Newsletter "In other Words" n. 15

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NEWSLETTER MENSILE DI ARTICOLO3-OSSERVATORIO SULLE DISCRIMINAZIONI Gennaio 2013 nº 15 In Other Words NEWS Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di- stinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio- ni personali e sociali. Costituzione della Re- pubblica Italiana, Principi Fondamentali, Articolo 3 Indice: Editoriale 1 Il progetto 2 L’immagine degli altri 3 Rapporto 2012 6 “In Other Words “ è un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea—DG Justice Editoriale Con questo numero si conclude il progetto In other W.O.R.D.S., a due anni dal suo inizio. Oltre ad un articolo di analisi delle immagini con cui la stampa è solita illustrare gli articoli di cronaca che riguardano rom e sinti, pubblichiamo in quest’ultima newsletter il resoconto dell’ultimo anno di lavoro di IOW, che comparirà nel Rapporto annuale 2012 di Articolo3. Desideriamo ringraziare tutti coloro che hanno reso il lavoro di IOW possibile, mettendo la propria creatività, il proprio tempo, intelligenza e passione nelle varie attività che il progetto ha comportato. I volontari, prima di tutti: Maria Bacchi, Antonio Penzo, Guido Cristini, Anna Rosa Baratta, Fernanda Goffetti, che hanno collaborato al monitoraggio dei quotidiani e partecipato alle riunioni di redazione, arricchendole con commenti sempre puntuali; Edoardo Calciolari e Natalia Caruso, che hanno gestito il database degli articoli. Lo staff di Articolo3 che, pur nella fatica del lavoro quotidiano, degli imprevisti e del tempo che non basta mai, ha pensato e voluto questo progetto con entusiasmo, ne ha seguito tutti i passaggi, lo ha messo in pratica giorno dopo giorno: Elena Cesari, Rocco Raspanti, Eva Rizzin, Angelica Bertellini, Matteo Bassoli, Elena Borghi. Grazie a Roberto Grassi e Paolo Polettini, che dalla Provincia di Mantova hanno coordinato i lavori. E a Manuela Marolla, che si è occupata delle European Review e ha gestito magistralmente la ’vita on-line’ del progetto. Grazie infine ai colleghi delle press units degli altri Paesi, con i quali abbiamo condiviso questo pezzo di strada.

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Newsletter mensile dell'Osservatorio sulle Discriminazioni "Articolo 3" di Mantova, redatta nell'ambito del progetto europeo "In Other WORDS

Transcript of Newsletter "In other Words" n. 15

N E W S L E T T E R M E N S I L E D I A R T I C O L O 3 - O S S E R V A T O R I O S U L L E D I S C R I M I N A Z I O N I

Gennaio 2013 nº 15

In Other Words NEWS

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di-stinzione di sesso, di

razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio-ni personali e sociali.

Costituzione della Re-pubblica Italiana,

Principi Fondamentali, Articolo 3

Indice:

Editoriale 1

Il progetto 2

L’immagine  degli  altri 3

Rapporto 2012 6

“In  Other  Words  “  è  un  progetto  cofinanziato  dalla  Commissione  Europea—DG Justice

Editoriale Con questo numero si conclude il progetto In other W.O.R.D.S., a due anni dal suo inizio.

Oltre ad un articolo di analisi delle immagini con cui la stampa è solita

illustrare gli articoli di cronaca che riguardano rom e sinti, pubblichiamo in quest’ultima newsletter il resoconto dell’ultimo anno di lavoro di IOW, che

comparirà nel Rapporto annuale 2012 di Articolo3.

Desideriamo ringraziare tutti coloro che hanno reso il lavoro di IOW possibile, mettendo la propria creatività, il proprio tempo, intelligenza e

passione nelle varie attività che il progetto ha comportato. I volontari,

prima di tutti: Maria Bacchi, Antonio Penzo, Guido Cristini, Anna Rosa Baratta, Fernanda Goffetti, che hanno collaborato al monitoraggio dei

quotidiani e partecipato alle riunioni di redazione, arricchendole con

commenti sempre puntuali; Edoardo Calciolari e Natalia Caruso, che hanno gestito il database degli articoli. Lo staff di Articolo3 che, pur nella fatica del

lavoro quotidiano, degli imprevisti e del tempo che non basta mai, ha

pensato e voluto questo progetto con entusiasmo, ne ha seguito tutti i passaggi, lo ha messo in pratica giorno dopo giorno: Elena Cesari, Rocco

Raspanti, Eva Rizzin, Angelica Bertellini, Matteo Bassoli, Elena Borghi.

Grazie a Roberto Grassi e Paolo Polettini, che dalla Provincia di Mantova

hanno coordinato i lavori. E a Manuela Marolla, che si è occupata delle

European Review e ha gestito magistralmente la ’vita on-line’ del progetto.

Grazie infine ai colleghi delle press units degli altri Paesi, con i quali abbiamo condiviso questo pezzo di strada.

“Quotidianamente i giornali

abituano i nostri occhi a vedere, attraverso le

immagini che pubblicano, non donne, uomini, bambini rom, bensì degrado ambientale,

sociale, culturale” Elena Cesari a p. 3

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In Other Words

In Other Words NEWS

La newsletter si pubblica ogni mese a Mantova (Italia), Jaen (Spagna),

Almeria (Spagna), Mortagua (Portogallo),

Marsiglia (Francia), Timisoara (Romania) e Tallín (Estonia) con il

sostegno della Direzione Generale Giustizia della Commissione Europea.

L’edizione  di  Mantova  è  coordinata da Articolo 3,

Osservatorio sulle discriminazioni

Il progetto

I l progetto mira a formulare una risposta nei confronti della situazione attuale, in cui i media sono spesso veicoli per la diffusione degli stereotipi, e a contribuire al migliora-

mento del messaggio mediatico, in particolare rispetto alla rappresentazione che esso forni-sce delle minoranze etniche e religiose, delle persone con disabilità e degli appartenenti alla comunità Lesbica-Gay-Bisex-Trans.

Capofila del progetto: Provincia di Mantova Partner: Articolo 3, Intercultural Institute of Timisoara (Romania), Eurocircle (Francia), Diputaciòn Provincial de Jaen (Spagna), IEBA (Portogallo),  Fundaciòn  Almeria  Social  y  Laboral (Spagna), Tallin University (Estonia). Il progetto prevede la creazione di una redazione locale in ogni Paese, dedita al monitorag-gio dei media, ad attività di ricerca e decostruzione degli stereotipi e ad un lavoro di rete con giornalisti e professionisti dei media, scuole e università, organizzazioni della società civile. Per saperne di più: www.inotherwords-project.eu

“In Other Words”: un progetto europeo contro la discriminazione nei media

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Gennaio 2013 nº 15

Abbiamo l'abitudine di credere che le immagini, molto più delle parole, siano in grado di descrivere

fedelmente   la  realtà.  Negli  articoli  dei  quotidiani   le   immagini  hanno  lo  scopo  di   ‘provare’   in  maniera  

inconfutabile che quello che leggiamo è veritiero. In un secondo momento la rappresentazione visiva

della realtà data dai media si sostituisce all'occhio del lettore. Ciò che viene messo in mostra diventa

tout court la realtà. In altre parole, è il senso stesso della vista che viene educato a vedere solo ciò che è

esibito dai media.

Nel caso dei rom e dei sinti, lo sguardo del lettore viene imprigionato dentro una visione monodimen-

sionale delle persone, prima, e poi anche dello spazio urbano. Quotidianamente i giornali abituano i

nostri occhi a vedere, attraverso le immagini che pubblicano, non donne, uomini, bambini rom, bensì

degrado ambientale, sociale, culturale. Vero protagonista di questi articoli, infatti, non sono rom e sinti,

bensì lo spazio che abitano o, più precisamente, una nostra visione stereotipata e ripetitiva del loro am-

biente antropico.

Nell'articolo Dire Zingaropoli è reato. Vivere da no-

madi abusivi invece è del tutto normale (La Padania,

14/6/12),  l'immagine  ‘ricorda’  al  lettore  che  cosa  

significa  “vivere  da  nomadi  abusivi”.

Le immagini qui esaminate creano, o aiutano a

creare, un appiattimento epistemologico impor-

tante, ripreso dal linguaggio giornalistico. La mac-

china fotografica mette a fuoco contemporanea-

mente elementi del paesaggio e persone. In tutte

le immagini esaminate sono assenti completa-

mente primi piani di persone rom e sinte, che compaiono invece come elementi di un paesaggio indiffe-

renziato e confuso, al pari di qualsiasi altro oggetto. Visi e corpi anonimi di un paesaggio anch'esso ano-

nimo.

Dentro queste foto sono racchiusi due assunti logici fondamentali. Il primo è quello della riduzione del-

le persone a cose. Il secondo è lo sfumare dei confini di persone e cose in un amalgama indistinguibile.

Due assunti, questi, presenti anche nella lingua scritta.

L’immagine degli altri. Rom e sinti nella stampa

Dire Zingaropoli è reato. Vivere da nomadi abusivi invece è del tutto normale

(La Padania, 14/6/12)

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Gennaio 2013 nº 15

Il  binomio  “baracche  e rom”  ne  è  un  piccolo  esempio:  

Nella favela di Via Malaga decine di baracche e rom a

pochi passi dalla movida (Giorno Milano, 12/1).

Analogamente con foto e parole si accomunano rifiu-

ti e rom: La strada chiusa diventa discarica. All'allarme

nomadi si aggiungono i rifiuti abbandonati. I Lonatesi non

ce la fanno più. (Prealpina, 28/12/12) e Dopo le proteste

a San Paolo, i militari per calmare gli animi (Giorno Le-

gnano, 18/10/12).

Ai paesaggi e ai corpi senza volto delle per-

sone rom e sinte si contrappongo significa-

tivamente gli articoli nei quali vengono

pubblicati le rimostranze e le proteste di

cittadini e residenti non rom e sinti: perso-

ne con nome e cognome, che vengono in-

tervistate dai giornalisti e di cui si pubblica-

no i primi piani dei volti: Emergenza rom.

“L'esercito  in  strada?  Non  abbiamo  ancora  visto  

un  solo  soldato”.  San  Paolo,  residenti  attendisti  

e pessimisti (Giorno Milano, 20/9/12).

Le immagini, quindi, servono a consolida-

Nella favela di Via Malaga decine di baracche e rom a pochi passi dalla movida (Giorno Milano, 12/1)

La strada chiusa diventa discarica. All'allarme nomadi si aggiungono i rifiuti abbandonati. I Lonatesi non ce

la fanno più. (Prealpina, 28/12/12)

Dopo le proteste a San Paolo, i militari per calmare gli animi (Giorno Legnano, 18/10/12)

Emergenza  rom.  “L'esercito  in  strada?  Non  abbiamo  anco-­ra  visto  un  solo  soldato”.  San  

Paolo, residenti attendisti e pessi-misti

In Other Words

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re un particolare sguardo sulle comunità rom e sinte, come svela la riproposizione frequente di foto iden-

tiche in articoli diversi e lontani temporalmente. Un esempio: Rom cacciati per la quarta volta (Prealpina,

29/9/12), la notizia di uno

sgombero avvenuto a Parabia-

go nei pressi dell'ex Itis Artea.

Due settimane dopo, la noti-

zia di un altro sgombero, do-

ve ritroviamo la stessa imma-

gine con una didascalia:

“Una   delle   baracche   rom  

montata nella zona del Cimi-

tero-Parco”.   Scacco ai rom in

tre mosse e Cinque campi e 80

p e r s o n e ( P r e a l p i n a ,

14/10/12).

Questo genere di giornalismo non ha nella documentazione degli eventi la sua ragione d'essere; serve

piuttosto a creare uno sguardo che guarda ma non vede. O meglio, vede solamente quello che già pensa

di sapere su rom e sinti. E' uno sguardo che perpetua lo status quo e contribuisce alla sclerotizzazione

delle (non) relazioni fra comunità rom e sinte e società maggioritaria. E' uno sguardo distratto, infastidi-

to e saccente che fa di più e di peggio che ridurre le persone e le culture non gadjè alle immagini indi-

stinte  di  miseria  ed  emarginazione  dei  “campi  rom”.  Rende  la  vista  impermeabile  alle  diversità  delle  per-­

sone che in questi campi abitano, delle loro condizioni abitative, familiari, economiche e sociali e delle

loro differenti opinioni.

Elena Cesari

Rom cacciati per la quarta volta (Prealpina, 29/9/12)

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Gennaio 2013 nº 15

In other W.O.R.D.S. Dal Rapporto 2012 di Articolo 3

Il 2012 è stato il secondo ed ultimo anno di lavo-

ro del progetto In other W.O.R.D.S., che si con-clude a fine gennaio 2013. È stato un anno inten-

so, e quello in cui il progetto è entrato davvero

nel vivo dei temi che lo caratterizzano: l’analisi dei modi in cui i media – e la stampa in particola-

re – rappresentano le comunità minoritarie; la

decostruzione dei messaggi faziosi, parziali o scor-retti; e il contrasto alle forme di giornalismo irri-

spettose della deontologia professionale che san-

cisce come i professionisti dei media debbano comportarsi quando trattano di minoranze.

Il progetto ha comportato un lavoro su tre fronti

principali. Si è trattato di redigere – ciascun part-ner per la parte assegnatagli – i documenti di pro-

getto; questi diventeranno i vari capitoli della

pubblicazione finale, un testo in cui compariran-no sia le considerazioni teoriche che il racconto

dell’esperienza pratica, frutto di questi due anni di lavoro. Il processo di composizione di tali do-

cumenti è stato monitorato e arricchito dai mo-

menti in cui ci siamo incontrati di persona; que-ste occasioni sono state il secondo ‘fronte’ di lavo-

ro.

Dopo i primi due incontri di Marseille e Mantova, avvenuti nel 2011 e descritti nel Rapporto dello

scorso anno, ci siamo riuniti di nuovo a Tallinn

(Estonia, 3-5 maggio) e ad Almeria (Spagna, 15-18 ottobre). In entrambe le occasioni, il lavoro si

è diviso fra la partecipazione ad una conferenza

aperta al pubblico e meeting di progetto, in cui abbiamo affrontato questioni interne di carattere

amministrativo e di gestione concreta delle atti-

vità. Le due conferenze, che si sono concentrate sul tema della rappresentazione mediatica delle

varie minoranze, hanno dato voce ad esponenti

del giornalismo e della promozione dei diritti del-

le minoranze non solo dei due Paesi ospiti, ma

anche ad invitati provenienti da altri Paesi. Ab-biamo, dunque, potuto avere a che fare con real-

tà diverse e distanti, portare la nostra esperienza

e confrontarla con altre, in un dialogo transnazio-nale che ha nutrito e arricchito il nostro lavoro,

che si concentra di preferenza sulla dimensione

locale.

La terza componente del lavoro progettuale è

stata l’attività redazionale e di monitoraggio del-

la stampa. Questa è stata la parte quotidiana di lavoro, e dunque la più consistente; le pagine che

seguono ne raccontano gli esiti, descrivendo bre-

vemente i contenuti delle pubblicazioni di Artico-

lo 3 in cui tale lavoro è convogliato.

Monitoraggio, analisi, decostruzione: il lavo-ro redazionale all’interno di IOW

Consolidate le press units in ciascun Paese partner del progetto, il lavoro redazionale e di analisi dei

media è stato condotto su due fronti: da un lato,

ogni partner ha lavorato singolarmente alla pro-duzione delle pubblicazioni mensili nella lingua

nazionale, frutto del monitoraggio quotidiano di

una selezione di prodotti mediatici; dall’altro, abbiamo lavorato coralmente alla costruzione

delle IOW Reviews, le cinque pubblicazioni tema-

tiche in inglese che contengono contributi prove-nienti da tutte le redazioni.

Per Articolo 3, dunque, alle consuete Newsletter

settimanali si sono aggiunte le Newsletter mensili ‘In other Words’ , che abbiamo deciso di costruire

intorno ad una struttura che si ripetesse invaria-

ta ad ogni mese. Ciascun numero contiene: un editoriale in apertura; la rubrica Il Progetto, con

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Fabio era stato il primo Presidente, nonché uno

dei fondatori, anche del nostro Osservatorio, che guidava con fermezza, responsabilità e passione

grande. “Tu ci hai creduto fino in fondo – gli scri-

vevamo nella nostra lettera di saluto su quella NL –, hai lanciato una sfida per far capire a noi e

alle istituzioni che la lotta contro le discrimina-

zioni e i pregiudizi è mobilitazione quotidiana a tutti i livelli, soprattutto nei momenti di crisi. E

che fare memoria della Shoah è anche capacità di

saldare la storia del passato ai nodi spinosi del presente. Il razzismo di oggi, la xenofobia, la vio-

lenza contro sinti, rom, omosessuali, non è mai

disgiunta, in un modo o nell’altro, dall’antisemi-tismo di oggi e di ieri. La difesa dei diritti delle

minoranze è il cardine dell’ossatura democratica

di un Paese”. Il resto di questo numero era dedi-cato alle persone con disabilità, rappresentate

dalla stampa di volta in volta come protagoniste di vicende strappalacrime alla Eluana Englaro,

che nella loro spettacolarizzazione dimenticano

presto la dignità delle persone che vi sono coin-volte; o di articoli dai toni trionfalistici, che osan-

nano quei “superstorpi” capaci di grandi vittorie

(ad esempio nello sport o in qualche disciplina artistica) nonostante la loro disabilità. Ciò che

ancora la stampa trascura nella maggior parte dei

casi è la quotidianità delle persone con disabilità e dei loro familiari. Si tacciono le piccole grandi

violazioni di ogni giorno, in cui vengono negati i

diritti fondamentali delle persone con disabilità: quello dei genitori a svolgere un lavoro e, con-

temporaneamente, prendersi cura del proprio fi-

glio con disabilità; quello di questi bambini a fre-quentare con profitto una scuola serena e inclusi-

va; quello degli adulti con disabilità a svolgere un

lavoro dignitoso e all’altezza delle proprie cono-scenze; quello di un genitore a pensare al dopo-di-

sé nella certezza che il figlio con disabilità sarà

accudito con la stessa cura.

notizie sull’andamento di IOW, appuntamenti e

simili; la sezione L’Osservatorio è… con le impres-sioni dei volontari del gruppo redazione; la rubri-

ca Lo Specchio – Il meglio e/o il peggio della stampa

lombarda in materia di minoranze, con l’analisi/confronto di uno o più articoli; un glossario con la

terminologia corretta e scorretta, relativa alla

minoranza analizzata; un altro contributo di ana-lisi della stampa e un approfondimento finale.

Ogni numero, inoltre, è stato dedicato ad un ar-

gomento preciso, esplicitato dall’editoriale.

Le prime due Newsletter risalivano ai mesi di no-

vembre e dicembre 2011. La n.1 inaugurava il

progetto, raccontava chi è e cosa fa l’Osservato-rio, e analizzava il modo in cui Libero e Il Giorna-

le avevano narrato la strage di Oslo, lasciandosi

condurre dal pregiudizio invece che dai fatti, e dunque prendendo una colossale cantonata. La

n.2 si concentrava sulla rappresentazione giorna-listica delle persone lesbiche, gay, bisex e transes-

suali. “I media contribuiscono in maniera essen-

ziale alla costruzione sociale delle identità di que-ste persone – scriveva Elena Cesari nell’editoria-

le. Le inventano e le fissano in identità perverse,

marginali, patologiche, deviate. Violenza discor-siva che si articola in due movimenti: da un lato,

fruga nell‘intimità delle relazioni, spoglia i corpi e

si imprime nei desideri e, dall‘altro, inscrive quei desideri e quei corpi all‘interno di ambiti precisi,

li circoscrive in luoghi e contesti con caratteristi-

che comuni. […] Ancora una volta, ciò che conta non è tanto l‘intenzione discriminatoria del gior-

nalista, quanto la produzione e la riproduzione

mediatica di stereotipi sociali”.

La NL n.3 inaugurava l’anno 2012. Questo nu-

mero di gennaio si apriva con il saluto affranto al

nostro Presidente, Fabio Norsa z.l., appena scom-parso. Presidente della Comunità Ebraica manto-

vana e della Fondazione Istituto G. Franchetti,

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La NL di febbraio usciva subito dopo la presen-

tazione del nostro Rapporto 2011, avvenuta il 30 gennaio; l’occasione in cui, diceva l’editoriale,

“abbiamo cercato di stendere quel filo che lega le

persecuzioni e le tragedie della passata storia eu-ropea al presente, dando corpo a una memoria

che – se non è attualizzata, se non è strumento

per costruire l’oggi – rischia di farsi sterile”. Era, dunque, di memoria, di storia, della loro attualiz-

zazione e del loro utilizzo nel presente che tratta-

va quel numero. Conteneva, tra gli altri, un lungo articolo di Maria Bacchi, Vice Presidentessa di

Articolo 3, sui processi di negazione che attraver-

sano la contemporaneità, sull’antisemitismo più o meno latente, sulla necessità di abituare i più gio-

vani ad una memoria partecipata.

L’occasione dell’8 marzo diventava il pretesto per l’argomento del numero successivo, quello della

NL n.5, in cui parlavamo di un tema legato al mondo femminile, ma dal sapore del tutto diver-

so da quello dei cioccolatini e delle frasi d’occasio-

ne legati a questo giorno. Parlavamo di violenza maschile sulle donne: un tema bistrattato (anche)

dalla stampa, raccontato in modo parziale quan-

do non del tutto fuorviante, secondo modalità che risentono di un discorso comune intriso di

sessismo. Molti, scrivevamo, sono gli aspetti che

‘inquinano’ la narrazione mediatica di questo fe-nomeno: l’assunto che quello della violenza di

genere sia un problema sostanzialmente femmini-

le, sul quale sono le donne a dover fare informa-zione e prevenzione; la forte normatività che an-

cora regola, nell’immaginario comune, i rapporti

tra i generi; sentimenti mai sopiti di nostalgia patriarcale, orgoglio maschile offeso, gelosia e

possesso, che in molti casi paiono attenuare le

responsabilità di chi perpetra le violenze; l’assun-to della ‘colpa originale’ del genere femminile.

Questo emergeva dalla NL di marzo, che si chiu-

deva con una ricca intervista di Elena Cesari a

due operatrici della Casa delle Donne per non subi-

re violenza di Bologna.

Ad aprile parlavamo di rom e sinti, la minoranza

di cui la stampa in assoluto sa meno e scrive peg-gio. Scriveva Eva Rizzin nell’editoriale: “Tutte le

volte che una persona sinta o rom viene accusata

di aver commesso un reato, non ne risponde pub-blicamente in maniera individuale. Il presunto

reato ricade inesorabilmente su tutti i cittadini

che vengono riconosciuti come appartenenti a tali minoranze; il che attribuisce a un’intera co-

munità un comportamento criminoso in virtù di

una sorta di responsabilità penale collettiva. Ac-cade spesso che un’informazione distorta da parte

di alcuni mass media contribuisca a creare, in

modo artificioso, un clima di allarme sociale del tutto ingiustificato, che non trova poi riscontro

reale negli avvenimenti quotidiani. Gli articoli analizzati in questo numero ci dimostrano quan-

to il sentire anti-rom sia fortemente radicato nel-

la società: nei confronti delle minoranze rom e sinte ci si permette di dire qualsiasi cosa, senza il

timore di essere condannati”. L’approfondimento

finale di questa NL era dedicato al caso di Libero, le cui campagne anti-rom l’Osservatorio aveva

denunciato all’Ordine dei Giornalisti della Lom-

bardia, ottenendo la censura del giornalista pro-fessionista Matteo Legnani e il riconoscimento

della responsabilità del direttore Maurizio Belpie-

tro.

Il numero di maggio conteneva due novità. Cam-

biava il focus del nostro monitoraggio, che si spo-

stava dalle parole alle immagini: ragionavamo in questa NL soprattutto di donne, analizzando in

particolare alcuni manifesti elettorali e propagan-

distici. Inoltre, aprivamo lo spazio Carta canta, contenente i primi dati statistici sull’attività di

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monitoraggio della stampa regionale. I dati pro-

venivano dall’archivio che Articolo 3 ha comin-

ciato a costruire nell’aprile 2011, allo scopo di catalogare gli articoli in base ad una serie di crite-

ri: la minoranza di cui la fonte tratta; la presenza o meno della voce diretta degli appartenenti alla

(o dei rappresentanti della) minoranza interessa-

ta; l’argomento specifico parla (lavoro, scolariz-zazione, criminalità, cultura...); e il tipo di infor-

mazione fornita, dato su cui ragionava il nostro

primo Carta canta.

La NL n.8 di giugno trattava di migranti. “I me-

dia italiani – scriveva Rocco Raspanti nell’edito-

riale – spesso li trattano come numeri della tom-bola: periodicamente (magari aiutati da qualche

banale fatto di cronaca) ‘estraggono’ una comu-

nità di persone, reale o fittizia che sia (“tunisini”, “sudamericani”, “libici”…) e iniziano il tiro al

bersaglio. Per qualche settimana, a volte anche

più a lungo, l’inchiostro delle pagine di cronaca è tutto per loro”. Quel numero trattava, in partico-

lare, di un caso locale, riguardante la comunità

sikh. Ma dava conto anche di un fenomeno nuovo e diverso, raccontato dall’approfondimento finale

di Elena Cesari: a partire dai fatti di Rosarno del

2010, l’articolo raccontava quel movimento di lavoratori e lavoratrici stranieri (ai quali vengono

sistematicamente ricordati i loro doveri) che si

adoperano per veder rispettati i loro diritti, un argomento spesso maltrattato dai giornali.

A luglio era tempo di Ramadan, il che ci forniva

l’occasione di dedicare il n.9 all’islamofobia e alla ‘questione moschee’, dedicandoci ad un’analisi

del discorso pubblico sulle persone di fede musul-mana, così come la evincevamo dalla lettura della

stampa. Alle prese con un argomento tanto com-

plesso, pubblicavamo – diversamente dal solito – due articoli lunghi. Il primo, a firma di Elena Ce-

sari, ragionava sulle voci ‘colte’ che, nel nostro

Paese come nel più ampio quadro europeo, spesso non sono altro che maschere dell’islamofobia, di

volta in volta spacciata per difesa delle radici cul-

turali, della libertà femminile, della laicità. Il se-condo, di Angelica Bertellini, approfondiva la

‘questione moschee’, all’interno della quale un

diritto sancito dalla nostra Costituzione diventa terreno di battaglie a livello mediatico e politico,

punteggiando di pregiudizi e provvedimenti di-

scriminatori la via della piena libertà di culto nel nostro Paese.

In vista di Rosh haShanah, il Capodanno ebraico

che sarebbe caduto nel mese di settembre, e a ri-dosso degli eventi scatenati dalla comparsa in

rete del filmato The innocence of Muslims, imme-

diatamente attribuito a degli ebrei, la NL di ago-sto trattava del focolaio mai del tutto spento

dell’antisemitismo. Si parlava di educazione e insegnamento della storia dopo Auschwitz, del

movimento di opposizione alla macellazione ri-

tuale, che assume spesso sfumature antisemite e islamofobe, e di alcune forme di antisemitismo

contemporaneo, diffuso in particolare tramite la

rete.

Nel n.11 di settembre prendevamo in esame il

modo in cui le notizie che riportano episodi di

microcriminalità sono, in particolare dai quoti-diani locali, sedi privilegiate per veicolare e rin-

forzare un senso comune fitto di stereotipi e nor-

matività spicciola. Allargando il focus di analisi di questi trafiletti apparentemente marginali da

una singola pagina, a un intero numero, fino ai

tre mesi estivi de La Voce di Mantova, ragionava-mo sulla costruzione di un’agenda giornalistica

ben precisa, che fa leva su pregiudizi condivisi e

contribuisce, giorno dopo giorno, a rendere più saldo il discorso generale e generalizzante sulla

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‘devianza’.

Nel numero di ottobre riflettevamo “sulla costru-zione narrativa delle nostre città, sui simboli at-

tribuiti agli spazi nel discorso comune, mediatico

e politico, e sui modi in cui, di conseguenza, si decide di utilizzarli, rinegoziandone continua-

mente senso e destinazione d’uso”. Guardavamo

al caso di un parco pubblico mantovano, i giardi-ni Valentini, narrato dalla stampa come sede di

conflitto tra gli abitanti del quartiere e alcuni

avventori; alle ‘barriere anti-rom’, cioè tutti que-gli arnesi vari e tutti quei provvedimenti

(istituzionali, legali o inventati da alcuni cittadi-

ni) volti ad impedire l’avvicinarsi delle persone rom e sinte ad alcune aree, o a causare il loro al-

lontanamento da altre; e alle vicende bresciane

relative alla richiesta della comunità musulmana di avere per sé uno spazio in cui incontrarsi e pre-

gare. “Pur rappresentando casi a sé – scrivevamo nell’editoriale – questi esempi sono raccontati

dalla stampa in un modo che li accomuna. Intor-

no agli ‘spazi del contendere’ viene costruita una barricata simbolica: da un lato, loro; dall’altro,

coloro che la stampa invariabilmente incasella

nella categoria dei ‘residenti’”. Ragionavamo, dunque, su queste categorie, e su come le mappe

mentali cui la gestione degli spazi urbani dà for-

ma concreta sembrino essere ancora grevi di pre-giudizio.

Seguiva questo numero un ‘numero doppio’. Più

corposo del solito, il n. 13-14 prendeva spunto dalla ricorrenza del 20 novembre, quando in tut-

to il mondo si celebra la Giornata dei diritti

dell’infanzia e dell’adolescenza, per parlare a sua volta di infanzia. Un approfondimento diverso

dai soliti, curato da Maria Bacchi, tracciava una

’storia’ degli argomenti che la stampa ha tratta-to, in tema di infanzia, nel periodo 2008-2010,

così come appaiono dalle newsletter settimanali

dei primi tre anni della nostra attività. Questo approfondimento era, quindi, non solo un lavoro

sulla stampa, ma anche su Articolo 3 stesso, una

panoramica storica grazie alla quale guardare in modo più informato al presente, e fare confronti.

Permetteva di notare miglioramenti nel modo in

cui i quotidiani locali trattano oggi il tema dell’infanzia, evitando un linguaggio ‘violento’ e

criminalizzante che qualche anno fa era invalso;

o di rallegrarsi leggendo di cittadinanze onorarie ai figli di migranti, che in passato non avremmo

trovato; o di constatare come provvedimenti del-

le Amministrazioni locali che allora ci parevano eccezionali nella loro ingiustizia — come quelli

che escludono i minori da servizi essenziali, a cau-

sa della morosità dei genitori — siano in realtà divenuti piuttosto comuni.

Alcuni dei contenuti prodotti per queste Newslet-

ter mensili, tradotti in inglese e integrati da arti-

coli scritti ex novo, sono stati il materiale che Ar-

ticolo 3 ha fornito per la redazione delle European

Review, le cinque pubblicazioni cui tutte le reda-

zioni hanno contribuito. Anche in questo caso si è

trattato di pubblicazioni tematiche. Dopo la pri-ma, servita a presentare il progetto e i vari grup-

pi redazionali, le altre hanno rispettivamente ri-

guardato: le persone rom e sinte, la comunità LGBT, l’islamofobia e le persone migranti.

Elena Borghi