insomma, siamo ancora nella tempesta,o comunque ancora risentiamo dei suoieffetti. All’indomani comunque della fa-se più acuta, e anche nella prospettivadi una recrudescenza dei casi, lei comevaluta la risposta del sistema sanitarioitaliano?

Mi consenta una premessa. Noistiamo forse uscendo dalla tempestaperché certamente è meno acuta e sicomincia a conviverci. Ma siamo sot-to la spada di Damocle di una ripre-sa. Dalle analisi, dalle diagnosi chesento, mentre alcuni, soprattuttoprofessori, mi dispiace dirlo (nonmedici, mi riferisco agli analisti), so-ciologi, economisti, fanno diagnosi emagari proposte... io, insomma, sen-to dalle parti sociali la sensazione diuna persistenze incertezza. È ancorapiù difficile procedere con quella fi-ducia che bisognerebbe avere. Dettoquesto, riguardo al nostro sistemasanitario: effettivamente è stata unadoccia fredda. Io sono uno studiosoe insieme ad altri abbiamo sempredetto che il nostro sistema italianodi welfare ha certamente degli squili-bri (io per esempio dico spesso chemettiamo troppo sulle pensioni etroppo poco sulla famiglia e sui gio-vani) ma pensavamo anche che lasanità ne fosse un pezzo forte. Ades-so abbiamo constatato che, sì, ha re-sistito, ci sono stati episodi lodevolidi sacrificio personale, anche di resi-stenza di interi settori... però si è av-vertito che avevamo molti lati sco-perti, soprattutto (e lo abbiamo det-to anche attraverso le proposte delCnel) ci siamo accorti che non bastainvestire nei grandi ospedali, nellatecnica sanitaria, che pure è fonda-mentale. Abbiamo lasciato sguarnitoil sistema di prevenzione e di pre-senza sul territorio attraverso presìdiin grado di cogliere ciò che avvienetra la popolazione e soprattutto frale persone anziane. Il fatto di averetrascurato il rapporto con l’assisten-za delle persone, vediamo quello cheè accaduto nelle Rsa, è un dato chedimostra una grave carenza.

Sempre in tema di welfare, una dellecriticità che mi sembra ci si trovi spessoad affrontare è quella della grandequantità di lavoratori al limite dellasoglia di povertà. Questo chiaramentesi presenta in maniera tanto più dram-matica ora. Lei è noto anche per il suoimpegno nel rendere più duttile il mon-

do del lavoro: c’è la sensazione che oc-corra fare qualcosa di più dal punto divista della riqualificazione, del reinseri-mento. Di fronte a quanto sta accaden-do adesso, se lei potesse, domani stesso,prendere una decisione, assumere unprovvedimento che ritiene particolar-mente urgente, cosa farebbe?

La premessa è quella cui lei facevacenno. Noi abbiamo visto in questomomento di gravissima crisi, anchepersonale, che c'erano migliaia dipersone che il welfare non era ingrado di assistere, che abbiamo la-sciato sguarnite. Questi “buchi” so-no gravi, soprattutto per le personedeboli. E il pericolo della povertà èun esempio, così come i giovani chenon lavorano e non studiano, i co-siddetti neet. Era una realtà già visi-bile. Forse non ce ne siamo accorti,o non abbastanza. Cosa fare subito?Direi non una ma due cose. Una èsicuramente rafforzare gli interventiper contrastare e prevenire la pover-tà. Noi siamo arrivati a questo reddi-to di cittadinanza molto tardi...adesso con la pandemia abbiamoavuto il reddito di emergenza, di ul-tima istanza. Quindi la prima cosada fare, mi perdoni l’espressione po-co tecnica, è “t a p p a re ” questi buchi,cioè dare rimedio d’urgenza alle si-tuazioni estreme di povertà, che so-no tante. E sono misure che vannomantenute, perché anche se usciamoabbastanza presto dalla crisi acuta,queste situazioni di povertà conti-nueranno. Poi c’è un’altra cosa, chemi sta a cuore: lei ha accennato alfatto che io, aderendo a richieste chevenivano dall’Europa di adeguarsi aun mondo variabile, ho introdottoelementi di flessibilità nel lavoro.Ma questo non significa rendere piùfacili i licenziamenti. Era una flessi-bilità intesa a migliorare l'utilizzodelle persone all'interno delle azien-de, dando la possibilità di riqualifi-carsi, di mantenersi all’altezza, di es-sere utili alla società. Ma certamente

di fronte a questa variabilità, a que-sta flessibilità, ce lo siamo detto, celo ha detto l’Europa, bisognava in-trodurre strumenti di sostegno, quel-le che si chiamano “politiche attive”,servizi personalizzati di assistenza,di counselling, di formazione, di aiutoa trovare la propria strada anchequando se ne sono perse una odue... Questo significa metterci ri-sorse umane, mentre a lungo noi ab-biamo avuto pochi e mal utilizzatiservizi all’impiego. Ce ne volevanoalmeno dieci volte tanto. Persino inInghilterra, che è la patria del liberi-smo, ce ne sono di più. Questo è unservizio fondamentale che rende so-stenibile la flessibilità. Certo, la se-conda cosa da fare è più complicatadella prima, perché vuol dire cam-biare il modo di gestire il mercatodel lavoro in modo che sia più uma-no e meno pieno di drammi.

Sempre in tema di riqualificazione dellavoro, si parla molto di telelavoro, dismartworking... Per qualcuno è unagrande opportunità, anche per il ruolodei sindacati. Lei pensa che sia effetti-vamente un momento cruciale, di svol-ta, che si possa andare realmente versouna dimensione diversa del lavoro, omagari è più dalla parte di chi pensache tutto sommato si tratti di un feno-meno temporaneo o meramente emergen-ziale?

Le tecnologie digitali non sono unfenomeno di adesso, sono già arriva-te da qualche tempo (in Italia maga-ri un po’ più tardi) e hanno giàsconvolto molti aspetti dell'organiz-zazione sia delle imprese sia del la-voro. Le fabbriche sono già moltodiverse da quelle che erano 3, 4 annifa. Non parlo solo dello smartwor-king. Ora non sappiamo quale saràl’impatto della tecnologia digitale,cosa comporterà sia sulla qualità siasulla quantità del lavoro, perché cisono previsioni diverse. Quello che èchiaro però è che si richiederà una

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1 capacità, delle conoscenze, per chivorrà sostenere il futuro del lavoro,molto maggiori. Direi che come sia-mo passati 50, 60 anni fa, dall’alfa-betizzazione elementare alla cono-scenza tecnica per l’industrializzazio-ne, adesso dobbiamo fare un altrosalto nella conoscenza digitale, nellacapacità non solo di usare il digitalema anche di padroneggiarlo, di nonesserne vittime. Questo è il contesto.Lo smartworking è un aspetto im-portante, drammatizzato dal fattoche c’è stato il lockdown. Ma due,tre anni fa la tecnologia digitale eragià in grado di far lavorare a distan-za. Le aziende supertecnologiche lausavano. Ma era un fenomeno dinicchia. Adesso, chiuso tutto peremergenza, siamo passati da un fe-nomeno minimo a milioni di perso-ne, tra l’altro con degli anche effettinegativi, perché non è che questo ti-po di lavoro significhi semplicemen-te “vattene a casa, ti do’ un compu-ter e stai lì seduto, magari in cucina,e arrangiati”. Se dobbiamo prender-lo sul serio, questo è un fenomenoche va regolato in maniera adeguata,strumenti adatti, un modo diverso dilavorare che per ora non si è vistomolto, perché essendo stato un feno-meno coatto ognuno ha fatto quelloche ha potuto, in molti casi è statosemplicemente un dislocare a casa lepersone. Adesso se, come speriamo,ne usciamo, bisogna vedere quantodi questo smartworking sarà ancorautile (qualcuno dice che dal puntodi vista produttivo è persino megliodi prima) e quanto non lo sarà. An-che qui ci sono pessimisti e ottimisti.C’è chi si chiede se ci sarà una mac-china, un algoritmo per controllare ilpersonale, se ci saranno problemiper la privacy, addirittura forme dicottimo digitale, tornando agli sfrut-tamenti dell’epoca passata. Comun-que è un fenomeno che ci sarà anco-ra, andrà regolato anche dai sindaca-ti, oltre che dagli imprenditori pernon far sì che sia uno strumento unp o’ forzato come è stato adesso.

Accennavo prima all'iniziativa “Il mon-do del lavoro che verrà”, nella quale leiè stato coinvolto e che ha avuto comefrutto un libro che raccoglie gli inter-venti di diversi studiosi. Dunque, aprescindere dell’aspetto del digitale, co-me sarà questo mondo?

Un mondo mobile in cui ci saràbisogno di grandi investimentinell’educazione. Questo ce lo stiamodicendo da tempo. Non parlo solodell’educazione tecnica. Anche anon essere pessimisti, a non seguirele ipotesi più negative, secondo lequali non sarà possibile ricreare suf-ficienti posti di lavoro per compen-sare i buchi fatti dalla tecnologia,comunque per recuperare occorreràun investimento continuo in educa-zione, in capacità di gestire questenuove cose. E qui c’è una grande re-sponsabilità delle istituzioni pubbli-che. Il che non vuol dire nazionaliz-zare tutto ma investire nelle condi-zioni di base dello sviluppo, regolareper prevenire abusi, orientare le scel-

te di investimento, quello che si de-finisce uno sviluppo sostenibile: so-no grandi cambiamenti. Però c’è an-che una responsabilità delle Parti,delle imprese. È da un po’ di tempoche anche i grandi manager hannoiniziato a parlare di responsabilità,sia sotto l’aspetto sociale, per curareil benessere del lavoro, ma anchesotto l’aspetto ambientale, managerche dicono che non basta il profittoma occorre che ci sia un’attivitàcompatibile con l’equilibrio ambien-tale, con la vita delle persone, per-ché solo così si avrà uno sviluppodurevole e non selvaggio. Il lavoro èun elemento fondamentale del mon-do che verrà ma questo cambiamen-to riguarda anche il ruolo dello Sta-to, il rapporto con i corpi intermedi,la loro validità nel proporre soluzio-ni. E poi se vogliamo andare ancheoltre, chiama in causa le istituzionisovranazionali, a cominciare dall’Eu-ropa, e abbiamo visto come nellapandemia si sia riusciti a sostenereun intervento nel senso che nessunosi aspettava e che è stato uno deglieffetti più positivi anche per il futu-ro dei giovani, del lavoro (non a ca-so lo strumento di cui si è dotatal’Ue è chiamato Next Generation).Speriamo che questa spinta al cam-biamento sia poi effettivamente rea-lizzata, perché uno dei guai, soprat-tutto dell’Italia in questo caso, è chemolte di queste proposte, anchequando sono scritte, poi non vengo-no implementate.

Il Cnel, nei suoi tradizionali rapporti,ci ha sempre dato un’immagine delPaese nei sui aspetti di fondo, nelle suetendenze, nei movimenti carsici che tal-volta sfuggono anche alle statistiche.Che Italia troviamo, allora, nell’autun-no del 2020?

Noi, nelle nostre riflessioni (par-liamo di qualche tempo fa, della finedell’estate, adesso dobbiamo ancorafare riflessioni collettive) abbiamoavuto la sensazione di una grandesfida ancora incerta. Però tutti noisiamo convinti che anche grazie alcontributo dell’Europa ci sia davantianche un’opportunità il cui utilizzodipende veramente da tutti. Per que-sto siamo convinti dell'importanza,più che mai, dei gruppi sociali, diquelli che si chiamano corpi inter-medi, perché siano in grado di mo-bilitare le risorse buone e miglioridelle persone. Solo se c'è questa mo-bilitazione (oltre, naturalmente, a unp o’ di stabilità politica, che nonguasterebbe) può esserci una visioneragionevolmente ottimistica. Ma di-pende, giorno per giorno, da quantonoi sappiamo essere coesi verso que-sto obiettivo che è delineato dall’Eu-ropa chiaramente. Le due grandiaree dell'intervento europeo infattisono chiarissime: occorre governarequesta rivitalizzazione perché sia uti-le e una crescita sostenibile per cuioccorre una transizione ambientaledecisiva per il pianeta. Sono duegrandi transizioni epocali dentro lequali il nostro mondo deve esserecondotto.

A proposito dell’Europa: si stannospendendo bene i soldi che dà?

Se la domanda me la rifà tra 4,5mesi le saprò rispondere. Direi cheal momento attuale stiamo “p ensan-do” a come spenderli. Come lei sa,tutta questa estate i ministeri, maanche noi, abbiamo cominciato apensare quali sono, dentro le duegrandi piste che, come ho già detto,sono state indicate dall’E u ro p a ,quella digitale e quella ecologica, lecose da fare. Anche Draghi dice:“Investire e fare anche debito, se ne-cessario, purché sia debito buono”.Tutti dicono che dobbiamo andarein questa direzione, che non bastaspendere ma che sia una spesa

orientata. Al momento siamo ai na-stri di partenza. Ci sono buone in-tenzioni... Anche se l’altro giornosentivo di alcuni di questi ministerieconomici che hanno cominciato amettere in fila molti progetti: ecco,sarebbe bene che non ci fossero 500proposte ma che ci fossero priorità,in modo che ci si concentri su quellerealistiche. Questo è un punto debo-le del nostro sistema, delle nostreamministrazioni.

Lei è arrivato a presiedere il Cnel dopouna lunga, ricca carriera di studioso,di tecnico, di politico. Che bilancio fadella sua generazione di politici e am-m i n i s t ra t o r i ?

Ci ho pensato più volte, natural-mente. Noi abbiamo avuto alcunimomenti felici, di grande coesione.Ora, sarà per la mia biografia politi-ca (io ho fatto per 25-30 anni il pro-fessore e poi ho fatto il politico ope-rativo per poco più di 10)... pensoche in quel decennio abbiamo messoin atto, operato alcune cose e il giu-dizio alla fine è positivo, perché cisono state riforme anche importantiCerto le riforme importanti non sifanno in un anno per poi cambiare ericambiare di nuovo... Purtroppoquello che ci è mancato, di cui sia-mo responsabili in parte, è di nonaver dato seguito, di non aver man-tenuto coesione e coerenza. Parlo so-prattutto del periodo dopo gli anni’90. Queste mancanze si vedono sul-le nuove generazioni, perché aveva-mo costruito una certa stabilità finoappunto a qualche tempo fa e ades-so se non correggiamo il tiro e nonritroviamo questa coesione, questastabilità di intenti, allora la prossimagenerazione non vedrà frutti e anzirischia di trovarsi in condizioni peg-giori della nostra.

La nuova generazione è molto attentaalla Green economy, di cui onestamentesi parla ormai da molto e che fa anco-ra fatica ad affermarsi. È una questio-ne di resistenza all’innovazione, di dife-sa di rendite di posizione, di ancora in-sufficiente produttività?

Beh... noi veniamo da due secolipartiti con le prime macchine a va-pore e proseguiti con l’“economianera”. Adesso passare a un’economiaverde è veramente un cambio di pa-radigma. Le resistenze che ci sono sisuperano anche. I piani di riorganiz-zazione italiani ed europei sono giàmolto audaci. Naturalmente non sitratta solo di avere soluzioni tecni-che, che posso essere utili solo sedietro c’è una spinta radicale in que-sto senso. E c’è. Anche in manieradrammatica, certe volte. Qualcunodice persino che l’emergenza dellapandemia ha a che fare con questisconvolgimenti. Per esempio nel no-stro libro ci sono un paio di contri-buti nei quali si afferma che quantosta accadendo sia l’effetto di una na-tura violentata.

In tema ambientale, veniamo alla Lau-dato sì'’, che poi è in realtà un’encicli-ca sociale... In ogni caso, come si poneun tecnico, un esperto abituato da unavita a ragionare sui numeri e sulleanalisi, di fronte a un messaggio che inbuona sostanza gli suggerisce di far ca-dere la penna, di sgombrare il tavolo edi ricominciare da capo?

Io ho letto più volte questi mes-saggi del Pontefice, dei Pontefici.Sono messaggi giustissimi. La solu-zione c’è e deve essere trovata perrendere compatibile l’equilibriomondiale, ambientale, con qualcosache non sia un lockdown globale opeggio la decrescita che si è vista.Strumenti ce ne sono. Non è impos-sibile. Il radicale messaggio di unPontefice, dei pontefici, va preso sulserio e va attuato, sia pure con leimperfezioni della nostra umanità.

Kabul completa il rilasciodei prigionieri talebani

Hong Kong: l’Onu contestala legge sulla sicurezza

HONG KONG, 4. La nuova legge sulla sicurezza na-zionale, varata dalla Cina a fine giugno a HongKong, pone a serio rischio alcuni diritti fondamen-tali nella Regione amministrativa speciale e vìolagli obblighi legali internazionali.

È il giudizio critico manifestato dagli esperti del-le Nazioni Unite sui diritti umani, in una letterache è stata pubblicata sul sito web del relativo uffi-cio, dopo essere stata inviata al governo di Pechi-no. Dal canto loro, le autorità cinesi hanno affer-mato che la legge è necessaria per garantire la sta-bilità e la prosperità della città.

Nel documento dell’Onu si spiega che la legge«sembra criminalizzare la libertà di espressione oqualunque forma di critica» nei confronti della Ci-na. Inoltre, «La legge nazionale sulla sicurezza po-ne un serio rischio alle libertà fondamentali e po-trebbe violare le garanzie del giusto processo».

Infine, gli esperti delle Nazioni Unite esortanola Cina a nominare un «revisore completamente in-dipendente» per esaminare la conformità della leg-ge con gli obblighi internazionali in materia di di-ritti umani.

S c o n t rosulle sanzioni

all’Iran

VIENNA, 4. I paesi aderenti all’ac-cordo sul nucleare iraniano del2015 (Cina, Russia, Francia, Re-gno Unito e Germania), oltreall’Ue, hanno ribadito ieri «l’im-portanza di preservare l’intesa»poiché essa rappresenta «un ele-mento chiave dell’architettura dinon proliferazione globale». Isuddetti paesi hanno inoltre criti-cato la recente richiesta degli Sta-ti Uniti di avviare il processo perla reintroduzione delle sanzionicontro Teheran. In effetti — silegge in un comunicato emessoieri al termine di un incontro aVienna — gli Usa sono usciti uni-lateralmente dall’intesa nel 2018 equindi «non possono avviare ilprocesso». È stato inoltre sottoli-neato che «la piena applicazionedell’accordo rimane cruciale».

KABUL, 4. Il Governo dell’Afghanistan ha completato ilrilascio dei prigionieri talebani, come richiesto dagli in-sorti per avviare gli attesi colloqui di pace diretti, chedovrebbero mettere la parola fine a quasi vent’anni diguerra. Il rilascio è stato confermato dal Consiglio na-zionale di sicurezza di Kabul, mentre deve ancora giun-gere la conferma da parte talebana. In base all’a c c o rd oraggiunto a febbraio tra gli Stati Uniti e i talebani aDoha, capitale del Qatar (dove gli insorti mantengonoun ufficio politico), il Governo afghano ha acconsentitonel corso dei successivi mesi al rilascio di circa 5.000 pri-gionieri, in cambio della liberazione da parte talebana diun migliaio di militari governativi.

Lo scambio è stato ritardato per quasi sei mesi, per ilrifiuto di Kabul di liberare 400 prigionieri talebani ritenu-ti particolarmente pericolosi. Queste possibili scarcerazio-ne hanno infatti provocato il risentimento di alcuni Paesie delle famiglie delle vittime di attentati. La Francia el’Australia, ad esempio, hanno chiesto che sette prigionie-ri talebani — ritenuti responsabili dell’uccisione di militarifrancesi e australiani — non vengano liberati. Fonti delGoverno afghano hanno riferito che i sette prigionieriverranno trasferiti in Qatar e presi in custodia dall’ufficiopolitico dei talebani, fino alla soluzione della questione.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 5 settembre 2020

di MA R TA D'AMBROSIO

Nel 1950 GwendolynBrooks, poetessa afroa-mericana cresciuta leg-gendo i versi di Lan-gston Hughes e James

Weldon Johnson, vinse il PremioPulitzer per la Poesia con la sua rac-colta Annie Allen. Per la prima voltanella storia, un riconoscimento tantoprestigioso venne assegnato a unaletterata afroamericana, conferendovisibilità e importanza ideologica eculturale anche ad altri intellettualiche, come lei, a partire dal Rinasci-mento di Harlem, ambivano ad af-fermarsi, cercando di emergeredall’angolo in cui erano stati relegatidalla società e dalla critica.

Quello della poesia afroamericananovecentesca è un mondo che si in-treccia perfettamente con quello del-la musica: il richiamo agli schemiclassici del blues nelle opere diGwendolyn Brooks, appresi proprioda Hughes, conferma l’esistenza diun forte e puro legame tra linguag-gio poetico e tradizione orale. In

realtà di miseria e sottomissione, so-litudine e discriminazione. Impossi-bile non pensare alle grandi inter-preti, talentuose portatrici canore di

volte agricole, le aspettative di unarinascita economica e individuale.

Ecco allora Mamie Smith, chenella New York del 1920 registrò perla Okeh Records Crazy Blues la pri-ma vera incisione di un blues; BessieSmith, rabbiosa e potente voce degliamori infelici del ghetto consumatidalla povertà e dai tradimenti, conlo stile tipico dolente ed ironico delblues urbano.

Fu però Billie Holiday, la leggen-daria Lady Day, proveniente dal go-spel, ossia dall’area rurale e religiosadel canto, a segnare, alla fine deglianni Trenta il passaggio definitivodal country blues al blues jazzistico,rivestendolo di intensa drammaticità.Nei club newyorkesi risuonava la vo-ce di Billie, il pianto straziante diuna vita segnata dalla violenza, «unfiore avvizzito su uno stelo spezza-to», uno spirito bluesly ribelle e tor-mentato che raggiunse l’apice con

Strange Fruit. Nel 1939 il giovane in-segnante Lewis Allan, pseudonimodi Abel Meeropol, le fece leggereuna sua poesia, Bitter Fruit, in cuiegli stesso denunciava il sempre piùesteso odio razziale nei confronti de-gli afroamericani, liberi sì dallaschiavitù, ma rimasti mezzadri sfrut-tati, oppressi e isolati, soprattuttonel profondo Sud, dove la fame e lemortificazioni erano più vive chemai.

I corpi martoriati dal linciaggio eimpiccati venivano lasciati dondolaresui rami degli alberi, a marcire al so-le, come degli strani frutti in balìadei corvi, senza pietà alcuna. LadyDay, dall’anima lacerata, ne rimasetanto colpita da farla visceralmentesua, avvalendosi dell’aiuto del piani-sta Sonny White. Nonostante il ri-fiuto iniziale delle radio e delle casediscografiche dell’epoca, vista la te-matica considerata spinosa, il corag-gio non l'abbandonò: riuscì a canta-re Strange Fruit per la prima volta alCafé Society, dinanzi ad un pubbli-co ammutolito, con l’iconica garde-nia bianca tra gli scuri capelli. An-che la poesia di Arna Bontemps, Glialbeggiatori, rimanda audacemente aquei pioppi dell’orrore, appesantitidalla morte ingiusta e atroce, doveormai il seme dell’ostilità stava dan-do i frutti di un tragico raccolto.

Eppure la speranza di una nuovaalba nell’America razzista rimase co-munque vivida in Bontemps, cosìcome il bisogno di pace; gli afroa-mericani, vittime innocenti di unasocietà che ferocemente li malediva,resistevano in vari modi, il più delle

volte subendo mestamente i maltrat-tamenti. Come l’albero della croce,simbolo del sacrificio di Cristo, nonsolo immagine di dolore e calvario,ma anche di amore e salvezza, ipioppi dai quali ciondolavano i cor-pi impiccati si evolvono, nella strofafinale, in una rinascita luminosa, nel

sprezzo, ma nel Delta del Mississip-pi, la culla del blues, la musica nelfrattempo continuava a scorrere nel-la terra, nei fiumi antichi, nell’umilelamento di un popolo esasperato,privato perfino dei diritti civili. Iltermine blues fu una trovata com-merciale dei produttori discografici,

Gwendolyn Brooks, Billie Holiday e il grido del Blues

Strani fruttiappesi agli alberi

Papa Braschi e la fuga del suo archiatra

«Abbiamo inteso, faccia come vuole»

Quello della poesia afroamericana novecentescaè un mondo che si intreccia continuamentecon quello della musicaC’è un forte legame tra linguaggio poetico e tradizione oralespecchio della vita quotidiana nelle piantagionitra fughe, rivolte agricole e aspettative di rinascita

Billie Holidayin una locandina degli anni Quaranta

Con l’e n t ra t adelle truppe di Napoleone a Romail pontefice fu arrestatoe condotto in esilio in ToscanaIl dottore che lo curavasi rifiutò di accompagnarlo

era necessario di tornare a Roma, ed iscusar-si della fretta colla quale voleva andarsene.E il papa, avvegnaché per sì spiacevole edinaspettata domanda rimanesse molto con-turbato, udì nondimeno con gran pazienzala lunga diceria del medico: finita la qualestette in breve silenzio, e poi rispose: “Ab-biamo inteso: faccia come vuole”. E il deRossi, con indignazione di tutta la corte, econ moltissimo cordoglio di Pio VI, tosta-mente e per sempre si dipartì dalla Certosa[di Firenze]».

In questo modo il papa fu lasciato solo edovette ricorrere ai medici che occasional-mente gli venivano forniti durante il penosoviaggio che lo avrebbe condotto in Francia.Non tanto per ricevere cure, quanto per at-testare e certificare, contro ogni evidenza,che era in grado di riprendere il cammino.Anche Filippo Maria Renazzi nella sua Sto-ria della Sapienza parla della figura di deRossi: «Dopo qualche tempo il de Rossi fe-ce ritorno in seno alla famiglia. Finalmentecominciando a crollar di forze, e già in Sa-pienza giubilato, compendiosamente nel1803 morì nelle vicinanze di Roma, doveerasi recato per aver ristoro con il beneficiod'aria più pura e salubre».Pio VI

di LUCIO CO CO

La carriera di medico di GiovanniMaria Lancisi si sviluppa lungoun asse temporale che prendel’avvio dall’ultimo quarto del se-colo diciassettesimo. Durante l’ul-

tima malattia di Innocenzo XII era stato ri-chiamato anche il celebre professore romano,che successivamente ebbe anche la nomina amedico del conclave insieme a Giacomo Si-nibaldi. Il neo-papa Clemente XI riabilitòcompletamente il medico di Crevalcore,mantenendolo in questa posizione fino altermine della sua vita parallelamente all’affi-damento (dal 1702) dell’insegnamento di me-dicina pratica alla Sapienza. Intenso e a tut-to campo fu l’impegno nella ricerca dell’illu-stre medico in questo periodo che si appun-tò in modo particolare sugli studi riguardoagli aneurismi e alle febbri malariche. Anchela donazione, nel 1712, della sua bibliotecacostituita da più di ventimila volumi al San-to Spirito in Sassia contribuì ad accrescere lasua popolarità nel favorire gli studi ed èproprio nella chiesa di questo ospedale chevennero celebrati i suoi funerali «con il suocadavere avvolto in un mantellone da came-riere segreto e la berretta dottorale in testa».

Al lungo pontificato dell’urbinate papaAlbani seguì quello di Innocenzo XIII b re v ee costellato di malanni, contro i quali a nullagiovarono le cure né del medico segreto Mi-chelangelo Paoli, né dei medici palatini Giu-seppe Maria Fieschi e Giovan Battista Nuc-carini. Giunto al soglio di Pietro a sessanta-sei anni, già in precedenza aveva dovuto ri-nunciare all’incarico di vescovo di Viterboper ragioni di salute. Lo stato precario dellesue condizioni fisiche si era andato semprepiù aggravando tanto che agli anni del suopontificato corrispose uno stato di malesserecronico dal quale Papa Innocenzo mai si sa-rebbe ripreso. Nel suo caso si è arrivati a di-re che «la malattia sia stata la protagonistadi questo pontificato» e che «se c'è un’ag-gettivazione che vale per esso è quella che lotimbra malato» (vedi la voce dedicata daGino Benzoni a papa Innocenzo, nell’Enci-clopedia dei papi). I disturbi che vengono ri-feriti sono svariati: calcoli, mal di stomaco,male agli occhi, piedi gonfi, respirazione af-fannosa; i medici sono continuamente a con-sulto, finché non giunge la fine il 12 marzo1724.

Il suo successore, Benedetto XIII, conservòcome medici personali sia Michelangelo

Paoli che Giovan Battista Nuccarini (1655-1731) che, dopo essere stato per circa venti-cinque anni protomedico della città di Foli-gno, era giunto a Roma nel 1720 come medi-co di palazzo di papa Albani. Alla morte diInnocenzo aveva ottenuto l’incarico di ar-chiatra di Benedetto e proprio mentre svol-geva questa funzione, ricoperta per circa seianni, era divenuto a sua volta medico dellafamiglia pontificia anche uno dei suoi figli,Crisp oldo.

Tuttavia alla morte di Benedetto, avvenutail 21 febbraio del 1730) «la carriera nel palaz-zo apostolico si chiuderà per entrambi»(scrive Bruno Marinelli in Giovan BattistaNuccarini da Foligno (1655-1731): filosofo, let-terato ed archiatra di tre pontefici, in «Archiviin Valle Umbra», a. VIII, 1, 2006).

Medico segreto di Clemente XII fu Anto-nio Leprotti. Questi aveva studiato medicinaa Bologna e quindi si era spostato a Rimini,nel 1712, come medico personale del vescovoGianantonio Davia, al cui seguito nel 1724 siera trasferito a Roma.

Con l’ascesa di papa Clemente al soglio diPietro, Leprotti ne divenne il medico perso-nale. Descritto come «savio e cauto nel me-dicare, profondo e umile nel consultare» (lafonte è un Elogio historico di monsignor A. L.uscito sul «Giornale de’ letterati per l’annoMD CCXLVII», citato da Luigi Maria Fratepie-tro nella voce del Dizionario Biografico degliItaliani dedicata a Leprotti) a Roma favorì igiovani nello studio, contribuì alla ristampadi opere mediche, come il trattato suglianeurismi di Lancisi e aprì la sua bibliotecaagli studiosi.

In questo modo alle riconosciute e ap-prezzate qualità di medico aggiungeva ancheun’attività di divulgatore e di mediatorescientifico coerente con lo spirito dell’ep o cadei Lumi. Alla morte di Clemente XII fu me-dico del conclave e successivamente anche dipapa Benedetto X I V. A succedere a Leprotti,scomparso nel 1746, fu chiamato come ar-chiatra Marcantonio Laurenti, bolognese co-me papa Lambertini, professore di medicinapratica e primario dell’Ospedale della vita.In una cronaca dell’epoca si possono leggeredelle sue note personali che forniscono unritratto molto umano di questo medico. Èscritto infatti che «egli accoglieva tutti consomma affabilità e cortesia e rispondeva pa-catamente, seguendo un metodo sempre fa-cile e suggerendo rimedi assai semplici, per-ché fu sempre alienissimo dal prendere l'ariadi oracolo e dall’accreditar le imposture»(Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bo-

lognesi, Bologna, 1786). Alla morte di Bene-detto fece ritorno nella città felsinea, dovevisse ancora a lungo fino alla morte avvenu-ta nel 1772, all’età di quasi novantaquattroanni.

Formatosi alla scuola dell’anatomista pe-rugino Alessandro Pascoli, archiatra segretoe primo medico curante di Clemente XIII fuCristoforo Zannettini di Brescia dal 15 lugliodel 1758. Del successore Clemente XIV fumedico segreto Pasquale Adinolfi insieme aGiovanni Bianchi, docente di anatomia e ro-magnolo (di Rimini, dove era nato nel 1693e dove sarebbe morto nel 1775) come il papa,che era di Santarcangelo, e da questi nomi-nato (nel 1769) medico segreto onorario, ca-rica che mantenne anche con Pio VI fino allamorte. Di particolare rilievo durante questianni è anche la figura di Natale Saliceti(1714-1789), il medico che avrebbe ispirato efortemente motivato Gaetano Marini nelportare avanti la sua opera sugli archiatripontifici (Gianni Venditti, «Vorrei veder tutto,e saper tutto e l’impossibile». Gaetano Marini egli archiatri pontifici). Di origine corse, Nata-le Saliceti era giunto a Roma per intrapren-dere gli studi di medicina, entrando in con-tatto con Antonio Leprotti. In questo am-biente nel 1756 era maturata la nomina a me-dico della famiglia papale, riconfermata conClemente tredicesimo e il suo successore.Contemporaneamente era divenuto primariodel Santo Spirito in Sassia e quindi ordina-rio di anatomia e chirurgia alla Sapienza.

Proprio facendo appello alla sua abilità pro-fessionale nel 1774 era stato chiamato ad as-sistere all’autopsia del cadavere di ClementeX I V, escludendo nella relazione redatta al ter-mine dell’esame, che ci fosse un collegamen-to tra la cianosi del corpo del morto, la suaveloce decomposizione e una qualsiasi formadi avvelenamento.

Un anno dopo, nel 1775, a coronamentodella sua brillante carriera, era giunta dalnuovo papa, Pio VI, la nomina ad archiatrasegreto, incarico che mantenne fino allamorte avvenuta nel 1789.

A succedere al decano dei medici romani,i cui funerali furono celebrati con grande so-lennità nella chiesa di san Luigi dei France-si, fu il medico camerinese Giuseppe deRossi. La sua vicenda personale e professio-nale è strettamente collegata con le dinami-che storiche che turbarono gli ultimi anni divita e di pontificato di papa Braschi.

Con l’entrata delle truppe di Napoleone aRoma, guidate dal generale Louis-AlexandreBerthier, il 10 febbraio 1798, la posizione delpontefice si era fatta precaria. Questi fu arre-stato e in un primo momento condotto inesilio in Toscana (Siena e poi Firenze).Quindi fu trasferito a Bologna, Parma, Tori-no, in un viaggio terribile, durante il qualeegli perdette l’uso degli arti inferiori. Unviaggio che avrebbe dovuto portarlo inFrancia, dove soggiornò, sempre come pri-gioniero, prima a Grenoble e poi a Valence,città nella regione del Delfinato, dove morì

il 29 agosto 1799. Pio VI fu l’ultimo papa amorire fuori dall’Italia; prima di lui, più diquattrocento anni prima, si era spento adAvignone Urbano V.

Collegata a questi spostamenti, durante iquali le condizioni di salute del più che ot-tantenne pontefice andarono sempre piùpeggiorando e aggravandosi, la figura delmedico sarebbe risultata imprescindibile. Ildottor de Rossi tuttavia in tale circostanza sidimostrò titubante a seguirlo nella sua sven-tura e disavventura e chiese al Santo Padrela dispensa, adducendo motivi familiari: «Ildetto medico si presentò al papa, e dicevaglicento cose per mostrare che veramente gli

Queen of the Blues, la figura dellacantante di blues Mame, ispirata allacelebre Ma Rainey, non è che l’in-carnazione della donna afroamerica-na che tentava, tramite il successosul palcoscenico, di sfuggire a una

quell’amara consapevolezza su cui sifondava il blues, un autentico spec-chio di vita del popolo afroamerica-no, fatto di problematiche socialicondivise, sul cui sfondo ombreggia-vano le piantagioni, le fughe, le ri-

segno di una liberazione auspicatadi fronte a una superba e cruda ma-nifestazione di potere. Malgrado in-fatti la segregazione e l’esclusione, inEppure mi meraviglio, componimentodel 1925 di Countee Cullen, altro au-torevole esponente del movimento diHarlem, Dio, con la sua infinitabontà, lascia in dono la poesiaall’afroamericano sofferente, elevan-dolo, porgendogli così il mezzo perpotersi finalmente esprimere.

L’autore, pervaso da un’intimameraviglia, constata quanto le azioniamorevoli di Dio non siano fatte perl’umana comprensione: la risoluzio-ne del paradosso di essere nero epoeta insieme, è affidata solo al Si-gnore. Le idilliache e profumatecampagne del Sud non erano che si-lenziose testimoni di sangue e di-

è vero, la cui paternità venne riven-dicata da William Christopher Han-dy, che nel 1912 pubblicò Me m p h i sBlues, ma non bisogna dimenticareche il blues nacque in primis per tra-smettere, in modo istintivo, emozio-ni attraverso la voce, sulla scia deicanti di lavoro collettivi improvvisatidagli schiavi africani, di cui manten-ne la struttura c a l l - a n d - re s p o n s e , e lachitarra, valido sostegno strumentaleal tono triste e malinconico.

Un blues definito da Hughes, nel1925, dolce, sgorgato dall’anima,“stanco”, ma non rassegnato, benchéci fosse una sconfitta sociale e mora-le in atto: lo stesso di GwendolynBrooks, capace di squarciare, nellasua poetica libera, colma di ansia vi-tale, il penoso e caduco fluiredell’esistenza.

I corpi martoriati dal linciaggio e impiccativenivano lasciati dondolare sui rami degli alberia marcire al sole in balìa dei corviLady Day ne rimase tanto colpita da trasformarei versi in canzone con l’aiuto del pianista Sonny White

MEDICUS PA PA E — IL SETTECENTO

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 5 settembre 2020 pagina 5

lo ingresso in un museo suscita eche, sicuramente, non può esseresurrogata da una osservazione vir-tuale. Anche i vantaggi non sonoperò trascurabili: si possono rag-giungere le facciate, soprattutto leparti alte e le volte, trascurate perchénon facilmente e chiaramente visibilidal basso; diventano ugualmentefruibili alcuni luoghi delle chiese chenon sono visitabili da vicino perchépoco illuminati o difficilmente avvi-cinabili come vetrate, cripte, cappel-le laterali, nonché le catacombe. Si-curamente migliorerebbe il “rapp or-to” con la Gioconda al Louvre che,oggi, si può solo intravedere, tra unatesta e un’altra, scorrendo in fretta ea una certa distanza.

Le restrizioni e il contingentamen-to imposti dalla pandemia hannofatto proliferare le iniziative di visitevirtuali, proiettandole verso un realesviluppo qualitativo, oltre che nume-rico. Nella loro offerta, che ha ormaipiù di venti anni, è riconoscibileun’evoluzione concettuale e tecnica

tutto il tempo allo studio delle ope-re, conservando una buona concen-trazione, rafforzata peraltro dallascarsa densità di visitatori, regolatiattualmente, nell’ingresso di ogni sa-la, da tempi prestabiliti.

È questa una scelta che indica unasoluzione propedeutica e comple-mentare alla visita diretta. È unastrada che non si propone di sosti-tuire in toto la visita di persona, masolo di offrire la copertura di unaparte dell’esposizione. Sicuramente,neppure questo accorgimento riescea soddisfare le differenti esigenze in-dividuali, tuttavia può consentire dilimitare i campi soggettivi e sceglieregli aspetti sui quali ognuno puòconcentrare l’attenzione maggiore.Allo stesso modo sarebbero di gran-de utilità visite virtuali dei capolavo-ri pittorici e scultorei esistenti nellechiese, in molti casi privi di indica-zioni riguardanti in particolare l’og-getto e l’a u t o re .

La scelta della complementaritàpuò indicare una strada non molto

per destinare al rapporto in presenzale applicazioni che nell’insegnamen-to sono di esercizio o di laboratorio.

Di alto valore scientifico, oltreche di coinvolgente impatto media-tico, sono le ricostruzioni in 3D del-le aree archeologiche, con la resaoriginaria dei volumi e dei colori.Un’ulteriore opportunità si coniugacon le visite virtuali di musei “i n e s i-stenti”. Predisporre un “Museo Ca-ravaggio”, che raccoglie la sua inte-ra produzione, permette al visitato-re e allo studioso di consultare inte-ramente, ma soprattutto sincronica-mente, tutta l’opera dell’artista.Inoltre la catalogazione digitale fa-vorisce con estrema semplicità ogniforma di classificazione: cronologi-ca, geografica, tematica, tecnica, per

zione della visita attraverso criteri etempi oggettivi, non commisurati al-le esigenze del singolo visitatore, ilquale, per età, per preparazione, perinteressi, ha desideri suoi personali,che condizionano le pause e i tempidi assimilazione. A questi limiti, chehanno relegato le visite virtuali inuna sorta di conoscenza di ripiego,alcune soluzioni, sperimentate di re-cente, hanno progressivamente prov-veduto adeguando il modello infor-mativo: la presentazione dell’op eranon risponde solo a un itinerario fi-sico, ma propone diversi canali diaccesso, distinti per tematiche, la-sciando libera la possibilità di sele-zionare la chiave che permette dipersonalizzare i campi della cono-scenza.

A parte il primato anche in questoambito dei Musei Vaticani (come èstato raccontato su queste pagine),una proposta efficace è la recenteapplicazione, preparata dalle Scude-rie del Quirinale, per la mostra suRaffaello. L’attenzione è stata dedi-cata soprattutto alle descrizioni scrit-te che impegnano il visitatore nellesoste davanti ai pannelli, posti all’in-gresso di ogni sala. Questo criterio èrisultato particolarmente appropriatoper sopperire ai tempi ristretti dipermanenza nelle sale. Se si arrivapreparati in anticipo, si può dedicare

quella diretta. Come già detto, riten-go che essa debba limitarsi a essereun utile complemento, talvolta an-che indispensabile, in quanto per-mette, ad esempio, di raffigurare am-bientazioni o ricostruzioni altrimenti

con essa. Ovviamente questa esigen-za di conoscere la fisicità dell’ogget-to si estende alle opere edilizie, so-prattutto antiche, che hanno regi-strato le alterazioni del tempo e che,per questo, donano al visitatore il

Vantaggi e limiti delle visite virtuali

Prop edeutichee complementari

C a ra v a g g i o«San Francesco in estasi» (1595)

L’alleato di EinsteinA cinquant’anni dalla morte di Christopher Henry Dawson

Come per il libro, anche per l’opera d’artela consultazione digitale tende a sostituire quella cartaceaSempre più diffusamentele illustrazioni sono ricercate su internetpiuttosto che sulle pubblicazioni scientificheDi conseguenza vengono proposte con frequenza crescentele visite virtuali dei musei, ma anche dei luoghi di cultodegli edifici d’arte e dei territori storici

di MARIO PANIZZA

Il museo, inteso come istitu-zione culturale pubblica, na-sce in epoca abbastanza re-cente. Preceduto dalle grandicollezioni private, raccolte so-

prattutto nei palazzi delle monarchieeuropee, giunge a configurarsi comestruttura autonoma e come edificiotipologicamente definito solo nelSettecento, con il Museo Capitolino,aperto al pubblico nel 1734 da Cle-mente XII. Eppure le sue funzioninon sono molto diverse da quelledella biblioteca, che, al contrario,nasce molto prima: entrambe le isti-tuzioni infatti raccolgono, conserva-no, classificano, espongono, con ob-bligo di divulgazione. Rispetto allabiblioteca il museo ha un compitoulteriore, molto impegnativo: la ma-nutenzione e il restauro dell’op era,interventi che richiedono spazi ag-giuntivi e laboratori specifici.

Le scelte architettoniche che ri-guardano l’edificio-museo si diffe-renziano per i contenuti raccolti, equindi per i prodotti da mettere inmostra, ma, in termini ancora piùvincolanti, per il modello espositivo.Se le opere hanno una loro colloca-zione permanente, “p re t e n d e n d o ”uno spazio ad hoc, predeterminatoper forma, dimensione e luce, l’im-pianto edilizio è in pratica generatodagli oggetti; altrimenti, se l’imp o-stazione è guidata dall’indetermina-tezza e dalla libertà espositiva, le sa-le non hanno configurazioni partico-lari. Il progetto del museo richiedepertanto una premessa tipologicaspecifica, destinata a condizionareprofondamente la soluzione architet-tonica.

Come per il libro, anche perl’opera d’arte la consultazione digi-tale tende a sostituire quella carta-cea. Sempre più diffusamente, le il-lustrazioni sono ricercate su internetpiuttosto che sulle pubblicazioniscientifiche. Di conseguenza, vengo-no proposte, con frequenza crescen-te, le visite virtuali dei musei, ma an-che dei luoghi di culto, degli edificid’arte, dei territori storici. Qualcunoha perfino previsto che in futuro imusei potrebbero chiudere, cedendoin parte il posto alle visite virtuali.

Sicuramente verrebbe a mancarel’emozione insostituibile della perce-zione fisica, quell’intensità che il so-

abbastanza evidente. All’inizio ten-devano a proporre soluzioni “esau-rienti”, con la presentazione comple-ta dei materiali in mostra, attraversoun percorso virtuale, che ripropone-va con fedeltà l’itinerario fisico delluogo. Erano una sorta di guida di-gitale che, in sostituzione di unapersona, indirizzava tra le stanze delmuseo, illustrando le opere esposte.

Quali sono i limiti di questa im-postazione? Sicuramente, la regola-

distante da quanto si potrebbe por-tare avanti nella scuola: prenderedall’insegnamento a distanza le op-portunità più facilmente delegabili asituazioni dove il rapporto può esse-re impersonale e, contemporanea-mente, sviluppare le opportunità tec-nologicamente più avanzate e ricchedi informazioni. Alcune parti delprogramma, quelle riconducibili allelezioni ex cathedra, possono essereaffidate alle comunicazioni on line,

dimensione dell’opera, per suppor-to, ecc. Insomma sarebbero museiche solo attraverso una costruzionevirtuale renderebbero possibile ri-comporre materiali distribuiti, inmodo casuale, nel territorio, e spes-so anche dimenticati nei depositidei musei.

Naturalmente questo modello diaggregazione analitica e ordinata,può essere esteso dalla pittura a ognialtra forma artistica, ma anche a te-mi di conoscenze scientifiche, natu-rali e ambientali, e può essere ac-compagnato da varie notizie utili dicarattere biografico, letterario, bibli-co, storico.

Ipotesi ancora più elaborate ven-gono dalla costruzione dello spazioespositivo, per cui con appositi stru-menti visuali è possibile percepire supareti vuote il volume e la definizio-ne dell’architettura di città ormai di-strutte o addirittura di monumentifrutto della fantasia di un progettistao di uno scrittore.

Il perfezionamento della presenta-zione delle opere esposte in un mu-seo tende a rafforzare la convinzioneche la visita virtuale possa sostituire

di DARIO FERTILIO

Dio non gioca a dadicon l’universo e nullaaccade per caso: diquesto Albert Ein-stein era fermamente

e anche intuitivamente convinto.Benché i sostenitori della fisicaquantistica asserissero il contrario,non si stancò mai di postularel’esistenza di leggi nascoste in gra-do di guidarci alla verità delle ve-rità, cioè a riconoscere un ordinepreciso nel mondo, in assenza delquale la scienza stessa non potreb-be esistere.

La disputa, col tempo, ha as-sunto quasi una valenza metafisi-ca. Il caposaldo della meccanicaquantistica consiste infatti nelprincipio secondo il quale non sia

nario dalla scomparsa. Il punto diconvergenza tra i due è una chiaveper la comprensione della vita. Ilfatto cioè — come sostiene Dawsonin assonanza con Einstein — che lapossibilità stessa della scienza di-penda dalla fede in una razionalitàultima dell’universo. Non ci sareb-be infatti da aspettarsi che la natu-ra, a priori, rispettasse leggi razio-nali e comprensibili dalla menteumana. Per dirlo con Einstein:proprio la certezza che Dio nongiochi a dadi col mondo ci per-mette di «penetrare più a fondo ilsegreto del Grande Vecchio».

Dawson avrebbe aggiunto aquesto assioma anche considera-zioni apertamente religiose, comeil fatto che tutte le grandi civiltàabbiano tratto un impulso decisivodal rapporto con la divinità, e che

meri è un prodotto del nostropensiero, una struttura puramenteformale. Non esiste al di fuori del-la mente umana: come mai alloraviene rispettata dalla realtà fisica?Gli atomi non sono certo al cor-rente del funzionamento delleequazioni differenziali... Standoalla pura logica, non è affatto na-turale che il mondo si comportimatematicamente. Dunque abbia-mo a che fare, secondo Wigner,con il “regalo immeritato” di qual-cuno. Più poeticamente, Einsteinlo definiva un «miracolo misterio-so».

La complessità di simili ragiona-menti rischia di far girare la testa,e continua a tormentare le mentidei più grandi scienziati — comenel caso di Hawking — sempre at-tratti da ciò che sta al di là, inco-noscibile ma percepibile. Del re-sto, anche nella vita pratica, nonci induce a riflettere il fatto cheuna semplice ferita tenda semprespontaneamente a rimarginarsi, in

accordo con un ordine inscrittonelle cose? Il funzionamento delcervello, la sintesi clorofilliana o larifrazione della luce non sono “na-turali”, eppure agiscono da primache la mente umana avesse datoloro un nome.

Il mistero c’è, e la fede può sug-gerire ipotesi, non conclusioni de-finitive. Ma è interessante consta-tare come proprio le scoperte piùavanzate della fisica finiscano perriproporre in termini diversi l’in-terrogativo iniziale. Se nella mate-ria i vuoti sono enormemente piùvasti dei pieni, e la fanno da pa-droni campi magnetici, forze, at-trazioni, radiazioni, flussi di elet-troni in gran parte insondabili,non ci resta che arrestarci sulla so-glia dell’enigma.

Sia che siano governate da legginon ancora scoperte, sia che la lo-ro natura profonda si dimostri re-frattaria al calcolo razionale, allafine si profila per tutti il miracolomisterioso di Einstein.

possibile misurare le cose con as-soluta esattezza: particelle comeelettroni o fotoni non avrebberouna precisa posizione nello spazio,sarebbero semplici distribuzioni diprobabilità. Einstein si mostrò sindall’inizio scettico riguardo a taliconclusioni, dichiarandosi sicuroche esista pur sempre un qualcheordine, non ancora decifrato, lacui conoscenza potrebbe consen-tirci di misurare tutto senza sba-g l i a re .

In questa sua convinzione nonera solo: e di uno dei suoi alleati,lo storico Christopher HenryDawson, ricorre ora il cinquante-

sia proprio l’energia ricevuta daessa a rendere possibile il progres-so, mediante il lavoro delle variegenerazioni che si sacrificano a fa-vore di quelle successive.

Al fianco di Einstein, e dellostesso Dawson, si schierò un altroNobel per la fisica, l’u n g h e re s eEugene Wigner, che oltre ad esse-re stato uno dei padri della bombaatomica, indagò il mistero su cuisi regge la stessa possibilità di esi-stenza della matematica. Lui lachiamò «irragionevole effettivitàdella matematica nelle scienze na-turali». E intendeva dire che, apensarci bene, la scienza dei nu-

La scienza dei numeriè un prodotto del nostro pensierouna struttura puramente formaleNon esiste al di fuori della mente umanaCome mai allora viene rispettata dalla realtà fisica?Gli atomi non sono certo al correntedel funzionamento delle equazioni differenziali

Predisporre un “Museo Caravaggio”che raccoglie la sua intera produzionepermette di consultare interamente e sincronicamentetutta l’opera dell’artistaMa la conoscenza diretta dell’opera non può essere eliminataSolo attraverso di essa è possibile riconoscereil modo in cui l’autore ha deciso di rapportarsi con essa

solo immaginate. La conoscenza di-retta dell’opera non può però essereeliminata. Solo attraverso di essa èpossibile entrare in sintonia con lamatericità e riconoscere il modo incui l’artista ha deciso di rapportarsi

piacere di leggere diacronicamente laforma e la materia. Come questa si èprogressivamente adattata al mutaredelle condizioni esterne e ha reagitoagli inevitabili traumi naturali o pro-vocati dall’uomo.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 5 settembre 2020

La IV edizione del Joint Diploma in Ecologia Integrale delle Università e degli Atenei pontifici di Roma

Un’alleanza pedagogicaper la Casa comune

La rivista online dei vescovi francesi dedicata ai temi ambientali

Verso un ecumenismo ecologicoPARIGI, 4. «L’ecologia nel suo insie-me non è né cattolica, né ortodossa,né protestante, è sufficiente di persé e significa cura della terra. I cri-stiani stanno riscoprendo questo te-ma centrale, soprattutto sotto l’in-fluenza dell’ortodossia. Ormai tuttisi rendono conto che l’ecologia è in-trinsecamente legata alla vita spiri-tuale dove l’uomo considera se stes-so come una creatura di Dio legataalla creazione»: con queste parole siapre l’editoriale del direttore del«Servizio nazionale per l’unità deicristiani» della Conferenza episco-pale francese (Cef), don EmmanuelGougaud, presente nel secondo nu-mero della rivista online che i ve-scovi hanno sviluppato sul temadell’ecologia integrale, pubblicatosu Internet in occasione del Tempodel creato. Un primo segno del di-namismo di questo «ecumenismoecologico», sottolinea il responsabi-le, è il successo dell’op erazione“Chiesa verde”, lanciata due anni fadai membri delle diverse confessionicristiane in Europa per incoraggiarela conversione ecologica ed esprime-re il proprio impegno per la tuteladell’ambiente.

In Francia sono ormai più di 500,tra chiese e comunità cristiane, chevi partecipano: «Ovviamente nelnostro Paese ci sono più cattolici —sottolinea don Emmanuel — maproporzionalmente al numero di fe-deli sono le comunità protestanti adessere più coinvolte in questa inizia-tiva». Del resto, questa forte culturadell’impegno “v e rd e ” era visibile trale comunità protestanti sin dagli an-ni Ottanta, ricorda il sacerdote fran-cese, quando le rivendicazioni eco-

logiche avevano coinvolto già moltedi loro. La lotta all’energia nuclearein Germania, ad esempio, ma anchela consistente produzione agricola ol’allevamento intensivo sono temisui quali i protestanti hanno avutoun interesse particolare. Adesso,l’obiettivo del dialogo tra cristiani èquello di stimolarsi e aiutarsi a vi-cenda in questo processo ecologico,che è anche — ricorda il sacerdote —vettore di evangelizzazione. Il diret-tore del «Servizio nazionale perl’unità dei cristiani» della Cef cita

come esempio il caso di alcuni geni-tori che, sensibilizzati alle proble-matiche della salvaguardia del crea-to attraverso l’operazione “Chiesav e rd e ”, hanno poi portato i loro fi-gli al catechismo.

Quest’anno, viene sottolineato inquesto stesso numero, il Tempo delCreato si iscrive per i cattolici nelquadro più ampio dell’Anno Lauda-to si’ indetto da Papa Francesco il24 maggio scorso per celebrare ilquinto anniversario della sua enci-clica sulla cura della casa comune,

un testo dove il Pontefice afferma,tra le altre cose, che «il ritmo diconsumo, di spreco e di alterazionedell’ambiente ha superato le possi-bilità del pianeta, in maniera taleche lo stile di vita attuale, essendoinsostenibile, può sfociare solamen-te in catastrofi, come di fatto sta giàavvenendo periodicamente in diver-se regioni».

Durante il confinamento legatoalla pandemia, invece, nota la rivi-sta online, «abbiamo potuto assiste-re a un “sollievo” della terra, al ri-

torno degli animali selvatici». «Nonsarebbe allora opportuno introdurretali periodi di riposo senza esserecostretti a farli solo in caso di disa-stri; non sarebbe auspicabile unasorta di moratoria per la terra, omeglio, di Shabbat — si interroganoi responsabili della sezione «Agire»della rivista — tanto più che tale pe-riodo consentirebbe un cambio dimodello, una conversione ecologi-ca». Deplorando il fatto che moltidurante il confinameno abbiano vis-suto momenti di sofferenza, eviden-ziano dall’altro canto che, allo stes-so modo della natura, «numerosepersone hanno anche notato un“sollievo” nella loro vita personale,con l’abbandono di attività o diviaggi che si sono rivelati meno es-senziali di quanto pensassimo, econ l’emergere di pratiche più soste-nibili, di un ritmo più calmo, rilas-sato, intenso con chi ci sta vicino oa contatto con la natura».

Presentando lo scorso mese dimaggio la rivista digitale, il respon-sabile editoriale, Vincent Neymon,che è anche direttore della comuni-cazione della Cef, l’aveva definitacome «un acceleratore per stimolarela conversione dei cattolici francesiverso l’ecologia integrale, ancoratroppo lenta oggi, ispirandosi all’en-ciclica di Papa Francesco Laudatosi’». «Poiché la questione dell’ecolo-gia integrale è molto vasta, voglia-mo con questo formato coinvolgereognuno di noi, qualunque sia lapropria area di competenza, la pro-pria missione, a proporre proposteconcrete, alla portata di tutti», con-cludeva Neymon. (charles de pechpe-y ro u )

L’invito del Wcc alle giovani generazioni

Un nuovo equilibrio naturale per cambiare il mondoGINEVRA, 4. «Sebbene le comunità abbiano datempo incorporato il Tempo del Creato nei lorocalendari, la celebrazione di quest’anno ha unaparticolare risonanza: la crisi sanitaria, economicae ambientale che ha scosso il nostro mondo invitatutti i cristiani a trovare modi di vivere radical-mente nuovi»: l’invito viene dal World Councilof Churches (Wcc), particolarmente impegnatonel promuovere iniziative durante questo mesespeciale di preghiera e di azione per prendersi cu-ra della nostra casa comune. Secondo l’o rg a n i s m oecumenico, lo slancio verso una conversione eco-logica per cambiare il mondo può venire propriodalle nuove generazioni: quest’anno per esempio,ricorda il Wcc, il Tempo del Creato è iniziato con«un servizio di preghiera online guidato propriodai giovani. Con la loro posizione profetica a fa-vore di modi di vivere radicalmente nuovi, i gio-vani esortano gli adulti ad attivarsi subito, quan-do la possibilità per agire è ancora aperta».Commentando il senso di questo mese speciale,padre Ioan Sauca, membro della Chiesa ortodos-sa romena e segretario generale ad interim delWcc, ritiene che «il Tempo del Creato è un otti-

mo esempio di vero spirito ecumenico per prega-re e agire insieme affrontando le sfide globali chestiamo vivendo oggi. La fede — ha detto — è unelemento indispensabile per cambiare il mondo erenderlo più sostenibile e giusto». Dal canto suo,il responsabile del World Council of Churchesper l’ecologia, la sostenibilità e la giustizia clima-tica, il reverendo Henrik Grape, insiste su quantoquesta edizione 2020 sia particolare: tutti, ribadi-sce, «in ogni Paese del mondo, siamo stati colpitidal covid-19, all’improvviso, tutti abbiamo dovutocambiare e, per molti di noi, rallentare». Per que-sta ragione, il pastore svedese invita i cristiani ditutte le confessioni a concentrarsi sull’imp ortanzadi comprendere che è necessario che il creato siriposi. «Il covid-19 ha davvero evidenziato comeun’industria estrattiva troppo intensiva regala me-no “spazio” alla terra e diminuisce le sue possibi-lità di resilienza», aggiunge Grape, alludendo adun pericolo che riguarda tutta l’intera umanità.Di fronte a questa situazione, questo speciale“giubileo”, «ci aiuterà a rallentare e a cambiare lenostre abitudini».

Alcune piste concrete vengono suggerite sul si-to internet del Wcc dal metropolita SerafimKykkotis, arcivescovo della Chiesa greco-ortodos-sa dello Zimbabwe: praticare «una vita fatta di ri-spetto, ma anche di sacrificio, ascetismo, sempli-cità»; ricercare «un’etica generale per rendere ilmondo un posto migliore proprio perché siamopresenti sulla terra»; avere a cuore di restituire aDio tutto ciò che Lui ci ha dato». Infine, consi-glia il metropolita ortodosso, non va dimenticatoche «le piccole cose sono importanti e non do-vrebbero essere trascurate, perché davanti a Dio,tutte le cose contano». Durante tutto l’evento,che si concluderà il 4 ottobre prossimo, festa disan Francesco di Assisi, si svolgeranno migliaia diappuntamenti digitali e centinaia di incontri loca-li: da Nanyuki, in Kenya, dove saranno piantatialberi da frutto per proteggere un sito ambientalea rischio, a Rio de Janeiro, in Brasile, dove altrialberi saranno piantati per focalizzare l’attenzionesul disastro ecologico dell’Amazzonia, fino a Wel-lington, in Nuova Zelanda, dove un gruppo ecu-menico sarà impegnato in una riflessione itineran-te sulla storia della creazione, secondo la Genesi.

di PAOLO PEGORARO

«F are alleanza» è una delleparole d’ordine dell’enci-clica Laudato si’, e a costi-

tuire un’inedita alleanza sono statele Università e gli Atenei pontifici diRoma con l’istituzione del primo ti-tolo di studio interamente congiun-to. Arrivato alla sua IV edizione, ilJoint Diploma di Ecologia Integrale(Jdei) è un percorso accademico an-nuale che desidera promuovere i va-lori dell’enciclica in ottica interdisci-plinare. I centri accademici coinvolticondividono professori, competenzee sedi delle lezioni in Roma, anchese la presente situazione sanitaria haportato a una ulteriore implementa-zione della didattica a distanza, giàsperimentata nelle precedenti edizio-ni. Le iscrizioni online per l’anno ac-cademico 2020-2021 sono aperte finoall’11 novembre sul sito www.uni-gre.it; per informazioni si può con-tattare l’indirizzo mail [email protected]. Ne parliamo con il professorIvan Colagè, membro del Comitatoscientifico del Jdei e docente incari-cato di Logica e Filosofia dellaScienza presso la Pontificia Univer-sità Antonianum di Roma.

Quali sono i tratti peculiari del Jdeirispetto ad altre proposte formativesull’ecologia integrale?

Molto si può dire sull’ecologia in-tegrale, tuttavia il Jdei vuole rimane-re molto aderente al testo dell’enci-clica, al punto che i sei moduli chelo compongono ne calcano i sei ca-pitoli. Il Jdei vuole poi offrire unalettura “c o n c re t i z z a n t e ” di questa pa-gina del magistero della Chiesa. Inquesto modo offre inoltre un modoper vivere una spiritualità ecologicain una comunità che si arricchiscedelle reciproche esperienze. È valsoanche per quest’anno, nonostantegran parte del programma si siasvolto online.

Gli studenti del Jdei provengono dapercorsi formativi diversi. Vuole raccon-tarci le loro motivazioni e i loro tra-g u a rd i ?

Molti sono studenti tipici delleuniversità pontificie, interessati ai ri-svolti teorici dell’enciclica, altri perle ricadute sociali e pastorali. Moltialtri provengono da esperienze pro-fessionali più “tecniche” — a rc h i t e t -tura, industria, agronomia, ingegne-ria ambientale o gestionale — e cer-cano attraverso il Joint Diploma unconfronto alle motivazioni personaliper il proprio lavoro. Quest’anno hoseguito la tesina di una imprenditri-ce la cui azienda si occupa di manu-tenzione di spazi verdi interni, laquale ha saputo trovare in ognunodei sei capitoli della Laudato si’un’implicazione che avesse direttaattinenza con la sua esperienza pro-fessionale. Questa è una testimo-nianza della “p otenza” della Laudatosi’ nella vita di tutti i giorni. Un al-tro studente, che lavora al Consiglioper la ricerca in Agricoltura e Eco-nomia agraria, è rimasto folgoratodalla metafora di “natura come li-b ro ” (Libro dei Salmi, 12, 84-88), po-nendosi la questione di come la na-tura vada compresa e apprezzata,prima ancora che usata, modificata,

risanata. Ho poi visto molte tesinedi studenti seminaristi o religiosiprovenienti da altri continenti che,grazie al Joint Diploma, hanno po-tuto collegare i loro studi filosofico-teologici con l’analisi di alcune pro-blematiche serie delle loro zoned’origine: l’ampia regione amazzoni-ca, come pure bacini acquiferi africa-ni sfruttati per fini estrattivi o per lacostruzione di dighe.

Il Jdei spinge a diventare promotoridei valori della Laudato si’. Con qualifrutti, oltre al conseguimento del titolodi studio?

A seguito del Jdei, diversi studentihanno avviato iniziative più locali.Altri hanno dato vita al folto gruppodi animatori Laudato si’ che pro-muovono attività di sensibilizzazionee approfondimento, con la supervi-sione del coordinamento del Jdei.Altri ancora, giunti dalla vita in co-munità di famiglie o comunità di au-to/mutuo aiuto, hanno trovato i mo-di per contaminare reciprocamentele loro realtà di provenienza con la“comunità del Jdei”. Ci sono poiprogetti di collaborazione con ilGlobal Catholic Climate Movement.

Il Jdei lascia un segno e ha conse-guenze: altre, prima o poi le scopri-re m o .

L’enciclica dedica diversi punti all’edu-cazione. Come si fa a diventare “molti-plicatori dei valori” nella cura per laCasa comune?

Provocatoriamente, risponderei:“Tramite l’ambiente!”. Mi spiegomeglio: occorre costruire un criteriopedagogico per l’ecologia. Le scien-ze della vita ci insegnano che le rela-zioni organismo-ambiente sono bidi-rezionali: l’organismo modifica ine-vitabilmente l’ambiente, e l’ambientemodifica inesorabilmente l’o rg a n i -smo. D’altro canto, le scienze antro-pologiche ci insegnano che l’e s s e reumano ha sempre modificato il suoambiente, proprio al fine di modifi-care sé stesso: per vivere meglio, percrescere in umanità. È questo unodei significati profondi di “culturaumana”. Sulla base di questi duespunti, si potrebbe pensare a un“criterio pedagogico per l’ecologia”,che funzionerebbe più o meno così.Ogni modifica che l’essere umanoeffettua sull’ambiente dovrebbe esse-re valutata — accanto agli aspetti di

sostenibilità, solidarietà, eticità, este-ticità, economicità — prima di tuttoper la sua “p edagogicità”, ossia: chemessaggio trasmette questa modificaa chi vi entra in contatto nel presen-te e nel futuro? Le nostre azioni do-vrebbero essere al contempo ecologi-che e pedagogiche.

Già nelle precedenti edizioni avevateadottato delle forme di “didattica a di-stanza” per venire incontro agli iscritti.La situazione sanitaria vi ha spinti haosare di più?

Nell’anno accademico 2019-2020circa metà studenti del Jdei ha svol-to il percorso in modalità online e irisultati sono stati buoni, anche se ciè mancata la possibilità di vivere la-boratori, messe, ritiri, il pellegrinag-gio ecologico. Naturalmente speria-mo di poter tornare presto ad unamodalità pienamente presenziale, mal’esperienza dello scorso anno è statapositiva e anche la partenza del nuo-vo anno seguirà questa forma. Diedizione in edizione siamo andatimigliorando la nostra efficacia didat-tica. Quest’anno produrremo ancheun volume che sarà di riferimentoper i futuri studenti del Jdei.

Il Jdei è il primo diploma congiunto acui hanno partecipato tutte le universitàpontificie romane, nonché alcuni atenei.Un metodo “pilota” per progetti futuri?

Non sta a me dirlo, anche la na-scita di un successivo Joint Diplomasu san Tommaso d’Aquino è un

buon segno. L’aspetto da rivalutareè quello della sinergia. Non tutte leistituzioni devono fare tutto. Sel’obiettivo da raggiungere è chiaropossiamo collaborare e ottimizzare lesottilissime competenze presenti aRoma nei tanti centri accademicip ontifici.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 5 settembre 2020 pagina 7

Papa Francesco invita alla lettura del volume dedicato all’assemblea generale ordinaria svoltasi nel 2018

Intorno al fuoco vivodel Sinodo sui giovani

Sono contento di poter in-trodurre il testo P a s t o ra l egiovanile 2. Intorno al fuocovivo del Sinodo. Educareancora alla vita buona del

Vangelo del caro padre Rossano Sala,Salesiano di don Bosco.

Lo faccio con piacere, come gestodi sincera riconoscenza per il lavoroche — insieme al padre Giacomo Co-sta sj — ha svolto al Sinodo sui gio-vani in qualità di Segretario Specia-le. Ricordo molto bene il primogiorno dell’Assemblea sinodale, il 3 ot-tobre 2018, quando dicevo che nellavoro di preparazione ci avevano la-sciato la pelle! E come alla fine diquella intensa esperienza, il 27 otto-bre, concludevo affermando che ciavevano lasciato anche le ossa, dopoquel mese di duro lavoro! È vero, sisono impegnati tanto per preparare,accompagnare e portare a compi-mento questo importante processoecclesiale dall’inizio alla fine. Grazietante, grazie davvero!

Vorrei approfittare di questa bellaoccasione per confermare e ribadirealcune mie convinzioni in merito allavoro della teologia, alla necessitàdi mettersi in discernimento, al Si-nodo sui giovani che abbiamo vissu-to e al prossimo evento riguardanteil “patto educativo globale”.

Il compito della teologiaAlla domanda di un Dottore della

legge, che vuole metterlo alla prova,il Signore risponde con estrema pre-cisione: «“Maestro, nella legge, qualè il grande comandamento?”. Gli ri-spose Gesù: “Amerai il Signore tuoDio con tutto il tuo cuore, con tuttala tua anima e con tutta la tua men-te. Questo è il grande e primo co-mandamento. Il secondo poi è simi-le a quello: Amerai il tuo prossimocome te stesso. Da questi due co-mandamenti dipendono tutta la leg-ge e i profeti”» (Mt 22, 36-40).

Nel primo comandamento èespressa una totalità di dedizione aDio che parte dal cuore, passa perl’anima e arriva all’intelligenza. Vor-rei anzitutto ribadire che la laborio-sità teologica, in quanto ricerca diDio attraverso l’intelligenza, èespressione dell’amore a lui. La ra-gione è un grande dono di Dio, enemmeno il più modesto, e pensoche oggi più che mai abbiamo biso-gno di teologi appassionati di Dio edel suo popolo. Infatti, come si vededalla risposta del Signore, i due co-mandamenti stanno o cadono insie-me e da essi dipendono le sortidell’umanità.

Per questo la teologia non puòparlare astrattamente di Dio, sepa-randolo dal mondo e dalle personeconcrete, ma ha il compito di riflet-tere sul legame tra lui e gli uomini,offrendo a tutti ragioni di vita e disperanza. Non è un teologo coluiche non ama il popolo di Dio, coluiche separa il suo lavoro dalla propriaappartenenza ai fedeli, credendosisuperiore a loro piuttosto che al loroservizio. Invece è assolutamente veroche «le domande del nostro popolo,le sue pene, le sue battaglie, i suoisogni, le sue lotte, le sue preoccupa-zioni, possiedono un valore erme-neutico che non possiamo ignorarese vogliamo prendere sul serio il

principio dell’incarnazione» (Me s -saggio del Santo Padre Francesco alCongresso internazionale di teologiapresso la Pontificia Università Cattoli-ca Argentina, 1-3 settembre 2015).

Ogni buon teologo, come ognibuon pastore, dovrebbe avere addos-so l’odore delle pecore. Perché «teo-logia e pastorale vanno insieme. Unadottrina teologica che non si lasciaorientare e plasmare dalla finalitàevangelizzatrice e dalla cura pastora-le della Chiesa è altrettanto impen-sabile di una pastorale della Chiesache non sappia fare tesoro della rive-lazione e della sua tradizione in vistadi una migliore intelligenza e tra-smissione della fede» (Incontro con lacomunità accademica del PontificioIstituto “Giovanni Paolo II” per Studisu Matrimonio e Famiglia, 27 ottobre2016).

L’intenzionalità pastorale è un ele-mento trasversale di ogni riflessioneteologica. D’altra parte il teologonon lavora per sé stesso in forma au-toreferenziale, ma sempre si impegnaper edificare la Chiesa, per dare atutti i membri del popolo di Dio unpasto solido, tenendo insieme consaggezza l’avventura della ricerca e ilcompito di alimentare la fede delpopolo: per questo «il teologo deveandare avanti, deve studiare su ciòche va oltre; deve anche affrontare lecose che non sono chiare e rischiarenella discussione. Questo però fra iteologi. Ma al popolo di Dio biso-gna dare il “pasto” solido della fede,non alimentare il popolo di Dio conquestioni disputate. La dimensionedi relativismo, diciamo così, chesempre ci sarà nella discussione, ri-manga tra i teologi, ma mai portarequesto al popolo, perché allora ilpopolo perde l’orientamento e perdela fede. Al popolo, sempre il pastosolido che alimenta la fede» (cfr. Di-scorso ai membri della CommissioneTeologica Internazionale, 29 novembre2019).

Il testo che sto qui presentando,proprio perché è il frutto di un ine-

stricabile intreccio tra riflessione teo-logica e esperienza pastorale, è piùche raccomandabile. Certamente apartire dai contenuti dei singoli sag-gi, che il lettore potrà personalmenteapprezzare, qui viene offerto soprat-tutto un modo di procedere adeguatoper fare teologia nel nostro tempo.

La necessità del discernimentoCerto, passiamo ora al “n o s t ro

temp o”, quello che stiamo vivendo,l’unico che ci è dato da vivere. Sonoconvinto: stiamo vivendo dentro un“cambio d’ep o ca” del tutto speciale,che implica la maturazione di stilirelazionali appropriati e di compe-tenze specifiche. Direi che le dueparole chiave sono “ascolto” e “dia-logo”.

Sono sempre impressionato dallacapacità di ascolto di Gesù. Nell’epi-sodio dei discepoli di Emmaus, cheha guidato tutto il percorso del Si-nodo sui giovani, Gesù all’inizio fauna semplice domanda e poi sta insilenzio e ascolta. Ascolta il cuoredei due discepoli delusi, si fa attentoai loro ragionamenti, entra in empa-tia con i loro affetti. Se Gesù è dav-vero, come dice l’Evangelii nuntiandi,«il primo e più grande evangelizza-tore» (n. 9), allora dobbiamo impa-rare da lui. Soprattutto oggi è più

quindi bisogna trovarlo in ogni per-sona, avendo il coraggio di darle laparola. Era la grande convinzione didon Bosco, per il quale anche nelgiovane più povero ed emarginato cisarebbe stato sempre un punto ac-cessibile al bene e una possibilità direalizzare qualcosa insieme. Perché?Perché l’amore di Dio non abbando-na mai nessuno. Non dimentichia-molo mai!

Ascolto e dialogo devono fiorirein una rinnovata capacità di discer-nimento. Non si tratta di trasformareogni membro del popolo di Dio inun Gesuita! Per qualcuno il pressan-te invito al discernimento sarebbeuna moda di questo pontificato, de-stinata a passare presto. Non è così,perché se diamo uno sguardo allastoria della Chiesa, nei grandi mo-menti di cambiamento sono emersepersone o gruppi che hanno vissutoun vero discernimento nello Spirito.Hanno individuato vie d’uscita ine-dite, strade nuove mai battute.

Questa è anche la nostra epoca.Pensate solo — oltre alla rivoluzionedigitale in atto, alla profonda crisiambientale, al dramma delle migra-zioni, alla piaga degli abusi, per ci-tare solo alcuni dei più visibili feno-meni di questo inizio del terzo mil-lennio — al tempo di pandemia chestiamo vivendo. Un tempo a cui

«Sono venuto a portare il fuoco sul-la terra; e come vorrei che fosse giàacceso!» (Lc 12,49). È il fuocodell’amore di Dio certamente, quelloche illumina e scalda ogni uomo. Ri-trovarsi intorno al fuoco vivo del Si-nodo significa riconoscere che que-sto evento è stato generativo ed èdestinato a portare frutti abbondantiper il bene di tutti i giovani, nessu-no escluso.

Anch’io ho desiderato ardente-mente il Sinodo sui giovani. Eraun’aspirazione della Chiesa intera,che io ho fatto volentieri mia dopol’esperienza dei due Sinodi sulla fa-miglia ed in continuità con essi. Ab-biamo vissuto una straordinaria av-ventura insieme a tanti giovani. Invari contributi del testo di padre Sa-la è presente la convinzione che ledue grandi colonne del Sinodo sianostate il “discernimento” — di cui ab-biamo già parlato sopra — e la “sino-dalità”, che pian piano si è impostaalla nostra attenzione. Sono anche ioconvinto che i giovani abbiano aiu-tato la Chiesa a riscoprire la sua na-tura sinodale, perché ci hanno chie-sto in mille modi di camminare alloro fianco: né dietro di loro né da-vanti a loro, ma al loro fianco! Nésopra di loro né sotto di loro, ma al-lo stesso loro livello!

adulti non andiamo d’accordo l’edu-cazione si blocca, le persone nonmaturano e tutto diventa difficile.

Purtroppo non possiamo negareche «oggi è in crisi, si è rotto il co-siddetto “patto educativo”; il pattoeducativo che si crea tra la famiglia,la scuola, la patria e il mondo, lacultura e le culture. Si è rotto e rottodavvero; non si può rincollare o ri-comporre. Non si può rammendare,se non attraverso un rinnovato sfor-zo di generosità e di accordo univer-sale» (Discorso ai partecipanti al Con-vegno sul tema “Education: the globalcompact” organizzato dalla PontificiaAccademia delle Scienze Sociali, 7 feb-braio 2020). Che cosa significa que-sto? Che ci vuole qualcosa di nuovo,che le diverse istituzioni con umiltàdevono cercare vie di riconciliazioneper il bene delle giovani generazioni,che tutti gli uomini di buona volon-tà sono chiamati a ritornare a faresquadra in vista di una rinnovata re-sponsabilità verso i più piccoli e ipiù poveri.

A partire dalla duplice constata-zione della rottura del “patto educa-tivo” e della necessaria “sino dalità”ho sentito il bisogno di promuoverela Giornata per il Patto educativoglobale: si tratta di «un appello ri-volto a tutti coloro che hanno re-sponsabilità politiche, amministrati-ve, religiose ed educative per ricom-porre il “villaggio dell’educazione”.Il trovarsi insieme non ha l’obiettivodi elaborare programmi, ma di ritro-vare il passo comune “per ravvivarel’impegno per e con le giovani gene-razioni, rinnovando la passione perun’educazione più aperta e inclusiva,capace di ascolto paziente, dialogocostruttivo e mutua comprensione”»(dal Discorso ai partecipanti all’As s e m -blea plenaria della Congregazione perl’Educazione Cattolica, 20 febbraio2020). Questa giornata era previstaper il 14 maggio 2020, ma a causadella pandemia in atto è stata spo-stata al prossimo 15 ottobre 2020.

Penso che il testo di padre Salasarà di grande utilità per l’evento del“patto educativo globale”, perché èuna miniera di riflessioni, esperienzee proposte a cui poter attingere apiene mani. A partire dalle “cinquecostellazioni”, c’è solo l’imbarazzodella scelta!

Concludo, dopo aver espresso al-cune mie convinzioni, rinnovando ilmio ringraziamento. Il testo che ave-te tra le mani è davvero interessantee opportuno per questo tempo. Di-cevo scherzando a padre Sala che èun “mattone”, nel senso che è un te-sto denso, ricco e corposo. Ma noitutti sappiamo che le case salde e si-cure si costruiscono sulla roccia econ i mattoni, e non sulla sabbia econ i cartoni!

Per accendere un fuoco che durinel tempo non basta la paglia, ma civuole legna ben stagionata. Per cre-scere non bastano merendine stracol-me di conservanti, ma serve cibo sa-no e nutriente. Così anche il pensie-ro ha bisogno di solidità, soprattuttoin questo tempo assai liquido, dovetutto passa con estrema facilità e su-perficialità. Penso che don Bosco sa-rà contento di quest’opera, che cer-tamente potrà aiutare tanti ad entra-re nello spirito del Sinodo sui giova-ni e a orientarsi in un mondo in ra-pido cambiamento.

Colgo anche l’occasione per rin-graziare tutti i Salesiani di don Bo-sco e tutti i membri della FamigliaSalesiana per il loro impegno educa-tivo e pastorale, soprattutto a benefi-cio dei giovani più poveri e abban-donati. Vorrei dirvi di andare avanticon coraggio, perché la missione sa-lesiana è più attuale che mai. Il Pa-pa è con voi!

Avrei voluto tanto venire a Tori-no-Valdocco per incontrare i membridel Capitolo Generale 28, lo scorsomese di marzo. Non ho potuto farloper via della pandemia in atto. Cer-tamente troveremo qualche altra oc-casione per incontrarci.

Vi chiedo infine di non dimenti-carvi di pregare per me; lo farò vo-lentieri per voi.

Roma, nel Laterano, 24 maggio2020, Solennità di Maria Ausiliatrice

È uscito in questi giorni il libro del salesiano Rossano Sala «Pastorale giovanile2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo. Educare alla vita buona del Vangelo»(Torino, Elledici, 2020, pagine 608, euro 28), nel quale sono raccolti 32contributi che ruotano intorno alle tematiche della pastorale giovanile della Chiesaalla luce di quanto emerso dai lavori della XV assemblea generale ordinariadel Sinodo dei vescovi, svoltasi in Vaticano dal 3 al 28 ottobre 2018 sul tema«I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». Del libro pubblichiamoin questa pagina l’«Invito alla lettura» scritto da Papa Francesco e, nelle paginesuccessive, stralci dell’introduzione dell’autore e del testo conclusivo del gesuitaGiacomo Costa, entrambi segretari speciali di quell’assise sinodale.

Un libro sulla pastorale giovanile per educare alla vita buona del Vangelo

che mai necessario entrare in onestoascolto delle gioie e delle fatiche diogni membro del popolo di Dio esoprattutto di ogni giovane.Sull’ascolto la Chiesa nel suo insie-me deve ancora lavorare tanto, per-ché troppe volte, anziché “esperti diumanità”, passiamo per essere consi-derati persone rigide e incapaci diascolto.

All’ascolto segue il dialogo. Essonasce dalla convinzione che nell’al-tro, in colui che ci sta di fronte, cisiano sempre delle risorse di naturae di grazia. Che la vita sia sempreuna questione di scambio di doni, didare e ricevere, di contraccambiare.È la legge della generosità e del do-no: siamo amati per primi ma siamochiamati a nostra volta ad amare,creando così un circolo di alleanzesempre più grandi e positive. E ildialogo è lo stile che esalta la gene-rosità di Dio, perché riconosce chela sua presenza è in ogni cosa e che

nessuno avrebbe mai pensato soloqualche mese fa, che ha trasformatol’esistenza di tutti e che non sappia-mo bene dove ci porterà. Tutto ciòci invita a fare discernimento per ga-rantire la prossimità con il popolo diDio, per riformare l’economia e la fi-nanza, per escogitare nuove forme disolidarietà e servizio. Come potrem-mo rispondere a tutto questo senzaun adeguato discernimento? Certa-mente rischieremmo di soccombereall’ultima moda del momento, oppu-re ci rifugeremmo in pratiche delpassato incapaci di intercettare la si-tuazione singolare degli uomini edei giovani d’oggi.

La forza della sinodalitàE arriviamo al Sinodo dei giovani.

Mi è molto piaciuta l’immagine diquesto processo come di un fuocoche pian piano è divampato. Richia-ma il grande desiderio del Signore:

In questi anni ho insistito moltosul tema della “sino dalità”, perchéabbiamo un urgente bisogno di ri-scoprire che la grazia battesimale èla piattaforma fondamentale della vi-ta e della missione cristiana. Ed èper mezzo di questa grazia che cia-scuno è chiamato ad essere un “di-scepolo missionario”. Non sono cosenuove, ma conseguenze chiare delConcilio Vaticano II che purtroppofacciamo ancora fatica a fare nostre.Ne sono proprio convinto e lo vo-glio ripetere ancora una volta: «Ilcammino della sinodalità è il cammi-no che Dio si aspetta dalla Chiesadel terzo millennio» (cfr. Discorso perla Commemorazione del 50° anniversa-rio dell’istituzione del Sinodo dei Vesco-vi, 17 ottobre 2015)!

Per questo, dopo un adeguato di-scernimento, il 7 marzo scorso è sta-to annunciato il tema della XVI As-semblea Generale Ordinaria del Si-nodo dei Vescovi, che si terrà nelmese di ottobre del 2022: “Per unaChiesa sinodale: comunione, parteci-pazione e missione”. Penso che sia lagiusta e coerente continuazione delSinodo sui giovani, in cui ci è statochiesto di annunciare il vangelo at-traverso la fraternità, perché i giova-ni ci hanno ricordato che uno solo èil nostro Maestro e noi siamo tuttifratelli (cfr. Mt 23,8).

Il patto educativo globaleLa sinodalità ci porta direttamente

verso l’educazione. Certo, perchél’educazione non è uno sport indivi-duale, ma di squadra! Tutti sonoconsapevoli che ci vuole un villaggioper educare, che sono necessariemolte alleanze per far crescere unapersona in forma sana e integrale.Lo sapeva molto bene don Bosco,che prima di tutto ha pensato allecase salesiane come ad ambienti difamiglia dove ognuno poteva sentirsia casa propria dentro un ambientericco di proposte coinvolgenti: unvero “ecosistema educativo” a misuradi ragazzo, di adolescente e di gio-vane! Lo sappiamo dall’esp erienzafamiliare e da quella sportiva, daquella scolastica e universitaria e daquella sociale, e così via: quando noi

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 5 settembre 2020

L’introduzione al volume

Cinque costellazioniche orientano il cammino

di ROSSANO SALA

I l titolo del presente testo rendeconto della continuità e della di-scontinuità rispetto a ciò che lo

precede. E probabilmente anche aciò che lo seguirà. C’è una tripliceattenzione che viene espressa.

C’è innanzi tutto un primo ele-mento di continuità: Pastorale giova-nile 2. Non partiamo dal nulla, maci appoggiamo su basi solide. Conmia grande sorpresa, il testo P a s t o ra -le giovanile 1. Evangelizzazione ed edu-cazione dei giovani. Un percorso teori-c o - p ra t i c o (LAS, Roma 2017) ha avu-to già ben tre ristampe e quindi me-ritava una continuazione. Si trattavadi un testo frutto di una lunga rifles-sione e tanto confronto. Era il puntodi arrivo di un autentico discerni-mento, destinato a garantire alcunielementi “fondamentali” alla pasto-rale giovanile. Gettava delle basi perpoter pensare alla pratica di que-st’ultima in maniera seria e radicatain una buona teoria, in grado di so-stenere l’edificio da tutti i punti divista.

C’è però un elemento di chiaranovità, ovvero il lungo e articolatoprocesso sinodale: mi sono infattiposto idealmente Intorno al fuoco vi-vo del Sinodo. Certamente il percorsosinodale intrapreso nell’ottobre del2016 dal tema “I giovani, la fede e ildiscernimento vocazionale” — e ri-

lanciato dall’esortazione apostolicapostsinodale Christus vivit, il 25 mar-zo 2019 — è stato la cosa più interes-sante capitata in questi ultimi anninel mondo della pastorale giovanile.La Chiesa universale ha vissuto unviaggio entusiasmante, che speriamofiorisca sempre più e ci porti fruttiabbondanti nei prossimi anni. Sonostati per me tre anni indimenticabili,segnati da moltissimi doni: un’esp e-rienza di Chiesa universale, la possi-bilità di conoscere e collaborare contante persone di indubbia esperienzae qualità, la vicinanza speciale conPapa Francesco, e tante altre coseche sarebbe difficile elencare qui. IlSinodo rimane quindi l’evento ispi-rativo fondamentale per tutte le pa-gine che seguono.

Un terzo elemento è ancora legatoad una certa continuità: Educare an-cora alla vita buona del Vangelo. Sista concludendo il decennio dallaConferenza Episcopale Italiana dedi-cato a “Educare alla vita buona delVa n g e l o ”. È stato anch’esso un per-corso ricco di iniziative che hannocercato di renderci coscienti di quan-to abbiamo ancora da fare per uscireda quell’emergenza educativa di cuiparlava Papa Benedetto XVI nel suofamoso discorso alla diocesi di Ro-ma nel lontano 2007. Ora, a miomodesto parere, non si può pensareche dopo questo decennio sia termi-nata l’attenzione verso l’educazione

delle giovani generazioni, perché sitratta invece di un compito perma-nente e inaggirabile per la comunità,sia civile che ecclesiale. Bisogna edu-care ancora, per il semplice motivoche bisogna educare sempre!

Se il lettore scorre solamente ilsommario o l’indice del testo, gli ap-parirà in modo evidente che l’op eranon è stata pensata per una letturacorsiva e progressiva, ma è costituitadi una serie di “saggi” o “contributi”indipendenti tra loro, pur riscontran-do una certa attinenza tematica equindi una logica concatenazione diquesti 32 anelli di una lunga catena.È quindi possibile e doveroso per illettore partire dalla costellazione odal contributo specifico a cui è piùinteressato e percorrere il camminoche più lo interessa. Anche la posi-zione delle diverse sezioni non hanulla di immodificabile, perché nonsegue una logica stringente e conse-cutiva. Alcuni contributi potrebberoessere a loro agio anche in altre se-zioni, perché i temi si rimandano esi intrecciano continuamente.

Tale prospettiva intercetta chiara-mente la pastorale giovanile comeun “campo di azione” trasversale edai confini non perfettamente deli-neati. Sono sempre più convintoche, dal punto di vista accademico,appare conveniente abbandonarel’idea della pastorale giovanile come“disciplina” specifica e circoscritta.

Pensiamo invece che la pastoralegiovanile, secondo la bella espressio-ne della lingua inglese, debba essereintesa come un field of research. Cioècome un “campo di ricerca” ampio earticolato in cui sono presenti diversiapporti disciplinari e differenti puntidi vista che trovano la loro unità in-trinseca nell’intenzione educativa epastorale in favore delle giovani ge-nerazioni.

Ecco che, partendo da queste con-vinzioni, emerge l’immagine guidadelle cinque parti del testo: quelladelle “costellazioni”. Mi sembra chequesta metafora possa aiutarci a ren-dere comprensibile la pastorale gio-vanile come un campo di studio am-pio, esteso e spazioso. Una costella-zione, lo sappiamo, è composta davarie stelle di diversa luminosità chesi relazionano tra loro in forma ognivolta singolare. Così, anche le diver-se costellazioni si richiamano e si ri-mandano vicendevolmente, forman-do l’armonia multiforme e poliedricadel cielo stellato.

I 32 contributi che seguono, vistinel loro insieme, si propongono ditenere aperto quel cantiere perma-nente della riforma della Chiesa, cheha nella pastorale dei giovani unadelle sue espressioni più avanzate,coraggiose e profetiche. Penso infattiche la pastorale giovanile dovrebbeessere immaginata sempre di più co-me un laboratorio educativo pastora-

le permanente per la rigenerazionedella Chiesa intera. Il lettore troveràtante indicazioni sui diversi camminiin atto per il rinnovamento della vitadella Chiesa, in modo che si man-tenga vivo quel sano clima di discer-nimento tanto prezioso in questotravagliato e promettente “cambiod’ep o ca”.

Un’altra indicazione è doverosa. Illettore attento ravviserà che alcuneespressioni o tematiche trattate si ri-peteranno di tanto in tanto nei di-versi contributi. Tale insistenza, chesi è volutamente mantenuta, segnalaalmeno due cose importanti: primo,che l’indole dei contributi, come già

detto in precedenza, non deriva dauna programmazione specifica, ma èfrutto di richieste precise a cui si èrisposto in forma ugualmente pun-tuale; secondo, ed è l’elemento deci-sivo, gli argomenti e i temi ricorrentisono da considerarsi delle convinzio-ni trasversali necessarie per fare edu-cazione e pastorale oggi.

Entriamo ora, seppur brevemente,nel dettaglio delle cinque costellazio-ni che compongono il testo, così daavere uno sguardo d’insieme sull’am-pio e articolato campo di ricerca cheè la pastorale giovanile.

Dal testo conclusivo

Verso una “ecologia integrale”di GIACOMO CO S TA

Don Rossano [Sala], in tantis-simi contributi del testo, pre-senta il cammino del Sinodo.

La maggior parte dei 32 saggi è“contaminata” da ciò che è avvenutoal Sinodo. Effettivamente di questaesperienza resta veramente una gran-de eredità per i prossimi anni. Ci sa-rà molto da studiare e meditare, tan-to da imparare e assimilare. In for-ma sintetica mi ha molto colpito ilcontributo n. 16 (Insieme sulla via diEmmaus. Per una ricezione virtuosadel cammino sinodale), perché mi pareche sia proprio il centro prospetticoda cui partire per leggere tutti gli al-tri contributi. Offre una criteriologiaadeguata, fornendoci un metodo dilettura e un ordinamento dei tantis-simi materiali generati dal camminosinodale. E lo fa prendendo avviodai quattro grandi principi espressinella parte finale dell’Evangelii gau-dium. Essi restano, a mio modestoparere, dei punti di riferimento me-todologici permanenti per il prossi-mo decennio e anche oltre.

Primo, il tempo è superiore allo spa-zio. Occupare spazi è espressione dipotere, di clericalismo, di arroganza.Tutte cose che portano alla “sup er-bia della vita” e che non edificano,ma mortificano le persone e le co-munità. Generare processi che si di-stendono nel tempo invece è il chia-ro segno che il regno di Dio è inmezzo a noi, e che si fa largo dentrola storia. La Chiesa, se vuole cammi-nare sulle orme del Signore, ha biso-gno di diventare sempre meno appa-rato burocratico di gestione del po-tere e sempre più generatrice di pro-cessi virtuosi di crescita comunitaria.

Secondo, l’unità prevale sul conflit-to. In questo inizio del terzo millen-nio assistiamo a una violenza nellerelazioni e a un uso sempre più stru-mentale dei legami. Il mondo digita-lizzato a volte rafforza e incrudiscetali dinamiche. E questo si registra atutti i livelli, sia sociali che ecclesiali:pensiamo solo al mondo della politi-ca, dove l’insulto e la denigrazionesono all’ordine del giorno. Ma que-sto lo vediamo troppe volte in casanostra, nella Chiesa, dove il rispetto,la discrezione, il silenzio e la pre-ghiera lasciano il posto a continui eoramai sempre più insopportabili“hate speech”. Eppure il segno deldiscepolato cristiano dovrebbe essereproprio la koinonia, ovvero quella co-munione che nasce da Dio e si dif-fonde dappertutto come il “buonprofumo di Cristo”.

Terzo, la realtà è più importantedell’idea. Al Sinodo abbiamo fattoun bagno nella realtà, al di là di tut-to ciò che si sente dire dei giovani.Abbiamo toccato con mano che ilgenerico e anonimo “si dice” moltevolte non ha nulla a che vedere con

ciò che realmente accade nella vita enel cuore dei giovani, che semprehanno mostrato sensibilità, apparte-nenza e collaborazione. I giovani cihanno stupito in positivo, sempre!Le nostre idee “su” di loro sono sta-te convertite dal nostro camminare“con” loro. La realtà continua ad es-sere la prima grande maestra di vita,il punto di partenza per ogni discer-nimento educativo, pastorale, cultu-rale e sociale.

Quarto, il tutto è superiore allaparte. Quest’ultimo principio ci ponetutti su un piano di umiltà. Non sia-mo tutto e non dominiamo il tutto.Siamo una piccola pietruzza di unmosaico che è molto più grande dinoi e di cui non possediamo la map-pa complessiva. Partecipare ad unevento di Chiesa universale, come èstato il Sinodo dei giovani, ci fa sen-tire piccoli e poveri. Ma insieme ciinvita a dare con coraggio il nostroapporto per un tutto che è superioree migliore di ognuno noi preso sin-golarmente.

Ecco, penso che il Sinodo ci ab-bia restituito prima di tutto un mo-do di procedere, uno stile per cam-minare insieme, che fa davvero ladifferenza. Prima che dei contenuti— “Che cosa stiamo facendo” — sia-mo chiamati a preoccuparci dei me-todi — “In che modo lo stiamo facen-do”. In questo senso mi è molto pia-ciuta la sintesi di don Rossano nelcontributo n. 20, quando si parla delnecessario passaggio dal fare perall’essere con. È proprio così! Quando“abbiamo fatto” qualcosa per i gio-vani, li abbiamo esclusi e abbiamorischiato di applicare le nostre cate-gorie preconfezionate alla loro esi-stenza. Quando invece “siamo stati”con i giovani, vivendo secondo la lo-gica dell’ascolto e del dialogo, siamocresciuti con loro e siamo diventatipiù uomini, più cristiani, più auten-ticamente cattolici.

Verso una nuova stagioneIn questa raccolta di contributi

don Rossano ha espresso in vari pas-saggi la convinzione che si chiudaun decennio (forse anche una interastagione, che si era aperta dopo laSeconda Guerra Mondiale) e se neapra un altro. Senza dubbio, in que-sto prossimo decennio che sta inco-minciando il compito educativo nonpuò essere portato avanti con le soli-te abitudini, pensando che sui giova-ni abbiamo detto e fatto tutto quelloche era necessario. Tutt’altro: comerecita il sottotitolo dell’intero volu-me, siamo chiamati a “Educare anco-ra alla buona vita del Vangelo”. Mi

si dirà: essere ragazzi, adolescenti egiovani fa parte dell’esistenza umanain quanto tale, fa parte dello svilup-po umano che esige prossimità, ac-compagnamento e formazione. Sitratta di qualcosa di permanente eche sempre va ogni volta ripreso dacapo. Certamente è così, ma stacambiando la modalità dell’educa-zione e della pastorale dei giovani. Ec’è più discontinuità che continuità.Vorrei dire, a questo proposito, chenon sappiamo davvero dove stiamoandando: nessuno lo sa con precisio-ne e chi afferma di saperlo con sicu-rezza sicuramente sta barando, per-ché in questo momento storico ilcambiamento è troppo rapido peressere dominato. Se prima era diffi-cile avere delle “ricette pronte”,adesso è proprio impossibile!

E poi, a confermare la verità diqueste intuizioni, c’è la grande pan-demia in atto a livello mondiale. Unevento che tocca tutti gli uomini eche nessuno aveva realmente prono-sticato, almeno in queste dimensio-ni! Cose da film fantasiosi, buoniper passarci una serata di relax, “daschermo” e non “da realtà”. Invecesiamo stati chiusi in casa più di duemesi, e la stessa esperienza la sta vi-vendo metà dell’umanità. La pande-mia ci ha inserito in un tempo diver-so, che non avevamo mai percepitocosì. Un tempo di oscurità e di mor-te, ma anche di gesti straordinari diamore. Tempo di silenzio ossessivo eforzato, ma anche possibilità di re-cupero di una capacità contemplati-va che avevamo perso.

Non sappiamo quando e come fi-nirà tutto ciò. Siamo certi che moltecose cambieranno, ma non sappiamoin che modo. Come è ben affermatoall’inizio del contributo n. 22, citan-do il profeta Geremia si dice che«anche il profeta e il sacerdote si ag-

girano per il paese e non sanno checosa fare» (Ger 14, 18). La criticitàche stiamo vivendo a livello globaleè destinata senza dubbio a cambiarele regole del gioco, anche se in real-tà non sappiamo se in meglio o inp eggio.

Tutti noi sogniamo che quandociò che sta avvenendo finirà, ne usci-remo più maturi. Ovvero più solida-li, più capaci di amicizia, compren-sione e sguardo amorevole. Speria-mo tutti di essere più consapevolidella nostra responsabilità gli universo gli altri, del fatto di trovarcisulla stessa barca, destinati a salvarcio perire insieme. Ma non è per nullascontato che le cose vadano così.

C’è infatti il pericolo che le cose siorientino nella direzione opposta,che ognuno si chiuda ancora di piùnei propri interessi privati e persona-li, regionali o nazionali, etnici o reli-giosi. Che si voglia riprendere e con-tinuare tutto come era prima. Se lecose prenderanno questa piega, ilmondo non metterà da parte gliaspetti che lo rendono più simile aun grande inferno: aumenterà l’isola-mento, cresceranno i conflitti, lievite-rà la mercificazione delle persone.Sarà il trionfo dello sfruttamentodella terra, della globalizzazionedell’indifferenza e si amplierà espo-nenzialmente la cultura dello scarto.Tutto andrà a detrimento dell’uma-nità intera, ma a pagare il prezzopiù alto saranno i giovani.

Dove andremo dunque? Dipendeda noi, dalle nostre scelte personali ecomunitarie. Ed è una questione difede! Come cristiani ciò dipenderàdal modo in cui imposteremo il no-stro essere Chiesa come comunità disalvati dall’unico Signore che ci fatutti fratelli. Si apre qui quella chemi piace chiamare la “profezia dellapastorale”. Certo, perché la Chiesa,

in quanto sacramento universale disalvezza, è un piccolo segno efficacedi un modo di essere e di vivere cheanticipa la pienezza del regno diDio. La pastorale della Chiesa — siaessa educativa, catechistica, vocazio-nale, culturale, sociale — non puòche essere una profezia a beneficiodi tutti gli uomini. Il nostro mododi vivere, camminare, gioire e patirepuò essere un segno luminoso pertutti gli uomini e le donne del mon-do intero. E ci allenerà a riconoscerequando la luce brilla là dove non celo aspettiamo, al di là delle frontiereche siamo sempre pronti a innalzare.In questo, soprattutto i giovani nonsmettono mai di stupirci!

Pensare e viverein termini di “ecologia integrale”

Se non sappiamo bene dove an-dremo, abbiamo però una prospetti-va e un metodo che possono guidar-ci in modo particolare nel compitodi educatori. Sono quelli dell’ecolo-gia integrale, che trova espressionenel magistero della Chiesa a partiredall’enciclica Laudato si’ di PapaFrancesco, e che non possono essereben compresi al di fuori della pro-spettiva tracciata dall’Esortazioneapostolica Evangelii gaudium.

L’ecologia integrale, o la cura del-la casa comune — le due cose sonostrettamente collegate —, è presenta-ta dall’Enciclica come una esperien-za umana integrale — quella di cuiFrancesco di Assisi è modello — ecome uno stile di vita proposto aciascun essere umano e a tuttal’umanità. Nella nostra società plura-lista circolano molti altri progetti divita, a partire da quello della gratifi-cazione consumistica che «è il rifles-so soggettivo del paradigma tecno-economico» (Laudato si’, n. 203).Con quale criterio ne sceglieremouno anziché un altro e a quali risor-se faremo appello per rimanervi fe-deli quando inevitabilmente si mani-festeranno difficoltà e ostacoli?

Capite così che l’ecologia integralenon è soltanto un concetto da stu-diare, né tantomeno è una prospetti-va “v e rd e ”, che riguarda solo l’am-biente. Quante volte è stata presen-tata in maniera riduttiva! È inveceuna prospettiva articolata, che colle-ga tante dimensioni del nostro mododi leggere la realtà e di viverla, tantediscipline e tante saggezze, tanteprofessionalità e tante spiritualità. Èquindi una proposta da approfondi-re e da mettere in pratica: «Unosguardo diverso, un pensiero, unapolitica, un programma educativo,

uno stile di vita e una spiritualità»(Laudato si’, n. 111).

Penso che sia chiaro, così, chel’ecologia integrale non possa essereuna ricetta già pronta, ma al tempostesso essa ci offre tanti fari che illu-minano il cammino, tanti punti sucui appoggiarci e costruire nel pros-simo decennio: «L’intima relazionetra i poveri e la fragilità del pianeta;la convinzione che tutto nel mondoè intimamente connesso; la critica alnuovo paradigma e alle forme di po-tere che derivano dalla tecnologia;l’invito a cercare altri modi di inten-dere l’economia e il progresso; il va-lore proprio di ogni creatura; il sen-so umano dell’ecologia; la necessitàdi dibattiti sinceri e onesti; la graveresponsabilità della politica interna-zionale e locale; la cultura delloscarto e la proposta di un nuovo sti-le di vita» (Laudato si’, n. 16). Ciòrichiede una visione di lungo termi-ne, che deve concretizzarsi nei luo-ghi e negli spazi in cui si coltivano esi propagano l’educazione e la cultu-ra, si crea consapevolezza, si formaalla responsabilità politica, scientifi-ca ed economica, e, in generale, siprocede ad azioni responsabili. Iltutto fondato su una capacità dicontemplare e una profonda spiri-tualità. In una prospettiva integralenon si possono separare la «preoccu-pazione per la natura, la giustiziaverso i poveri, l’impegno nella socie-tà e la pace interiore» (Laudato si’,n. 10) dalla presa di coscienza dellaresponsabilità di ognuno di noi ver-so se stesso, verso il prossimo, versoil creato e verso il Creatore.

Vivere l’ecologia integrale richiedepoi oggi un’autentica disponibilità aldialogo. Sia ben chiaro: non si trattadi perdersi o annacquare l’identitàcristiana. Si tratta piuttosto comecristiani di imparare a vivere in unasocietà multiculturale; e i giovani so-no molto sensibili a questo. Un dia-logo che non può limitarsi alloscambio di idee, ma che deve assu-mere la dimensione operativa del“fare insieme” e quella sinodale del“camminare insieme”: esso potrà ri-velarsi anche un’occasione di annun-cio e far avviare percorsi di riscoper-ta della spiritualità e di conversione,anche a partire dall’impegno per lacasa comune. Uno sforzo particolareè necessario per garantire che al dia-logo prendano parte anche i più po-veri ed esclusi, tra cui tanti giovani.

La sfida pastorale ed educativa inuna prospettiva di ecologia integraleè quindi quella di promuovere unanuova sensibilità che «recuperi i di-versi livelli dell’equilibrio ecologico:quello interiore con sé, quello solida-le con gli altri, quello naturale congli esseri viventi, quello spiritualecon Dio» (Laudato si’, n. 210) e che

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Un libro sulla pastorale giovanile per educare alla vita buona del Vangelo

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 5 settembre 2020 pagina 9

Ricordo di madre Teresa a ventitré anni dalla morte

La lezione di Calcuttadi GI A M PA O L O MAT T E I

E io che pensavo di conosceremadre Teresa... Tanti incontrinelle periferie romane, intervi-

ste per l’Osservatore — l’ultima il 29giugno 1997, poco prima che moris-se, il 5 settembre, come i suoi poverie tra i suoi poveri — persino passag-gi in macchina dal Vaticano al Late-rano o nella sua Casa di San Grego-rio al Celio... Ma che non avevo ca-pito proprio nulla di lei, preso dallemie corte logiche superficiali, me nesono reso spietatamente conto quan-do ho sbattuto la faccia nella realtàdi Calcutta. E sì, ci ha pensato Cal-cutta, la sua gente, a farmi capire.

«Prepari subito la valigia perchédeve andare ai funerali di madre Te-resa con il cardinale legato pontifi-cio, lo ha disposto il Papa». Agli or-dini di servizio, il professor MarioAgnes, indimenticato direttoredell’Osservatore, aggiungeva sempreuna confidenza spirituale: «E si ri-cordi di pregare anche per me, miraccomando!». L’approccio giustoper il servizio del “giornale del Pa-pa”. Non puoi che fare il tuo lavorocon la solidarietà del credente.

A farmi “c a p i re ” la santità di ma-dre Teresa non sono state le esequie,celebrate il 13 settembre, e neppure ilgrande tributo di affetto dell’Indiaintera, lungo le strade, al passaggiodel funerale di una donna cristiana.No, ho “capito” madre Teresa quan-do ho avuto paura e quando ho in-contrato un uomo che ha segnatol’inizio della sua missione.

Sì, paura paura. In realtà, credoproprio di non esser mai scappatovia così velocemente come quella se-ra di 23 anni fa a Moti Jihl: periferia

— se si può chiamare così... — diCalcutta. La sera prima delle esequieavevo deciso di prendere un taxi —non ascoltando il suggerimento allaprudenza del nunzio apostolico —per andare a vedere Moti Jihl, la zo-na dove madre Teresa aveva comin-ciato il servizio d’amore — altra pa-rola non c’è — nella più devastantemiseria dei più poveri tra i poveri.In India la chiamano “slum”, parola

intraducibile usata per indicare iluoghi più ignobili, dove vivono am-massate un numero imprecisabile dipersone in condizioni indicibili. Lìnessun censimento è possibile. Lecase non esistono. Ci sono tentatividi baracche piantate nel fango.

A Moti Jihl madre Teresa mise ipiedi — quei suoi piedi deformati dafatica e chilometri fino a diventaretutt’uno coi poveri sandali — per la

vano in mezzo alla “strada”. E men-tre pensi che presto, grazie a Dio,sarai fuori da quell’inferno, quel bri-ciolo di coscienza che hai messoall’angolo ti fa notare che quellagente a Moti Jihl — come in tutte leMoti Jihl del mondo — ci resta e cimuore. E male, ci muore molto ma-le. Chissà come si chiamava, e seaveva un nome per gli uomini, quelragazzo, in realtà di età indefinibile,che improvvisamente aveva smessodi gemere. Si era accartocciato su sestesso, restando immobile. Non ave-va reagito più neppure quando lemosche si erano posate sulle sue pia-ghe.

Madre Teresa decise di restare aMoti Jihl, anche solo per dare digni-tà a chi muore tra le mosche. Lì ho“capito” madre Teresa e non certocon le domande di un’intervista.Moti Jihl spazza via in un istante lecaricature sdolcinate di madre Tere-sa: era una donna forte, estremamen-te forte. Per inciso: dopo la sua mor-te due suore si sono presentateall’Osservatore chiedendo aiuto perfare il primo archivio della missiona-rie della carità e suor Nìrmala, la re-ligiosa che le è succeduta alla guidadella congregazione, ha “p re t e s o ”umilmente un’intervista. E lo hannochiesto “a nome di madre Teresa”che aveva loro suggerito, con dispo-sizione decise, questi passi prima dim o r i re .

Con lo “schiaffone” preso a MotiJihl ho capito — meglio, ho avuto laconferma più assoluta — che non hocerto la fede di madre Teresa e nep-pure la forza di farmi provocare dalei per convertirmi (i santi “servono”anche a scuoterci dalla mediocrità).Non ho la sua consapevole speran-

za. Ma soprattutto ho capito cosapossano essere la paura e la vergo-gna... se appena detto al tassista diportarmi via subito mi è venuto dapensare e pregare: “Teresa, scusa-mi...!”.

Non sono scappato invece da casadi Michael Gomes, al civico 14 diCreek Lane, viuzza popolosa nelcentro di Calcutta. Ho voluto forte-mente conoscerlo e lui sì, anche conil suo stile discreto, mi ha fatto “ca-p i re ” ancora di più madre Teresa. Èstato proprio Michael a donare a Te-resa nel 1947 il secondo piano dellacasa dove ancora è poi sempre vissu-to, lì a Creek Lane. Ma a dirla tutta,a Teresa lui ha offerto quanto avevadi più prezioso, ben più del secondopiano di casa: sua figlia Magdalenae sua nipote — morta giovanissimaassistendo i poveri per strada — sonoentrate nelle Missionarie della carità,

attratte dalla testimonianza che han-no visto da vicino.

«Vuoi vedere quelle due stanze,v e ro ? ”». Questa è gente di pochiconvenevoli ma di tanta, tanta con-cretezza. Senza attendere la mia,scontata del resto, risposta lo vidisalire svelto su per una scala di le-gno con i passamano in ferro, piut-tosto elegante. Lì nulla era cambia-to: quei gradini sono stati consumatianche dai sandali di Teresa. A CreekLane è vissuta dal febbraio 1947 alfebbraio 1953.

Da Michael era inimmaginabileavere indiscrezioni, anche perché diindiscrezioni da confidare non cen’erano. «Andava tutto il giorno aservire i poveri per strada e pregava,non aveva nulla se non una cassettache le faceva da sedia e scrivania, unsari di ricambio, un quaderno con lapenna, il Vangelo, un’immagine del-la Madonna e un’immagine del sa-cro cuore di Gesù». Semplice, no?

Il ricordo più bello? Per Michaelnessun dubbio: «Il 19 marzo 1949,per san Giuseppe, bussò alla portauna ragazza. Si chiamava SubashiniDas. Era stata alunna di Teresa nelprestigioso collegio St. Mary. La suafamiglia era ricca, il suo sari era tes-suto con stoffa di prima qualità. Ep-pure quella ragazza non esitò unistante a cambiarlo con il sari pove-rissimo cucito da Teresa, bianco or-lato d’azzurro. In India è stata unarivoluzione. Scelse di chiamarsiAgnese, il nome di battesimo di Te-resa. Era la prima Missionaria dellacarità».

Il racconto di Michael si fermavapuntualmente qui. Altrimenti le la-crime di commozione avrebbe presoil sopravvento perché avrebbe dovu-to dire che la seconda Missionariadella carità si chiamava MagdalenaGomes — sua figlia — e che per tro-vare la porta di Teresa aveva dovutosolo salire una rampa di scale, conun elegante passamano di ferro.

Lutto nell’episcopato

Il vescovo Michael Joseph Cleary,emerito di Banjul, in Gambia, èmorto all’età di 95 anni, giovedìmattina, 3 settembre, a Dublino,in Irlanda. Qui il compianto pre-sule era nato a Brickens, arcidio-cesi di Tuam, il 1° settembre 1925e aveva ricevuto l’ordinazione sa-cerdotale per la Congregazionedello Spirito Santo il 29 giugno1952. Eletto alla Chiesa residen-ziale di Banjul il 24 gennaio 1981aveva ricevuto l’ordinazione epi-scopale il 25 marzo successivo. Il25 febbraio 2006 aveva rinunciatoal governo pastorale della diocesi.

NOSTRE INFORMAZIONI

Nomina episcopalein Francia

Olivier Leborgne, vescovo di Arras

Nato il 13 novembre 1963 a Nantes, ha compiuto gli studi secondari aMeulan e ha frequentato la Scuola superiore di commercio a Rouen. Nel1984 è entrato nel seminario Saint-Sulpice di Issy-les-Moulineaux, doveha ricevuto la formazione sacerdotale. Dopo l’ordinazione, ricevuta il 29giugno 1991 per il clero di Versailles, si è iscritto alla Facoltà di teologiadell’Institut catholique di Parigi, ottenendovi la licenza. A Versailles èstato vicario parrocchiale a Elancourt-Maurepas (1991-1996), responsabilediocesano per la pastorale giovanile (1996-1998), parroco di Sainte-Berna-dette (1998-2003), vicario episcopale, incaricato della formazione (2003-2004), vicario generale della diocesi (2004-2014). Il 20 febbraio 2014 èstato nominato vescovo di Amiens e ha ricevuto l’ordinazione episcopaleil 6 aprile successivo. Dal 2019 è vice-presidente della Conferenza dei ve-scovi di Francia.

prima volta il 21 dicem-bre 1948 e aprì subitouna scuola per bambini.Vista dallo “slum” è an-cora più eccezionalel’opera di questa figliadell’Europa divenuta ma-dre dell’India.

Le ho percorse a bor-do di un taxi — abba-stanza improbabile... —quelle “strade” piene diimmondizie. Il primoistinto che assale, lo ri-cordo perfettamente conun groppo alla gola, è discappare via. Gli occhi diquei disperati che ti fissa-no mettono paura. È lapaura dell’enormità deldolore, della tua insuffi-cienza a dare risposte. Losguardo finisce per ruota-re attorno, atterrito, e ilprimo pensiero è che trapoco sarai, finalmente,fuori da quella fogna acielo aperto dove si rin-corrono bambini, topi ecani. Ma non si sa chirincorre chi...

Non me le levo dallamente quelle persone cherantolavano, si contorce-

Il semplice e sobrio libretto preparato dalle Missionariedella carità per le esequie di madre Teresa il 13 settembre 1997

al Netaji indoor stadium di Calcutta

Cinquecostellazioni

Verso una “ecologia integrale”

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 8

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 8

Nuovo membrodella Pontificia

Accademiadelle Scienze Sociali

Helen Alford

Nata a Londra il 1° maggio1964, si è laureata in Ingegneriagestionale presso l’università diCambridge, dove ha conseguitoanche un dottorato di ricerca. Èreligiosa delle Suore domenica-ne di santa Caterina da Siena.Ha insegnato in diverse univer-sità materie legate all’etica eco-nomica e alla storia del pensierosociale cristiano. È stata consul-tore del Pontificio consiglio del-la giustizia e della pace. Attual-mente è vice rettore della Ponti-ficia università San Tommasod’Aquino, a Roma. È autrice dinumerose pubblicazioni sullateoria del management e sullaresponsabilità sociale d’i m p re s a .

renda capaci di affrontare situazioniinedite e non prevedibili, a «dispor-ci a fare quel salto verso il Mistero»(Laudato si’, n. 210). Questa educa-zione richiede così una trasforma-zione personale in termini di moti-vazioni forti che generino nuoveabitudini e uno stile di vita più re-sponsabile e consapevole della di-gnità di ogni persona.

In questa prospettiva l’esp erienzache si propone ai giovani diventarealmente un patrimonio di cui siappropriano solo dopo un ritornoriflessivo su ciò che hanno vissutoin tutta la sua profondità e ricchez-za, intellettuale ed emotiva. È que-sto passaggio riflessivo a mettere in-sieme realtà e idee, abilitando a unadecisione libera e consapevole in vi-sta di un passaggio all’azione, chediventa la base di una successivaesperienza. Va sottolineato comenon si tratti di una operazioneastrattamente intellettuale, ma cherichiede l’esercizio di tutte le facoltàe capacità della persona, favorendol’integrazione di mente e cuore, dirazionalità, emozioni e desideri. An-che questo fa parte del progettodell’ecologia integrale. Essa chiededi lasciarci «toccare in profondità»(Laudato si’, n. 16) dai dati dellarealtà ricevuti dalle scienze edall’esperienza; finché questo nonaccade, a livello esistenziale si restanel campo dell’astrazione e dell’in-tellettualismo, con il conseguente ri-schio di non trovare una motivazio-ne diversa dall’ideologia per passareall’azione, e soprattutto di non riu-scire a perseverare nel proprio im-p egno.

Ma l’ecologia integrale richiedeanche un ultimo ingrediente “s e g re -to”, che indica profondamente lavia da seguire e orienta il discerni-mento di fronte all’incertezza: lagioia. «Camminiamo cantando!Che le nostre lotte e la nostrapreoccupazione per questo pianetanon ci tolgano la gioia della speran-za». (Laudato si’, n. 244). È chiaroche questa gioia che percorre l’inte-ra enciclica, non è una euforia spen-sierata e superficiale, destinata a fi-nire nello stordimento o nella delu-sione al primo scontro con la realtà.È piuttosto il gusto profondo chelascia ogni esperienza di pienezzaumana autentica, che «ci restituisceil senso della nostra dignità, ci con-duce ad una maggiore profonditàesistenziale, ci permette di speri-mentare che vale la pena passareper questo mondo» (Laudato si’, n.212). Una volta provato, questo gu-sto resta impresso nella profonditàdella persona, diventando così sti-

molo a cercare nuove occasioni persperimentarlo, criterio per valutarela bontà delle proprie scelte e riser-va di energie a cui attingere perconfermare l’impegno di fronte alleinevitabili difficoltà e sconfitte. Ilcredente non faticherà a riconoscerel’affinità tra questa gioia e quelladel vangelo, che «riempie il cuore ela vita intera di coloro che si incon-trano con Gesù» (Evangelii gau-dium, n. 1).

Penso che per fare pastorale gio-vanile nel prossimo decennio biso-gnerà partire da questo sguardo,che non può essere sostenibile senzauna autentica «solidarietà fra le ge-

nerazioni» (Laudato si’, n. 159): ver-rebbero meno le condizioni di pos-sibilità della stessa azione pastorale!Dobbiamo domandarci, come pre-messa all’azione pastorale: «Che ti-po di mondo desideriamo trasmet-tere a coloro che verranno dopo dinoi, ai bambini che stanno crescen-do? Questa domanda non riguardasolo l’ambiente in modo isolato,perché non si può porre la questio-ne in maniera parziale. Quando ciinterroghiamo circa il mondo chevogliamo lasciare ci riferiamo so-prattutto al suo orientamento gene-rale, al suo senso, ai suoi valori»(Laudato si’, n. 160).

Se davvero tutto è connesso, si-gnifica che tutto ciò che facciamoha una conseguenza non solo pernoi stessi, ma anche per tutti gli al-tri. Sono profondamente convintoche questo valga ancora di più perla pastorale della Chiesa: la pastora-le è una, perché tutto è connesso etutto ciò che facciamo in un campodella pastorale ha conseguenze pertutti gli altri. Incominciamo dunquead affrontare il tempo in cui stiamoper entrare nella prospettivadell’ecologia integrale, così da poteroffrire ai giovani che incontriamoragioni di vita e di speranza concre-te, realizzabili e vivibili.

Il Santo Padre ha ricevuto que-sta mattina in udienza Sua Ec-cellenza il signor Patrick Re-nault, Ambasciatore del Belgio,per la presentazione delle Let-tere Credenziali.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza:

l’Eminentissimo CardinaleMario Zenari, Nunzio Aposto-

lico nella Repubblica Araba diSiria;

le Loro Eccellenze i Monsi-gnori:

— Nicola Girasoli, Arcivesco-vo titolare di Egnazia Appula,Nunzio Apostolico in Perú;

— M i ro s ław Adamczyk, Arci-vescovo titolare di Otricoli,Nunzio Apostolico in Argenti-na;

— Giuseppe Pinto, Arcivesco-vo titolare di Anglona, NunzioAp ostolico.

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledella Diocesi di Arras (Fran-

cia), presentata da Sua Eccel-lenza Monsignor Jean-Paul Jae-g e r.

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato

Vescovo di Arras (Francia), SuaEccellenza Monsignor OlivierLeborgne, finora Vescovo diAmiens.

Il Santo Padre ha nominatoMembro Ordinario della Ponti-ficia Accademia delle ScienzeSociali la Reverenda Suor He-len Alford, O.P., Vice Rettoredella Pontificia Università SanTommaso d’Aquino in Roma.

La prima costellazione (“Antrop olo-gia, teologia e pastorale”) è compo-sta da sette contributi che spazianoin ambiti piuttosto sistematici e im-pegnativi. Essi offrono alcuni ele-menti di posizionamento della pa-storale giovanile all’interno dellateologia pastorale, in dialogo con leintuizioni e le proposte del ConcilioVaticano II e nel confronto con ilprof. Riccardo Tonelli, che tutti rico-nosciamo come uno dei massimipunti di riferimento in materia. In-sieme vengono raccolti alcuni appro-fondimenti specifici in ottica pasto-rale: il confronto con la potenza del-la croce, con il dramma della miseri-cordia, con le sfide attuali dell’a n t ro -pologia e con la cultura del dono.

La seconda costellazione (“Accom-pagnamento, annuncio e animazionevo cazionale”) raccoglie cinque con-tributi che partono dall’invito allaChiesa a mettersi in gioco nella pro-spettiva dell’accompagnamento, chediventa uno stile nuovo a cui tuttisiamo chiamati ad abilitarci. Solo inquesto modo anche nel nostro tem-po della tarda modernità potrà ri-suonare l’annuncio di Cristo. Fruttodi uno stile di accompagnamento edi annuncio che si fanno prossimi aogni giovane, prende forma l’anima-zione vocazionale non solo della pa-storale giovanile, ma di tutta la pa-storale della Chiesa.

La terza costellazione (“Giovani,Chiesa e Sinodo”) è quella centrale,più corposa e strutturata. Raccoglieotto contributi che hanno a che farepiù o meno tutti direttamente con ilcammino sinodale. Si parte da un

rapido sguardo sul mondo giovanilee si passa immediatamente alla pre-sentazione dei tre documenti prodot-ti durante il cammino sinodale. Do-po la presentazione dell’Esortazioneapostolica postsinodale Christus vi-vit, si offre un panorama delle prin-cipali tematiche emerse al Sinodo, esi conclude con quattro approfondi-menti puntuali: il confronto con laliturgia, il discernimento vocaziona-le, la missione condivisa con i giova-ni e l’approfondimento dell’idea di“sinodalità missionaria”.

Arriviamo così alla quarta costella-zione (“Educazione, scuola e univer-sità”) che raccoglie cinque contributilegati a questa area tematica. Si par-te, ancora una volta, dalle provoca-zioni sinodali in merito ad una pe-dagogia interpellante e si arriva, pas-sando anche per la riflessione sullapratica dell’Insegnamento della Reli-gione Cattolica, fino all’entusia-smante frontiera della pastorale uni-versitaria. In questa costellazione sioffrono due contributi specifici ri-guardanti l’impegno scolastico se-condo il carisma salesiano: il primodal punto di vista più ispirativo e indialogo con la cultura; il secondopiù attento alle nuove frontiere dellapedagogia contemporanea.

La quinta costellazione (“Don Bo-sco, famiglia e oratorio”) è comple-tamente dedicata al carisma salesia-no. È composta di sette saggi chepartono da un confronto tra la teo-logia di Papa Benedetto XVI e l’esp e-rienza educativa di don Bosco, e siconcludono con un commento peda-gogico-pastorale al recentissimoMessaggio di Papa Francesco al Ca-pitolo Generale 28, terminato il 14marzo scorso. Gli altri contributioffrono diversi approfondimenti spe-cifici: la radice mistica del carisma,l’idea di “Comunità Educativo Pa-storale”, il coinvolgimento dei giova-ni nella missione salesiana, il rappor-to tra pastorale e famiglia e infinel’attualità dell’oratorio nel terzo mil-lennio.

Dopo le cinque costellazioni se-gue un’Ap p e n d i c e che raccoglie la bi-bliografia aggiornata al 24 maggio2020, sia dal punto di vista degliscritti (monografie, contributi e arti-coli) che di interventi orali (conve-gni, seminari e conferenze). I 32contributi del testo hanno tutti a chevedere in un modo o in un altro conqueste due fonti, che si è quindi de-ciso di mettere a disposizione per glistudiosi, cosicché abbiano a portatadi mano un quadro completo a cuifare riferimento.

Page 10: Non lasciate solo il Libano · 2020. 9. 4. · Non lasciate solo il Libano L’auspicio di «un futuro pieno di speranza» per il Libano e il ringra-ziamento al Signore per il suo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 sabato 5 settembre 2020

Messaggio del Papa ai partecipanti al Forum della «European House - Ambrosetti» a Cernobbio

L’economia come “cura”al servizio della persona

«Di fronte a un futuro che appareincerto e difficile» l’economia «puòdiventare espressione di “c u ra ”, che nonesclude ma include, non mortifica mavivifica, non sacrifica la dignitàdell’uomo agli idoli della finanza, nongenera violenza e disuguaglianza, nonusa il denaro per dominare». Lo hascritto il Papa in un messaggio inviatoai partecipanti al Forum di “E u ro p e a nHouse - Ambrosetti”, in corso a Villad’Este, Cernobbio, dal 4 al 5settembre. Eccone una traduzionedall’inglese.

Gentili Signori e Signore!Saluto con amicizia tutti voi par-

tecipanti al Forum della E u ro p e a nHouse - Ambrosetti. Quest’anno ilconfronto su temi importanti relativialla società, all’economia e all’inno-vazione richiede un impegno straor-dinario, per rispondere alle sfideprovocate o rese più acute dall’emer-genza sanitaria, economica e sociale.

D all’esperienza della pandemiatutti stiamo imparando che nessunosi salva da solo. Abbiamo toccatocon mano la fragilità che ci segna eci accomuna. Abbiamo compresomeglio che ogni scelta personale ri-cade sulla vita del prossimo, di chici sta accanto ma anche di chi, fisi-

camente, sta dall’altra parte delmondo. Siamo stati costretti daglieventi a guardare in faccia la nostrareciproca appartenenza, il nostro es-sere fratelli in una casa comune.Non essendo stati capaci di diventa-re solidali nel bene e nella condivi-sione delle risorse, abbiamo vissutola solidarietà della sofferenza.

A livello culturale generale, tantoaltro ha insegnato questa prova. Ciha, infatti, mostrato la grandezzadella scienza ma anche i suoi limiti;ha messo in crisi la scala di valoriche pone al vertice il denaro e il po-tere; ha riproposto — con lo stare acasa insieme, genitori e figli, giovanie anziani — fatiche e gioie delle rela-zioni; ha costretto a fare a meno delsuperfluo e andare all’essenziale. Haabbattuto le fragili motivazioni chesostenevano un certo modello di svi-luppo. Di fronte a un futuro che ap-pare incerto e difficile, soprattutto alivello sociale ed economico, siamoinvitati a vivere il presente discer-nendo ciò che rimane da ciò chepassa, ciò che è necessario da ciòche non lo è.

In questa situazione l’economia, nelsuo senso umanistico di “legge dellacasa del mondo”, è un campo privi-legiato per il suo stretto legame con

le situazioni reali e concrete di ogniuomo e di ogni donna. Essa può di-ventare espressione di “cura”, chenon esclude ma include, non morti-fica ma vivifica, non sacrifica la di-gnità dell’uomo agli idoli della fi-nanza, non genera violenza e disu-guaglianza, non usa il denaro perdominare ma per servire (cfr Esort.ap. Evangelii gaudium, 53-60). L’au-tentico profitto, infatti, consiste inuna ricchezza a cui tutti possano ac-cedere. «Ciò che possiedo veramenteè ciò che so donare» (cfr Udienzagenerale 7 novembre 2018).

Nella tragedia, che ancora attana-glia l’umanità intera, non sono ba-state neppure la scienza e la tecnica.L’elemento decisivo è stato il surplusdi generosità e di coraggio, messo inatto da tante persone. Questo spingead uscire dal paradigma tecnocrati-co, inteso come unico o prevalenteapproccio ai problemi. Paradigmaimprontato alla logica del dominiosulle cose, nel falso presupposto che«esiste una quantità illimitata dienergia e di mezzi utilizzabili, che laloro immediata rigenerazione è pos-sibile e che gli effetti negativi dellemanipolazioni della natura possonoessere facilmente assorbiti» (Pontifi-cio Consiglio della Giustizia e della

Pace, Compendio della Dottrina Socia-le della Chiesa, 462; cfr Enc. Laudatosi’, 106). Nei confronti sia della natu-ra sia, a maggior ragione, delle per-sone, è necessario un cambiamentodi mentalità che allarghi lo sguardoe orienti la tecnica, mettendola alservizio di un altro tipo di modellodi sviluppo, più sano, più umano,più sociale e più integrale.

È tempo di un discernimento, allaluce dei principi dell’etica e del benecomune, in ordine alla ripartenzache tutti desideriamo. Sant’Ignaziodi Loyola, il fondatore della Compa-gnia di Gesù, fa uso frequente di ta-le termine nei suoi scritti, ispirandosialla grande tradizione biblica sapien-ziale e, soprattutto, alle parole diGesù di Nazaret. Cristo invitava isuoi ascoltatori, e oggi tutti noi, anon fermarsi all’aspetto esterno deifenomeni, ma a discernere saggia-mente i segni dei tempi. A tal fine,due sono le componenti da conside-rare: la conversione e la creatività.

Da un lato, si tratta di vivere unaconversione ecologica, per poter rallen-tare un ritmo disumano di consumoe di produzione, per imparare acomprendere e a contemplare la na-tura, a riconnetterci con il nostroambiente reale. Puntare a una ricon-

versione ecologica della nostra eco-nomia, senza cedere all’accelerazionedel tempo, dei processi umani e tec-nologici, ma tornando a relazionivissute e non consumate.

D’altro lato, siamo chiamati a es-sere c re a t i v i , come gli artigiani, for-giando percorsi nuovi e originali peril bene comune. E si può esserecreativi solo se capaci di accogliere ilsoffio dello Spirito, che spinge aosare scelte mature e nuove, spessoaudaci, facendoci uomini e donneinterpreti di uno sviluppo umano in-tegrale a cui tutti aspiriamo. È lacreatività dell’amore a poter ridaresenso al presente per aprirlo a un fu-turo migliore.

Per questa conversione e questacreatività è indispensabile formare esostenere le nuove generazioni dieconomisti e imprenditori. Per que-sto li ho invitati, dal 19 al 21 novem-bre prossimo, nella Assisi del giova-ne Francesco che, spogliatosi di tut-to «per scegliere Dio come stella po-lare della sua vita, si è fatto poverocon i poveri e fratello universale.Dalla sua scelta di povertà scaturìanche una visione dell’economia cheresta attualissima» (Lettera per l’even-to “Economy of Francesco”, Ai giovanieconomisti, imprenditori e imprendi-trici di tutto il mondo, 1 maggio2019). È importante investire sullenuove generazioni protagonistedell’economia di domani, formarepersone disponibili a mettersi al ser-vizio della comunità, della culturadell’incontro. L’economia di oggi, igiovani, i poveri, hanno bisogno pri-ma di tutto della vostra umanità,della vostra fraternità rispettosa eumile, e solo dopo del vostro denaro(cfr Enc. Laudato si’, 129; Discorso aipartecipanti all’incontro “Economia diComunione”, 4 febbraio 2017).

Nel vostro Forum è messa in can-tiere anche l’organizzazione diun’agenda per l’E u ro p a . Sono passa-ti settant’anni dalla dichiarazioneSchuman, del 9 maggio 1950, cheistituiva la forma embrionaledell’Unione Europea. Oggi più chemai l’Europa è chiamata ad essereprotagonista in questo sforzo creati-vo per uscire dalle strettoie del para-digma tecnocratico, esteso alla poli-tica e all’economia. Questo sforzocreativo è quello della solidarietà,l’unico antidoto contro il virusdell’egoismo, ben più potente delCovid-19. Se allora si prospettavauna solidarietà nella produzione, og-gi questa solidarietà va estesa al be-ne più prezioso: la persona umana.Essa va messa al posto che le spetta,cioè al centro dell’educazione, dellasanità, delle politiche sociali ed eco-nomiche. Essa va accolta, protetta,accompagnata e integrata quando, incerca di un futuro di speranza, bussaalle nostre porte.

La città del futuro sarà anche alcentro delle vostre riflessioni. Non èun caso se, nella Bibbia, il destinodell’umanità trova il suo compimen-to in una città, la Gerusalemme cele-ste descritta dal libro dell’Ap o calisse(cc. 21-22). Una città di pace, comeindica il suo nome, le cui porte sonosempre aperte a tutti i popoli; città amisura d’uomo, bella e splendente;città dalle molteplici sorgenti e albe-ri; città accogliente, dove malattia emorte sono sconfitte. Questa metaaltissima può mobilitare le migliorienergie dell’umanità nella costruzio-ne di un mondo migliore. Vi invito,quindi, ad alzare lo sguardo e adavere ideali alti e grandi aspirazioni.

Auspico che queste vostre giornatedi confronto siano feconde: che aiu-tino a camminare insieme, orientan-dosi nella confusione delle voci e deimessaggi e facendo attenzione chenessuno si perda. Vi incoraggio adare ulteriore slancio nel costruiremodalità nuove di intendere l’econo-mia e il progresso, combattendoogni emarginazione, proponendonuovi stili di vita, dando voce a chinon ne ha.

Concludo con un augurio cheesprimo attraverso le parole di unSalmo biblico: «Sia su di noi la dol-cezza del Signore, nostro Dio: rendisalda per noi l’opera delle nostremani, l’opera delle nostre mani rendisalda» (90, 17).

Roma, San Giovanni in Laterano, 27agosto 2020

FRANCESCO

Il discorso improvvisato dal Pontefice nell’udienza a un gruppo di laici francesi che collaborano con la Conferenza episcopale nazionale sui temi della «Laudato si’»

Una conversione ecologica per l’armonia tra gli uomini e con la naturaPubblichiamo di seguito il testo integrale deldiscorso improvvisato dal Papa — che haconsegnato quello scritto preparato per l’udienza— durante l’incontro di giovedì mattina, 4settembre, nella Biblioteca privata del Palazzoapostolico, con un gruppo di laici francesi checollaborano con la Conferenza episcopalenazionale sui temi della «Laudato si’».

Ringrazio tutti voi, de vôtre visite e ringrazio ilSignor Presidente dell’Episcopato.

Vedo che ognuno di voi ha la traduzione diquello che io dirò. E parte della conversioneecologica è non perdere tempo. E per questoil testo ufficiale lo avete. Adesso io preferiscoparlare spontaneamente. L’originale lo conse-gno.

Vorrei incominciare con un pezzo di storia.Nel 2007 c’è stata la Conferenza dell’Episco-pato Latinoamericano in Brasile, ad Apareci-da. Io ero nel gruppo dei redattori del docu-mento finale, e arrivavano propostesull’Amazzonia. Io dicevo: “Ma questi brasi-liani, come stufano con questa Amazzonia!Cosa c’entra l’Amazzonia con l’evangelizza-zione?”. Questo ero io nel 2007. Poi, nel 2015è uscita la Laudato si’. Io ho avuto un percor-so di conversione, di comprensione del pro-blema ecologico. Prima non capivo nulla!

Quando sono andato a Strasburgo,all’Unione Europea, il presidente Hollandeha inviato, per ricevermi, il Ministro dell’am-biente, Ségolène Royale. Abbiamo parlato inaeroporto... All’inizio poco, perché c’era già ilprogramma, ma dopo, alla fine, prima di par-tire, abbiamo dovuto aspettare un po’ di tem-po e abbiamo parlato di più. E la Signora Sé-golène Royale mi ha detto questo: “È veroche Lei sta scrivendo qualcosa sull’ecologia?— c’était vrai! — Per favore, la pubblichi primadell’incontro di Parigi!”.

Io ho chiamato l’equipe che la stava facen-do — perché voi sappiate che questa non l’hoscritto io di mio pugno, è stata un’équipe discienziati, un’équipe di teologi e tutti insiemeabbiamo fatto questa riflessione —, chiamaiquesta équipe e dissi: “Questo deve uscire pri-ma dell’incontro di Parigi” — “Ma perché?” —“Per fare pressione”. Da Aparecida a Laudatosi’ per me stato un cammino interiore.

Quando ho incominciato a pensare a que-sta Enciclica, chiamai gli scienziati — un belgruppo — e ho detto loro: “Ditemi le cose chesono chiare e che sono provate e non ipotesi,le realtà”. E loro hanno portato queste coseche voi oggi leggete lì. Poi, chiamai un grup-po di filosofi e teologi [e dissi loro]: “Io vor-rei fare una riflessione su questo. Lavorate voie dialogate con me”. E loro hanno fatto il pri-mo lavoro, poi sono intervenuto io. E, alla fi-ne, la redazione finale l’ho fatta io. Questa èl’origine.

Ma voglio sottolineare questo: dal non ca-pire nulla, ad Aparecida, nel 2007, all’Encicli-ca. Di questo mi piace dare testimonianza.Dobbiamo lavorare perché tutti abbiano que-sto cammino di conversione ecologica.

Poi è venuto il Sinodo sull’Amazzonia.Quando sono andato in Amazzonia, ho trova-to tanta gente lì. Sono andato a Puerto Mal-donado, nell’Amazzonia peruviana. Ho parla-to con la gente, con tante culture indigenedifferenti. Poi ho pranzato con 14 capi loro,tutti con le piume, vestiti come da tradizione.Parlavano con un linguaggio di saggezza e diintelligenza molto alto! Non solo di intelli-genza, ma di saggezza. E poi domandai: “Elei cosa fa?” — “Io sono professore all’univer-sità”. Un indigeno che lì portava le piume,ma all’università andava in borghese. “E leisignora?” — “Io sono la responsabile del mini-stero dell’educazione di tutta questa regione”.E così, uno dopo l’altro. E poi una ragazza:“Io sono studentessa di scienze politiche”. Equi ho visto che era necessario eliminare l’im-magine degli indigeni che noi vediamo sol-tanto con le frecce. Ho scoperto, fianco afianco, la saggezza dei popoli indigeni, anchela saggezza del “buon vivere”, come lo chia-mano loro. Il “buon vivere” non è la dolce vi-ta, no, nel dolce far niente, no. Il buon vivereè vivere in armonia con il creato. E questasaggezza del buon vivere noi l’abbiamo persa.I popoli originari ci portano questa portaaperta. E alcuni vecchi dei popoli originaridell’Ovest del Canada, si lamentano che i lo-ro nipoti vanno in città e prendono le cosemoderne e dimenticano le radici. E questo di-menticare le radici è un dramma non solo de-gli aborigeni, ma della cultura contempora-nea.

E così, trovare questa saggezza che forsenoi abbiamo perso con troppa intelligenza.Noi — è peccato — siamo “macro cefali”: tantenostre università ci insegnano idee, concetti...Siamo eredi del liberalismo, dell’illumini-

smo... E abbiamo perso l’armonia dei tre lin-guaggi. Il linguaggio della testa: pensare; illinguaggio del cuore: sentire; il linguaggiodelle mani: fare. E portare questa armonia,che ognuno pensi quello che sente e fa; cheognuno senta quello che pensa e fa; cheognuno faccia quello che sente e pensa. Que-sta è l’armonia della saggezza. Non è un po’la disarmonia — ma questo non lo dico insenso peggiorativo — delle specializzazioni. Civogliono gli specialisti, ci vogliono, a pattoche siano radicati nella saggezza umana. Glispecialisti, sradicati da questa saggezza, sonodei robot.

L’altro giorno una persona mi domandava,parlando dell’intelligenza artificiale — noi ab-biamo nel Dicastero della Cultura un gruppodi studio di livello molto, molto alto sull’in-telligenza artificiale —: “Ma l’intelligenza arti-ficiale, potrà fare tutto?” — “I robot futuri po-tranno fare tutto, tutto quello che fa una per-sona. Ma tranne che cosa? — ho detto io —quale cosa non potranno fare?”. E lui ha ri-flettuto un po’ e mi ha detto: “Soltanto unacosa non potranno avere: la tenerezza”. E latenerezza è come la speranza. Come dice Pé-guy, sono delle virtù umili. Sono delle virtùche accarezzano, che non affermano... E cre-do — vorrei sottolinearlo — che, nella nostraconversione ecologica, dobbiamo lavorare suquesta ecologia umana; lavorare sulla nostratenerezza e capacità di accarezzare... Tu, con ituoi figli... La capacità di accarezzare, che èuna cosa del vivere bene in armonia.

Inoltre, c’è un’altra cosa che vorrei diresull’ecologia umana. La conversione ecologicaci fa vedere l’armonia generale, la correlazionedi tutto: tutto è correlato, tutto è in relazione.Nelle nostre società umane, abbiamo perso

questo senso della correlazione umana. Sì, cisono associazioni, ci sono gruppi — come ilvostro — che si riuniscono per fare una cosa...Ma mi riferisco a quella relazione fondamen-tale che crea l’armonia umana. E tante volteabbiamo perso il senso delle radici, dell’ap-partenenza. Il senso dell’appartenenza. Quan-do un popolo perde il senso delle radici, per-de la propria identità. — Ma no! Noi siamomoderni! Andiamo a pensare ai nostri nonni,ai nostri bisnonni... Cose vecchie! — Ma c’èun’altra realtà che è la storia; c’è l’appartenen-za a una tradizione, a una umanità, a un mo-do di vivere... Per questo è molto importanteoggi curare questo, curare le radici della no-stra appartenenza, perché i frutti siano buoni.

Per questo oggi più che mai è necessario ildialogo fra i nonni e i nipoti. Questo puòsembrare un po’ strano, ma se un giovane —voi siete tutti giovani qui — non ha il senso diun rapporto con i nonni, il senso delle radici,non avrà la capacità di portare avanti la pro-pria storia, l’umanità, e dovrà finire a scende-re a patti, a compromessi, con le circostanze.L’armonia umana non tollera i patti di com-promesso. Sì, la politica umana — che è un’al-tra arte e necessaria — la politica umana si facosì, con dei compromessi perché può manda-re avanti tutti. Ma l’armonia no. Se tu nonhai radici l’albero non andrà avanti. C’è unpoeta argentino, Francisco Luis Bernárdez — èmorto già, è uno dei nostri grandi poeti —che dice: “Todo lo que el árbol tiene de flori-do vive de lo que tiene sepultado”. Se l’armoniaumana dà dei frutti è perché ha delle radici.

E perché il dialogo con i nonni? Posso par-lare con i genitori, questo è molto importan-te!, parlare con i genitori è molto importante.Ma i nonni hanno qualcosa di più, come ilbuon vino. Il buon vino più invecchia più èbuono. Voi francesi conoscete queste cose,no? I nonni hanno quella saggezza. Mi hasempre colpito quel passo del Libro di Gioe-le: “I nonni sogneranno. I vecchi sognerannoe i giovani profetizzeranno”. I giovani sonodei profeti. I vecchi sono dei sognatori. Sem-bra il contrario, ma è così! A patto che i vec-chi e i giovani si parlino. E questa è l’ecologiaumana.

Mi spiace, ma dobbiamo finire, perché ilPapa anche è schiavo dell’orologio! Ma hovoluto dire questa testimonianza della miastoria, queste cose, per andare avanti. E la pa-rola-chiave è armonia. E la parola-chiaveumana è tenerezza, capacità di accarezzare.La struttura umana è una delle tante strutturepolitiche che sono necessarie. La strutturaumana è il dialogo tra i vecchi e i giovani.

Vi ringrazio di quello che state facendo. Miè piaciuto mandare questo [discorso scritto] alvostro archivio — lo leggerete dopo — e dire,dal cuore, quello che io sento. Mi è sembratopiù umano. Vi auguro il meglio. Et priez pourmoi. J’en ai besoin. Ce travail n’est pas facile. Etque le Seigneur benisse vous tous.

Durante questo #TempoDelCreato, ascoltiamo il battitodella creazione. Essa è stata data alla luce per manifestare

e comunicare la gloria di Dio, per aiutarci a trovarenella sua bellezza il Signore di tutte le cose e ritornare a Lui

(@Pontifex_it)