NEUROPSICHIATRIA DE MARINIS

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 NEUROPSICHIATRIA INFANTILE  TITO DE MARINIS NORMALITA’ E PATOLOGIA La neuropsichiatria è un settore la cui fascia di età entro la quale opera, è sempre stata in discussione; si occup a della descrizione e della misurazione dei cambiamenti che avvengono nella fascia di età detta appunto “evolutiva”. Perché diciamo descrizione e misurazione dei cambiamenti, perché il termine stesso di evolutivo compor ta un div enir e, un muoversi. Mentre in ambito neurol ogic o e psi chiatrico nell’adulto valutiamo degli elementi stabili zzati e poco dinamici internamente, fortunatamen te nella fascia infantile, ossia nella fascia evolutiva , tutto questo non è così, nel senso che laddove si viene a creare un disagio, che se poi si ramifica, diviene una vera e propria patologia, è un qualcosa che comporta un cambiamento. Per cui noi dovr emmo essere in gra do non soltanto di definire quel pr oblema, ma anche di misurare il cambiamento. Ad esempio, spesso nei bambini assistiamo a situazioni che a prima vista sembrerebbero patologie ma in realtà corrispondono ad un disagio temporaneo dell’evoluzione del bambino stesso; pr endiamo tanto per citare un esempio la scolarizzazione del bambino. Questi lascia la propria casa per andare al nido e poi alle scuole successive. Ci sono dei movimenti che il bambino mette in atto e che in qualche modo tendono ad allarmare l’ambiente genitoriale, l’ambiente esterno. Oppure ancora la nascita di un fratellino, qui il bambino comincia ad esprimere una serie di disagi variabili ma comunque circostanti. Si tratta di cambiamenti evolutivi e in qua nto tali, costrut tivi per il bambino (utili). Quindi certe volte i dis agi che interessano il bambino non sono una patologia, ma sono invece una risorsa per il bambino stesso perché c’è qualcosa che è cambiato nella sua vita e deve trovare un nuovo assetto, un nuovo equilibrio per potersi adattare. Si discute molto sulla fascia d’età, l’età evolutiva si protrae dai primi anni di vita fino ai 18 anni perché anche negli adolescenti c’è ancora un for te dinamismo, una cap acità di tra sformazione molto elevata che in qualche modo ci fa rientrare nell’ambito di quest’evoluzione. Se però parliamo di neuropsichiatria infantile, dobbiamo attenerci a una fascia di età che va dai primi mesi di vita ai 12/13 anni massimi (periodo preadolescenziale). Ecco perché dobbiamo essere in grado di descrivere e misurare il cambiamento. Ad esempio la scolarizzazione del bambino. Neuropsichiatria infantile: periodo che va dai primi mesi di vita ai 12/13 anni. Il bambino, a prima vista è già un qualcosa che viene da altro, cioè da una sua situazione di vita familiare è cioè un qualcosa che è stato concepito. Ciò significa che già porta dentro di se un corredo genetico che non è suo come individualità, perché gli proviene da altri (genitori) e soprattutto porta con se uno stile di funzionamento e comportamentale che dipende dallo stile genitoriale. Quindi tutto quello che vediamo nell’evoluzione, cioè nel determinismo delle evoluzioni infantili, pr oviene da un habi tus pr imario che è la “genetica” su cui incidono “fattori ambientali” (in senso lato: culturali, familiari, educativi, religiosi ). L’insieme di queste due componenti (fattore genetico da un lato e fatto ri ambientali dall’altro), incidono sull’armonia o meno dell’armonia del bambino. Per cui quando vediamo un bambino dobbiamo innanzitutto capire a livello familiare se, rispetto la sua nascita, ci sono stati dei problemi durante il periodo della gravidanza. Sarebbe utile dunque, non avere soltanto notizie sul bambino in sé. È opportuno seguire ad esempio un’ anamnesi , cioè una raccolta dalla voce diretta dei genitori nel caso di un bambino, di tutte quelle informazioni, notizie e sensazioni che possono aiutare il medico a indirizzarsi verso una diagnosi. F  AMILIARE fisiologica PERSONALE remota patologica  

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NEUROPSICHIATRIA INFANTILE  TITO DE MARINIS

NORMALITA’ E PATOLOGIA

La neuropsichiatria è un settore la cui fascia di età entro la quale opera, è semprestata in discussione; si occupa della descrizione e della misurazione dei cambiamentiche avvengono nella fascia di età detta appunto “evolutiva”. Perché diciamodescrizione e misurazione dei cambiamenti, perché il termine stesso di evolutivocomporta un divenire, un muoversi. Mentre in ambito neurologico e psichiatriconell’adulto valutiamo degli elementi stabilizzati e poco dinamici internamente,fortunatamente nella fascia infantile, ossia nella fascia evolutiva , tutto questo non ècosì, nel senso che laddove si viene a creare un disagio, che se poi si ramifica, divieneuna vera e propria patologia, è un qualcosa che comporta un cambiamento. Per cui noidovremmo essere in grado non soltanto di definire quel problema, ma anche dimisurare il cambiamento. Ad esempio, spesso nei bambini assistiamo a situazioni chea prima vista sembrerebbero patologie ma in realtà corrispondono ad un disagiotemporaneo dell’evoluzione del bambino stesso; prendiamo tanto per citare unesempio la scolarizzazione del bambino. Questi lascia la propria casa per andare alnido e poi alle scuole successive. Ci sono dei movimenti che il bambino mette in atto eche in qualche modo tendono ad allarmare l’ambiente genitoriale, l’ambiente esterno.Oppure ancora la nascita di un fratellino, qui il bambino comincia ad esprimere unaserie di disagi variabili ma comunque circostanti. Si tratta di cambiamenti evolutivi ein quanto tali, costruttivi per il bambino (utili). Quindi certe volte i disagi cheinteressano il bambino non sono una patologia, ma sono invece una risorsa per ilbambino stesso perché c’è qualcosa che è cambiato nella sua vita e deve trovare unnuovo assetto, un nuovo equilibrio per potersi adattare. Si discute molto sulla fasciad’età, l’età evolutiva si protrae dai primi anni di vita fino ai 18 anni perché anche negliadolescenti c’è ancora un forte dinamismo, una capacità di trasformazione moltoelevata che in qualche modo ci fa rientrare nell’ambito di quest’evoluzione. Se peròparliamo di neuropsichiatria infantile, dobbiamo attenerci a una fascia di età che vadai primi mesi di vita ai 12/13 anni massimi (periodo preadolescenziale). Ecco perchédobbiamo essere in grado di descrivere e misurare il cambiamento. Ad esempio lascolarizzazione del bambino. Neuropsichiatria infantile: periodo che va dai primi mesidi vita ai 12/13 anni. Il bambino, a prima vista è già un qualcosa che viene da altro,cioè da una sua situazione di vita familiare è cioè un qualcosa che è stato concepito.Ciò significa che già porta dentro di se un corredo genetico che non è suo come

individualità, perché gli proviene da altri (genitori) e soprattutto porta con se uno stiledi funzionamento e comportamentale che dipende dallo stile genitoriale. Quindi tuttoquello che vediamo nell’evoluzione, cioè nel determinismo delle evoluzioni infantili,proviene da un habitus primario che è la “genetica” su cui incidono “fattoriambientali” (in senso lato: culturali, familiari, educativi, religiosi ). L’insieme di questedue componenti (fattore genetico da un lato e fattori ambientali dall’altro), incidonosull’armonia o meno dell’armonia del bambino. Per cui quando vediamo un bambinodobbiamo innanzitutto capire a livello familiare se, rispetto la sua nascita, ci sono statidei problemi durante il periodo della gravidanza. Sarebbe utile dunque, non averesoltanto notizie sul bambino in sé. È opportuno seguire ad esempio un’anamnesi, cioè

una raccolta dalla voce diretta dei genitori nel caso di un bambino, di tutte quelleinformazioni, notizie e sensazioni che possono aiutare il medico a indirizzarsi versouna diagnosi.

FAMILIARE

fisiologica

PERSONALEremota

patologica

 

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Oltre a seguire un’anamnesi, per stabilire un disagio in un bambino, è importanteavere anche notizie circa il parto della madre poiché se non vi è una perfetta sincroniatra i due fattori importanti:

CONTRAZIONI DELL’UTERO

PARTO

SPINTA DEL BAMBINO

Differenza tra genetica e familiarità. Facciamo un esempio,avere una malattia“genetica” significa che si trasmette da padre a figlio o da zio a nipote (esempio ildiabete). La “familiarità” è invece diversa perché non è detto che una personaaffetta da una patologia faccia dei figli che siano affetti dalla stessa patologia. Però sequel tipo di patologia è presente in più persone di quella famiglia, è più facile che altridiscendenti possano avere quella patologia. Quindi non è un fatto obbligato comeinvece accade nella genetica ma è un fatto statistico. In altre parole, sulla genetica

non si scappa, sulla familiarità invece c’è una sorta di predisposizione nel tempo.

SEGNI SEGNALI E SINTOMI DEL DISAGIO INFANTILE

Come si stabilisce alla nascita di un bambino, se sta bene? Il neonatologo stipula unindice, noto come “ l’indice di Apgar” è il risultato derivante da alcunicontrolli effettuati immediatamente dopo il parto e, in modo molto rapido, finalizzato avalutare la vitalità di un neonato e l'efficienza delle funzioni vitali primarie. L'indice diApgar si basa su cinque parametri di base ai quali si assegna un "voto" da zero a due.Il valore massimo dell'indice è quindi 10.

Schema di Apgar per la valutazione della vitalità del neonato

Parametro 0 punti 1 punto 2 punti

Battitocardiaco:

assente< 100 battiti alminuto

> 100 battiti alminuto

Respirazione: assentedebole oirregolare

vigorosa conpianto

TonoMuscolare:

assente(atonia)

flessioneaccennata

movimenti attivi

Riflessi:(risposta alcatetere

assente scarsa starnuto, piantovivace,

(genetic

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nasofaringeo) tosse

Colore dellapelle:

cianotico opallido

estremitàcianotiche

Normale

I neonati con punteggio alla nascita inferiore a 4 sono gravemente depressi enecessitano di intervento medico immediato, quelli con punteggio fra 4 e 6 sonomoderatamente "a rischio", bisognosi di assistenza, vigilanza e ripetizione del testogni 5 minuti, i neonati con punteggio fra il 7 e il 10 sono considerati normali. Ci siallarma molto quando il bambino presenta delle convulsioni, perché subito si pensache sia n bambino epilettico. Alcuni fattori esterni come ad esempio la temperaturadell’ambiente, possono incidere sulle convulsioni. Quando il bambino ha la febbre, adesempio, è molto facile che abbia una crisi convulsiva, soprattutto se sa una sorta di

predisposizione convulsivante, che è ben altra cosa dall’epilessia. Che cosa significa?Che l’innalzamento della temperatura corporea che determina un’irritazione dellecellule celebrali, gli scatena una crisi convulsiva. Ma se è vero questo, il bambino nonpuò essere etichettato come epilettico nel senso che è la temperatura corporea altache gli ha scatenato una crisi convulsiva, non perché di per sé il bambino ha una crisiepilessia. Tant’è vero che ci sono state dimostrazioni di casi che se noi abbassiamo latemperatura corporea, (tachipirina) il bambino non presenta più la crisi. Quindi quandoparliamo di convulsioni, dobbiamo stare attenti a dire se è una convulsione di tipoepilettico, cioè il bambino presenta le crisi epilettiche indipendentemente dallecondizioni termine, o se è una convulsione febbrile (temperatura alta). Una voltaraccolte le dovute informazioni, osserviamo il bambino per vedere se è affetto da unapatologia. Oltre l’indice di Apgar, osserviamo anche il capo, perché potremo trovarcidi fronte a casi di riduzione di circonferenza cranica (microcefalia - macrocefalia). Ilnostro cervello nella scatola cranica, è come se galleggiasse in un liquido che serveper dare un apporto nutrizionale al cervello, serve da ammortizzatore quando abbiamoun urto lieve. Così come per la circolazione sanguigna nel nostro corpo, anche nelcervello vi è una circolazione di questo liquido, nel senso che viene prodotto eriassorbito continuamente all’interno delle cellule nervose, e alla fine la quantità diquesto liquido deve essere costante. Nel momento in cui c’è un difetto o diiperproduzione o di meno assorbimento,si crea uno squilibrio per cui il liquido non èpiù prodotto nelle quantità normali. Mentre questo in un adulto viene compensato, nelbambino invece succede la idrocefalia perché le fontanelle del bambino che non sonoancora saldate fra loro, lasciano che questo liquido si dilatano a causa della troppaproduzione di liquido e il cranio del bambino si dilata (macrocefalia). Ovviamente ilbambino andrà incontro a diversi problemi a seconda della zona dove si ammasserà illiquido. Dopo aver osservato il cranio, andremo ad osservare il “riflesso foto-motore”. Proiettando un fascio di luce artificiale nella pupilla di un bambino, vediamose questa tende a ristringersi o meno (miosi), in condizioni di buio, la pupilla tende adilatarsi. Perché questo è importante? Perché all’interno dell’occhio c’è un muscolodeputato alla dilatazione o al restringimento della pupilla. Nel caso in cui il fascio diluce colpisce la pupilla e questa non si ristringe, (non c’è la miosi come normalmentedovrebbe essere), vuol dire che il bambino avrà un problema celebrale. Altro riflessoimportante per capire se il bambino sta bene, oppure no, è il ”riflesso di moro”. Siprende il bambino, una mano la si poggia sotto la sua testa, l’altra si poggia sotto il

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sederino, nella regione sacrale. In questa posizione il bambino tende a muovere lemani e le braccia. Se con un gesto inaspettato togliamo la mano da dietro il capo, ilbambino per effetto di equilibrio tende ad aprire le braccia e le gambe. Quando questosuccede, significa che non ci sono problemi. Se ciò non avviene e il bambino ha già inatto un problema di paralisi, quando attuiamo il riflesso di moro, in quell’arto su cui poi

si svilupperà la paralisi, non lo allargherà (aprirà il braccio sano). Questo è un segnoimportantissimo perché è un segno precoce di un problema motorio. Un altro riflessoimportante, è il “riflesso dello schermidore” Quando il bambino si trova inposizione supina se il capo viene ruotato a destra il bambino distende l'arto superioredestro e flette il contro laterale, (posizione dello schermidore); viceversa se il capoviene ruotato a sinistra.

Anche qui, se non abbiamo l’apertura, significa che in quel lato il bambino staràsviluppando una paralisi. Abbiamo poi il “riflesso di grasping”: quando mettiamoun dito nel palmo della mano di un bambino, questi tenderà a stringere e chiudere lamano. Si tratta di una reazione fisiologica se si verifica tra i 3 e i 5 mesi. Nei mesi aseguire, subentra la pressione e quindi svilupperà la capacità di afferrare e stringere

l’oggetto autonomamente. Se il grasping permane oltre un limite di tempo, non è piùun qualcosa di fisiologico, ma è un qualcosa di patologico. C’è poi ancora il riflesso dideambulazione automatica in cui il bambino è tenuto eretto e appoggiato con ipiedi, se inclinato in avanti mantenendo l'appoggio con leggera pressione, dimostreràrisposte automatiche di estensione e flessione delle gambe che richiamanol'automatismo della camminata (marcia automatica). È un chiaro segno che non cisono problemi a livello motorio. Quando parliamo di “tappe di sviluppo” , non lofacciamo in maniera rigida, ma vogliamo intendere che durante la fascia di etàevolutiva del bambino, ci aspettiamo che faccia un qualcosa come ad esempiomantenere la posizione seduta senza oscillare o tendere ad un lato. Questo però c’è

chi lo fa a quattro mesi chi a sei mesi e mezzo. Se poi andiamo oltre ci troveremo difronte una situazione che ci allarma. Abbiamo poi il gattona mento (alcuni bambini lopraticano altri no). La posizione eretta (in piedi ) del bambino si ha intorno ai10/11mesi. La deambulazione avviene intorno al primo anno di età. Ancora una volta,se si sfora un certo limite massimo, vuol dire che siamo in presenza di una situazioneallarmante. Nel corso del tempo il bambino tende poi ai vocalizzi per poi formaremorfemi ed arrivare a parole di senso compiuto che gli consentiranno di strutturare leprime frasi e quindi conseguentemente di comunicare. In casi particolari, come adesempio in un bambino acustico, segue tutte le tappe di sviluppo, poi, però verso i treanni ha una sorta di blackout fino ad una sorta di regressione. È molto più

preoccupante dal punto di vista cognitivo - relazionale, un bambino che abbiarispettato tutte le tappe di sviluppo per poi fermarsi e addirittura regredire, piuttostoche un bambino che acquisisce un linguaggio intorno ai tre anni.

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RITARDO MENTALE

Il ritardo mentale, una volta veniva etichettato come “oligofrenia”, cioè un soggettocon scarsa quantità di materiale celebrale. L’incidenza del ritardo mentale varia aseconda dell’età , emerge in particolar modo nel’età scolare dove le sue prestazioni

vengono osservate e rilevate attraverso richieste e funzioni scolastiche. Difficilmentesi può capire se il bambino ha un deficit se non viene sottoposto a prestazioni edosservazioni. Il fattore ambientale esterno, sia esso sociale o familiare, incide (sempresu una base primaria nelle forme di deficit lievi o medi; perché nel caso delle formegravi il deficit primario è talmente grave che ovvie mante non risente dei fattoriambientali esterni. Vale a dire laddove c’è un deficit lieve, se c’è anche un fattoresotto culturale o comunque di disagio dal punto di vista sociale o familiare, il deficitche di per sé è lieve (come deficit primario), può addirittura apparire più grave(medio) perché c’è il fattore ambientale che non è favorevole, ma è peggiorativo inquesto caso. Invece ci sono situazioni in cui il deficit primario dell’intelligenza è di una

forma intermedia dove però gli stimoli dal punto di vista ambientale, sono talmenteincisivi e favorenti che clinicamente il deficit appare molto lieve. Nelle forme gravi, ilfattore esterno non incide o incide in maniera del tutto poco rilevante.

CLASSIFICAZIONE ICD 10

Abbiamo duesistemi diclassificazionedel ritardomentale:

1. ICD 10(europeo)

2. DSM(americano)

[Perché sono stati fatti questi due manuali di riferimento? Perché in realtà lapsichiatria, a differenza di altri settori, sfugge di classificazioni chiare. Per intenderci,se in medicina parliamo di ulcera, sappiamo che si tratta di un infezione dello stomacocaratterizzata dal fatto che c’è un’ulcerazione dello stomaco e quindi ci intendiamosubito. Parlare invece di psicosi, di sindromi autistiche o di disturbi di personalità è un

qualcosa di molto più vago. Così si è cercato di trovare un gergo comune a tutti equindi sono state stilate queste categorie diagnostiche]. Questa classificazione ci facapire come, in base al livello di quoziente intellettivo Q.I. possiamo avere vari tipi di

RITARDO MENTALE LIEVE QI 50/70 (85%)

RITARDO MENTALE

MODERATO

QI 35/50 (10

%)

RITARDO MENTALEGRAVE

QI 20/35 (3-4%)

RITARDO MENTALEPROFONDO

QI < 20 (1-2%)

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deficit. Come si calcola? Si fa una misurazione tramite una scala metrica: la “scala siWAIS” che valuta una serie di capacità del bambino. Ad ogni tipo di risposta che dà ilbambino si assegna un punteggio. Alla fine, la somma di questi punti dà il famoso QI.Più che valutare la quantità, dobbiamo valutare la qualità del Q.I. del bambinoattraverso una serie di parametri (memorizzazione, affettività, programmare ed

eseguire compiti, capacità di giudizio). Anche l’aspetto emotivo incide sulleprestazioni. Stabilito i dati, dobbiamo andare oltre per interagire col bambino.

Dunque, ricapitolando, grazie a questo schema abbiamo una sorta di “definizionequalitativa” del ritardo mentale: Funzionamento intellettivo generalesignificativamente al di sotto della media

a causa di questo suo ritardo mentale, il bimbo ha un’alterazione del funzionamentoadattivo.

Ora … quando possiamo dire che un bambino ha un ritardo mentale significativo?Quando viene meno questa capacità omeostatica (di equilibrio). Il che significa che ilbambino non ha più quella capacità di riadattarsi all’ambiente, di poter mettersi ingioco rispetto un contesto che è variato. Questo gli crea un’alterazione del suofunzionamento adattivo (nella comunicazione, nella cura di sé, nelle competenzesociali ecc). Se non c’è la capacità che ognuno di noi ha nell’adattarsi ad unasituazione e ai campi di situazione,viene meno la capacità diinteragire,dell’autodeterminazione,cioè di affermare se stesso rispetto a quel tipo dicontesto (es. la capacità di poter dire voglio fare questo gioco piuttosto che questoche mi stai proponendo). Se viene meno questo viene tutto questo, il bambinodiventa passivo, dipendente dagli altri e quindi viene meno quella capacità diautoaffermazione che istintivamente fin da piccoli noi abbiamo. La conseguenza è ladipendenza da quelli che fanno assistenza. Viene meno l’autonomia e la capacitàdecisionale, viene meno la capacità di poter usare l’io nella comunicazione e diconseguenza è necessario che si sia un aiuto e un rinforzo da parte degli altri. Il deficit 

intellettivo è tale quando si crea questo tipo di alterazione del funzionamento che crea

al bambino una condizione di dipendenza dagli altri. Visione qualitativa, diversaovviamente dal dato tecnico.

Ovviamente oltre a tutto ciò ci sono anche i fattori esterni ad incidere, i cosiddettifattori condizionanti quali: il livello d’istruzione, la motivazione, le caratteristiche di

personalità, le prospettive sociali.

cosa significa? Noi funzioniamo in termini diadattamento, cioè fisiologicamente noi siamo

programmati per “l’omeostasi” cioè per fare in modoche in una determinata situazione dobbiamo trovareuna sorta di equilibrio interno (psichico, ormonale,fisico ecc). Al variare della situazione ambientale,istintivamente cerchiamo un nuovo adattamento

Anche l’aspetto emotivo -affettivo incide tanto. Una

cosa è avere a che fare con unbambino motivo ad acquisireinformazione, ad allargare il

suo orizzonte, un’altra è averea che fare con un bambino

demotivato che non ha stimoliambientali adeguati e che

uindi non matura uella

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In sintesi … nella diagnosi di ritardo mentale:

• c’è un problema primario di predisposizione• c’è un problema che è correlato al funzionamento adattivo

del soggetto• ci sono altri fattori che sono esterni (condizionanti)

Se noi ci fermiamo dinanzi al dato numerico, ci fermiamo davanti ad un dato cognitivoe basta. Ma se abbiamo una visione allargata dell’’intelligenza e del ritardo intellettivo,cioè un’alterazione del funzionamento adattivo del bambino, possiamo agireseriamente migliorando e potenziando le sue capacità e competenze. Ecco perchédiviene fondamentale avere un’osservazione del bambino di tutto l’ambiente in cuivive e rispetto alle competenze acquisite o ancora da acquisire perché è lì cheriusciamo ad essere incisivi. Poco ci importa se ad esempio il Q:I: del bambino è di 30se vediamo che possiamo riuscire a migliorarlo. La forma lieve del ritardo mentalemolto spesso sfugge all’attenzione. I soggetti di questo gruppo sviluppanocompetenze sociali e comunicative negli anni prescolastici, hanno deficit sfumati delle

aree senso motorie e,spesso,non sono distinguibili dai bambini normali sino a dopo ilprimo ciclo scolare. A volte si ha la sensazione che il bambino avesse minori capacitàrispetto a bambini di pari età, però è un’intuizione osservazionale che si ha perchémolto spesso questo tipo di deficit passa inosservato e non viene diagnosticato evalutato correttamente. È chiaro che laddove vengano richieste delle prestazioni, poirisalta quella sorta di rallentamento, di riduzione delle sue capacità del bambino (nona caso si parla di ritardo). È come se il bambino non riuscisse a fare quel salto di livelloche invece un bambino ha soprattutto nella flessibilità di pensiero.

Il ritardo mentale medio o moderato, è spesso segnalato per un ritardocomunicativo. Si tratta di bambini il cui dato, che suscita l’allarme, è quello linguistico.È un bambino cioè che non parla o parla poco, a tre anni ancora non riesce a costruire

Bambino ritardato

• rigidità di pensiero e adattamento• fissità rispetto alla situazione adattativa• messi di fronte un compito intellettivo, lo svolgono (anche

se con un presunto ritardo)ma poi non riescono a passaredal fatto pratico ( operatorio – concreto al fatto ipotetico.Es: diciamo al bimbo di costruire un trenino con una serie diistruzioni, lui a parità di un altro bambino normale, riusciràa fare quel tipo di modello. Se però proviamo a chiedere,togliendo visivamente il modello di costruire il trenino, ilbambino comincia ad avere difficoltà. Viene meno quella

capacità astrattiva, cioè quella “capacità estrapolativametaforica”.

• il bambino tende a rimanere ancorato al dato pratico e non

Bambino normale

• flessibilità di pensiero evivacità di adattamentoda un contesto all’altro

• possiede una “capacitàestrapolativametaforica”.

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una frase. Sembra essere triste e che non si relaziona adeguatamente. Uno pensasubito a un disturbo specifico di una funzione, in questo caso relazionale (tipol’autismo), in realtà il suo ritardo è dovuto a un deficit delle sue prestazioni con glialtri. Hanno molte difficoltà nell’uso dell’intelligenza operatoria concreta: non hanno ilconcetto di reversibilità delle rappresentazioni mentali; controllano giochi

rappresentativi simbolici rappresentativi con regole elementari e scambi di ruoli.Producono racconti in forma elementare,senza esplicitare e comprendere i nessi logicifondamentali. Se è vero che il deficit intellettivo di grado lieve è caratterizzato dallariduzione della capacità di estrapolazione dal dato concreto, questo deficit diventaancora più importante nella forma moderata. Perché se noi raccontiamo al bambino lafavola di cappuccetto rosso per tre quattro volte (perché serve un rinforzo) e glichiediamo di ripeterla, il bambino è anche capace di farlo però non la arricchiscemettendogli qualcosa di suo. Ci fornirà un racconto scheletrico ed essenziale, adifferenza di un bambino normale che invece colora il racconto con la sua fantasia oparte del suo vissuto ( ad esempio il lupo ha la faccia del nonno che magari gli sta

sulle scatole). Se poi, ad esempio noi chiediamo al bambino perché il lupo prende ilposto della nonna nel letto, il bambino si ferma, non riesce a dare il significatoprofondo alla storia in sé. Ecco la rigidità di cui parlavamo prima, è però una rigiditàforzata perché non ha le risorse per poter ampliare i concetti. È un bambino che ha undeficit di base importante.  Acquisiscono tardivamente la letto-scrittura, e possonoprovvedere, con supervisione, alla cura della propria persona e imparano ad orientarsiin luoghi “familiari”. Ad esempio se portiamo un bambino normale in un ambienteestraneo ad esempio una ludoteca, questo all’inizio si inibisce, sta vicino alla mammaperò dopo un po’ vede gli altri bambini che giocano e comincia a giocare anche lui.Dopo un’ora poi salterò dappertutto perché è padrone dell’ambiente perché l’ha

interiorizzato. Questi invece sono bambini che rispetto a questa situazione nuova, perniente familiare, hanno grosse difficoltà di adattamento e tendono quindi a nongiocare e a rimanere fermi in un posto limitando i propri movimenti. Questo perchéhanno un deficit primario dell’organizzazione dell’ambiente e di sé rispettoall’ambiente. Ovvie mante ciò interferisce con l’interazione coi coetanei. Andando oltreincontriamo il ritardo mentale grave. Ancora una volta il linguaggio è acquisito inritardo e non riesce a dire una frase di senso compiuto. Sono in grado di strutturarerappresentazioni imitative “semplici”. Qui siamo già ad un livello differente. In questocaso solo se noi mimiamo di fare una cosa, il bambino riuscirà a farla. Ciò ci fa dedurreche il bambino non ha acquisito grosse capacità mentali perché riesce solo ad imitare.

Il livello di programmazione è basso o quasi assente. Con pianificazione noiintendiamo ad esempio -devo prepararmi lo zaino per andare a scuola e devo mettereun certo tipo di libri-. Con supervisione,svolgono semplici compiti in ambito protetto.L’autonomia qui salta,la capacità di poter prendere autonomamente un’iniziativa vienedel tutto meno e richiedono necessariamente l’auto da parte di terzi. Quando infine ildeficit è molto grave, profondo, tutti gli aspetti cognitivi, emotivi, relazionali,comunicativi saltano. L’assistenza dall’esterno è totale anche per i bisogni primari. Lacomprensione è limitata. Abbiamo dunque un danno organico neurologicoaccompagnato dal danno cognitivo. Ad incidere sul deficit del bambino sono sia dannidi origine genetica, sia di origine organica sia della gestazione, cioè di come la madre

conduce la gravidanza. La tecnologia moderna ha fatto si che molte problematichedurante il parto siano annullate così da n creare danni al bambino.

SINDROME DEL DOWN

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 Tra le malattie genetiche che creano una forma di ritardo mentale lieve o media, macertamente non grave, vi è la sindrome di down detta anche trisomia del cromosoma21 perché il problema è correlato al fatto che nella coppia 21 è in eccesso e quindiabbiamo tre tipi di cromosoma nel 21. Si riconosce un bambino down fin dalla nascitaa causa di alcune alterazioni morfologiche, quali:

• il taglio degli occhi orientale (molto simile ai mongoli da qui il cosiddettomongolismo dei down),

• la bocca è spesso aperta,la lingua ingrossata e sporgente dalla bocca,• le orecchie sono attaccate al volto,• c’è un problema anche delle dita della mano, in particolar modo

nell’articolazione del pollice che tende ad essere attaccato all’altro dito,• problemi organici interni: alterazioni cardiache,vanno incontro ad

un’ipertrofia,perciò non hanno una vita molto lunga (massimo 25 anni),• sono bassi di statura,•

presentano disformismi facciali• hanno la tendenza a sviluppare diabete.

L’aspetto relazionale motorio di questi bambini com’è? Sono goffi, poco coordinatinotoriamente tendono, infatti, a cadere, impacciati, spesso in sovrappeso. Dal punto divista relazionale sono apparentemente molto affettuosi,sembrano moltodolci,mansueti,dipendenti,docili,accondiscendenti, creando un rapporto di dipendenzaimmediato con il loro interlocutore. Dietro quest’apparente dolcezza si nasconde uncarattere molto testardo,ostinato,e questo in qualche modo inficia la possibilità chenoi riusciamo ad intervenire dall’esterno per correggerlo. Una sua caratteristica è laperseveranza cioè tende a ripetere ciò che ritiene giusto Il ritardo mentale èabbastanza evidente. È poco flessibile, anzi è molto rigido per cui la nostra possibilitàdi modellarlo si sfuma.

SINDROME DELL’X-FRAGILE

La sindrome dell’x fragile” è legato ad un’anomalia cromosomica legata alcromosoma e per questo viene chiamata così. C’è un sito fragile, dove per fragilitàs’intende un deficit di quella parte del che si trova sul cromosoma x. C’è una differentefenomenologia, fenotipo significa espressione, dal punto di vista clinico, del dannogenetico, perché è diversa tra i due sessi: maschi e femmina (nei maschi c’è una sola

aberrazione perché hanno un solo cromosoma (XY), nelle femmine invece ci sono duepossibilità perché ci sono due cromosomi (XX) c’è quindi una sorta di compenso deldanno cromosomico.

Nei maschi --> c’è sempre un ritardo mentale che è di entità variabile. Il 20% deisoggetti, sono normodotati ciò significa che non vi è un elevata alterazione del QI. Idisturbi sono prevalentemente sul piano cognitivo, cioè disturbi dell’apprendimentonell’area logico matematica (capacità di fare calcoli o operazioni aritmetiche , difficoltàdi capire il senso logico per risolvere un problema),disturbi nella coordinazione visivo-motoria (problemi di spazialità), una scarsa capacità di ragionamento astratto(quando, ad esempio, viene richiesto al bambino di estrapolare il senso logico di un

racconto, un ragionamento, il bambino ha difficoltà), c’è un deficit attentivo esoprattutto prestazioni cognitive carenti soprattutto nell’area sequenziale. In questibambini, si denota, un deficit più globale dal puto di vista cognitivo, è cm se il

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bambino avesse capacità in singole funzioni, però non riesce a mettere in frequenzacorretta queste acquisizioni che ha avuto. Cioè, finchè si tratta di svolgere un compitosemplice ed elementare, ci riesce, ma laddove viene stimolato da un punto di vista piùcomplesso (come ad esempio gli viene chiesto di estrapolare), l’alterazione dellasequenzialità viene meno e alla fine ne risulta un problema cognitivo globale non

specifico (stiamo parlando allora di un ritardo mentale qualitativo).

Nelle femmine: il cromosoma x sano compensa quello fragile. Il 70% sono nella norma,quindi non hanno un QI alterato. Ci sono difficoltà scolastiche ma sono molto piùsfumate,cioè l’insegnante si rende conto che la bambina ha difficoltànell’estrapolazione (piano astratto), ci sono poi deficit dell’attenzione econcentrazione, ma il rendimento scolastico non è così inficiato come nel caso dell’xfragile dei maschi. È un ritardo, rallentamento poco disfunzionale. Nel 40% però puòesserci la “sindrome di Gerstman” , cioè se mettiamo insieme tutti gli elementi cheanalizzano le funzioni specifiche, caratterizzata da:

• Discalculia --> incapacità di svolgere operazioni matematiche più complesse;• Disgrafia;• Disorientamento dell’emirato di destra e sinistra;• Disprassia costruttiva --> incapacità logica di mettere in sequenza un

determinato movimento per ottenere un risultato finale. La “prassia” è lacapacità di mettere in mente singoli gesti motori in sequenza per ottenere unrisultato finale. La bambina capisce il compito da fare ma non vengonorispettati i singoli atti che devono necessariamente fra loro essere ordinati inmaniera ordinata nella sequenza, ad esempio:cubi, costruzioni,

• e infine agnosia digitale--> incapacità di poter nominare le dita della manoad esempio. Se gli viene chiesto di mostrare il pollice, lo fanno. Ma se vienechiesto di toccare il pollice sinistro con l’indice della destra, vanno inconfusione.

L’operazione semplice è facile per loro, ma se viene richiesta un’operazione diestrapolazione, c’è una difficoltà, perché non riescono a coordinare questi atti motori.L’area lobo frontale, oltre ad essere la parte del cervello deputa tata all’attivitàmotoria, riguarda anche la sfera intrapsichica (emotività, affettività sensibilità). Sulpiano sociale sono bambini che tendono a isolarsi sul piano comunicativo erelazionale. Si è ipotizzato per questo che probabilmente ci sia un problema su questo

lobo frontale. Oltre quindi all’x fragile è possibile che si sviluppino altre comorbilità,cioè altre patologie in aggiunta a questa qui di base. È stato ipotizzato anche uncoinvolgimento delle aree frontali, che spiegherebbe anche i disturbi dicomportamento presenti da questi soggetti, quali: difficoltosa elaborazione di stimoliaffettivi, ansia sociale e tendenza al ritiro sociale. Una serie di indagini che vanno astudiare il cervello (tac, risonanze ecc…) hanno riscontrato che c’è un’anomalia delcervelletto,ossia di quella parte del cervello che permette di essere coordinati neimovimenti. Il cervelletto è importante per rendere armonico e coordinata l’attivitàlinguistica, produttoria e motoria in senso lato.

Sindrome di Williams: è una trasmissione autosomica dominante

significa che non riguarda icromosomi sessuali XX o XY,come nelcaso dell’x fragile, ma riguarda tutti

significa che nella metà dei casi delladiscendenza, c’è l’affezione genitoriale.Cioè che il genitore affetto dalla patologia

trasmette alla metà dei figli questocarattere genetico patologico, quindi unfiglio su due, tre su quattro, sarà affetto daquel tipo di patologia. Se c’è un trattopatologico dominante, il problema è moltopiù serio, perché nella discendenza, lametà dei discendenti, sarà affetta da quel

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Questa sindrome è caratterizzata da un deficit cognitivo importante, quello che risaltaè la presenza di dimorfismi facciali evidenti (danno genetico mal formativo, anomaliadell’assetto mandibolo-mascellare) hanno problemi respiratori, bassi di statura(tendenza a non crescere, probabilmente dovuto ad un’alterazione dei meccanismi delfosforo e calcio). Il ritardo è lieve o medio. Sono bambini che tendono ad acquisire letappe motorie con un lasso di tempo ritardato (prime parole a circa tre anni e frasi disenso compiuto a cinque), c’è un ritardo nella capacità di adattamento e diautonomia,e c’è ritardo nelle capacità di ragionamento e nelle strategie del problemsolving, ossia di quelle strategie che servono per capire che tipo di meccanismo sideve svolgere in un contesto per risolvere una situazione.

DISTURBI SPECIFICI DELLE CAPACITA’ MOTORIE

• Ipostenia (debolezza): deficit della forza in un arto (mancanza di forza) chepuò presentarsi in maniera ridotta, motoria, focale o diffusa. Quel segmentocorporeo ha una forza muscolare che è ridotta rispetto le aspettative, al puntotale che il soggetto non riesce a svolgere una normale attività. Es: difficoltà nel

sollevare una mano laddove è presente un’ipostenia al braccio o alla mano.Come la si misura? Non esiste un parametro specifico della forza muscolare.Parliamo però di atti elementari (afferrare, sollevare, camminare, scrivere).Possiamo osservare il soggetto e in questo caso possiamo già osservare un’ipostenia passiva cioè quando il soggetto da solo non riesce a compiere unmovimento a comando o ipostenia attiva (valutata contro la resistenza)quando opponiamo la resistenza facendo un movimento opposto a quellorichiesto e il soggetto ha difficoltà a farlo (diciamo al soggetto di flettere ilbraccio e il soggetto invece lo stende). Nel momento in cui facciamo

un’operazione motoria impegniamo una serie di aree del nostro corpo: il

cervello innanzitutto perché è da lì che parte lo stimolo motorio, la richiestadall’esterno su un comando verbale o una situazione: il cervello deve riceverestimoli e rispondere con gli output. Noi siamo elaboratori elettronici, abbiamobisogno prima della rappresentazione mentale. Il cervello è programmatore, maè il corpo che esegue.

Input --> afferenza (ciò che arriva al cervello per poter pianificare l’azione, adesempio devo tirare un calcio di rigore).

  Output--> efferenza (ciòquello che dobbiamo mettere in pratica per svolgere un certo gesto, adesempio, con quale piede devo calciare un calcio di rigore).

L’input arriva ai nervi periferici e poi ai muscoli, che sono gli effettori finali.(Esempio: Cassano il giocatore del Milan: ischemia celebrale, danno della

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pianificazione motoria del compiere il gesto, oppure ammesso che abbia lapianificazione sequenziale, il cervello non riesce a dare l’output periferico perarrivare al risultato finale. Si sono accorti che Cassano stava male perché nonriusciva a parlare bene. Anche il parlare è un atto motorio, le afferenze gliarrivavano ma non riuscire poi a tradurre in parole) . Se c’è ipostenia, può

esserci un deficit centrale, ma c’è anche un deficit ai nervi periferici. Puòaccadere una situazione in cui il cervello è sano, i nervi anche, ma c’è un deficitdell’effettore finale, cioè del muscolo, ad esempio la distrofia muscolare: sitratta di bambini sani cerebralmente perché dal punto di vista cognitivo sonoconsapevoli e coscienti fino alla fine della malattia che li affligge. In questocaso, non c’è un danno celebrale, né ai nervi , ma c’è un danno muscolare chedetermina l’ ipostenia. Danno che crea l’ipostenia può essere:

• centrale (caso vascolare o tumore celebrale),• periferico (neuropatia, cioè patologia a danno dei nervi periferici),•

Può essere ancora più periferico, danno muscolare (miopatie)

• Atassia bambini che non hanno problema motorio inteso come forzamuscolare,ma ci sono deficit della coordinazione motoria. Ricordiamo cheabbiamo bisogno della rappresentazione e coordinazione dell’azione motoria.L’atassia si traduce in un movimento impacciato e goffo nella corsa, nellacamminata ad esempio. Questo tipo di alterazione della coordinazione sitraduce nel fatto che se il cervelletto non riesce a dare la giusta armonia e amettere insieme le singole parti dell’azione, quando camminano questi bambiniporteranno le gambe in avanti e il tronco indietro oppure ad oscillare, perdita

dell’equilibrio che rende nel complesso l’azione motoria goffa al punto tale cheper mantenere il baricentro tendono ad allargare le gambe, cioè la based’appoggio. Danno neurologico è un danno cerebellare.

• Astenia deficit completo, perdita di forza muscolare, energia o vitalità• Affaticamento esaurimento muscolare. Riduzione delle performance da

sforzo.• Distonie bambino ha problemi di movimenti eccessivi. Sono contrazioni

muscolari, spasmi, involontari e afinalistici (non servono a nulla), prolungate eripetitivi. Si parla infatti di movimenti coreici cioè che hanno contrazioniinvolontarie che partono in automatico quasi come fosse una sorta di

movimento della danza. Ci sono forme lievi, come i famosi tic, e quelli più gravidove può essere compresa un’intera area corporea, cioè un arto o un tronco.• Corea : movimenti afinalistici degli arti superiori che si accompagnano ad

un’instabilità posturale che però non è legato a un deficit del cervelletto,ma perché questi movimenti eccessivi tendono a sbilanciare questibambini.

•   Tic : forma + frequente di distonie. La loro esecuzione può esserepreceduta d un bisogno, la loro repressione può causare disagio. I piùfrequenti sono quelli facciali, ma ci sono anche tic del collo o ancherespiratori (sbadigliare o soffiarsi sempre il naso) o anche fonatori comeper esempio lo schioccare sempre la lingua. Compaiono verso i 6-7 anni esi instaurano gradualmente. C’è dunque un sentimento di tensione la cuiconseguenza è il tic, mentre l’effetto è la scarica motoria che ci liberadalla tensione e spinge al tic. C’è una distinzione tra i tic e altri movimenti

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che non possiedono né la subitaneità né l’aspetto stereotipato. Adesempio lo strisciare i piedi o il toccare un oggetto. La frequentetransitorietà evidenzia la facilità di alcuni bambini nel far passare nellemotricità gli affetti, i conflitti e le tensioni psichiche. Di contro, i “ticcronici” costituiscono un’affettazione stabile che accompagna

l’organizzazione nevrotica. Repressionedell’aggressività,controllo,diagnosi rigorose e con evidente perfezionismo.Possono essere anche vocali (coprolalia tendono a dire brutte parolementre stanno parlando. Tipico deficit della sindrome di “Gilles de laTourette (gil de la turrè)”, la coprolalia crea problemi relazionali albambino) la sindrome consiste in tic multipli dal punto di vista motoriooltre che a quello vocale, ha un esordio prima dei 21 anni.

• Stereotipie  diversa da tic e corea , qui i movimenti sono contrazionirapide e brevi, le stereotipie sono movimenti prolungati e continuativiinvolontari afinalistici,e ritmici ( ad esempio, battere le mani tra loro,

battere la mano sul tavolo) sono movimenti coattivi. Sono movimentiassociati a turbe psichici o delle condotte e talora conseguono all’uso difarmaci, ma questo prima, oggi per fortuna non è più così perché hannocambiato i farmaci.

ENCEFALOPATIE NEONATALE NON EVOLUTIVE: PARALISI CEREBRALI

Fin’ora abbiamo parlato di patologie che compromettono l’aspetto motorio. Adessocerchiamo di capire quali sono le cause che possono determinare questo tipo dideficit; le cosiddette “paralisi celebrali infantili”. È un qualcosa che avviene alivello celebrale durante il primo periodo di vita del bambino. Le cause possono esseresvariate e possono intercorrere in un arco di tempo che è addirittura antecedente alperiodo del parto, oppure può succedere che si verifica un problema al momento delparto, oppure ancora può succedere qualcosa immediatamente dopo e quindi, inquesto caso, ci saranno delle condizioni causali che determineranno un’alterazione delcervello con una serie di alterazioni dal punto di vista motorio e non solo.

Le cause prenatali sono ciò che può succedere al bambino prima della nascita equindi del parto; si tratta di cause legate pertanto al decorso della gravidanza e allamadre:

Infezioni: nel momento in cui la madre contrae un’infezione durante lagravidanza (come ad esempio la rosolia),e non è immune (nel senso che non hamai avuto alcun tipo di rapporto con questi agenti batterici nella suavita),quest’infezione può comportare danni encefalici al bambino. Un esempio èla toxoplasmosi. Durante la gravidanza,è consigliabile non avere grossicontatti con animali domestici, in particolar modo coi gatti e le loro feci (perchénelle feci si depositano le uova batteriche della toxoplasmosi). Molto importanteè che non ci sia già una situazione di contatto immunitario pregresso, cioè puòsuccedere che la donna gravida ha avuto un contatto con questi tipi di agenti, eche quindi il fatto che ci sia stato un contatto precedente, l’ha in qualche modo

immunizzata e protetta (ha sviluppato anticorpi diretti contro quel tipo dibatteri). Se questo si è già verificato, non c’è nessun tipo di rischio perché si ècreata una sorta di protezione della madre in previdenza di un’infezione acuta.Stesso principio per cui noi facciamo le vaccinazioni: inettiamo un agente

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inattivo e quindi questo sviluppa il nostro sistema ant-icorpale a reagire controquest’agente esterno. Questo è il motivo per il quale si fa quella famosa sigla,“il complesso T.O.R.C.H”. Si tratta di un’indagine ematica (che si fa sulsangue) e va a valutare proprio se c’è stata una precedente infezionedell’attuale madre di un batterio.

• La radioterapia: sappiamo tutti che le radiazioni ionizzanti sono estremamentedannose non soltanto per la salute fisica di ognuno di noi, ma soprattutto per unfeto in gravidanza (ad esempio le radiazioni di Chernobyl) quando si vieneesposti a un inquinamento di tipo ambientale, con un rischio di radiazioni moltoalto, ci sono dei rischi di malformazione dl feto e quindi anche danni a livello delcervello. Radioterapia perché? Perché purtroppo può succedere che la madredurante la gravidanza possa avere un problema un po’ più importante, untumore ad esempio e quindi deve essere sottoposta ad un ciclo di radioterapia ascopo terapeutico.

• Il diabete: l’aumento della glicemia, l’aumento quindi del glucosio (zucchero)

nel sangue, è estremamente dannoso sia per quanto riguarda la madre sia perquanto riguarda il feto, perché soprattutto se si rivela nell’ultimo semestre dellagravidanza che è la fase più delicata (come problema di tipo metabolico), èpossibile che il diabete possa determinare delle alterazione encefaliche al feto equindi c’è il rischio anche di un’alterazione di tipo celebrale.

Cause perinatali. Poi arriva il momento del parto in cui è possibile che possaverificarsi qualcosa di anomalo: sia perché non ci sono delle contrazioni efficaci daparte dell’utero materno, sia perché c’è un problema di spinta da parte del bambino,sia per un problema di cordone intorno al collo. In ogni caso la conseguenza sarà

un’ipossia , cioè una riduzione d’ossigeno al cervello che creerà un’insofferenza nelbambino che sarà più o meno grave a seconda del lasso di tempo che intercorre.L’asfissia è una riduzione di apporto di sangue ed ossigeno al cervello e quindi laformazione di zone celebrali che vanno in necrosi (vera e propria morte celebrale).

Cause postnatali. Se non ci sono stati problemi in gravidanza né durante il parto,potrebbero verificarsi problemi successivi, sia per delle malformazioni del sistemavascolare del bambino, sia per esempio per dei traumi incidentali del cranioche, a causa delle fontanelle che non sono ben chiuse, possono provocare delleemorragie interne che, conseguentemente, provocano danni a livello motorio.

Quali sono le conseguenze nel caso in cui si verifichi una di queste situazioni, cioè ildanno è pre, peri o post parto? Il bambino può avere una spasticità. Cosa significa?Significa che prevalgono i sintomi piramidali, cioè la via piramidale (vale a dire la viamotoria centrale)presenta, una lesione che determina una spasticità. In altre parole ilbambino tenderà ad avere una flessione degli arti superiori e un’estensione degli artiinferiori. La spasticità consiste in questa postura che assume il bambino degli arti condifficoltà a compiere il movimento. Le forme cosiddette asetosiche corrispondo aquella categoria di movimenti anomali, movimenti cioè in eccesso, involontari edfinalistici. La spasticità è sempre accompagnata da un disturbo della forza muscolare eviene oggi considerata un segno clinico "parapiramidale" nel senso che non riguarda

direttamente né il sistema piramidale né quello extrapiramidale. Anche unacompromissione del cervelletto crea problemi di coordinazione, movimento, posturaed equilibrio del nostro corpo. Può esserci poi un’atonia, cioè una mancanza di tono

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muscolare. Ognuno di noi a un suo tono di base, riusciamo ad esempio a stare in piedie mantenere una posizione, senza compiere un movimento, proprio perché abbiamoun tono muscolare di base attivo, come se fosse una sorta di motore di fondo che cisostiene. nel momento in cui viene meno questo ton muscolare, il bambino non riescepiù ad auto sostenersi e diventa un “floppy-infant” cioè un bambino molle (non riesce

ad esempio a sostenere il capo che tende ad andare verso dietro). Quando abbiamouna spasticità, cioè un aumento del tono muscolare, parliamo per intenderci diipostenia ed astenia. Ora cosa succede. Se questo deficit di forza interessa soltantoun arto (solo il braccio destro o solo il braccio sinistro)si parla di monoparesi. Qui c’èda spiegare una differenza.  Quando il deficit di forza è molto grave al punto che ilbambino non riesce proprio a muovere un arto, si parla di “plegia”, cioè dellacompleta assenza della forza muscolare.

Plegia --> deficit di forza completo (assenza di forza)Paresi --> mancanza di forza (però è presente) è meno grave rispetto la plegia.

Se sono interessati entrambi gli arti ad esempio le braccia si parla di paraparesi (oparaplegia se il deficit è grave), se l’interessamento è agli arti superiori si parla diparesi o di plegia, e, l’evenienza più frequente è quella dell’emiplegia o dell’emiparesicioè tutto un lato del corpo è interessato dal deficit motorio. Per cui questo bambinoavrà una spasticità per esempio dell’arto superiore destro che sarà flesso e dell’artoinferiore destro che sarà esteso. Avrà quindi prevalentemente difficoltà a camminare eanche ad afferrare gli oggetti a causa di questo deficit motorio. Se poi a questo siaggiunge un possibile danno diffuso del cervello, si dirà che il bambino è tetraparetico o, se è ancora più grave tetraplegico, cioè stiamo parlando di un deficitmotorio talmente grave da interessare tutti e quattro gli arti. C’è una forma particolaredi paresi, la cosiddetta diplegia congenita che presenta una sorta di paraparesi, cioèun deficit motorio agli arti inferiori (estensione degli arti, il bambino avrà una sorta diincrocio a livello delle ginocchia, avrà un’andatura ad x e per camminare saràcostretto ad oscillare: andatura a forbice).

Le manifestazioni attraverso le quali si visualizza un bambino con una paralisicelebrale infantile sono:

• Di tipo spastico, quando c’è un deficit di forza (monoparesi, plagia, tetraparesiecc …)

Atassia (alterazione dell’equilibrio)• Stereotipie (movimenti in eccesso)

Come facciamo a dire, in maniera anche preventiva, questo bambino potrebbe avereun problema celebrale e come intervenire? Ci sono una serie di segni che ci fannocapire che c’è qualcosa che non va e quindi che c’è un qualcosa di patologico.All’inizio abbiamo parlato dell’importanza nel valutare le tappe di s viluppopsicomotorio e soprattutto abbiamo detto che non è importante che siano un mese inmeno o un mese in più, ma diventa importante se l’epoca di acquisizione di quellaspecifica tappa di sviluppo è congrua oppure se è troppo avanzata rispetto a quellache noi ci aspetteremmo. Questo cosa significa, che questi bambini per esempio, già

nei primissimi mesi cominciano ad avere delle alterazioni che diventano significativedopo. Per esempio, il sostegno del capo, che normalmente è mantenuto intorno alterzo quarto mese di vita diventa più ritardato, sesto o settimo mese. Anche la

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deambulazione e la postura eretta di conseguenza, la raggiungeranno con moltoritardo, diciotto mesi circa. Non tutto però è legato al piano motorio, ma c’è anche ilpiano psichico (attenzione ridotta, poco interesse mal funzionamento del sistemaoculo-manuale). Non basta dire che l’esito della paralisi celebrale infantile è quellolegato alla spasticità oppure all’atassia. Ci sono infatti alterazioni che rendono il deficit

globale e generalizzato. Ci sono anche deficit intellettivi, infatti maggiore sarà il deficitmotorio, maggiore sarà il deficit intellettivo. Quindi, per intenderci, se il bambino ètetra paretico e quindi il danno motorio è grave, tanto maggiore sarà il deficitintellettivo, come ad esempio la disastria, cioè l’incapacità di articolare bene leparole o anastria incapacità dell’emissione delle parole, per cui il bambino di facapire a gesti o con lo sguardo, non riesce quindi a di trovare la parola da abbinareall’oggetto. Non dimentichiamo poi i disturbi affettivi. Se è vero che c’è un deficitglobale, è anche vero che l’affettività, cioè quella parte dell’emotività che permette dientrare in sintonia e in relazione con gli altri, è molto carente. Come per l’intelligenza,anche la sfera dell’affettività risente dell’attività motoria: quanto più grande sarà il

danno motorio, tanto più questi bambini avranno problemi legati all’entrare in empatiaemotiva non verbale con glia altri. Quando ci sono disturbi congeniti è possibile che cisiano anche disturbi della sfera sensitiva per cui il bambino può avere anche problemidi ipo-acusia (carenza di udito)o di cecità in casi più gravi. Infine questi bambinipossono avere delle crisi convulsive, cioè il danno celebrale è importante al punto taleche possono esserci delle irritazioni del cervello che determinano delle scariche cheproducono crisi convulsive.

Il quadro è molto complesso, abbiamo deficit:

• Motori,• Affettivi,• Cognitivi• Del linguaggio,• Dell’intelligenza• Dell’apparato sensoriale• Crisi convulsive

È chiaro che ogni situazione è a se stante, nel senso che a seconda dell’entità deldanno celebrale e quindi a seconda della gravità della causa scatenante (ad esempiol’asfissia per la causa perinatale: se è stata molto prolungata, il danno sarà

rispettivamente e quindi ci sarà tutto questo quadro di sintomi e disturbi nella loroespressione. Se invece l’asfissia è stata di pochissimi secondi, si crea il danno cheperò è molto ridotto per cui tutto quello che abbiamo detto sulle tappe di sviluppo,sull’intelligenza, sulla cognitività, si vede in questo bambino che non è un bambinonormale però non è assolutamente marcato).

In sintesi abbiamo visto che la prima domanda che ci dobbiamo porre quandosiamo di fronte ad un bambino che ha un problema cognitivo, motorio, èl’eziopatogenesi cioè da che cosa può dipendere il suo ritardo, da cosa può dipendereil suo deficit intellettivo e, abbiamo visto che le risposte sono plurime. Vale a dire, è

possibile che ci sia un danno genetico (abbiamo parlato della sindrome di down e dialtre manifestazioni di ordine genetico che possono comportare un’alterazione nelprocesso dei cromosomi) le cause posso essere organiche (cause pre, peri e post

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natali --> condizioni di atonia, di infezioni, traumi), però non bisogna trascurare anchel’aspetto affettivo - relazionale (è possibile che bambini che possono presentare unritardo o un deficit dell’intelligenza, possono non avere una base genetica per questoritardo, possono non avere una base organica, ma il problema verte più su unadisarmonia in un ambito familiare, in un ambito contestuale in cui vivono. Ad esempio

i bambini deprivati dal punto di vista dell’affettività e delle realtà degradate, per cuiquesti bambini non avranno quegli strumenti necessari e indispensabili per poteravere uno sviluppo armonico. Quindi pur senza avere una base genetica e una baseorganica, è possibile che questi bambini possano avere una mancanza di input positividi tipo affettivo - sociale, che può determinare in questi bambini una condizione diinibizione psicoaffettiva che si può tradurre in un vero e proprio ritardo (deficitdell’intelligenza). Tutto va al di là del semplice schema del test di Wais che ci dà il QI,ma ingloba un’ottica molto più ampia. A proposito del down, se consideriamo l’aspettogenetico, sicuramente nel down e nelle malattie genetiche che possono comportareun problema comportamentale del bambino, c’è un dato di fondo che è il deficit

intellettivo. Abbiamo detto che può essere lieve medio e grave, però è moltoimportante il grado di adattamento generale che presenta il soggetto e le modalitàcon cui il ritardo si manifesta. Cosa significa?che al di là del danno a carico della sferaintellettiva, conta molto anche il modo di porsi degli operatori verso il bambino e lacapacità di adattarsi al contesto affettivo-relazionale-sociale in cui il bambino si trovaa vivere. Molto dipende anche dal rimando che ha la coppia genitoriale rispetto alproblema che manifesta il bambino, per cui, avere un bambino down, significa che lereazioni anche da parte dei genitori, della scuola, della società in senso lato, possonoessere eterogenee: da quelle che vanno a peggiorare a quelle che determinano unadattamento funzionale del bambino. È l’insieme delle singole situazioni di cui

abbiamo appena parlato, che determina un miglioramento o un peggioramento dellasua situazione funzionale.

L’EPILESSIA.Che cos’è una crisi epilettica?è una scarica critica e parossistica critica vuol direimprovvisa, cioè c’è una vera e propria crisi, parossistica perché ha un lasso di tempoben determinato. Il termine "crisi epilettica" deve essere differenziato dal termine"epilessia": quest'ultimo indica una condizione caratterizzata dalla ricorrenza diepisodi convulsivi dovuti a una patologia cronica sottostante. Un individuo che hapresentato una singola crisi, o anche più crisi dovute a una condizione clinica che può

essere trattata (ad esempio uno stato febbrile) o evitata, non è affetto da epilessia. Lacrisi è improvvisa, si verifica senza nessun elemento preparatorio e senza avere iltempo di capire quello che sta succedendo. Il primo parametro è la temporalità. Ilsecondo criterio è che le crisi epilettiche sono brevi, durano alcuni secondi o almassimo qualche minuto, non esistono crisi che durano di più perché pensare di avereun tale sconvolgimento al livello celebrale, sarebbe incompatibile con lasopravvivenza. Quando sentiamo parlare di crisi che durano anche quarti d’ora, nonsono mai crisi epilettiche, ma di crisi nervose o ansiogene. Perché si crea la crisiepilettica? Perché improvvisamente in una determinata popolazione di cellule nervosedi neuroni, si hanno delle scariche in eccesso che tendono a creare una condizione di

iper-eccitazione delle cellule nervose e a seconda di dove quelle cellule vannoinnervare, si avranno diverse forme di crisi epilettiche. Come modalità ne esistono uncentinaio. La modalità è legata alla sede dove cioè si verifica l’impulso nervoso dei

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neuroni. Il terzo criterio è che sono crisi che si auto esauriscono, hanno un inizio e unafine molto circoscritta e limitata nel tempo. Dobbiamo fare due distinzioni moltoimportanti:

1. La crisi epilettica è primaria o secondaria, cioè il bambino che ha queste crisi lo

possiamo definire epilettico perché ha l’epilessia come sua malattia oppure haaltre condizioni che possono scatenare una crisi epilettica? Per esempio cipossono essere malformazioni vascolari, ci può essere un trauma cranico, cipossono essere condizioni di riduzione di ossigeno al cervello che possonoscatenare una crisi epilettica. In nessuna di queste circostanze possiamo dire lacrisi sia primaria perché il bambino di per se non è epilettico primario, cioè nonha una tendenza di base a sviluppare crisi epilettiche , ma sono delle formeche sono legate a condizioni primarie che determinano la crisi epilettica stessa.Ad esempio l’aumento della temperatura, non provoca crisi epilettiche, ma crisiconvulsive.

2. Se il punto di queste cellule nervose è plurimo, cioè ce ne sono più di uno, adesempio nell’emisfero destro e nell’emisfero sinistro, la crisi si chiamageneralizzata (perché coinvolge entrambi gli emisferi). Però possiamo avereinvece anche crisi parziali o focali perché interessano un solo distretto delcervello.

CRISI GENERALIZZATE:

1. Crisi di “grande male”2. Sindrome di Lennox – Gastaut3. Sindrome di West

La crisi di grande male colpisce molto più frequente infatti ha un incidenza di circa il70%. Questa crisi prende il nome da un’antica credenza che sostiene che chi fosseaffetto da queste crisi, in realtà fosse affetto dal male, cioè da uno spirito demoniaco.Perché? Perché di per se, assistere a una crisi di tipo generalizzata del grande male, èun qualcosa che, dal punto di vista visivo, scuote molto perché è un’evenienzaimprovvisa in cui il soggetto cade a terra, comincia a scuotersi e ovviamentel’impressione è molto forte. Tranne in qualche caso, quando c’è un interessamentoglobale del cervello, c’è un deficit cognitivo, per il resto un bambino che è affetto dacrisi epilettiche, è un bambino perfettamente normale dal punto di vista

dell’apprendimento, dell’affettività. Cosa succede in questa crisi? Innanzitutto sichiama “tonico-clonica” perché? Perché il bambino improvvisamente (senza che ci siaun elemento premonitore), mentre svolge una qualsiasi attività, perde coscienza ecade inevitabilmente a terra. Si tratta di bambini che molto spesso possono procurarsianche delle ferite o come accade in qualche caso un vero e proprio trauma, proprioperché, come diciamo sempre, non c’è alcun segno premonitore che ci permette diprevenire che si faccia male e dunque di tutelare la sua incolumità. Una volta persa lacoscienza e cade a terra, comincia la “fase tonica”. Significa che l’intero apparatomuscolare va in contrazione, per cui se ad esempio un bambino ha una crisi mentresta parlando, essendoci la contrazione muscolare, i muscoli della mascella e della

mandibola di contraggono e se la lingua in quel momento si trova tra i denti, questi sichiudono e il bambino può procurarsi un taglio proprio sulla lingua e quindi perderesangue dalla bocca. La contrazione è generalizzata per cui anche gli arti superiori equelli inferiori sono in contrazione. In genere la contrazione muscolare dura dai 10 ai

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20 secondi. C’è anche una contrazione dei muscoli interni ad esempio va in apnea perla contrazione dei muscoli respiratori e ha anche una contrazione vescicale. Dopopochi secondi parte la seconda fase che è la “fase clonica”. Le clonie, sono dellescosse brevi e ripetute dei muscoli, per cui questo bambino scuote le braccia, legambe e spesso anche il capo. Le clonie sono dovute all’irritazione di cellule nervose

in una zona specifica del cervello. È un po’ come quando si prende la correnteelettrica, i muscoli vanno cioè in clonia continua sia per quanto riguarda gli artisuperiori, sia quelli inferiori che il capo (anche qui le scosse durano pochi secondi).Quando si presentano le clonie, il bambino è ancora contratto. C’è poi la “fase direcupero”, cioè la fase in cui improvvisamente i muscoli si rilassano. Cosa significaquesto? Che il bambino tende ad afflosciarsi, tende a perdere il tono muscolare ocomunque quell’ipertonia che aveva accumulato precedentemente (quindi ècompletamente abbandonato a se stesso). Dopo quella fase di apnea, il respirodiventa pesante perché sono in una fase di recupero. Per quanto riguarda lacontrazione vescicale, nella fase del rilassamento, la vescica abbandona lo stato di

contrazione, si rilascia e c’è una perdita di urine. Quindi le conseguente di un simileattacco di crisi epilettica possono essere:

• contrazione dei muscoli della bocca --> possibile fuoriuscita di sangue dovuta a

taglio della lingua

• l’apparato salivatorio si contrae e poi si rilassa --> nuova produzione di saliva e

 possibile fuoriuscita di schiuma dalla bocca

• contrazione e rilassamento della vescica --> perdita di urine

l’ultima fase è la “fase del coma post critico”(coma dopo la crisi) ci va avere l’ideadell’ultima fase in cui il bambino è soporifero agli stimoli. La persona che ha avuto lacrisi, non si riprende immediatamente, ma ha bisogno di un lasso di tempo per tornarealla realtà. Quando si riprende si sente confuso e non ha assolutamente memoria diquello che è successo e non si riesce a spiegare del perché, ad esempio, è circondatoda tante persone o perché ha un taglio sulla lingua. La vera crisi è la fase tonicaclonica (contrazione, clonie e rilassamento). Non si muore mai per una crisi epiletticaproprio perché è molto breve, a meno che il bambino non abbia subito un forte traumain seguito alla caduta della perdita di conoscenza. Nelle encefalopatieepilettogene c’è una sofferenza maggiore, nel senso che o ci sono crisi epilettichecontinue (tipo 7,8,10 volte al giorno) e quindi ci sono dei deficit cognitivi ed intellettivimolto grossi. Per cui di base c’è un danno neurologico, un danno organico,

probabilmente su una base pre-natale o post-natale.

CRISI PARZIALI O FOCALI:

• assenza o “piccolo male”• crisi del lobo temporale• crisi Jacksorniana

Il piccolo male, queste crisi consistono in brevi sospensioni dello stato di coscienzadel bambino che però non sono seguite dalla fase tonica e clonica. Cioè è come se ilbambino per un certo lasso di tempo (secondi o al massimo un minuto e mezzo)

facesse un black-out con l’ambiente esterno, come se sembrasse distratto. Si tratta dibambini che, mentre stanno compiendo una qualsiasi azione, rimangono imbambolatie non rispondono agli stimoli esterni. Nel cervello del bambino c’è stata una scarica

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elettrica che ha generato questa sorta di sospensione, dopodiché riprendono a farequello che stavano facendo senza ricordarsi di questa temporanea sospensione.

DISTURBI DI PERSONALITA’

Sono chiamati così perché i sintomi, a differenza di quanto accade per gli altri disturbi,sono un modo abituale di agire e di essere nel mondo che causa un’alterazione delfunzionamento sociale e lavorativo. Cos’è la personalità? È un modo di essere(carattere) parliamo di una condizione endogena (interna) connaturata con l’essere eche è presente fin dalla nascita e che condiziona il modo di essere e agire nel rapportocon gli altri, nell’attività individuale e relazionale. Se però stiamo parlando di unaspetto del carattere, parliamo di un fatto normale e fisiologico. Significa parlare diuna situazione interna endogena con quel tipo di qualità. C’è disturbo quando tra itratti caratteristici ce ne uno che è predominante e invasivo che annulla tutti gli altritratti del carattere. Quel tratto che emerge e che annulla gli altri tratti creaun’alterazione della qualità personale e relazionale. Significa che tutti hanno tratti diinibizione ed estroversione, però in questo caso il tratto annulla tutto. La modalità diessere e agire è dettata dal tratto predominante che non consente agli altri tratti diessere espressi. Esempio: disturbo paranoide o di personalità, se una persona ha untratto che annulla gli altri e questo tratto e concentrato sulla sospettosità sul dubbio,sulla paura di un inganno, ogni tratto di personalità di questa persona sarà improntatosu questo. Anche se una persona si comporterà in maniera favorevole, questasospetterà sempre della buona fede altrui, a causa di questo tratto dominante(disturbo personalità). Impossibilità di avere rapporti autentici. Diventa un disturboquando c’è un’alterazione del funzionamento di un tratto della personalità, cioè non èpiù utile, ma diventa un tratto svantaggioso e disturbante al punto tale che nell’ambitosociale viene additato con delle etichette, ad esempio “tu sei proprio paranoico”. Itratti sono modi costanti di percepire rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambientee di se stessi (tratto di personalità è prettamente personale ed endogeno) simanifestano nel contesto sociale. I tratti si fondano nei primi mesi di vita su unamatrice endogena dove sono i condizionamenti familiari e sociali che plasmano ilcarattere fino a renderlo immodificabile nel tempo. Sono stimolati da figure diattaccamento e stimolamento. Quando questi tratti diventano rigidi e non adattatiti(avendo più tratti del carattere, ognuno di noi, quando si perde la capacità dellaflessibilità,mostrarsi sicuro in una situazione e tranquillo in un'altra per esempio,**flessibilità--> giocare coi nostri tratti caratteriali. Quando però il tratto è talmente

preponderante da non consentire ad altri aspetti di emergere, diventa cioè rigido emal adattativo (non riusciamo a modularlo in altri aspetti del carattere), ne risulta unalterazione del funzionamento --> non è più utile quell’ espressività del carattere, anziè dannoso a noi stessi. Il fatto che non riusciamo a controllare il tratto significa che siparla di patologia e on più un tratto fisiologico. Questo è il disturbo di personalità. )come si classificano? Classe (cluster) significa categoria. Ci sono tre categorie che ilDMS IV ha classificato per caratteristiche:

1. Gruppo (cluster) a: individui che appaiono strani o eccentrici. Emergeeccentricitàestroversione eccentrica

2. Gruppo (cluster) b: individui che appaiono emotivi o imprevedibili, tendentiall’esasperazione drammatica (tendenza intrapsichica) introversionemelanconica

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3. Gruppo (cluster) c: individui che appaiono ansiosi o paurosi, trattoinibidico,introversione fobica.

Cluster a  disturbo schizoide di personalità. Schizoide significa persone cheappaiono come fredde e distaccate, iper-razionali, eccessivamente logiche. Freddezza

e distacco si manifestano laddove c’è un coinvolgimento emotivo in prima persona.Emerge il bisogno di essere distanti e non essere coinvolti. Sono individui che se sicrea un rapporto troppo stretto, recintano il proprio io per paura di essere invasi edessere coinvolti. Diventa disturbo di personalità perché tenderanno ad avere unatteggiamento di difesa e isolamento perché animati dalla paura di essereeccessivamente coinvolti. Tendono ad avere un atteggiamento di chiusura e diisolamento, molto pervasiva perché abbraccia tutto lo scibile della quotidianità diquesti soggetti. Sono persone che in contesto sociale, sono solitari e nel momento incui si tende a coinvolgerli, tendono a sviarsi, e a rimanere soli, non perché hannoproblemi di comunicazione ma perché non vogliono essere coinvolti. Dimostrano tratti

d’insicurezza interna che però non possono fare emergere all’esterno. Sono soggettiipercritici nei confronti degli altri. Emettono giudizi sentenze e condanne a secondadelle situazioni dovute alla loro incapacità di relazionarsi. Qui è abbastanza forte ladinamica, la dimensione della sospettosità. Di fondo evitano di essere coinvolti proprioperché sospettano che qualcosa sia diretto contro di loro preferiscono l’isolamento alcoinvolgimento.

Cluster b comprende una disfunzione intrapsichico a differenza dello schizoide cheè più evidente. Qui la diagnosi è più difficile perché siamo su un versante intra-emotivo.

• Presenta disturbo antisociale di personalità è un tratto pervasivo diinosservanza, di violazione dei diritti degli altri ( significa che con la relazionesin da piccoli s’impara che ci sono regole di convivenza reciproca, abbiamolibertà di esprimere le nostre esigenze e bisogni a patto che non intacchi leesigenze altrui. Ad esempio se ho un impulso rabbioso verso una persona e ilmio istinto è di dargli un pugno, io so che questo è un comportamentosconveniente. Sono ragazzi che di fronte alla regola, hanno reazioni opposte,vivono cioè la regola non come un qualcosa di essenziale e di logico, ma lavivono come una sorta di ostilità nei loro confronti, al punto tale che c’è unareazione immediata. Esempio, sono ragazzi che devono mettersi il casco sul

motorino e non lo fanno, se vengono fermati dal vigile perchè hannocommesso qualche infrazione, loro non hanno questa consapevolezza e loaggrediscono. Un soggetto normale interiorizza la regola, chi ha questodisturbo, no perché salta la consapevolezza dell’interiorizzazione dellaregola), si manifesta nella pre-adolescenza e continua stabile a causa dellarigidità del tratto. Il quadro di inosservanza diagnostica è caratterizzato dadiversi elementi:

○ incapacità di conformarsi alle norme sociale per ciò che concerne ilcomportamento legale (esempio, oltraggio a pubblico ufficiale),

○ disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi o truffare gli

altri ripetutamente solo per ottenere un proprio tornaconto personalee ottenere cioè un piacere o un profitto personale (guidati solo perottenere un soddisfacimento dei propri impulsi personali),

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○ impulsività o incapacità di pianificare ( se l’impulsività è costante,senza il filtro della razionalità, viene meno la capacità intellettiva dipensare alla conseguenza e al rischio della nostra condotta. È normalee fisiologico avere un impulso negativo, ma è anche normale chesubito dopo scatta il ragionamento, cosa succede se do vita

all’impulso in questo momento?. La logica frena le impulsività),○ irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici

ripetuti, questo sarà il comportamento pervasivo e costante di questiragazzi (ad esempio gli ultras degli stadi), è come se avessero bisognodi scaricare quest’impulsività negativa che hanno dentro,

○ inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri (adesempio le stragi del sabato sera, i ragazzi s’impasticcano e bevonosapendo che poi dovranno guidare. Quanto c’è di sfida in tuttoquesto? Molto spesso è proprio la sfida che motiva i ragazzi che hannoun disturbo di personalità così come lo abbiamo definito. Se la regola

è che non si deve guidare in stato di ebbrezza, tanto più io mi divertoa sovvertire questa regola solo per il gusto della sfida),

○ irresponsabilità abituale di sostenere una certa attività continuativa,○ fondamentale è poi la mancanza di rimorso (assenza di

consapevolezza) significa che l’inosservanza di regole è, per questiragazzi un comportamento normale e anche giusto.

• Disturbo borderline di personalità è una modalità pervasiva diinstabilità di relazioni interpersonali, una marcata impulsività che ancora unavolta inizia nell’età puberale e si mantiene per tutta la vita. Parliamo di

instabilità affettiva interna e di un’impulsività auto diretta (diretta verso sestessi). Consiste in * sforzi disperati di evitare un reale o immaginarioabbandono. L’atteggiamento è di attivare una serie di modalità operativeche consiste nell’evitare di essere esclusi. Vivono in maniera disperata lasola idea dell’esclusione e abbandono. La conseguenza è di legarsi inmaniera tenace e spasmodica in relazioni che il soggetta considerasignificative e vitali per la sua vita. È come se il soggetto borderline annullatutti i presupposti per quel tipo di legame, ma è motivato solo dall’idea chequella persona non deve mai abbandonarlo anche se magari il suocomportamento sia mortificante ed umiliante per il soggetto disturbato.

Perché se si perde questo legame si è disperati. Perché instabilità? Perchéogni volta che il borderline instaura un rapporto, questo rapporto è vissutocome unico, esclusivo, di vitale importanza.

○ Prevale di più il bisogno del legame, piuttosto che la relazione in sé equindi si è disposti ad una serie di umiliazioni purché il legamerimanga in piedi.

○ questo forte attaccamento porta ad una iperidealizzazione e unasvalutazione.

○ inevitabilmente si verifica una perdita della nostra immagine, è comese proiettassimo sull’altro, la valorizzazione di noi. Annulliamo la

nostra identità e la viviamo in quella dell’altra persona.○ quando poi viene meno la relazione, succede che viene meno

l’impulsività auto lesiva piuttosto che diretta verso l’esterno. Vengono

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messe in pratica situazioni particolari come ad esempio spenderesesso anche con più partner, vanno facilmente incontro atossicodipendenza o abuso di sostanze, ma soprattutto leborderline( questo disturbo è più diffuso nel sesso femminile che inquello maschile) hanno facilmente la tendenza ad auto mutilarsi

come se si sentissero responsabili nell’incapacità di continuare amantenere in piedi quel tipo di rapporto o relazione,

○ c’è poi un sentimento cronico di vuoto, significa che non c’è nelladimensione interna delle borderline che le possa soddisfare, non c’ènulla per cui valga la pena di lottare. A volte nei borderline (significaconfine, limite perché in psichiatria si è pensato che il borderline fosseun soggetto con psicosi) si può andare incontro ad idee deliranti fino afenomeni di tipo allucinatorio. Ci sono manifestazioni di tipo nevrotico,ma anche situazioni di psicosi. Il tasso suicidario è più altro rispettoagli altri disturbi di personalità, che può essere indotto anche al

concomitante uso di sostanze stupefacenti o tossiche o alcoliche.• Disturbo narcisistico di personalità  la caratteristica essenziale è un

quadro pervasivo (costante) di grandiosità, necessità di ammirazione emancanza di empatia( vanno insieme questi aspetti, perché l’unico scopo delnarcisista è di mostrare le sue competenze che non sono limitate a un settorespecifico ama a competenze generalizzate. Il bisogno di quest’onniscienza portaad un distacco relazionale e dunque di stringere un rapporto coi pari e comportauna mancanza di empatia, non ascolta cioè più i bisogni altrui perché da ascoltoalla sola compiacenza di se stesso) che comincia entro la prima età adulta ed èpresente in una varietà di contesti. Si struttura come disturbo perché c’è

l’elemento della disfunzionalità, non è solo un fatto di disturbo per gli altri, manon è proficuo neanche per l’individuo stesso. Elementi caratteristici:

1. Senso grandioso d’importanza --> tendenza ad essere sempre alcentro dell’attenzione. L’impulsività e l’aggressività emerge nel momentoin cui non vengono riconosciute queste caratteristiche di grandiosità deisoggetti. Il soggetto esprime rabbia e ribellione;

2. Il mondo culturale di questi soggetti consta di fantasie illimitate,tutto è spinto all’ennesima potenza: fascino potere, amore ideale;

3. Crede di essere “speciale”, cioè unico, e di dover frequentare e poteressere capito solo da persone speciali o di classe elevata. Tutto è spinto

ad un’idea di megalomania ed unicità4. Richiede eccessiva ammirazione da parte degli altri (esempio Vittorio

Sgarbi);5. Ha la sensazione che tutto gli sia dovuto, ha cioè un’”irragionevole”

aspettativa di trattamenti di favore e trattamenti di favore;6. Qual è il rovescio della medaglia che crea un disagio agli altri?

L’incapacità di ascoltare i bisogni e le affermazioni altri, anzi gli altridevono essere soltanto usati perché si tratta di pedine che io narcisistadevo usare per sfruttare e arrivare alla mia superiorità. C’è sempre unritorno all’immagine di se stessi.

Hanno costantemente bisogno di qualcuno che rafforzi la propriaimmagine nel mondo. Un po’ come Narciso che aveva bisogno di

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specchiarsi continuamente. Si approfitta cioè degli altri per i propriscopi;

7. Manca dunque l’empatia;8. È spesso invidioso degli altri o crede che gli altri lo invidino;9. Mostra atteggiamenti o comportamenti arroganti e presuntuosi,

scarsa relazione dunque.Manifestazioni e disturbi associati: la vulnerabilità dell’autostimarende gli individui affetti da questo tipo di disturbo della personalità,molto sensibili alle “ferite” dovute alle critiche o alla frustrazione.

Cluster c  comprende il :

• disturbo dipendente di personalità: necessità pervasiva ed eccessiva diessere accuditi che determina un comportamento sottomesso e dipendente daltimore della separazione (se ho questo atteggiamento, io con questa persona esituazione, genero una situazione di tipo dipendente, perché quella è la forma diaccadimento. Dipendo fino alla sottomissione perché ho paura di poter perderee di separarmi dalla persona o dalla situazione. Chi ha un comportamento ditipo dipendente e si lega in maniera morbosa e passiva fino al punto di poteraccettare tutto, crea nell’altro un sentimento di responsabilità e di colpa. Se soche una persona è particolarmente dipendente dal mio comportamento, checondiziono il suo comportamento, mi assumo a carico la sua persona einevitabilmente un senso di colpa. Ad esempio, se mi lasci, io mi butto giù).

○ Si hanno difficoltà a prendere decisioni quotidiane (la persona da cuidipendo, farà sicuramente la scelta migliore per me, quindi delego tuttele decisioni a questa persona);

○ C’è bisogno quindi che gli altri si assumano la responsabilità;○ Per la paura di perdere supporto e approvazione, questi soggetti

presenteranno una difficoltà ad esprimere disaccordo con gli altri○ Si perde la capacità di formulare progetti autonomi (livello di stima

personale molto basso, non c’è una capacità di auto valorizzazione);○ Può giungere ad arrivare ad essere anche uno zerbino (condizione di

totale passività) pur di essere accudito;○ Quando termina una relazione stretta, è alla ricerca di un’altra relazione

attuando sempre le stesse modalità perché subentra un qualcosa di

pervasivo e patologico;• disturbo evitante di personalità• disturbo ossessivo - compulsivo di personalità --> le caratteristiche

fondamentali che fanno parte di questo tratto del temperamento:○ Eccessivo controllo della situazione○ Preoccupazione per l’ordine e disposizione (perfezionismo)○ Ordine mentale e interpersonale.

Questo sottende una continua verifica e una difficoltà alla delega:“atteggiamento di ipervigilanza”. L’ossessivo pensa che quello che lui fa,nessunaltro potrà farlo, cioè non può essere sostituito. Un soggetto normale, invecepensa che “nessuno è indispensabile”. Chi è affetto di questo tratto, manca di“flessibilità” , a differenza del borderline, qui siamo dinnanzi ad un individuorigido, fermo e dunque i movimenti sono prevedibili. (controllo mentale

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comporta una rigidità del tratto). Questo è un tratto che possiamo averenormalmente. Quando però si perde la “capacità del’essenzialità” cioè diventa

 più importante l’ordine di mantenere certe cose, a spese dell’efficienza, diventa

un tratto patologico. ( ad esempio, ho in ordine tutti i cd sulla scrivania, nonposso andare a vedere in ogni momento della giornata se i cd sono in ordine,

perché a questo punto subentra un qualcosa di patologico). Questa situazione dicontrollo mentale è presente in una varietà di contesti indicati da vari elementi:

1. Attenzione per i dettagli, le regole, le liste, l’ordine el’organizzazione o gli schemi, al punto che va perduto lo scopoprincipale dell’attività;

2. Mostra un perfezionismo che interferisce nel completamento deicompiti perché non risultano soddisfatti i suoi standard oltremodo rigidi(se gli elementi forniti non corrispondono ad un ordine mentale, pursapendo come fare, non riesce a portare a termine l’obiettivo perché non

ci sono gli elementi che rispettano il suo personale ordine mentale);3. Si tratta di bambini superdiligenti e super scrupoloso, ma lo fannoe lo sono in maniera pedante, cioè in maniera eccessivamente pesante erigorosa in tutte le loro attività (pervasività del disturbo) e sono inflessibiliin tema di moralità;

4. Mostra un “collezionismo esasperato”, c’è cioè un’incapacità dibuttare via oggetti consumati o di nessun valore, perché c’è l’idea chepossono tornare utili e quindi servile. Questo perché buttare significauscire fuori dal programma che l’ossessivo deve compulsamente seguiree quindi non può cambiare e buttare.

5. Adotta una modalità di spesa improntata all’avarizia (il denaroviene visto come qualcosa da accumulare in vista di catastrofi future);6. È riluttante nel delegare compiti o lavorare con altri (a meno che

gli altri non si sottomettano alle sue regole)7. Manifesta rigidità e testardaggine nel rapporto relazionale. Anche

di fronte l’evidenza di un ragionamento collettivo, l’ossessivo mantieneferme le sue opinioni. Questo fa sì che rende prevedibile le sue azioni.

NEVROSI DI PERSONALITA’ EVOLUTIVA

Quando da un punto di vista abbiamo a che fare con emozioni, facciamo una prima

valutazione che è

• “valutativa”, cioè elaboriamo una stima della valenza di uno stilo, checorrisponde ad una fase <<appetitiva o avversativa>> a seconda se lo stimoloesterno è piacevole e gratificante o meno. A seconda della stima, che èindividuale, elaboriamo internamente un’elaborazione valutativa buona ocattiva dello stimolo esterno ed affronteremo in maniera tranquilla unasituazione se lo stimolo è appetitivo o in maniera tensiva se invece lo stimolo èavversativo;

• poi c’è l’elaborazione “espressiva”, cioè nel momento in cui attiviamo questa

valutazione automatica, attiviamo una serie di meccanismi interni (ormonali,celebrali del sistema nervoso autonomo(sudorazione, andare in bagno)si trattadi manifestazioni endocrine autonimiche e comportamentali della rispostaemotiva );

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• infine dopo tutto questo rimane una traccia dello stimolo, si tratta diun’elaborazione “esperienziale”, si tratta cioè del vissuto soggettivo cheaccompagna la risposta allo stimolo.

Per fare tutto questo, ossia selezionare la risposta in base allo stimolo referenziale,

dobbiamo servirci di “sistemi neurobiologici complessi” per ottenere l’output, cioèla risposta finale che serve a:

• ottimizzare il comportamento• prevenire la ripetitività dello stimolo• modulare le nostre risposte (modulare cioè i comportamenti disadattativi)

Dietro tutto quello detto c’è un meccanismo funzionale. A tal proposito il cervello èstato sezionato in tre parti:

1. razionale (è la parte della corteccia) che filogeneticamente è la più evoluta, è

la sede razionale e logica, è questa che di differenzia dagli altri esseri animali2. emotivo (è la parte del sistema limbico) attraverso questo sistema, abbiamo unbagaglio di emozioni, motivazioni e memoria emotiva. Ciò che differenzial’uomo dagli animali è che negli animali il sistema limbico parte in automaticomentre nell’uomo è modulato dalla corteccia cioè dalla ragione. La risposta ègraduata in maniera diversa grazie a comportamenti intermedi

3. omeostatico (è la parte del tronco encefalo) è la parte in cui abbiamo unaregolazione dei meccanismi fisiologici (attività sessuale, fame, sonno, insommadi tutti i processi fisiologici fondamentali).

Cosa significa questo? Scientificamente si è dimostrato che quanto più abbiamosollecitazioni esterne ambientali (allargare bagaglio esperienziale) più il nostrocervello di fortifica e produce maggiore conoscenza ed una maggiore densità diconnessioni sinaptiche (contatti delle cellule). Prima si pensava che il cervello fossestatico, oggi invece si sa che è flessibile.

Processazione degli stimoli pericolosi: che succede quando abbiamo uno stimoloesperienziale?Partiamo dallo stimolo pericoloso, facciamo l’esempio che stiamocamminando e ci troviamo un cane di fronte che è libero. Quando ci fermiamo difronte al cane, attiviamo una serie di meccanismi. La prima operazione che facciamo,dipende dal talamo, che è una parte molto ambita del nostro cervello, che fa partire

uno stimolo che ci dice di fare attenzione. Quindi la prima cosa che scatta dentro dinoi è una sorta di campanello d’allarme. Per cui noi ci blocchiamo rispetto a quellostimolo che può essere pericoloso, però la risposta del talamo finisce lì. Ecco perché,l’uomo a differenza di altre specie animali è capace poi di elaborare quella risposta. Iltalamo si ferma a questo, cioè la parte limbica ci dice che questo è una situazionerischiosa e pericolosa. Dopodiché lo stimolo rapidamente passa a quest’altra strutturalimbica, la famosa amigdala, che istintivamente (cioè non filtrata dalla ragione), ci dicese lo stimolo arrivato dal talamo è positivo o negativo. Sulla base di questo possiamoavere immediatamente una risposta (ad esempio possiamo scappare o cambiarestrada). Se noi ci fermiamo al primo circuito, facciamo esattamente quello che fanno

gli animali che noi consideriamo inferiori: stimolo di pericolo situazione di allerta credo che non sia una cosa “emotivamente” buona mi allontano dallo stimolo. Noiabbiamo però la corteccia, per cui questo stimolo che noi avvertiamo istintivamente

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pericoloso, non si ferma solo a questa via così breve, ma manda un altro stimolo, unaltro impulso, alla corteccia. Il fatto che arrivi un altro impulso alla corteccia, cipermette di fare un’operazione differente e decisamente più importante dal punto divista qualitativo. E cioè, noi possiamo fermarci di fronte a questo cane e pensare atutta una serie di cose (sta da solo, sta scodinzolando, ha il pelo che non è irto)cioè

tutta una serie di ampi messaggi che noi facciamo razionalmente e che ci permetto dinon avere anche una risposta avversativa. Cioè noi possiamo valutare sulla base diampie caratteristiche qualitative, che ad esempio quello stimolo poi non è veramentepericoloso, per cui possiamo continuare a camminare. Quando diamo queste altretonalità e qualità allo stimolo, e quando usiamo una strategia per superare l’ostacoloed andare avanti, noi attiviamo la corteccia celebrale. Quindi non abbiamo soltanto larisposta breve, ma anche una risposta più elaborata e sulla base anche di esperienzeprecedenti, che possiamo o meno attivare quel tipo di comportamento, perché quelcomportamento che abbiamo adottato, in precedenza e che abbiamo razionalizzato equindi metabolizzato, ci è servito per affrontare quella situazione.

Corteccia celebrale consapevolezza

Via ippocampo(memoria emotiva) lenta

Talamo “fare attenzione” via rapida   amigdala è “buona o cattiva” assenzadi consapevolezza

  Stimolo pericoloso Risposta avversiva

  Tutto questo rientra nel nostro comportamento normale, quotidiano, rispetto allasensazione di pericolo. Questo è quanto avviene nel nostro cervello nel momento incui riteniamo di dover affrontare una situazione pericolosa. Quando parliamo di

corteccia frontale parliamo anche di umore, perché dalla parte esperienziale e dallaparte inferiore arrivano alla corteccia una serie di input che vanno a modulare il nostroumore. Cioè il nostro stato d’animo è condizionato da queste continua alternanze disituazioni piacevoli, situazioni di rischio, situazioni gratificanti e situazioni avversative.Se è vero tutto quello che abbiamo detto a proposito degli stimoli esperienziali,c’èanche un corrispettivo biologico ed ormonale. E cioè quando l’esperienza è forte, ilsistema limbico si attiva, in particolar modo l’amigdala e c’è una scarica di adrenalina.Il secondo aspetto sono le esperienze terrorizzanti ripetute. Mentre normalmentel’esperienza attiva subito l’amigdala e quindi l’adrenalina, quando le esperienze sonotraumatiche e soprattutto ripetute (abuso, degratificazione costante), non si attiva più

l’amigdala ma si attiva il “cortisolo” che ci permette di superare quel momento, ècome se il bambino non avesse più la sensazione e la senilizzazione della paura.Viceversa l’attacco di panico, se è vero che c’è una ordinazione di risposta, per cui lo

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stimolo esterno è uno stimolo che avvertiamo come minaccioso (ad esempio chi hapaura di prendere l’aereo)l’elaborazione della stima del pericolo è di tipo negativo. Siattiva l’amigdala e manda il messaggio al cervello che risponde, quindi la personadeciderà se prendere o meno l’aereo oppure di farsi aiutare ecc .. questo nellanormalità. Ma se l’amigdala è iperattiva e non c’è più ordinazione nel cervello, scatta

l’attacco di panico, cioè un’incoordinazione di stimoli tra strutture sottostantiiperstimolate (stimolo esperienziale esterno valutato cm minaccioso, è talmenteintenso che l’impulso che arriva all’amigdala è plurimo e la corteccia che riceve questistimoli n ha tempo di vagliare e il fatto che si sconnettano questi stimoli, fa si che lacorteccia n mantenga la situazione e che prevalga la fobia,l’attacco di panico).

Ansia di separazione  modi di presentazione dell’ansia da separazione. Quando ci dobbiamo separare da una figura di riferimento si

avverte una sensazione di disagio, di malessere, di sovversione di qualcosa dentro dilui perché cambia la sua realtà. Il bambino comincia quindi a piangere, ad esasperare

il suo comportamento finché non capisce che poi c’è il ritorno della madre. Questoavviene normalmente. Quanto tutto questo salta, c’è la famosa incoordinazione,abbiamo invece: malessere eccessivo in occasione di allontanamento (il bambinoall’idea dell’allontanamento entra in panico, situazione eccessiva); fino ad elaborareuna serie di meccanismi mentali pessimistici (morte o eventi drammatici); fino anche apensare che questo tipo di paura che avverte, significa anche perdere se stesso(paura di smarrirsi, paura di non avere orientamenti ben precisi, essere rapito);arrivaanche a rifiutarsi di allontanarsi dall’ambiente a lui più familiare (si rifiuta di andare ascuola ad esempio); persistente ed eccessiva paura di andare a dormire senza avere afianco un genitore o fuori casa.

Sindromi nevrotiche:

• fobiche• ansiose• ossessivo-compulsive• nevrastenie• reattive a stress• somatoformi (riguardano le manifestazioni corporee dell’ansia)• dissociative da conversione• depersonalizzazione/de realizzazione (il soggetto perde consapevolezza della

propria identità)

Per tutte c’è la presenza di difese abbastanza adattative, sono spesso reattive asituazioni e/o esperienze significative. Significa che non tutte le esperienze stressanticomportano una situazione di nevrosi ovviamente. Però che molto più facile che lìdove c’è un terreno favorevole a sviluppare un nevrosi di tipo ansioso, basta unsemplice stimolo esperienziale negativo che funge da fattore scatenante per

scatenare una vera e propria situazione patologica. Molto spesso riusciamo a ritrovaredelle situazioni specifiche che sono degli stimoli adeguati,ma non la causa, per poterscatenare la situazione clinica fino a una vera e propria patologia. Quando parliamo

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di sintomi nevrotici? L’ansia di per sé non è una patologia, ma lo diventa inmomenti evolutivi differenti da quelli nei quali sono adeguati segni di crescita e dicambiamento e sono:

• allarmanti per il contesto del bambino

• invasivi• persistenti e duraturi

Che cosa significa? Significa che invadono un po’ tutto il suo stato di coscienza per cuil’atteggiamento del bambino sarà costantemente e quotidianamente in uno stato diallarme familiare che inevitabilmente porta d una richiesta d’aiuto da parte di unesperto. Le sindromi nevrotiche, hanno la presenza contemporanea di:

• passare attraverso un conflitto senza evitarlo• incapacità del soggetto di affrontare e risolvere il conflitto in maniera adattativa

La condizione del conflitto non risolto, genera una condizione di sofferenza psichica, insenso lato, una condizione di ansia. L’ansia, collegata alla sofferenza psichica,generata dal conflitto non risolto, può essere tenuta a bada, attraverso la messa inatto di “meccanismi di difesa”, cioè strategie più o meno adattative, attraverso lequali è possibile padroneggiare l’ansia derivata dalla condizione di questo conflittopsichico.

Qual è la base della nevrosi ansiosa? La base eziologica (patogenetica) può essere:

• Teoria psicoanalitica  un disturbo nel quale i sintomi sono l’espressionesimbolica di un conflitto psichico inconscio che trova le sue radici nell’infanzia

del soggetto e che costituiscono un compromesso tra il desiderio e le difese chesi oppongono alla sua realizzazione

• Teoria comportamentale  disturbo dell’apprendimento a livello cognitivo; isintomi sono considerati dei meccanismi di evitamento innescati da segnali dipericolo

• Teoria relazionale  risultato di un’alterata interazione relazionale• Teoria neurobiologica  iperattività noradrenergica connessa con il sistema

limbico

Parliamo ora delle singole nevrosi. Questa vecchia definizione di nevrosi isterica,

corrisponde un po’ a quello che è il retaggio dell’epoca freudiana. Fu Freud il primo aparlare d’isteria. Il termine è di derivazione greca e significa utero, tant’è vero cheoggi si parla di temperamento uterino proprio perché è stato ed è ancora più presentenel sesso femminile che in quello maschile. Oggi più che di nervosi isterica si parla dinervosi o di ansia da conversione, è come se i sintomi dell’ansia  venisseroconvertiti. Cioè il vissuto d’ansia viene convertito in sintomo somatico, tant’è vero chesi parla di somatizzazioni, cioè la conversione di un vissuto interno ansioso a livellocorporeo. Per cui il soggetto non riferirà l’ansia o la tensione interna, ma tutta unaserie di sintomi fisici (dalla sensazione di svenimento alle vertigini per esempio). Qualisono le caratteristiche per poter dire, che un tipo di ansia somatica non la possiamo

far risalire ad una nevrosi isterica? L’atteggiamento innanzitutto della ragazza che èespresso in termini si seduttività (intesa però non solo come noi la intendiamo da unpunto di vista erotico, ma anche da un punto di vista relazionale, cioè fare in modo

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che tutti gli occhi delle persone siano concentrate su di lei). Se l’elemento centraledell’isteria è la teatralità, è chiaro che anche i sintomi che si manifestano nel soggetto,sono improntati alla teatralità. Per teatralità intendiamo che il soggetto davveroavverte i sintomi, però utilizza un eccessivo comportamento per attirare l’attenzione.<<Il nucleo di fondo dell’isteria è l’apparire e il mettere in atto una serie di

meccanismi finalizzati all’attenzione contestuale.>> più è eclatante il sintomo(svenire, crisi epilettica, simulazione anche di ictus)maggiore vorranno l’attenzione suse stessi. L’apparente seduttività e quindi l’apparente iper-affettività che mostral’isterica, non è un’affettività reale, nel senso che non è autentica, ma è unostrumento utilizzato per fare in modo che ci sia un’attenzione intorno a lei. I rapportipersonali sono effimeri e superficiali. Non sono improntati sulla durata e sull’intensitàdel rapporto in sé perché è basato sull’apparire e dura finché c’è un riscontro positivoda parte dell’isterica. Da un punto di vista emotivo, si tratta di ragazze che presentanoanche una grossa immaturità; può capitare che volano spesso in una fantasia iper-esagerata sulla sopravalutazione di se stesse.

Quando cominciano a comparire i sintomi nell’isteria? Compaiono quando vienemeno quest’effetto calamita, quando cioè c’è un momento in cui l’isterica comincia aperdere il potere sulle situazioni e sulle relazioni, e quindi cominciano a comparire leprime manifestazioni depressive, o le manifestazioni ansiose come dicevamoprecedentemente (diversi sintomi che in realtà sono apparenti). Tutto ciò non significache sono delle simulatrici, quando diciamo che adottano strategie, non attuanostrategie razionali, è un fatto inconscio ed istintivo perché il loro vissuto e la lorofinalità è di essere considerate costantemente. La situazione nervosa si converte inuna serie di somatizzazioni fisiche qualora non vi è più la presa di considerazione da

parte degli altri. È facile quindi che i soggetti cominciano a lamentarsi di una serie disintomi constanti e penosi, ad esempio la “cefalea muscolo tensiva”, (è come semandassero in tensione la muscolatura del capo), “dolori psicogeni” (dolori nongiustificati da una situazione fisica, cioè il mal di schiena non è giustificato per unosforzo, in realtà la sensazione dolorosa l’avvertono ma non c’è un correlato neorganico ne anatomico), “tremori”.

Qual è la differenza tra un disturbo di personalità ossessiva e una nevrosiossessiva? È che mentre lì stiamo parlando di un tratta anomalo che, come dicevamonei disturbi di personalità, s’impone rispetto agli altri ma è un tratto con cui il soggettoconvive, e quindi guida sicuramente il suo comportamento, qui stiamo parlando di una

distrazione chiaramente patologica con cui il soggetto non riesce più a convivere, adifferenza del disturbo di personalità, ma che diventa un elemento di forte disagiopersonale e relazionale. In altre parole … <<mentre nel disturbo di personalitàossessiva si tratta di un tratto prevalente che in qualche modo annulla glialtri e con cui fa i conti il soggetto stesso perché ne è consapevole, qui nellanevrosi ossessiva, la presenza di idee ossessive cioè ripetutamente presentinel suo stato di coscienza, fa sì che il soggetto viva penosamente tutte lesue giornate.>> Perché le vive penosamente? Perché quest’idea continua eossessiva, è una sorta di tarlo che s’instaura nei circuiti cerebrali del soggetto, di cui ilsoggetto stesso vorrebbe liberarsi ma non ne ha la forza di farlo. Quindi è una sorta di

parassita (tant’è vero che si parla anche di idee parassite nell’ossessivo)che comeogni parassita si nutre della forza psichica del soggetto. S’impongono con caratteri diautomatismo ed iperattività incoercibile. La tipica idea di un ossessivo affetto da

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nevrosi ossessiva, è quella per esempio dello sporco. Il concetto è che <<l’ideas’insinua in maniera talmente forte da costringere il soggetto a fare dellecose>>. È chiaro che nasce dell’interno, da se stesso, però è un elemento che ilsoggetto avverte poi come coercitivo, come obbligatorio e quindi come parassita inquesto caso. Dicevamo … la paura dello sporco induce il soggetto, ad esempio, a

lavarsi continuamente, a usare continuamente l’alcool, fino addirittura a consumarsiproprio i polpastrelli (molto spesso, se vediamo le mani di un ossessivo con atticompulsivi, noteremo che avrà la pelle consumata, proprio perché è costretto daquesta sua idea interna di essere contaminato a lavarsi continuamente. Si tratta si unasorta di meccanismo coattivo ripetitivo che non ha una finalità efficace, serve solo asoddisfare se stessi. Le compulsioni sono le traduzioni dei pensieri, cioè nel momentoin cui l’ossessivo comincia a pensare a delle idee che s’impongono, che siautoalimentano ecc … deve poi tradurle in azioni, per cui i “rituali corrispondonoalle compulsioni” perché se non fa quelle determinate cose, sale il suo livellod’angoscia. Il soggetto è quindi costretto dai suoi pensieri e dalle sue angosce, a fare

quel tipo di azioni ripetitive.

Per sommi capi delle fobie abbiamo già parlato, si tratta di paure patologichespecifiche cristallizzate intorno ad un oggetto e ad una situazione che il soggettotende ad evitare in ogni modo. Che significa paure patologiche? La paura è unsentimento fisiologico, normale e produttivo (avere paura di un rischio è utile proprioper una questione di sopravvivenza). Qui stiamo parlando invece di una situazione chenormalmente le persone affrontano, e che non hanno la valenza di minaccia (questo èl’elemento differenziale)ma che diventano ugualmente fonte di rischio per il soggetto:paura di morire. Stiamo parlando di una fobia patologica che non è utile né produttiva,

al punto tale che il soggetto tende ad evitare quella situazione. Questo è un elementoimportante perché una situazione che normalmente si affronta nella giornata diventauna fonte di pericolo che induce il soggetto ad evitare quella certa situazione. Se peròil soggetto struttura una nevrosi fobica, quindi una fobia patologica, tenderàinevitabilmente ad evitare tutte quelle situazioni che lui avverte come rischiose. Percui se all’inizio la paura può essere soltanto quella di prendere l’aereo, e quindi sievita questo tipo di situazione, pian piano la paura si allarga (paura di andare inmacchina, in un luogo affollato … ) tutto questo andrà ad intaccare la qualità della vitadel soggetto e quindi tenderà all’isolamento.

Fobie semplici: sono legate ad una situazione particolare. Quando si ha una paura

eccessiva si parla di fobie complesse. Le semplici possono essere legate ad unpensiero, una situazione, un contesto (acrofobia:paura di luoghi elevati, ad esempioprendere l’aereo) frequente è la claustrofobia (paura di spazi chiusi bui o angusti, adesempio l’ascensore o una mansarda molto bassa)frequente è anche l’intensapreoccupazione per un difetto più o meno immaginario del proprio aspetto fisico(dismorfofobia) presente nella mentalità adolescenziale, può essere un inizio di psicosiperché il soggetto comincia a sentirsi dissociato dall’immagine di se stesso. Quando ilsoggetto è esposto allo stimolo fobico diventa estremamente impaurito.

Disturbo post traumatico da stress: per trauma s’intende un evento improvviso

( qualcosa d’inaspettato e subitaneo tale da lasciare inerte e disorientato il soggettodal punto di vista materiale o psicologico: lutto, incidente, delusione d’amore) che

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induce nel soggetto una condizione di terrore e di impotenza reale, per cui le suenormali barriere difensive perdono la loro efficacia. Ci sono due tipi di traumi:

1. Tipo I: traumi singoli evento singolo non previsto che accade (incidente,terremoto, alluvioni) che determina una situazione di allarme acuto nel soggetto

che è impreparato alla situazione improvvisa. Caratteristica è l’attivazione, cioèrispetto al trauma attiviamo il sistema nervoso simpatico, cioè la scarica diadrenalina per mantenere uno stato di allerta per attivare tutti i nostri sensi perreagire, poi c’è la reviviscenza, cioè il rivivere a distanza di tempo il vissutoemotivo esperienziale dell’evento (ciò scatena una sintomatologia ansiogenaanche superiore al momento stesso del trauma).

2. Tipo II traumi multipli o/e prolungato nel tempo  ad esempio situazionifamiliari in cui i bambini vivono meccanismo di punizione o rigidità eccessivacontinue (maltrattamenti) caratteristica è l’evitamento perché si tende adallontanarsi dall’evento, poi c’è l’intorpidimento vale a dire una condizione in

cui i bambini tendono a negare l’accaduto e preferiscono come unica edestrema diversa quella di ovattare l’accaduto piuttosto che vivere la situazionedi per sé.

Quando parliamo di stress intendiamo reazioni acute che durano poche ore e sonoimmediatamente successive all’evento traumatico:

• Amnesie circoscritte• Obnubilamento della coscienza• Fuga, ansia, irritabilità

Queste sono reazioni di durata maggiore ma che si risolvono entro 6 mesi dall’eventotraumatico.

Quale potrebbe essere un trauma? Perdite o lutti di figure di riferimento come genitori,fratelli ecc … situazioni di maltrattamento e/o abuso extra-intra familiare subiti e/oassistiti da parte del soggetto; situazioni conseguenti ed eventi collettivi come adesempio una catastrofe naturale.

Sindrome nevrotiche particolari:

• Sindromi da disadattamento: (dobbiamo circoscrivere la portata del trauma

perché non siamo preparati all’evento e abbiamo bisogno di creare unadattamento interno). Può insorgere in seguito ad un evento scatenante che,però, non è di portata tale da giustificare una reazione del soggetto. Quali sono isintomi? Il soggetto tende a chiudersi in se stesso, ad essere ansioso e fobico,quindi presenta sintomi depressivi, ansiosi e comportamentali. Lasintomatologia si risolve in alcuni mesi senza produrre modificazionisignificative e stabili della personalità. Molto spesso succede che i sintomiinsorgono in modo non immediato rispetto all’eventuale evento scatenante.

• Sindrome da depersonalizzazione-derealizzazione: a seconda del soggettoe dell’età i sintomi post traumatici possono essere diversi. Sono importanti nelle

fasi di crescita evolutive soprattutto quando c’è un’assenza di figureidentificatorie sostitutive (ad esempio i bambini che vengono adottati), equando c’è l’attaccamento e l’investimento di figure esterne. In questo caso i

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sintomi possono essere manifestati soprattutto a livello fisico-corporeo, sonobambini che non riescono a riferire il vuoto esistenziale e di angoscia, ma lodimostra attraverso sintomi diversi quali vomito, mal di testa, risvegli notturniterrifici che sono continui.

• Sindromi somatoformi: presenza prolungata di espressioni patologiche a

livello somatico a carico di diversi apparati, con o senza preoccupazioniassociate per il proprio stato di salute. Questi, chiamiamoli disturbipsicosomatici, sono patologie che spesso vengono segnalate attraverso il corpoe i disagi che manifesta. C’è bisogno di un salto di livello dei medici perché èfacile che si cada nell’errore di attivare procedure che alimentano il disagio delbambino. La difficoltà della presa in carico riguarda la necessità di uncambiamento di registro per il soggetto e la famiglia: dal corpo alla psiche.

DISTURBI DELL’ANOMALIA DELLE CONDOTTE(Disturbi dell’umore nell’infanzia.)

Questi disturbi si caratterizzano per l’associazione di alterazioni specifichedell’umore(affettività) in cui non c’è solo la depressione ma anche altri sintomi comead esempio il disadattamento e la disfunzione sia nella sfera personale sia in quellosociale). Parliamo quindi anche di alterazioni del modo di sentire (compromissione cioèdel’adattamento socio-relazionale). Si parla di spettro per indicare una serie divarietà di disturbi e alterazioni dell’umore che vanno dalla depressione maggiore (piùfrequente e nota), dalla reazione dell’adattamento con umore depresso breve neltempo, fino ad alternanze di stato d’animo dell’umore (cioè mentre il soggetto èeuforico, diventa poi depresso: bipolarità dell’umore --> disturbo bipolare è undisturbo dell’affettività). Si parla di spettro perché il tono del’umore sfugge all’umore.Quando diciamo che siamo giù d’umore, usiamo termini erronei, però la definizione diuno stato d’animo, è un qualcosa difficilmente misurabile, per cui esiste una sorta digradualità che permette di poter dire che c’è una sorta di aloni di sintomi che hanno ache fare con l’umore se poi persistono nel tempo si parla di patologia.Frequentemente i disturbi del’umore nell’infanzia e nella fanciullezza si presentanocon sintomi non specifici, quali lamentele somatiche, problemi comportamentali,condotte delinquenziali, enuresi, problemi d’inserimento a scuola o di apprendimento,irritabilità e aggressività. Mentre l’adulto verbalizza un disturbo (a prescindere dallasua natura) il bambino lo dimostra col comportamento e col corpo. Parlare di un 2.5%fino a un 8.9.% in statistica è un dato preoccupante perché in questa percentualità è

stato registrato uno stato depressivo (sintomi di depressione maggiore) in unafascia d’età tra i bambini e gli adolescenti. C’è un trend (tendenza) alla crescita diquesta “patologia”. I sintomi della distimia, caratterizzata da uno stato d’animo dinoia , non sono allarmanti come la depressione maggiore, ma comunque parliamo diuna situazione depressiva di livello sintomatologico inferiore, cioè il soggetto va avantinella sua attività ma con molta fatica, quasi fosse demotivato che condiziona la qualitàesistenziale della persona. Il disturbo bipolare ha una valenza decisamente inferiorerispetto i primi due.

Patogenesi: l’eziogenesi (causa) la base genetica è intesa nel senso che si è visto

che se nell’ambito familiare c’è una tendenza di sviluppare una forma depressiva, èfacile che i discendenti soffrano di questa depressione. Ma a tal proposito ci sonodiverse diatribe. La gravità della depressione nei genitori e la qualità dei rapporti

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familiari possono influenzare l’adattamento psicosociale dei figli. Ciò è influito, magari,anche dall’appartenenza ad una classe sociale svantaggiata. Ci sono degli eventistressanti, sicuramente la classica goccia che fa traboccare il vaso c’è sempre e vienechiamato evento scatenante (l’ultimo elemento cioè di una situazione già preparataprecedentemente). Serve a far crollare una situazione che di per se è già in

disequilibrio. Ci sono quindi fattori predisponenti e precipitanti. Nella maggioranza deicasi di depressione, sono associati ad un vento stressante nei 12 mesi precedenti. Manella restante parte dei casi coloro che hanno subito un evento stressante “nonmanifesta” nessun sintomo psicologico.

I criteri della depressione maggiore sono:

• Umore depresso per la maggior parte del giorno, ogni giorno (condizionecostante di riduzione della sfera dell’affettività e della capacità di provarepiacere per tutte o quasi le attività: anedonia. C’è poi una conseguentediminuzione della motivazione. Da punto di vista motorio si presenta una formadi stasi, chiusura serrata per una sensazione penosa di tristezza e malinconia).

• C’è una significativa perdita del gusto e piacere verso il cibo, il soggetto tende arifiutare il cibo e a mangiare di meno perché non considera il cibo come unafonte di soddisfazione e dunque perde anche peso.

• Nei bambini c’è un’incapacità a raggiungere i normali livelli ponderali.• Il ritmo sonno-sveglia viene alterato per cui possono esserci situazioni di

insonnia (mancato sonno) o ipersonnia (aumento del sonno) tale per cui ilbambino diventa non solo irritabile ma anche suscettibile. Mancata performanceadeguata.

• Mancanza di piacere, voglia di affrontare le situazioni, comportanoun’agitazione o un rallentamento psicomotorio. (nel secondo caso, si tratta dibambini etichettati nella maggior parte dei casi come “bambini svogliati”).

• Faticabilità o mancanza di energia fino ad arrivare ad una paralisi psicomotoria(psicologia + morale).

• Caratteristica interna dei depressi è la cosiddetta “auto colpevolizzazione”, ilsoggetto proverà sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi oinappropriati.

• Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi o indecisione.• Pensieri ricorrenti di morte, o ricorrente ideazione suicidaria.• I sintomi causano disagio dal punto di vista del soggetto: compromissione del

funzionamento scolastico o in altre aree importanti.• I sintomi non sono dovuti agli effetti di una sostanza psicoattiva o una

condizione medica generale e non possiamo parlare di depressione maggiore sec’è una reazione da lutto.

Sintomi depressivi più comuni nell’infanzia:

• Espressione triste del volto• Lamentele somatiche• Allucinazioni uditive congrue all’umore•

Agitazione psicomotoria:○ litigiosità○ goffaggine

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• Ritiro sociale

Nell’adolescenza il soggetto comincia a provare anedonia, cioè assenza di piacere,avverte un ritardo psicomotorio grave, addirittura in alcuni casi grave si può arrivare apercepire uno stato delirante della realtà accompagnati da un senso di mancata

speranza tipica di molti giovani che tentano suicidi improvvisi. Spesso infatti si rimanesconcertati perché si dice “non me l’aspettavo”, però ci sono una serie di segnali che ilsoggetto manda e che però non vengono colti da chi sta intorno perché sonoabbastanza aspecifici e agenerici. Però un cambio particolare di comportamento,potrebbe essere inteso come una sorta di campanello d’allarme anche perché ilbambino non sa cos’è l’umore e quindi non sa spiegarlo e produce manifestazionicomportamentali particolarmente diverse quando c’è qualcosa che no va. Non esisteun suicidio improvviso perché prima del suicidio ci sono stati dei segnali incolti (seriedi eventi preparatori).

Quali potrebbero essere questi segnali preparatori? Anedonia, umore depresso,affaticabilità, elementi di autosvalutazione e autorimprovero,fattori ansiosi (problemilegati alle somatizzazioni e all’irritabilità), rifiuto del cibo e anomalia della condotta dalpunto di vista comportamentale. Assistiamo ad cambiamento del modo diessere del bambino conosciuti fino a poco tempo prima, si tratta poi sisintomi constanti e di andamento peggiorativo. Accanto a questa forma piùgrave che può portare ad ideazioni suicidarie e non che segnano la qualità della vita,c’è una forma di disturbo più blando i cui sintomi sono “sotto soglia” cioè non simanifestano in maniera drammatica come nel caso della depressione maggiore. Inquesto caso non c’è un isolamento voluto, ma di fondo l’umore è costantemente bassoma non al punto da bloccare il bambino o il ragazzo, c’è però un senso di degratificazione e insofferenza che accompagna il bambino nelle attività. Sono semprepresenti scarso o aumento dell’appetito, disturbi del sonno, bassa autostima …insomma sono gli stessi sintomi della depressione maggiore, ma sono molto piùattenuati. Accade che il bambino continua le sue attività ma si annoia e deve esserestimolato.

Disturbo bipolare: si tratta della presenza di uno o più episodi di mania o ipomania(esaltamento e incremento del tono dell’umore), alternati a episodi di depressionemaggiore nello stesso individuo.

Ipomania--> è un periodo di umore persistente elevato, espansivo o irritabile, chedura da almeno 4 giorni e che è chiaramente diverso dall’umore abituale. Il soggettoè come umore apparentemente tranquillo, ma poi all’improvviso comincia ad avere unesaltamento dell’umore stesso (eccessivamente familiarizzante, comincia ad esserepiù socievole, logorroico ed accelerato). I processi di pensiero diventano più rapidi cosìcome l’attività motoria e l’umore diventa molto più euforico. Anche qui c’è unasituazione fratturativa da quello che c’era prima, da comportamento stabile ad unumore crescente. Quindi cosa succede? L’opposto dei sintomi della depressionemaggiore, cioè abbiamo un senso di essenzialità e onnipotenza, (aumento diautostima fino a situazioni megalomaniche), c’è una diminuzione del bisogno del

sonno, il soggetto non può permettersi di dormire perché la sua attività mentale efisico motorio è costantemente accelerata (deve fare sempre qualcosa), c’è unamaggiore loquacità e spinta a parlare fino ad una logorrea irrefrenabile che comportaun’incapacità ad ascoltare gli altri. Anche il pensiero è accelerato, il soggetto vuole

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esprimere più pensieri contemporaneamente. La distraibilità è legata al fatto che ilsoggetto può affrontare qualsiasi attività. Se c’è un’accelerazione di tutti i processi(cognitivi, motori …), ovviamente c’è una tendenza ad essere coinvolti in situazioniche possono essere rischiose. Parlando di una fase di esaltazione dell’umore,l’episodio si associa a un cambiamento nel modo di agire, che non è caratteristico

della persone almeno fino a quel momento. Il manuale diagnostico ci dice che i sintominon sono dovuti agli effetti di una sostanza psicoaffettiva o una condizione medicagenerale. L’episodio verificatosi, non è grave al punto da produrre una marcatacompromissione tale per cui si richiede l’ospedalizzazione.

Mania --> quando siamo di fronte invece in una situazione simile a quella di primaperò più intensa, è una situazione maniacale. Si tratta di un periodo di umorepersistentemente elevato, espansivo o irritabile che dura almeno una settimana e cheè diverso dall’umore abituale. I sintomi sono uguali a quelli dell’ipomania ma tutto èpiù esaltato. Qui l’alterazione dell’episodio è talmente grave che il soggetto può

essere ospedalizzato anche perché sono evidenti i sintomi psicotici (allucinazioni,deliri). L’alterazione dell’umore e del comportamento sono osservabili da altri.

PSICOSI SCHIZOFRENICHE INFANTILI

A differenza delle nevrosi di cui abbiamo parlato, l’elemento differenziale è il fatto cheil soggetto che è affetto da una nevrosi (a prescindere da quale tipo essa sia, ansiosa,post traumatica, fobica … ) è sempre consapevole del suo disagio, ha il cosiddettoinsight, cioè la consapevolezza del suo disagio. Il soggetto affetto da psicosi è unsoggetto che vive una propria dimensione intrapsichica interna che considera comequella reale. Per cui quello che viene a saltare nelle psicosi, ed è un dato

fondamentale, è “l’esame di realtà”. Mentre il nevrotico mantiene sempre un agganciocon la realtà esterna, e si rende conto che i suoi sono disturbi, delle infermità rispettoad un dato reale oggettivo esterno. Nelle psicosi invece la realtà esterna non vieneconsiderata più come tale, ma la vera realtà è quella che vive, al suo interno. Non hacioè una consapevolezza del suo malessere e del suo disagio e quindi di conseguenzanon chiede aiuto. Tutto il suo mondo è quello che vive all’interno di se stesso negandola realtà esterna e se non c’è una consapevolezza di un malessere non c’è neanche larichiesta di un ausilio da parte di altri. Anzi considera che quello che dicono gli altri,secondo il suo stato patologico, non corrisponda a verità. La schizofrenia è laprincipale forma di psicosi. Il termine schizofrenia, dal greco, significa cervello diviso;

già dall’etimologia possiamo capire che è come se il soggetto vivesse una sorta didoppia dimensione, non a caso nel caso delle schizofrenie, di parla di “psicosidissociative”, cioè di una dissociazione di quello che il soggetto vive internamente ela realtà esterna che il soggetto vive. La prevalenza è dell’ 1% ma è nettamente increscita. C’è un tasso d’incidenza annua, c’è una frequenza pari fra i due sessi,sebbene l’esordio è più precoce nel sesso femminile che in quello maschile.Quest’ultimo dato, cioè il fatto che la prevalenza da un punto di vista epidemiologicodi questo tipo di disturbo sia uguale in vari paesi (sottosviluppati o industrializzati) e indiverse culture con modalità culturali altrettanto diverse, ci fa capire che non si trattadi una patologia associabile a fenomeni di tipo sociale. Questo tipo di patologia è

ubiquitaria. Oggi si parla molto di patologie psichiatriche genetiche. Nei gemellimonozigoti (aventi un corredo cromosomico molto simile) c’è un tasso così alto diprevalenza circa l’80% , a differenza degli zigoti che hanno un corredo cromosomico

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simile ma differente rispetto ai monozigoti, circa il 15%, vuol dire che c’è un datogenetico nella schizofrenia per quanto riguarda la predisposizione genetica ereditaria.Se da due genitori schizofrenici nasce sicuramente un figlio schizofrenico, vuol direche il dato genetico è forte; è possibile che i geni presenti nel DNA abbiano unapredisposizione a far insorgere la patologia. C’è un forte tassi di fattori genetici nella

schizofrenia. Ma non basta da sola, per sviluppare la schizofrenia occorrono anchefattori di origine ambientale. I fattori che originano la psicosi posso essere di ordine:

• Biologico (eventi di vita pre e peri natale)• Organico• Economici• Sociali• Psicosociali (basso livello culturale e sociale)

Il manuale diagnostico DSM IV ci dice che per poter fare diagnosi da parte clinica dipsicosi schizofrenica, dobbiamo avere questi criteri:

• A sono i sintomi caratteristici positivi e negativi. Quando parliamo di sintomipositivi della schizofrenia non diamo un’accezione favorevole (positivaappunto), nel senso di presenta di produttività cioè di qualcosa che s’innestanel pensiero del soggetto e che comincia a crescere, ad essere solido eproduttivo (nel senso di produttività del pensiero). Negativi significa invece cheil soggetto può presentare dei sintomi opposti in cui c’è una sorta diappiattimento della sua emotività, del suo modo di essere, delle sue relazionisociali. La differenza tra i due sintomi, consiste che nel primo caso i sintomipositivi rappresentano un meccanismo di grossa produzione mentale da parte

del soggetto, mentre invece i sintomi negativi sono quelli che rappresentano lapovertà mentale del soggetto (in questo senso negativi) e quindi unappiattimento di tutte le sue esperienze di vita.

• B  È chiaro che sia in un caso che in un altro, i sintomi della schizofrenia, isintomi incidono fortemente sul funzionamento del soggetto, sia per quantoriguarda l’aspetto sociale, sia per quanto riguarda l’aspetto occupazionale(scolastico-lavorativo). Per poter dire che siamo di fronte ad una psicosischizofrenica e non ad un episodio schizofrenico, la durata deve essere dialmeno 6 mesi, cioè deve esserci un dato di stabilità e persistenza di questisintomi. Non c’entra nulla l’umore, nel senso che i sintomi non possono essere

catalogati nel disturbo della sfera dell’umore sia in senso depressivo, sia insenso bipolare, ma sono un capitolo a parte in cui il motore principale deisintomi non è un’alterazione del tono dell’umore. Inoltre, dato che molti sintomi(come deliri e allucinazioni) possono essere presenti in soggetti che fanno uso disostanze psicostimolanti, il DSM IV ci ricorda di stare attenti perché in questocaso non stiamo parlando di ragazzi che sono soliti a queste abitudini perché diper sé queste sostanze possono creare dei sintomi che sono molto simili allaschizofrenia. Anzi alla lunga l’uso protratto di sostanze stupefacenti comportaanche l’instaurazione di psicosi schizofrenica. Ma in questo caso siamo di frontead una psicosi indotta. Il DSM dice che si può parlare di schizofrenia soltanto

quando non c’è il dato di quest’assunzione.

Come si presenta il ragazzo affetto da schizofrenia in cui prevalgono i sintomi positivi?Descrizione generale è il comportamento del ragazzo. Comportamento bizzarro

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significa comportamento strano, incongruo. Quindi quando noi parliamo delcomportamento del ragazzo ci riferiamo ad un comportamento incoerente rispetto alcontesto o alla situazione che si propone. Gli altri due elementi che fanno parlare disintomi positivi sono le alterazioni delle percezioni (allucinazioni) e i disturbi delpensiero (delirio). Mentre le allucinazioni sono un’alterazione della nostra sfera

sensitiva eccessiva (vedere figure, immagini, suoni che in realtà non esistono) il delirioinvece parte da un dato della realtà, il soggetto parte da un elemento reale adesempio persone che parano tra loro, e il soggetto immagina che stiano complottandocontro lui. Mentre dunque nelle allucinazioni l’oggetto reale non esiste, il delirio parteda un dato oggettivo. Nel soggetto delirante, non c’è l’ipotesi di un’alternativa. Intermini generali, che significa il comportamento bizzarro? Il soggetto può relazionarsipoco con gli altri e tende a relazionarsi poco quindi fisicamente ha una posizionecoattiva. C’è una scarsa attenzione alla cura di se, nell’abbigliamento. L’igienepersonale viene ad essere alterata rispetto a dei parametri proprio per una nostrapresentazione relazionale sociale. La casa è accumulata di una serie di cose proprio

perché comincia ad esserci una sorta di disinvestimento. Anche dal punto di vistamotorio c’è un’alterazione, come il compiere movimenti un po’ automatistici, ildondolamento, il piegarsi in posizioni particolari, una serie di comportamenti ripetitivia cui corrisponde un rallentamenti psicomotorio. Perché? Perché non solo il soggettodiventa limitato nei sui movimenti, ma questo rallentamento dal punto di vista fisico,corrisponde ad un rallentamento psichico. È come se, gradualmente, ci fosse unasorta di riduzione delle sue capacità cognitive. L’attività può essere ridotta o, comesuccede in alcuni casi, può esserci una iperattività.

Disturbi del comportamento si può andare da condizioni di riduzione dell’attività:

negativismo (rallentamento) a condizioni di stereotipie per cui gli atti motori sonoinvece in eccesso e sono improduttivi ( non hanno un riscontro di finalizzazione, sonocioè comportamenti ripetuti senza un fine o un controllo volontario). Dalle condizioni dinegativismo e di rallentamento, si può passare a condizioni di impulsività anche congesti lesivi verso gli altri per cui il soggetto può passare improvvisamente a crisi diagitazione psicomotoria. Quello che traspare all’esterno è l’imprevedibilità.

Abbiamo detto che non è una patologia dell’umore, ma se ne risente, per cui come celo dobbiamo aspettare? “Disforico (imprevedibilità del comportamento),suscettibile (preludio di fondo di un attacco), labile”, un ragazzo così che è predadei suoi deliri, delle sue interpretazioni del pensiero, del suo rifiuto col mondo esterno,

non può avere un umore stabile ed adeguato alla situazione. L’umore adeguato èquello che abbiamo in situazioni a cui noi partecipiamo affettivamente sia in manierapositiva che negativa. Questa concordanza tra umore e situazione salta nel ragazzocon schizofrenia. Tutto ciò comporta una sorta di ristrettezza limitativa dal punto divista emotivo e di base, la sua emotività cioè la sua capacità di darsi agli altri(relazionalmente parlando), è bassa e appiattita.

Il linguaggio diventa povero, scarso, inespressivo fino ad arrivare a situazioniestreme che sono quelle del mutismo. Se è vero che c’è un rallentamento dal punto divista psichico, comportamentale, e motorio, anche la produzione verbale diventa

sempre più scarsa, povera, fino a condizioni di chiusura verbale; proprio perché vienemeno la volontà di relazionarsi con gli altri. Prevale invece la spinta a vivere

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l’ambiente interno. Il tono della voce è basso. I discorsi non sono finalizzati, mentreesprime un concetti, s’interrompe e non riprende nemmeno sotto spinta.

Al contrario di quanto si creda, i pazienti schizofrenici non hanno una "personalitàdivisa". Tuttavia, percepiscono la realtà in modo completamente diverso dagli altri.

Spesso, soffrono di sintomi terribili: sentono voci che provengono dall'interno chenessun altro sente, credono che gli altri possano leggere il loro pensiero, controllare iloro pensieri o stiano tramando contro di loro. Poiché vivono in una realtà distorta daallucinazioni e deliri, possono sentirsi spaventati, ansiosi, confusi e tendono ad isolarsi.Il loro eloquio ed il comportamento possono diventare così disorganizzati da essereincomprensibili o da suscitare timore negli altri. Possono anche comportarsi in mododiverso in occasioni diverse, a causa modo distorto in cui vivono la realtà. A voltesembrano distanti, assenti o preoccupati e possono stare seduti per ore immobili,senza pronunciare una sola parola. Altre volte, si muovono continuamente,perennemente impegnati in qualche attività, apparentemente all'erta e vigili. I

soggetti con schizofrenia manifestano generalmente due tipi di sintomi.

Sintomi "positivi"  sono comportamenti o esperienze del soggetto "in più" rispettoall'esperienza e al comportamento dell'individuo normale. Si possono perlopiùincludere sotto il termine più generale di  psicosi. Questi sintomi possono essere: leidee fisse, i deliri, le allucinazioni e il disturbo del pensiero (per la diagnosi non occorreche si manifestino tutti questi sintomi, a seconda dei casi è sufficiente che ve ne sianouno o due).Le allucinazioni sono disturbi della percezione comuni nelle personeaffette da schizofrenia. Si tratta di percezioni che non hanno alcun riscontro nellarealtà. Sebbene le allucinazioni possano interessare qualsiasi senso (udito, vista, tatto,

gusto ed olfatto), la forma più comune di allucinazione in corso di schizofrenia è datadal sentire le voci. Le voci possono descrivere le attività del paziente, conversare conlui, avvertirlo di eventuali pericoli o impartirgli degli ordini. I deliri sono costituiti daconvinzioni personali irrazionali ed erronee che non hanno alcun riscontro nella realtà,che vengono mantenute nonostante l'evidenza di prove contrarie e che non possonoessere spiegate sulla base del background culturale del paziente. I pazienti chesoffrono di sintomi di tipi paranoide (circa un terzo dei pazienti) manifestano deliri dipersecuzione, o credono irrazionalmente di essere vittima di inganni, minacce,avvelenamenti o cospirazioni. In alcuni casi sono presenti deliri di grandezza, a causadei quali la persona ritiene di essere un personaggio famoso o importante. Alcuni

pazienti manifestano deliri bizzarri, come credere che un vicino li stia controllandotramite onde magnetiche o che i personaggi della televisione stiano inviando loromessaggi o ancora che i loro pensieri vengano divulgati ad altri. Allucinazione: èuna falsa percezione sensoriale, non associata a stimoli esterni reali (falsaperché non è associata a stimoli reali esterni, sensoriale perché riguarda la percezioneche avviene attraverso gli organi di senso).

Pensiero disorganizzato. I soggetti con schizofrenia spesso non presentano unanormale fluidità dei pensieri. I pensieri vanno e vengono rapidamente, la persona nonè in grado di concentrarsi su un unico pensiero per molto tempo e tende a distrarsi eda perdere la concentrazione. I soggetti con schizofrenia possono non essere in gradodi decidere cosa sia importante, e cosa non lo sia, in una situazione. A volte nonriescono a collegare i pensieri in sequenze logiche al punto che questi diventanodisorganizzati e frammentari. Questa assenza di continuità logica dell'ideazione,

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definita con il termine "disturbo del pensiero", rende la conversazione con questipazienti molto difficile e può provocarne l'isolamento sociale. Se chi lo ascolta nonriesce a dare un senso a ciò che il paziente sta dicendo, si sente a disagio e tende adisolarlo.

 Delirio: in generale in base al fatto di pensare, ragionare e rapportarsi alla realtà,stabiliamo relazioni. Il dato esperienziale della relazione col mondo esterno èfondamentale anche per la fondazione di un pensiero critico. Salta il contatto colmondo esterno, salta la volontà d’investimento nella realtà oggettuale e diconseguenza il pensiero rimane primitivo, primordiale, statico e fisso neltempo. Sia la forma che il contenuto del pensiero cominciano ad essere alterati. Laforma perché si perde questa flessibilità che emerge dall’interazione con l’ambiente,ma anche il contenuto del pensiero, se noi non arricchiamo la nostra vita di datiprovenienti dalle percezioni e dall’esterno, inevitabilmente siamo destinati ad unimpoverimento del nostro pensiero perché è come se non dessimo la possibilità al

nostro cervello di poter aumentare il bagaglio di conoscenze e quindi di conseguenzac’è una sorta di appiattimenti e di livellamento al basso. Quindi il contenuto delpensiero diventa povero.

Differenza del pensiero nel 

• Soggetto maniacale --> c’è un’accelerazione dei processi mentali,un’accelerazione tra le idee fino al punto da arrivare ad una vera e propria fuga,cioè come se il soggetto non riuscisse ad essere più padrone del propriopensiero, perché sono tanti i pensieri che si accavallano.

• Soggetto schizoide --> la velocità del processo di pensiero è nettamente

rallentata e quindi gli stessi concetti sviluppati durante un processo mentalesono ridotti. Ne risulta quindi un rallentamento sia del contenuto sia dellaforma. I nessi associativi, a differenza del maniacale, qui sono nettamenteridotti. Il pensiero diventa piatto sempre più.

Nel delirio non c’è un problema di senso percezioni, ma c’è un’idea rispetto a un datodi realtà. Qui, a differenza dell’allucinazione, il dato reale esiste ma viene interpretatoin maniera distorta, alterata. Il termine indica una varietà di stati mentali confusionaliin cui l'attenzione, la percezione e la cognizione del soggetto appaionosignificativamente compromesse. In questo caso è meglio utilizzare il termine

Delirium. Di per sé il delirium non è una patologia quanto una sindrome (un complessodi sintomi) che può presentarsi in diverse forme, essere acuta o cronica ed essereespressione di una sofferenza metabolica del cervello che può avere molteplici cause.Il termine «delirio» deriva dal latino  lira, "solco", per cui delirare significaetimologicamente "uscire dal solco", ovvero dalla dritta via della ragione. Ci sonodiverse forme di delirio:

• Il “delirio paranoideo” (o detto anche di persecuzione il paziente ritiene diessere oggetto di una persecuzione (situazione spesso identificata anche coltermine paranoia). Cioè l’elemento alterato dal punto di vista della qualità delpensiero è il ritenere in maniera “inconfutabile” che ci sia qualcosa di dannoso

per il soggetto stesso che si sta preparando contro di lui. Importante è il temadel beneficio, cioè dell’avvelenamento, è la convinzione che qualcuno ce l’abbia

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con lui e che sia talmente ostile da desiderare che subisca un danno: - voglionodistruggermi -.

• Il “delirio di grandezza”, o megalomania: il paziente ha la convinzione diessere estremamente importante, per esempio di essere stato prescelto da Dio per compiere una missione di fondamentale importanza, o di essere l'unico

detentore di conoscenze o poteri straordinari;• Il “delirio di gelosia”, è la “convinzione dogmatica” di essere traditi dal

proprio partner ed è sistematicamente presente. S’impegna nella ricerca diprove.

• Il “delirio di controllo”, il paziente è convinto che i propri pensieri o le proprieemozioni siano sotto il controllo di qualche forza esterna;

La schizofrenia si ha non solo coi sintomi positivi, abbiamo detto, ma anche con quellinegativi.

Sintomi "negativi" 

Sono chiamati così quelli che sono diminuzione, declino oscomparsa di alcune capacità o esperienze normali del soggetto. Possono includereinadeguatezza nel comportamento della persona, distacco emotivo o assenza diemozioni, povertà di linguaggio e di funzioni comunicative, incapacità diconcentrazione, mancanza di piacere (anedonia) e mancanza di motivazione. Spesso, ipazienti con schizofrenia manifestano un "appiattimento" dell'affettività. Ciò è dovutoad una grave riduzione della capacità di esprimere emozioni. I soggetti affetti daschizofrenia possono non mostrare i segni caratteristici delle normali emozioni(parlano con un tono monotono, mostrano una ridotta mimica facciale e sembranoestremamente apatici). Inoltre, possono allontanarsi dagli altri evitando ogni tipo dicontatto e quando sono obbligati ad interagire possono non avere nulla da dire, comeriflesso del loro "pensiero impoverito". La motivazione risulta molto ridotta comel'interesse o la gioia di vivere. Nei casi più gravi, il paziente può trascorrere giorniinteri senza fare niente ed addirittura senza occuparsi dell'igiene della propriapersona. Questi problemi correlati all'incapacità di esprimere le emozioni o la propriamotivazione, estremamente problematici per familiari ed amici, rappresentano isintomi della schizofrenia e non devono essere considerati difetti del carattere odebolezze personali.

L’ADOLESCENZA E IL BULLISMO A SCUOLA

Per parlare di bullismo dobbiamo fare un passo indietro nelle tappe evolutive perché èimportante che certe tappe vengano rispettate. Ci sono tappe importanti per laformazione della personalità adulta, queste tappe sono:

• Costruzione col concetto di sé-->il bambino che diventa adolescente deveavere consapevolezza della propria autonomia, della propria indipendenza eautoaffermazione.

• Crisi d’identità -->si tratta di una crisi positiva, il fatto che venga messo indiscussione (crisi) ciò che è stato il soggetto fino a quel momento, comincia arealizzarsi una struttura individuale che ha a che fare con l’affermarsi nelmondo. È negativo il fatto che non ci sia questa crisi.

• Investimenti narcisistici --> senso di onnipotenza che si sviluppanell’adolescente, comincia ad investire libidicamente in una serie diinvestimenti dove lui è al centro

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• Relazioni oggettuali --> importanza delle relazioni col gruppo dei pari adesempio. Si sente affiliato, cioè di appartenere ad un gruppo sociale in modo daavere una testimonianza nelle cose in cui crede e ha investito.

Cosa succede quando subentra un disagio? Che l’adolescente incontra degli ostacoli

nell’evoluzione di questi processi, perché sprovvisto dei mezzi necessari che glipermettono di portare a compimento il suo viaggio e di raggiungere quindi unapersonalità adulta “integrata”. Il passaggio attraverso il percorso evolutivoadolescenziale non si svolge secondo una direzione lineare con ritmo uniforme, ediversi adolescenti possono affrontare questo periodo in maniera differente.Quest’evoluzione sottolinea l’estrema flessibilità di questo periodo, dove ilcomportamento è un fenomeno che dipende in gran parte dalla storia dell’individuo edell’ambiente familiare e sociale in cui egli è cresciuto. Che succede nella pubertà?Possiamo distinguere, a scopo didattico, due tipi di adolescenza:

1. Adolescenza tipica (normale o fisiologica), l’adolescente riconosce ilcambiamento del proprio corpo (peluria e cambio voce per l’uomo, ciclomestruale donna) e si trova in una crisi in cui abbandona il retaggio dell’infanziae deve abituarsi a questo nuovo corpo, deve fare quindi un’operazione internadell’immagine corporea raggiungendo un’organizzazione interna tale per cui siafferma come uomo o come donna raggiungendo quindi un’organizzazionesessuale definitiva.

2. Adolescenza con disagio, in questo caso l’adolescente ha difficoltà nelriconoscere ed accettare il nuovo corpo e ciò crea un arresto del processod’integrazione dell’immagine del corpo fisicamente maturo, cioè un break downevolutivo, cioè è come se ci fosse un arresto del suo processo mentale dalpunto di vista somatico. Non i stabilisce un’organizzazione sessuale definitiva eil “nuovo” corpo può essere scisso o negato. Esso può divenire mezzo e luogo discarico delle angosce attraverso condotte bulimiche, anoressiche e diautolesionismo.

Concetto di sé: deve esserci un addio al passato (distacco da tutto ciò che è statofino a quel momento, cioè dalla struttura precedente del sé); deve esserci un lutto perla perdita dei genitori “infantili”, del ruolo e del corpo infantile (17 min registr) non c’èpiù la stretta dipendenza dai genitori perché comincia un processo diautoaffermazione. Per avvenire ciò deve avvenire una crisi adolescenziale che porti

alla separazione e alla ristrutturazione del rapporto coi genitori che non sono piùaccudenti totalitari, ma genitori come guida spirituale e non più materiale. Solo dopoc’è la possibilità di integrare questa nuova immagine di sé.

Investimento narcisistico: (20 min registr),nell’adolescente normale c’è uninvestimento libidico del sé, prerequisito del quale è un’immagine realistica eintegrata delle varie rappresentazioni del sé e l’integrazione delle immagini buone ecattive del sé. Per permettere ciò bisogna poter contare su una solidarietà delle basinarcisistiche, su una realtà interna rassicurante, costruita durante l’infanzia.Nell’adolescente con disagio invece non è possibile integrare le immagini buone e

cattive del sé, per mantenere una coesione del sé e un “falso equilibrio” esse vengonoseparate attraverso il meccanismo della “scissione”. “ non ci sono basi narcisistichesolide”, ciò si esprime attraverso l’eccessiva dipendenza dal mondo.

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>>> In definitiva la fase adolescenziale è caratterizzata da un processo diemancipazione dalla famiglia, espressione del bisogno di autonomia emotivadell’adolescente. E una differenziazione dalle figure genitoriali, sperimentazioneall’interno del gruppo dei pari. Tutto ciò porta alla “costruzione dell’identità”. 

Cos’è il gruppo dei pari?il gruppo di appartenenza con regole e gergo. Quali sono lesue funzioni? Il gruppo dei pari è fondamentale per la costruzione del sé, per lagratificazione (in qualche modo, avere un gruppo attorno che condivida le nostrestesse idee, va ad avallare l’idea che il nostro operato sia giusto) e sostegnonarcisistico, supporto al processo identificativo, laboratorio sociale (cambiamo lenostre idee perché abbiamo una rete intorno che ci permette di integrate le nostreidee. L’adolescente va spinto verso la socialità che è fondamentale per la suaformazione e la formazione del suo sé). In altre parole <<si pone come un’areatransazionale tra l’infanzia e l’età adulta>>.

Che succede quando tutto questo non avviene? Quando gli adolescenti non si sentonoidentificati con il gruppo si sentono incapaci di risolvere una difficoltà (non si sentonoun sostegno) e lasciano quindi al caso la risoluzione del problema. In un adolescenteidentificato col il gruppo, tutto ciò non accade perché ovviamente avverte il senso disostegno e quindi conseguentemente affronta i problemi in modo attivo. Tutto ciòdipende anche dal sentirsi accettato dal gruppo.

Da qui nasce il <<bullismo>>. Cos’è? È un fenomeno normativo appartenente algruppo, ma è soprattutto una forma di oppressione subdola( è come se il soggettodell’atto del bullismo, avvertisse continuamente il fiato sul collo di qualcuno checontinuamente lo espone a situazioni ostili o anche minacciose) caratterizzata dalla

continua e duratura esposizione di un soggetto alle azioni ostili di uno o più compagni.Ad esempio mobing lavorativo adulto. Quando definiamo un atto comeappartenente al fenomeno bullismo?

• Quando c’è un’intenzionalità dell’atto che spesso è addirittura progettato.• Si tratta di un comportamento continuato ed ostile, preordinato e quotidiano.• Si crea un rapporto di forza alterato tra vittima e carnefice.

Le modalità attraverso le quali si esprime il bullismo possono essere dirette(prepotenze fisiche come calci e pugni) oppure verbali (ingiurie, minacce) e possonoessere indirette (intenzionale esclusione dal gruppo) esiste poi un’altra forma di

bullismo come il mobing diretto(lettera licenziamento) indiretta (isolare il lavoratore).

Parliamo ora delle vittime. Queste si dividono in:

• Vittima passiva-remissiva modello reattivo ansioso remissivo, c’è una sortadi rassegnazione, molto spesso non racconta quello che succede in ambitoscolastico che però gli porta ad accumulare aggressività con manifestazionisomatiche. Le caratteristiche di questa vittima sono:

○ Debolezza fisica○ Bassa autostima○

Atteggiamento remissivo (stimola molto il bullo)• Vittima provocatrice  modello reattivo ansioso aggressivo, in qualche modo

stimola il bullo a fare in modo da mettere in atto continuamente queste

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situazioni. È come se masochisticamente ricercasse questa ostilità da partedegli altri. Le caratteristiche di questa vittima invece sono:

○ Atteggiamenti istigatori e iper-reattivi○ Difficoltà di concentrazione○ Comportamenti aggressivi non organizzati (nel senso che può ribellarsi

alla situazione per poi pentirsene ed aspettarsi poi una punizionemaggiore)

Dall’altro versante i bulli si distinguono in:

• Effettivi  mettono in atto:○ Forza fisica○ Atteggiamenti favorevoli verso la violenza○ Alta autostima (è apparente, perché sono esuberati dalla loro esuberanza

comportamentale. Il fatto di essere temuti, fortifica il loro senso di

potenza, è una falsa autostima)○ Bassi livelli d’insicurezza

 Tutto questo è apparente perché il bullo deve sempre avere un elevato livelloprestazionale quotidiano (non può piangere, non può soccombere perché deveessere sempre duro e incutere timore).

• Passivi non sono i capi ma coloro che dimostrano di appartenere algruppo,supportano l’azione violenta in modo diretto. Si tratta di soggetti chepartecipano alle forme di prevaricazione ma non prendono iniziative nelle azionimoleste.

Quali sono le caratteristiche della famiglia?

• Famiglia della vittima: caratterizzata da○ ambiente iperprotettivo○ alto grado di coesione tra i membri della famiglia (famiglia

eccessivamente unita)○ mancata differenziazione dei ruoli

• Famiglia del bullo: caratterizzata da○ accettazione dei comportamenti violenti (esempio: genitore che dice al

figlio se qualcuno ti da fastidio tu dagli un pugno)○ forte differenziazione dei ruoli (maschio forte e femmina passiva.Concetto dei sessi molto primordiale)

○ mancanza di coesione e di affettività tra i membri della famiglia (grandilitigi a causa del senso di prepotenza)

Differenza tra bullismo di bambini ed adolescenti:

Scuole elementariil bullismo è molto diffuso e pervasivo. Bullo stessa classe vittima.Si verificano maggiormente violenze di tipo fisico. I bambini cercano e dicono diricevere un aiuto valido. Scuole medie il bullismo coinvolge un

numero minore di ragazzi. Bullo anche in un’altra classe. Si verificano maggiormenteviolenze di tipo indiretto. I ragazzi vedono le figure di aiuto come scarsamentedisponibili ad aiutare le vittime (senso di frustrazione).

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Quali possono essere gli interventi:

• approccio di tipo sistemico ed ecologico○ Agire non mediante interventi specialistici esterni alla scuola, ma

attivando le risorse della scuola stessa, cioè insegnanti, studenti, genitori,

personale non docente.○ Attivare dunque un processo di cambiamento non solo nei soggetti-

target, ma anche nel clima e nelle norme del sistema scolastico.