Nexus 89

12
Gennaio-aprile 2013 anno XiX — n. 89 mensile di ComuniCazione, Cultura e attualita nella Citta metropolitana di venezia Copia omaggio copertina di Gianni De Luigi upernova S upernova S

description

Gennaio-Aprile 2013

Transcript of Nexus 89

Page 1: Nexus 89

Gennaio-aprile 2013anno XiX — n. 89

mensile di ComuniCazione, Cultura e attualita nella Citta metropolitana di venezia

Copia omaggio

copertina di Gianni De Luigi

up e r n o v aSup e r n o v aS

Page 2: Nexus 89

venezia di vetro2 neXus Gennaio-aprile 2013

Una nuova stagione per il vetrodi Daniela Zamburlin

Se c’è un legame segreto fra le cose, un ordine logico e misterioso alquale esse rispondono e soggiacciono, e noi crediamo ci sia, non è dif-ficile riconoscere che nessun’altra materia si presti, come il vetro, a

rappresentare ed esprimere Venezia, la sua essenza, la sua bellezza, la suafragilità. Inalterabile e versatile, il vetro dura nel tempo e si lascia pla-smare nelle più svariate forme esplodendo in colorazioni e raffinatezze chetrovano un parallelo nelle architetture e persino in quel cosmopolitismo dicui fu capace la Serenissima, fondendo – il verbo è illuminante – razze epopoli diversi in un unico contesto urbano. Tanto resistente quanto fragile, Venezia, come il ‘suo’ vetro, teme però

gli impatti, gli urti, le masse, i colpi, le quantità eccessive, richiedendo do-saggi perfetti e mani sapienti. Del vetro, la storia racconta una nascita orientale, pare intorno al III mil-

lennio a.C. in area mesopotamica. Già noto ai Fenici e successivamente aiRomani, si produsse a Torcello fin dal VII secolo e subito dopo anche a Ve-nezia. Fu qui che assunse una specificità e un’importanza che ne hanno fat-to, ben più che un’industria, uno dei simboli internazionalmente noti. Non è però sulla storia, già ben conosciuta, che vorremmo soffermarci,

ma sulla cronaca. Da molti anni nelle pagine dei giornali si leggono noti-zie che informano, a buon diritto, sulla crisi del settore produttivo e sulproblema, certamente grave, della concorrenza di oggetti il cui basso co-sto risulta quasi del tutto adeguato alla loro bassa qualità e al loro scarsovalore estetico, che è come dire che per essere così brutti e così scadenti so-no anche troppo cari. Da qualche tempo, oltre agli allarmi, le cronache riferiscono notizie dal-

le quali si deduce che il vetro è vivo e al centro di un interesse artistico,culturale ed economico in grado di dar frutti e aprire prospettive. Citia-mo qualche esempio tra i più significativi. Sicuro interesse ricopre il pro-getto della Fondazione Cini Le stanze del vetro che, con mostre fino al 2021,intende valorizzare l’arte vetraria nel suo complesso, organizzando eventi,promuovendo iniziative, rendendo il vetro oggetto di studio e di ricerca. Una importante convenzione è stata firmata per il progetto Glass in Ve-

nice tra l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti e la Fondazione MuseiCivici di Venezia, uniti in un insieme di attività volte alla valorizzazionedel patrimonio dell’arte vetraria a livello internazionale.Anche la scienza guarda al settore con un occhio all’economia, e si pro-

fila la possibilità, con l’aiuto delle nuove tecnologie, di recuperare energiadalle fornaci.Connubio persino tra vetro e sport, e la Venice Marathon ha premiato i

propri atleti con coppe contrassegnate con il Marchio Vetro Artistico®Murano. L’ottimismo forse ci confonde, ma pare che per il vetro stia nascendo una

nuova stagione.

Vetro. Parlare di vetro aVenezia è come parlaredi acqua, di laguna, di

quegli elementi che costituisco-no l’essenza stessa della città, co-me i suoi palazzi, chiese, canali eponti. Chi pensa a Venezia nonpuò non collegarsi anche alla tra-sparenza, alla fragilità, alla luce,ai colori del vetro.

La storia tra il vetro e l’Istituto Ve-neto inizia lontano, fin dalla metàdell’Ottocento, quando il Reale Isti-tuto premiava le vetrerie di Muranoche sapevano riprendere le antiche, avolte dimenticate, tecniche utiliz-zando nuovi ritrovati, nuovi accorgi-menti che facilitavano e rendevanopiù produttivo il lavoro. Poi, dopoun salto di decenni, intorno al 1980,si riparla di vetro con la collaborazio-ne instaurata, grazie a Vittorio Got-tardi, con la Stazione sperimentaledel Vetro che rappresentava in queglianni uno dei centri di ricerca di pun-ta, in Europa, sulle tecnologied’avanguardia della lavorazione delvetro (sono gli anni in cui si inizianoa rivestire con il vetro persino i grat-tacieli).La storia recente riprende nel

2004. L’Istituto Veneto aveva da po-co acquistato palazzo Franchetti, loaveva restaurato e aveva realizzatoun ampio spazio espositivo nel gran-de piano nobile dominato dallamaestosa polifora quattrocentesca.Si trattava di immaginare comeinaugurarlo: una mostra? Ipotizzavovarie ipotesi da presentare al consi-glio di presidenza dell’Istitutoquando – il ricordo della conversa-zione è vivissimo- incontrai ai piedidel ponte dell’Accademia Pierre Ro-senberg, che da poco aveva lasciatola presidenza e direzione del Louvree si era in parte stabilito a Venezia:«Vetro, faccia una mostra di vetro.Una grande istituzione come l’Isti-tuto deve occuparsi di vetro». Daquelle parole iniziò un’avventurache è poi continuata con risultatisempre più importanti.La presidenza dell’Istituto (deter-

minante l’appoggio del presidenteLeopoldo Mazzarolli e dell’ammini-stratore Gherardo Ortalli) approvòil progetto e a Rosa Barovier venneaffidato l’incarico di organizzare perl’autunno del 2004 una mostra cheraccogliesse il meglio della produ-zione artistica nel mondo (con l’alle-stimento memorabile di Pier LuigiPizzi). Fu una mostra indimentica-bile: 84 artisti provenienti dai cin-que continenti, con una panoramicadi tecniche, stili, scuole, idee, distraordinaria ampiezza. Seguironopoi le mostre sul vetro muranesedell’800, con particolare attenzionealla produzione dei Salviati (2010);e quelle dedicate a Lino Tagliapietra(2011) e alle miniature create daimaggiori maestri e artisti del Nove-cento (2012): tutte iniziative chenon sarebbero state possibili senza ladirezione competente e il sostegnooperativo di Rosa Barovier e di San-dro Pezzoli e Giovanna Palandri el’aiuto di Silvano Rubino. Fino allamostra più recente, appena conclu-sa, dove Bertil Vallien, uno dei piùgrandi artisti internazionali del ve-tro, ha stupito per l’infinita caricaemotiva delle sue opere. Parallelamente a queste, a palazzo

Franchetti l’Istituto ha potuto ospi-

tare le grandi rassegne biennali diGlass stress, iniziate nel 2009, pro-mosse da Adriano Berengo e curateda Rosa Barovier, Laura Mattioli,De metrio Paparoni, Bonnie Clear -water, Peter Noever, Lidewji Edel -koort. Glass stress rappresenta ormaiun appuntamento fisso nel contestodelle Biennali d’Arte, dove si con-frontano artisti diversissimi e prove-nienti da tutto il mondo, accomuna-ti dalla ricerca di esprimersi con ilvetro, capaci di sperimentare tecni-che e linguaggi a volte aspri, a voltesuadenti, ammiccanti a Murano o in-vece fragorosamente iconoclasti, masempre tesi a cogliere le infinite, uni-che, insostituibili caratteristicheespressive offerte dal vetro. Nel mag-gio 2013 sarà inaugurata la terza edi-zione con una rassegna internaziona-le di grande interesse e novità.In questo quadro, alla fine del

2011, si trattava di ricollocare tuttala serie considerevole di iniziative in-traprese alla luce di un programmadi lavoro ampio e organico, dovel’Istituto potesse svolgere un ruolospecifico grazie alle sue competenze ecaratteristiche di centro di studio edi ricerca e alle sue relazioni a livellointernazionale. Con l’appoggio e ilcontributo attivo del presidente Da-nieli si è così delineato un progettoarticolato in più settori. Prima ditutto, sulla scorta di una ventennaleesperienza nella promozione di scuo-le internazionali post laurea, abbia-mo immaginato l’organizzazione diun corso di studi specialistici sullastoria, sulla datazione e il restaurodel vetro antico, con particolare manon esclusivo riferimento a Murano:anche qui di fondamentale aiuto èstata la competenza di Rosa Barovier,alla quale si sono aggiunti studiosi diprofilo internazionale come MarcoVerità, Cristina Tonini e CorinnaMattiello e un maestro come LinoTagliapietra che vanta un’esperienzatrentennale di insegnamento delletecniche vetrarie negli Stati Uniti.Oggi, alle Giornate del vetro veneziano,aperte a trenta partecipanti e delladurata di tre giorni, hanno concessoil loro patrocinio istituzioni e museiquali il Victoria & Albert Museum,il Corning Museum, l’Ecole du Lou-vre, l’Institut national du patrimoi-ne, l’Associaton Internationale pourl’histoire du verre e, primo per spe-cialità e per l’intensità di relazione, ilMuseo del Vetro di Murano. A que-sti si aggiunga la collaborazione del -l’Ufficio regionale per la Scienza e laCultura in Europa dell’Unesco, chepatrocina una delle borse di studioriservate a giovani ricercatori. Con-tatti sono in corso con la Scuola Aba-te Zanetti di Murano, attiva nellaformazione di giovani artisti. Seconda iniziativa, l’assegnazione

di un premio internazionale. In que-sto riconoscimento, che doveva avereuna sua particolarità nel panoramadei premi dedicati al vetro, vedevo lapossibilità di riconfermare una lineache l’Istituto aveva adottato fin dal2004 e che la presidenza dell’Istitu-to voleva ribadire: Venezia, la città diuna delle più antiche e nobili tradi-zioni artistiche vetrarie, è centro vi-vo di incontro e di confronto di arti-sti del vetro provenienti da tutto ilmondo, di scuole, di tradizioni, ditecniche diverse. Grazie al presiden-te Danieli, sempre molto attento aogni iniziativa riguardante il vetro, ilprogetto si è poi allargato a ideare un

sito internet specifico, dove le atti-vità dell’Istituto e di altri partner,veneziani e internazionali, rivolte alvetro venissero rese disponibili alpiù largo pubblico: l’esperienza inquesto settore maturata dall’Istituto(di questi giorni il traguardo di100.000 visualizzazioni video delleconferenze e delle scuole registratedall’Istituto nel canale YouTube)po teva essere di grande sostegno al-la realizzazione del progetto. A quel punto, però, tutto questo

insieme di idee e progetti e realizza-zioni doveva essere condiviso con lealtre realtà di studio e di ricerca chea Venezia operano nel grande campodel vetro e i vari contatti compiuti intutte le direzioni hanno trovato subi-to piena disponibilità alla collabora-zione da parte della Fondazione Mu-sei Civici di Venezia, un partner diimportanza unica non solo per tuttociò che il Museo del Vetro di Mura-no rappresenta, ma anche per la com-petenza scientifica, la capacità im-prenditoriale, l’esperienza interna-zionale nel campo dell’arte contem-poranea della propria dirigenza. Se-guirono vari contatti con il direttoredella Fondazione Gabriella Belli econ Chiara Squarcina fino ad indivi-duare l’opportunità di stipulare unavera e propria convenzione, propostaaccolta e sostenuta dal presidenteHartsarich. La collaborazione tra l’I -stituto Veneto e la Fondazione Mu seiCivici rappresenta un passo in avantidi grande significato: si tratta di dueprestigiose e antiche istituzioni che,proprio perché così strutturalmentediverse, possono completarsi a vicen-da nella realizzazione di un progettoche è vasto non solo perché articola-to in varie iniziative, ma perché vuo-le aprirsi al mondo sapendo di essere,al tempo stesso, ben radicato nellamillenaria tradizione muranese. Si ècosì arrivati all’avvio del progettoGlass in Ve nice, che è stato ufficial-mente presentato il 22 novembrescorso in occasione dell’assegnazionedella prima edizione del premio a Pi-no Signoretto e a Bertil Vallien. Ope-re dei due artisti, come ha messo inevidenza il presidente Danieli, sonostate simbolicamente collocate peralcuni giorni tra i busti del Pan theonVeneto, a palazzo Loredan, il luogodove si conservano i monumenti deigrandi artisti, dei dogi, ammiragli,scienziati e poeti della storia di Ve-nezia. Si sono così fissati i primi, stabili,

sicuri avvii di una nuova, bella im-presa, ancorata a una solida tradizio-ne istituzionale legata a Murano eaperta al mondo. Insieme, la Fonda-zione Musei Civici e l’Istituto Vene-to, continueranno a dialogare contutte le altre grandi istituzioni erealtà che a Venezia si impegnanoper la valorizzazione e la conoscenzadel vetro e che si renderanno dispo-nibili a un rapporto di amichevolescambio di esperienze e di condivi-sione di programmi. Il progetto iniziato nel 2004 è di-

ventato una realtà ed è destinato aproseguire negli anni se saprà esseresostenuto da Venezia, da Murano,dal Veneto tutto, non legato alla vo-lontà di singoli, ma profondamenteradicato nella grande storia del vetroe di Venezia.

Sandro G. Franchini

LA STORIA TRA IL VETRO E L’ISTITUTO VENETO

NOVITà superNOVàNOVITà superNOVà

Porto fantastico,

un giorno d’estatedi Armando Pajalichillustrazioni e versione grecadi Vangelis Sakandaris

consuetudine

di PrinciPio

di Aldo Vianello

Page 3: Nexus 89

venezia di vetroGennaio-aprile 2013 3 neXus

Lo scorso novembre l’IstitutoVeneto, in collaborazione conil Fai del Veneto, ha organiz-

zato un incontro pubblico sulla pos-sibilità di recuperare l’energia pro-dotta dalle fornaci delle vetrerie. Èstato invitato ad intervenire a ri-guardo il professore Ennio Macchi,ordinario di Conversione dell’ener-gia e Direttore del Dipartimento diEnergia del Politecnico di Milano.Per la fusione del vetro, i forni devo -no mantenere oltre 1000 gradi ditemperatura, e la sera non possonoes sere spenti; ciascuna fornace con-suma quindi centinaia di migliaia dimetri cubi di gas all’anno. È possi-bile, con l’aiuto delle nuove tecnolo-gie, ridurre la dispersione del caloree riconvertirlo, almeno in parte, inenergia diversamente spendibile?

Dopo una ricognizione a Muranoper confrontarsi con la realtà dellevetrerie, il professore Macchi ha de-lineato delle possibilità di soluzionedi carattere generale. Due sono levie di intervento, afferma Macchi, sipuò agire sul processo per migliora-re la resa energetica, oppure, senzatoccare le abilità operative dei mae-stri vetrai, si può agire sull’energiadissipata.

Trattandosi di produzione artistica,è ragionevole scartare la prima ipo-tesi, ovvero intervenire sul proces-so, e concentrarsi piuttosto sulla se-conda, ovvero il recupero di calore,che potrebbe essere destinato ad ap-plicazioni interne ai singoli forni,oppure allargato agli ambienti del-la vetreria, o ancora inviato ad un’u -

tenza esterna, per esempio unascuola, ricavando riscaldamento perl’inverno e climatizzazione perl’estate. Un’alternativa potrebbe es-sere quella di convertire il calore inenergia elettrica, pensando in que-sto caso a una soluzione più globaledi recupero centralizzato. Si tratte-rebbe di raccogliere il calore da unapluralità di strutture, convogliarlotramite un collettore ad un unicodispositivo, e di produrre energiache potrebbe essere utilizzata datutta l’isola. In quest’ottica sarebbeauspicabile un’azione virtuosa daparte di un qualche ente pubblicoper finanziare un adeguato studio difattibilità.

Il video della relazione è disponibi-le nel sito www.istitutoveneto.it

LA TESTIMONIANZA DI UN GIOVANE VETRAIO APPASSIONATO DEL PROPRIO LAVORO

Ho cominciato a lavorare in vetreria per caso.

Ero senza lavoro e un amico che già lavorava nel settore mi ha chiesto seavevo voglia di provare a fare un mestiere che ormai in pochi avevanovoglia di imparare. Io ero curioso e ho detto di sì, ho rischiato.In effetti io non ho studiato per fare il vetraio ma ho preso un diplo-

ma di meccanico al Berna. Ho lavorato poco come meccanico perché hotrovato lavoro come panettiere. Anche quello era un lavoro che mi pia-ceva (c’era anche lì di mezzo un forno e qualcosa da modellare), ma poiil fornaio ha dovuto chiudere e io sono rimasto a casa.Ora lavoro a Casale sul Sile alla vetreria artistica Vetrofond. Prima ho

lavorato due anni e mezzo in un’altra vetreria sempre a Treviso. Alcunecose me le hanno fatte imparare a Murano.Sono molto soddisfatto di questo lavoro. Mi piace perché vedo che fac-

cio progressi e imparo sempre di più. Mi piace il materiale che lavoro ecome si modella quando è caldo. Ho imparato a fare anche gli oggettipiù piccoli come i portacandele con un vetro rosato mescolato con par-ticelle dorate.Mi dicono anche che sono piuttosto bravo e questo mi dà tanta sod-

disfazione.Certo, le difficoltà non mancano. Ora in fabbrica siamo circa 55 per-

sone ma una quindicina sono in cassa integrazione. Non ci sono stra-nieri, siamo tutti della provincia di Venezia e di Treviso. Fare questi oggetti costa. Costa il metano, costano i minerali, le ma-

terie prime, per non parlare del trasporto con le barche che è aumenta-to negli ultimi tempi.Io spero di continuare e di diventare sempre più esperto. Spero anche

che questo settore continui così con prodotti di qualità che sono fatti daartigiani locali. Magari bisognerebbe farlo sapere ai giovani…

Luca Busetto

IL VETRO E STORIA E TRADIZIONE TUTTI DEVONO SENTIRSENE PARTEIl Vetro di Murano sta vivendo una delle sue crisi più gravi, come moltialtri valori della nostra società. E’ un’epoca strana, la nostra. Le appa-

renze sono sostanza, la finzione realtà. E tutti lo sanno e lo accettano. Orologi finti, borse imitate, ma soprattut-

to seni, labbra, sederi rifatti, rughe appiattite. Città ricostruite identiche adaltre a chilometri di distanza...Ma una qualunque manifestazione umana deve essere reale, sincera, per

creare in chi assiste una vera emozione spirituale, fatta di cuore, di istinto.Se anche l’inconscio approva che la finzione sostituisca la realtà, nulla im-pedirà che la nostra mente assecondi qualunque truffa dell’artificiale. Se si accetta serenamente che un corpo si inturgidisca o sia reso più mor-

bido e florido con protesi ed ammennicoli che di umano non hanno nulla,se i “maestri di pensiero” sono i furbetti che, ipertatuati, pullulano nei sa-lotti televisivi, si lascia che il nostro vivere e il nostro pensare si accascinomollemente sulla superficie cava dell’apparenza. E il vetro di Murano nonsfugge a questa dinamica, anzi. Per gradire, per cercare, per trovare il vetrodi Murano, ci si dovrebbe prima di tutto chiedere se si voglia vivere in unmondo virtuoso o virtuale. Questo darebbe un senso per continuare a pro-durre un materiale, un’idea antica di secoli, fatta di sostanza, di tradizione,di storia, di radici. Elementi che devono trovare un contrappeso in coloroche cercano l’originale, non la copia eseguita in un altro continente, copian-do forme e modelli senza averli mai “vissuti”. Marchi, certificati, attestati...sono strumenti che vanno a difendere e tutelare a posteriori un prodotto chedeve essere anche protetto a priori. Non imponendo per legge un gusto o uncomportamento. Ciò di cui il vetro di Murano, come tutte le arti antiche, habisogno è il cambio di mentalità della nostra società dei consumi acceleratie a buon mercato. Una società che strepita nel denunciare l’acquisto di unaparure di 10 anelli in oro e pietre preziose a 50 euro, paventando a posterioril’imbroglio una volta ricevuta la merce: l’oro non è proprio 18 carati e le pie-tre non sono proprio preziose. Ma ragioniamo a priori: con 50 euro a mala-pena ci si potrebbe comprare gli astucci di 10 anelli. Intendiamoci: l’im-broglione c’è, ma gli si rende la vita più facile. Io apprezzo un quadro, unpalazzo, un monumento nella sua originalità, nel proprio secolare contesto,non visito il sito dove lo posso vedere in 3d ed in multicolor. Io amo quellapersona anche se è distante, non amo la sua statua di cera solo perché si tro-va nello scantinato accanto. Coloro che in gran parte rappresentano chi pro-duce il vetro di Murano stanno lottando con le unghie e con i denti per di-fendere la loro ragione di vita. Perché essere vetraio significa sentirsi partedi una lunga storia fatta di padri, di nonni, di antenati. Ma questa storia ladevono ascoltare tutti, desiderando di farlo, perché ciò che essa distilla è unfiore fragile e prezioso, impossibile a sostituirsi con sostanze o storie equi-valenti una volta appassito.

Marco Toso Borella

La produzione e manifatturadelle perle in Venezia ha dasempre impegnato la popola-

zione femminile, queste arti, pur es-sendo considerate un artigianatominore, hanno profonde radici nellastoria del costume della città.Le prime perle in vetro, chiamate

Paternostri, furono dedicate alladevozione religiosa e usate comegrani di rosario. Già nel ‘700 leperle, sempre più decorate fine-mente, vennero indossate nell’abbi-gliamento, inserite in preziosi rica-mi e usate nella costruzione di mo-nili: di ciò possiamo averne testi-monianza nelle nostre pinacotechee ne fa cenno nelle sue commedieanche il nostro Carlo Goldoni. Nel secolo successivo con l’aper-

tura della fabbrica delle conterie aMurano, tutta la popolazione fem-minile della città fu impegnata inuna poderosa produzione che ven neesportata in Europa, America eAfri ca. Le impiraresse “da fin” (im-pirar = infilare) produssero fili diperline applicate su abiti Charle-ston, frange di conteria, adornaronolampade abat-jour. Le impiraresse“da fiori” infilarono su filo metalli-co e poi confezionarono palmette:fiori tipici e coloratissimi presenta-ti come addobbo su tutte le chieseveneziane. Nell’arredamento d’in-terni oggetti e tessuti furono deco-rati da grandi composizioni di fioriin conteria. In quel periodo a Pari-gi da Venezia vennero adottatigrandi mazzi e corone cimiteriali

in fiori di perle di cui fece accennonei suoi scritti anche Victor Hugo.La bigiotteria veneziana è stata

famosa dagli anni ‘50 fino ai ‘90,molto richiesta e apprezzata per lasua raffinatezza sia nei materialiche nelle tecniche di manifattura.Attualmente di tutto ciò è rimastopoco, non solo a causa di prezzi diproduzione insostenibili e di para-metri di valutazione non adatti aquesto tipo di lavorazione, ma fon-damentalmente per lo sradicamen-to del nostro gusto tradizionale eper un’indifferenza all’artigianatoin ge nerale. Infatti la clientela sce-glie prodotti industriali molto eco-nomici o firmati.

Daniela Longhin

NOVITà superNOVàNOVITà superNOVà

gruPPi esPerienZiaLi a teMa

di Alberto Dea e Rita Sommacal

Passaggio in VoLo

n. 1 della rivista di Punto Gestalt “Pegasus”

L’iMMagine rifLessa

di Magda Campanini

Passo doPo Passo

di Ida Palumbo

ENERGIA DALLE FORNACIUn incontro all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti

MANIFATTURA E PERLE IN VETRO LAVORO AL FEMMINILE

Page 4: Nexus 89

venezia di vetro4 neXus Gennaio-aprile 2013

Il progetto avviato dalla Fonda-zione Giorgio Cini in collabo-razione con Pentagram Stift -

ung è ambizioso e lungimirante e sipropone di evidenziare le molte po-tenzialità del vetro, di riportare que-sta nobile materia al centro dell’ in-teresse artistico internazionale e divalorizzare l’arte vetraria venezianadel Novecento. L’iniziativa si intitola Le Stanze del

Vetro ed è partita con l’inaugurazio-ne a San Giorgio di uno spazio espo-sitivo permanente e di una mostradedicata a Carlo Scarpa (aperta finoal 6 gennaio): Carlo Scarpa. Venini1932–1947. Il prestigioso disegno prevede

che, fino al 2021 si susseguano concadenza annuale una serie di esposi-zioni dedicate ad artisti internazio-nali, contemporanei e non, che han-no utilizzato il vetro come strumen-to di espressione poetica e di ricercapersonale, disegnando e progettan-do per la vetreria Venini. Proprio l’ar chivio Venini, creduto

distrutto in un incendio che colpì lafornace muranese all’inizio degli an-ni Settanta, è stato di recente risco-perto rendendo disponibili docu-menti originali, foto storiche, dise-gni e bozzetti inediti che consento-

no di narrare la storia dell’arte vetra-ria del secolo appena trascorso.L’edificio destinato alle esposizio-

ni è situato nell’ala ovest dell’exConvitto del l’Isola di San GiorgioMaggiore e dispone di 650 metriquadrati di superficie espositiva.

Oltre alle mostre, lo spazio ospiteràconvegni, laboratori didattici e altrieventi dedicati al vetro. I lavori di riqualificazione del -

l’edificio, fino ad oggi in disuso, so-no stati affidati allo studio newyor-chese di Annabelle Selldorf, specia-

lizzato nella progettazione di spazi eambienti museali. Per la riqualifica-zione dell’edificio destinato ai pro-getti espositivi de Le Stanze del Ve-tro, Selldorf Architects si avvale del-la collaborazione degli architetti Fa -brizio Cattaruzza e Francesco Mil -

losevich, responsabili nel 2008 delrecupero degli spazi espositivi del -l’ex Convitto della Fondazione Cini.L’intervento prevede la configura-

zione di un percorso guidato attra-verso una serie interconnessa di gal-lerie, dotate di vetrine, piedistalli ealtri display museali, per creare con-tinuità e coerenza visiva all’internodello spazio e tra i diversi livelli e -spositivi.Nell’ambito del progetto la Fon-

dazione Cini ha costituito – all’in-terno del proprio Istituto di Storiadell’Arte – un apposito Centro Stu-di che, accanto all’organizzazioneperiodica di mostre del vetro vene-ziano, sta promuovendo quanto se-gue: la progressiva costituzione diun archivio generale del vetro ve-neziano, che possa essere messo a di-sposizione della co munità scientifi-ca e favorire la valorizzazione e il ri-lancio dell’arte ve traria; la creazionedi una biblioteca specializzata,all’interno della propria bibliotecadi storia dell’arte; l’organizzazionedi seminari, convegni e laboratoridestinati a studiosi e artisti interes-sati alla storia, alle tecnologie e aglisviluppi dell’arte vetraria; l’istitu-zione di borse di studio specifica-mente destinate a ricercatori inte-ressati al tema.

La mostra Carlo Scarpa. Venini 1932-1947 ha inaugurato il programma diesposizioni ideate per il progetto LeStanze del Vetro che si terranno sul -l’Isola di San Giorgio Maggiore finoal 2021. Ogni anno, a partire del2013, verranno realizzate due mostre:una in primavera, l’altra in estate. La prima del 2013 è dedicata all’uti-lizzo del vetro negli ambiti dell’arte

e del design del ventesimo e del ven-tunesimo secolo; la seconda è invecededicata ai talenti che nel Novecentohanno disegnato e progettato per lavetreria Venini. La prossima esposizione sarà inti-

tolata Fragile? Tratterà l’utilizzo delvetro nelle arti visive del secolo scor-so e di quello appena iniziato, met-tendo in mostra i lavori di alcune del -

le più interessanti figure del panora-ma artistico contemporaneo: da Mi-chelangelo Pistoletto a Mario Merz,da Gerhard Richter a Ai Weiwei, daRachel Whiteread a Yayoi Kusama.A curare questa prima mostra saràMario Codognato.

Per l’estate 2013 è in programmauna mostra monografica dedicata allecreazioni del celebre Napoleone Mar-tinuzzi per la vetreria Venini. La mo-stra sarà curata da Marino Barovier.

Verso la fine degli anni ’80 un incontro casuale con il mio primo pez-zo Venini, e in seconda battuta l’amicizia che mi lega da anni a uncollezionista d’arte eccezionale e carismatico, hanno segnato l’ini-

zio di una passione, di un viaggio entusiasmante: la ricerca di oggetti diogni genere creati per una fruizione esclusivamente estetica. Fin dal principio, il mondo Venini si è dedicato alla ricerca della perfe-

zione e della semplicità assolute, raggiungendo i più alti livelli quanto atecnica, colori e forme, integrando il talento di grandi artigiani con l’in-novazione e la sperimentazione. In ogni nuovo pezzo che si andava ag-giungendo al mio primo acquisto traspariva l’aspirazione costante di unirela sobrietà a uno stile assolutamente unico e irripetibile. Inoltre, ogni qualvolta un nuovo pezzo artistico si univa agli altri, la mia mente e il mio spi-rito ne risultavano arricchiti. Provengo da un background vien nese e sono cresciuta in una casa di Jo-

sef Frank, ed è per questo che la filosofia Venini è entrata da subito in sin-tonia con il mio immaginario visivo, formato dalla mia familiarità con og-getti quali il Wiener Wekstaette, in cui linee pulite e forme rigorose vengo-no ridotte alla loro più pura essenzialità. In un simile contesto, diverse for-me d’espressione artistica, dalla ceramica alla gioielleria, dai mobili ai tes-suti, per poi arrivare fino ai metalli, sono intimamente legate l’una all’al-tra: è da questa prospettiva che io interpreto il vetro quale parte di un uni-verso più vasto, fatto di design contemporaneo di interni, architettura, ar-ti figurative, scultura, musica e letteratura. Sono due le tematiche portanti che vorrei potessero venire alla luce ne Le

Stanze del Vetro: lo spirito Venini di slancio verso la perfezione a tutti i co-sti, qualità che lo ha reso caposcuola di un’estetica libera dalle convenzio-ni. Uno spirito che dimostra totale apertura intellettuale verso culture al-tre – siano esse le forme classiche del vetro provenienti dall’antichità oquelle dei vasi cinesi – e che crea connessioni geografiche tra movimentiartistici attuali, da Vienna a Parigi, dalla Svezia al Giappone fino agli Sta-ti Uniti, gli ultimi contraddistinti dalla storica visita di Frank Lloyd Wri-ght a Murano nel 1951.Nella mia mente questo progetto dovrebbe essere letto anche come un

omaggio a Paolo Venini e a Ludovico de Santillana, e alla loro visione pio-neristica. Le Stanze del Vetro mostreranno inoltre cosa sia il vetro in un con-testo più ampio, consentendogli di occupare un ruolo portante all’internodel mondo delle arti visive, non più relegato alla condizione di mero og-getto di design, ma elevato allo status di uno dei tanti materiali grazie aiquali artisti affermati quali Dan Flavin, Gerhard Richter, Mario Merz, Pi-pilotti Rist, Dan Graham, Bruce Nauman, solo per nominarne alcuni, han-no espresso se stessi e prodotto grandi opere d’arte. Questi due aspetti deLe Stanze del Vetro permetteranno al pubblico di comprendere appieno lepro fonde connessioni che hanno legato diversi continenti per tutto il corsodella storia, tra cui quella che vede protagonisti Murano e Tiffany, Kolo-man Moser, Hoffman, Christopher Dresser e molti altri. L’obiettivo principale della Pentagram Stiftung, dal mio punto di vista,

sarà pertanto organizzare nei prossimi dieci anni altre esposizioni a SanGiorgio che presentino il vetro da prospettive, familiari o meno, ma che sifocalizzino principalmente sulla sua interazione con varie discipline arti-stiche, culture e momenti storici, e produrre cataloghi capaci non solo dianalizzare singoli stili, designer e tecniche, ma di essere espressione dellavalida ricerca accademica prodotta nel Centro Studi del Vetro di recenteistituzione.

Marie Rose Kahane

L’attività di Carlo Scarpa allaVenini si sviluppa dal 1932al 1947, un lungo periodo

durante il quale egli partecipa atti-vamente alla vita della fornaceideando numerosi vetri poi realiz-zati con diversi tessuti vitrei. Cessata l’attività della M.V.M.

Cappellin, per fallimento nel gen-naio 1932, e concluso il rapportolavorativo che lo legava a questaditta, nello stesso anno Carlo Scar-pa fu assunto alla Venini. Con lastima e l’appoggio di Paolo Venini,forte della sua precedente esperien-za alla Cappellin, l’architetto ebbemodo di approfondire la sua cono-scenza del vetro, un materiale tan-to affascinante quanto difficile dagovernare.

Nella fornace muranese Carlo Scar-pa guarda tutto, è curioso e ha setedi sapere, vuole imparare a gestirela materia, a cambiarne l’a spetto, icolori, le forme e le tecniche. L’ap -pren dimento avviene con discrezio-ne accanto ai maestri vetrai chehanno l’esperienza, conoscono itrucchi di un antico mestiere e re-stano radicati alla tradizione tra-mandata da mae stro a maestro. Luistesso si fa maestro: avvia lungheconversazioni con gli artigiani, sti-mola la sperimentazione, apre lastrada verso proposte inattese. Spesso resta in fabbrica dopo

l’orario di chiusura quando l’occa-sione è propizia per provare nuove

materie specialmente con il mae-stro Fei, con cui stabilisce un rap-porto privilegiato, pescando sulfondo dei crogioli, quando tutti iminerali si sono sedimentati. Trasparente oppure opaca, bril-

lante o satinata, liscia o rugosa, sot-tile o spessa, incolore o variopinta,la materia presentava questi carat-teri che, con sapienza potevano es-sere manipolati a piacimento.A dimostrarlo sono il livello di

sperimentazione elevata e i risulta-ti tanto singolari che hanno fatto diScarpa un artista-alchimista capacedi testimoniare nella pratica quan-to fosse plasmabile il vetro e quan-to fosse possibile intervenire suglieffetti di luce avendo un’idea pro-gettuale ben precisa. Per ricostruire il lavoro di Scarpa

per la Venini ci si è basati, fino adoggi, prevalentemente sulla docu-mentazione fotografica delle gran-di manifestazioni di arte decorati-va, come la Biennale di Venezia e laTriennale di Milano, ma soprattut-to sul catalogo di vendita Venini,realizzato negli anni Quaranta enoto come Catalogo blu. Il rinvenimento del materiale do-

cumentario dell’archivio storicoVenini – dato per disperso nell’in-cendio del 1972 e ora finalmentemesso a disposizione dall’attualeproprietà – ha permesso una verifi-ca puntuale sui singoli oggetti at-tribuiti a Scarpa, così da illustrarein modo esaustivo gli anni della

collaborazione dell’architetto vene-ziano con Paolo Venini. Nel fondosono presenti numerose foto di re-pertorio, talvolta con interessantinote a margine o sul retro, e una se-rie di disegni e studi autografi diScarpa. Vi è inoltre una raccolta,pressoché completa, dei disegni difornace, la maggior parte databileagli anni Trenta e Quaranta. Diversi disegni di fornace, ese-

guiti in scala 1:1, recano annota-zioni riguardanti i colori da impie-gare e alcuni dettagli che hannopermesso di comprendere meglio latecnica di esecuzione dei vetri.Altre note a margine, come ap-

punti e numeri, hanno consentitodi individuare gruppi “omogenei”di oggetti che dovevano essere rea-lizzati con lo stesso tessuto vitreo oche furono ideati nello stesso perio-do o che furono esposti alla mede-sima mostra. Lo studio e la verifica incrociata

delle diverse fonti documentarie(foto, cataloghi, disegni di fornace)e il confronto di queste con gli og-getti reali, messi a disposizione damusei e da collezionisti, ha consen-tito la realizzazione di questa mo-stra e contemporaneamente la com-pilazione di un catalogo ragionatodi tutti i vetri disegnati da CarloScarpa.

Marino Barovier

Perchè una Kunsthalle per il vetro?Le mostre future delle Stanze del vetro

CARLO SCARPA E VENINI

LE STANZE DEL VETRO Fino al 2021 i grandi Maestri in esposizione a San Giorgio. La prima mostra dedicata a Carlo Scarpa

Page 5: Nexus 89

venezia di vetroGennaio-aprile 2013 5 neXus

C’era una volta una barchettadi vetro. Definirla barchet-ta, in realtà, non è del tutto

appropriato perché lo scafo avevale linee morbide e slanciate di unveliero pronto a salpare e in più,lungo la prua, c’era qualche ele-gante ricciolo barocco che davaall’insieme un’aria spensierata,

una vena di pacata autoironia perla consapevolezza delle vastità delmondo e dei limiti nostri. Uscita dalle mani di un ignoto ar-

tigiano in un tempo che doveva es-sere assai lontano, aveva conservatobagliori dorati che davano toni can-gianti ai verdi e agli azzurri rosatidel vetro con cui era stata creata. E

i tratti opachi, leggermente consu-mati, lasciavano indovinare un cuo-re pulsante di trasparenze.Era uno di quegli oggetti che ci

capita a volte di trovare nei musei.Dentro vetrinette più o meno pol-verose, sistemati in mezzo a tantipiccoli loro simili, esercito anoni-mo di “oggetti di uso comune”, at-tirano immediatamente la nostraattenzione per un motivo che nonsappiamo spiegarci bene ma cheforse è legato all’equilibrio dellaforma o ad alcuni dettagli che cifanno riconoscere in lui l’originalitàe la bellezza che ci parlano di arte edi vita, non di utilità e di morte.La barchetta di vetro, di azzurri,

di verdi, di rosa dorati, grazie aquesta sua particolarità aveva at-traversato, lo si può proprio dire,oceani di tempo senza che nessunodesiderasse mai liberarsene.Non era finita in nessun museo

perché chi l’aveva posseduta, l’ave-va lasciata in eredità e chi l’avevatrovata in case prive di eredi sel’era portata via di nascosto.

Tanti passaggi ne avevano inparte offuscato i bagliori di forna-ce e danneggiato qualche ricciolobarocco ma, nel complesso, la linearestava elegante e slanciata. “Vaselch’ad ogni vento /per mare andas-se/ al voler vostro e mio”. Tenen-dola nel palmo della mano, chiusoa coppa attorno allo scafo, se nesentiva il fresco come di pietre an-tiche levigate dalle carezze dellepersone, frettolose, consapevoli orassegnate. Ma era anche la fre-schezza dell’acqua in cui si sciol-gono i dubbi quella che veniva al-la mente. Se non fosse stato che sisapeva che era di vetro la si sareb-be avvicinata all’orecchio per sen-tire il rumore del mare.Durava da tanto che ormai si

pensava che non potesse rompersimai.Ma un giorno fu lasciata sopra

alla credenza davanti alla finestraaperta ed un Gigante che passavadi là la vide e la volle prendere per-ché, si sa, i Giganti hanno una ve-ra e propria passione per le cose

piccole. Allungò la mano e la pre-se ma era talmente piccola che sci-volò a terra e si ruppe. Per un po’ il Gigante stette a

contemplare i frammenti di verde,di azzurro e di blu che mandavanolievi bagliori dorati alla luce delsole. Li accarezzò con l’enorme di-to tentando forse di ricomporrequalcosa ma, non riuscendo a farnenulla, si rialzò e riprese il cammi-no. Era un Gigante, non si diedepensiero. Avrebbe trovato altrovealtre piccole cose da rubare masentì delle urla alle sue spalle.Tornò allora indietro minaccioso etornando calpestò gli ultimi fram-menti di vetro.”Chi osa gridare alGigante ?” Le urla allora tacqueroper il terrore e solo quando il Gi-gante con un’alzata di spalle se neandò, tutti uscirono a piangere labarchetta perduta.Era bella, era unica, ma era pur

sempre di vetro.Andava trattata con cura.

Lamoldi

UNA VENICE MARATHON DI VETRO Ai vincitori della celebre corsa, coppe con il Marchio Vetro Artistico® Murano

Murano ha corso insieme alla Venice Marathon e ne ha diviso emozionie fatica con i suoi protagonisti. I primi tre vincitori e le prime tre vinci-trici della 27esima edizione della maratona che attraversa il nostro terri-torio da Stra a Venezia, sono stati premiati con coppe in vetro di Mura-no che portano impresso il Marchio Vetro Artistico® Murano (marchiodisegnato da Diego Lazzarini). I trofei nascono dalla collaborazione tragli organizzatori della celebre maratona, lunga 42.195 chilometri, e ilConsorzio, unico gestore del Marchio Vetro Artistico® Murano che negarantisce la provenienza, con l’obiettivo di portare un antico sapere ar-tigianale sulla vetrina di un importante evento mediatico quale la Veni-ce Marathon. Le coppe sono state realizzate da maestri delle aziende con-sorziate secondo l’antica lavorazione della soffiatura. Sono uguali due adue, con dimensioni indicativamente a partire da 45 cm di altezza e suc-cessivamente a scalare dal primo al terzo classificato, ovvero 35cm e25cm circa.“Siamo davvero felici di entrare a far parte dell’organizzazione di questoprestigioso evento che attraversa tutto il nostro territorio e le sue bellez-ze – commenta il presidente di Promovetro, Luciano Gambaro – la Ma-ratona si snoda dalla Riviera del Brenta fino al cuore di Venezia, un ter-ritorio ricco di artigianato e antichi saperi, come il nostro vetro. Per que-sto motivo, abbiamo tutti voluto che anche il Marchio Vetro Artistico®Murano entrasse a far parte di questa squadra: avvicinare l’immagine delvincitore a quella della nostra arte vuol dire ricordare a tutto il pubbli-co che seguirà l’evento che l’arte muranese è un tassello importante del-la storia di Venezia”.

NOVITà superNOVàNOVITà superNOVà

PAOLO PARUTA di Umberto Danesi

LA SPIAGGIA DI LIDO di Giulio Ceresole

LA MIA CITTà DI FUMOdi Anna Maria Giannuzzi Miraglia

VENEZIA LA MIA GENERAZIONE di Giannandrea Mencini

Anna MariaGIANNUZZI MIRAGLIA

LA MIA CITTÀ DI FUMO

m 10-04-2012 15:07 Pagina 1

La barchetta di vetro

Page 6: Nexus 89

le due Citta6 neXus Gennaio-aprile 2013

Bisanzio, Costantinopoli,Istanbul: tre nomi ma unacit tà unica, capitale di ben

tre imperi che hanno lasciato il se-gno nella storia. Venezia, prima fi-glia sottomessa e successivamenteaudace rivale della città sul Bosforo,protagonista di una secolare e impa-ri competizione con la città dai trenomi per il predominio nel Levante.Queste due primedonne, Venezia e

Istanbul, si sono confrontate con co-raggio e determinazione nel corso didieci secoli, si sono potremmo dire“frequentate” senza interruzione perun periodo incredibilmente lungo eintenso, si sono amate (poco) e com-battute (spesso), ma sopratutto hannocostruito e mantenuto un intreccio dilegami economici e commerciali cheha rappresentato per lunghi secolil’asse di sviluppo economico, politicoe culturale di una civiltà dapprimamediterranea e poi europea.Cosa è rimasto oggi di questa lun-

ga e straordinaria avventura, tuttosommato così poco esplorata dallaletteratura, dalle arti e anche dal ci-nema (sopratutto se confrontata conaltri periodi storici) e complessiva-mente abbastanza trascurata dagliitaliani e in particolare dai venezia-ni contemporanei?Dal mio arrivo in Turchia due an-

ni fa, mi sono posto questa doman-da. Non solo per dovere, diciamo ci-vico, di un veneziano chiamato dal-la sorte a succedere ai famosi Bailidella Serenissima alla Corte del Tur-co, ma anche e soprattutto qualeambasciatore della Repubblica ita-liana presso la Repubblica di Tur-chia, paese che si rivela per la nostrapolitica – e sopratutto per la nostraeconomia – sempre più strategico efondamentale alla luce di quanto av-viene oggi nel mondo. Il rapporto fra Italia e Turchia rac-

chiude infatti al suo interno un valo-re aggiunto ben noto ai nostri im-prenditori e uomini d’affari. È unquid difficile da definire, forse si po-trebbe chiamare una “pregiudizialefavorevole”, che fa sì che spesso a pa-rità di condizioni venga preferito unoperatore economico italiano ad altriconcorrenti. Non è quindi solo uneser cizio teorico l’investigare su cosaresti oggi di quella lunga storia co-mune, ma è anche una ricerca che puòrivelarsi un utile strumento per trar-re lezioni da applicare al presente. Comincerei da qualcosa di poco

oggettivo, direi anzi di evanescentee di molto personale: le atmosfere.Credo sia un sentire comune l’affer-mare che Venezia evoca l’oriente,

meglio il levante, nelle sue pietre,nelle sue chiese, nei suoi palazzi, neisuoi portali e nelle sue finestre chesviluppano una forma “moresca” especialissima di architettura gotica.Ma non solo, Venezia è anche

“orientale” nei suoi odori (buoni ecattivi) e nei suoi suoni e rumori, pernon parlare di alcuni piatti della suaspecialissima cucina le cui influenzelevantine appaiono chiarissime. Maal di là delle sensazioni, sempre sog-gettive, Venezia richiama con forzaBisanzio nell’interno delle sue chie-se, nei tasselli dei suoi mosaici e nel -l’oro sparso a profusione: come nonpensare a come doveva presentarsil’interno di Santa Sofia in epoca bi-zantina ammirando oggi le voltedella Basilica di San Marco? Aggiungerei che Venezia mi ap-

pare molto orientale anche per unacerta indefinibile impressione di“confusa agitazione” che spesso av-verto, purtroppo sempre più rara-mente per il rarefarsi dei suoi abi-tanti, in alcuni luoghi e momentiparticolari. Forse il mio giudizio èinfluenzato dalla sensibilità medi-terranea che ho acquisito nei tantianni – oltre dieci – passati in paesiarabi e mussulmani, ma mi sembradi riconoscere talvolta in luoghi emo menti particolari della mia cittàquell’agitazione tipica dello spiritodel mercato, dei suk e dei bazar, chefa sì che gli uomini si agitino e ap-paiano impegnati in attività impor-tanti e cruciali per i loro interessi.Pallidi lampi di quell’affascinanterealtà che doveva essere tutta Vene-zia quando era uno dei principalicardini del commercio mondiale.E Istanbul? Ad un primo approc-

cio, nulla appare più lontano da Ve-nezia della Istanbul odierna. Da unlato la città lagunare, un piccolomondo che vive una decadenza infi-nita e senza speranza, i suoi abitantiridotti a poco più di cinquantamila,lo spegnersi progressivo di tutto ciòche è vitale e produttivo e il con-temporaneo dilagare di un turismovolgare e inutile. Dall’altro la capitale economica e

culturale di uno Stato in grandeascesa, un agglomerato urbano cheha raggiunto con la “Grande Istan-bul” la cifra astronomica di ventiduemilioni di abitanti e che cresce con

tassi di sviluppo secondi solo alla Ci-na. Una realtà in piena espansioneche crede nel proprio futuro, la sestapotenza industriale d’Europa e la se-dicesima nel mondo, che ha costrui-to in tempi brevissimi interi nuoviquartieri con grattacieli alti centi-naia di metri, con una popolazionegiovane la cui età media è ventinoveanni che esprime una fortissima im-pressione di forza e di dinamismo intutti i campi. Cosa possono avere incomune due realtà così diverse? Ep-pure passeggiando per i quartieripiù antichi e fascinosi della città, adesempio Pera (la storica collina dovehanno sempre abitato e abitano glioccidentali) o Sultanahmet (sede de-gli antichi quartieri veneziani pre-conquista), situate ai due lati oppo-sti del ponte di Galata, non si sfug-ge ad una sensazione di familiarità. Le strette stradine che si sviluppa-

no apparentemente senza ordine, gliodori i profumi, le improvvise visio-ni fra una casa e l’altra dell’acqua delCorno d’Oro, i suoni ed i rumori diuna città marittima quasi completa-mente circondata dal mare (Bosforoe Corno d’Oro) richiamano ed evo-cano Venezia in maniera sottile maindiscutibile. Ma non solo. La Residenza

dell’Ambasciatore d’Italia nellaCittà sul Bosforo è collocata nell’an-tica Sede dei Baili della Serenissima,il prestigioso “Palazzo Venezia”, checon i suoi leoni alati e i ritratti deiDogi alle pareti si offre quale testi-monianza concreta della straordina-ria continuità dei rapporti fra la la-guna e il Bosforo. Il quartiere in cui esso si trova si

chiama Beyoglu (l’antica Galata o Peradi epoca bizantina), che in turco si-gnifica “figlio del Bey”. Sorprendel’apprendere che il “Bey” in questionenon è altri che il venezianissimo Do-ge Andrea Gritti, eletto al dogado nel1523, appartenente ad una importan-te famiglia di mercanti veneziani. Il figlio di Andrea, Alvise, nato e

cresciuto proprio a Istanbul, feceuna fortunata carriera presso il Sul-tano, culminata nella nomina a con-sigliere del Pascià d’Ungheria (poiconclusasi tragicamente). Alviseaveva uno splendido palazzo nell’at-tuale zona di Tasksim, a poca di-stanza da Palazzo Venezia, dove ri-

ceveva i suoi ospiti con una sontuo-sità molto “veneziana”.Da qui il nome di “figlio del Do-

ge” che continua nel presente ad es-sere attribuito ad un intero quartie-re istanbuliota, uno dei più impor-tanti di tutta la città. Da venezianodi nascita, mai avrei immaginato ditrovarmi un giorno, a testimonianzadella forza della storia fra le duecittà, a risiedere nella turca Istanbulin un Palazzo che porta il nome diPalazzo Venezia e che si trova per dipiù in un quartiere dedicato al figliodel Doge! Ma ritornando alla domanda ini-

ziale, cosa è rimasto oggi del rap-porto storico fra le due città, la rifor-mulerei in questo senso: al di là del-le emozioni, delle sensazioni, dellesuggestioni nonché delle tracce evi-denti di un passato illustre e irripe-tibile, il rapporto fra Venezia èIstanbul ha qualche elemento di at-tualità che in qualche modo possa ri-condurre il presente al passato? È necessaria una breve premessa.

Ho menzionato di sfuggita la sor-prendente crescita economica che laTurchia ha vissuto nell’ultimo de-cennio e che continua tuttora a regi-strare. L’economia turca a partire dal2002 si è prepotentemente svilup-pata non solo e non tanto nei settoritradizionali (industria pesante, mec-canica, cantieristica e servizi) quasitutti concentrati nella regione diIstanbul, Smirne e in generale nellafascia costiera dell’Egeo, ma anchein parti del paese prima trascurate:la cosiddetta Anatolia profonda,l’interno e le zone orientali e meri-dionali del paese (da cui il nome di“tigri anatoliche” dato ai nuovi im-prenditori). In queste zone del Paese capanno-

ni sono sorti con impressionante ra-pidità ed ospitano attività industria-li di ogni tipo, imperniate su azien-de generalmente di tipo monofami-liare e di dimensioni medio-piccole,molto flessibili ed aggressive suimercati. Uno sviluppo che può ac-costarsi a quello vissuto dal Veneto,negli anni ’70/80, quando assistem-mo alla esplosione del “modello ve-neto” di piccola-media impresa,strutturato nei distretti industriali econsiderato tuttora, nonostante leserie conseguenze della crisi econo-

mica, un modello imprenditorialedi grande successo.La conseguenza è stata che questi

nuovi imprenditori hanno comin-ciato a guardare all’entroterra di Ve-nezia, alle nostre piccole- medie im-prese quali partner ideali per svilup-pare le loro imprese. Oggi questo fe-nomeno è in pieno sviluppo, noncompiutamente studiato e quantifi-cato (nel quadro delle esportazioniitaliane pari a 13 miliardi di USD ilVeneto esporta oggi in Turchia circa500 milioni di dollari all’anno) macertamente è per noi un elemento digrande interesse, soprattutto se con-frontato con la difficile congiunturaeconomica attraversata dall’econo-mia italiana ed europea. Ben tre voli quotidiani collegano

Istanbul a Venezia, due gestiti dallacompagnia di bandiera turca e unodalla nostra, e sono voli affollati nonsolo di turisti ma in prevalenza da uo-mini d’affari turchi e italiani. Anchesul mare vi è grande fermento e sonoallo studio vari tipi di collegamenticommerciali marittimi tra le due cit -tà. Di recente il Presidente del Por todi Venezia ha effettuato una riuscitapresentazione proprio nella sede deiBaili sul Bosforo delle future poten-zialità di collegamento marittimoche ha riscosso grande interesse daparte degli operatori del settore.Insomma possiamo dire che que-

sti nuovi e promettenti sviluppistanno risvegliando quell’asse com-merciale tra Venezia e Istanbul cheper secoli ha creato benessere e op-portunità economiche tra MareAdriatico ed Egeo? Sarebbe una let-tura storicamente affascinante diquanto oggi avviene, ma anche og-gettivamente eccessiva. Quel che è certo è che oggi regi-

striamo dopo molto tempo una cre-scita dell’interesse reciproco sul pianoeconomico-commerciale, alimentatadai sostenuti tassi di sviluppo del -l’economia turca che ben si coniuga-no con le opportunità tuttora eleva-tissime e di grande qualità che carat-terizzano l’economia del Triveneto.Ma chissà che il riaccendersi dei

contatti commerciali fra le due anti-che rivali non trasferisca sulla lagu-na un pò del dinamismo e della fi-ducia nell’avvenire che oggi ha ilgiovane popolo erede dei Sultani emagari anche qualche idea su comedisegnare il prossimo futuro dellanostra città. Sarebbe già un ottimo,direi storico, risultato.

Gianpaolo ScaranteAmbasciatore d’Italia

presso la Repubblica di Turchia

Gemma Moldi e Alessandra Prato

A Venezia c’è un cammello

Primo titolo della nuova col-lana di Supernova ‘VeneziaFiabe e Leggende’ affidata aDaniela Zamburlin, A Vene-zia c’è un cammello racconta lastoria di un cammello dimarmo che esce dal muro incui è scolpito, precisamentequello di Palazzo Mastelli, esi trasforma in un cammelloin carne ed ossa. Da Campo

dei Mo ri, nel sestiere di Can-naregio, per calli e campielli,il pic colo Mom basa, questo ilnome del cammello, attra-versa Venezia incontrandopersonaggi anche molto fa-mosi, lungo un itinerario chelo por terà fino a San Marcodove, al Teatro La Fenice, as-sisterà beato ad un concerto.

Scritto a quattro mani daGemma Moldi (autrice an-che dei disegni) e AlessandraPra to) questo lungo raccontofantastico suddiviso in quat-tro storie si presta a molte let-ture e suggerisce vari appro -fondimenti: di tipo storico,culturale, anzi multicultura-le, linguistico, toponomasti-co e perfino gastronomico

dato che Mombasa seguepro fumi d’Oriente e soprat-tutto quelli delle spezie sulcui commercio si basò unafetta importante della poten-za economica veneziana aitempi della Serenissima Re-pubblica. Pur non essendouna fiaba in senso proprio,della fiaba presenta alcunecaratteristiche fondamentali:appaga e stimola la fantasiaed è istruttivo senza esserepedagogicamente moralisti-co; mescola inoltre sapiente-mente storia e magia ed haanche il pregio di esserestrettamente legato al territo-rio del quale restituisce la ric-chezza. La città attraversatada Mombasa è una Venezia

magica e misteriosa, piena disussurri, echi, fruscii, di sta-tue che parlano tra loro rac-contando e raccontandosistorie e intessendo profondilegami di amicizia con pan-tegane, gatti e gabbiani. Perbambini e per adulti curiosidi riscoprire la dimensionemagica di Venezia, questoelegante libretto può costi-tuire anche un’insolita guidaper quei turisti che non si ac-contentano dei soliti itinera-ri.

Gemma Moldi e Alessan-dra Prato vivono a Mestre inun quartiere multietnico.Studiose di storia e di teatrolavorano da anni nella scuo-la dove cercano di insegnare

il valore dell’incontro tra leculture del mondo.

Marta Valentini

A Venezia c’è un cammelloSupernova, pagine 100, euro 12

VENEZIA E ISTANBULCome la storia oggi si rinnova

Page 7: Nexus 89

CulturaGennaio-aprile 2013 neXus 7

Si è conclusa il 25 novembre la13. Mostra Internazionale diArchitettura, che ha introdotto

un innovativo approccio al tema,evidenziato già ad iniziare dal tito-lo Common Ground. La mostra ha in-teso essere un territorio di condivi-sione, sia fisico, che temporale, daconsiderare bene comune, luogo incui architetti, committenti, citta-dini possano ricercare le coordinatetramite le quali accedere a modellidi riferimento, recuperare memoriae consapevolezza delle basi cultura-li comuni, da cui muovere per rea-lizzare architetture in grado di in-terpretare le esigenze concrete dellacollettività.La vera novità della 13 Biennale

di Architettura è stata, infatti, la ri-cerca di concretezza, il desiderio dicalare l’architettura nella realtà, co-me enunciato dal Presidente PaoloBaratta e dal curatore David Chip-perfield, per favorire un approcciodiretto con l’architettura e propor-re, al di là del glamour, delle mode edelle tendenze, la collettività civilequale committente e ricondurrel’architettura a rispondere alle esi-genze della popolazione preservan-done, al tempo stesso, il livello qua-litativo, senza banalizzarne gli esiti,senza condannarli alla mediocrità.In quest’ottica, l’architetto, calan-dosi fin dalle fasi che precedono ilprogetto, nel sistema dei rapportiche qualificano la società civile, èchiamato a produrre non un’archi-tettura di lusso, di spettacolarizza-zione, ma un bene necessario allavita quotidiana, in sintonia con leistanze prepotentemente poste inluce dalla crisi internazionale. Si riparte, quindi, da un approc-

cio concreto, dal desiderio di pro-porre architetture reali.La Mostra, nelle due sedi dei

Giardini e dell’Arsenale, ha svilup-pato il suo intento programmatico

con approcci diversi e suggestivi,stimolando la riflessione anche sulruolo dei modelli architettonici,che, entrati a far parte del patrimo-nio culturale dell’architettura, sonostati replicati e reinterpretati, piùche “copiati” e hanno trovato diffu-sione a livello in-ternazionale, allediverse latitudinidel globo; tra essi,per citare unesempio, “La Ro-tonda” di AndreaPalladio, di cuiun modello è sta-to esposto alleCorderie dell’Ar-senale. Lo spazioespositivo delleCorderie è da mesempre istintiva-mente vissuto efruito come uncontinuum spazia-le, un unicum incui mi piace tran-sitare e soffermar-mi solo quando il richiamo, permotivi a volte del tutto personali,impone una sosta. Il dato che mag-giormente mi affascina e mi cattu-ra nell’allestimento di questo luogospeciale è lo scorrere tra mille ri-chiami, che non devono, tuttavia,se non in alcuni casi, essere necessa-riamente approfonditi, ma che tes-sono un sistema di reti e di riferi-menti avvolgente, in cui è estre-mamente piacevole muoversi, na-vigare, facendosi talora catturareda impressioni veloci come battitidi ciglia, che riproducono i modistessi con cui percepiamo i conti-nui inviti perentori delle città in

cui ci muoviamo, esentati dal rac-coglierli tutti.Così mi sono soffermata dinanzi

alle raccolte, agli inventari di og-getti più diversi, souvenir, o reperto-ri di forme anatomiche, di capi diabbigliamento, con sottintesi pre-

cisi rapporti tra le parti, replicati daarchetipi architettonici in qualchemodo ad essi affini, quasi un’equa-zione tra corpo, stili fashion e for-mule architettoniche e per più diun secondo sono stata attratta dalsuono di un concerto privato, cheusciva da una scatola con porticina,strettamente riservato, quasi inac-cessibile, che induceva al sorriso.La concretezza del fare architettu-

ra è stata evidenziata da ripiani co-perti da sconfinati plastici di città,da progetti che talora rivestivano lepareti e a volte erano impressi sulpavimento stesso degli spazi esposi-tivi o dal divenire “del costruire”

che traspariva, allusivamente, dalnido di legno azzurro del nuovo Pa-diglione Argentina.L’opportunità di interagire offer-

ta al visitatore ha assunto varie for-me: dalla possibilità di esplorare di-rettamente prototipi di architettu-

re materiche,costruiti in le-gno o terracot-ta, in scala 1: 1,all’afisicità del-la consultazio-ne proposta dalP a d i g l i o n eRussia, estre-mamente sug-gestivo nellasua modalitàespositiva. I treambienti delP a d i g l i o n e ,completamen-te ricoperti dacodici QR, era-no decodifica-bili dai visita-tori tramite i

ta blet distribuiti all’ingresso o di-rettamente tramite gli smartphones.La seducente scenografia delle pa-reti interamente foderate di codiciQR e la cupola, al centro della qua-le lo splendore del verde delle fo-glie contrastava deliziosamentecon il virtuale, immateriale mosai-co di codici, è risultata per me piùcoinvolgente del progetto stesso,celato dietro i tasselli, pur denso dicontenuti, che ho percepito quasicome un pretesto per giustificarel’installazione.Anche il Padiglione degli Stati

Uniti d’America ha invitato ad unruolo attivo il visitatore, che pote-

va intervenire nella selezione deipannelli esposti.Perno della proposta del Padiglio-

ne Italia è stata la visione utopica diAdriano Olivetti, accompagnatadalle riflessioni sulle quattro stagio-ni dell’architettura italiana, dalla“nostalgia di futuro” di AdrianoOlivetti, alla sfida della quarta sta-gione, che incrocia il tema di Expo2015, Nutrire il pianeta, con consi-derazioni sul ruolo del paesaggioagrario, dall’economia rurale in gra-do di organizzare spazi, alla neces-sità di non consumare territorio. Al-la conferenza stampa dell’inaugura-zione ho apprezzato gli spunti eti-mologici proposti da Davide Ram-pello, riferiti al tema di Expo 2015:cultura da colere, coltivare; abitare daincolere. L’affermazione “non si abitase non si coltiva” richiama il ruolofondamentale del l’agricoltura nellastoria del l’u ma ni tà; è l’attività agri-cola che lega l’uomo, prima nomaderaccoglitore e cacciatore, a un luogoin cui abitare stabilmente.La visita, infine, al restaurato Pa-

diglione Venezia, in cui si sono pre-sentate le sette chiese del londineseNicholas Hawksmoore, caratteriz-zate dai landmarker delle elevate cu-spidi, ha comunicato, grazie alla so-brietà dell’allestimento, una sensa-zione rasserenante.Da segnalare – tra gli eventi col-

laterali – la storia delle Expo neldocufilm proposto da Monica Mag-gioni.Pur nella dichiarata volontà inno-

vativa, la 13. Mostra Internazionaledi Architettura non ha tralasciatoim portanti elementi di continuitàcon le recenti edizioni, quali le nu-merose iniziative di diffusione e di-vulgazione tra cui il progetto Bien-nale Session, al quale hanno aderito77 Uni ver sità di 21 Paesi.

Linda Mavian

INTERVISTA A CLARISSA ZOTTINOModella testimonial del calendario 2013 dell’Istituzione Gondola

a cura di Nicola Falconi

Chi è Clarissa Zottino? Una ragazza di San Donà di Piave, mo-della. Una professione a cui ho sempre pen-sato dopo aver conseguita la maturità. Hoiniziato quasi casualmente: un’amica mo-della di Nova Goriça mi ha consigliato dipreparare un book e contattare un’a genziafotografica e alcune agenzie di moda. Sonopoi stata Miss Antenna 3 e testimonialdella campagna fotografica di prodotti co-smetici naturali Botega Verde. Sono anchestata co-conduttrice televisiva in un’emit-tente interregionale, hostess congressuale eprotagonista di eventi e presentazioni.

È più difficile essere modella in Ve - neto piuttosto che a Milano o Roma?Certamente avrei avuto più possibilità so-prattutto a Milano, ma amo la mia terra eper il momento preferisco vivere in Veneto.

Che effetto fa vedersi nei manifesti? Mi sono trovata a mio agio, era proprioquel lo che desideravo.

Che ne pensano i tuoi genitori? Mi hanno sempre appoggiato, mi conside-rano una donna responsabile.

Come sono i rapporti con i genito-ri e che cosa hai preso da loro?Un bel rapporto. Ho preso molto da en-trambi. Forse il mio carattere assomigliaun pò di più a quello di mio padre.

Quali amicizie, quali studi?Poche e selezionate amiche donne e un po’più amici uomini. Le amiche vere non sonomai gelose e sono sostanzialmente quelle conle quali sono cresciuta. Ho fatto l’univer-sità a Trieste, bellissima città di mare do-ve mi sono laureata in biologia marina. Ioamo la natura e il mare.

Quanto importante è l’amore peruna giovane modella come te?È una cosa bella che riempie il cuore, manon è al momento lo scopo della mia vita.Il mio obbiettivo oggi è la mia soddisfa-zione professionale, ritrovare me stessa inquello che faccio. Quanto al mio esserefemminile, io per natura sono indipenden-te e autonoma, non mi pia ce vedere le don-ne totalmente dipendenti dal propriopartner. Quanto poi ai cortegggiatorinormalmente sono gentile, ma se insistonotroppo sparisco!

Oggi si parla di violenza fisica e psi-chica sulle donne, cosa ne pensi?Per me è assolutamente inaccettabile ma soche certe ragazze sopportano in silenzio, iocon il mio carattere non lo farei mai!

Clarissa tu sei gelosa?No. Non è un sentimento che m’appartiene.

Cosa ti piace in un uomo e cosa nonti piace?Apprezzo il carisma e la dolcezza, detestol’insicurezza e la gelosia.

Come vivi i tuoi sentimenti con lealtre persone che ti sono vicine, in-cluse le compagnie che frequenti?Certamente amo stare in compagnia e vi-vere le amicizie ma non ho ancora vissutouna storia d’amore decisiva.

E l’amore verso gli animali?Sono una parte della mia vita, li adoro esono quasi più attenta a loro che non a cer-te persone. Volendo fare una battuta possodirti che a volte mordono più le persone chegli animali!

Come vivi il tuo essere una biologa?Certamente significa che amo molto la na-tura e gli animali come ho detto prima, masono assolutamente convinta di vivere benein città e credo che alla fine gli studi dibiologia mi rimarranno come un importan-te bagaglio culturale ma, difficilmenterap presenteranno una professione.

In un futuro vorresti un figlio ma-schio o femmina?Al momento non ci penso, ma se in futurodo vessi averne, sarebbe solo uno e maschio.

Cosa pensa Clarissa della politica?Oggi c’è molta confusione ma io ho le mie ideeche sono libertarie e quindi nella società po-litica attuale potrei definirmi una liberale euna moderata assolutamente moderna.

Nell’immaginario collettivo, le bel-le ragazze come te sono spesso as-sociate al mito dei motori. Ti rico-nosci anche tu in questo?Certamente. Amo la velocità e adoro le au-tomobili sportive, soprattutto quelle tede-sche, così come mi piace anche tutto quelloche naviga o vola .

Ma quanto affermi non contrastacon il tuo amore per la natura?No assolutamente. Io sono una donna mo-derna. Amo il lavoro, mi piacciono glieventi e mi piace conoscere gente nuova. Inquesto mi sento un po’ futurista e donna dicittà!

Beh, vediamo in conclusione alloraquali sono le cose che piacciono aClarissa Zottino.Mi piacciono attori come Scorsese e Di Ca-prio. Come donna il mio modello di riferi-mento è Nicole Kidman.Adoro leggere ro-manzi, guardo la TV, ma molto poco e so-lo alla sera. Amo profondamente la musi-ca degli anni Ottanta e all’estate preferi-sco stagioni come l’autunno e l’inverno,anche se in realtà sono molto freddolosa,ma fa ccio la modella non possso abbron-zarmi...

Per chiudere, Clarissa come haivis suto l’esperienza di testimonialdel calendario ufficiale 2013 dellaGondola di Venezia?Era un’esperienza che mi mancava. Moltointeressante davvero, anche perché legataalla città d’acqua più famosa al mondo enella quale ogni volta riesco a scoprirequalche cosa di nuovo.

Recentemente però sei stata anchetestimonial di un video promozio-nale della Guardia di Finanza. Cheimpressione ne hai ricevuto?È stato molto bello e davvero insolito. Misono assai piaciute le scene d’azione, i mo-toscafi velocissimi e gli elicotteri. Propriouna bella esperienza. Il video sarà presen-tato il 28 gennaio 2013 a Milano, a Pa-lazzo Reale.

BIENNALE ARCHITETTURA

Clarissa Zottino in un’immagine pubbli-citaria (sopra) e testimonial del Calenda-rio dei Gondolieri (sotto)

Page 8: Nexus 89

ANCORA SUL TRAMCome molti sanno, dal 2 ottobre 2012 il tram di Mestre è fer-

mo, perché, a seguito della rottura di uno dei giunti della reteelettrica a cui il mezzo è collegato, si è scoperto che tutti quel-

li in precedenza posati non vanno bene ed è necessario sostituirli. Al-cuni dicono che siano 500. Altri 600. La data in cui é prevista la fine dei lavori di sostituzione e il riavviodel servizio subisce continui slittamenti in avanti. L’ultima previsioneè per il 14 gennaio 2013, naturalmente. Non 2014? Non è ancora chiaro a chi si debba attribuire la colpa di aver posatodei giunti inadeguati. Il cerino è per il momento rimasto in mano al -l’impresa esecutrice, che si è impegnata a sostituirli con altri dellostesso tipo di quelli che sono stati usati a Padova. Il numero dei palidi sostegno dovrà restare però inalterato, con una distanza tra l’uno el’altro che risulterà maggiore di quella che hanno nella città del San-to. Non saranno quindi costruiti altri pali, per fortuna. Ma saranno ingrado quelli esistenti di reggere il peso dei nuovi giunti, significati-vamente maggiore di quelli che vanno a sostituire?

Il contenuto emotivo che la vicenda del tram di Mestre ci riserva nonha nulla da invidiare a quello di una sceneggiata napoletana. C’è daridere, da piangere, da restare col fiato sospeso. Da indignarsi e da im -bestialirsi.Ma, suvvia! Cerchiamo di essere positivi, costruttivi. Guardiamo lapar te bella delle cose. Perché c’è una parte bella, in questo fattaccio.Il fermo del tram, infatti, ci permette di capire come può essere la nos-tra città senza questo straordinario mezzo tecnologico. Ed ecco che lascopriamo più bella. Intanto, si constata subito che senza il tram iltraf fico è molto più scorrevole. Ci sono meno code, meno intasamen-ti, le auto in giro sembrano meno. Si tira un sospiro di sollievo.Per limitare i disagi degli utenti, prontamente l’Actv ha predispostoun servizio sostitutivo, utilizzando due autobus nella tratta attiva deltram, tra il capolinea di Monte Celo, a Favaro, e via Sernaglia. Inveceche far correre i due autobus uno di seguito all’altro, con la stessa fre-quenza del tram, dopo un primo periodo l’Actv ha deciso di farli cir-colare distanziati. Ecco così un’altra cosa buona. Gli utenti si trovanoa disporre di un servizio con una frequenza raddoppiata, al punto cheè quasi continuo.

L’autobus, dunque, si rivela migliore del tram. Ma quanto costa? L’Actv sostiene che costa parecchio. Per la precisione 50.000 euro al-la settimana, dichiara, e chiede di essere rimborsata dall’impresa es-ecutrice. Nell’attesa di sapere chi pagherà, questa informazione ci per-mette intanto di abbozzare un po’ di conti. Il costo del tram, secondo le stime a suo tempo divulgate, era di 168milioni di euro, ma valutazioni più recenti parlano di 200 milioni.Con una semplice divisione si arguisce che impiegando diversamentequesta somma si poteva assicurare il servizio sostitutivo di autobusper 4.000 settimane, cioè per più di 76 anni! Interessante: col solo costo di costruzione del tram, si potrebbero usa real suo posto degli autobus, che si rivelano migliori, per una vita intera.Con una spesa per giunta che andrebbe diluita lungo tutta la durata del-la vita, e non si dovrebbe effettuare da subito tutta in una botta. Da subito si avrebbe invece, senza essere costretti a massacrare fisica-mente ed economicamente tutta una città, un servizio più efficace, piùcomodo, più flessibile, più reversibile. Ma soprattutto reale, mentrequello del tram rimane, considerando che i lavori di costruzione sonoiniziati nel 2004 e non si riesce a immaginarne la fine, un miraggio acui non si arriva mai. Qualcuno potrebbe giustamente obiettare che quello è il costo pre-visto per la costruzione dell’intera tramvia nella sua configurazione fi-nale, mentre il costo del servizio sostitutivo si riferisce alla sola trat-ta già costruita, tra Mestre e Favaro, che è circa un terzo del percorsocompleto. Pertanto andrebbe confrontato col costo di questa primatratta. Lo stesso potrebbe inoltre voler far notare che il costo di co -struzione del tram è per il 60% finanziato dallo Stato e solo la restanteparte è a carico della comunità locale. Quindi, l’importo da con-frontare col costo del servizio sostitutivo dovrebbe essere soltanto il40%. Come se lo Stato fosse Pantalon.Certo, questo qualcuno dovrebbe far finta di dimenticarsi che i 200milioni di cui stiamo parlando sono i costi di sola costruzione del tram,cui andrebbero aggiunti quelli di gestione, non certo da poco, relativial personale, all’energia elettrica, alla manutenzione e a chissà cos’al-tro ancora. E dal punto di vista finanziario è esageratamente piùoneroso spenderli tutti all’inizio, piuttosto che dilazionati in decenni.

Ma non viene voglia neanche di replicare, a questo qualcuno.

Lorenzo Bottazzo

Quale città potrebbe maireggere il confronto conVenezia? Facile di re che

Mestre è una brutta città, ma comepotrebbe essere bella vestita di ce-mento, ornata di strade, tangen-ziali e raccordi, imbellettata con lafuliggine e profumata di fumi ca-tramosi. No, non è semplice af-fiancarsi alla “perla del Mediterra-neo” a quella città realmente uni-ca al mondo e provare a portare confierezza l’indelebile definizione di“Centro urbano di Venezia fruttodel boom economico degli anniCinquanta e Sessanta”.Mestre viene comunemente raccon-tata come una accozzaglia di archi-tetture frutto di geni incompresi. La confusione d’identità è un argo-mento delicato. Ciò che si tenta ditogliere a Venezia per darlo a Me-stre diviene privazione inesorabileper Venezia e viceversa. Doppia èla natura di questo comune “in co-mune”. Tra Mestre e Venezia c’èrealmente un legame forte che de-ve provare a posare il suo baricen-tro nel mezzo.

Qual è dunque la più fragile? Quale la più forte?

Sono due domande che a prima vi-sta offrono una risposta semplice eforse la più classica.

VENEZIA è sicuramente la realtàurbana più debole. La “cittàsull’acqua” da molto tempo dimo-stra di resistere alla lotta con la na-tura. Natura ribelle che potrebbein pochi istanti af fondare e in-ghiottire secoli di storie, di vite, di

volti. Venezia lotta ogni giorno eogni giorno sopravvive. Questa è lasua fragilità. È romantica, deca-dente nell’immaginario collettivo.Da sempre. Ma non è sempre statocosì. La Serenissima Repubblicanon era fragile, non era dimessa an-zi era la forza. Conquistatrice, Po-liglotta, Mercante, Artista. Offrivase stessa e di se stessa si nutriva.Profumi d’oriente, calli invase diogni creatura, geni, letterati, poli-tici e vescovi. Venezia non si è ri-sparmiata ha saputo accogliere eora la sua potenza è anche questa.Venezia è unica e questa sua famale permette di essere protetta e di-fesa perché aggredita e messa allestrette da un lento abbandono deisuoi abitanti. Muoversi, vivere,abitare in città ora risulta faticoso,costoso e poco allettante. La suadu plice faccia riporta da un lato ilprestigio di una reputazione chenei secoli ha conquistato e dall’al-tra la fragilità del l’og gi che è volu-ta dall’uomo stesso, suo creatore,che preferisce calpestarla per pocheore e per curiosità piuttosto che vi-verla ed animarla. Realtà interna-zionali come la Bien nale, la Mostradel Cinema e lo stesso flusso conti-nuo di turisti 365 giorni l’anno do-vrebbero riuscire a dipanare ognidubbio su come affrontare la que-stione della fragilità e trovarequindi la soluzione. Le casse delComune dovrebbero essere piene ei servizi pronti ad attuare il pianodi salvaguardia della città.Non vorrei entrare nel merito, macredo qui di aver trovato, accom-pagnata da altre letture ed opinio-ni, il punto cardine della questio-

ne: Mestre.MESTRE quindi oltre a doverconvivere con la fama di “bruttocentro urbano di Venezia”, po-trebbe anche diventarne l’alibidella sua fragilità. Mestre accu-mula le immondizie mo rali dellacittà di Venezia. Ma come siamomessi in quanto a fragilità? Essaha la stoffa e la scorza sufficiente-mente ruvida per sopravvivere alvicino alle volte ingombrante ecomunque riuscire a suo modo afar parlare di sé. Inoltre è duttile,ha cambiato forma negli anni conestrema facilità, tenta in ogni mo-do di adattarsi al nuovo, dimostraun’accoglienza che vagamente ri-corda l’antica Venezia, diventa ilpunto di sosta, approdo di molti.Forse non è stata preparata in pas-sato a questo ruolo dovuto, ma orala trasformazione è iniziata. Oggi sembra si sia capita l’impor-tanza di un polo complesso comequello dell’entroterra venezianoche non può ovviamente prescin-dere da Venezia stessa.Il nesso? Tentare il connubio ar -mo nioso tra questi due mondi fra-gili e forti ad intermittenza ricono-scendone l’indispensabilità reci-proca.La linea di confine sembra indivi-duata, simbolicamente il ParcoSan Giuliano è forse l’anello dicongiunzione. La vista da lì è spe-ciale. Riesce, con tutti i suoi pro esuoi contro, a offrire una chiara vi-sione di insieme di questo nucleourbano a due facce.

Alessandra Rosset

nero lavaGna8 neXus Gennaio-aprile 2013

NOVITà superNOVà 2013NOVITà superNOVà 2013IN CORSO DI STAMPA

Quattro stagioni di Armando PajalichRêveries di Bruno BiancoIl primato del Papa di Claudio TurinaLido di Venezia – Atlante storico di G. DistefanoWagner a Venezia di Virgilio Boccardi

IN PREPARAZIONE

Tra velme e barene antologia di poeti venezianiIl relitto del Molo Sud a cura di Andrea FalconiMosaico Venezia di Giovanni TalaminiI racconti del giovedì grasso di Federico FontanellaIl romanzo di una vita perduta di Aldo Vianello

Venezia/Mestre confronto necessario Parco di San Giuliano linea di confine

Page 9: Nexus 89

HOTEL MONACO & GRAND CANALdi Gabriele Prigioni

emore dei sospiri casa-noviani s’innalza, sullariva sinistra del Canal

Grande, riflettendo la sua imma-gine sulla sfera dorata della Puntadella Dogana: l’Hotel Monaco &Grand Canal.Le frammentarie notizie circa

Palazzo Dandolo, nucleo storicodel complesso alberghiero, riman-dano, per una idea concreta, alleimmagini disponibili di questo, inparticolare alla veduta prospetticadi Jacopo de’ Barbari nella qualel’edificio appare arretrato rispettoal Canal Grande.Lo stile gotico fa supporre che

sia stata operata una ristruttura-zione, datata metà del Trecento,sulle vestigia di una casa fondaco.La famiglia Dandolo non sog-

giornò abitualmente nel palazzo,sembra, infatti, che già nei primianni del Quattrocento una partefosse stata affittata.Nel 1542 vi dimorò Guglielmo

Pellicier, vescovo di Rodi e amba-sciatore di Francia.Nel 1638, nel tentativo di argi-

nare l’irrefrenabile passione per ilgioco d’azzardo, esplosa in città,dietro concessione governativa,Marco Dandolo apre nel suo palaz-zo il Ridotto.

Nella seconda metà del Sette-cento la struttura e l’attiguo corti-le, ad opera dell’architetto Bernar-do Maccaruzzi, furono restaurati.Anche la zona circostante vennemodificata con l’edificazione di al-tri corpi di fabbrica: Palazzo Valla-resso poi Erizzo, attuale Hotel Mo-naco e degli abituri adibiti a pri-vate abitazioni.Dopo la soppressione del Ridot-

to nel 1774, il complesso fu ricon-vertito in sede di uffici, deposito dimateriali, locale per feste di carne-vale. Negli anni Trenta del Nove-cento fu soggetto ad ulteriori ope-re di restauro con il precipuo sco-

po di aprire un nuovo Casinò mal’opinione contraria della Curia fe-ce sfumare il progetto. Divenuto sala di proiezione del

Cinema Modernissimo, la struttu-ra, allogò fino agli anni Ottanta delNovecento il Teatro del Ridotto.Passò di mano nel 1992 quando

divenne possesso del Gruppo Be-netton che nei primi anni del Due-mila pose in opera dei restauri.L’hotel, il cui ingresso principa-

le è in Calle Vallaresso, dispone di98 camere e 6 suites con vista sulCanal Grande arredate in stile ve-neziano con un felice connubio traBarocco e Minimalismo.

Questa rubrica di GabrielePrigioni è dedicata agli al-berghi in palazzi storici diVenezia.

Sono già apparsi i seguenti articoli dedi-cati a: Hotel Danieli (Nexus 73) Hotel Gritti (Nexus 74)Hotel Palazzo Priuli (Nexus 75) Hotel Bauer (Nexus 76)Hotel Ca’ Sagredo (Nexus 77)Hotel Europa&Regina (Nexus 78)Hotel Luna Baglioni (Nexus 79)Hotel Ausonia&Hungaria (Nexus 80)Hotel Cipriani (Nexus 81)Hotel Molino Stucky (Nexus 82)Hotel Cavalletto e Doge Orseolo (83)Hotel Metropole (84)Hotel Centurion (85)Hotel Gabrielli Sandwirth (86)Hotel San Clemente (87) Hotel Palazzo Stern (88)

SLANCIdi Cristiana Moldi Ravenna

Veneziacittà fragile

Venezia è una città fragilissima,città di vetro; luci riflesse, nella tre-molante gibigiana che specchia l’on-da luminosa del rio sulle pareti del-le case, dei ponti, ancor più sfaccet-tata da vetri esagonali piombati.Spazi e luoghi che sono più una sen-sazione, una proiezione del desideriodi luce. Colori impossibili, troppochiari e caramellosi o troppo bianchio troppo cupi. Incertezza continuadi quello che si troverà la mattinadopo: più fumi che anneriscono imarmi, più acqua alta che corrode etrasforma la fascia del limite tra ac-qua e fondazioni di palazzi, più ver-de pallido incolore, o più verdastro equasi nero melmoso, più incrosta-zioni di molluschi putridi. Frammentazione totale voluta e te-muta. “Ma come riescono a stare su i pa-lazzi maestosi così sospesi sull’ac-qua?” mi chiedeva una turista miaamica. Ce lo domandiamo anchenoi ogni volta che arriviamo inpiazza san Marco, oppure quandoattraversiamo il Canal Grande e ri-maniamo stupefatti, sempre comefosse la prima volta, davanti ai no-stri palazzi così massicci, decoraticon statue di marmo, fregi, affresci.Una miracolosa perizia di ingegne-ri della costruzione, ci ha lasciato ineredità un patrimonio dell’umanitàunico, che molte nazioni ci invidia-no, che da tutto il mondo voglionoammirare di persona, “...e la realtàè ancora più forte dell’aspettativa”. Alberi lunghissimi in arrivo dal Ca-dore attraverso i famosi “fiumi dilegno” (così chiamati perché i tron-chi d’albero tagliati in montagnaarrivavano alle Zattere trasportatidalle acque dolci del fiume) hannoformato delle strutture reticolari dimilioni di pali conficcati nel terre-no fino ad arrivare al duro caranto ehanno quindi permesso la costru-zione di fondazioni tanto elasticheda adattarsi ai bradisismi naturalicui la laguna è soggetta. Sono sorticosì i maestosi palazzi così forti esolidi. Fino a quando? A Veneziabi sogna cambiare registro, ade-guarsi a dei tempi unici, lenti, den-si, pieni del significato del vivere.Oggi più che mai abbiamo bisognodi fermarci a riflettere sull’andare esul venire, sui passi da contare, suquello che non funziona più dellanostra civiltà contemporanea. La vi-ta di tutti sta perdendo valore, ciconfrontiamo con le difficoltà, lescarse capacità. Noi veneziani, persalvarci, dovremmo adattarci a ridi-ventare primitivi, e già in parte lofacciamo quotidianamente, forsepotremmo anche insegnare agli al-tri come si riesce a vivere in unacittà così difficile. Non c’è nessunaltro posto al mondo migliore diVenezia per organizzare corsi di“Vita”.

MHotel Monaco & Grand Canal

Attilio Carminati

fra storia e mito

Xenos e la Bestia di AttilioCarminati, appena pubbli-cato dalla Matteo editrice,è il romanzo visionario diun poeta novantenne usoad esprimersi su due regi-stri espressivi cioè “venes-sian e italian” (come diceva

il grande Giacomo Noven-ta). Carminati prosatore èquasi un inedito, il roman-zo è comunque una sicuranovità, un’autentica av-ventura metafisica, quasiun testamento d’artista.

Il titolo del romanzo – qua-si un’allegoria – è moltoforte, direi addirittura in-quietante: Xenos, lo stranie-ro, e la Bestia scritta con lamaiuscola, cioè personaliz-zata: che storia ci aspetta?Da dove emergono questipersonaggi in conflitto?Siamo di fronte a una favo-la, a una storia romanzatacon spunti mitologici?

È un’opera complessa, di-ciamo pure una appassio-nata fantasticheria lettera-ria, o meglio un conte philo-sophique ricamato su unatrama reale, sulla storia esulla Bibbia (l’Apocalisse).

Elio Jodice

nero lavaGnaGennaio-aprile 2013 neXus 9

PROGRAMMA INCONTRI e ATTIVITA CULTURALI del CLUB UNESCO DI VENEZIA (gennaio-marzo 2013)

GENNAIO 2013 * Venerdì 11– ore 17.00 Capitaneria di Porto, S. Marco 1304/A “Trasformazione culturale della famiglia dal dopoguerra ad oggi”Relazione della prof.ssa Matilde Caponi * Giovedì 17– ore 15.30 Palazzo Zorzi, Castello 4930“La bellezza imperfetta del Cosmo” Relatori: ing. Gianpietro Marchiori, prof. Massimo Capaccioli* Giovedì 24– ore 17.00 Presidio Militare "Cornoldi" Riva degli Schiavoni “Haveli (palazzo) dello Shekhawati (India): tra architettura e pitture murali”Relatrice Annalisa Antonich, presenta la segretaria Paola Monello

FEBBRAIO 2013* Venerdì 1– ore 17.00-22.00 Hotel Carlton, S. Croce 595/A “Grande Festa di Carnevale”* Giovedì 14– ore 17.15 Teatro dei Frari, S. Polo 2464/QPer il ciclo Maestri del dialogo: “Luigi Sartori”Relatori: Giovanni Brusegan e Roberto Giraldo* Venerdì 22 – ore 17.00 Presidio Militare "Cornoldi" “Si può educare alla politica?”Relatore prof. Giuseppe Goisis * Giovedì 28– ore 17.00 Presidio Militare "Cornoldi" “L'ICAI: la sua storia e le difficoltà della ricerca”.Relatore Gianni De Luigi

MARZO 2013* Giovedì 7 – ore 15.30 Palazzo Zorzi, Castello 4930Presentazione del libro “Forme del vivere in Laguna”Relatori: Mauro Bon, Davide Busato e Paola SfameniPresenta Carmelo Abbadessa.* Giovedì 21 – ore 16.00 Palazzo Mocenigo“Giornata della Poesia”Condotta dal prof. Gino PastegaGli autori che vogliono partecipare devono iscriversi – tel. 041.721668

Page 10: Nexus 89

10 neXus Gennaio-aprile 2013

ponte dei sospiri[Venezia Multimediale]

ODISSEA DI UN VETRAIO AFRICANOdiDanilo Reato

Uno dei documentari più premiati del 2012, presentato nei giornidell’ultima Mostra del Cinema all’interno della IX edizione della ras-segna Venice Film Meeting, reca una firma e un’impronta tutta vene-

ziana: dalla regia di Franco Basaglia, nato e cresciuto nella nostra città, alla pro-duzione e distribuzione curata da Nicola Rosada e dalla 360degrees film. Il lungometraggio Le Perle di ritorno racconta l’avventurosa odissea di un gio-vane senegalese, Moulaye Niang, il primo immigrato diventato perliere aVenezia. Nessun viaggio tragico su barche di fortuna o terribili abusi sop-portati nei tanto chiacchierati centri di accoglienza, Moulaye è approdato aVenezia da turista, innamorato dell’arte italiana ed è rimasto incantato os-servando da una vetrina un artigiano che lavorava il vetro. Allora decide concaparbia determinazione che quella, ad ogni costo, sarebbe stata la sua fu-tura professione, non ritenendo che l’impresa fosse così difficile e il cammi-no altrettanto irto di ostacoli insormontabili. In primis Murano, uno degliambienti più chiusi d’Italia e, prima di far breccia con la sua grande uma-nità, il giovane senegalese affronta l’ostile ambiente veneziano, cercando perdue anni, disperatamente e senza successo, di trovare chi potesse insegnar-gli il mestiere; due anni trascorsi svolgendo tutti i tipi di lavoro che gli ve-nivano offerti: da portiere, lavapiatti a cameriere, sempre confidando nelcuore la speranza di approdare a Murano. A Moulaye risultava del tutto in-comprensibile tanta segretezza e gelosia, infatti nel suo paese natale avevaappreso l’importanza della trasmissione del sapere, come fanno i griot, i can-tastorie depositari della cultura orale wolof. Da loro aveva ereditato una re-gola di vita fondamentale: “il prezzo per imparare è la promessa di insegnare atua volta”. E di questo insegnamento il giovane ha fatto tesoro, finché unaporta si è aperta con l’incontro di Perla, una donna di Murano che lo invitaa casa della madre. Davanti agli occhi sbalorditi di Moulaye si spalancano leporte di un fantastico armadio e lì dentro c’è tutto il suo sogno, diventatorealtà: canne di vetro, lume e canne per soffiare e la frase magica che da tan-to tempo at tendeva. “Se le vuoi” – gli dice la madre – “sono tue”. È il primopasso verso l’integrazione, un po’ alla volta altre porte si aprono, una dopol’altra, fino a coronare pienamente il suo sogno di aprire una propria botte-ga nel cuore della città: il Muranero, così ha ribattezzato questo luogo d’in-contro, aperto a tutti, anche ad altri giovani senegalesi che, come lui, vo-gliono continuare quella tradizione, come il suo allievo Daouda. Quandoquest’ultimo incontra Moulaye, non gli sembra vero che qualcuno gli arri-vi a proporre di imparare un lavoro, di smettere, una volta per tutte, di ven-dere le cose d’altri e iniziare a vendere le proprie. Ora possiede un negoziotutto suo, dove espone le sue perle, diverse per forme e colori da quelledell’amico Moulaye.Il documentario ci porta infine a Dakar dove la perla di vetro è da sempreutilizzata come fine ornamento muliebre ed ora Moulaye mette a disposi-zione tutto il suo sapere e lo trasmette ai ragazzi poveri, abbandonati e ospi-tati nel centro di accoglienza Empire des Enfants, in modo che essi possano ri-prendere e sviluppare l’antica tradizione delle perle senegalesi e l’arte di-venta così un veicolo di trasmissione di profondi significati e con notevolericaduta sul piano sociale. È tutta qui la morale di questo bel film racchiu-sa nelle parole del regista Franco Basaglia: “Le storie tragiche d’immigrazionesono tante. Descrivono in mille modi i drammi del percorso attraverso le nostre fron-tiere. Poche raccontano del viaggio che inizia dopo che sei arrivato: la battaglia perottenere il lavoro che ti sei scelto, la passione necessaria ad impararlo, il sogno di por-tarlo con te in patria, se e quando ritorni”.Le Perle di ritorno (2011) - documentario regia di Franco Basaglia dur. 62 min.; fotografia: Giovan-ni Andreotta; montaggio: Eleonora Cao; musiche: Francesco Novara; produttore e distributore: NicolaRosada e 360degreesfilm +39 041 2446967/fax: +39 041 2446925; e-mail: [email protected].

ZOO DI VETROdi Renato Pestriniero

alle forme illuminatedalla favolosa realtà

di Luciano Dall’Acqua

Inventato il vetro,tutto ebbe come un fremitonelle prismaticheintrospezionidel dionisiaco,faustiano mondo.

Così dalle sferichepulsionidelle profondità marinealle smagliantimetaforedei Grandi Laghisi avverte un futuroproiettato agli orizzontiriflettenti le anime.

* * *Sulle tracce del verbo creatore di solitudinia moto perpetuola trasparenza è pari al soffioche a Muranosi fa lampadae modello da miraggio.

* * *Nel giungere allo stato di grazia,io, folle pellegrino,sempre assetatodi rasserenante musa,alzo un calice a Cristocome al padre miogiunto alla riva del riposo.

da: Consuetudine di principio, 2012

PAROLA MIAAldo Vianello

Non è una forzatura dire cheVenezia e il vetro sono an-dati d’amore e d’accordo

sin da quando erano piccoli. Già ilfatto che la città intera possa spec-chiarsi sull’acqua è rivelatore diquesto connubio. Affidabili notizieci arrivano addirittura da un docu-mento datato 20 dicembre 982 dalquale si apprende che esistevano fio-lari, cioè vetrai da fiole o fiale, cheproducevano oggetti cavi in vetroper usi vari. Da allora i lavori in ve-tro a Venezia hanno raggiunto raf-finatezze straordinarie riuscendo adavere perfino un’intera isola consa-crata a quest’arte, sebbene non sisappia esattamente se ciò sia avve-nuto per sicurezza dagli incendi chesi verificavano troppo spesso quan-do le fornaci venivano usate in cittào per mantenere i mastri verieri lon-tani anche fisicamente dal tentativodi andarsene portando seco i segre-ti della loro arte. Quindi Venezia,oltre a essere se stes sa fragilissimadi costituzione, è nota anche per laleggerezza e fragilità dei suoi vetri,tanto da far nascere la leggenda cheuna coppa poteva frangersi se vi siversava del veleno.

Ecco allora che chi ha il compitodi mantenerla in vita (Venezia,non la coppa) se non tiene presen-te questa caratteristica basilare fala figura e i disastri di un elefantein una cristalleria. In passato ci fueffettivamente l’incursione di unelefante in città, ma allora si trattòdi animale a quattro zampe privodella cognizione di dove si trovava,e alla fine fu abbattuto con unapalla di cannone dopo aver scorraz-zato sulla Riva dei Schiavoni e lun-go Calle del Do se, Campo dellaBragora, Calle del Forno Vecchio ePonte Sant’An tonin. E oggi? Dianimali a quattro zampe se ne ve-dono perfino troppi ma sono distazza tale da recar danno più alle

scarpe dei passanti che alle strut-ture; però ce ne sono troppi anchea due zampe che, ricchi di furbizia,pelo sullo stomaco e vulcani di “ri-pensamenti” urbanistici, conti-nuano a scorrazzare e non c’è palladi cannone che li fermi.

Tornando al vetro, ancora oggiesso impera e impazza, mai si sonovisti tanti negozi che vendonomensolate di oggetti di esotico ve-tro colorato compresi elefantini equalsiasi altro essere appartenenteal regno animale, sia quello realeche quello di fantasia, mandrie diminuscoli animaletti a un euro opoco più, una gigantesca arca diNoè, un immenso zoo di vetrocontrollato da guardiani con gliocchi a mandorla.

Ma non ci sono soltanto loro acontaminare la tradizione vetrariaveneziana, ci sono anche nomi il-lustri di archistar che usano il no-bile materiale su larga scala. Sem-pre più “vele” garriscono su Vene-zia e dintorni, da quelle immensee immensamente costose ma irra-zionali e inutili dell’ospedale al -l’Angelo a certi elementi del pon-te della Costituzione detto di Ca-latrava, altrettanto inutili e purepericolosi, al similvetro del Dispo-sitivo Traslante detto ovovia desti-nato a muoversi tra qualche gene-razione, alla neo-ala dell’albergoSanta Chiara già battezzata scatoladi cristallo, alla (probabile) terraz-za mobile ‘n coppa al Fontego deiTedeschi, alle velature della futuratorre cardiana...

C’è anche il cosiddetto water-front Actv del Lido che, privo diripari da vento e pioggia (per lievedimenticanza come avvenuto per iservizi igienici), verrà completatocon pareti di vetro attraverso lequali si potrà finalmente ammira-

re un San Marco bene incorniciato.Stessa cosa per l’altro waterfrontActv di fronte agli ex GiardiniReali – o quanto di essi rimane –per ammirare, sempre incornicia-ta, Punta della Dogana completadi eburneo ragazzino nudo.

E tutto questo riconduce all’as-sioma di base e cioè al “ripensa-mento” urbano in obbedienza a leg-gi inarrestabili. Per sua natura Ve-nezia emana quel “senso del mera-viglioso” che sempre più appartie-ne alla finzione a mano a mano chel’omologazione planetaria avanza.Ho saputo che un turista voleva sa-pere l’ora di chiusura di Venezia pertimore di trovare i cancelli chiusi.Non volevo credere che fossimo giàarrivati a questo, e invece...

9 novembre 2012, localitàSant’Agostin, giovane coppia diasiatici:«Prego, dove grande chiesa San

Pietro?» mi chiede lui.«Intende basilica di San Marco?

San Pietro è a Roma.»«Sì, grande piazza con Duomo.»«Quella è a Milano. Volete an-

dare in piazza San Marco?»Sorriso di tutti e due e alzata di

spalle: «Samarco sì.»

Insomma cambiano scenografiee attori ma i personaggi all’internodel nuovo Zoo di Vetro continua-no a dilaniarsi come all’interno delvecchio, invischiati in drammipsicologici, ansie di evasione, esa-sperazione per incomunicabilità,smania di voler essere “come gli al-tri”, frustrazione per voler rimane-re sé stessi...

E intanto gli elefanti crescono.

Zoo di vetro: il riferimento al l’o -pe ra di Tennesseee Williams è leg-germente casuale

OMAGGIO A ROSELLA MAMOLI ZORZIdi Francesca Bisutti

In ringraziamento per il suooperato nei lunghi anni di inse-gnamento universitario e di ri-cerca scientifica, gli americanisticafoscarini hanno dedicato unvolume a Rosella Mamoli Zorzi,Mater et Magistra amata e ammi-rata dai colleghi, dagli studenti,dagli studiosi – italiani e inter-nazionali.“Gentile e curiosa, altera e gene-rosa”. Comincia così l’omaggioche Alide Cagidemetrio fa a Ro-sella nella presentazione del li-bro, e in questi aggettivi c’è già iltaglio di luce che delinea il suoprofilo personale e professiona-le, dove la chiarezza e la fre-schezza si accordano con la se-rietà e la profondità. Il volume – composto da Gio-vanni Distefano di Supernova,copertina di Alberto Prandi –,raccoglie contributi accademici

che coprono argomenti svariatidella letteratura americana, in-glese, canadese, che Rosella hastudiato e insegnato a studiare.E se attraverso le parole di un te-sto si può intravvedere l’animodi chi lo ha scritto, allora il letto-re di questi saggi vedrà, in for-ma di parole, il ritratto interioredi ciascuno degli autori. Nel lo-ro insieme, essi formeranno an-che un tutto unico, una galleria,perché sono i ritratti dei maestrie degli allievi di una stessa scuo-la, legati allo stesso insegnamen-to. Insomma, nella individualitàdei diversi stili, tra le virgole e ipunti e virgola, dietro le note e lebibliografie, in questo libro c’èl’americanistica di Ca’ Foscari,di cui Rosella – conoscitrice,promotrice, spesso scopritrice –è stata ed è magna pars.Per chi è stato suo studente e poicollega, hanno un sapore specia-le i versi di Ezra Pound dedicatia Venezia che lei ha amato, inse-gnato e tradotto:

Tu che mi hai ridatoVigore per il viaggio,Tu che mi hai ridatoPer il torneo coraggio.

Interventi di D. Basosi, F. Bisut-ti, W. Boelhower, A. Cagideme-trio, S. Cattaneo, D. Ciani, M.Coslovi, G. Dowling, S. France-scato, A. Marasco, P. Masiero, S.Perosa, B. Tarozzi, M. Togni, M.Vanon Alliata

A Rosella. Saggi in onore di Rosel-la Mamoli Zorzi, a cura di F. Bi-sutti e P. Masiero, Supernova,2012, 232 pagine 15 euro

Page 11: Nexus 89

Serenissima:Lettere dal passato

Leggiamo questa nuovalettera ottocentesca (lasesta) sullo “Spirito delGoverno Veneto”

Innalzatasi, come già sai, l’Aristo-crazia sulla rovina del potere popo-lare e sull’avvilimento del ducale;conscia d’aversi acquistata un’in-fluenza non fondata nel libero con-senso dei più, el la si sforzò coll’artedi puntellare l’edificio della pro-pria potenza: e riescì per varii seco-li a tenerlo in piedi. Egli è di que -st’arte, la quale vestì variatissime emoltiformi apparenze, che s’è com-posto lo spirito del Governo vene-to; e ne derivarono teoriche fonda-mentali, di cui la storia di quellaRe pubblica non è che l’incessanteapplicazione.Asserì Macchiavello che mantener-si è primo dovere d’ogni Governo.

Nessuno mai più del Veneto hafat to di questo precetto la basedella sua politica.In nessun paese la scienza del go-verno, considerata come scienzadel potere, fu più studiata, meglioconosciuta, più diligentementepra ticata che a Venezia. Una caraavvedutezza dirigeva l’impiego ditutte le forze al servigio delloStato ed all’accrescimento del suopotere; ma non s’era presa precau-zione veruna per assicurare e ga-rantire alla classe suddita i piùpreziosi tra gl’interessi sociali. Ar-mata d’una livella che tenea sem-pre tesa sovra le teste, la vigilanzade’ governanti respingeva quelleche avrebbero voluto alzarsi oltrela comune misura, e faceva rien-trare nella folla chi mostrava divolersene scostare. —Sciolto da ogni regola, indipen-dente da ogni forma, il Consigliodei Dieci promuoveva inappellabi-li sentenze, senza dimora eseguite:onniveggente, puniva tutto: nonmai fu clemente col delitto, enem meno coll’errore; e, ciò chemassimamente prova la potenza di

una energica legislazione, il senti-mento dell’obbedienza non era so-lamente l’attributo delle classi in-feriori, ma ben anche delle primefamiglie dello Stato. — I meriti, lavirtù, la gloria, erano altrettanti ti-toli ad una vigilanza attiva e so-spettosa. Più d’u na volta un granservigio reso alla cosa pubblica di-ventò delitto capitale. — Veneziaera in pericolo per una sommossapopolare: v’è chi si frammette agliammutinati, e li calma. A qualpremio non potrà costui aspirare?— L’indomani è scomparso. La proscrizione, che negli altripaesi è calamità accidentale e pas-seggera, in Venezia era stata per-manente e naturale. —Nell’abbandono d’una confidenzareciproca, due cittadini, stanchidel giogo, si permettono parole evoti, che tremano, allorchè si sonoseparati, d’aver pronunziato. Que-sto è fedele all’amicizia, quello latradisce: poche ore dopo l’un deidue ha vissuto, e il delatore è pre-miato.

a cura di Giovanni Distefano

CuriositaGennaio-aprile 2013 neXus 11

stampato il 3 gennaio 2013Editore: Supernova

gioVanni distefano (direttore editoriale e amministratore unico) nicoLa faLconi (direttore responsabile)

danieLa ZaMburLin (condirettrice)LetiZia LanZa, cristiana MoLdi raVenna, Mariuccia regina

(comitato di redazione)

Hanno collaborato a questo numero 89

Marino baroVier, gioVanni bianchi, LorenZo bottaZZo, francesca bisutti,Luca busetto, gianni de Luigi, gioVanni distefano, nicoLa faLconi, sandro g. franchini, eLio Jodice, Marie rose Kahane, LetiZia LanZa,

danieLa Longhin, Linda MaVian, geMMa MoLdi, cristiana MoLdi raVenna,taZia nuVoLari, renato Pestriniero, gabrieLe Prigioni, daniLo reato,

aLessandra rosset, guido sartoreLLi, gianPaoLo scarante, Marco toso boreLLa, Marta VaLentini, aLdo VianeLLo, danieLa ZaMburLin,

cLarissa Zottino.

DIREZIONE, REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE

SuPERNOVA EDIZIONI srl, via Orso Partecipazio, 24 – 30126 Venezia-LidoTel/fax 041.5265027 – email: [email protected] – website: www.supernovaedizioni.it

TIPOGRAFIA

Grafiche ITE, Dolo (Venezia)

aut. del tribunale di Venezia n. 1114 del 23.3.93

LE OPINIONI ESPRESSE NEGLI ARTICOLI FIRMATI E LE DICHIARAZIONI RIFERITEDAL GIORNALE IMPEGNANO ESCLuSIVAMENTE I RISPETTIVI AuTORI

Mensile di Comunicazione cultura e attualità nella città metropolitana di Venezia

Cari amici, diamo uno sguardo sinteticoai transiti planetari più rilevanti del2013, segno per segno:

Ariete. Per i primi sei mesi del 2013, la prote-zione di Giove vi sarà di valido aiuto,pertanto farete bene a non rinviare al do-mani le scelte e le decisioni più impegnati-ve, perché avranno ottime prospettive diriuscita. Inoltre, ancora per quest’anno,sarà la prima decade a dover gestire cam-biamenti su vari fronti incalzata daUrano e Plutone. Ma nel complesso ilquadro generale appare assai migliore chenel 2012.

Toro.E pensare che avrebbe potuto essere un annodavvero positivo, con Giove favorevole eNettuno e Plutone in buon aspetto per laprima decade. Il punto è che l’opposizionedi Saturno vi intimerà di smetterla di ru-minare e portar pazienza e di prendere fi-nalmente posizione, in prima persona, sen-za paura di fare discussioni o di pestare ipiedi a qualcuno. Ma sarà per il vostro be-ne! Si sa, le prove saturnine sono pesanti

ma, ve lo assicuro, necessarie per liberasidella zavorra e fare un balzo in avanti.

Gemelli.Che dire: siete fra i favoriti del 2013 conGiove splendente nel vostro segno fino agiugno, ma costruttivo anche dopo, in unquadro astrale generale di tutto rispetto.L’unica defaillance potrebbe essere l’aspet-to sibillino di Nettuno per la prima deca-de, che potrebbe rendervi dispersivi e pococoncreti, mettendo a repentaglio la possibi-lità di apprezzare le buone occasioni che visi prospettano. Morale: non tergiversatetrop po perché, anche se l’oggi è sereno, ci so-no più giorni che salsicce!

Cancro. Aria di ripresa, cari granchietti. Final-mente dopo le discese ardite arriveranno lerisalite e così, dopo esservi liberati nel 2012del peso di Saturno, dal prossimo luglio ver-rete coccolati dal transito di Giove, che do-po 12 anni tornerà a brillare nel vostro se-gno. Anche se la prima decade dovrà conti-nuare a vedersela con imprevisti uranianied elucubrazioni plutoniane, sarà nienterispetto a quello che avete passato. Scrolla-

tevi la paura di dosso e date una sterzataal vostro destino. Ora potete farlo!

Leone. Stelle buone, nel complesso, a parte la qua-dratura di Saturno che, per la prima par-te dell’anno, coinvolgerà i nativi della pri-ma decade e, per l’altra metà, quelli dellaseconda. In pratica, con un simile quadroastrale dovrete prendere quanto di buono viviene offerto e, anche in virtù di questo, tro-vare la forza e la determinazione di af-frontare una volta per tutte situazioni pe-santi e irrisolte, che non possono più essererinviate.Ma sarà una liberazione!

Vergine.Sarà un 2013 proficuo, cari Vergine, per-ché già da inizio anno avrete molte frecceal vostro arco. A partire da luglio poi an-che Giove, che nei primi 6 mesi sarà inqua dratura, entrerà in un aspetto moltopositivo. Morale: avanti come sempre colvento in poppa. Un piccolo consiglio per laprima decade, tentata dalle sirene di Net-tuno in opposizione: dubbi e indecisioninon fanno al vostro caso: come potreste al-trimenti tenere tutto sotto controllo?

Bilancia. Il quadro generale è senz’altro più favore-vole che nel 2012. Solo per la prima deca-de non mancheranno un po’ di tensione eimprovvisi cambiamenti di programma,per via degli aspetti di Urano e Plutone.Ad ogni modo, Giove vi favorirà fino atutto giugno, per cui, per i progetti impor-tanti, sarà bene dare un calcio alla vostraproverbiale indecisione e, per un successoassicurato, anticipare i tempi.

Scorpione. Si prospetta un anno molto costruttivo,perché Saturno nel segno vi imporrà diguardare in faccia la realtà e di smetter-la di bluffare, soprattutto con voi stessi.Sarà tempo di bilanci, dovrete assumervile vostre responsabilità e fare delle scelteanche difficili rimboccandovi le maniche,ma il tutto avverrà in un quadro astralepositivo al quale si aggiungeranno, nellaseconda metà dell’anno, i favori di Giove.

Sagittario.Giove sarà in aspetto ostile nella primametà dell’anno, questo significa che dovre-te impegnarvi un po’ di più o, se preferitenon forzare la situazione, rinviare da lu-glio in poi. Per il resto, i transiti sono glo-balmente buoni. Un consiglio alla primade cade interessata dalla quadratura diNettuno che tende ad intorbidire le acque:cercate di andare all’essenza delle cose e diessere più concreti e meno autoindulgenti.

Capricorno.Finalmente il peggio è passato e il 2013sarà senz’altro migliore. Sarete ispiratida Nettuno e temprati da Saturno. Uniconeo, nella seconda metà dell’anno, l’oppo-sizione di Giove che consiglia di anticipa-re i progetti importanti al primo semestreo, qualora non fosse possibile, considerareche in ogni caso avrete forza e capacità perfarcela da soli.

Acquario.Il quadro annuale è senz’altro positivo,con un vento in poppa speciale soffiato daGiove fino a giugno. Unico punto critico,la quadratura di Saturno che vi richia-merà alle vostre responsabilità e ai vostridoveri e, qualora fosse necessario, a pota-re i rami secchi... Ma a voi non spiace poicosì tanto tagliarvi i ponti alle spalle.

Pesci.Cari pesciolini siete fra i favoriti dello zo-diaco del 2013 perché, a parte la quadra-tura di Giove nel primo semestre dell‘anno,le stelle saranno tutte dalla vostra. E co-munque proprio Giove, per recuperare, daluglio in poi lavorerà al vostro servizio perun anno intero. Meglio di così!

Avviso ai gentili lettori: le previsioni con-siderano i transiti unicamente rispetto alSole di nascita.

Le stelle di tazia ˆˆˆˆˆ

AGOSTO 16 Un 50enne annega al Blue Moon.17 Muore l’industriale Alberto Soni-no senior. Aveva 84 anni.18 Muore lo scultore Pier Luigi So-pelsa all’età di 94 anni.20 Pubblicati i dati del Viminale re-lativi al 2011: Venezia è la prima cittànel Veneto per i borseggi, l’ottava inItalia. I furti in casa 4.023. 22 A Piazzale Roma due portavaligeabusivi arrestati per estorsione. 25 La stampa riporta la notizia dellamorte del solista dei Joy Singers, il49enne Michele Bozzato.SETTEMBRE1° Chiude per sfratto, dopo quasi unsecolo, il distributore Esso a Ca’ Bian-ca (Lido). Torna in Canal Grande finoa Ottobre (due volte al la settimana) la

barca mangia rifiuti.2 Regata storica: vincono i cugini Vi-gnotto, Rudi e Igor. 5 Giorgio Napolitano in visita a Ve-nezia. Ai Frari i funerali dell’83enneGastone Favero, giornalista e figura dispicco della cultura veneziana.13 Muore Bruno Tosi, sognava unmu seo veneziano per la Callas.28 Si inaugura la mostra su Guardi al-lestita al Museo Correr.OTTOBRE2 Scorzè e Vigonovo passeranno sottoTreviso.9 Inaugurato il nuovo Rossini: 3 salecon bar, ristorante e un supermercato.24 Emilia Ciriotto Donaggio festeg-gia i 100 anni al Lido.31 Chiude il lussuoso Hotel San Cle-mente. Era stato inaugurato nel 2003.

NOVEMBRE1° Acqua alta a 143 cm. 3 A Santa Margherita un marocchinoentra in un kebab, chiede alcune bot-tiglie di vino e cerca di andarsene sen-za pagare. Arrestato.6 Il Comune mette in rete l’ArchivioGiacomelli, una galleria di fotografieche va dal 1920 al 1970. www.albumdivenezia.it11 L’acqua alta di oggi è la sesta dellastoria, arriva a 149 cm. 13 La stampa riporta la notizia delnuovo boom di iscrizioni a Ca’ Fosca-ri: le matricole sono 4.747, privilegia-te le facoltà di Lingue e di Economia. 14 Il dipinto di Tiziano (Da vide e Go-lia) torna sul soffitto della Salute com-pletamente restaurato. 15 Amali Sirol festeggia i 102 anni aVenezia. Corto circuito al MolinoStucky. Il fumo che si sprigiona fapen sare ad un principio d’incendio.Sa rà un falso allarme, ma intanto ladi rezione, memore del grande rogodel 2003, fa uscire gli ospiti del -

l’Hilton in tutta fretta. Collegandosial sito dell’Archivio di Stato di Vene-zia da oggi potremo consultare in re-te l’inflessibile fisco della Serenissima.16 La Fenice apre la stagione lirica conVerdi. Tutto esaurito, molte persona-lità e tanti turisti stranieri.17 Flash mob in Campo Santa Mar -gherita. Un 26enne chioggiotto ac-coltellato al centro sociale Rivolta diMar ghera durante il concerto di mu-sica ellettronica degli AltaVoz.19 La stampa riporta la notizia chel’organo della Chiesa di San Gia co -metto a Rialto, realizzato da GaetanoCallido (1727-1813) e posto sulla pa-rete dell’ingresso principale, non sitrova più. Era stato rimosso in occa-sione del restauro di quell’ingresso av-venuto nel 1933. A dichiarare la nonreperibilità di questo capolavoro èGiuseppe Maz zariol, presidente del -l’Arciconfra ter nita di San Cristo foro edella Misericordia che gestisce la chie-sa dal 1934.19 La Finanza scopre un magazzino

all’ingrosso di giocattoli tossici a Me-stre.20 Rapina in Banca San Marco con iltaglierino alla Toletta (Dorsoduro).Un uomo con il volto coperto minac-cia il cassiere e si fa consegna 1.300euro. A Santa Croce un 80enne trova-to morto in canale.21 Si celebra la tradizionale Festa del-la Salute con il solito pellegrinaggiodi migliaia e migliaia di devoti.22 Incendio nello storico negozio distoffe d’arredo Gaggio a San Samuele.DICEMBRE9 Domenico Pistolato festeggia i 100anni a Zelarino.13 Retata contro la malavita cinesepadrona di Via Piave: 11 arresti.15 L’Istituto Paolo Sarpi festeggia150 anni. A San Marco trovato mortoun senzatetto. Renzo Rosso finanzieràil restauro del Ponte di Rialto. Al Fa-tebenefratelli Lucia Cosulich festeg-gia 101 anni. Apre vicino al Giorgio-ne il primo negozio veneziano di siga-rette elettroniche.

La Città raccontaGIOVANNI DISTEFANO

Page 12: Nexus 89

DOVE SI TROVA

NEXUSVENEZIAArchivio di Stato

Biblioteca Correr

Biblioteca dei Calegheri

Biblioteca Marciana

Biblioteca Querini

Bistrot de Venise

Libreria Bertoni

Libreria Emiliana

Libreria Goldoni

Libreria Toletta LT2

Fiorella Gallery

Telecom Future Centre

San Servolo – Viu

MESTREBiblioteca Civica

Centro Candiani

Libreria Don Chisciotte

Libreria Feltrinelli

Libreria Ulisse

LIDOBiblioteca del Lido

CENTRO URP

Cinema Astra

Lidolibri, via Cerigo 3

“Pensavo e penso che l’artista sappialeggere e scrivere”; con queste sinte-tiche parole Guido Sartorelli manife-sta la sua convinzione che l’artistaabbia le competenze e gli strumentiper poter esercitare, in totale autono-mia, un’analisi critica in campo sto-rico-artistico. Convinzione che trovaun’applicazione pratica nel suo ulti-mo lavoro in veste di scrittore-criti-co: Gli artisti nella nuova Babilonia(da Joseph Kosuth a Jeff Koons) (Super-nova 2012).Il libro è strutturato secondo uno

schema bipartito che ricorda molto ilrigore compositivo delle opere diSartorelli degli anni Settanta, ma an-che le immagini doppie e specchiate,protagoniste degli ultimi lavori. Il testo si presenta dunque diviso

in due parti distinte, Anni Settanta eDuemila, che a loro volta contengo-no ognuna due sezioni strettamentecollegate tra loro per continuità dipensiero e di argomentazioni: Tabu-la rasa e Per quel che mi riguarda(Anni Settanta) e L’arte nella nuovaBabilonia e Per quel che mi riguarda(Duemila).Sartorelli ha deciso di prendere in

considerazione due momenti storicimolto diversi cercando di instauraretra loro un dialogo, un rapporto, ba-sato anche sulle profonde differenzeartistiche, sociali e politiche che licaratterizzano. Se per l’autore “in ar-te gli anni Settanta sono evocatori dimateria leggera e finezza di pensiero,di ricerca , di sperimentazione, di fu-ga dal luogo comune, di forma comecontenuto di sé stessa, ma sono, allostesso tempo, anche evocatori d’in-consistenza e vacuità”, ecco inveceche nel Duemila “il riferimento è so-prattutto alla pesantezza delle formee all’ipertrofia dei contenuti, spessoportatori di enfasi e apologia dellabanalità, siano essi culturali, socialio, più semplicemente, umani”. Ispirandosi alle teorie del filosofo

francese Jacques Derrida sul concet-to di decostruzione, Sartorelli acco-glie la sua esortazione “a non crederein nulla, né del passato né del pre-sente, se non dopo aver verificatotut to smontando e rimontando i sin-goli pezzi di quanto ci viene offertodal presente, attraverso il personale,

continuo, inflessibile esercizio criti-co della nostra mente”.Con una prosa chiara e semplice,

Guido Sartorelli conduce la sua veri-fica ripercorrendo e analizzando, at-traverso cronache e riflessioni, glisviluppi artistici degli anni Settantae del Duemila intrecciandoli a vicen-de artistiche personali e a quelle so-ciali e politiche. Ne risulta un rac-conto piacevole e affascinante, curatoe preciso nei riferimenti storici, chepur snodandosi secondo il punto divista dell’autore (e per questo assaiinteressante) mantiene un giustoequilibrio tra una dimensione ogget-tiva e una soggettiva.Con questo suo nuovo lavoro Gui-

do Sartorelli ci offre la possibilità diconoscere la visione lucida di un ar-tista contemporaneo che guarda alpresente e medita sul passato.

Giovanni Bianchi

Gli artisti nella nuova Babilonia (da Joseph Kosuth a Jeff Koons) Cronache e riflessioni intorno a un’espe-rienza artistica, Supernova 2012 €15,00

Il libro è stato presentato alla GalleriaMichela Rizzo e al Centro Candiani.Sarà presentato il 17 gennaio al RotaryClub di Venezia-Mestre e allo SpazioEventi del Casinò il 13 febbraio ore 18.

La cerimonia, presentata dal giornalista Rai, Luca Colombo, si è avvalsa degli interventi di Gianluca Bisol, rappresentante l’azienda Bisol, in veste di “padrone di casa”; di Rina Dal Canton, presidentedell’Associazione Paolo Rizzi; di Paolo Dalla Vecchia, assessore all’Ambiente della Provincia di Venezia; di Leopoldo Pietragnoli, rappresentante dell’Ordine dei giornalisti del Veneto che patrocina ilPremio; di Vittorio Pierobon, Presidente della Giuria del Premio; di Michelangelo “Mike” Bellinetti, “Premio alla carriera”; di Damiano Rizzi, curatore del Premio, che ha chiuso ricordando la figura diBruno Tosi, giornalista veneziano, fondatore del Premio “una Vita nella Musica”. L’Ospite a sorpresa di questa terza edizione, dopo le presenze di Vittorio Sgarbi e di Paolo Baratta, è stato quest’annoArrigo Cipriani che ha ricordato alcuni momenti del passato con Paolo Rizzi.Hanno preso parte a questa edizione 54 giornalisti hanno partecipato a questa edizione in rappresentanza di 30 diverse testate. In collaborazione con l’Ordine dei giornalisti del Veneto, l’edizione 2012 siè avvalsa dei patrocini del Comune di Venezia, dell’Istituzione Parco della Laguna e de Il Gazzettino, giornale al quale Rizzi da sempre è stato legato.Gli articoli “vincitori” sono leggibili sulle pagine del sito dedicato: www.paolorizzi.it

Per la Collana “VeneziaStory” escel’ameno volumetto Venezia a Teatro nelSettecento di Virgilio Boccardi che, con laconsueta piacevolezza di stile, fa rivive-re la passione dei veneziani per le rap-presentazioni, esplosa sopra tutto a par-tire dal 1637, da quando cioè, per la pri-ma volta in Europa, si introducono i bi-glietti a pagamento che consentono l’ac-cesso in sala a tutti, patrizi e plebei, ric-chi e (relativamente) poveri. Boccardiri percorre le vicende dei tanti teatri, e -lenca le magistrature preposte, si inte-ressa degli allestimenti, delle scene e deicantanti, deplora le discutibili abitudi-ni del pubblico specie se altolocato, in-dugia sugli aneddoti raccontando gliscandali e gli amori, le rivalità e le al-leanze, sottolinea i non trascurabili a -spetti del business e le alterne fortunelegate pure a una serie di disastri, tra iquali, in primo luogo, gli spaventosi in-cendi che distruggono non poche sale. Tra gli argomenti spicca la storia deivirtuosi, da Bernach al Senesino, da Fa-rinelli a Caffariello a Carestini ed altriancora: «i castrati rappresentarono unfenomeno musicale e sociale senza pre-cedenti nella storia culturale europeadel XVII e XVIII secolo. Scomparironodalle scene liriche col Romanticismo». In realtà, a segnarne la progressivascomparsa è il fatto che in epoca napo-leonica – informa Vittorio Emiliani su“il venerdì di Repubblica” (1253, 23marzo 2012) – ritornano «le donne suipalcoscenici come attrici e cantanti. Ca-

de il divieto imposto da papa Sisto V nel1588», per cui «le donne a cantare no.Né in teatro, né nelle chiese». Di qui, losconcertante fenomeno dei virtuosi o so-pranisti, a cominciare dal primo che en-tra nella Cappella pontificia, FranciscoTorres, spagnolo come l’altro apripistaJuan Figueroa, o dagli italiani GiacomoSpagnoletto, Girolamo Bacchini, Gio-van Gualberto Magli: voci straordina-rie, acrobatiche (Farinelli, al secolo Car-lo Broschi, arriva a coprire tre ottave) ingrado di esprimere un fantastico mondodi artifici, allusioni, giuochi, travesti-menti. Di fatto, ricorda ancora Emilia-ni, «le “voci bianche” dei bambini nonbastano più, fle bili, incerte, mutanti. Perquei riti teatrali ci vogliono i castrati,voci artificiose – poderose come quellemaschili e però acute quanto quellefemminili – ottenute con una mutila-zione orrenda”. Spesso di famiglia pove-ra, i sopranisti vengono «letteralmentevenduti a patrizi facoltosi o ad ambizio-se congregazioni. Chi emerge, guada-gna cifre folli ... In teatro l’ultimo ca -stra to di successo è Giovan Battista Vel-luti: Arsace nel l’Aureliano in Palmira delventunenne Rossini alla Scala (1813)».Si tratta allora, in molti casi, di amatis-sime e strapagate star. Le quali, assicuraEmiliani, «suscitano autentiche mode emanie collettive, e però vengono ancheda esercizi musicali severi, ore e ore de-dicate al canto più impervio, a trilli e fio-riture senza fine, alla recitazione allospec chio». In più, oltre ad ammirare l’a -bi lità canora, il pubblico – ricorda Boc-cardi – «impazziva anche per il com-portamento, per il gestire, per il vestiredi questi giovani sempre tanto infioc-chettati, incipriati, pieni di falsi nei e dipomate odorose, pieni di specchietti perpotersi ammirare dovunque. In scena,anche quando non cantavano, volevanofarsi notare a tutti i costi: ignorandoquanto accadeva dell’azione, si diverti-vano a salutare con esagerati inchinique sto o quel nobile nei palchi di pro-scenio. Si racconta che una sera Farinel-li, cantando in duetto con una cantatri-ce, le pizzicasse il sedere affinché stonas-se». In conclusione, un libretto agile edotto, dal dettato fluido e piacevole, at-to a soddisfare le aspettative di un pub-blico esigente, curioso e disincantato.

Letizia Lanza

Michelangelo Bellinettipremio alla carriera

Maria Stella Tagliaferromenzione specialedietro: Damiano Rizzi

Vittoria Adamimenzione specialedietro: Gianluca Bisol

Rina Dal Cantonpresidente dell’AssociazionePaolo Rizzi

Vittorio Pierobonpresidente di giuria

Matteo Giancottipremio a concorso

Leopoldo Pietragnolirappresentante Ordine giornalisti

Gennaio-aprile 2013anno XiX — n. 89

IL NUOVO LIBRO DI GUIDO SARTORELLIVOGLIA DI TEATRO A VENEZIA

Premio Paolo Rizzi 2012