NEWSLETTER SERVIZIO GIURIDICO SOS TICINO Mondo Migranti · 2014-11-14 · Dossier Siria - La guerra...

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Mondo Migranti è la newslet- ter quadrimestrale del Servi- zio giuridico di SOS Ticino. In questo numero troverete, accanto ad alcuni approfondi- menti giuridici sulla regola- mentazione europea del diritto d’asilo e sulla probabi- le riforma della Legge sulla Cittadinanza svizzera, anche una sintesi del nostro rap- porto di attività 2013 e una nuova rubrica dedicata alla letteratura migrante. Troverete anche un corposo dossier sulla guerra civile siria- na, con uno spaccato sulla mol- teplicità dei gruppi politici, militari e paramilitari coinvolti, sui loro obiettivi e sulle reti internazionali, statali e non statali che li supportano. Non da ultimo, un’intervista a Luca Massari, Giudice onorario a Milano. L’argomento? Il rapporto tra migrazione, indi- genza materiale e affidamento extra-familiare dei figli minoren- ni, in Italia. SOMMARIO: Guerra in Siria: analisi del conflitto 2-9 Dublino III Protetti...a metà 10-11 Intervista al Giudice: l’affido dei minori in Italia 12-13 Naturalizzazioni: più difficili ? 14-15 L’Agenda: Eventi maggio-agosto 15 Nuova rubrica Letteratura e migra- zioni 16 Servizio giuridico: il rapporto 2013 17 Indirizzi utili 18 In questo numero NEWSLETTER SERVIZIO GIURIDICO SOS TICINO Mondo Migranti APRILE 2014 NUMERO 2 PRIMO PIANO: Naturalizzazioni: verso una nuova legge sulla cittadinanza Dublino III: tra novità e incertezze La crisi in Siria: chi fa la guerra a chi Intervista al giudice Luca Massari: l’affido dei mino- ri in Italia Nuova rubrica: Letteratura e migrazioni

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Mondo Migranti è la newslet-

ter quadrimestrale del Servi-

zio giuridico di SOS Ticino.

In questo numero troverete,

accanto ad alcuni approfondi-

menti giuridici sulla regola-

mentazione europea del

diritto d’asilo e sulla probabi-

le riforma della Legge sulla

Cittadinanza svizzera, anche

una sintesi del nostro rap-

porto di attività 2013 e una

nuova rubrica dedicata alla

letteratura migrante.

Troverete anche un corposo

dossier sulla guerra civile siria-

na, con uno spaccato sulla mol-

teplicità dei gruppi politici,

militari e paramilitari coinvolti,

sui loro obiettivi e sulle reti

internazionali, statali e non

statali che li supportano.

Non da ultimo, un’intervista a

Luca Massari, Giudice onorario a

Milano.

L’argomento?

Il rapporto tra migrazione, indi-

genza materiale e affidamento

extra-familiare dei figli minoren-

ni, in Italia.

S O M M A R I O :

Guerra in Siria:

analisi del conflitto

2-9

Dublino III

Protetti...a metà

10-11

Intervista al Giudice:

l’affido dei minori in

Italia

12-13

Naturalizzazioni:

più difficili ?

14-15

L’Agenda:

Eventi maggio-agosto

15

Nuova rubrica

Letteratura e migra-

zioni

16

Servizio giuridico:

il rapporto 2013

17

Indirizzi utili 18

In questo numero

N E W S L E T T E R

S E R V I Z I O

G I U R I D I C O

S O S T I C I N O Mondo Migranti A P R I L E 2 0 1 4 N U M E R O 2

P R I M O P I A N O :

Naturalizzazioni: verso

una nuova legge sulla

cittadinanza

Dublino III: tra novità e

incertezze

La crisi in Siria:

chi fa la guerra a chi

Intervista al giudice Luca

Massari: l’affido dei mino-

ri in Italia

Nuova rubrica:

Letteratura e migrazioni

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P A G I N A 2

Nov. 2012 , Erbeen, Damasco

© J. Hoffa (Freedomhouse) / flickr.com

Dic. 2012 - Distruzioni a Homs

© J. Hoffa (Freedomhouse) / flickr.com

Feb. 2013 - Proteste a Kafranbel, Idlib

© J. Hoffa (Freedomhouse) / flickr.com

L’inizio della crisi

Con questo breve dossier, cercheremo di scandagliare i complicati intrecci della guerra civile siriana,

che ha costretto milioni di persone ad abbandonare la propria casa, per cercare una via di salvezza

per sé e la propria famiglia. L’indagine si fonda su una pluralità di fonti: organizzazioni internazionali,

enti governativi, istituti di ricerca, riviste specializzate, stampa internazionale e nuovi media.

Le prime proteste erano state registrate nel gennaio 2011, sull’onda emotiva delle manifestazioni che si

stavano diffondendo un po’ in tutta la regione. Si trattava di piccole dimostrazioni pubbliche con scarsa

partecipazione. In effetti, la situazione in Siria rimase piuttosto tranquilla anche nelle successive settima-

ne: anche quando, il 4 febbraio, alcuni attivisti avevano indetto su internet una Giornata della rabbia, non

si registrarono che piccole e pacate manifestazioni in poche città.

L’insurrezione siriana trova le sue radici, quantomeno simboliche, nei fatti del 6 marzo 20111, nella città

di Daara, nel sud della Siria. Qui una quindicina di ragazzi, tra i 13 e i 15 anni, avevano scritto su un mu-

ro alcuni slogan contro il regime, e per questo erano stati prelevati dalle loro classi, arrestati e torturati.

La situazione a Daara era già piuttosto tesa, per l’arrivo di molti rifugiati interni, per lo più agricoltori,

costretti a lasciare il nord-est del Paese a causa della siccità2 e infuriati col governo per la mancanza di

aiuti. La notizia dell’arresto degli studenti aveva suscitato lo sdegno degli abitanti e in centinaia si erano

radunati per chiedere la loro liberazione. Nel frattempo, alcuni attivisti avevano riprovato a proclamare

una nuova Giornata della rabbia3 per il 15 marzo: e questa volta, a ritrovarsi a manifestare per la demo-

crazia, non solo a Daara, ma anche nelle piazze di Damasco e Aleppo, c’erano migliaia di persone. Oltre

agli attivisti delle opposizioni e ai rifugiati interni, si erano aggregati i familiari dei tanti prigionieri politici

detenuti nelle carceri siriane e un numero crescente di giovani, studenti, lavoratori e disoccupati. Il 18

marzo4, dopo la preghiera del venerdì, manifestazioni di protesta si erano svolte a Daara, Damasco,

Homs e Baniyas. Proprio a Daara le forze di sicurezza avevano aperto il fuoco contro i manifestanti,

uccidendo 4 persone. Il giorno seguente, sempre a Daara, in occasione dei funerali per le vittime del

giorno precedente, i dimostranti erano ormai molte migliaia. Il 20 marzo, la polizia era tornata a sparare

sui manifestanti, uccidendo 15 persone. Poco dopo, altri manifestanti avevano dato alle fiamme5 il quar-

tier generale del Partito Baath, la sede di un tribunale e quella di una compagnia telefonica di proprietà

di un cugino del Presidente. Alla fine della giornata, al triste conteggio dei morti si erano aggiunti anche

7 agenti di polizia.

Ad aprile del 2011, le proteste e gli scontri si erano ormai diffusi in tutto il Paese, con la nascita di un

movimento di massa che esigeva dal Presidente Bashar al-Assad riforme strutturali, in politica ed econo-

mia. I manifestanti avevano occupato le piazze delle principali città del Paese. Assediati dalle forze gover-

native, avevano costituito le prime forme di resistenza organizzata. A fine aprile, si erano registrate

anche le prime defezioni di soldati dall’esercito siriano. Quei soldati si erano riuniti ai manifestanti, an-

dando a costituire di fatto il primo nucleo di quello che sarebbe diventato, a luglio, l’Esercito Siriano

Libero.

Note

1. “Syria: how it all began” / Hugh Macleod su globalpost.com

2. "Background to a Revolution" / Michael Gunning, su nplusonemag.com

3. “Middle East unrest: Syria arrests Damascus protesters” / bbc.co.uk

4. “March 18 Updates on Libya and Arab Uprising” / Robert Mackey su nytimes.com

5. “Syria protesters torch buildings” / aljazeera.com

M O N D O M I G R A N T I

Dossier Siria - La guerra civile

Siria - La guerra civile Rosario Mastrosimone, Antenna Profughi

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La Siria in numeri

P A G I N A 3 N U M E R O 2

I numeri dopo tre anni di guerra I dati, ufficiosi, sulla crisi siriana, sono elaborati

periodicamente da istituti internazionali, gover-

ni, associazioni umanitarie e gruppi d’interesse.

I numeri qui raccolti sono basati sui dati forniti

dalle principali fonti, laddove possibile aggiorna-

ti all’aprile 2014, e per il resto su medie e stime

statistiche.

A causa della limitata accessibilità del Paese e

delle difficoltà nella verifica delle fonti, da gen-

naio 2014 l’UNHCR ha sospeso il conteggio

delle vittime.

Note

1. Dati Osservatorio siriano sui diritti umani (SOHR)

all’1.4.2014

2. Stima di Save the children al 10.03.2014

3. Dati UNHCR al 30.04.2014

4. Proiezione dai dati UNHCR di fine 2013

5. Dati UFM al 31.03.2014

6. Stime UNRWA

7. Dati UNICEF: un quinto degli edifici scolastici risulta distrutto o gravemente compromesso.

Repubblica Araba di Siria

Capitale Damasco

Popolazione 22’500’000 (pre-conflitto)

Composizione

etnia/religione

60% sunniti arabi

12% alawiti (sciiti) arabi

9% sunniti curdi

8% cristiani ortodossi

3% drusi

2% cristiani armeni

2% sciiti arabi

Età Età media 23,3 anni

Un terzo dei siriani ha meno di 15 anni

Numero di morti 150’3441

Civili 51’2121

Bambini 10’0002

Rifugiati interni 6,5 milioni3

Rifugiati registrati / assistiti nei Paesi limitrofi 2,7 milioni3

- in Libano 990’0003

- in Turchia 722’0003

- in Giordania 594’0003

- in Iraq 220’0003

- in Egitto 136’0003

Rifugiati nei 44 Paesi industrializzati monitorati dall’UNHCR 140’0004

Richiedenti d’asilo / rifugiati in Svizzera 5’2815

Tasso di disoccupazione 48%6

Tasso di abbandono della scuola 40%7

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P A G I N A 4

M O N D O M I G R A N T I

Bashar al-Assad e la minoranza alawita Tutta una serie di peculiari circostanze

storiche hanno consentito alla famiglia

Assad di acquisire il controllo del partito

Baath e dominare la scena politica siria-

na per decenni.

La famiglia Assad appartiene alla corren-

te alawita dell'Islam sciita, che conta nel

mondo circa 3 milioni di fedeli, in mag-

gioranza siriani.

Le origini della fede alawita paiono risali-

re al IX secolo, mentre il nome richiama

la riverenza verso Alī, cugino e genero

del profeta Maometto.

Le verità della fede alawita sono rivelate

agli adepti per gradi, e solo a coloro che

ne siano ritenuti degni. Pertanto, i testi

sacri non sono pubblicati; neppure la

conversione è possibile.

Tradizionalmente, gli alawiti negano

l'utilità della distinzione tra sciiti e sunni-

ti, e sostengono che la verità divina è

sostanzialmente segreta.

Per secoli, gli alawiti sono stati persegui-

tati dai sunniti e ancora oggi non pochi

sunniti li considerano “infedeli”.

Già dai tempi di Hafiz Al-Assad1, il regi-

me ha cercato di avvicinare gli alawiti

siriani alla corrente maggioritaria degli

sciiti, quella dei duodecimani.

Al contempo, gli alawiti hanno adottato

molte delle pratiche e delle tradizioni

dell'Islam maggioritario, quello sunnita,

con l’obiettivo di ridurre i pregiudizi cui

da sempre sono confrontati.

Gli Assad hanno dovuto agire con attenzione

e cautela per evitare che l’appartenenza a

una minoranza religiosa osteggiata dalla mag-

gioranza della popolazione ne compromet-

tesse la posizione di potere.

Da qui, l’esigenza di una fitta rete di alleanze

e di una capillare organizzazione poliziesca

dello Stato. Da qui anche la convenienza di

promuovere uno Stato sostanzialmente laico,

attivo nel promuovere la tolleranza religiosa,

ma anche orientato a saldare la coesione

nazionale con l’adesione al panarabismo, il

sostegno alla causa palestinese e la colloca-

zione geopolitica nel fronte anti-occidentale.

1. “Asad's Alawi dilemma”, faculty-staff.ou.edu

Dossier Siria - La guerra civile

Cronologia essenziale dei primi 3 anni di guerra 15.03.2011: Indetta una Giornata della Rabbia da alcuni attivisti

18.03.2011: Proteste in diverse città. A Daara, le forze di sicurezza uccidono 4 manifestanti

20.03.2011: Scontri a Daara: muoiono 15 manifestanti e 7 poliziotti 26.04.2011: Altra giornata dal bilancio pesante: seguono perquisizioni

casa per casa, vengono tagliate acqua, elettricità e linee telefoniche 27.04.2011: Prime defezioni di soldati dall’esercito siriano.

18.05.2011: Gli USA adottano le prime sanzioni economiche contro il governo siriano

29.07.2011: Nasce l’Esercito Siriano Libero su iniziativa di un gruppo di disertori d’alto grado

05.08.2011: Centinaia di morti nella città di Hama

18.08.2011: USA e UE chiedono le dimissioni di Bashar al-Assad 23.08.2011: Nasce a Istanbul il Consiglio Nazionale Siriano, per coordi-nare le forze di opposizione

04.10.2011: Veto in Consiglio di Sicurezza ONU di Cina e Russia alla proposta di risoluzione di condanna e sanzioni economiche dell’UE

08.11.2011: Per l’ONU i morti del conflitto sono già 3’500

12.11.2011: La Siria è sospesa dalla Lega Araba 27.11.2011: La Lega Araba approva sanzioni economiche contro la Siria

04.02.2011: Veto in Consiglio di Sicurezza ONU di Cina e Russia su risoluzione che chiede le dimissioni di Bashar al-Assad

26.02.2012: Referendum in Siria con approvazione della nuova Costitu-

zione, boicottato dalle opposizioni 18.07.2012: Un’esplosione uccide il ministro della Difesa

23.07.2012: Il governo riconosce di possedere armi di distruzione di massa e minaccia di usarle in caso di attacco straniero

11.11.2012: Dal Consiglio Nazionale Siriano nasce la Coalizione Nazio-nale Siriana, per meglio rappresentare le forze dell’opposizione

27.05.2013: L’UE revoca l’embargo, per poter inviare armi ai ribelli

13.06.2013: USA e Gran Bretagna iniziano a spedire armi ai ribelli

31.08.2013: Obama annuncia l’intenzione di un intervento militare. Im-mediata opposizione della Russia.

27.09.2013: Il Consiglio di Sicurezza ONU approva una risoluzione per l’eliminazione delle armi di distruzione di massa, dopo la rinuncia USA a

un intervento militare 06.10.2013: Inizia lo smantellamento delle armi di distruzione di massa, sotto il controllo di osservatori internazionali

11.12.2013: USA e Gran Bretagna sospendono l’invio di rifornimenti militari ai ribelli

15.02.2014: Falliscono i negoziati di Ginevra

Fonti

- “Syria Civil War Fast Facts / cnn.com

- "Du soulèvement à la guerre: trois ans de crise en Syrie” / lexpress.fr

- “Syrian conflict: the background and the current situation” / euronews.com

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Dossier Siria - La guerra civile

4. Corruzione

Il livello di corruzione ha raggiunto una

tale gravità che per qualsiasi pratica oc-

corre pagare una tangente a un funziona-

rio. Chi non ha denaro, non può fare

nulla.

5. Dittatura della minoranza

La maggioranza sunnita ha sempre diffi-

dato della famiglia Assad, perché espres-

sione della minoranza alawita. Laddove la

popolazione è mista, come ad Homs, i

conflitti interreligiosi hanno aggravato

l’intensità degli scontri.

6. Violenza di Stato

I mukhabarat, i servizi segreti, onnipre-

senti nella società siriana, hanno creato

un clima di terrore verso lo Stato. Per

chi ha sposato la causa della rivoluzione,

tornare indietro significa consegnarsi alla

certezza della vendetta.

7. Crisi agraria e siccità

Le siccità che dal 2008 hanno impoverito

il nord-est, hanno provocato un massic-

cio esodo di famiglie di agricoltori impo-

veriti verso le periferie delle città. Secon-

do i dati della Banca Mondiale, nel 2009 il

17% della forza lavoro operava nell’agri-

coltura.

8. Internet e nuovi media

I nuovi strumenti offerti da Internet, la

telefonia mobile e la TV satellitare hanno

permesso ai più giovani di eludere la cen-

sura di regime e scoprire altre realtà e

modi di vivere. Il web ha svolto un ruolo

chiave nell’organizzazione delle proteste.

9. Fondamentalismo

I musulmani più ferventi e le componenti

fondamentaliste dell’Islam sono sempre

state diffidenti verso il regime, ritenuto

troppo laico e troppo tollerante verso le

minoranze religiose.

10. Disoccupazione giovanile

La debolezza del sistema economico, unita

all’età media giovanissima della popolazio-

ne, ha reso la disoccupazione il filo rosso

dei problemi di milioni di famiglie. Tantissi-

mi giovani senza prospettive vedevano

nella caduta del regime la chiave per un

futuro migliore.

Fonti

- “A Wasted Decade: Human Rights in Syria during

Bashar al-Asad's First Ten Years in Power” / Rapporto

di Human Rights Watch, 16.07.2010

- “Syrie: Mise à jour août 2008” / Alexandra Geiser,

OSAR, 28.08.2008

Non esiste un’unica causa scatenante

capace di spiegare da sola l’esplosio-

ne e la cruenta evoluzione della

guerra civile siriana. Sono infatti mol-

ti i motivi alla base del conflitto.

1. Ingiustizia sociale

Dal 2000, con l’ascesa di Bashar Al-

Assad, il regime ha introdotto una serie

di privatizzazioni che hanno arricchito

quasi esclusivamente le famiglie legate

alla dinastia regnante. All’esplosione dei

consumi delle famiglie agiate si è accom-

pagnato un rapido aumento del costo

della vita, mentre il tasso di disoccupa-

zione è rimasto elevatissimo.

2. Repressione politica

Con un solo partito legale e senza nes-

sun canale di partecipazione democratica,

dall’indipendenza i cambiamenti di regime

sembrano poter avvenire solo per golpe

militare o per insurrezione popolare.

3. Debolezza del Baath

Per decenni, la Siria aveva coniugato a un

modello economico di tipo sovietico un

radicato nazionalismo panarabo. Le scon-

fitte militari con Israele e il peggioramen-

to dell’economia interna hanno minato la

credibilità del Baath.

P A G I N A 5 N U M E R O 2

Le cause del conflitto

Proteste anti-regime nell’area della

capitale Damasco, dopo l’uccisione

nei due giorni precedenti, di un cen-

tinaio di manifestanti in diverse città

siriane. 24 aprile 2011- Damasco

© Syriana2011 / flickr.com

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P A G I N A 6

M O N D O M I G R A N T I

Le principali forze filo-governative: stime Governo siriano

Forze Armate Siriane

Leva obbligatoria dai 18 ai 49 anni / Gli uomini tra i 18 e i 42 anni non posso-

no lasciare la Siria (dal marzo 2012).

178’0001

Forza Nazionale di Difesa Dall’inizio del 2013, raccoglie i volontari dei Comitati Popolari, gruppi di citta-

dini alawiti, cristiani e drusi, nati per difendere i quartieri delle città dalle in-

cursioni dei ribelli sunniti.

100.0002

Shabiha Milizia civile, senza legami ufficiali col governo. Dagli anni ‘80 operavano nel

contrabbando col Libano, intoccabili grazie ai legami con la famiglia Assad. 10’000

3

Al-Jaysh al-Sha'bi Milizia di volontari, per lo più alawiti e sciiti, organizzati, finanziati e armati dai

Guardiani della Rivoluzione iraniani e dagli Hezbollah libanesi. 50.000

4

Brigata al-Abbas Gruppo paramilitare sciita organizzatosi a difesa di luoghi sacri per proteggerli

dalle incursioni dei ribelli, composto per metà da iracheni. 10.000

5

Brigate Baath Milizie di volontari sunniti, fedeli al governo, organizzatisi ad Aleppo per difen-

dere gli edifici governativi dai ribelli. 7.000

6

Iran

Quds I Quds sono le forze speciali dei Guardiani della Rivoluzione, esperti nell’adde-

stramento militare e nelle strategie di guerriglia.

n.d.4

Basij I volontari della milizia Basij, in Iran sono impiegati tradizionalmente nella re-

pressione del dissenso. n.d.

4

Libano

Hezbollah Contingente paramilitare, inviato per offrire supporto militare e finanziario

all’organizzazione Al-Jaysh al-Sha'bi.

4’000 - 5’0007

Dossier Siria - La guerra civile

Le ingerenze estere e il ruolo dei combattenti stranieri Il governo Assad può contare sul sostegno tecnologico, finanziario e in armamenti di Russia e Iran, sulla presenza di con-tingenti di combattenti iraniani e libanesi (Hezbollah) e sulla fornitura di carburante da parte di Iraq e Venezuela. Le forze di opposizione continuano a ricevere finanziamenti e armamenti da Qatar, Arabia Saudita e in minor misura Turchia. Attualmente, sembra invece che Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano sospeso ogni forma di sostegno diretto, nel timore che gli aiuti finiscano col rafforzare anche i gruppi fondamentalisti. Si stima che, complessivamente, ci siano dai 10’000 ai 20’000 combattenti stranieri in Siria, inclusi quelli di organizzazio-ni come i Basij ed Hezbollah: uomini, ma anche qualche donna, provenienti non solo dal mondo arabo, ma anche da Paesi europei, nonché da Russia, Turchia, Pakistan, Stati Uniti e Australia. Giovani, talvolta giovanissimi, e per lo più animati da motivazioni religiose, i combattenti stranieri aderiscono principal-mente a gruppi militanti fondamentalisti. Nel febbraio 2014, il Re saudita, preoccupato dei tanti giovani partiti per andare a combattere in Siria, ha emanato un de-creto col quale ha bandito la Fratellanza Musulmana e proclamato come illegale la partecipazione di cittadini sauditi in conflitti esteri.

Note

1. International Institute for Strategic Studies, Londra, Agosto 2013

2. "Syria's Alawite Force Turned Tide for Assad", Wall Street Journal. 26.08.2013

3. “Shabiha Militias and the Destruction of Syria“, Stephen Starr, CTC, 29.11.2012

4. “Iran and Hezbollah build militia networks in Syria, ”theguardian.com, 12.02.2013

5. “Syrian war widens Sunni-Shia schism”, theguardian.com, 4.06.2013

6. “Baath per le strade di Damasco”, al-akhbar.com, 30.12.2013

7. “Hezbollah Gains Battle Skills in Syria”, nytimes.com, 10.03.2014

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P A G I N A 7 N U M E R O 2

Le principali forze dell’opposizione: stime

Coalizione nazionale delle forze dell'opposizione e della rivoluzione

Esercito Siriano Libero Coalizione militare composta da esponenti delle opposizioni e soldati che hanno ab-

bandonato l’esercito governativo. 40’000

1

Fonte Rivoluzionario Siriano Alleanza militare costituitasi nel dicembre del 2013 in seguito alla fusione di 14 brigate

precedentemente appartenenti all’Esercito Siriano Libero. 45’000

2

Fronte Islamico Coalizione di sette gruppi jihadisti sunniti che auspicano l’instaurazione di uno Stato

islamico moderato: è finanziata e armata dall’Arabia Saudita. 50’000

2

Esercito dei Mujaiddeen Coalizione di gruppi moderati d’ispirazione sunnita sorta per contrastare lo Stato Isla-

mico dell’Iraq e del Levante (ISIL). 5’000

2

Al Nusra D’ispirazione sunnita, costituisce l’emanazione di Al Qaeda in Siria, annoverata tra le

organizzazioni terroristiche dalle Nazioni Unite. Mira all’instaurazione di un califfato

islamico e all’implementazione della Sharia.

8’0002

Ahfad al-Rasul D’ispirazione sunnita e finanziato dal Qatar, il gruppo sta perdendo importanza a causa

di massicce defezioni in favore del Fronte Rivoluzionario Siriano. 10’000

3

Stato Islamico dell’Iraq e Levante

Stato Islamico dell’Iraq e del

Levante

Organizzazione jihadista d’ispirazione salafita, sviluppatasi in Iraq nel 2003, in passato

parte della rete di Al Qaeda. Propugna una rigida applicazione della Sharia nei territori

siriani sotto il suo controllo. In conflitto aperto con gli altri gruppi dell’opposizione.

8.0002

Dossier Siria - La guerra civile

Le forze di difesa curde

Unità di Protezione Popolare Organizzazione militare del Consiglio Supremo Curdo che opera a difesa dei territori

del Kurdistan siriano. 45.000

4

Jabhat al-Akrad Organizzazione composta da dissidenti dell’Esercito Siriano Libero, prevalentemente

curdi, da alcuni ritenuta affiliata al PKK. 7.000

5

Sutoro Gruppo militare che opera a tutela della minoranza assira nel Kurdistan siriano, in

cooperazione con le Unità di Protezione Popolare. 1.000

6

Asayish Organizzazione di sicurezza ufficiale dell’amministrazione autonoma del Kurdistan siria-

no. 700

7

Note

1. “Why Syrian Army Can't Crush Opposition". Cnn.com, 25.06.2012

2. “Factbox: Syria's rebel groups”, reuters.com, 09.01.2014

3. “The Non-State Militant Landscape in Syria”, ctc.usma.edu, 27.08.2013

4. “In Syria, Kurds are fighting their own war”, PRI.org, 2611.2013

5. “Jihadi Groups in Syria Have Hijacked FSA“, Rudaw.net. 11.08.2013

6. “Schweizer Söldner im syrischen Bürgerkrieg”, 20min.ch, 12.07.2013

7. “Kurds Build Bridges At Last”, iede.co.uk, 13.10.2013

I numeri riportati hanno un valore indicativo e non sono necessariamente attuali. I gruppi attivi militarmente in Siria, le denomina-

zioni, le alleanze tendono a cambiare molto velocemente. Inoltre, e spesso, i leader delle diverse organizzazioni tendono a esagera-

re il numero degli affettivi a loro disposizione.

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P A G I N A 8

M O N D O M I G R A N T I

Guerra in Siria: la carta del conflitto

Wikimedia — 16.03.2014 (© Absalao777) / Aggiornamento al 30 marzo 2014 (©SOS Ticino)

La mappa, aggiornata a fine marzo, mostra la suddivisione delle aree di

controllo tra le principali forze in campo. Il governo Assad ha ripreso il

controllo del sud-ovest del Paese, mentre lo Stato Islamico dell’Iraq e del

Levante contende alle altre forze dell’opposizione, raggruppate nella Coalizione

Nazionale Siriana, le regioni attorno ad Ar-Raqqah. I curdi tentano di difendere

e rafforzare la loro autonomia.

Dossier Siria - La guerra civile

Si consideri che in molte delle principali città uno o più quartieri sono controllati da forze diverse rispetto a quelle territorialmente

dominanti sopra rappresentate. Alcune carte dettagliate della suddivisione di potere nelle principali città sono disponibili on-line.

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P A G I N A 9 N U M E R O 2

Lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) è un gruppo fondamentalista che sta svolgendo un

ruolo sempre più importante nel conflitto in corso in Siria. Sviluppatosi in Iraq e attivo per anni

nel conflitto iracheno, esso ha assunto diverse denominazioni, dal 2006, “Stato Islamico dell'Iraq”,

e dall’aprile 2013, quella attuale, per riflettere l'impegno in Siria. L'ISIL è stato dalla sua fondazione

catalogato tra i movimenti affiliati ad Al Qaeda, tanto da essere spesso designato come “Al Qaeda

in Iraq”. In effetti, fino al 2006, l'ISIL si richiamava proprio ad Al Qaeda per definire la propria col-

locazione nel complicato intreccio di conflitti che insanguinano il Medio Oriente e in diverse oc-

casioni i leader di Al Qaeda avevano confermato tale affiliazione.

Dal 2006, l'ISIL non aveva più fatto alcun richiamo esplicito ad Al Qaeda nella sua strategia di comunicazione, anche se la maggioranza degli analisti continuava a ritenere connesse le due organizzazioni. Nell'aprile del 2013, l'ISIL aveva annunciato il proprio impegno nella guerra civile siriana, e questo nonostante la con-trarietà di al-Zawahiri, leader di Al Qaeda. Il 2 febbraio 2014, Al Qaeda1 ha espressamente preso le distanze dall'ISIL, disconoscendo qualsiasi connessione. Detto altrimenti, l'ISIL sarebbe troppo estremista anche per Al Qaeda. Il ripudio di Al Qaeda sembra potersi spiegare con il rigetto delle violenze perpetrate dall'ISIL ai danni di altri gruppi islamisti operanti in Siria e richiama alla mente quanto accaduto durante la guerra civile in Algeria nel 1996. All'epoca, i principali gruppi jihadisti arabi rifiutarono di continuare a supportare il Gruppo Islamico Armato (GIA), perché lo stesso stava dedicando le proprie forze a contrastare gli altri movimenti islamisti, anziché concentrarsi nella guerra al regime algerino. In Siria, nel conflitto tutto interno alle fazioni jihadiste, l'ISIL ha iniziato a etichettare come takfir (infedeli) gli altri gruppi islamisti, attaccandoli sistematicamente e indebolendo in misura sostanziale il fronte dei ribelli. In particolare nel nord della Siria, l'ISIL instaura nei territori sotto il proprio controllo quello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante che, coerentemente col proprio nome e i propri ideali, si ritiene immediatamente sovrano e legittimato ad applicare la propria interpretazione, rigidissima, della Sharia, senza accettare neppure l'idea di poter collaborare con gli altri gruppi jihadisti. D'altra parte, l'eccessiva durezza dell'ISIL verso gli altri gruppi jihadisti e verso la stessa po-polazione sunnita nel cercare di imporre la propria visione della Sharia, rischia di distruggere il consenso di cui il jiha-dismo gode presso parte della popolazione. In effetti, Al Qaeda, già dal 2005, relativamente al conflitto iracheno, aveva invitato i movimenti jihadisti a concen-trarsi sui “veri nemici” e a non spargere sangue sunnita, per evitare di ingenerare ostilità nelle popolazioni locali. Al Qaeda sembra dunque aver ufficialmente ripudiato l'ISIL e considera Al Nusra, che fa parte della Coalizione Naziona-le Siriana, come il proprio referente principale in Siria. Già da gennaio 2014, il Fronte Rivoluzionario Siriano (SRF), Jaish al-Mujahedin (JM), e il Fronte Islamico si erano ritrovate a scontrarsi con l'ISIL nel nord della Siria. Nei mesi successivi, gli scontri2 con le altre forze che si oppongono al governo Assad si sono ulteriormente radicaliz-zati. Di fatto, l’ISIL ha indebolito la già fragile coalizione delle opposizioni, agevolando al contempo il consolidamen-to delle forze fedeli al governo. Fuori dalla Siria, nel frattempo, l’immagine delle opposizioni si è drammaticamente degradata. Nell’opinione pubblica occidentale si è diffuso il convincimento che il fronte dei ribelli sia ormai dominato dalle forze fondamentaliste ed estremiste (anche se, in realtà, tali forze rimangono minoritarie nella Coalizione nazio-nale delle forze dell'opposizione e della rivoluzione). Al contempo, le pur comprensibili esitazioni di Stati Uniti e Europa nel sostenere concretamente le organizzazioni antigovernative, con l’interruzione peraltro dei rifornimenti militari (anche non letali), hanno finito per ulteriormente favorire la sopravvivenza del regime. Note

1. “Al-Qaeda disavows ISIS militants in Syria”, bbc.com, 3.02.2014

2. “Rebels v rebels”, economist.com, 23.11.2013

L’ascesa dell’ISIL e la rivincita di Assad

Dossier Siria - La guerra civile

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P A G I N A 1 0

… chi si attendeva da

questo nuovo Regolamento

modifiche sostanziali della

precedente disciplina, non

può che esserne rimasto

deluso, soprattutto perché,

nonostante le enunciazioni

di principio contenute nel

suo preambolo, esso non

risolve uno dei problemi

più gravi riscontrati negli

scorsi anni, ovvero quello

della separazione delle

famiglie, costrette a vivere

in Paesi diversi a causa

delle disfunzioni del

sistema Dublino.

Art. 3 Reg. Dublino III

Gli Stati membri esa-

minano qualsiasi do-

manda di protezione

internazionale presen-

tata da un cittadino di

un paese terzo o da un

apolide sul territorio

di qualunque Stato

membro, compreso

alla frontiera e nelle

zone di transito. Una

domanda d’asilo è esa-

minata da un solo Sta-

to membro.

Le origini della Convenzione

Dublino III: protetti a metà

Mario Amato, Consultorio Giuridico

Mandata in pensione la Convenzione di Dublino del 1990 e il cosiddetto

Regolamento Dublino II, questo 2014 accoglie, non senza qualche per-

plessità, il nuovo Regolamento Dublino, detto appunto Dublino III. Il Re-

golamento (UE) n. 604/2013, approvato il 26 giugno 2013, è infatti entra-to in vigore il 1° gennaio 2014 e, come il precedente Dublino II, è applica-

bile anche in Svizzera, in virtù dell’accordo di associazione a Schengen/

Dublino concluso, con l’UE, il 26 ottobre 2004 e entrato in vigore il 12 dicembre 2008.

Negli anni il Regolamento

Dublino è stato sottoposto a

diverse critiche, provenienti

sia dall’Alto Commissariato

delle Nazioni Unite per i Rifu-

giati (UNHCR) che dal Consi-

glio europeo per i rifugiati e

gli esuli (ECRE) e dal Commis-

sario per i diritti umani del

Consiglio d’Europa, dal mo-

mento che quel sistema non

sempre riesce a garantire una

protezione equa, efficiente e

efficace.

Tali aberrazioni del sistema

sono in parte legate anche

all’inesistenza di un diritto

d’asilo comune in Europa.

Sussistono infatti profonde

differenze tra un Paese e l’al-

tro per quanto concerne le

misure di accoglienza, il tasso

di riconoscimento dello sta-

tus, le procedure d’esame

delle domande, anche se, con

l’approvazione e la prossima

entrata in vigore della Diretti-

va qualifiche, della Direttiva

procedure e della Direttiva

accoglienza, il sistema asilo in

Europa dovrebbe presentare

un assetto normativo più

omogeneo.

È da queste critiche, dunque,

che è nata l’esigenza di una

riflessione complessiva sull’ef-

fettiva efficacia del sistema

Dublino, che alla fine ha por-

tato, pur tra critiche e polemi-

che, ad alcune modifiche al

Regolamento preesistente.

Tuttavia, chi si attendeva da

questo nuovo Regolamento

modifiche sostanziali della

precedente disciplina, non può

che esserne rimasto deluso,

soprattutto perché, nonostan-

te le enunciazioni di principio

contenute nel suo preambolo,

esso non risolve uno dei pro-

blemi più gravi riscontrati

negli scorsi anni, ovvero quel-

lo della separazione delle

famiglie, costrette a vivere in

Paesi diversi a causa delle

disfunzioni del sistema Dubli-

no.

Passeremo ora a vedere quali

sono le principali modifiche

introdotte dal nuovo Regola-

mento, alcune delle quali sono

da valutare comunque in ter-

mini positivi.

Il Regolamento Dublino, come

è noto, stabilisce i criteri e i

meccanismi di determinazione

dello Stato membro compe-

tente per l’esame di una do-

manda d’asilo presentata in

uno degli Stati membri da un

cittadino di un Paese terzo o

apolide.

I criteri di determinazione

dello Stato competente, salvo

qualche rara eccezione, sono

di carattere oggettivo, il che

sta a significare che la volontà

del richiedente, ma anche

l’esistenza stessa di legami

familiari e culturali, assume un

carattere residuale.

Con Dublino il richiedente

protezione internazionale,

non ha più la facoltà di sceglie-

re in quale Paese europeo

chiedere asilo, il Regolamento

decide per lui.

In fondo Dublino è stato valu-

to proprio per evitare quel

fenomeno che, con una poco

felice espressione in inglese,

viene definito asylum shopping,

ovvero la presentazione di più

domande d’asilo in diversi

Stati membri.

M O N D O M I G R A N T I

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Le novità di Dublino III

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I criteri per la determinazione dello Stato

competente e la loro gerarchia di applica-

zione restano, in larga misura, invariati.

Sono invece state introdotte misure più

favorevoli nel caso di richiedenti che di-

pendono dall’assistenza di familiari in ragio-

ne di particolari condizioni di salute.

Se, a causa di una gravidanza, di maternità

recente, di malattia grave, di grave disabili-

tà o di età avanzata un richiedente sia di-

pendente dall’assistenza del figlio, del fra-

tello, o del genitore legalmente residente

in uno degli Stati membri o se questi ultimi

dipendono dall’assistenza del richiedente,

gli Stati membri lasciano insieme o ricon-

giungono il richiedente con tale figlio, fra-

tello o genitore, a condizione che i legami

familiari esistessero già nel Paese d’origine,

che il figlio, il fratello, il genitore o il richie-

dente siano in grado di fornire assistenza

alla persona a carico e che gli interessati

abbiano espresso tale desiderio per iscrit-

to.

Si tratta quindi di esprimere maggiore

sensibilità nei confronti di richiedenti parti-

colarmente vulnerabili.

Le novità di maggior rilievo introdotte dal

nuovo Regolamento riguardano tuttavia la

fissazione di termini vincolanti per la pro-

cedura di ripresa in carico, il conferimento

dell’effetto sospensivo al ricorso inoltrato

contro una decisione di trasferimento, il

trattenimento di richiedenti asilo ai fini del

trasferimento e lo scambio di informazioni

sanitarie.

L’esperienza degli ultimi anni ha dimostra-

to che la procedura di ripresa in carico -

cioè la richiesta di uno Stato membro ad

altro Stato membro già individuato in pre-

cedenza quale Stato competente a trattare

la domanda d’asilo - richiede tempi di atte-

sa molto lunghi, a volte superiori ad un

anno.

Dublino III introduce quindi termini più

brevi e vincolanti per la procedura di ri-

presa in carico. La domanda di ripresa in

carico deve quindi essere presentata quan-

to prima ma, in ogni caso, entro due mesi

dal ricevimento della risposta EURODAC,

il database europeo che contiene le im-

pronte digitali di tutti coloro che hanno

chiesto asilo in Europa o che vi sono en-

trati illegalmente.

Se la domanda di ripresa in carico si fonda su

prove diverse dai dati ottenuti dal sistema

EURDAC, essa deve essere inviata allo Stato

membro richiesto entro tre mesi dalla pre-

sentazione della domanda d’asilo.

Dublino III stabilisce che il richiedente abbia

diritto ad un ricorso effettivo contro la deci-

sione di trasferimento e tale ricorso, diver-

samente da quanto avveniva in passato, ha

ora effetto sospensivo, soluzione da anni

richiesta dalle organizzazioni che si occupano

della tutela di richiedenti asilo e rifugiati.

Dublino III introduce poi la possibilità di

trattenere il richiedente ai fini del trasferi-

mento, ma solo ove sussista un rischio note-

vole di fuga, il trattenimento risulti essere

proporzionale e non risultino utilizzabili altre

misure meno coercitive. In questi casi i ter-

mini per la presa o ripresa in carico sono

ridotti a un mese, per la presentazione della

domanda e due settimane per la risposta.

Infine il nuovo Regolamento prevede lo

scambio di informazioni sanitarie prima del

trasferimento e ciò per garantire l’assistenza

sanitaria al richiedente al momento dell’ac-

coglienza nel Paese competente.

Anche questa nuova disposizione risponde

alla necessità di proteggere con più efficacia

quei richiedenti asilo che presentano serie

problematiche di salute in modo tale che

possano essere efficacemente presi a carico

dal sistema sanitario del Paese di destinazio-

ne.

In conclusione Dublino III mantiene l’impian-

to ideologico delle precedenti normative

fondate sul principio di unicità - un solo

Stato è competente a trattare la domanda

d’asilo - e sull’assenza di qualsiasi valore

attribuito alla volontà del richiedente.

Molti elementi di criticità già segnalati in

passato, non vengono risolti dalla nuova

normativa, le famiglie continueranno, in mol-

ti casi, a rimanere separate, mentre i criteri

di determinazione dello Stato competente,

restano fondamentalmente gli stessi.

In primo luogo viene formalizzato il divieto

di trasferire un richiedente asilo verso uno

Stato membro nel quale potrebbe essere

esposto a trattamenti inumani e degradan-

ti.

Evidentemente, nella genesi di questa nuo-

va disposizione, ha giocato un ruolo im-

portante la sentenza della Corte europea

dei diritti dell’uomo (Corte CEDU) del 21

gennaio 2011 la quale, nella vertenza M.S.S

c. Belgio e Grecia, aveva condannato que-

sti due Paesi per violazione dell’art. 3 CE-

DU (norma che vieta, appunto, i tratta-

menti inumani e degradanti) in relazione al

trasferimento verso la Grecia di un richie-

dente asilo afghano, nonostante gli appelli

dell’UNHCR e di altri organismi interna-

zionali a non effettuare trasferimenti in

Grecia in applicazione del Regolamento

Dublino.

È qui interessante notare, soprattutto se

riferito alla prassi del Consiglio federale

per quanto concerne l’individuazione pe-

riodica di Paesi sicuri, che per la Corte

CEDU è inaccettabile il presupposto che

un Paese europeo sia, per definizione,

sicuro.

Ora il Dublino III impone quindi di verifica-

re se nel Paese membro ritenuto compe-

tente a trattare una domanda d’asilo il

richiedente non sia esposto a trattamenti

inumani e degradanti, a causa delle carenze

del sistema asilo di quel Paese.

Il Regolamento Dublino III introduce, inol-

tre, maggiori garanzie nella tutela dei ri-

chiedenti asilo minorenni non accompa-

gnati. Questi, se lo desiderano, potranno

ricongiungersi non solo con i genitori già

presenti in uno Stato membro, ma anche

con altri parenti, quali un fratello, uno zio,

i nonni.

In effetti Dublino III introduce anche la

nozione, prima inesistente, di parenti.

Resta comunque fermo il principio secon-

do il quale, se non ci sono parenti, lo Stato

competente a trattare la domanda d’asilo,

è quello nel quale il minore ha presentato

la sua domanda di protezione.

Il minore ha inoltre diritto ad un rappre-

sentante legale che ha accesso a tutte le

informazioni pertinenti al caso e, in ogni

caso, tutta la procedura deve essere im-

prontata al rispetto dell’interesse superio-

re del minore.

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Indigenza e affido dei minori in Italia

Intervista al Giudice Luca Massari Pedagogista e già Giudice Onorario presso il Tribunale dei

Minorenni di Milano, Luca Massari è oggi Consigliere Onorario

della Sezione Minori della Corte d’Appello di Milano, nonché

Professore a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Piacenza, dove cura il Laboratorio “Minori e Giustizia”

nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Progettazione

pedagogica nei servizi per minori.

Abbiamo avuto modo di constatare, nel corso degli ultimi due anni, un numero significativo di

domande d’asilo di donne con minori, provenienti dall’Italia. Si tratta, per lo più, di donne di

origine straniera, che in Italia beneficiano di un regolare permesso di soggiorno per asilo, mo-

tivi umanitari, lavoro o ricongiungimento familiare. Ad accomunare queste donne è la dram-

maticità del vissuto personale: da situazioni economiche di estrema indigenza a vissuti di vio-

lenza domestica e abusi. A spingerle a tentare la via, irrealistica, dell’asilo in Svizzera, è il timo-

re che in Italia lo Stato possa sottrarre loro i figli, ritenendole incapaci di prendersene cura, e questo anche solo per le condizioni di indigenza materiale. E’ davvero possibile che in Italia

un minore sia allontanato dalla propria famiglia, solo perché povera? Per cercare di capirlo,

abbiamo intervistato Luca Massari, già giudice onorario al Tribunale dei Minori di Milano e ora

consigliere onorario alla Corte d’Appello di Milano, sezione minori.

Luca Massari: La legge 184/1983 come modificata dalla legge 28.3.2001, n. 149 esplicitamente chiarisce che: “Le condi-

zioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'eserci-

zio del diritto del minore alla propria famiglia.” Inoltre, “Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle propr ie

competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie

disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato

nell'ambito della propria famiglia.”

Mondo Migranti: Quindi, possiamo, almeno in linea di principio, escludere che un minore sia sottratto

alla propria famiglia per sole ragioni di indigenza?

Luca Massari: La possibilità che un minore sia allontanato dalla sua famiglia per sole ragioni di indigenza, da parte di un

Tribunale, è da escludere anche nei fatti; è vero però che le competenze per il sostegno economico delle famiglie so-

no in prevalenza comunali e legate alla disponibilità di risorse: quindi possono esserci situazioni in cui in concreto non

vengono forniti i sufficienti aiuti.

Mondo Migranti: Una madre in difficoltà che si rivolga ai servizi comunali, corre dei rischi?

Luca Massari: E’ escluso (naturalmente errori possono esisterne, ma non ne conosco neanche per via indiretta) che

una madre chieda aiuto al Comune e, per la sua povertà, le vengano allontanati i figli. Può capitare, invece, che il Co-

mune non dia aiuto economico sufficiente. Come può succedere che la conoscenza di un nucleo familiare, partita da

una richiesta di aiuto, metta in evidenza un pregiudizio per il minore, dovuto ad azioni negative o a omissioni dei geni-

tori che può portare alla necessità di intervento sino all’estremo del collocamento in una comunità o presso una fami-

glia.

M O N D O M I G R A N T I

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Condizioni e limiti dell’affido extra-familiare

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Mondo Migranti: Se una famiglia è indigente e costretta a vivere per strada, i minori possono essere allontanati?

Luca Massari: L’affidamento del minore è possibile se i genitori rifiutano il collocamento nella struttura d’accoglienza proposta.

Questo tipo di situazioni possono verificarsi soprattutto quando la proposta di alloggio è destinata alla madre e ai minori, ma non

al padre: in effetti, spesso le strutture disponibili sono destinate ad accogliere le mamme con i minori, e non c’è posto per i padri.

In questi casi, il rifiuto della madre di essere alloggiata senza il marito/padre, espone il minore a una situazione di pericolo, poiché

questi si ritroverebbe a dover continuare a vivere per strada, nonostante la disponibilità di un alloggio. Si, tratta, in questi casi, di

un grave pregiudizio per il minore, che può quindi portare all’affidamento a un’altra famiglia o in comunità.

Mondo Migranti: E cosa accade, se la famiglia vive in un alloggio occupato abusivamente?

Luca Massari: Qui la risposta è più complessa. Normalmente la non corretta occupazione di un immobile non viene valutata come

pregiudizievole per i figli, purché i locali non siano insalubri o addirittura pericolosi. Spetta al giudice esaminare se l’occupazione

abusiva costituisce un tentativo di proteggere il minore o se lo espone a situazioni di pericolo. Questo esame è effettuato nell’am-

bito di un giudizio complessivo sull’adeguatezza dei genitori a esercitare la loro potestà. Tuttavia, le cose cambiano se l’autorità

dispone lo sgombero dell’alloggio occupato abusivamente e i genitori, per opporvisi, utilizzano il minore in modo strumentale (es.

fingendo che abbia la febbre). In questi casi la giurisprudenza è molto severa e il comportamento dei genitori è considerato pre-

giudizievole per il minore, con conseguente probabile allontanamento.

Mondo Migranti: Ipotizziamo il caso estremo di una famiglia che non riesca neppure a nutrire adeguatamente i

propri figli, a causa della povertà.

Luca Massari: Anche in questo caso, non è immaginabile che il minore possa essere allontanato solo per questo motivo. Tuttavia,

una misura di allontanamento sarebbe giustificata se i genitori omettessero di richiedere aiuto ai servizi comunali o rifiutassero le

misure di sostegno proposte dall’autorità.

Mondo Migranti: Esistono differenze, nella prassi dei Tribunali, tra famiglie di europei e di stranieri?

Luca Massari: Le statistiche mostrano che i Tribunali dei Minori sono sollecitati con frequenza decisamente inferiore per la tutela

di minori stranieri. La giurisprudenza, in generale, mostra una maggior comprensione per le difficoltà dei genitori stranieri, tenen-

do conto sia delle diverse peculiarità culturali, sia delle difficoltà correlate a una disponibilità di mezzi finanziari tendenzialmente

inferiore. Questa “maggior tolleranza” è ancora più evidente nei riguardi delle comunità rom. Esistono, inoltre, fenomeni partico-

lari. Capita che minori stranieri in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale, pur giunti in Italia insieme alle loro famiglie,

simulino una condizione di minore non accompagnato: la famiglia teme, rivolgendosi ai servizi sociali, una denuncia per il reato di

clandestinità, col rischio di un’espulsione; per contro, il minore non accompagnato, non può essere allontanato dall’Italia e , rivol-

gendosi ai servizi sociali, beneficia di tutte le misure di sostegno previste dall’ordinamento.

Mondo Migranti: Dopo l’affidamento del minore a un’altra famiglia, o in comunità, quali sono le condizioni che ren-

dono possibile il rientro nella famiglia di provenienza?

Luca Massari: Il codice civile (art 332) dice che “Il giudice può reintegrare nella responsabilità genitoriale il genitore che ne è de-

caduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.”

In quest’ottica, i servizi sociali sono tenuti a inoltrare al giudice, almeno ogni sei mesi, una relazione sulla situazione familiare. E’

importante che i genitori dimostrino di aver aderito alle misure proposte dal giudice e dai servizi sociali. Da parte sua, anche il

Comune ha tutto l’interesse al rientro in famiglia del minore, anche perché il collocamento esterno ha costi decisamente elevati,

e comunque sempre sensibilmente superiori a quelli delle misure di sostegno che possono essere adottate per aiutare le famigl ie

in difficoltà economica. Tuttavia, l’allontanamento non sempre consente al genitore di raggiungere un miglior assolvimento de l

proprio ruolo. In caso di indigenza, si è osservato che per il genitore può risultare problematico presentarsi puntualmente ai mo-

menti d’incontro fissati con i propri figli, e in questi casi al Comune spetta l’assunzione degli eventuali costi di viaggio. Inoltre, se il

genitore non si presenta a questi momenti d’incontro, il tradimento delle aspettative ingenera gravose sofferenze nel minore.

Qualora questa mancata presentazione si ripeta nel tempo, proprio per risparmiare al minore ulteriori sofferenze questi momenti

d’incontro possono essere sospesi, ma si tratta di situazioni estreme.

Mondo Migranti: Quali sono le garanzie offerte dall’ordinamento ai genitori in caso di procedure di affidamento?

Luca Massari: La decisione è assunta sempre dal giudice, ai genitori è assicurato il diritto di partecipare al procedimento e far

valere le proprie ragioni. Un ruolo importante, ma non necessariamente decisivo, è svolto dai servizi sociali, che redigono apposi-

te relazioni all’attenzione del giudice. In caso d’indigenza, lo Stato si fa carico delle spese e del compenso del difensore di fiducia

dei genitori (Patrocinio a spese dello Stato).

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Naturalizzazione solo per chi ha un permesso C

Naturalizzazioni più difficili?

Mario Amato, Consultorio Giuridico

Diventare cittadini svizzeri, si sa, non è mai stato facile. E in un futuro prossimo, se la revisione totale della

legge sulla cittadinanza dovesse andare in porto, lo sarà ancora meno. E’ questione di difendere la

“svizzeritudine”, afferma un deputato alle Camere federali, e di riaffermare la valenza politica della procedura

di naturalizzazione, gli fa eco un altro. Insomma il dibattito che da tre anni si sta sviluppando in seno alle isti-

tuzione politiche federali sul tema della revisione della legge sulla cittadinanza, vede gli svizzeri spaccati in due,

come capita di sovente quando questo Paese discute di immigrati e di integrazione: da una parte coloro che

vorrebbero semplificare e rendere più facile l’accesso al passaporto rossocrociato, dall’altra coloro che sono

schierati per la difesa dell’identità svizzera e che ritengono l’acquisizione della cittadinanza un privilegio, da

concedere quindi “cum grano salis”.

Questa disposizione vanifica l’aspetto positivo della riduzione del

termine di soggiorno in Svizzera per presentare la domanda,

dagli attuali dodici anni agli otto contemplati nel disegno di legge.

Difatti solo alcuni cittadini di Paesi dell’Unione Europea potran-

no presentare la domanda di naturalizzazione dopo otto anni di

soggiorno in Svizzera, cioè i cittadini di quei Paesi con i quali la

Svizzera ha concluso un accordo di domicilio, che prevede il

diritto al rilascio di un permesso di domicilio dopo cinque anni

di soggiorno in Svizzera.

Per gli altri, soprattutto i cittadini di Paese terzi per i quali il

permesso “C” può essere richiesto - è quindi una semplice fa-

coltà e non un diritto - dopo un soggiorno di dieci anni in Sviz-

zera, la riduzione del termine di soggiorno ad otto anni non

apporta particolari benefici.

Paradossalmente la revisione della legge penalizza coloro che più

hanno interesse ad acquisire la cittadinanza svizzera, cioè i citta-

dini di Paesi terzi, dal momento che, grazie alla libera circolazio-

ne delle persone, i cittadini dell’UE sono meno interessati al

passaporto rossocrociato.

Il fatto poi che la revisione della legge preveda la possibilità di

avviare una procedura di naturalizzazione solo in presenza del

permesso di domicilio, risulta essere particolarmente penalizzan-

te per chi è al beneficio dell’ammissione provvisoria.

Questo particolare statuto viene conferito allorquando, per una

serie di motivi, l’esecuzione dell’allontanamento verso il Paese

d’origine non è lecita, possibile o esigibile. Nella maggior parte

dei casi, questo provvedimento viene pronunciato rispetto a

richiedenti asilo che non possono essere rinviati nel Paese d’ori-

gine. Una volta in possesso di tale statuto, occorre attendere

almeno altri cinque anni prima di giungere al permesso di dimora

e, successivamente, dieci anni per poter beneficiare del permes-

so di domicilio. Una persona ammessa provvisoriamente dovrà

quindi attendere, prima di chiedere la naturalizzazione, almeno

quindici o vent’anni.

E’ su questi aspetti che si appuntano le principali divergenze tra

le due Camere del Parlamento.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di osservare più da vicino la

genesi e i contenuti di questa revisione rispetto alla quale Consi-

glio Nazionale e Consiglio degli Stati, faticano a trovare un accor-

do. Facendo ciò cerchiamo anche di fornire un quadro di insieme

e una risposta alle tante domande che il servizio giuridico di SOS

Ticino si sente rivolgere da qualche tempo, soprattutto ogni volta

che le divergenze tra le due camere del Parlamento vengono por-

tate all’attenzione dell’opinione pubblica dai media nazionali.

Dopo la bocciatura popolare della revisione della legge nel 2004 -

quella che prevedeva, tra le altre cose, una forma di naturalizzazio-

ne facilitata per i migranti di seconda e terza generazione - l’esi-

genza di una nuova riforma si era fatta più cogente, soprattutto

dopo l’introduzione della nuova Legge sugli stranieri del 2005,

entrata in vigore nel 2008, che precisava alcuni aspetti relativi al

processo di integrazione e l’importanza di quest’ultima rispetto al

passaggio da un tipo di permesso di soggiorno all’altro. Esigenze di

armonizzazione tra le diverse normative hanno fatto sì che anche

nel nuovo progetto di legge fosse inserita una definizione di inte-

grazione, che la legge attualmente in vigore non contempla.

Il principio che sta alla base del progetto di riforma è che la natu-

ralizzazione debba essere concessa soltanto a chi dimostri di esse-

re ben integrato in Svizzera. Inoltre il nuovo disegno di legge pre-

vede condizioni chiare e vincolanti per la naturalizzazione e proce-

dure più semplici, con l’eliminazione di doppioni tra le diverse

autorità chiamate a pronunciarsi.

L’integrazione riuscita si desume, stando al progetto di legge,

dall’osservanza della sicurezza e dell’ordine pubblico; dal rispetto

dei principi fondamentali della Costituzione federale; dalla facoltà

di esprimersi in una lingua nazionale e dalla volontà di partecipare

alla vita economica o di acquisire una formazione.

Chi dimostri quindi un’integrazione riuscita, accede alla naturaliz-

zazione dopo aver soggiornato in Svizzera per otto anni, purché

sia al beneficio di un permesso di domicilio (il permesso “C”).

Quindi in futuro, se il testo di legge dovesse giungere ad essere

approvato - cosa tutt’altro che scontata viste le continue divergen-

za tra le due Camere, sulle quali torneremo più avanti - solo chi

sarà in possesso del permesso C” potrà inoltrare una domanda di

naturalizzazione.

M O N D O M I G R A N T I

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Un Parlamento diviso

P A G I N A 1 5 N U M E R O 2

L’unico principio condiviso del progetto di riforma, riguarda proprio il requisito del permesso di domicilio. Sugli altri punti invece sussisto-

no ancora divergenze importanti, ribadite ancora recentemente dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale.

Quest’ultimo chiede che gli anni di soggiorno in Svizzera necessari per potersi naturalizzare, debbano essere dieci e non otto, come previ-

sto dal progetto di legge. Inoltre gli anni trascorsi in Svizzera tra il decimo e il ventesimo anno di età, sempre secondo il Nazionale, non

devono più contare doppio, come prevede la legge attuale, ma solo quelli tra il quinto e il quindicesimo anno di età.

Inoltre, per il Consiglio degli Stati, gli anni trascorsi in Svizzera al beneficio dell’ammissione provvisoria, devono essere computati negli

anni di soggiorno richiesti per la naturalizzazione, aspetto che non trova invece l’assenso del Nazionale.

Vi è dunque il rischio che la revisione della legge sulla cittadinanza, stante le importanti divergenze tra una Camera e l’altra, venga definiti-

vamente affossata.

Tutti appaiono scontenti: da una parte coloro che vorrebbero permettere l’accesso al passaporto svizzero con più facilità e, dall’altra,

coloro che vorrebbero, appunto, un maggior inasprimento della legge.

Studi sull’impatto delle nuove norme sul tasso di naturalizzazione, dimostrano che queste diminuiranno del 10% se dovesse essere adotta-

to il testo proposto dal Consiglio federale (permesso C e otto anni di soggiorno in Svizzera) e del 16% se dovesse essere approvato il

testo proposto dal Nazionale.

Torneremo comunque a parlarne su queste pagine, dal momento che il Parlamento dovrà nuovamente occuparsi di tale revisione nella

prossima sessione estiva anche se, come detto, il rischio di un affossamento appare sempre più realistico.

La nostra agenda: gli eventi fino ad Agosto Giovedì 22 maggio Dalle 16.00 alle 18.00

Aperitivo inaugurale della sede rinnovata

Atelier Ri-taglio, Viale Portone 23, Bellinzona

Venerdì 13 giugno Dalle 17.00

Assemblea ordinaria dei soci di SOS Ticino

Ospite d’eccezione: la consigliera federale Simonetta Sommaruga

SOS Ticino, Via Cantonale, Rivera

Sabato 21 giugno Tutto il giorno

24. Festival di culture e musiche del mondo - Festate

Presenza di SOS Ticino con bancarella / eventi

Piazza Municipio / Corso San Gottardo

Mercoledì 25 giugno Dalle 17.30 alle 24.00

Sotto lo stesso sole

Presentazione della squadra di calcio di SOS Ticino

Festa con animazione per i bambini e le famiglie

Visione comune delle partite del giorno dei mondiali, tra cui Svizzera-Honduras

Capannone delle Feste, Via Ceresio 25, Lugano-Pregassona

Sabato 9 agosto Dalle 15.00 alle 17.00

SOS Ticino al Festival di Locarno: 15 anni di bici leopardate!

La seconda vita delle biciclette: un’asta di biciclette realizzate dai partecipanti all’atelier Ri-cicletta del SOS con tanti

ospiti a sorpresa. Battitore d’asta: Antonio Bolzani.

Spazio Magnolia/RSI, Locarno

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P A G I N A 1 6

M O N D O M I G R A N T I

Libri - Letteratura e Migrazioni Chiara Orelli, Direttrice SOS Ticino

Razzisti a parole (per tacer dei fatti) Federico Faloppa

Edizione Laterza, 2011

Collana: Il Nocciolo

Va salutato con sollievo, e se possibile diffuso, un

libro come questo: che spiega finalmente, con lin-

guaggio agile ed efficace, anche ai lettori non spe-

cialisti - ma su basi rigorosamente scientifiche:

l'autore è solido studioso di fenomeni linguistici - il

significato non neutro dell'uso delle parole; di tutte

le parole, certo, ma in particolare di alcune.

Faloppa prende qui in esame il razzismo diffuso

delle pratiche discorsive, degli assalti verbali

("negro!"), degli atti linguistici che veicolano male-

ducazione (dare del tu a un immigrato anche se

non lo si conosce), dei luoghi comuni, delle genera-

lizzazioni che stigmatizzano: un "razzismo democra-

tico" non meno contundente, e pericoloso, di quel-

lo "dei fatti". Faloppa lo mostra molto bene proprio partendo

dalla parola (insulto) "negro". Che nell'italiano di

oggi non descrive solo una caratteristica fisica, ma

connota e squalifica un individuo, o un gruppo,

proprio in ragione di quella caratteristica fisica.

La parola veicola un giudizio di inferiorità nella misura in cui si porta addosso una storia di violenza, di

sopraffazione, di razzismo ."Negro" ha cioè un valore performativo, è insieme verbo e azione: "chi usa

negro non soltanto dice, ma fa qualcosa".

Qui Faloppa riprende le riflessioni della filosofa americana Judith Butler, che dice giustamente che "chi

usa questi insulti non sarebbe solo ‘responsabile’ del modo in cui vengono detti, ma anche del loro

‘rinvigorimento’: del fatto che grazie ad essi vengono rinforzati, riattualizzati, ‘contesti di odio e di ingiu-

ria’. E i discorsi razzisti funzionerebbero proprio ‘perché invocano una convenzione’ ”. La sedimentazio-

ne dei suoi usi diviene parte del nome stesso: una ripetizione "che dà al nome la sua forza". "Dicendo

negro non solo insultiamo, ma è come se ripetessimo offese formulate e reiterate per secoli prima di

noi".

Vu cumprà, invece, ha una storia più recente - compare nell'uso linguistico italiano nel 1986 - ma non

meno significativa: da allora infatti rapidamente si cristallizza divenendo semanticamente prototipico,

cioè viene sempre (si sottolinei: sempre) associato al suo significato più tipico, composto dai tratti

'africano', 'nero', 'povero', 'irregolare'. Del medesimo periodo, ancora, il passaggio dall'accezione prima-

ria di 'clandestino' come segreto (lotta clandestina, stampa clandestina) a illegale: ben coagulato nell'in-

troduzione del reato di immigrazione clandestina, unicum giuridico italiano, e alla conseguente equazio-

ne 'clandestino' uguale criminale, delinquente. Equazione esemplificata dalla citazione che Faloppa fa, e

illustra, di un titolo, fra i tanti simili, di giornale: 'strage di clandestini in mare. Naufragio nelle acque

tunisine...": clandestini ancor prima di essere nelle acque italiane! Clandestini in potenza, appunto: per

natura, "quasi ontologicamente".

Questo, e molto altro nel bel libro di Faloppa.

La parola veicola un

giudizio di inferiorità

nella misura in cui si

porta addosso una

storia di violenza, di

sopraffazione, di razzi-

smo ."Negro" ha cioè

un valore performativo,

è insieme verbo e azio-

ne: "chi usa negro non

soltanto dice, ma fa

qualcosa".

...un titolo, fra i tanti

simili, di giornale:

'strage di clandestini in

mare. Naufragio nelle

acque tunisine...": clan-

destini ancor prima di

essere nelle acque italia-

ne! Clandestini in poten-

za, appunto: per natura,

"quasi ontologicamente".

Federico Faloppa,

nato a Cuneo nel

1972, oggi è Lectu-

rer di Linguistica

italiana presso il De-

partment of Modern

Languages dell'Uni-

versità di Reading,

Inghilterra, dove

insegna Storia della

lingua italiana e So-

ciolinguistica.

Tra le altre pubbli-

cazioni di Federico

Faloppa, vi segnalia-

mo ‘Lessico e al-

terità’ (Edizioni

dell'Orso), ‘Parole

contro’ (Garzanti) e

‘Non per il po-

tere’ (Chiarelettere)

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Rapporto d’attività 2013 I numeri del Servizio Giuridico

P A G I N A 1 7 N U M E R O 2

Nel corso del 2013, il Servizio Giuridico di SOS Ticino, con il Consultorio giuridico di Lugano e

l’Antenna Profughi di Chiasso è stato confrontato con un crescente carico di sollecitazioni, sia

nell’ambito dell’asilo, sia in quello del diritto degli stranieri. In particolare, sono esplose, nell’ultima

parte dell’anno, le richieste di informazioni e chiarimenti in materia di visti da parte di cittadini si-

riani.

Cifre chiave

3428 consultazioni, 1632 per telefono

134 nuovi mandati

197 mandati attivi al 31 dicembre 2013

260 dossier esaminati

90 ricorsi in materia d’asilo, diritto degli stranieri e prestazioni sociali

29 minorenni non accompagnati assistiti

26 interventi in materia di visti e autorizzazioni d’entrata

Origine degli utenti (Antenna Profughi)

Principali ambiti d’intervento

Diritto degli stranieri

Informazioni generali

Revoca / Mancato rinnovo di un permesso

Ricongiungimenti familiari

Casi di rigore

Naturalizzazioni

Visti e autorizzazioni d’entrata

Aiuto d’urgenza

Diritto d’asilo

Informazioni generali

Procedura d’asilo presso l’Ufficio Federale della Migrazione

Analisi delle decisioni e valutazione delle possibilità

Ricorsi contro decisioni negative

Connessione con i servizi di consulenza alla partenza

Visti umanitari

Aiuto d’urgenza

16%

9%

8%

7,50%

7%6%

5%

41,5%

Eritrea

Nigeria

Somalia

Tunisia

Marocco

Sri Lanka

Afghanistan

Altri Paesi

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Nell’ambito della migrazione SOS

Ticino si occupa del sostegno alla

popolazione migrante, in particolare

dell’accompagnamento alle perso-

ne che vivono nel nostro cantone e

che fanno riferimento alla politica

d’asilo: richiedenti l’asilo, rifugiati

riconosciuti, persone a statuto pre-

cario.

I progressivi inasprimenti della legi-

slazione svizzera sull’asilo, sempre

più sfavorevole ai migranti, rischiano

di esporre molte persone a situazio-

ni di precarietà e abbandono.

In Svizzera e nel Ticino il Soccorso

operaio svizzero si impegna da tem-

po nella promozione di una società

più giusta dal profilo sociale, econo-

mico e politico. SOS è una delle

principali istituzioni di solidarietà

riconosciute dalla Confederazione e

si articola in una rete di dieci asso-

ciazioni regionali a scopo non lucra-

tivo, presenti in dodici cantoni.

SOS Ticino sviluppa la sua strategia

di sostegno alle persone in difficoltà

negli ambiti della migrazione e della

disoccupazione attraverso due assi

portanti, Lavoro e Integrazione,

attivando servizi e progetti presenti

su tutto il territorio cantonale.

SOS Ticino si impegna ad accogliere

e accompagnare i migranti sul piano

giuridico, sociale e sanitario con

un’offerta capillare e ad ampio rag-

gio di servizi e progetti. Si attiva

inoltre nella promozione dell’inte-

grazione nella nostra società di co-

loro che rimarranno per un lungo

periodo o per tutta la loro vita in

Svizzera, costruendo qui il futuro loro e dei loro figli.

Per conoscere meglio la nostra

attività in Ticino:

www.sos-ti.ch.

Consultorio Giuridico

Via Zurigo 17

6900 LUGANO

Tel.: 091- 923 18 67

Fax: 091- 923 19 24

E-mail: [email protected]

Antenna Profughi

Via Dunant 2

6830 Chiasso

Tel.: 091- 683 08 93

Fax: 091 - 683 08 92

E-mail: [email protected]

Il Servizio giuridico di SOS Ticino, attraverso il

Consultorio di Lugano e l’Antenna Profughi di

Chiasso, offre consulenza giuridica e rappresen-

tanza legale ai richiedenti d’asilo, ascoltandone

le ragioni, aiutandoli a comprendere lo svolgi-

mento e le esigenze della procedura e assisten-

doli nella redazione di eventuali ricorsi. Inoltre,

e con sempre maggior frequenza, il Servizio

offre a tutti i migranti consulenza in materia di

ottenimento, rinnovo e revoca di permessi di

soggiorno, oltre che in un ampio ventaglio di

altre materie legali.

SERVIZIO GIURIDICO

SOS TICINO

SOS Ticino

DIREZIONE

SOS Ticino

Via Zurigo 17

6900 LUGANO

E-mail: [email protected]