Newsletter "In other Words" n.11/settembre 2012

8
NEWSLETTER MENSILE DI ARTICOLO3-OSSERVATORIO SULLE DISCRIMINAZIONI Settembre 2012 nº11 In Other Words NEWS Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di- stinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio- ni personali e sociali. Costituzione della Re- pubblica Italiana, Principi Fondamentali, Articolo 3 Indice: Editoriale 1 Il progetto 2 La costruzione mediatica della marginalità 2-4 La stampa e la rappresentazione dei minori 4 Approfondimento 6-8 “In Other Words “ è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea—DG Justice Editoriale Le notizie di microcriminalità costituiscono il ‘tappeto discorsivo’ dell'informazione prodotta soprattutto dalla stampa locale. Articoli brevi o brevissimi, trafiletti apparentemente insignificanti attraverso i quali si creano e ricreano i luoghi comuni reali e simbolici. Si tratta di un genere di notizie molto frequenti all'interno dei quotidiani a diffusione locale, in particolare nel periodo estivo. Su questo numero prendiamo in esame il caso de La Voce di Mantova da tre diverse angolature. Si comincia dall’analisi di una pagina nella quale la notizia è costruita attraverso l’accostamento di articoli su eventi di microcriminalità. Il focus viene poi allargato a un numero intero del quotidiano particolarmente denso di notizie su ‘immigrati pericolosi e delinquenti’. Infine, l’approfondimento affronta una panoramica delle notizie pubblicate da inizio giugno a inizio settembre 2012. Questa triplice angolatura è utile a comprendere l’importanza strutturale nell’informazione di notizie apparentemente marginali. Spesso sono pezzi di facile e rapidissima lettura, il cui messaggio è sintetizzato nel titolo o nell'occhiello, oppure da una frase apparentemente ingenua inserita nel corpo del testo, che rimanda però a un sottotesto di stereotipi e pregiudizi radicati e diffusi. Il sottotesto è costantemente attivato laddove il giornalista allude a una supposta qualità intrinseca o estrinseca di una comunità nazionale o di un insieme di persone. In Nomadi a Ostiglia, telefoni ‘caldi’ (27/8) il giornalista afferma che le persone entrate in città “hanno tutto l’aspetto di un gruppo di nomadi”. Non è necessario scrivere quale sia quest’aspetto, poiché evidentemente è già compreso in un immaginario collettivo denso di particolari. L'efficacia comunicativa di queste notizie è data proprio da ciò che ‘non è necessario precisare’, ma che è messo in evidenza graficamente da accostamenti arbitrari di articoli, o è richiamato da dubbi e sospetti appena accennati. I sospetti e i dubbi hanno la funzione di chiamare in causa il ‘senso comune’ che precede e va al di là della singola notizia, e che la rende verosimile oppure infondata, normale oppure eccezionale. La ‘normalità mediatica’ è l'etnicizzazione del reato, la banalizzazione e la ridicolizzazione degli eventi di cronaca che hanno per protagonisti persone rom, transessuali, omosessuali, migranti. Contenuti carichi di pregiudizi e forma snella, concisa e di immediata e facile lettura e diffusione: queste le caratteristiche che fanno delle notizie di microcriminalità uno strumento micidiale di costruzione sociale della devianza. Sempre più spesso sono i giovani ad essere presi di mira. Pare che l'adolescenza si stia trasformando da età della vita attraverso la quale si diventa adulti, ad una nuova incarnazione della diversità come minaccia. Come mostra Angelica Bertellini, questo accade spesso nella stampa, dove i giornalisti non solo assimilano in tutto e per tutto gli eventi criminosi compiuti dagli adulti a quelli compiuti dai minori, ma sembrano addirittura considerare la minore età come un’aggravante. Far parte di una baby gang – questa la locuzione utilizzata dai media per identificare (o creare?) una nuova fattispecie criminosa riservata ai minori di 18 anni – sembra quasi contenere una doppia colpa. Come per i migranti che commettono illeciti, costretti a pagare anche per il loro status di migranti, così per gli adolescenti andare contro le leggi e le norme vigenti contiene la doppia infrazione (a cui corrisponde una doppia colpa) della legge dello Stato e della legge dei padri. La percezione della colpa, sostenuta dalla narrazione dei media, diventa tripla e per questo intollerabile nel caso dei giovani delle seconde generazioni di migranti. Lo stigma, che riguarda i figli tanto dei migranti quanto degli italiani, blocca il processo educativo e dimostra l'impotenza, la paura e la rabbia di adulti sempre più deresponsabilizzati e scollegati dai problemi e dalle domande delle e dei giovani. Elena Cesari

description

Newsletter mensile del progetto europero "In other WORDS"

Transcript of Newsletter "In other Words" n.11/settembre 2012

N E W S L E T T E R M E N S I L E D I A R T I C O L O 3 - O S S E R V A T O R I O S U L L E D I S C R I M I N A Z I O N I

Settembre 2012 nº11

In Other Words NEWS

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di-stinzione di sesso, di

razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio-ni personali e sociali.

Costituzione della Re-pubblica Italiana,

Principi Fondamentali, Articolo 3

Indice:

Editoriale 1

Il progetto 2

La costruzione mediatica della marginalità

2-4

La stampa e la rappresentazione dei minori

4

Approfondimento 6-8

“In Other Words “ è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea—DG Justice

Editoriale Le notizie di microcriminalità costituiscono il ‘tappeto discorsivo’ dell'informazione prodotta soprattutto dalla stampa locale. Articoli brevi o brevissimi, trafiletti apparentemente insignificanti attraverso i quali si creano e ricreano i luoghi comuni reali e simbolici. Si tratta di un genere di notizie molto frequenti all'interno dei quotidiani a diffusione locale, in particolare nel periodo estivo. Su questo numero prendiamo in esame il caso de La Voce di Mantova da tre diverse angolature. Si comincia dall’analisi di una pagina nella quale la notizia è costruita attraverso l’accostamento di articoli su eventi di microcriminalità. Il focus viene poi allargato a un numero intero del quotidiano particolarmente denso di notizie su ‘immigrati pericolosi e delinquenti’. Infine, l’approfondimento affronta una panoramica delle notizie pubblicate da inizio giugno a inizio settembre 2012. Questa triplice angolatura è utile a comprendere l’importanza strutturale nell’informazione di notizie apparentemente marginali. Spesso sono pezzi di facile e rapidissima lettura, il cui messaggio è sintetizzato nel titolo o nell'occhiello, oppure da una frase apparentemente ingenua inserita nel corpo del testo, che rimanda però a un sottotesto di stereotipi e pregiudizi radicati e diffusi. Il sottotesto è costantemente attivato laddove il giornalista allude a una supposta qualità intrinseca o estrinseca di una comunità nazionale o di un insieme di persone. In Nomadi a Ostiglia, telefoni ‘caldi’ (27/8) il giornalista afferma che le persone entrate in città “hanno tutto l’aspetto di un gruppo di nomadi”. Non è necessario scrivere quale sia quest’aspetto, poiché evidentemente è già compreso in un immaginario collettivo denso di particolari. L'efficacia comunicativa di queste notizie è data proprio da ciò che ‘non è necessario precisare’, ma che è messo in evidenza graficamente da accostamenti arbitrari di articoli, o è richiamato da dubbi e sospetti appena accennati. I sospetti e i dubbi hanno la funzione di chiamare in causa il ‘senso comune’ che precede e va al di là della singola notizia, e che la rende verosimile oppure infondata, normale oppure eccezionale. La ‘normalità mediatica’ è l'etnicizzazione del reato, la banalizzazione e la ridicolizzazione degli eventi di cronaca che hanno per protagonisti persone rom, transessuali, omosessuali, migranti. Contenuti carichi di pregiudizi e forma snella, concisa e di immediata e facile lettura e diffusione: queste le caratteristiche che fanno delle notizie di microcriminalità uno strumento micidiale di costruzione sociale della devianza. Sempre più spesso sono i giovani ad essere presi di mira. Pare che l'adolescenza si stia trasformando da età della vita attraverso la quale si diventa adulti, ad una nuova incarnazione della diversità come minaccia. Come mostra Angelica Bertellini, questo accade spesso nella stampa, dove i giornalisti non solo assimilano in tutto e per tutto gli eventi criminosi compiuti dagli adulti a quelli compiuti dai minori, ma sembrano addirittura considerare la minore età come un’aggravante. Far parte di una baby gang – questa la locuzione utilizzata dai media per identificare (o creare?) una nuova fattispecie criminosa riservata ai minori di 18 anni – sembra quasi contenere una doppia colpa. Come per i migranti che commettono illeciti, costretti a pagare anche per il loro status di migranti, così per gli adolescenti andare contro le leggi e le norme vigenti contiene la doppia infrazione (a cui corrisponde una doppia colpa) della legge dello Stato e della legge dei padri. La percezione della colpa, sostenuta dalla narrazione dei media, diventa tripla e per questo intollerabile nel caso dei giovani delle seconde generazioni di migranti. Lo stigma, che riguarda i figli tanto dei migranti quanto degli italiani, blocca il processo educativo e dimostra l'impotenza, la paura e la rabbia di adulti sempre più deresponsabilizzati e scollegati dai problemi e dalle domande delle e dei giovani.

Elena Cesari

I l progetto mira a formulare una risposta nei confronti della situazione attuale, in cui i media sono spesso veicoli per la diffusione degli stereotipi, e a contribuire al migliora-

mento del messaggio mediatico, in particolare rispetto alla rappresentazione che esso forni-sce delle minoranze etniche e religiose, delle persone con disabilità e degli appartenenti alla comunità Lesbica-Gay-Bisex-Trans.

Capofila del progetto: Provincia di Mantova Partner: Articolo 3, Intercultural Institute of Timisoara (Romania), Eurocircle (Francia), Diputaciòn Provincial de Jaen (Spagna), IEBA (Portogallo), Fundaciòn Almeria Social y Laboral (Spagna), Tallin University (Estonia). Il progetto prevede la creazione di una redazione locale in ogni Paese, dedita al monitorag-gio dei media, ad attività di ricerca e decostruzione degli stereotipi e ad un lavoro di rete con giornalisti e professionisti dei media, scuole e università, organizzazioni della società civile. Per saperne di più: www.inotherwords-project.eu

“In Other Words”: un progetto europeo contro la discriminazione nei media

“Il paradosso sta nel fatto che la

rappresentazione mediatica dei

fenomeni a livello locale, invece di

favorire l'incontro, le relazioni di prossimità e la rinegoziazione dei

'luoghi comuni', reifica identità,

consolida steccati e pregiudizi.”

E. Cesari a p. 3

Pagina 2

In Other Words

In Other Words NEWS

La newsletter si pubblica ogni mese a Mantova (Italia), Jaen (Spagna),

Almeria (Spagna), Mortagua (Portogallo),

Marsiglia (Francia), Timisoara (Romania) e Tallín (Estonia) con il

sostegno della Direzione Generale Giustizia della Commissione Europea.

L’edizione di Mantova è coordinata da Articolo 3,

Osservatorio sulle discriminazioni

Il progetto

Un risiko di parole: la cronaca locale come strumento per alimentare lo ‘scontro identitario’

D al punto di vista del monitoraggio degli articoli dei quotidiani, rilevante è non solo il contenuto di ogni singolo articolo, ma anche la posizione degli articoli

all'interno della pagina, l'accostamento dei titoli, delle immagini e delle didascalie. Titoli e immagini compongono l'informazione ‘a colpo d'occhio’, il primo e più immediato livello di trasmissione di una notizia. Un livello che assume una particolare rilevanza soprattutto per quel che riguarda le pagine di cronaca dei quotidiani locali. È necessario qui aprire una breve analisi del contesto sociale di ricezione e diffusione della stampa locale.

Le notizie di cronaca si diffondono principalmente attraverso la lettura veloce e le di-scussioni che si innescano nei bar e in altre strutture ricettive del territorio. In questi

contesti i cittadini solitamente non leggono i giornali bensì li sfogliano velocemente, con l'intento di trovare argomenti di discussione che rimandino a un sentire comune. Noti-zie di cui ci si possa facilmente appropriare, che si possano facilmente commentare e trasformare in uno strumento per riaffermare le proprie idee politiche e le proprie strut-ture identitarie. In questo senso l'informazione dei quotidiani locali crea comunità, rin-salda luoghi comuni, demarca confini identitari. I lettori delle notizie di cronaca locale, dunque, non sono ricettori passivi di un'informa-zione astratta, lontana e inverificabile, ma sono essi stessi parte, cioè co-costruttori, di quel sentire comune che permette di spiegare e di raccontare un territorio a partire dagli avvenimenti che l'attraversano. Se quanto scritto sopra ha qualche fondamento, le brevi notizie che raccontano episodi di reale o presunta microcriminalità vanno lette in un continuum diacronico e sincroni-

co che fa realtà. Prendiamo, ad esempio, pagina 8 dell’edizione del 10 luglio 2012 de La

Voce di Mantova. La parte inferiore della pagina accosta due notizie, una accaduta il giorno precedente e l'altra il mese prima, con due elementi in comune: la “rissa” e “i profughi nordafrica-

ni” (Tra i due litiganti nei guai ci va il terzo e Il mese scorso la rissa fra due ghanesi). Nel primo

Pagina 3

Settembre 2012 nº11

articolo viene descritto un diverbio fra “tre ni-geriani” e nel secondo fra “due ghanesi”. L'in-formazione che il lettore è chiamato a cogliere è costruita grazie all'assemblamento di due ‘notizie-esca’ immediatamente collegabili e con-frontabili. I due avvenimenti narrati si sono svolti nelle due strutture cittadine in cui sono ospitati i richiedenti asilo e i rifugiati provenienti dalla Libia. In entrambi i casi si sottolinea che si è reso necessario l'intervento delle forze dell'ordine. L'accostamento dei due eventi ha l'effetto di azzerare sia la dimensione spaziale, sia quella temporale, e di creare l'impressione di un ‘qui e ora’ nel quale i due fatti non sono altro che simboli di una minaccia straniera all'ordine pubblico della città/comunità. Anche le individualità delle persone protagoniste degli eventi sono cancellate in favore di una responsabilità collettiva dei disordini, attribuita ai “profughi nordafricani”. La caratteristica saliente di questo genere di informazione è proprio quella di ridurre il territorio conosciuto dai lettori a un campo di battaglia in cui si scontrano quotidianamente identità rigide. Gli eventi passati fungono ba-nalmente da specchio e da conferma a quelli presenti. Il paradosso sta nel fatto che la rappresentazione mediatica dei fenomeni a livello locale, invece di favorire l'incontro, le relazioni di prossimità e la rinegoziazione dei 'luoghi comuni', reifica quindi identità, consolida steccati e pregiudizi.

Elena Cesari

Nel numero del 17 giugno 2012 de La Voce di Mantova troviamo in prima pagina tre civette che preannunciano articoli

di cronaca locale sullo spaccio di stupefacenti: Spacciava durante la partita arrestato (p.9), Getta la

droga ma lo beccano (p.18), Stranieri presi con l'eroina (p.18). All'interno dello stesso numero troviamo altre tre notizie che, come le precedenti, etnicizzano i

reati di cui trattano. Anche quando di reati non si tratta: Un 30enne romeno è rimasto

vittima di un pestaggio. Trovato a terra in Via Tassoni poco dopo la mezzanotte; Va all'ospe-

dale con un labbro rotto: straniero ebbro denuncia aggressione; Venerdì tra il centro rivierasco

e Casalmaggiore un contadino ha sorpreso alcuni stranieri nella sua proprietà. Spacciatori, ladri, ubriachi e/o violenti: in una parola, devianti. Le persone protagoniste di que-sti articoli hanno in comune il fatto di essere “stranieri”, “extracomunitari” o “maghrebini” e di essere accusati di aver compiuto un atto illecito o incivile. Nella cronaca locale le persone mi-granti compaiono quasi esclusivamente all'interno di notizie di microcriminalità. La riduzione dei migranti al ruolo stereotipato di devianti ha diverse funzioni sociali. Da un lato, rinforza l'idea di una società sostanzialmente sana e rispettosa della legge, che si deve difendere da forze disgregatrici provenienti dall'esterno. D'altra parte,

ordine e quiete pubblici, proprietà privata, decoro urbano sono concetti molto cari al cittadino medio, il target principale della stampa locale. Di più. I media stanno traghettando con forza il senso comune verso un'assimilazione della percezione di ciò che viene considerato

‘incivile’ o ‘indecoroso’ a ciò che viene considerato illecito. E' per questo che “il romeno” trovato a terra è “forse [corsivo

aggiunto, NdA] rimasto vittima di un pestaggio” e il giovane “di nazionalità marocchina” che ha dichiarato di essere stato aggredito, in quanto ebbro, potrebbe mentire. Leggiamo: “Da qui il ragionevole dubbio: il giovane è stato aggredito, co-me asserisce, o piuttosto è rimasto vittima di una caduta a causa del suo stato di ebbrezza?”. Il “ragionevole dubbio” del

Colpevoli e marginali La costruzione mediatica della devianza in un numero de La Voce di Mantova

In Other Words

Pagina 4

dell’adulto, dell’adulto che scrive, di quello che denun-

cia. Non sono innocenti questi ragazzi e queste ragazze

che commettono crimini talvolta anche gravi, ma la loro

responsabilità non è totale, va suddivisa tra genitori –

quando ci sono – e società.

Gli articoli locali che trattano di microcriminalità sono

prevalentemente di due tipi: brevi di cronaca che descri-

vono episodi singoli e servizi a tutta pagina che si occupa-

no di casi ‘maggiori’. Nel primo caso spiace notare due

cose: la prima è che si tratta di avvenimenti che si potreb-

be tranquillamente evitare di pubblicare (una ragazzina

che ne insulta un’altra, il furto di un paio di jeans) per-

ché non sono notizie. Guarda caso, inoltre, si tratta spes-

so di ragazzi o ragazze stranieri e, non potendo pubblicare

il nome, ci si ‘limità’ alle iniziali, all’età esatta e alla nazio-

nalità, più altri dettagli (se ci sono solo la madre o il pa-

Le ragazze e i ragazzi che non hanno compiuto la

maggiore età rientrano, per chi come noi analizza le

modalità di rappresentazione della stampa – tra i sog-

getti ‘deboli’, ossia quelle persone che, in qualche

modo, debbono godere di particolare attenzione.

Non si può scrivere di una persona minorenne così

come si farebbe con l’adulto, in grado di difendersi,

di chiedere spazio, di rivolgersi con consapevolezza al

giornale o agli enti preposti alla tutela dei diritti, al

rispetto delle leggi, di affrontare un confronto nel

proprio contesto sociale a seguito della comparsa di

un articolo che lo riguardi. Così come le persone che

non conoscono l’italiano, o non sono in grado di

comprendere fino in fondo il contenuto di un pezzo,

allo stesso modo i più giovani devono essere conside-

rati soggetti da tutelare. La responsabilità è

giornalista della Voce esprime non tanto il punto di vista malevolo di un operatore dell'informazione, quanto la certezza di una prassi in cui un’eventuale aggressione rappresenterebbe un’eccezione. Il dubbio, i sospetti, le voci su cui si basano gran parte dei fatti di cronaca narrati dai giornalisti di molti quotidiani locali, altro non sono che ‘ragionevoli pregiudizi’, un modo di pensare fondato sulla pre-sunzione di colpevolezza di ogni migrante — che socialmente è già vera e propria colpa. Ad esempio, infatti, la parola del contadino che denuncia il furto di meloni da parte di “extracomunitari” non è né contestata, né contestabile, anche se i ladri non sono mai stati arrestati. Le indagini e le prove concrete sono elementi secondari e non determinanti nella costruzione di queste notizie. Fondamentale, invece, la semplice evocazione dell’intervento sanzionatorio di polizia o carabinieri e il ripristino (o il tentato ripristino) della norma. Il richiamo alle forze dell’ordine serve a certificare e ad amplificare simbolicamente l’avvenuta infrazione delle regole. I media, inoltre, intendono evidenziare, attraverso un sottofondo quotidiano di articoli e articoletti in tema di microcri-

minalità, i segni della condizione di marginalità e fragilità che si vorrebbe costitutiva dell’esperienza migrante. Non a caso, i titoli del numero in esa-

me richiamano alla mente del lettore due immagini di sofferenza fisica. A essere trovati “in mezzo ad una strada”, ad avere “il labbro rotto” sono corpi deboli, segnati, differenti. Sono queste immagini, e non le cause che hanno prodotto la sofferenza, che si devono imprimere nella mente del lettore. Nella marginalità della condizione migrante è dunque iscritta una colpa originaria, che non dipende tanto dalle azioni che una persona compie, bensì dalla messa al bando sociale. Si può d’altronde facilmente riscontrare che la stampa assai di rado dà la parola ai migranti. Essi vengono rappresentati in quanto corpi fastidiosi, rissosi, perturbatori. Corpi che “vengono sorpresi” sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Entità senza soggettività, pensiero, parola. Senza dignità.

Elena Cesari

Roba da grandi. La stampa e la rappresentazione dei minori

Pagina 5

Settembre 2012 nº11

dre, la zona dove è accaduto il fatto) che, in un picco-

lo contesto sociale come è il nostro, rendono identifi-

cabile il soggetto, in violazione della normativa vigen-

te. La seconda tipologia è al limite della diffusione

ingiustificata di allarme sociale e non rispetta le regole

che i professionisti dell’informazione si sono dati.

La Carta di Treviso, infatti, impegna i media al rispet-

to di alcune regole di tutela e, tra le azioni più com-

plessive dice: “Ordine dei giornalisti e FNSI racco-

mandano ai direttori e a tutti i redattori l'opportunità

di aprire con i lettori un dialogo capace di andare al

di là della semplice informazione; sottolineano l'op-

portunità che in casi di soggetti deboli l'informazione

sia il più possibile approfondita con un controllo in-

crociato delle fonti, con l'apporto di esperti, privile-

giando, ove possibile, servizi firmati in ogni caso in

modo da assicurare un approccio al problema dell'in-

fanzia che non si limiti all'eccezionalità dei casi che

fanno clamore, ma che approfondisca – con inchieste,

speciali, dibattiti – la condizione del minore, e le sue

difficoltà, nella quotidianità”.

Non si tratta di indicazioni banali, ma di mezzi deter-

minanti per garantire sia la veridicità

dell’informazione, sia il diritto del minore.

Queste indicazioni sono spesso disattese dalla stampa,

che si occupa dei più giovani come si trattasse di cri-

minali incalliti, di persone senza margine di recupero,

di gravi pericoli sociali e lo fa a senso unico, dando

spazio spesso solo a una voce, senza interrogare e in-

terrogarsi su chi siano, su come siano arrivati a com-

portarsi così, come si possa fare per evitare che accada

ancora.

Nella nostra piccola città la microcriminalità è prossi-

ma allo zero e forse è per questo che quando accade

un episodio ci si affretta a farlo diventare l’evento

dell’anno in prima pagina. Nelle nostre rassegne stam-

pa e negli interventi pubblicati sulle newsletter abbia-

mo anche di recente trattato l’argomento. Troppi so-

no infatti gli articoli e le brevi che parlano di minori

senza rispettare le norme della deontologia professionale

giornalistica. Quello delle “baby gang” non è un fenome-

no che sia realmente presente nel nostro territorio, ma è

stato creato come tale – ossia come importante problema

sociale – solo dalla stampa. Un episodio rilevante, uno

soltanto, e per un settimana non si è parlato d’altro. Mai

così tanto spazio è stato dedicato ai problemi veri, reali,

che durano da anni e che peggiorano di giorno in giorno

legati all’infanzia e all’adolescenza: le sempre più scarse

risorse per la scuola, per i consultori, per l’aggregazione.

Sono questi i problemi urgenti e intollerabili da mettere

in prima pagina, è da questa miseria formativa, di ascolto,

di aiuto che possono nascere l’evento criminoso o i dram-

mi dell’autolesionismo, della diffusione delle droghe, del-

la scarsa educazione sessuale, dell’anoressia. Dove sono le

colonne riservate all’approfondimento, all’opinione degli

esperti dei servizi sociali e sanitari? Perché non fare una

mappatura dell’esistente in materia di spazi e servizi per i

più giovani e una del bisogno, intervistandoli?

I reati commessi dai giovani gruppi sono spaccio di droga

e pizzo. Dovrebbe essere roba interessante per una bella

inchiesta giornalistica. Per vendere droga occorre averla e

dunque far parte di un giro che a sua volta è gestito da

altre persone, molto abili, affaristi internazionali e senza

scrupoli. E il pizzo non fa eccezione: da mesi l’allarme

mafia è arrivato a Mantova e in perfetto stile tradizionale,

dalle bombe, alle auto bruciate, al riciclaggio. Per riuscire

nell’operazione di chiedere soldi in cambio di sicurezza

bisogna essere in grado di far paura, in qualche modo, di

essere credibili. Due ragazzini che minacciano un nego-

ziante farebbero ridere, se la cosa si fa pesante è perché

dietro c’è la certezza dell’impunibilità data dalla mafia.

Roba da grandi, insomma.

Angelica Bertellini

——

Per un altro sguardo sulla questione ‘baby gang’ si legga il

contributo di Maria Bacchi, ‘Baby gang’ e responsabilità a-

dulte: appunti su una storia di quartiere, sulla Newsletter

n.33/2012

Pagina 6

Settembre 2012 nº11

C’è un’ampia categoria di articoli, all’interno della stampa italiana, il cui scopo sembra andare molto oltre il semplice riportare episodi di microcriminalità. La frequenza con cui questi articoli appaiono sulle pagine dei giornali, il modo in cui sono costruiti, il vocabola-rio che spesso utilizzano, i particolari che enfatizzano sembrano suggerire obiettivi ulteriori. Quella che se-gue è una panoramica degli articoli di questo genere,

apparsi su La Voce di Mantova tra inizio giugno e inizio settembre 2012. Attraverso alcuni esempi selezionati, vedremo come si costruisce la narrazione di certe parti-colari categorie di persone, con il pretesto di racconta-re fatti di cronaca spesso del tutto irrilevanti. Basta uno sguardo superficiale alla mole di articoli raccolti per notare come essi si possano suddividere in due categorie generiche. Da una parte, i trafiletti il cui errore risiede ‘semplicemente’ nel riportare la nazio-nalità dei protagonisti di episodi di microcriminalità. Dall’altra, articoli più dettagliati, tra le cui righe si an-nidano particolari apparentemente insignificanti, che in realtà contengono nozioni normative, definizioni volte a delimitare i confini tra quel che è ‘normale’ e quel che non lo è.

La pratica del menzionare la nazionalità delle persone colpevoli di non aver rispettato la legge è arcinota ai media italiani, particolarmente adusi all’etnicizzazione dei reati. È un’abitudine che, mentre non migliora in nessun modo l’attendibilità o la precisione di una no-tizia, instilla nei fruitori di un prodotto mediatico l’idea che a commettere reati siano soprattutto le per-sone non italiane, e/o che ci siano provenienze o grup-pi etnici particolarmente ‘portati’ per certi crimini. Nel caso di alcuni articoli relativi a episodi di microcri-minalità, in particolare, viene spesso da chiedersi se la notizia risieda nel fatto stesso o nella nazionalità di chi

l’ha compiuto. Ci sono gli “extracomunitari” che tentano

di rubare qualche melone (Furto di meloni nei campi del via-

danese, 17/6); i due amici che rubano il rame da un cantie-

re (Colti in flagrante mentre rubano del rame: fermati due rume-

ni, 8/7); i ragazzi che fanno a botte (Il mese scorso la rissa in

via Visi tra due ghanesi, 10/7, che riprende un episodio del mese precedente, quasi a rinfrescare la memoria dei letto-ri); i tre uomini che rubano in discarica, per un valore

“non quantificato”, ma “abbastanza elevato” (Rubano in

discarica: arrestati. I tre, marocchini e regolari in Italia, hanno patteggiato tre mesi di reclusione, 18/7); il signore colto dagli agenti in possesso di assicurazione auto contraffatta

(Assicurazione contraffatta: albanese denunciato per falso, 3/8); il padre di famiglia che tenta di rubare un vestitino da bim-

bo al megastore (Tenta di rubare un vestito per bimbi al Ni-

Hao. Il 39 tunisino ha cercato di non dare nell’occhio, presentan-dosi alla cassa per pagare un altro capo, 5/9); i ragazzi che ru-

bano un paio di jeans al centro commerciale (Nascondono i

jeans sotto la felpa, fermati, 5/9), ai quali il quotidiano dedi-ca una serie di articoli nei giorni successivi[1], e quelli che rubano per fame (Rubano 160 euro di cibo: denunciati due

rumeni, stesso giorno)...

All’interno di questo gruppo di articoli, meritano un’analisi a parte alcuni trafiletti particolarmente ‘riusciti’. Va all’ospedale con un labbro rotto: straniero ebbro

denuncia aggressione (17/6) narra la vicenda di un uomo che si presenta al pronto soccorso con un labbro rotto, soste-nendo di essere stato aggredito; la notizia, però, pare essere piuttosto il suo “manifesto stato di alterazione alcolica”, da cui “il ragionevole dubbio: il giovane è stato davvero aggre-dito, come asserisce, o piuttosto è rimasto vittima di una caduta causata dal suo evidente stato di ebbrezza?”. Un arti-

colo indispensabile? Tenta di corrompere i poliziotti, arrestato (7/7) non solo menziona la nazionalità rumena del colpe-vole, ma approfitta dell’occasione per ricordare ai lettori, nella prima riga, che “di solito questi episodi hanno per protagonisti i cinesi”, prendendo i proverbiali due piccioni

con una fava. In Vede la polizia, molla lo scooter rubato e se la

svigna a piedi (8/7) si racconta che “gli agenti vedendo arri-vare un giovane nordafricano in sella a uno scooter si ap-prestavano a fermarlo per un controllo” – e si insinua, dun-que, che sia scontato il nesso tra i tratti somatici di una

Piccoli fatti, grandi narrazioni

Settembre 2012 nº11

Pagina 7

persona e i leciti sospetti delle forze dell’ordine. Nello

stesso giorno, Risse tra indiani: a Cerese sale la preoccupa-

zione apre sfatando uno dei pochi stereotipi positivi che riguardano la popolazione migrante:

“Anche chi l’ha sempre considerata un’etnia pacifica, comincia a domandarsi se sia realmente così”, riferen-dosi all’“ennesimo regolamento dei conti tra indiani […] un episodio non isolato, che rimanda subito a quanto era avvenuto a inizio aprile nella frazione di Cappelletta, quando sempre due gruppi d’indiani […] si affrontarono in strada con asce, spade, pugnali e spranghe”. Insomma, si riprende il filo di quella serie di articoli anti-Sikh che hanno infestato la scorsa pri-mavera le testate locali, di cui abbiamo parlato

all’epoca [2]. “Centlo massaggi liapelto”, titola la Voce il 26 luglio, per dare la notizia della riapertura di un centro estetico evidentemente gestito da persone cine-si. Anche qui, doppia stoccata: alla popolazione cine-se, che viene ridicolizzata grossolanamente; e ai mi-granti in genere, le cui “ambizioni espansionistiche” nei confronti del centro storico di Mantova “talvolta passano il segno – specialmente in strada e nelle ore notturne – creando veri e propri elementi di disturbo della quiete pubblica”. Questo ha a che fare con il centro massaggi in questione? No, ma l’occasione è sempre buona per soffiare sul fuoco del fastidio razzi-stoide [3]. Ad aver tentato il furto di lamette da barba e iPhone sarebbero stati due uomini “presumibilmente norda-

fricani”, secondo Ladruncoli all’opera (24/8). Supposi-

zioni, ancora supposizioni anche in Rubano un giubbot-

to e scappano tra la folla (4/9), che racconta il furto di una giacca da cinquanta euro e, verso la conclusione, afferma: “Non molti, in realtà, gli elementi a disposi-zione della Polizia per risalire ai responsabili: dovreb-be in ogni caso trattarsi di due extracomunitari”.

——

Forse meno numerosi, ma non meno efficaci, sono gli arti-coli che in modo più o meno esplicito veicolano nozioni di ‘normalità’ e ‘devianza’, aggiungono note che hanno a che fare con la morale o con lo stile di vita; particolari a volte molto sottili, ma utili ad alimentare la massa di nor-matività di cui la nostra società è intrisa. Qualche esempio:

Investe due giovani: infastidivano un viado (4/9) racconta di un supposto ‘protettore’ che avrebbe investito in auto due uomini che molestavano… un “viado”? A parte la scorret-tezza e la volgarità implici-ta di questo termine – si sarà trattato di una perso-na transgender o travestita, semmai – davvero è indispen-sabile al lettore sapere che la persona molestata non era l’impiegato comunale o la postina, ma un “viado che stava battendo lungo via Poggio Reale”? O serve solo ad aggiun-gere un po’ di pepe ad una notizia altrimenti del tutto pri-va di interesse? Nulla si sa di questa persona che, svolta la sua funzione di attirare l’occhio del lettore, torna al buio cui è destinata; “ancora irreperibile, per il momento, il viado”, conclude il trafiletto.

Ancora in tema di sessualità ‘altre’: Telefonate erotiche al

numero sbagliato. Vittima della hot line gay una 30enne dell’Alto che si è rivolta alla Polizia Postale (11/8) racconta di una donna il cui numero di cellulare sarebbe comparso in

rete come hot line per uomini omosessuali. L’articolista ipotizza un errore, o forse uno “scherzo di pessimo gusto”. Chiediamoci, allora: quanti errori simili e quanti scherzi di pessimo gusto riempiono la vita quotidiana di milioni di italiani? A ciascuno di questi viene dedicata qualche riga di giornale? Sarebbe apparso un articolo, se la signora fosse stata tempestata di telefonate da parte di gente che credeva di comporre il numero di un call center qualsiasi? Proba-bilmente no, perché in quel caso sarebbe stato difficile poter aprire il pezzo con due righe succulente come “Pronto, Manuel? Dimmi che sei tutto nudo”. “No, sono Paola e sono vestitissima anche se fa caldo”. Il dubbio è che dietro un trafiletto simile, più nascosto ancora dell’intento pruriginoso, risiedano antichi pregiudizi (e il desiderio di rafforzarli ancora una volta); quelli che voglio-no gli uomini gay malati di sesso e insaziabili, ridotti alla clandestinità e alla freddezza di un non-rapporto con un telefonista sconosciuto – uomini la cui ‘anormalità’ cozza evidentemente con Paola, la 30enne vestitissima, vittima dell’altrui pessimo gusto.

Approfondimento

Approfondimento Settembre 2012 nº11

Pagina 8

un po’ troppo: come attività – forse per sopravvivere, forse come mezzo per arrotondare – si sono scelti la carità”, uti-lizzando un metodo “un po’ troppo invasivo”, e cioè chie-dendo ai clienti del supermercato di poter riporre loro stessi i carrelli, tenendo in cambio l’euro utilizzato. Se, come sostiene l’articolo, “il problema non stava nella cari-tà”, perché sottolineare tanto questo dato? Spunta ancora una volta la contrapposizione tra norma – quella della clientela del supermercato, per cui è “difficile dire di no” ai due ragazzi – e fuori-norma, rappresentata dai giovani mendicanti: clandestini per la legge e per certo pensiero di qui. Persone oltre, cui non deve essere concesso spazio nelle menti né nei luoghi della maggioranza. Ecco, allora, che basta l’arrivo di una decina di camper e roulotte per mandare a rotoli la quiete controllata di un

paese di provincia: Nomadi a Ostiglia, telefoni ‘caldi’. Molte le

chiamate di cittadini a polizia e carabinieri dopo l’arrivo dei rom (27/8). “Arrivano i Rom”, apre l’articolo. E “qualcuno si indigna e (si) chiede perché proprio Ostiglia”. Si indigna, questo Qualcuno, perché qualcun Altro, di quelli destinati a stare fuori dalle mura della città e ai quali al massimo si destinano le periferie più lontane e i sottopassaggi delle tangenziali, ha osato entrare e parcheggiare i propri mezzi in uno spazio pubblico; mezzi che – orrore – “hanno tutto l’aspetto di un gruppo di nomadi”. Il panico dei residenti mobilita una task force di polizia, carabinieri, vigili e Am-ministrazione, il cui compito è trovare un modo per ri-mandare ‘fuori’ (dove non importa) i non aventi diritto. Il cavillo delle condizioni igienico-sanitarie funziona sempre, demarcatore perfetto tra ordine e disordine, pulizia e spor-cizia, presentabilità e impresentabilità: “entro oggi”, con-clude l’articolo, “l’area dovrebbe venire liberata senza trop-pi clamori e con buona pace di tutti”. Tutti quelli che contano, almeno.

Elena Borghi NOTE

[1] Oggi la direttissima per i ladri maldestri arrestati domenica

(6/9) e Ladri all’Ipercoop: uno dei due è un tunisino della gang di

Lunetta (7/9). [2] Si vedano le Newsletter n. 13, 14 e 15/2012

[3] Si veda l’A regola d’Art3 di Angelica Bertellini, sulla nostra Newsletter n. 29/2012 .

Altra categoria favorita da questi articoli normativi è quella dei mendicanti, che per varie ragioni – non ultima la frequente associazione all’etnia rom-sinta – ancora disturbano il sentire comune.

L’Oglio Po assediato dai no-madi (9/8) racconta di un parcheggio d’ospedale in cui sono soliti chiedere

l’elemosina alcuni mendicanti. Di nuovo il giornale si ostina a utilizzare l’etichetta “nomadi”, un errore tan-to radicato quanto grossolano: ammesso che fosse necessario dirlo (e non lo è), semmai si sarebbe dovu-to parlare di rom o di sinti. Ma le implicazioni di un articolo del genere vanno oltre questa scorrettezza. A essere prese di mira qui, infatti, non sono solo le per-sone rom e sinte, ma le persone rom e sinte in quanto povere, in quanto mendicanti che deturpano il pae-saggio della quiete di noi altri: “danno fastidio”, “tormentano”, sono un “problema” e una “presenza assillante che ha stancato la gente”; “gente” (categoria di cui evidentemente loro non fanno parte) che ne è “esasperata”, “infastidita e assillata”. “Ad esempio ieri a dare fastidio c’era una donna con un bambino”, lamenta l’articolista; e già si immaginano scenari terri-ficanti, in cui un esercito davvero pauroso, composto da tre o quattro persone forse affamate, che fanno “il gesto della mano con le dita unite portate alla bocca per indicare la necessità di mangiare”, forse infreddo-lite, forse davvero molto povere (o forse no, ma non fa differenza) si lancia all’assalto di amici e parenti dei malati dell’ospedale.

Anche Chiedevano la carità al market: denunciati (26/8) punta il dito contro la pratica dell’elemosinare che anche se “non è un reato – almeno, non ancora” per la legge, sembra esserlo per la sensibilità di molti. L’articolo informa immediatamente che i due prota-gonisti dell’episodio sono stati denunciati in quanto clandestini; eppure il titolo lascia intendere altro, sug-gerendo che lo stato di illegalità dei due fosse legato al loro mendicare. E anche il resto dell’articolo insiste soprattutto su questo aspetto: “i due si sono esposti