Nomadelfia 3-4 2014

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NOMADELFIA È UNA PROPOSTA Nomadelfia è una popolazione comunitaria cattolica sull’esempio delle prime comunità cristiane. Beni in comune, lavoro e scuole all’interno. Le famiglie accolgono figli in stato di abbandono. N. 3-4 - 2014 FAMIGLIA: una missione sociale

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Nomadelfia è una proposta nr 3 e 4 del 2014

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NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTANomadelfia è una popolazione comunitaria cattolica sull’esempio delle prime comunità cristiane. Beni in comune, lavoro e scuole all’interno. Le famiglie accolgono figli in stato di abbandono. N. 3-4 - 2014

FAMIGLIA: una missione sociale

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Quando i matrimoni, glisposati nel mondo, capi rannoquesta grande gloria che sipuò offrire ad essi, di avere lafamiglia im postata su unpiano apo stolico, certamentesarà la libera zionedella famigliadal suo isolamen to.”

Don Zeno 6 settembre 1960

Chi educa i bambini?Saranno gli adulti ad educarei bambi ni. Che cosa si devefare per edu carli? Devonovivere, sem pre. Mai farglifare dei ragio namenti senzache vivano, de vono vivere eper vivere devo no essere acontatto della so cietà.

don Zeno 29 settembre 1971

La fraternità nella ChiesaNomadelfia cammina il corso del-la Chiesa, perché la fraternità cri-stia na è sorta coi primi cristia ni, iquali tentarono subito di fra -ternizzarsi, condividendo la vita:l’uno di so stegno all’altro. E negliAtti degli Apostoli leggiamo chetra loro non c’era il povero, il bi -sognoso: tentarono una societànuova, ma si sono dispersi comeforma fraterna. E allora comin -ciarono altre forme, tentativi di co-munità, ma nella Chiesa questospirito sempre si rinnova. Quindiil fatto a cui assi stiamo oggi è unacosa di venti se coli, è l’aspirazio nedella Chiesa: che gli uo mini si fra-ternizzino tra di loro.

Il matrimonio e l’apostolatoNella storia di questi secoli, pare vaimpossibile che i matrimo ni potes -sero far parte della vita cri stianaapostolica, così da po ter vi vere unapostolato, in modo che la fami-glia non fosse tale da assorbirli e daimpedire ad essi di essere nella vitadegli apostoli.Quando, da giovane, mi interes savodell’Azione Cattolica, vede vo che imiei amici, finché erano giovani,mi aiutavano, erano libe ri, ma ap-pena sposati non si con cludeva piùniente. Col matrimo nio, anzichéau mentare la forza e la possibilità difar delle opere di bene, si chiudeva-no in questa pic cola cerchia.

E sempre più la famiglia, nella sto-ria, sta rimpicciolendosi.È già radicata l’idea, propria dellavita umana non sopranna turale,che l’uomo e la donna, quando so-no sposati, non posso no più dedi-carsi ad opere di apostolato e di re-denzione uma na. Ciò ha fat to sor-gere gli ordi ni religiosi, i quali han-no tentato e hanno fat to cose me-ravigliose, ma non erano un popo-lo. Si sono dedica ti indi -vidualmente e insieme come fra -telli, e hanno fatto ope re giganti,mentre i lai ci si sono conservati,pratica mente, pagani nel loro si -stema di vivere.Nel popolo non esiste una con -cezione fraterna, ci si aiuta qual chevolta con opere assi stenziali, maproprio l’abbraccio fraterno nonesiste: l’uno non può conta re sul-l’altro. E allora è lo squallo re delpaganesimo. Che un uomo possacontare sul l’altro uomo, in tutte lesue sof ferenze, in tutte le sue angu-stie, in tutte le sue gioie, questonon avviene, in quanto ognuno èun mondo a sé.

Come si devono fraternizzare gliindividui, così si devono frater-nizzare le famiglieC’è da piantare nel mondo uncolpo come questo, e dire: “No,non è così, avete torto, bisognache il matrimonio moltiplichi lapotenza dei giovani per essere

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LA FAMIGLIAHA UNA MISSIONE SOCIALEE UNIVERSALE

Da un’omelia di don Zeno per il ma trimonio di due figli di Nomadelfia, 20 ot tobre 1963

UNA LUCE NELLA NOTTE

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apostoli nel mondo e fraterniz -zarsi tra di loro”. Mentre la sto riasociale e politica del mondo staminacciando dei grossi guai, e so-lo gli illusi possono vedere roseo,la Chiesa pianta di questi semi:matrimoni che si legano fraterna-mente tra di loro. Essi sono piùforti, apostoli più di prima, inquanto l’uno sostiene l’altro nellavita di apostolato e di amore fra-terno verso tutti. Un matrimoniocosì si sente sorretto dall’altro,perché come si devono fraterniz-zare gli indi vidui, così si devonofraterniz zare le famiglie.

Se il mondo non si piega a Cri sto,il mondo va alla deriva.

Siete il ritorno a Cristo, il ri tornoalla vitaVoi vi sposate: siete cresciuti qui,siete stati amati, avete im parato adamare. Tutti quelli che sono qui viamano e voi do vete amare. Voiamate. Voi siete forti, se vo lete sie-te una poten za, nessuna forza puòriuscire a spezzarvi, contro di voinon c’è forza mon dana che rie sca,non ci sono i potenti, non c’èniente: tutto si spezza, perché viamate di un amore fraterno. Voi

rappresenta te il ritorno a Cristo, ilritorno alla vita.

Rinnovare il mondoRicordatevi che uscite da questachiesa con un’idea preci sa: “Abbia -mo una missione da compiere, rin -novare il mon do”. E non doveteaver paura. Una volta, a scuola diteologia, un professore, perché hofatto certe obiezioni, mi dice: “Nonvorrà mica sal vare il mondo, lei?”.Bat tendo i pugni sul tavolo ho det-to: “Sono qui solo per que sto”.

Con Cristo salvatori del mon doCon Cristo dobbiamo essere salva -tori del mondo, quindi uscendo daquesta chiesa dovete pensare: “Cisiamo sposati per realizzare il pia -no di Dio nel matrimonio, e, nellostesso tem po, con il matrimonio ciassumia mo davanti al popolo lamissione di portare nel mondo ilrinnova mento della famiglia e del-la so cietà umana”. Questa è la vo-stra missio ne.Dei difetti non preoccupatevi, per -ché ci saranno sempre: tutti li han -no, e più ne avete meno paura do -vete avere. Quello che vi deve pre -mere è di amarvi molto, ma inque sto amore sentire in voi que stamissione: essere rinnovatori dellavita umana, della società umana.Questo è un grande fatto, un fattodi Dio.

Essere un semeLa società umana si affronta molti -plicando il seme. Il regno dei cieliè simile a un grano di senape che,buttato nel terreno, creerà unapianta sulla quale gli uccelli dell’a -ria andranno a riposare. Questo èil seme di senape, simile al regnodei cieli, e sulle cose che farete, gliuo mini sfiniti, stanchi di tutti glierro ri che stanno com mettendo,cor reranno a riposare dalle lorofati che e a fare i nuovi nidi.

3NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Disprezzare unapersona è mancanzad’amore. Perchéogni persona umanaè imma gine esomiglianza di Dio,creatura di Dio: chicolpisce l’uomocolpisce Dio.

Don Zeno,26 gennaio 1954

Settembre 2014. In cammino verso il Santuario diS. Gabriele dell’Addolorata (AQ).

Nomadelfia (GR), 29 Giugno 2014.

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1. Guardare il mondo pensando cifratelliNomadelfia incarna un ideale difraternità ispirato al Vangelo. Ri -spetto alla maggior parte degli am -bienti abitati oggi, questo rappre -senta un punto di vista decisamen -te eccentrico. Proponia moci, perun attimo, di pensare al futuropar tendo da questa otti ca. Forsesco priremo che il Van gelo non haan cora finito di sor prenderci.Perché, in altri contesti storici, quel-la notizia buona (evangelo) ebbe laforza di mettere in crisi l’impero ro-mano ed ora giace come “disinne-scato” in un fondo di magazzino?Don Zeno era convinto che i san-ti (lo riferisce al periodo trascorso

accanto a S. Giovanni Calabria)“fanno vivere un mistero che tuttivorremmo penetrare, compenetra -re, essendone presi, mentre il no -stro spirito si eleva in crescen doche ci fa buoni” (1980). Se si en-tra in contatto con la verità vis su-ta essa ti avvolge, ti prende, ti pe-netra dentro, dai pori della pel le,la respi ri a pieni polmoni... Diffi-cile defi nire un’esperienza di que-sto gene re. È come lasciarsi im-mergere in contesti di luce, di gio-ia, di pace. L’evangelista Luca racconta qual -cosa di simile nel libro degli Atti.La gente subiva il fascino delle pri -me comunità cristiane. Coloroche, in Cristo, vivevano come fra-

telli fa cevano cambiare vita a molti. Venendo a noi, possiamo chieder -ci: è il Vangelo che ha perduto lasua forza d’attrazione o sono piut -tosto venute a mancare esperien zeforti di vita fraterna tra i cri stiani?Le forme storiche posso no anchevariare, ma la piattafor ma nonpuò essere altra che “era no tuttiun cuor solo e un’anima sola” contutte le conseguenze che la vitafra terna comporta.Noi pensiamo che lo Spirito ab biasuscitato Nomadelfia per col mareun vuoto. È arrivato il mo mentodi ricominciare a pen sarci in unapro spettiva di fra ternità universale.

2. La fraternità vissuta in fami -glia

San Paolo, scelto personalmentedal Risorto nel modo straordina rioche tutti conosciamo, viene affida -to alla comunità dei fratel li chefanno capo ad una fami glia. Dopo l’annuncio, il secondo pas -so è la comunità fraterna, dovedel Vangelo si coglie il vissuto.Senza vedere e toccare con mano,nel vivere quotidia no, è persinodiffi cile compren dere. Gesù stes -so sembra dubi tare che le parole,da sole, siano sufficienti e do -manda: “Avete capito?”. Più diuna volta la conclusione sconso -lata dell’e vangelista è “ma essinon com presero”.

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LA PAROLA A DON FERDINANDO

SE VISSUTAINSIEMELA VITA BUONAÈ MIGLIORE

Nomadelfia (GR), giugno 2014. Domenica pomeriggio.

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Quelli che il soffio dello Spiri tosospingeva, in cerca di visibi liconferme, bussavano a un mona -stero o accostavano la gra ta diuna clausura. I cercatori di Diosentivano il bisogno di “immer -gersi” in quei luoghi di san tità.Don Zeno, prima ancora di farsiprete, aveva intuito che la batta gliadiventava campale. Per po ter farquesto bisognava tornare ad unasantità di popolo. Egli bat tezzòquesta svolta: cambio di ci viltà.Perché il lievito del Vangelo pe -netri nella vita di ognuno, dai pri -mi vagiti fino all’ultimo re spiro, illuogo più adatto è la fa miglia. Il Padre volle ricordarcelo, nellapienezza dei tempi, quando suo Fi-glio, il primogenito, si fece uomonascendo dalla Vergine Maria. Ge-sù ha trascorso tren t’anni di vita aNazareth, in una famiglia cometante altre ce n’e rano in quei tempi.Quegli anni ci dicono che la vitabuona, come il Padre desidera pertutti, rinasce nella famiglia, in unpic colo vil laggio, a misura d’uomo. L’episodio di Gesù adolescente, ri-masto nel grande tempio di Ge -rusalemme, quando la carova na deipellegrini aveva già preso la via del

ritorno, dice il primato del Padrerispetto alla missione da svolgere.Né la fa miglia né il tem pio posso-no ostacolarlo. Gesù avrà modo successivamen tedi ribadire questo prima to. Il luo godove vivere la nuo va civil tà da luiportata sulla terra non è loca lizzataqua o là, ma dove la vita dei figli diDio si svolge.

3. La vita è buona se vissu ta insie-me come fratelli.

Spesso ci chiediamo se la vita buo-na del Vangelo è destinata, ovun-que e sempre, a qualche forma di“separatezza”. Ce lo fanno pensarecommenti come: “Ma qui è tuttodiverso!” colti, non di rado, dallabocca dei visi tatori. Che senso dob-biamo dare alla parola “diverso”?Si gnifica apprezzamento o criti ca?A noi sembra di vivere una vita“normale”. Non ci sentiamo pla -giati da nessun “guru”. Le nostreregole di vita sono rico nosciute dal-lo Stato e dalla Chiesa. Gesù prima e, subito dopo, le co-munità cristiane attraevano le folle.I Vangeli ci dicono che Gesù, al ve-

derle ne ebbe com passione. Gli fa-cevano venire in mente un greggedi pecore rima ste senza pastore. La vita buona del Vangelo, nellamisura in cui essa è autentica (ver -rebbe da dire: una e santa) produceuna umanità “diversa”, capace an -cora di attrarre. Non per niente l’o -pera principale scritta da don Zenoha per titolo “L’uomo è diverso”.Del termine “diverso” rifiutiamodecisamente l’accezione di settari eesaltati. La riteniamo prodotto diquella cultura dello “scarto” dellaquale parla spesso papa Francesco. La cronaca di ogni giorno mo strache la vita prodotta da quella cul -tura non è buona. Anzi, per molti,non è vita. Il Vangelo soddisfa, oggi come ieri,l’ampio spettro dei diritti, lega ti al-la dignità della persona umana.Proprio per questo essa è speri -mentata come vita buona. Se perònon è accolta nella dimen sione dipopolo, che ha per base la famiglia,può perdere il timbro di vera e pro-pria civiltà, come sale non ha piùsapore.Per sperimentare il fascino della vi-ta fraterna bisogna viverla tutti e ilpiù possibile insieme. Questo, nelsuo piccolo, cerca di mostrare No-madelfia.Nomadelfia di Roma, maggio 2014. Lavoro di gruppo nell’orto.

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VALORE UMANOE SOCIALE DA DIFENDEREINIZIO DI UN CAMMINO NUOVO

Si spalanca una finestra sul panora -ma famiglia per ac compagnarla me -glio nelle situa zioni di disagio esoffe renza. È ini ziato a Roma il Si-nodo spe ciale dei Ve scovi che ha pertema: “Le sfide pastorali sulla fami-glia nel contesto dell’evangeliz -zazione”. “Per ricercare ciò che oggi il Si gnorechie de alla sua Chiesa, dobbiamopre stare orecchio ai battiti di questotem po e per cepire l’odore degli uomi-ni d’oggi, fino a restare impregnatidelle loro gioie e spe ranze, delle lorotristez ze e angosce. A quel punto sa-premo proporre con credibi lità labuona noti zia sulla famiglia” Conqueste parole si è rivolto papa Fran-cesco ai fedeli radunati in Piazza S.Pietro durante la veglia di pre ghieraorganizzata dalla Cei alla vigilia delSi nodo. “Conosciamo – ha aggiunto

il papa – come nel Vangelo ci sianouna forza e una tenerezza ca paci divincere ciò che crea infelicità e vio-lenza”.Il papa ha chiesto ai presenti al Sino -do di non aver paura di par lare e ditener presente che la fa miglia, inqualun que si tuazione o crisi, deveessere “accolta”, “ascoltata”, “ac -compagnata”, perché la Chiesa hasempre “le porte aperte a tutti gli uo -mini”.Il Sinodo straordinario sulla fami-glia è terminato con la beatificazio-ne di Paolo VI. I temi trattati ver-rano maturati ed affrontati meglionel Sinodo ordinario del 2015.

La Chiesa, oggi più che mai, siin terroga sui pericoli, sulleprospetti ve e sulle eventuali

proposte di un cammino per inco-

L A CHIESAIN ASCOLTODEI BATTITIDI QUESTO TEMP OE DEL L E ANGOSCEDEGL I UOMINI

Roma Piazza S. Pietro,4 ottobre 2014.Veglia di preghiera per il Sinodosulla famiglia.

Nomadelfia (GR). Davanti alla chiesa prima della messa domenicale.

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raggiare, salva guardare e aiutare lafamiglia a vi vere in pienezza la suavocazione che non è solo “persona-le” ma, “sociale”.La famiglia: valore umano e so -ciale da difendere.La famiglia non ha un ruolo solopersonale-individuale ma “socia -le”; nessuna famiglia è fine a sestessa. “La famiglia è la cellula vivente del-l’u manità. Se maltrattate la cellulaavrete sempre un corpo malato”.Con que sta convinzione don Zenoha di feso la famiglia e agito in mo-do da proteggerla. Da buon padreed educatore ne ha sottolineatel’im portanza e la responsabilità neiconfronti della società e delle nuo -ve generazioni.Siamo bisognosi di un padre e diuna madre per affacciarci alla vita.La tecnologia oggi tenta di cancel -lare la natura della famiglia. Sivuole far credere che la fami glianon sia la sola necessaria a procrea-re. Come si affaceranno i figli diesperimenti alla vita? Cosa signifi-cherà essere figli anomimi, nonconcepiti da un atto d’amo re? Dauna scelta che condanna altri? Ilprimo punto da difendere è dun-

que il di ritto di nascere in una fa-miglia, in una famiglia formatadalla complementa rietà di un uo-mo e di una don na.“L’immagine di Dio è la coppia ma-tri moniale: l’uomo e la donna; nonsol tanto l’uomo, non soltanto la don-na, ma tutti e due. Questa è l’imma-gine di Dio: l’amo re, l’alleanza diDio con noi è rappresen tata in quel-l’alleanza fra uomo e don na. E que-sto è molto bello! Siamo creati peramare, come riflesso di Dio e del suoamore. E nell’unione coniugale l’uo-mo e la donna realizzano questa vo-cazione nel segno della reci procità edella comunione di vita piena e defi-niti va. Quando un uomo e una don-na cele brano il sacramento del Ma -trimonio, Dio, per così dire si“rispec chia” in essi, imprime in loro ipropri lineamen ti e il carattere inde-lebile del suo amo re. Il matrimonio èl’icona del l’amore di Dio per noi”.(Papa Fran cesco 4 agosto 2014)Questa famiglia “naturale” deve poicrescere nella consapevolez za chenon può vivere fine a se stes sa mache è la base su cui si fon da la socie-tà unana. Minarne le basi significadunque minare l’in tera umanità.

Monica di Nomadelfia

Voi donne non sapetela forza che avete nelmondo, la po tenza che avetecome cristia ne,l’onnipotenza come laMadon na, potete tenere suun po polo, potete reggere lafa miglia, potete salvaretutto. Dovete essere lieteperché in questo momento èil Signore, attraverso ilsacer dote, che vi dice chevoi siete necessarie,senza di voi il popo lova a ro toli.

Don Zeno

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Don Zeno ha sentito la ne-cessità di dare ai giovanisoli una fami glia nella

quale crescere e for marsi per af-frontare poi con “le spalle robu ste”la vita. Nasce così il giorno dellasua prima messa, nel duomo diCarpi il 6 gennaio 1931, il suo im-pegno per dare la famiglia a chi l’haper duta. Inizia una storia che nonvuole parlare di assistenza ma di“papà e mamma” perché un bam-bino ha bisogno della fami glia percrescere, come dell’aria per re -spirare. Sul diritto naturale alla fa -miglia, si è battuto metten do i di -ritti del bambino al primo posto.Non ci sono bambini di prima oseconda scelta, siamo noi che li ca -taloghiamo fin da prima della na -scita. Scriveva : “Quale differenza,

ci può essere tra un fanciullo ed unaltro? Tra il bambinetto figlio di undelinquen te e il figlio di un santo?Tra il figlio di una prostituta e il fi-glio del la più buona mamma? Tra ilfiglio del servo e l’acca rezzato bam-bino della si gnora padrona? Nessu-na, ricordiamo lo bene, nessuna da -vanti a Dio. E da vanti agli uomini?Un bambino è ac carezzato, curato,amato, allevato con sapiente e dili-gente premura; l’altro è lasciato indisparte come un cane. Più tardi,dopo vent’anni, l’uno sarà giu dicatosaggio, buono, sapiente, cittadi noonorato ecc, con tutti i vantaggi chene derivano; l’altro sarà giudicatoim becille, sovversivo, ladro, delin-quente, brutta persona, tipo vaga-bondo, carat tere perverso ed impossi-bile, fannullo ne, pa rassita della so-

cietà con tutti gli svantag gi che nederivano”. Nella veglia di preghiera in prepa -razione al sinodo sulla fami glia, il4 ottobre, papa Francesco sottoli-nea: “È significativo come – anchenella cul tura individualista che sna-tura e rende effimeri i legami – inogni nato di donna rimanga vivo unbisogno essenziale di stabilità, diuna porta aperta, di qualcu no concui intessere e condividere il rac con-to della vita, di una storia a cui ap -partenere. La comunione di vita as-sunta dagli sposi, la loro apertura aldono della vita, la custodia recipro-ca, l’incontro e la memoria delle ge-nerazioni, l’accompagnamento edu-cativo, la trasmissione della fede cri-stiana ai figli...: con tutto questo lafamiglia continua ad essere scuola

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LUOGO IDEALE PER LA CRESCITAE LA VALORIZZAZIONE DEI FIGLI

Nomadelfia (GR).Compleanno in un gruppo familiare.

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senza pari di umanità, contributoindispensabile ad una società giustae solidale. E più le radici sono pro-fonde, più nella vita è possibile usci-re e andare lontano, senza smarrirsiné sentirsi stranieri ad alcuna terra”.Solo la famiglia può donare l’a -more e la sicurezza di cui ha bi -sogno il bambino.

La cellula della società inNoma delfia è il gruppofa miliare: tre o quattrofami glie che vivono insie mese condo la legge dei vasico municanti, espressi nellapreghie ra di Gesù all’ultimacena: “Padre, tutto quelloche è mio è tuo e tuttoquello che è tuo è mio, cosìsiano essi, consummati inunum. af finchè il mondoconosca che tu mi haimandato”.

Una notte del marzo 1954,don Zeno, allora laicizzato,vagava per le strade di No-

madelfia, accompa gnato da unodei suoi pri mi colla boratori: Gino.Era una notte di tramontana, ilvento del nord che soffia nei gior-ni più freddi. Don Zeno era in-quieto, anzi sofferen te, rattristato edelu so; si sentiva sconfitto. Lefami glie con le quali camminavada ormai tredici anni, pur acco-gliendo e amando i ra gazzi senzamamma, rimaneva no chiuse in sestesse dunque fra gili perché sog-gette agli imprevi sti della vita nonpotendo assicu rare la stabilità dicui hanno biso gno i figli. Era forsefallito il pro getto di qualcosa dinuovo? Oc coreva trovare un modoper risol vere questo dilemma affin-ché le famiglie si aprissero le unealle al tre. Piuttosto che accettare lasi tuazione era disposto a sciogliere

tutta la “baracca”. Questi erano ipensieri che lo tormentavano, lotenevano sveglio e dei quali parla -va a Gino. Tante fatiche, tante sof-ferenze, il sacrificio della lai -cizzazione... e poi vedere le fami -glie egoiste. Sofferente, vagava perle strade di Nomadelfia nella not-te, incurante delle raffiche che locolpivano, preso da una soffe renzainteriore che gli sferzava l’anima.Verso il mattino una spe ranza siaccese nel suo animo. Aveva avutola visione della fami glia in cui eranato e cresciuto: era una famigliapatriarcale nella quale i figli vive-vano all’ombra si cura di ben cin-que famiglie; l’eco nomia era una,si lavorava e si vi veva insieme. Èvero, il legame era soprattuto datodella parente la e dall’economia mail modello, non poteva forse esserevissuto dalle famiglie di Nomadel-fia lega te invece dalla fede?

9NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

L’EDUCAZIONE NEL GRUPPO FAMILIARE CHE COMPIE 60 ANNI.UNA STORIA DI LOTTE E CONQUISTE

Nomadelfia (GR).Pranzo nel gruppo

familiare Cenacolo.

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“Allora mi venne in mente di rifar-mi alla famiglia patriarcale che eralegata dal sangue, ma di sostituire alsangue la fede e l’amore di Cristo. Sevoi con siderate bene, la fede non èuna forza piccola ma è superiore alsangue perché Cristo è in noi”.Il giorno dopo, radunò i noma delfiper aiutarli a capire il passo che ilcammino richiedeva. Un passo ar -duo, difficile. “E la mia famiglia? Lanostra intimità? I nosti figli? L’edu-cazione? Vivere insieme, come èpossibile con tante teste, con tanticaratteri?”. Nasce un cammino nuo-vo fatto di fatica, di spi rito di adat-tamen to, di umiltà, di ri cerca, diaper tura, di ascolto... ma che apreprospettive nuove, tutte da sco prire.Sono stati anni diffici li, di verse fa-miglie hanno lasciato Nomadelfia. Ma, come il chicco di grano dellaparabola evangelica, solo moren dopuò dare frutti. Ci accorgiamo ora, dopo 60 annidi cammino, quanto questa visio nedi famiglia dia buoni frutti se-gnando favorevolmente la vita deifigli di Nomadelfia, di chi ci incon-tra.

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In Nomadelfia ci sono 12 picco-li raggruppamenti di famiglie: igruppi familiari. Come sono

com posti, strutturati, come si vive,qua le è lo spirito che li ani ma?In ognuno ci sono famiglie di spo -si, mamme di vocazione, bambini,ragazze, ragazzi, uomini, nonne,nonni; cira 25 persone che creanoun ambiente familiare ricco di rap -porti umani, di solidarietà, di sicu -rezze, di potenzialità educati va.Un ambiente più ampio di quellodi una famiglia singola. Un prover-bio africano dice che per educareun figlio ci vuole un vil laggio. Inun gruppo familiare è possibile.Sparsi nel territorio di Nomadel fiasi incontrano i gruppi familiari: inuna casa più grande si svolge la vi-ta quotidiana. Intorno a questa ca-sa comunitaria, ci sono tante pic -cole casette: le camere da letto do-ve ogni famiglia si ritrova per lanot te. Entriamo nella casa centrale

e troviamo la cucina dove le mam -me si alternano nella preparazio nedei pasti, le sale da pranzo dove icomponenti del gruppo familiaresi ritrovano a pranzo e a cena, lasala studio, il laboratorio per cuci-re e stirare, la lavanderia e la picco-la cappella dove viene custodital’Eu carestia. In ogni gruppo vivo-no 4 o 5 famiglie. Ci sono l’orto,la le gnaia, il pollaio, si vive a con-tatto con la natura che, con le sta-

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L’EDUCAZIONE NEL GRUPPO

I GRUPPI FAMILIARI LA RISCOPERTA DI DON ZENOA NOMADELFIA

Panoramicadi Nomadelfia.

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Nomadelfia (GR). La vendemmia. Lavoro d’insieme per tutta la popolazione.

gioni, segna il passare del tempo.Un am biente formativo. Non solola vita quotidiana, i pasti, i lavorivengono condivisi; la condivisionepiù im pegnativa ed importante èsenz’al tro quella educativa. Tutti ipadri e le madri si sentono respon-sabili della formazione dei figli.Questo è possibile non perchéognuno si muove a “modo suo”,ma perché insieme si cerca di at-tuare le linee pedagogiche condi-vise nel cammi no della comunitàe suggerite da don Zeno.

M. di N.

11NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Un amore così grande

Che cosa sta facendoNomadel fia? Trasformal’amore, che noi abbiamo nelsentimento, lo tra sformanell’amore di Cristo, lo rendeuniversale. La maternità laestende a tutti quelli chehan no bisogno del la mamma.E al lora ecco il cri stianesimoche si sposta dall’i stinto epassa a questo amoreuniversale e dà la maternità achi l’ha perduta. Questi sonoveri miracoli della fede.La pa ternità? La stessa cosa.Perché vuoi amare solo ituoi? Non sono mica tuoi,sono di Dio. Quando nasceun fan ciullo - dice il Vangelo- la don na prima di partoriresoffre, ma quando ha avuto ilfiglio è lieta perché è nato unuomo al mon do, sul quale hala maternità. Cioè unamissione che entra in lei inquel momento in cui è nato,e allora a quel ragazzo devedare quell’amore che è daCristo.

don Zeno 14 agosto 1966

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“Per salvare le famiglie biso-gna che esse si facciano soli-dali tra di loro. Nella fra -

ternità si ha la certezza che si è sostenu -ti, che non si è soli Cantavano gli anar -chici: da soli siam canaglie, insieme sia -mo una for za. Da noi le fa miglie sonoinsieme e sono forti. La forza è potercontare sul fratello, sulla sorella, esserecerti che qualun que cosa succeda si puòrimediare. Dice la Scrittura: “Il fratel-lo che è aiutato dal fratello è saldo comeuna città fortificata”. Invece la famigliaisolata è fragile. Si ammala la moglie,lui deve andare a lavorare lo stesso perguadagnare. Se lavorano en trambi nonpossono neppure avere dei figli. Nasceun figlio, come fanno? Manca la soli-darietà umana per cui uno è sostenuto,aiutato dall’altro.C’è un vecchio in casa: come si fa contutte le esigenze della vita moderna?Al lora si manda al ricovero. I vecchi, sono fratelli di tutti, rispet-tati e amati da tutti. Sono tesori disapien za e di esperienza. Anche semalati grave mente sono curati. Sonoimmer si nella vitalità di tutto il po-polo: mai ab bandonati, mai lasciati

soli, mai messi da parte. C’è un fi-glio malato. Comin cia il cal vario diquesta famiglia, sola davanti a unadisgrazia così grossa. Sempre emargi-nato, scartato, messo da parte o alpiù compassionato.Una nostra mamma raccontava ad unospite la storia di una figlia che quan -do fu presa da un istituto non sapevanep pure inghiottire, vegetava soltanto.Tutto commosso l’ospite domanda: macome avete fatto? Niente! L’abbiamocresciuta nel gruppo familiare insiemea tutti gli altri figli.Se si può sollevare l’umanità evitan-do di abbandonare i figli, di chiude-re al l’ospizio i vecchi, bisogna farlo.Se con le famiglie unite si possono ri-solvere dei problemi che la famigliaisolata, “nu cleare” come la definisco-no i sociologi, non riesce a risolvere,bi sogna unire le famiglie. Chi capisceque sti aspetti del la convi venza sullaterra, deve unirsi ad altri, deve crea-re legami tra le fami glie, deve darespazio a forme di frater nità di cui ilgruppo familiare di No madelfia è unesempio e una proposta”. (da Nomadelfia è una proposta, 1979)

12NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

I bambini ci guardanoE vedono che gli uomini in-sie me si interessano per tutti.Sen tono che quello è il padreche vive per loro e sentonoche sono padri anche gli altri,nel senso che la paternità èuna missione in blocco. Allo-ra sentono la for za.A Nomadelfia i bambini

hanno una grande fi ducianell’uomo e vedono che tuttisi interessano di loro.E io dico agli adulti sem pre:“Come loro si buttano tra leno stre braccia, stiamo at ten-ti che si sentano nelle brac ciadi Dio”.

don Zeno 4 maggio 1951

Se voi non fate il vostrodovere, se non vivete dadonne, è un pianto di tuttoil mondo, di tut ta la terra edel cielo. Quando io vedo ledonne trattate male,quando vedo le donnepitturate male, alle volte neidivertimenti scandalosi,cattivi, rovinosi, pensosempre: “Eppure quelladonna è nata mamma”.Mi sembra di vedere in queicasi come un gioiello, unbrillante caduto nel fango,nello sterco.E penso: “Se ci fosseroaltre donne che pensasseroche è un brillante cadutonello sterco, nel fango,forse correbberoa sal varla”.

don Zeno15 agosto 1971

LA FORZA DELL’UNITÀ

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Quando noi abbiamo il grup -po familiare che è fondato sudei princi pi chiari e precisi,ogni espres sione egoisticascompare per ché la madre, ilpadre hanno una linea educa -tiva, dottrinale e giuridica daesse re uniti tra di loro. Sedanno due educazioni nonsono più uniti. Non possonodire: “A mio figlio ci pensoio”. No, tu non ci pensi, cipensiamo in sieme. Se rompil’unità non ci siamo.

Pian piano queste prepoten-ze familiari devono scompa-rire in Nomadelfia e alloraciascu no esercita la sua mis-sione, ché anche la paternitàha una fun zione sociale. Tutte le volte che il figlioesce dal gruppo, c’è subi to laso cietà, il popolo. Va a scuo-la? È il popolo. Va a lavo -rare? È il popolo. Anche iceli bi e le nu bili sono unitiai ge nitori ad educare i figliperché i figli sono una pian-

ticella che nasce nell’am-biente.La loro educazione appenache incominciano a cammi-na re è di tutti. Se il bambi-no ha bisogno di una certaeducazio ne va all’a silo, ègià in società, non ci sonopiù solo il padre e la ma -dre. I genitori possono col-labo rare e devono collabo-rare. Ma è già la società cheeduca.

don Zeno 21 ottobre 1973

La vitalità di un popolo èscan dita dai ritmi dellavita: si na sce, si cresce, si

studia, ci si in namora, si fannoscelte di vita, nascono nuove fa-miglie, si sba glia, si rimbalza, siama, si muore. Anche a Noma-delfia la vita segue i ritmi scan-diti e trac ciati dalla natura del-l’uo mo, al l’interno del gruppofa miliare. Anche quest’anno ab-biamo avuto na scite, scelte divita, ma trimoni, morti.

13NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Anche i celibi e le nubili...

Nomadelfia (GR). La testimonianza di un missionario in Madagascar.Nomadelfia di Roma.Mamma Irene e Caterina.

Nomadelfia (GR), 26 Maggio 2013. Celebrazione di tre matrimoni.

Page 14: Nomadelfia 3-4 2014

14NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Nomadelfia (GR). In corteo verso il cimitero di Nomadelfia.

Nomadelfiai ritmidella Vita:si nascesi crescesi studiasi fannoscelte di vita

…e si muore

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Don Emilio, nato a Miran-dola il 26 agosto 1931, èstato il primo dei giovani

che hanno seguito don VincenzoSaltini, fratello di don Zeno, nei“Piccoli Oblati”, nome poi muta-to in “Oblati di Gesù Sommo edEterno Sacer dote”.Con don Vincenzo si trasferisce aBologna, al Santuario di S. Luca.A Bologna è ordinato sacerdote il29 giugno 1956.Il suo ministero si svolge essen -zialmente nel Santuario, comeconfes sore, e come educatore coni gio vani Oblati.Dopo la morte di don VincenzoSaltini, nel gennaio 1961, gliOblati vengono conglobati nelclero bolo gnese.Don Emilio viene a Nomadelfianel gennaio 1995. Accompagna iNomadelfi in diverse tournée diapostolato estivo con le Serate diNomadelfia, dal 1997 in Franciaal 2005 in Veneto.Negli ultimi anni era stato colpi-to dall’Alzheimer. L’esperienzadella malattia ha rappresentatoun mo mento importantissimo dicrescita per i giovani che si sonosucceduti a turno nell’assistenza.È partito per la vita eterna il 22settembre 2014.Durante il funerale, celebrato aNoma delfia, molti bambini, gio-vani e adulti hanno voluto salu-tarlo pubblicamente per condivi-dere la ricchezza di una vita sem -plice e umile che diventa grandese spesa per Dio.

Riportiamo la lettera scritta daigiovani, che con dedizione lohanno seguito negli anni dellamalattia.

Caro don,quanti ricordi ci passano davantiin questi momenti. Ce li raccon-tiamo e ci sentiamo sereni.Ognuno si sente partecipe diquello che dice l’altro perché or-mai eri entrato allo stesso modonella vita di ciascuno di noi: ituoi cari occhi che aspetta vanoun sì, la mano tesa in cerca di unaguida.Alcuni di noi ti hanno avuto ascuola, altri a catechismo... Cihai sempre insegnato, ma maicome in questi ultimi anni dimalattia. Ci hai insegnato a pre-gare, come hai fatto tu fino aquando ne hai avuto la forza; cihai insegnato ad aver fede e ab-bandono nel Signo re come nehai avuto tu nel progredi re dellamalattia. Ci hai inse gnato labontà, come sei stato buono ver-so tutti. Sempre.Ci hai insegnato la pazienza,mentre la malattia pian piano ticonsu mava e vedevi il mondo gi -rarti in torno e non capivi cosasuccede va.Ci hai insegnato a vincere noistessi, come hai sempre fatto tuanche a malattia avanzata.Ci hai insegnato ad amare Gesù,in te.E, con il tuo esempio, ci hai inse -

gnato ad amare Nomadelfia, insilenzio e con dedizione infinita.I tuoi ragazzi.

Caro Don,... Sei diventato uno di famiglia,la tua presenza nelle nostre viteera fortissima, la tua croce, la ma-lat tia era come diventata nostra. Un esempio, sei stato un forteesempio per tutti, vivo, uno steloforte, alto, a sovrastare e illumi -nare la strada, perché soprattutotu, Don, hai saputo ricordarciche nonostante la vita ci nascon-da sofferenze enormi, con la fedee lo spirito giusto, possiamo af -frontare il dolore e le sofferenzecredendo in qualcosa, qualcosa dipiù grande, un fine maggiore,qualcosa di più. Grazie!

Amos

Il 22 settembre 2014, don Emilio, sacerdote di Nomadelfia, ci ha lascia-ti per raggiungere la sua tappa definiti va. La vita, ancora di più la suama lattia, vissuta tra noi e la parten za per il cielo sono stati momentiforti e profondi di spiritualità ai quali abbia mo attinto per crescere nellospirito e nella fede. Grazie don Emilio, fino alla fine sei stato un umilestrumento nelle mani di Dio.

15NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

GRAZIE, DON EMILIO

Don Emilio.

Cerimonia funebre per don Emilio nellasala don Zeno.

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Ogni tre anni, come prevedela costituzione di Nomadel-fia c’è il “cambiamento dei

gruppi”. Cosa significa? Cosa c’è die-tro questa legge che ci sia mo dati?Parte della risposta la troviamonella costituzione stessa ove par ladei gruppi familiari. “Ogni tre an-ni, dopo una giornata di esercizi spi-ritua li, la Presidenza scioglie i grup-pi fami liari e li ricompone in modoche possi bilmente ogni famiglia eogni membro cambi gruppo, abita-zio ne e famiglie con le quali era giàinsie me in prece denza, restando co-munque immutata l’unità dei singo-li nuclei fa migliari”.Anche per noi è facile attaccarsi allepersone. Importante è vivere il di-stacco dalle cose in quanto non so-no nostre ma sono stru menti affi-datici per la vita e l’impe gno che cisia mo assunti. Al cam biamento,ogni famiglia o singolo che sia, por-ta nel nuovo gruppo fami liare sologli effetti personali. Mobili, vettova-glie, tovaglie, elet trodomestici,utensili vari... riman gono nelle caseper le altre per sone che vi entreran-no. Questa è una grande scuola pervivere senza at taccarsi ai beni mate-riali seppure rispet tandoli. Un altro aspetto è quello di potervivere la fraternità non soltanto conalcune persone o famiglie ma contutti, infatti le composizioni deinuovi gruppi non vengono sceltepersonal mente ma dalla Pre sidenza.Non sono cambiamenti sempre fa-cili ma i bambini ci sono maestri inquesto perché per loro è una grandefesta. Si preparano gli scatoloni, siimbiancano gli am bienti per lascia-re tutto in ordine, si sistemano gliorti, i giardini, si ordina la legnaia.

Si vive insieme una giornata di riti-ro per appro fondire i valori delgruppo fami gliare e affrontare me-glio i tre anni che ci aspettano. Ilgiorno presta bilito dalla Presidenza,tutti insie me si trasloca. Nomadel-fia allora è tutta in fermento, c’è chiva e chi viene, tutti sono mobilitati.A pranzo, i componenti del nuovogruppo famigliare si incontrano in -torno alla mensa; in tutti c’è il desi -derio di essere migliori, di lasciare

alle spalle gli errori vissuti, di ripar -tire da capo. Gruppo nuovo, vitanuova. Tutti hanno la possibilità diripartire, di iniziare un triennio ric -co di propositi. È una rinascita pertutti. Quest’anno, a settembre c’èstata donata questa possibilità di ri -partire con nuovo slancio per vive remeglio la fraternità e la solida rietàgrazie al cambiamento dei gruppifamiliari.

M. di N.

16NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

UNA GRANDE SCUOLAPER NON ATTACCARSIAI BENI MATERIALI SI CAMBIA GRUPPO!

Nomadelfia di Roma,12 settembre 2014.

I componentidel gruppo salutanole suore benedettine.

Nomadelfia (GR).Foto di gruppoprima del cambiamento.

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Le uscite estive,oltre che un momentointenso di apostolato,sono occasione di incontrie approfondimenti dai qualiusciamo cresciutied arricchiti nello spi rito.

Quest’estate il tour di apo-stolato di Nomadelfia si èsvolto in Pie monte.

Quaranta giorni intensi (dal 18 lu-glio al 25 agosto) che ci hanno per-messo di visitare e apprezzare que-sta terra ricca di arte, storia e tradi-zioni millenarie.Viaggiando da una città all’altracon i nostri spettacoli e facendodelle bellissime gite abbiamo sco -perto che il Piemonte è anche unaterra di grandi pianure, dolci collie maestose montagne. Una terra così ricca non può cheessere stata la patria di artisti e ar -tigiani, coltivatori e allevatori, poe-ti e politici.Storicamente il Piemonte ha vi stoanche il fiorire di tante figure disanti che con le loro vicissitu dini,impegno e altruismo hanno la -sciato il segno nella storia. Ri -cordiamo don Bosco, Cottolengo,Cafasso, Faà di Bruno, Giulia diBarolo e poi ancora don Orione,Frassati, Domenico Savio e tantis -simi altri.Un’alta concentrazione di vite stra-ordinarie che hanno fatto la sceltapreferenziale dei poveri, hanno tra-sformato le parole in fat ti: convittiper i giovani, ospe dali per i malati,scuole e cortili per i ragazzi. Tra tutti, quello che abbiamosenti to particolarmente vicino anoi è stato don Bo sco, in parteperché siamo stati ospi tati presso

due istituti salesiani: a Fos sano eLombriasco, cono scendone l’acco-glienza e la di sponibilità, in parteperché ap profondendone la figuraabbia mo colto delle interes santisomiglianze con don Zeno.

Don Bosco e don Zeno al fiancodei giovani

Don Bosco e don Zeno sono statinella storia del cristianesimo gran-di testimoni cristiani.

Figure sacerdotali che seppero in -terpretare le sfide del loro tem pocon un occhio di riguardo al mon -do giovanile.Don Bosco, nato a Castelnuovod’Asti il 16 agosto 1815 divennesacerdote nel 1841, fu il fondato -re delle congregazioni dei Sale -siani e delle Figlie di Maria Ausi -liatrice.Don Zeno, nato a Fossoli nel1900, divenne sacerdote nel 1931.È il fondatore della Comu nità diNomadelfia.

17NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

NOMADELFIA TOUR 2014 in Piemonte

Nomadelfia (GR),aprile 1964.Don Zeno. (Foto di Ugo Mulas).

Estate 2014. Gita in montagna.

Piemonte 2014.Incontro su san Giovanni Bosco.

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18NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Con don Bosco ci troviamo neglianni dei moti per l’unità d’Italia;sono anni di trasformazioni incampo politico, religioso, socio-economico, educativo-scolastico.Don Zeno, ad un secolo di distan -za, visse negli anni tra le due guer -re mondiali e la successiva rico -struzione. Entrambi sono stati educatori masoprattutto padri e fratelli. Uomi -ni completamente tesi al la voroapostolico che hanno saputo crea-re una rottura con un modo dipensare e di credere dei loro con -temporanei.

La famiglia Salesiana e la fa migliadi don Zeno

Le famiglie di origine di don Bo -sco e di don Zeno hanno svolto unruolo importante nella mente, nelcuore, nella personalità dei due sa -cerdoti. Entrambi sanno che educare non ècosa da poco perché i ragazzi han-no un universo di bisogni da sod -disfare, prima di tutto hanno bi -sogno di essere amati.Intuiscono allora che devono darvita ad una realtà il più possibile si -mile ad una casa con la presen za diuna mamma. Ecco allora don Bo -

sco bussare alla porta del la propriacasa a chiedere l’aiuto della propriamamma.Mamma Margherita accetta di se -guire don Bosco per occuparsi deisuoi ragazzi; arrivata a Val docconon la lascerà mai più. Era statoper lei il più grande e doloroso sa -crificio. Ma Dio stava chiamando-la di nuovo, alla sua età, ad esserela madre di altri or fani.Nel periodo in cui mamma Mar -gherita rimase all’Oratorio era leiche preparava i pasti, lavava ed ac -comodava i vestiti dei giovani.In anni in cui avrebbe potuto es -sere una nonna, lei continuò a la -vorare come la “madre” dell’Ora -torio per tutti quei giovani ab -bandonati che si rivolgevano a leiper affetto e conforto maternoDon Bosco ostile ai collegi, non vo -leva che i suoi istituti si chia masse-ro “Collegi” ma “Case” esprimen donel nome, l’idea di un ambiente fa-miliare genuino, caldo di affetti, ca-pace di creare i presupposti di unaeducazione formativa e protettiva.La sua istituzione doveva ripro -durre la famiglia - ed è il caso del -la famiglia salesiana – che deve av-vicinarsi il più perfetta mente pos-sibile allo spirito e alle condi zioniofferte da un focola re. Anche don Zeno era profonda -mente contrario a dare vita ad unnuovo istituto per ragazzi, quan do

nel 1931 nel giorno della sua pri-ma messa prende come figlio ungiovane appena uscito dal car cere.Inizialmente don Zeno era solo tratanti giovani accolti in cano nica fi-no a che nel 1941, Irene una gio-vane studentessa, si pre sentò dalui, decisa ad essere la mamma deisuoi ragazzi.Con Irene nasce nella Chiesa e nelmondo una nuova figura: ver gininon consacrate che ri nunciano almatrimonio per ac cogliere i figlidell’abbandono.Sono le “Mamme di vocazione”.Le “Mamme di vocazione” sono ilprimo frutto di una nuova con -cezione della famiglia. Donne cherinunciano ad una famiglia delsangue per consacrare la loro vitaai bimbi senza famiglia, do nandoloro una madre, una fami glia.Scrive don Zeno: “Il passaggio dal-la maternità istintiva del san gue aquella intelligente affettuo sa voliti-va e superiore dello spiri to, secon-do il cuore di Cristo, l’ho semprevisto come la più na turale conse-guenza della eleva zione dei senti-menti materni della donna al livel-lo della nostra fede”.Ben presto alle famiglie dellemamme di vocazione si aggiun seroanche quelle delle coppie di sposi eoggi Nomadelfia è diven tata unafamiglia di famiglie.

Sefora

Nomadelfia (GR).Don Zeno alla festaper un matrimonio.

San Giacomo Roncole (MO). Barile, il pri-mo figlio di Nomadelfia, durante l’inaugu-razione del piazzale dedicato a don Zeno.

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Dalla lettera del Santo Padre Bene -detto XVI - 21 gennaio 2008

Arriviamo al punto forse più deli -cato dell’opera educativa: trovare ungiusto equilibrio tra la libertà e ladi sciplina. Senza regole di compor-tamen to e di vita, fatte valere gior-no per gior no anche nelle piccole co-se, non si forma il carattere e non siviene preparati ad affrontare le pro-ve che non mancheran no in futuro.Il rapporto educativo è però anzitut-to l’in contro di due libertà e l’educa-zione ben riuscita è formazio ne alretto uso della libertà. Man manoche il bambino cre sce, diventa unadolescente e poi un gio vane; dob-biamo dunque accettare il ri schiodella libertà, rimanendo sempre at -tenti ad aiutarlo a correggere idee escelte sbagliate. Quello che invecenon dobbia mo mai fare è as -secondarlo negli errori, fingere dinon vederli, o peggio condivi derli,come se fossero le nuove frontiere delprogresso umano.

Don Bosco e don Zeno fu-rono grandi educatori. Importante per loro era

stare tra i giovani condividendo laloro vita, l’accoglienza incondizio-nata, il cri terio preventivo che cre-de nel la forza del bene presente inogni giovane, un ambiente positi-vo in tessuto di relazioni personaliFamoso è il Sistema Preventivo disan Giovanni Bosco. È un veroprogramma di vita che pog gia tut-to sopra la ragione, la reli gione e

l’amorevo lezza, che sono gli ele-menti edu cativi fondamen tali. Diverso sarà invece l’ambienteeducativo in don Zeno.Nomadelfia intende costruire unaciviltà fondata sul Vangelo e percapire la sua proposta educativanon possiamo distaccarci da ciòche propone. L’idea educativa didon Zeno trova riscontro nella vi-ta di tutto un popolo.In Nomadelfia tre sono gli ambi tieducativi privilegiati: l’ambien tefamiliare, la vita di popolo e lascuola.Fondamentale il richiamo di donZeno a educare con l’esempio.Scrive don Zeno: “L’opera piùgrande che si possa fare in que stotempo è di proporre con l’esem pioagli uomini di cambiare rotta, tra-sformando se stessi ad uno ad unoe di non voler atten dere la trasfor-mazione degli altri, anzi ché opera-re prima su se stes si” Quindi l’educazione deve tende rea far in modo che l’individuo im -pari ad educarsi uomo.Lo spirito familiare e lo stile del -l’educazione familiare sono duenuclei cardine della pedagogia diNomadelfia.

Il messaggio di don Bosco e didon Zeno sono ancora oggi at tua-li e ci permettono di cogliere l’im-portanza dell’educa zione dei gio-

vani che si attua at traverso l’e -sempio e l’insegna mento della fa -miglia e della so cietà.

(Sefora)

19NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Nomadelfia (GR). Gita scolastica.

I GIOVANI EIL RISCHIODELLA LIBERTÀ

Page 20: Nomadelfia 3-4 2014

20NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Abbiamo in contrato popola-zioni attente al messaggio,entusiaste dell’incon tro con

il popolo di Nomadelfia. La sta-gione piovosa non ha reso possibi-le le Serate di Cuneo ma abbiamovisto la pioggia allontanarsi in mo-do provvidenziale in più occasioni.Quest’anno abbiamo potuto ap -profondire la vita e la spiritualitàdi San Giovanni Bosco anche gra-zie alla fraterna e generosa ospitali-tà dei salesiani di Fossano e Lom-bria sco. Le visite ai labora tori dellescuole salesiane profes sionali e tec -niche e le visite a Colle don Boscoe Valdocco ci hanno fatto rifletteree confron tare col metodo educati -vo e for mativo della famiglia sale -siana. Gli incontri quotidiani,ordi nari e straordinari, con i sale-siani e i momenti di fe sta trascorsiinsieme ci hanno fatto sentire benee ci hanno conferma to che si trattadi carismi diversi ma simili, nati dauomini al servizio di Dio. Abbia -mo riflettuto che la vicinanza a ca -rismi autentici ci arricchisce, cirende migliori, più capaci di viverela nostra vocazione. È successo in -contrando la realtà della Comuni-tà di Gorra, del Sermig e delCotto lengo a Torino, la comunitàCena colo di Saluzzo o la giovanerealtà che sta nascendo attorno alSan tuario di Cussanio. La Provvi-denza ci ha regalato delle bellissi-me gite nelle valli piemontesi.Conservere mo a lungo il ricordodella Val Mai ra e delle bellissimestelle alpine al Rifugio Stroppia.Della Val Varaita ricordiamo l’av-venturosa passeggiata al Col deLonget e l’ac coglienza famigliare efraterna di Giuseppe, Gabriella ed

Emma che hanno permesso unpernottamen to di alcuni giovaninelle baite. Della valle del Po ricor-diamo la bellissima giornata con lavista del Monviso e le sorgenti delfiume Po. Con gioia ricordiamoanche la bella passeggiate a Sestrié-re e la fe sta degli Alpini nonché lavisita al Forte di Fe-nestrelle.Durante l’estate ab-biamo fatto an chevisite più impegnati-ve appro fondendo ilfunzionamento dellaCentrale idroelettri-ca più grande d’Ita-lia a Entracque o lagiornata trascorsa aTorino dove abbia-mo potuto visitare agruppi il Museo Egi-zio, il Palazzo Realee la sede RAI. Tante altre bellezzeab biamo potuto ammirarle solosu perficialmente come la Reggia diVenaria Reale a Torino. Qualchevisita ha interessa to particolarmen-te i partecipan ti come la visita aBenevagienna, alla fabbrica di eti-chette Euro stampa e all’Agrigelate-ria presso Piorino (To). Unica lavisita alla “Fabbri ca del suono” aVenasca.Tante esperienze ma soprattuttotanti incontri col popolo. Ogni Se -rata è stata unica e irripetibile.Ogni Serata è un incontro che ilSi gnore ha preparato. Cosa ha la -sciato Nomadelfia in Piemonte?Solo semi. Semi di fraternità chenoi portiamo nelle nostre taschema che dobbiamo far germogliaree fruttificare nei nostri cuori.

Zeno di Nomadelfia

SERATE in PiemonteCRONACA DI TANTI INCONTRIDAL COLLE DON BOSCO ALLA REGGIA DI VENARIA

Estate 2014. In cammino verso le sorgenti del Po.

Visita al Ser.mi.g. di Torino.

Figurazioni acrobatiche.

Page 21: Nomadelfia 3-4 2014

70anni fa, il 30 settembre1944, sei giovani partigia-ni sono stati impic cati da-

vanti alla sede del l’Opera PiccoliApostoli, a S. Giacomo Roncole(MO). Questo gesto ave va il saporedello sfre gio nei con fronti di don Ze-no, che con i suoi discorsi aveva in -vitato il popolo a cercare da pro -tagonista la sua li bertà. Nel suo libro autobiografico, “Mam-ma a Nomadelfia”, Norina racconta: Il 30 di settembre, un sabato mattina, aMirandola c’era il mercato e di gente nepassava parecchia. Verso le 9,30 arriva -rono dei camion con dei fascisti che ciim posero di chiudere tutte le im poste del-le finestre, del Casinone e di non aprirlese non erano loro a dare il permesso.Era appena entrata in chiesa una cop -pia di giovani per sposarsi. Dalle fes -sure, cercavamo di capire cosa stavasuc cedendo, ma avevano i mitrapunta ti verso noi. Dovevamo staremolto at tenti, con un gran movimentodi ca mion e di macchine, non si capi-va cosa stesse succedendo.Si sentiva ogni tanto qualche urlo chenon aveva nulla di umano, poi qual-che sparo, ma non si riusciva a capire.

Poi, pian piano, le macchine comin-ciaro no a sparire, ma nessuno ci dissedi apri re le finestre. Quando non sen-timmo più nulla, le aprimmo: unospettacolo orribi le. Ad ogni palo dellaluce c’era impicca to un uomo.Fui la prima a dirigermi verso quei po -veretti appesi. Fatti pochi passi verso laStatale, sentii urla strazianti di unadonna che tornava da Mirandola. Tro -vò appeso ad un palo il proprio figlio,Adriano si chiamava. Glielo avevanoportato via tempo addietro e non ave-va più saputo nulla. Buttò per terra labici cletta e corse verso il palo. Tentò disolle vare il figlio piangendo e urlando,ma vi cino c’era una guardia fascistache, fra l’altro sembra fosse un suo vici -no di casa, mandò via la donna mi-nacciando la. Alcune donne riuscironoa staccarla dal figlio. Adriano aveva17 anni. Lei continuava a dirgli: “Tiho sognato che, disperato, mi chiama-vi”. Quei poveri ra gazzi, erano sei, lila sciarono appesi 48 ore. Alcuni annidopo, don Ennio ci raccontò che l’ulti -ma notte Adriano l’a veva passata inprigione con lui, e aveva cantato lacan zone “Mamma” per invo carla.

Nel celebrare gli anniversaridel martirio di questi comedi tanti al tri giovani, dob-

biamo cercare di in dividuare alcunelogiche che han no portato a tantiomici di...Senza dubbio l’ingiustizia colle gatacon la brama del possesso, l’egoi smo,il pensare solamente a se stes si è unadelle matrici per le quali si creano i“nemici”, che sono tutti coloro cheminacciano realmente o potenzial-mente il nostro possede re. Don Ze-no ri cordava spesso la frase di Isaia,che era divenuta il motto del pontifi-cato di Pio XII: “La pace è opera del-

la giustizia”. Se non diventiamo ope-ratori di giustizia, certamente nonpossiamo spera re nella pace.

Con quale clima e in quale am bien-te si può educare un uomo diverso?L’educazione alla nonviolenza evan-gelica può svilupparsi sola mente inun ragazzo che è educa to a rifletteresulla vita, a pensare con la propria te-sta e a non segui re le mode. Ma i figli vanno educati a vivere congli altri, riconoscendo in tut ti, spe-cialmente nei più deboli, la pre senzadi una comune umanità, che per noicredenti è l’immagine di Dio presen-te in ciascuno. Da qui nasce la leggedella solidarietà umana universale.Possono essere solamente parole, male diciamo davanti alle lapidi di gio-vani che hanno dato la vita. E difronte a questi uomini non pos siamodire belle frasi, ma dobbia mo comin-ciare a vivere in modo diverso. Con-vinti che da un picco lo passo di cia-scuno pos sa essere cambiato il voltodella terra in cui viviamo.

Francesco di Nomadelfia

21NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

30 SETTEMBRE 1944 A S. GIACOMO RONCOLE ANNIVERSARIO DI UNA TRAGEDIADAL RACCONTO DI MAMMA NORINA

Carpi (MO). Don Zeno visita il museo deldeportato.

Nomadelfia(GR). Una domenica pomeriggio.

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L’amore è come il profumodel pane, non servono leparole per dire che si ama, sisente e si respira nell’ariache ci circonda. È proprio laChiesa a sve larci che lacorporeità, il grande misteroche ogni giorno siamochiamati a vivere, è qualco sadi puro, di sacro, creato evoluto da Dio perché in essal’uomo si ren de perfet to.È proprio nell’u nione chel’uomo e la don nadivengono immagine di Dio,che per sua natura è amore,co munione.Un incontro per crescerenella consapevo lezza chel’amore coniugale è Amorecon la A maiuscola

Si chiama Piera Di Maria ed èuna ginecologa sessuologa chevive e lavora a Palermo. I No-

ma delfi e gli adolescenti della co-mu nità hanno avuto occasione di

in contrarla il 10 ottobre, per assa-porare insieme a lei il mistero dellasessualità umana ed impara re qualiferite possa na scondere.Ma perché la sessualità può na -scondere delle ferite? Perché qual -cosa che per sua natura do vrebbeessere bello e santo, spontaneo ecoinvolgente, può diventare diffi-coltoso e proble matico?E soprattutto, perché la cosa do -vrebbe essere oggetto dell’inte ressedel mondo cattolico?La risposta è che la contrapposi -zione fra sessualità e santità è lafon te di una vera e propria emer -genza educativa. E dalle carenzeeducative, si sa, non possono chescaturire dei mali sociali.Da una parte, un clima culturale incui il sesso è ancora un tabù. Dal-l’altra un mondo che, rifiutan doquel tabù, si è ribellato contro tut-ti i valori tradizionali, cancel -landoli in toto anziché conservar li,una volta ripuliti dal loro man to disessuofobia. Così la libertà è diven-tata mercifica zione, e dalla mercifi-

cazione alla banalizzazio ne il passoè breve. Il corpo ha perso il calore,il pro fumo della persona amata;non è più il mez zo attraverso cuiun uomo e una donna si parlanocon un linguag gio unico e fecon doche li realiz za e li completa, ren-dendoli un “noi”. Il sesso si riducead, una fun zionalità biologica co-me le al tre, che può espletarsi conchiun que. Un gioco, un modo per“ac cendere la serata”. Per dirla con le parole di Piera, lacultura contemporanea ha getta touna coltre di fumo grigio su unmondo fatto di colori e di sfuma -ture. Un partner vale l’altro, unrapporto prematrimoniale ed unomatrimoniale sono identici. E inquesto fumo grigio, i ragazzi sonolasciati soli. È compito del mondo cattolicoprendere atto di questa carenzaeducativa. È quello che ha fattoPiera nel corso della sua storiaper sonale. Una storia che iniziacon la scoperta del matrimoniocome vo cazione della Chiesa, nonuna vo cazione di serie B, ma unavia di santificazione, con un suospecifico – e importante – ruolosociale. Poi la specializza zione inginecologia e la scoperta che, permolte delle sue pazienti, la bel -lezza della sessualità è qual cosa dioscuro, incomprensibile. La sco -perta che, per molti, la promessadella felicità insita nella corporeitàè stata tradita, e che la pienezzadella vita matrimoniale non si èmai realizzata. E qui si apre la stra -da alla sua vera voca zione:diventa re sessuologa, per aiutarequelle persone, per elimi nare dallavista di molti – specie adolescenti– quella coltre di fumo grigio cheha nasco sto i colori.

22NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

IL PROFUMO DEL PANE

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Ma è una carenza educativa che sicombatte anzitutto in famiglia.Perché – spiega Piera – ciò che fa ladifferenza sono i messaggi im -pliciti, che traspaiono dall’at -teggiamento, dall’espressione delviso, dal tono della voce. È un lavoro che inizia fin da pic -colissimi, fin da quando il bimbo ènella pancia della mamma. È infat-ti in quest’epoca che si in scrivononella memoria i ricordi e le emozio-ni più profonde e più pervasive, chesono anche quelle a cui è più diffi-cile dare un nome una volta adulti.

“Quando andavo a trovare mianonna” racconta Piera “entrandosentivo il profumo del pane ap -pena sfornato.Non c’era biso gno che mi dicesse-ro che c’era, perché ne sentivo ilprofumo”.Quando nella coppia c’è armo nia,c’è l’a more cristiano che libe ra ilcorpo e lo rende capace di goderedella gioia a cui è vocato, i bambi-ni lo percepiscono, lo vi vono. Edall’e sperienza si impara più cheda mille lezioni.

Federica P.

23NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Quando una ragazzavede un gio vane, sente untrasporto ver so di lui, e luisente un trasporto ver so dilei. È uno stimolo, è unacosa di Dio, non è del dia -volo: è una cosa di Dioquesto trasporto dell’uomoverso la donna, della donnaverso l’uo mo.Ci ha creati così.Adamo quando ha visto Evacosì bella è stato entusiasta,ha ringraziato il Signore.Il fatto del cristianesimo èque sto: questi stimoli sonodiretti ad un fine altissimo,quindi bi sogna saperliportare là. Se un uomo vuoleunirsi alla donna e sposarsi,allora stia nella legge di Dio.Quell’altro vuole esserepadre, vuole essere madre inun senso più vasto e dice:“Io sa crifico questi istinti emi dedico ad una paternitàpiù vasta”; ecco Nomadelfiache ha questo spa zio. E ladonna dice: “Io ri mangovergine e nella mia ver ginitàgenero figli nell’amore”.Allo ra esercita la maternitàe genera figli comela Madonna.

don Zeno 6 febbraio 1951

Nomadelfia(GR), 10 ottobre 2014. Incontro con Piera Di Maria.

Piera Di Maria con don Ferdinando e Silvia di Nomadelfia.

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27-28 settembrea Nomadelfia di Roma: 3° incontrodi approfondi mentosu don Zeno

Il 27 e il 28 settembre alcuni gio -vani di Nomadelfia si sono tro -vati presso il gruppo familiare

“Giovanni Paolo II”, a Roma,per due giornate di studio sul-la figura di don Zeno da unpunto di vista pedagogico epolitico.Relatore del primo incontro èstato il Prof. Carlo Nanni,sale siano e sacerdote dal 1975e dal 2009 Rettore Magnificodella Pontificia università sale-siana di Roma.Il tema della sua relazione era:Problemi e prospettiveeduca tive oggi nel contestoeuro peo.Dopo una panoramica suipro blemi legati alla società at-tuale come la globalizzazione,le mi grazioni multietniche e lenuove tecnologie, i nuovi va-lori della soggettività, la cultu-ra dei diritti umani, la com-plessità delle inte razioni socia-li e i loro riflessi nel l’etica enella religiosità, la lezio ne èproseguita su quelle che sonole prospettive educative di risposta ele condizioni di possi bilità per unapedagogia umani stico-solidaristica.Questo percorso è stato necessa rioper collocare don Zeno in un con -testo universale.Importante è riconoscere don Zenonon solo come rivolto al passato, macome profeta aperto al futuro e cheannunzia qualcosa che è universale.

La profezia di don Zeno come for zaeducativa che non può rimanere pa-rola ma deve essere incarnata per es-sere condivisa da altri.Tema del secondo giorno, curatodal Prof. Francesco Schino è statoinvece: “Il legame tra pedagogia epolitica e quanto di politico c’è nel-la profezia di don Zeno”.Politica non intesa come divisionedi partiti ma politica come arte del -

lo stare insieme agli altri e dialoga re.La politica non è un optional, mauna dimensione essenziale dell’es -sere umano perché è volta a forni restrumenti interpretativi, critici eprogettuali per elaborare responsa -bilmente una propria visione delmondo. È relazionarsi all’altro non compe -titivamente e strumentalmente ma

con la tensione a rendere umana laconvivenza e civile la civiltà.Tutta la vita di don Zeno è stata im-pregnata di politica perché tesa aprogettare e a costruire una nuova epiù solidale realtà: il cambiamen todi Rotta per una Nuova CiviltàDall’educazione alla politica si èpassato ad analizzare la non vio lenzae la partecipazione politica.Infine si è parlato di democrazia e

fraternità.Può essere la fraternità il princi-pio ispiratore della democrazia?Don Zeno scriveva nel suo li-bro “La rivoluzione sociale diGesù Cristo” nel 1945: “Primadi affron tare quindi i rapportieconomici fra gli uomini biso-gna fissare inequi voco il rap-porto di dignità umana. Siamoo no fratelli? Se siamo fra tellianche la più sottile sfumaturadi sfruttamento, anche la piùlieve omissione di reciprocoaiuto alla pari, anche la più in-significante pretesa di asservi-mento offende; e alle voltequalunque fatto che offendaquesto dovuto amore può esse-re fatale”.E in “La soluzione sociale pro-po sta da Nomadelfia” del1951 don Zeno scriveva:“Corriamo alla perfetta orga-nizzazione del corpo sociale,ragioniamo, sereni domi natori

di noi stessi contro ogni nostro per-sonale e disordinato egoismo: guar-diamo in faccia le vere ed insoppri-mibili realtà del corpo sociale; arri-veremo ad una sola ed inevitabileconclusione: siamo tutti fratelli”.Sono state due giornate intense, ric-che di nuovi spunti sui quali ri -flettere e confrontarsi.

Sefora

24NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

LA PEDAGOGIA DI DON Z ENO

Nomadelfia di Roma, 27 settembre 2014. Incontro sul-la pedagogia con don Carlo Nanni, Rettore della Univer-sità Pontificia Salesiana.

Incontro con il prof. Francesco Schino.

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ACCOGLIENZA2014

Nel gruppo famigliare “Gio-van ni Paolo II” di Roma,numerosi sono stati i grup-

pi, le famiglie, i religiosi che hannousufruito di questo piccolo “lembodi frater nità” per ricrearsi nel corpoe an cora di più nello spirito. C’è stata la presenza silenziosa delle“Carmelitane Messaggere dello Spi-rito Santo” per i loro esercizi spiri-tuali. Una congrega zione nuova,fondata da Madre Maria Josè dpEspirito Santo che, spinta “dal-l’amore di Dio e dal fuoco delloSpirito Santo”, volle rispondere confedeltà e fi ducia alla chiamata delSignore, dando inizio a questa nuo-va fa miglia religiosa il 30 luglio1984, in Brasile. Il carisma si sinte-tizza in due parole “Contemplareed Evangelizzare”. Lo stile di vitacome Carmelitane si traduce in unavita assidua di preghiera per sonale,comunitaria e di adora zione perpe-tua. Come Messagge re evangelizza-no le diverse pa storali nelle parroc-chie, nei grup pi di preghiera, con levisite alle famiglie, l’animazione li-turgi ca, i ritiri spirituali e le missio-ni. Usa no la radio, la TV, internet, ilibri, i CD, la musica, il teatro, la

danza e tutti i possibili mezzi di co-mu nicazione.C’è stato un gruppo di giovani russicollegati all’Opera Giorgio La Pira.Quest’Opera offre la possibilità diincontri e scambi tra giovani di va-rie nazionalità e re ligioni per avvici-narsi, cono scersi, intrecciare rappor-ti di stima e fidu cia: primi passi con-creti ver so la pace tra i popoli.Tra i gruppi parrocchiali che si sonosucceduti, vogliamo ricordare quel-lo di Modena; 30 persone tra giova-ni, sacerdote ed animatori; ungruppo di ragazze di Poggio Rusco

(MN), che oltre alle visite e l’in -contro con Nomadelfia, hanno vis-suto una esperienza di servizio nellacomunità di S. Egidio...Una scuola media di Sesto San Gio-vanni..., tante famiglie, giovani esingoli.Questi giorni con visite, testimo -nianze, incontri, lasciano un segnoin chi li vive da pellegrino ed anchein chi li ospita perché c’è uno scam-bio di esperienze e di doni. Si puòdire con semplicità ciò che troviamonegli Atti degli Apostoli: C’è piùgioia nel dare che nel rice vere.

25NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Nomadelfia di Roma, estate 2014. Foto di gruppo con le suore Carmelitane Messaggere del-lo Spirito Santo.

NOMADELFIAin breve

Ospiti a Nomadelfia di Roma.

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Alla base della “Scuolafamiliare di Nomadelfia”, cisono esperienze di vita edincontri che possano formaremeglio nei giovani unapersonalità ric ca di co noscenzee di spirito. Grazie alladi sponibilità e alla generositàdi amici è stato possibilerealizzare un pellegrinaggio euscite di studio che verrannoapprofondite du rante l’annoscolastico.

Come ormai di consueto daqualche anno, dopo il pe-riodo estivo di apostolato, i

giovani di Nomadelfia partecipa-no ad una e sperienza di cammino:alcuni giorni di riflessione ed ap-profon dimento sulla fede, sullavocazio ne. Quest’anno l’esperienza vis suta èstata del tutto singolare: il pelle-grinaggio è stato interamen te or-ganizzato da don Giampie tro,amico e collaboratore di No -madelfia da moltissimi anni, e daigiovani de “La Cometa”, un grup-po di ra gazzi di Montesilva no cheda alcu ni anni fanno esperienza divita co munitaria. L’idea di camminare insie me è sta-ta il frutto di una reciproca cono-scenza maturata attraverso varicontatti tra Nomadelfia e la Paroc-chia di San Giovanni Bo sco. Il 6settembre ci siamo in camminatida Montesilvano alla volta del san-tuario di San Gabriele dell’Ad -dolorata, alle pendici del GranSas so, che abbiamo raggiunto il 10settembre dopo varie tappe nelleparrocchie incontrate lungo il per -corso. Ci è stata di guida la Parola di Diodel giorno ed il tema: Prota gonistinella storia di salvezza. La chiave

di lettura è stata proprio partiredall’essere protagonista, in quantoin Cristo, ognuno di noi è chiama-to ad essere consapevole di quelloche è e a quale missione è chiama-to nel mondo, missione che è uni-ca e che solo io, non altri, possorealizzare. Per vivere al me glio il pellegrinag-gio ci siamo con centrati inizial-mente sul senso di quell’esperien-za: mettersi in cam mino per ri-spondere ad un invito del Signoree partire liberandosi da qualsiasiaspettativa, per accogliere, nella li-bertà, ciò che il Signore ha prepa-rato per ciascuno di noi. Ogni giorno abbiamo vissuto mo -menti di preghiera comunitaria,come la recita delle lodi, dellacompieta e la celebrazione eucari -stica, come anche abbiamo avutomodo di trascorrere dei tratti dicammino in silenzio, perpermette re ad ognuno di far risuo-nare den tro di sé la Parola e met-tersi nella verità di fronte a Dio. Questi mo menti sono stati per noidi grande aiuto per accoglierci avicenda e donarci con generositànei succes sivi incontri di condivi-sione. Ab biamo riflettuto sul temadella Fra ternità, la quale consistenel farsi carico dei fratelli, nell’ac-cettare che la Volontà di Dio passaattraverso colui che mi sta accan-to. La nostra vita quindi acquistaun senso nella misura in cui laspendiamo come servizio all’uma-nità, realizzando non tanto i nostrisogni, i nostri progetti, ma facen-do nostro il Progetto che Dio hasu ciascuno di noi. Questo pellegrinaggio è statoun’occasione importante di con-fronto e crescita insieme con i ra-gazzi de “La Cometa” ed ancheuna forma di apostolato che No-madelfia propone ai giovani.

Susanna e Raffaele

26NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

In camminoPER RISPONDEREALLA CHIAMATA

Settembre 2014. I giovani di Nomadelfia con giovani de “La Cometa” di Montesilvano in pelle-grinaggio verso il Santuario di S. Gabriele dell’Addolorata.

PROTAGONISTINELLA STORIADI SALVEZZASULLE ORMEDEL GIOVANESAN GABRIELE

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La prima giornata è stata de-dica ta alla città di Padulacon la visita alla sua Certosa

che è la più gran de d’Italia e tra lepiù famo se, al Battistero paleocri-stiano di S. Giovanni, al MuseoCivico Multi mediale, la Casa Mu-seo di Joe Pe trosino, il Conventodi s. Antonio a Polla. Una giornata è stata dedicatacompletamente alla città di Na -poli visitando il Palazzo Reale, Ca -stel dell’Ovo, il Cristo velato. Ab-

biamo poi fatto una passeg giataper la città. Un giorno è stato dedicato a Ma -ratea e al mare. Maratea è l’unicopaese della Basilicata che si af facciasul Mar Tirreno.Sulla strada per il rientro a casa, cisiamo fermati a Pozzuoli a vi sitarela Solfatara, uno dei 40 vulcani checostituiscono i Cam pi Flegrei.È stata una bellissima gita, abbia -mo visitato posti ricchi di storia earte, ammirato pano rami stupen-

di, fatto l’ultimo bagno della sta-gione, incontrato persone gene rosee di sponibili. Un grazie a Noma-delfia e alla sua scuola che ci ha da-to l’opportunità di vivere una inte-res sante esperienza di cultura, ungra zie ancora più grande a Dio checi aiuta at traverso questi momentidi “scuola vivente” a crescere, sa-pen do che dobbiamo essere utiliall’u manità.

I ragazzi di terza media

27NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

…e in camminoPER CONOSCERE LA STORIAED APRIRE LE PORTEDELLO SPIRITO ALLA VITA

In gita a Padula.

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Nella soleggiata domenica del19 otto bre 2014, ci siamostretti alla Chiesa universa-

le nella santa messa celebrata da pa-pa Francesco con il rito della beatifi-cazione del papa Paolo VI. Comenomadelfi abbiamo voluto esserepresenti alla beatificazione di questopapa che è stato vicino a don Zeno ea Nomadelfia in momenti di soffe-renza. Un papa che, con la sua pre-senza di screta e nonostante la suafragilità fisi ca, ha saputo contrastarele forze del mondo per difendere lavita; ha sapu to accostarsi ai più de-boli e ai più fra gili, ha saputo garan-tire fedeltà e con tinuità alla Chiesa.

28NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

In piazza San PietroPER UN ABBRACCIO ED UN GRAZIE

Sala Nervi, 15 novembre 1975. Incontro tra papa Paolo VI e don Zeno.

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L’omeliaDI PAPAFRANCESCO

Nei confronti di questogrande Papa, di questocoraggioso cri stiano, di

questo instancabile apostolo, da-vanti a Dio oggi non possiamoche dire una parola tanto sempli-ce quanto sincera ed importante:gra zie! Grazie no stro caro e amatoPapa Paolo VI! Grazie per la tuaumile e profeti ca testimonianza diamore a Cri sto e alla sua Chiesa!Nelle sue annotazioni personali,il grande timoniere del Concilio,al l’indomani della chiusura del -l’Assise conciliare, scrisse: “Forseil Si gnore mi ha chiamato e mitiene a questo servizio non tantoperché io vi abbia qualche attitu-dine, o af finché io governi e salvila Chiesa dalle sue presenti diffi-coltà, ma perché io soffra qualchecosa per la Chiesa, e sia chiaroche Egli, e non altri, la guida e lasalva”. In questa umiltà risplendela grandez za del Beato Paolo VIche, mentre si profilava una so-cietà secolarizza ta e ostile, ha sa-puto condurre con saggezza lun-gimirante - e talvolta in solitudi-ne - il timone della barca di Pie-tro senza perdere mai la gioia e lafiducia nel Signore.Paolo VI ha saputo davvero darea Dio quello che è di Dio dedi-cando tutta la propria vitaall’“impegno sacro, solenne e gra-vissimo: quello di continuare neltempo e di dilata re sulla terra lamissione di Cri sto”, amando laChiesa e guidan do la Chiesa per-ché fosse “nello stesso tempo ma-dre amorevole di tutti gli uominie dispensatrice di salvezza”.

29NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Roma, 19 ottobre 2014.Alcuni giovanidi Nomadelfia

per la beatificazionedi papa Paolo VI.

L’INCONTRO CON PAPA PAOLO VI

Il 15 novembre 1975, in occasione del pellegrinaggio giubilare i nomadel-fi sono stati ricevuti in udienza da papa Paolo VI che ha detto: Associa-mo alla gioia di questa udienza, con un particolare saluto, il gruppo

delle famiglie della co munità di Nomadelfia, venute a Roma per il loropellegrinaggio giubilare.Siamo tanto grati di questa visita e auspichiamo che, traendo nuo va for-za dallo spirito di rinnova mento proprio dell’Anno Santo di cui avete ri-percorso le tappe, voi possiate continuare a spende re generosamente lavostra vita nel servizio dei vostri ideali cri stiani, nella fede profondamen-te vissuta in unione con la Chiesa e anche con noi, successori di Pie tro,nell’amore operoso ai fratelli per i quali vi prodigate.Vi auguriamo di realizzare il vo stro nome: Nomadelfia, fratelli stretti dal-la stessa legge e dallo stesso cuore.A tutti, a tutti la nostra particola re benedizione; a don Zeno, pri mo e

fondatore ed antico cono scente nostro.

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31NOMADELFIAÈ UNA PROPOSTA

Se voi mettete insieme la festa delNatale e l’esaltazione di Cristo nel-la Croce: lì incontrate la ma ternitànell’un caso e nell’altro. Guardateche è cosa molto im portante que-sta. Se volete medi tare a fondo voiincontrate la ma ternità. La pater-nità di Dio e la maternità. Nasceed è la Madon na che ha dato lecarni al Figlio; muore Cristo inCroce, ed è Cri sto che affida allaMadonna il più giovane tra gliApostoli: Giovan ni. Non ha detto:“Tu custodisci questo giovane.Donna! questo è tuo figlio. Figlioecco tua madre! E la madre è anda-ta ad abitare con lui”.Il Natale per noi è una grande fe -sta. La notte di Natale è nata laprima famiglia in Nomadelfia, e fuquella di Irene. Fu dopo la Messadi mezzanotte, venne il Parroconelle nostre case lì. E proprio giù,

in quella saletta che c’è a sinistradello scalone del pa lazzo, lì fu tut-to addobbato a fe sta e fu il Parrocoad affidare a Irene i figli. Dodicierano e Don Vincenzo fece lo stes-so ragiona mento, disse: “Questa èuna ma ternità che non è dall’istin-to ma è dalla Fede”.Alcuni giorni prima il Vescovo, ilgiorno dell’Im macolata, presso ilquale andò Irene a chiedere se LEconsentiva di essere, di eserci tarequesta ma ternità. Il Vescovo le dis-se: “Il Vescovo è con la tua vocazio-ne”. Il giorno dell’Imma colata haot tenuto dal Vescovo questa ma -ternità per tutti voi, per tutte voidonne, quelle venute dopo. E lanotte di Natale ha ri cevuto i figli.Questo avveniva nel 1941.Quindi noi siamo legati al Natalecon tutti i cristiani, con tutta la so-lennità e il significato della Re -denzione. La gioia che tutto il mon-do può avere nell’avere rice vuto que-sto dono dal Cielo. E nello stesso

tempo dobbiamo pensare: come noici troviamo di fronte alla Redenzio-ne, alla na scita di Cristo sulla terra?

Don Zeno 20 dicembre 1959

LA NOTTE DI NataleÈ NATA LA PRIMA FAMIGLIAin Nomadelfia

29 settembre 1968 Irene con alcuni figli.

Nomadelfia di Roma, novembre 2014.Irene nel gruppo familiare.

La Madonna ha accettato unama ternità che senza dubbio èdi versa dalle altre: è dallo Spi-

rito Santo, quindi soprannaturale,im macolato. “Madre, figlia del tuofiglio”, dice Dante. Una materni tàche poi la Madonna ha assunta an-che in for ma adottiva su tuttal’umanità; e specialmente su un gio-vane in modo particolare. Su ungiovane quando Gesù moriva inCroce. Prima di morire, guarda laMadonna e dice: “Donna ecco tuofiglio, Giovanni. E figlio, dice, eccotua Madre”: E il Van gelo dice: “E leiè andata ad abi tare con lui”.

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NOMADELFIA È UNA PROPOSTA N. 3-4 2014

Anno XLVII - Trimestrale • Aut. Trib. di Grosseto N. 1 - 8.3.1968 • Dir. Resp.: Pietro CarenaStampa: Tipolitografia Trullo - Roma - www.tipolitografiatrullo.itNOMADELFIA Grosseto • C.P. 103 - 58100 Grosseto • Tel. 0564 338243 Fax 0564 338233 C.C.Post. 11938586CODICE IBAN - IT81J0760114300000011938586NOMADELFIA Roma • Via del Casale di S. Michele, 46 • Tel./Fax 06 30683485Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma Internet: www.nomadelfia.it • www.donzeno.it • E-mail: [email protected]

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NOMADELFIA È UNA PROPOSTA è la voce di NomadelfiaCARI AMICICon le nuove tariffe postali, i costi di spedizione del nostro periodico stanno diventando per noi insostenibili, maper rimane re fedeli alla linea del fondatore don Zeno, confidando nella provvidenza, continueremo ad inviare ilnostro periodico per rimanere legati con voi in fraterna amicizia e per collabo rare insieme allo sviluppo ma teriale,morale e spirituale di Nomadelfia; della quale il mon do — unitamente a tutte le altre iniziative di bene — ha biso -gno. Accettiamo qualsiasi of ferta. Ringraziamo tutti coloro che hanno inviato o invieranno le loro offerte.

A tuttil’augurioaffettuoso

diun Santo

NataleINTERPRETI I figli di Nomadelfia

Per informazioniwww.nomadelfia.it

Nomadelfia (GR) - 6 gennaio 2015AUDITORIUM di Casatenovo (LC)giovedì 19 e venerdì 20 marzo 2015

TEATRO SOCIALE di Comodomenica 22 e lunedì 23 marzo 2015

NOMADELFIApresenta

COMMEDIA MUSICALE