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L’Anatomia Patologica è l’anello di congiunzione tra le scienze biologiche di base e la medicina pratica, in quanto studia le alterazioni strutturali e funzionali prodotte dagli eventi patologici o dagli errori congeniti, vale a dire la malattia. L’Anatomia Patologica è una branca specialistica della medicina che ha la finalità di inquadrare le malattie sul piano morfologico sia macroscopico (autopsia, pezzi operatori e biopsie ambulatoriali), che microscopico (istologico, citologico, istochimico, immunoistochimico e di biologia molecolare), avvalendosi della conoscenza e delle tecniche provenienti da altre discipline: anatomia, istologia, microbiologia, immunologia, genetica, biologia molecolare). Il risultato dell’analisi anatomopatologica si esprime con il referto, in cui è riportata la descrizione macroscopica e microscopica delle lesioni osservate ed il giudizio conclusivo e sintetico (diagnosi) dell’esaminatore. Anatomia Patologica

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L’Anatomia Patologica è l’anello di congiunzione tra le scienze biologiche di

base e la medicina pratica, in quanto studia le alterazioni strutturali e funzionali

prodotte dagli eventi patologici o dagli errori congeniti, vale a dire la malattia.

L’Anatomia Patologica è una branca specialistica della medicina che ha la

finalità di inquadrare le malattie sul piano morfologico sia macroscopico

(autopsia, pezzi operatori e biopsie ambulatoriali), che microscopico

(istologico, citologico, istochimico, immunoistochimico e di biologia

molecolare), avvalendosi della conoscenza e delle tecniche provenienti da altre

discipline: anatomia, istologia, microbiologia, immunologia, genetica, biologia

molecolare).

Il risultato dell’analisi anatomopatologica si esprime con il referto, in cui è

riportata la descrizione macroscopica e microscopica delle lesioni osservate ed

il giudizio conclusivo e sintetico (diagnosi) dell’esaminatore.

Anatomia Patologica

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I referti anatomopatologici racchiudono 5 principali obiettivi:

1. descrizione delle patologie osservate ad occhio nudo (esame

macroscopico) e al microscopio; descrizione delle lesioni

patologiche dei vari organi, tessuti e apparati, contribuendo

all’inquadramento nosologico delle malattie

2. istopatogenesi; permette di ricostruire sul piano morfologico

(macroscopico e microscopico) l’iter di una patologia dalla

fase iniziale (genesi) alla fase evoluta o conclamata

3. diagnosi, cioè l’accertamento morfologico di una malattia.

Questa può essere:

• completa (neoplastica o non, istogeneticamente tipizzata, graduata e

stadiata)

• compatibile (se riferibile prevalentemente ad una patologia senza

escluderne altre)

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• suggestiva (attribuibile ad una patologia non altrimenti definibile)

• tardiva (riscontro autoptico e documentazione istopatologica)

• di controllo (follow-up per seguire l’andamento di una malattia)

• precoce (analisi citologica preventiva ed istologica delle malattie

in fase iniziale)

4. prognosi; sul piano morfologico si attua attraverso la

previsione del decorso di una malattia in base all’istotipo,

grado istologico e stadio

5. predizione di risposta alla terapia; ad esempio nel cancro

della mammella (e recentemente anche dello stomaco) il

riscontro di amplificazione del gene HER2-neu,

individuato mediante analisi immunoistochimica e/o

mediante FISH, può portare cambiamenti nella terapia del

cancro; nel cancro del colon la presenza di mutazione di

KRAS esclude la possibilità di trattamento con Cetuximab

(farmaco anti-EGFR) negli stadi avanzati

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L’Anatomia Patologica comprende varie subdiscipline:

• Patologia autoptica

L’autopsia è usata per determinare i fattori che hanno causato la morte di

una persona ed è un importante mezzo per l’educazione medica dei clinici

e per migliorare la qualità della diagnosi e la cura delle malattie.

• Citopatologia

La citopatologia è una subdisciplina dell’Anatomia Patologica che consiste

nell’esame microscopico di tutte le cellule ottenute con lo striscio o

tramite agoaspirato degli organi superficiali o profondi.

• Patologia molecolare

La patologia molecolare è una disciplina che sta emergendo in Anatomia

Patologica. Essa si basa sull’uso di tecniche come la ibridazione in situ

(ISH), la reazione a catena della polimerasi (PCR), la trascrizione inversa-

reazione a catena della polimerasi (RT-PCR), la FISH (fluorescent in situ

hybridization), la CISH, le analisi mutazionali (sequenziamento diretto), la

instabilità dei microsatelliti (MSI), i cDNA microarray, i tissue microarray

(TMA), la microdissezione laser, lo studio della metilazione.

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Tutte queste procedure stanno diventando di routine nella patologia

diagnostica e sono state incorporate tra i vari esami anatomo patologici, in

quanto il profilo genetico del tumore è importante ai fini diagnostici,

prognostici e terapeutici. Ad esempio una traslocazione t(X;18) permette la

diagnosi di sarcoma sinoviale. L’ibridazione in situ positiva per l’HPV

permette il follow-up delle paziente infette da HPV. Le mutazioni dei geni del

mismatch repair oltre ad avere un significato prognostico nel carcinoma del

colon hanno un significato predittivo di risposta alla terapia e possono essere

diagnostiche della sindrome di Lynch.

Infine le ultime avanzate procedure sono la cattura microscopica tramite laser

(laser capture microscopy), attraverso un particolare microscopio a raggi laser

che permette di ottenere tessuti e cellule isolate attraverso la dissezione laser,

ed infine la tecnica del Tissue Microarray che permette di valutare e comparare

in un solo vetrino ampie quantità di tessuto proveniente da numerosi pazienti.

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• L’Anatomia Patologica nasce nel 1800 quando il professor Friedrich von Esmarch, chirurgo di Kiel, in occasione del German Surgical Congress dimostrò la necessità di una diagnosi al microscopio prima di procedere ad interventi chirurgici mutilanti. Inizialmente la Surgical Pathology veniva svolta da chirurghi e ginecologi, solo successivamente nacque la figura del patologo.

• Il patologo lavora prevalentemente a contatto con il chirurgo ma ormai l’Anatomia Patologica interagisce con tutte le altre branche della medicina

• La diagnosi dell’ anatomo-patologo è l’atto medico conclusivo di una procedura complessa che comprende essenzialmente due elementi:

– Le manualità tecniche, di prelievo, campionamento e allestimento dei preparati

– La interpretazione dei dati anamnestici, clinici e di laboratorio e dei dati rilevati con l’osservazione macroscopica e microscopica per formulare un giudizio diagnostico con significato prognostico e terapeutico. Esso comprende la diagnosi finale vera e propria ed eventuali osservazioni e commenti integrativi.

• La risposta dell’anatomo-patologo alla richiesta di esame istologico da parte del medico ha valore determinante in quanto contiene la diagnosi del caso, spesso ignota o presunta; di conseguenza assume valore medico-legale pari a quello della cartella clinica del paziente.

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Le procedure impiegate in Anatomia patologica sono:

Esame macroscopico: l’esame dei tessuti patologici è importante

soprattutto per grandi frammenti tessutali o per i pezzi operatori perché

permette di identificare visualmente descrivere e selezionare le aree di

tessuto interessate dalla malattia che devono essere prelevate per

l’esame istologico.

Esame istologico: consiste nell’esaminare con il microscopio ottico i

tessuti normali o patologici utilizzando le tecniche di colorazione di

routine. La colorazione standard di isologia è l’ematossilina-eosina ma

ve ne sono numerose altre. L’uso dell’ematossilina-eosina permette di

formulare una diagnosi morfologica dei tessuti.

Esame citologico: consiste nell’esaminare al microscopio ottico le cellule

normali e patologiche che desquamano e/o vengono prelevate

dall’organismo, usando le tecniche di colorazione di routine. La

colorazione citologica standard è la colorazione di Papanicolau che

permette di formulare una diagnosi morfologica sulle cellule.

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Il microscopio ottico permette di correlare i segni e i sintomi osservati in un

individuo con i cambiamenti cellulari. L’esame dei tessuti necessita a volte di

particolari colorazioni di istochimica e immunoistochimica per evidenziare

specifiche proteine e sostanze presenti nelle cellule.

L’esame istochimico: si basa sulla identificazione, quantificazione e

localizzazione nelle cellule e nei tessuti di sostanze specifiche attraverso test

fisici e chimici.

L’esame immunoistochimico: si basa sull’uso di anticorpi per evidenziare la

presenza di specifiche proteine tessutali. Se l’anticorpo è fluoreiscinato si

parla di immunofluorescenza. Specifici anticorpi contro un gran numero di

antigeni possono essere usati sia su sezioni in paraffina che congelate. Essi

includono molecole di adesione, antigeni oncofetali, agenti infettivi, apoptosi,

proteine del ciclo cellulare, markers di differenziazione cellulare, oncogeni,

fattori di crescita, ormoni, filamenti intermedi, matrice extracellulare,

antigeni ematologici, proteine gene mismatch riparatore, antigeni neurologici,

geni tumore soppressori.

La scoperta di proteine target nei tessuti è il nuovo obiettivo terapeutico nella

diagnostica patologica.

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Alcian blu: per l’evidenziazione delle mucine acide su sezioni di tessuto

P.A.S.(Periodic Acid Shiff): per l’evidenziazione del glicogeno e per la

dimostrazione delle glicoproteine

May Grunwald Giemsa: per la differenziazione dei tipi cellulari

e l’evidenziazione dei parassiti su sezioni di tessuto; particolarmente indicato per i

tessuti emolinfopoietici.

Giemsa: per la visualizzazione del batterio Helicobacter pylori su sezioni di

biopsia gastrica

Gram: per la differenziazione dei batteri Gram positivi e Gram negativi

Weigert: per evidenziare le fibre elastiche (patologia vascolare)

Weigert Van Gieson: per evidenziare fibre elastiche , connettivo, collagene

Tricromica Van Gieson: per il tessuto connettivo, particolarmente indicato per

evidenziare le fibre collagene.

Tricromica di Mallory: metodo di riferimento per la visualizzazione del tessuto

connettivo; particolarmente indicata per l’evidenziazione di collagene, reticolo,

cartilagine, ossa, amiloide

Rosso Congo: per l’evidenziazione dell’amiloide su sezioni di tessuto

Orceina: per la individuazione delle fibre elastiche

Luxol fast blu: per l’evidenziazione della mielina

Oil red O: per la evidenziazione dei lipidi su sezioni criostatiche di tessuto

P.T.A.H. Ematossilina acida fosfotugstica: per la colorazione della neuroglia, per

il tessuto muscolare liscio e striato e per la fibrina

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Impregnazione argentica: metodo di elezione per la visualizzazione delle

fibre reticolari argirofile del connettivo

Grimelius: per la visualizzazione di sostanze argirofile su sezioni di tessuto

Grocott: per la visualizzazione dei funghi su sezioni di tessuto

Von Kossa: per la visualizzazione di ioni calcio su sezioni istologiche

Masson Fontana: per la visualizzazione del pigmento melanico su sezioni di

tessuto

Silver Metenamina (PASM): per la visualizzazione di elementi argirofili e

mucopolisaccaridici (membrane basali, miceti, batteri) su sezioni di tessuto.

E’ il metodo di elezione per lo studio della membrana basale nella biopsia

renale

COLORAZIONI ISTOCHIMICHE

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In immunoistochimica gli antigeni costituiscono i marker identificativi di una cellula o un

tessuto; questi marker sono riconosciuti da appropriati anticorpi e questi ultimi sono

menzionati con il nome dell’antigene che identificano talora preceduti dalla dizione anti;

altre volte il nome dell’anticorpo ricalca la denominazione del clone da cui proviene.

Gli anticorpi sono suddivisi in.

1) Epiteliali:citocheratine, EMA, PSA,HSA, cromogranine, SPF, Tireoglobulina, marker

epiteliali ca associati:AFP, CEA, CA125, RCC, MUC1 e MUC2

2) Mesenchimali: vimentina, actina muscolo-specifica, calretinina, CD31, CD34,

collageni, desmina, DOG-1, GFAP, MelanA, Miogenina, miosina,NF, podoplanina,

proteina S100.

3) Emolinfopoietici: CD3, CD20, CD4, CD5, CD8, CD7, CD2, CD1a, CD30, CD15,

CD21, CD23, CD38, CD35, CD56, CD57, CD79, CD99, CD138, Glicoforina, LAT,

fattore VIII, MPO, PAX5.

4) Ormoni, recettori ormonali e proteine correlate

5) Oncoproteine, fattori di crescita, e loro recettori: BCL2, BCL6, HER2, p53, p16

6) Marker associati al ciclo cellulare: cicline, Ki67, MIB1

7) Marcatori della matrice extracellulare: laminina, fibronectina, tenascina

8) Molecole di adesione: caderine

9) Enzimi: catepsine, enolasi, fosfatasi acida prostato-specifica, PLAP

10) Virus, batteri, protozoi: CMV, EBV, HPV, HSV, HBV, HCV, micobatteri, pneumocystis

carinii, toxoplasma

Immunoistochimica

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Tumor budding

Anti-pancitocheratine

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MLH1 MSH2

Adenocarcinoma colico

MLH1

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L’ibridazione in situ (ISH) permette di identificare specifiche molecole di

DNA e RNA su sezioni tissutali e in particolare può essere utile per

caratterizzare le proprietà molecolari di alcune neoplasie.

Citogenetica tissutale: permette la visualizzazione dei cromosomi. Questa

tecnica è utile per identificare difetti genetici come la traslocazione

cromosomale

Citometria a flusso: è una tecnica utilizzata per determinare

l’immunofenotipo. E’ particolarmente utile per la diagnosi di differenti

tipi di leucemia e linfoma.

L’esame al Microscopio Elettronico: consiste nell’esaminare il tessuto con

il microscopio elettronico per visualizzare a maggiore ingrandimento

organelli all’interno delle cellule non visibili al microscopio ottico. La

ME può essere utile per particolari patologie come le malattie renali.

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FISH (Fluorescent in situ hybridization)

Le cellule neoplastiche proliferanti possono essere amplificate in vari

modi. Piccole mutazioni, traslocazioni o amplificazioni di geni (aumento

della copia di geni) possono essere valutate attraverso piccole sequenze

di DNA (cDNA), chiamate sonde che si legano specificamente al DNA

delle cellule da testare. Queste sonde sono marcate con un fluorocromo

e il prodotto di reazione è visibile con il microscopio a fluorescenza.

Pertanto è possibile valutare per esempio nel cancro della mammella o

dello stomaco il gene HER2-neu. Le sonde più frequentemente usate e

disponibili per tessuti in paraffina sono HER2-neu, EGFR, n-myc

(neuroblastoma), IGH/MYC (linfoma di Burkitt), EWS (tumore di

Ewing/PNET), SYT (sarcoma sinoviale), FKHR (rabdomiosarcoma

alveolare), API2/MALT1 (linfoma MALT), IGH/CCND1 (linfoma

mantellare), 1p36/1q25 e 10q13/19p13 (oligodendroglioma).

CISH/SISH

E’ una procedura analoga alla FISH in cui viene cambiato solo il

cromogeno per permettere ai vetrini di conservarsi per lunghi periodi, al

contrario della fluorescenza in cui il segnale scompare rapidamente, e

per osservare i preparati in campo chiaro.

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MSI-H

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Riarrangiamento genico

Nella diagnosi patologica delle malattie linfoproliferative a volte la

diagnosi differenziale tra linfoma e processi linfoproliferativi reattivi

può risultare molto problematica. In questi casi i test molecolari per la

determinazione della clonalità dei linfociti B e T mediante analisi del

riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline e del T cell receptor

(TCR) si sono dimostrati di notevole utilità.

L’analisi molecolare della clonalità nei linfomi si basa sul principio che

tutte le cellule neoplastiche hanno una comune origine clonale e

mostrano pertanto geni delle immunoglobuline e del TCR clonalmente

riarrangiati. La diagnosi dei processi linfoproliferativi maligni B e T

linfocitari pertanto è supportata dal riscontro di clonalità rispettivamente

dei geni delle immunoglobuline e del TCR, mentre le proliferazioni

linfoidi reattive presentano geni delle immunoglobuline e del TCR

riarrangiati policlonalmente.

La tecnica della PCR consente di valutare il riarrangiamento dei geni

delle immunoglobuline e del TCR. In sintesi questa tecnica utilizza la

PCR per amplificare le V(D)J splice junctions altamente variabili del

recettore delle cellule T o dei geni delle immunoglobuline.

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I prodotti del test PCR per la valutazione della clonalità vengono risolti

con gel ad alta definizione oppure vengono sottoposti ad elettroforesi

capillare seguita dall’analisi con appositi software.

Le proliferazioni clonali neoplastiche sono caratterizzate dalla presenza

di uno e talvolta due picchi (a seconda del riarrangiamento di uno o

entrambi gli alleli) mentre le proliferazioni policlonali reattive

presentano una serie di picchi nessuno preminente rispetto agli altri.

Nell’ambito della diagnostica istopatologica l’analisi del riarrangiamento

dei geni delle immunoglobuline e del TCR trova la sua principale

applicazione nei casi in cui la diagnosi differenziale tra processo reattivo

e processo linfomatoso risulti problematica sulla base dei soli reperti

morfologici e immunoistochimici, ed in particolare quando si pone il

dubbio tra una neoplasia incipiente e una iperplasia reattiva. Inoltre è

molto utile quando il materiale diagnostico risulti insufficiente per una

esaustiva analisi morfologica richiedendo quest’ultima la valutazione di

parametri architetturali oltre che citologici. Infine questa metodica può

essere validamente utilizzata per accertare o escludere la relazione

clonale tra due linfomi insorti nello stesso paziente, distinti

anatomicamente o cronologicamente.

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Analisi della clonalità nei processi linfoproliferativi

• Tutte le cellule neoplastiche hanno una comune origine clonale • Tutti i linfociti B e T presentano riarrangiamento genico del recettore antigenico • La diagnosi di linfoma maligno B o T linfocitario è supportata dal riscontro di clonalità del riarrangiamento rispettivamente dei geni delle immunoglobuline e del TCR

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Riarrangiamento dei geni IgH

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Riarrangiamento dei geni del TCRγ

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PCR versus Southern blot

• Piccole quantità di DNA (0,1-1 μg)

• DNA di media qualità (300 bp)

• Possibilità di utilizzare tessuto in paraffina

• Elevata sensibilità (1-5% e talvolta < 1% delle cellule tumorali)

• Basso costo e rapidità di esecuzione

• Assenza di materiale radioattivo

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Problemi analisi PCR • Falsi positivi: Lettura subottimale dei prodotti PCR • Falsi negativi: DNA di scarsa qualità Appaiamento inadeguato dei primers: 1) Numero limitato di primers 2) Ipermutazione somatica

• Utilizzo di numerosi primers

• Valutazione dei riarrangiamenti incompleti

• Utilizzo di target non soggetti a ipermutazione (DH-JH e IgK-Kde)

• Complementarietà dei bersagli (ad es. IgH e IgK; TCRβ e TCRγ)

• Nuove metodologie per l’analisi dei prodotti PCR

BIOMED-2 concerted action

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18 reazioni multiplex

107 primers differenti

Analisi Heteroduplex

o

Analisi con Gene-scan

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Validazione BIOMED- 2

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Estrazione DNA

Controllo qualità DNA

Analisi tramite Gene-Scan

PCR con i primers BIOMED-2 IgH, IgK e TCR γ

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Caso 1

Caso 59

Risultato monoclonale

Risultato policlonale

Risultato policlonale

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Campione 39. Infiltrato linfoide sospetto gastrico possibilmente linfomatoso (Whoterspoon 4).

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Campione 26. Linfoma maligno B linfocitario della zona marginale extranodale mucosa-associato. 342 356

277

145

287

226,36

Campione 26

Campione 26

Campione 26

Campione 26

Campione 26

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Analisi del riarrangiamento delle Ig e del TCR • 5-10% dei casi • Indicazioni più frequenti:

• Iperplasia follicolare versus Linfoma follicolare • Proliferazioni linfoidi extranodali:

• Dermatite cronica versus Micosi fungoide • Iperplasia B linfocitaria versus linfoma B linfocitario

(marginale o follicolare) • Gastrite versus linfoma MALT • Malattia celiaca versus Linfoma T linfocitario associato a

enteropatia • Relazione clonale tra processi linfomatosi

• Materiale insufficiente per un’ analisi morfologica diagnostica

• Limiti: • Clonalità non è sinonimo di malignità • Pseudoclonalità • Elevato costo

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Tecniche di preparazione in Anatomia Patologica Macroscopica

- La richiesta di esame istologico: contenuti

- I diversi tipi di esame istologico: resezione, biopsia, biopsia intraoperatoria

- Principi generali per la preparazione, la conservazione e il trasporto dei

campioni istologici

- Il reperto macroscopico: contenuti

- Principi fondamentali per il prelievo dei campioni

- Significato e metodi della valutazione dei margini di resezione

- Significato della biopsia intraoperatoria: vantaggi e limiti. Tecniche speciali di

allestimento dei campioni per esame intraoperatorio

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La richiesta di esame istologico

• Ogni campione (o gruppo di campioni prelevati dal medesimo paziente)

deve essere accompagnato da una scheda di richiesta compilata in

maniera chiara e leggibile, firmata dal medico richiedente. Essa deve

essere protetta dal contatto con materiali biologici o fissativi.

• La richiesta di esame istologico deve contenere i seguenti dati essenziali:

– identificazione del paziente: cognome, nome,sesso, data e luogo di

nascita, numero di tessera sanitaria, codice nosografico (degenti),

regime in cui si effettua la prestazione (degenza, day-hospital,

ambulatorio)

– identicazione del mittente: ente o ospedale di provenienza, reparto

di degenza o ambulatorio, numero di cartella clinica, medico che ha

effettuato il prelievo, medico richiedente (se differente), destinatario

della risposta

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– identificazione del campione: tipo di prelievo o di intervento

chirurgico effettuato, materiale inviato, sede (o sedi) di prelievo,

indicazioni topografiche (o eventuali reperi chirurgici), data del

prelievo.

I prelievi multipli devono essere chiaramente indicati e corrispondenti

a quanto indicato sul contenitore

– dati clinici: notizie anamnestiche essenziali, esami istologici e/o

citologici precedenti (data, diagnosi); esami radiologici e/o di

laboratorio significativi; eventuali trattamenti in corso o pregressi,

eventuali patologie infettive rilevanti, (tali patologie vanno indicate

anche sul contenitore);

– dati di ricezione: data e ora della ricezione del campione

La richiesta di esame istologico

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I diversi tipi di esame istologico : Resezione, Biopsia, Biopsia Intraoperatoria, Consulto

• Resezione: pezzo operatorio semplice o complesso, biopsia escissionale

– Richiede una descrizione macroscopica precisa, accurata e non prolissa del

campione ed è compito specifico del medico. La descrizione macroscopica

deve essere precisa ed esaustiva perché una volta smaltito il pezzo operatorio

essa rappresenta l’unico documento che attesta le caratteristiche

macroscopiche del campione. Inoltre quest’ultima rimane parte integrante

del referto istopatologico.

• Biopsia

– Incisionale: con la biopsia incisionale viene campionata soltanto una parte

della lesione; ha scopo strettamente diagnostico.

– Escissionale: con la biopsia escissionale viene rimossa l’intera lesione, in

genere con una rima di tessuto normale; ha scopo diagnostico e terapeutico.

Richiede una descrizione macroscopica.

Le biopsie vengono classificate anche in base al tipo di strumento utilizzato per

l’esecuzione: bisturi, elettrocauterio, ago, endoscopio.

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Biopsia

Regole basilari nella effettuazione di una biopsia

• Più grande è la lesione maggiore è il numero di prelievi da eseguire per

la possibile presenza di eterogeneità e perché le aree diagnostiche

potrebbero essere presenti solo focalmente

• Nelle neoplasie ulcerate evitare l’area centrale ulcerata poiché

quest’ultima potrebbe mostrare solo necrosi o infiammazione; preferire la

periferia che includa sia tessuto normale che tessuto patologico

• La biopsia deve essere abbastanza profonda da poter documentare i

rapporti tra il tumore e lo stroma.

• Qualora con la biopsia si ottenessero più frammenti tissutali è

indispensabile inviare tutti i frammenti all’Anatomia Patologica per

essere sottoposti all’esame istologico

• Evitare gli artefatti da strisciamento o da schiacciamento

• Una volta effettuata la biopsia porla immediatamente nell’apposito

contenitore con un adeguato volume di fissativo

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Biopsia intraoperatoria

Esame estemporaneo, esame al criostato, esame al congelatore, esame

intraoperatorio o solo congelatore sono tutti sinonimi ed indicano l’esame

macroscopico e microscopico di tessuti inviati “a fresco” ovvero senza

fissativo dal Chirurgo in corso di intervento chirurgico

Campo di applicazione: tutte le richieste di consulenza diagnostica in cui

sia indicata l’esecuzione di esame istologico mediante l’utilizzo della

metodologia di refrigerazione e sezione al criostato con risposta

intraoperatoria.

L’esame estemporaneo rappresenta una delle procedure diagnostiche più

importanti ed impegnative per l’anatomo patologo. Richiede notevole

esperienza, conoscenza approfondita non solo della Anatomia Patologica

ma anche della clinica, richiede capacità di prendere decisioni veloci in

condizioni di stress, buon senso critico e coscienza dei limiti della

procedura.

Non di rado vi è una richiesta inappropriata di questa procedura da parte

del chirurgo:

per soddisfare la propria curiosità

per comunicare immediatamente il risultato ai parenti

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Indicazioni principali:

– Stabilire la presenza e la natura di una lesione, cioè ottenere una diagnosi

attraverso la quale possa essere presa una decisione terapeutica (es. lesione

benigna o maligna, valutazione dell’adeguatezza dei margini di resezione,

determinazione della estensione della malattia tale da modificare il tipo di

intervento, identificare un tessuto in esame);

– Accertare l’adeguatezza del materiale bioptico prelevato per la diagnosi.

Controindicazioni

L’esame intraoperatorio è controindicato quando:

– Non comporta modifiche nella conduzione dell’intervento chirurgico

oppure viene effettuato solo per accelerare il tempo di risposta

– Può comportare perdita determinante di tessuto indispensabile per la

diagnosi definitiva

– I frammenti tissutali da esaminare sono troppo piccoli inferiori a 0,5 cm di

diametro, con esclusione di casi particolari in cui questo è necessario, es.

biopsie stereotassiche di tumori cerebrali

– Sono presenti lesioni tipicamente focali, es. cancerizzazione di adenomi del

colon

– Lesioni mammarie non palpabili prive di repere o inferiori a 0,5 cm di

diametro

Biopsia intraoperatoria

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Biopsia intraoperatoria

Il materiale da esaminare deve pervenire dalla sala operatoria in laboratorio allo

stato fresco e nel tempo più breve possibile accompagnato da tutte le notizie

cliniche disponibili e dal quesito diagnostico.

Allestimento dei preparati

Una volta effettuata la accettazione del campione il patologo effettua le seguenti

operazioni:

– controllo dei dati della richiesta, dei dati scritti sul contenitore e dei dati

dell’accettazione comprese le eventuali diagnosi precedenti allegate

– descrizione macroscopica del pezzo, anche attraverso l’utilizzo di eventuali

radiografie allegate

– chinatura, prelievo della lesione e trasferimento del prelievo, con

orientamento del pezzo sul supporto da microtomo; per fare aderire il

frammento prescelto per l’esame al supporto metallico è utile porre su

quest’ultimo una sufficiente quantità di composti contenenti glicole

polietilenico idrosensibile tipo OCT

• Le dimensioni del campione e soprattutto lo spessore sono molto

importanti ai fini della rapidità del congelamento. Quando possibile

eliminare i lobuli adiposi in eccesso.

• In qualche caso è necessario che il chirurgo identifichi l’area da

esaminare con reperi.

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Biopsia intraoperatoria

Allestimento dei preparati

– congelamento del prelievo al criostato (apparecchio refrigerato a -20°C

con microtomo incorporato, necessario per l’allestimento di sezioni di

tessuto inviato “a fresco”)

– allestimento di sezioni criostatiche

– colorazione delle sezioni raccolte su vetrino con Ematossilina Eosina e

Toluidina, montaggio e numerazione

– il materiale non congelato resta a disposizione per eventuali ulteriori

prelievi qualora il primo si riveli insufficiente per la diagnosi;

– dopo che la diagnosi viene comunicata al chirurgo il materiale non

congelato viene posto in fissativo e conservato per il successivo

campionamento e l’esame definitivo; ciò che rimane del prelievo/i

utilizzato per l’esame estemporaneo deve essere scongelato, posto in

fissativo ed incluso in paraffina per l’allestimento di sezioni permanenti.

– le sezioni utilizzate per la diagnosi intraoperatoria devono essere

conservate ed allegate al caso per la diagnosi definitiva.

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Esame al microscopio e diagnosi

• Finalità dell’esame estemporaneo è fornire una diagnosi precisa e conclusiva,

orientata alla strategia terapeutica, ed è quasi sempre possibile; quando non sia

possibile, la diagnosi definitiva deve essere differita all’esame per inclusione

• In caso di dubbio ogni medico, anche se non di turno agli esami intraoperatori, è

tenuto alla immediata collaborazione consultiva; per le incertezze importanti il

medico di turno deve rivolgersi ad un livello superiore di competenza

• La diagnosi intraoperatoria è documentata sul foglio di richiesta dove viene

scritta insieme alla descrizione macroscopica e siglata dal medico che ha

effettuato l’esame con le sigle degli eventuali collaboratori e con il nome del

medico di Sala Operatoria cui viene comunicata la diagnosi

• La diagnosi è rappresentata da una concisa ma completa descrizione dello stato

di normalità o patologia facendo uso di terminologia codificata e condivisa e

ponendo particolare attenzione al quesito posto dal chirurgo. Quando necessario

si deve fare riferimento a terminologie e classificazioni note ai clinici o con gli

stessi preventivamente concordate e di generale accettazione (WHO, TNM).

Biopsia intraoperatoria

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Refertazione

• Il patologo riferisce tramite comunicazione telefonica al chirurgo la

diagnosi intraoperatoria nel minor tempo possibile.

• Alla diagnosi verbale segue il referto definitivo del caso, eseguito sul

materiale residuo allestito con le normali procedure per inclusione,

comprendente anche la diagnosi intraoperatoria

• Per l’esame intraoperatorio sono rilevati i seguenti indicatori di qualità:

– Tempi di risposta (TAT)

– Concordanza diagnostica tra diagnosi intraoperatoria e diagnosi definitiva

Biopsia intraoperatoria

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Consulto

Consulenza inerente diagnosi già formulate

E’ opportuno che l’anatomo-patologo conceda in visione, nell’interesse del

paziente, a richiesta del medesimo o di istituzioni o professionisti delegati

dal paziente, il materiale relativo al caso al fine del suo corretto trattamento.

In tal caso il patologo che ha formulato la diagnosi invierà una copia dei

preparati istologici (dopo accurata revisione delle nuove sezioni allestite per

accertare la sostanziale identità con i preparati originali) insieme ad una

copia del referto e successivamente il patologo ricevente, una volta stilata la

diagnosi, ne invierà copia al primo patologo.

Tale pratica non ha l’obiettivo di mettere in dubbio la diagnosi del patologo

ma di assicurare una uniformità di diagnosi e di nomenclature; talora può

anche essere necessaria al fine di valutare l’evoluzione di una malattia

consentendo dei confronti con campioni successivi dello stesso paziente.

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Consulenza inerente diagnosi da formulare

La richiesta di consulenza inerente casi difficili e controversi è assai diffusa tra

i patologi. Essa rappresenta una pratica che si rivela utile per il patologo che

richiede il parere, per il patologo che lo fornisce e per il paziente che beneficia

di una forma di garanzia di qualità.

Il patologo che richiede la consulenza deve mettere a disposizione tutto il

materiale disponibile e fornire ogni altra informazione rilevante

Se il parere richiesto è informale la responsabilità diagnostica non può essere

attribuita al consulente

La richiesta formale di consulenza va inoltrata per iscritto

L’avvenuta richiesta di consulenza formale andrebbe sempre segnalata sul

referto sia provvisorio sia definitivo

La diagnosi formulata in seguito a richiesta formale va redatta per iscritto

Il consulente dovrebbe essere informato della evoluzione del caso esaminato

Consulto

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Modalità di preparazione e conservazione

dei campioni istologici

• Il materiale appena prelevato deve essere posto in contenitori di adeguate

dimensioni nei quali venga immediatamente aggiunta formalina neutra

tamponata al 10% e deve essere inviato al laboratorio di Anatomia

Patologica entro 24 ore.

Identificazione del campione

Per evitare ogni possibilità di errore è importante l’identificazione corretta

del campione dall’atto del prelievo all’accettazione pertanto

• Il contenitore deve riportare sulla parete e non sul coperchio una etichetta

con le seguenti informazioni:

– Dati anagrafici

– Reparto di provenienza

– Tipo di materiale inviato e sede anatomica

NOTA BENE:

Sul contenitore deve essere evidenziata l’eventualità di rischio

biologico in caso di prelievi appartenenti a pazienti con patologie

infettive rilevanti

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Regole da seguire nella preparazione e conservazione del campione

– Il volume della formalina deve essere almeno 10 volte il volume del

campione

– L’impiego come fissativo di alcool etilico, puro o denaturato, è

sconsigliato: il suo violento effetto coartante rende impossibile il

giudizio diagnostico basato sulle strutture cellulari

– Il materiale deve essere conservato a temperatura ambiente

– Il contenitore deve essere perfettamente chiuso e pulito all’esterno

– Il materiale deve essere inviato il più possibile integro senza dissezioni

o tagli preliminari impropri che possano pregiudicare la completezza e

l’affidabilità dell’esame macroscopico

– In caso di invio di più pezzi dello stesso paziente segnare sui contenitori

la sede e la lateralità di ogni prelievo e i dati per l’identificazione del

caso

Modalità di preparazione e conservazione

dei campioni istologici

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Campioni inviati allo stato fresco

Campioni inviati allo stato “fresco”

– campioni destinati al consulto intraoperatorio

– biopsie cutanee e renali destinate all’immunofluorescenza

– campioni in cui viene effettuata la refertazione di parametri

biomolecolari (resezioni colorettali)

Regole da seguire per l’invio dei campioni allo stato “fresco”

– porre il campione nel contenitore, adagiandolo su una garza

inumidita con soluzione fisiologica in maniera da impedire

l’essiccamento del campione

– non immergere il campione in soluzione fisiologica

– non aggiungere formalina

– inviare immediatamente al laboratorio di Anatomia Patologica

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Il materiale congelato è stoccato a temperatura molto bassa (-80°C)

per evitare la formazione di cristalli; questi a tale temperatura sono

pressocchè invisibili al microscopio a luce mentre a temperature più

vicine allo zero potrebbero aumentare di volume all’interno del

tessuto alterandone profondamente le cellule. A seconda delle

esigenze diagnostiche pertanto lo stesso campione prelevato può

essere opportunamente sezionato e suddiviso in frammenti più piccoli

che sono allestiti differentemente (ad es. possono essere fissati e

inclusi in paraffina per indagini morfologiche e immunofenotipiche o

congelati per indagini di biologia molecolare). Il congelamento deve

essere il più rapido possibile, un congelamento lento infatti può

causare artefatti dovuti alla formazione di grossolani cristalli di

ghiacci che rompono le cellule. Questo fenomeno è più critico in

tessuti ricchi di acqua come i linfonodi.

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Trasporto dei campioni

Il trasporto dei campioni diagnostici, se impropriamente eseguito, può

rappresentare un potenziale rischio di infezione, sia per il personale

specificamente addetto a questa mansione sia per il personale addetto

alla ricezione di tali campioni.

Procedure da seguire per il trasporto dei campioni

• Inserire sempre il recipiente contenente il campione nell’apposita busta

di plastica (un campione per ciascuna busta)

• Collocare il contenitore cosi confezionato in posizione verticale

all’interno di un contenitore a valigetta con chiusura a tenuta

N.B.I moduli di richiesta di esame istologico non vanno avvolti attorno ai

contenitori ma devono essere tenuti all’esterno del contenitore a

valigetta, opportunamente protetti da possibili contatti con liquidi

biologici o fissativi.

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Campioni citologici

Ogni campione (o campioni multipli dello stesso paziente) deve essere

accompagnato da apposita richiesta di esame citologico. Sul contenitore deve

essere evidenziata l’eventualità del rischio biologico in caso di materiali

provenienti da pazienti con patologie infettive rilevanti.

Sulle pareti del contenitore devono essere scritti in modo chiaro e leggibile i

dati anagrafici del paziente.

Versamenti o materiale con fissativo liquido: deve essere inviata l’intera

quantità prelevata con aggiunta di anticoagulante in contenitore a parete rigida

provvisto di chiusura ermetica riportante in modo chiaro e leggibile: i dati

anagrafici del paziente e il reparto di preovenienza e il tipo di materiale

contenuto

Vetrini già strisciati: i vetrini fissati immediatamente con applicazione

dell’apposito spray devono essere inviati in contenitori che ne evitino la rottura

o la sovrapposizione e riportare a matita e sullo stesso lato dello striscio

sull’apposita banda: cognome e nome del paziente e sede del prelievo

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Preparazione esami citologici Il materiale citologico può pervenire come vetrino già strisciato e fissato pronto

per la colorazione oppure come materiale da allestire.

La preparazione degli esami avviene a cura del personale tecnico del laboratorio

di citologia.

Vetrini già strisciati e fissati:

Numerazione

Colorazione

Montaggio

Consegna preparati al personale biologo

Materiale da allestire:

Eventuale descrizione quali-quantitativa del materiale

Allestimento dei vetrini secondo la modalità più idonea alla tipologia del

campione

Fissazione del materiale (con alcol etilico a 95°o mediante essiccamento all’aria)

Colorazione e montaggio

Etichettatura

Consegna preparati

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Preparazione esami istologici

La preparazione degli esami istologici con la tecnica della fissazione e

inclusione in paraffina del tessuto avviene mediante una serie di passaggi

ad opera del personale medico e tecnico del laboratorio di Istologia con l’ausilio

di diversi strumenti:

•Descrizione macroscopica del campione, eventuale selezione, dissezione e

orientamento spaziale delle parti da esaminare

•Fissazione dei campioni e allestimento di biocassette

•Disidratazione dei campioni nelle biocassette mediante processatore

automatico

•Inclusione dei campioni in paraffina

•Taglio al microtomo di sezioni paraffinate e allestimento dei vetrini

•Sparaffinatura e reidratazione delle sezioni

•Colorazione di routine sulle sezioni con ematossilina-eosina mediante

coloratore automatico

•Eventuali colorazioni speciali istochimiche e immunoistochimiche

•Montaggio dei vetrini con coprioggetto

•Etichettatura dei vetrini e abbinamento con le stampe relative

•Consegna dei casi al personale medico per la lettura al microscopio

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Il reperto macroscopico

• Una descrizione macroscopica precisa, accurata è il primo atto

necessario per la formulazione della diagnosi istopatologica ed è

compito specifico del medico. Essa deve essere precisa ed esaustiva

perché una volta smaltito il pezzo rimane l’unico documento che

attesta le caratteristiche macroscopiche del campione

Scopo principale della descrizione macroscopica è:

– fornire informazioni sul pezzo operatorio all’istopatologo che

esegue la diagnosi al microscopio e non ha visionato

personalmente il pezzo operatorio

– costituire parte integrante della diagnosi; essa viene infatti

riportata sul referto istopatologico

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Descrizione

• organo o strutture anatomiche riconoscibili

• dimensioni e peso dell’organo e delle lesioni

• numero delle lesioni e distanze reciproche

• rapporti anatomici delle lesioni, in particolare la distanza dai margini chrurgici

• aspetto, consistenza, colore, tipo di margini

Mappatura

• topografia e numero dei prelievi (dando a ciascun prelievo un numero di

identificazione ed una etichetta)

• precisazione sul numero dei prelievi per cassetta quando necessario (un linfonodo

tagliato in due metà)

• precisazione sulla sede dei reperi

• indicazione della entità di tessuto mandato all’allestimento microscopico (campione

incluso in toto o in parte)

• segnalazione di eventuali prelievi per metodiche speciali (determinazione dello

stato recettoriale, immunoistochimica per citocheratine)

• segnalazione di eventuali trattamenti speciali da effettuare (linfonodo sentinella,

china rossa)

Identificazione del medico che ha effettuato la descrizione e i prelievi

Il reperto macroscopico

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La fissazione

Formalina

• La formalina tamponata neutra al 10% rappresenta il fissativo di prima

scelta ed è il più comunemente usato essa infatti consente una buona

conservazione del dettaglio citologico ai fini dell’esame istopatologico di

routine.

• I campioni fissati in formalina possono essere utilizzati per indagini di

immunoistochimica, ibridazione in situ e biologia molecolare (in questi

casi è preferibile non prolungare il tempo di fissazione oltre le 12-24 ore).

• Consente la fissazione preliminare di voluminosi pezzi operatori che

necessitano di successive riduzioni

• Permette la conservazione di residui di pezzi operatori anche per

prolungati periodi di tempo

Liquido di Bouin

• Il liquido di Bouin è una composizione di: acido picrico, soluzione

acquosa satura, formaldeide 40% e acido acetico glaciale.

• E’ particolarmente adatto per fissare l’inchiostro di china utilizzato per la

marcatura dei margini

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Metodiche complementari per il prelievo dei pezzi

operatori

Disegni o grafici

• Per i pezzi operatori complessi è sempre raccomandabile l’uso di

disegni o grafici che illustrino le modalità di prelievo. Possono anche

essere usati moduli con schemi prestampati.

Fotografia

• In caso di campioni particolarmenti complicati o con patologie poco

frequenti alla descrizione macroscopica può essere affiancata una

riproduzione fotografica utilizzando macchine fotografiche digitali o

sistemi di archiviazione di immagini computerizzati

– tale procedura consente di precisare meglio l’estensione

macroscopica delle lesioni

– può servire per mappare le sedi precise dei prelievi eseguiti

– può assistere in possibili problemi di carattere medico-legale

– potrebbe essere utilizzata per costituire un archivio anatomo-

patologico macroscopico

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Marcatura dei margini di resezione con inchiostro di

china

• In tutti i casi in cui è indispensabile esaminare i margini di resezione è

utile colorare questi ultimi con inchiostro di china che rimane visibile nel

preparato istologico finale.

– i campioni che pervengono già fissati in formalina devono essere

asciugati per bene con garza, colorati con l’inchiostro di china e

immersi brevemente in liquido di Bouin per fissare l’inchiostro.

Successivamente il prelievo verrà incluso in modo da mettere in

evidenza il margine colorato con l’inchiostro di china

– è bene chinare il campione prima di effettuare alcun tipo di taglio per

evitare che la china diffonda nei tessuti

– quando si vogliono identificare contemporaneamente più margini è

possibile utilizzare inchiostri di diversi colori

– talvolta è necessario raccogliere subito le prime sezioni per vedere se

sul margine vi è neoplasia (es. cuneo di labbro)

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Regole generali per il prelievo dei campioni

• Prelevare tutte le aree ritenute macroscopicamente patologiche

• Prelevare le lesioni con parte del tessuto sano adiacente

• Eseguire un numero sufficiente di prelievi correlato alle dimensioni del

campione e alla patologia

• Mappare i prelievi

• Prelevare i punti di maggiore infiltrazione macroscopicamente

accertabile

• Prelevare accuratamente i margini di resezione

• Nelle patologie neoplastiche prelevare tutti i linfonodi cercandoli

accuratamente

• Conservare il pezzo operatorio residuo in formalina per eventuali

ulteriori prelievi e quando necessario conservare le diverse parti in

contenitori separati o avvolte in garza con opportuna identificazione in

modo da consentire il riconoscimento dei tessuti che interessa

ricampionare dopo l’esame microscopico (es. tiroide, ovaie ecc.)

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STADIAZIONE DEI

TUMORI

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I PRINCIPI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

LA CLASSIFICAZIONE TNM DEI TUMORI MALIGNI

È BASATA SULLA DETERMINAZIONE CLINICA ED

ISTOPATOLOGICA (QUANDO POSSIBILE) DELLA

LORO ESTENSIONE ANATOMICA.

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CARATTERISTICHE DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

• I PRINCIPI DI BASE DELLA CLASSIFICAZIONE TNM SONO

APPLICABILI A TUTTE LE SEDI ANATOMICHE

• LE CATEGORIE DELLA CLASSIFICAZIONE TNM SONO

DEFINITE CLINICAMENTE E POSSONO, IN UN SECONDO

TEMPO, ESSERE RIDEFINITE DA ULTERIORI INFORMAZIONI

OTTENUTE CON L'ESAME ISTOPATOLOGICO E/O CON LA

CHIRURGIA.

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La classificazione TNM descrive l'estensione anatomica del

tumore, basandosi sulla valutazione di tre componenti:

•T - identifica l'estensione del tumore primitivo;

•N - identifica l'estensione di metastasi nei linfonodi regionali;

•M - identifica l'assenza o la presenza di metastasi a distanza.

L'aggiunta di numeri a queste

tre componenti indica l'estensione del tumore:

T0, T1, T2, T3, T4

N0, N1, N2, N3

M0, M1

NORME GENERALI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

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NORME GENERALI

APPLICABILI A TUTTE LE SEDI

1. TUTTI I CASI DEVONO ESSERE CONFERMATI

ISTOLOGICAMENTE. I CASI SENZA CONFERMA ISTOLOGICA

DEVONO ESSERE RIPORTATI SEPARATAMENTE.

2. PER OGNI SEDE SONO DESCRITTE DUE CLASSIFICAZIONI:

A) CLASSIFICAZIONE CLINICA (CLASSIFICAZIONE CLINICA PRE-

TRATTAMENTO), INDICATA COME TNM (cTNM). ESSA È BASATA

SUI DATI RACCOLTI PRIMA DEL TRATTAMENTO ATTRAVERSO

L'ESAME OBIETTIVO, LE TECNICHE D'IMMAGINE, LE

ENDOSCOPIE, LE BIOPSIE, LE ESPLORAZIONI CHIRURGICHE,

ED ALTRI ESAMI SPECIFICI.

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NORME GENERALI

APPLICABILI A TUTTE LE SEDI

b) Classificazione patologica

Classificazione istopatologica o post-chirurgica indicata

come pTNM. Essa è basata sui dati derivati dall’intervento

chirurgico e dagli esami patologici. La valutazione

patologica del tumore primitivo (pT) implica l'asportazione

del tumore primitivo o una biopsia tale da consentire la

determinazione della più alta categoria pT.

La valutazione patologica dei linfonodi regionali (pN)

richiede la rimozione e l’esame di un numero sufficiente di

linfonodi; per ogni linfoadenectomia è indicato il numero

minimo di linfonodi necessario per definire correttamente la

categoria pN.

L'accertamento patologico di metastasi a distanza (pM)

implica l'esame microscopico.

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La stadiazione patologica non sostituisce la stadiazione

clinica.

La classificazione TNM è un sistema duale che consiste in

una stadiazione clinica (pre-trattamento, cTNM o TNM) e una

stadiazione patologica (post-chirurgica, o pTNM).

Entrambe le classificazioni devono essere riportate nella

scheda del paziente. La stadiazione clinica è utile per

discutere le indicazioni al trattamento primario, la stadiazione

patologica è utile per avere informazioni sulla prognosi e può

essere anche utilizzata in alcuni casi per decidere l’impiego di

una terapia adiuvante.

NORME GENERALI

APPLICABILI A TUTTE LE SEDI

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NORME GENERALI

APPLICABILI A TUTTE LE SEDI

3. Dopo aver definito le categorie T, N e M e/o pT, pN e pM

queste possono essere raggruppate in stadi.

Lo stadio clinico è essenziale per scegliere e valutare la

terapia, mentre lo stadio patologico fornisce indicazioni

utili per la prognosi e per valutare i risultati finali.

4. Se esistono dei dubbi riguardanti la corretta categoria T, N

o M di un caso particolare, va scelta la categoria di grado

inferiore (cioè la meno avanzata).

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NORME GENERALI

APPLICABILI A TUTTE LE SEDI

5. Nel caso di tumori multipli simultanei in uno stesso organo,

dovrebbe essere classificato il tumore con la categoria più

alta e la molteplicità o il numero di tumori devono essere

indicati tra parentesi, per es. T2(m) o T2(5).

In caso di tumori sincroni bilaterali in organi pari, ogni

tumore deve essere classificato indipendentemente.

6. Per i tumori della tiroide e del fegato, per i nefroblastomi e i

neuroblastomi, la molteplicità è uno dei criteri di

classificazione della categoria T.

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REGIONI ANATOMICHE E SEDI

Ogni regione o sede é descritta secondo le seguenti

voci:

•Regioni anatomiche e ed eventualmente sottosedi.

•Definizione dei linfonodi regionali.

•Classificazione clinica TNM.

•Classificazione patologica pTNM.

•Grading istopatologico.

•Sintesi per la regione o sede.

•Suddivisione in stadi.

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DEFINIZIONI GENERALI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM CAPO E COLLO (ESCLUSA TIROIDE) 10

TIROIDE 6

ESOFAGO 6

STOMACO 15

INTESTINO TENUE 6

COLON E RETTO 12

CANALE ANALE 6

FEGATO, COLECISTI, DOTTI BILIARI EXTRAEPATICI 3

PANCREAS, AMPOLLA DI VATER 10

POLMONE, PLEURA 6

TESSUTI MOLLI, OSSA 6

CUTE 6

MAMMELLA (LN DI I LIVELLO) 6

VULVA, VAGINA (TERZO MEDIO E INFERIORE) 6

VAGINA (TERZO SUPERIORE), COLLO E CORPO DELL’UTERO, OVAIO 10

PENE 6

PROSTATA, TESTICOLO, RENE, PELVI RENALE URETERE, VESCICA URINARIA, URETRA 8

TUMORI OFTALMICI 6

TUMORI PEDIATRICI 3

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DEFINIZIONI GENERALI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

Le seguenti definizioni generali sono usate per tutte le sedi

anatomiche:

T - Tumore primitivo

TX II tumore primitivo non può essere definito.

T0 Non segni del tumore primitivo.

Tis Carcinoma in situ.

T1, T2, T3,

T4

Aumento delle dimensioni e/o dell'estensione locale

del tumore primitivo.

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DEFINIZIONI GENERALI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

pTX Il tumore primitivo non può essere definito

istologicamente.

pT0 Non vi è dimostrazione istologica del tumore

primitivo.

pTis Carcinoma in situ.

pT1, pT2,

pT3, pT4

Aumento dell'estensione del tumore primitivo

accertata istologicamente.

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N - LINFONODI REGIONALI

DEFINIZIONI GENERALI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

NX I linfonodi regionali non possono essere definiti.

N0 Assenza di metastasi nei linfonodi regionali.

N1, N2, N3 Aumento dell'interessamento dei linfonodi regionali.

pNX

I linfonodi regionali non possono essere valutati

istologicamente.

pN0 Con l'esame istologico non si osservano metastasi nei

linfonodi regionali.

pN1, pN2,

pN3

Aumento dell'interessamento dei linfonodi regionali

accertato istologicamente.

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DEFINIZIONI GENERALI DELLA

CLASSIFICAZIONE TNM

M - Metastasi a distanza

MX La presenza di metastasi a distanza non può essere definita

M0 Assenza di metastasi a distanza

M1 Presenza di metastasi a distanza

pM

X

Non è possibile accertare microscopicamente la presenza di metastasi a

distanza.

pM0 Con l'esame microscopico non si osservano metastasi a distanza.

pM1 Con l'esame microscopico si osservano metastasi a distanza.

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La categoria pM1 può essere ulteriormente suddivisa in:

DEFINIZIONI GENERALI

DELLA CLASSIFICAZIONE TNM

PUL polmonari C34

OSS ossee C40,41

HEP epatiche C22

BRA cerebrali C71

LYM linfonodali C77

MAR midollo osseo C42.1

PLE pleuriche C38.4

PER peritoneali C48.1,2

ADR surrenaliche C74

SKI cutanee C44

OTH altre

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G - Grading istopatologico

DEFINIZIONI GENERALI

DELLA CLASSIFICAZIONE TNM

GX Il grado di differenziazione non può essere definito.

G1 Ben differenziato.

G2 Moderatamente differenziato.

G3 Poco differenziato.

G4 Indifferenziato.

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SUDDIVISIONE IN STADI

La classificazione TNM determina una descrizione precisa

dell'apparente estensione anatomica della malattia.

Combinando tra loro, per un ipotetico tumore, le categorie di

T, le categorie di N e le categorie di M, si otterranno

numerose categorie TNM. Allo scopo di preparare tabelle ed

analisi è necessario condensare queste numerose categorie

in un ridotto numero di stadi. La stratificazione adottata è

tale da assicurare, per quanto possibile, che ogni stadio sia

abbastanza omogeneo nei confronti della sopravvivenza.

Gli stadi sono indicati con i numeri: 0, I, II, III, IV.

Il carcinoma in situ é considerato stadio 0, i casi con metastasi a distanza sono

considerati di stadio IV (eccetto i carcinomi papillari e follicolari della tiroide e i

tumori del testicolo).

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DESCRIZIONI FACOLTATIVE

L - Invasione linfatica

LX L'invasione linfatica non può essere definita.

L0 Assenza di invasione linfatica.

L1 Presenza di invasione linfatica.

V - Invasione venosa

VX L'invasione venosa non può essere definita.

V0 Assenza di invasione venosa.

V1 Presenza di venosa microscopica

V2 Presenza di invasione venosa macroscopica.

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R - CLASSIFICAZIONE DEI

RESIDUI TUMORALI

Il simbolo R descrive l’assenza o la presenza di residui

tumorali dopo il trattamento. Il suo uso è facoltativo.

Esso riflette l'efficacia della terapia, influenza le ulteriori

procedure terapeutiche ed è predittivo per la prognosi.

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R - CLASSIFICAZIONE DEI

RESIDUI TUMORALI

LE DEFINIZIONI DELLE CATEGORIE R SONO:

RX La presenza di residui tumorali non può essere accertata.

R0 Assenza di residui tumorali.

R1 Residui tumorali microscopici.

R2 Residui tumorali macroscopici.

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Regional Lymph Nodes (N)

• pN entails removal of a sufficient number of LNs to ensure appropriate staging

• If number of LNs reveals negative nodes but the total < n

suggested LN dissection, then N = pN0

– May affect treatment

• Sentinel lymph node assessment is appropriate in some sites

(breast, melanoma)

• Isolated tumor cell clusters (ITC) (< 0.2mm, less than 200

cells) are staged as N0(i+)

• Micrometastases (> 0.2 mm, <2 mm, more than 200 cells) are

staged as N1mi

– Breast T0-1,N1mi = St. 1B

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• Isolated tumour cells (ITC) are single tumour cells or small

clusters of cells not more than 0.2 mm in greatest extent that can

be detected by routine H and E stains or immunohistochemistry.

An additional criterion has been proposed in breast cancer to

include a cluster of fewer than 200 cells in a single histological

cross-section. Others have proposed for other tumour sites that a

cluster should have 20 cells or fewer; definitions of ITC may

vary by tumour site. Cases with ITC in lymph nodes or at distant

sites should be classified as N0 or M0 respectively.

• The exception is in Malignant Melanoma of the skin and

Merkel Cell Carcinoma, wherein ITC in a lymph node are

classified as N1. These cases should be analyzed separately.

ITC – UICC (TNM 8° ed)

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Colon Retto

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Colon-retto

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Classificazione di Dukes

Classificazione di Astler e Coller

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Tumor (T): Colorectal Cancer

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Tumore primitivo (T)

Tx Il tumore primitivo non può essere determinato

T0 Non evidenza del tumore primitivo

Tis Carcinoma in situ: con invasione della lamina propria

T1 Il tumore invade la sottomucosa

T2 Il tumore invade la muscolare propria

T3 Il tumore invade la sottosierosa o i tessuti pericolici e perirettali non ricoperti da

peritoneo

T4 Il tumore invade le strutture adiacenti e/o perfora il peritoneo viscerale

T4a Il tumore perfora il peritoneo viscerale

T4b Il tumore invade le strutture adiacenti

TNM colon-retto

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Linfonodi regionali (N)

Nx I linfonodi regionali non possono essere determinati

N0 Non metastasi nei linfonodi regionali

N1 Metastasi in 1 o 3 linfonodi regionali

N1a metastasi a un linfonodo

N1b metastasi a 2-3 linfonodi

N1c depositi tumorali satelliti nella sottosierosa o nei tessuti non peritonealizzati

pericolici e perirettali senza evidenza di metastasi linfonodali regionali

N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali

N2a Metastasi in 4-6 linfonodi regionali

N2b Metastasi il ≥ 7 linfonodi regionali

TNM colon-retto

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Colon and Rectum

Definition of tumour deposit clarified

Tumour deposits (satellites) are discrete macroscopic or microscopic

nodules of cancer in the pericolorectal adipose tissue’s lymph drainage

area of a primary carcinoma that are discontinuous from the primary and

without histological evidence of residual lymph node or identifiable

vascular or neural structures. If a vessel wall is identifiable on H&E,

elastic or other stains, it should be classified as venous invasion (V1/2) or

lymphatic invasion (L1). Similarly, if neural structures are identifiable, the

lesion should be classified as perineural invasion (Pn1). The presence of

tumour deposits does not change the primary tumour T category, but

changes the node status (N) to N1c if all regional lymph nodes are negative

on pathological examination

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Metastasi a distanza (M)

M0 Non metastasi a distanza

M1 Metastasi a distanza

M1a metastasi confinate ad un organo (fegato, polmone, ovaio, linfonodi

extraregionali) senza metastasi peritoneali

M1b metastasi in più di un organo

M1c metastasi al peritoneo con o senza coinvolgimento di altri organi

TNM colon-retto

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Colon and Rectum TNM 8° ed

• T and N categories

Unchanged

M1 Distant metastasis

M1a Metastasis confined to one

organ (liver, lung, ovary,

non regional lymph

node(s)) without peritoneal

metastases

M1b Metastasis in more than

one organ

M1c Metastasis to the

peritoneum with or

without other organ involvement

Stage Unchanged except for Stage

IVA, IVB, IVC as below

Stage IV Any T Any N M1

Stage IVA Any T Any N M1a

Stage IVB Any T Any N M1b

Stage IVC Any T Any N M1c

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Raggruppamento in stadi Stadio Classificazione TNM

0 Tis N0 M0

IA T1,2 N0 M0

IIA

IIB

IIC

T3

T4a

T4b

N0

N0

N0

M0

M0

M0

IIIA

IIIB

IIIC

T1,2

T1

T3

T4a

T2,3

T1,2

T4b

T3

T4b

N1

N2a

N1

N1

N2a

N2b

N2a,b

N2b

N1,2

M0

M0

M0

M0

M0

M0

M0

M0

M0

IVA

IVB

IV C

Ogni T

Ogni T

Ogni T

Ogni N

Ogni N

Ogni N

M1a

M1b

M1c

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Sopravvivenza per stadio

Stadio OS a 5 anni

I 88%

II 73%

III 45%

IV 4%

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Breast

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T1

>5 cm

tumor

T2 T3 T4

TNM

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TX il tumore primitivo non può essere definito

T0 non segni del tumore primitivo

Tis: carcinoma intraduttale, carcinoma lobulare in situ, malattia di Paget del capezzolo

senza carcinoma infiltrante

T1: Tumore di dimensioni massime 2.0 cm

T1mic: Microinvasivo di dimensioni massime 0.1 cm

T1a: Tumore di dimensioni massime >0.1 cm ma 0.5 cm

T1b: Tumore di dimensioni massime >0.5 cm ma 1.0 cm

T1c: Tumore di dimensioni massime >1.0 cm ma 2.0 cm ·

T2: Tumore di dimensioni massime >2.0 cm ma 5.0 cm ·

T3: Tumore di dimensioni massime >5.0 cm

T4: Tumore di qualsiasi dimensioni esteso alla parete toracica (a) o alla cute (b)

T4a: estensione alla parete toracica ma non il muscolo pettorale

T4b: Edema (compresa la peau d’ orange), ulcerazione della cute della mammella,

presenza di noduli satelliti confinati nella stessa mammella.

T4c: T4a + T4b o T4d: carcinoma infiammatorio

Nota: la microinvasione è l’ estensione di cellule neoplastiche oltre la membrana basale

nei tessuti adiacenti senza focolai maggiori di 0.1 cm nella dimensione massima.

Quando vi sono multipli focolai microinvasivi, la classificazione è basata sulle

dimensioni di quello maggiore . La presenza di focolai multipli deve essere annotata.

TNM breast 8° ed.

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Il carcinoma infiammatorio della mammella è caratterizzato da

un diffuso indurimento infiammatorio della cute con bordo

erisipelatoide, di solito senza una massa sottostante palpabile.

Se la biopsia della cute è negativa e non vi è cancro primitivo

localizzato misurabile, quando la diagnosi clinica è di

carcinoma infiammatorio (T4d), nello staging patologico la

categoria T va indicata come pTX. Avvallamento della cute,

retrazione del capezzolo o altre modificazioni cutanee, fatta

eccezione per quelle T4b e T4d, possono esservi nei T1, T2 o T3

senza modificarne la classificazione

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TNM breast 8° ed.

pNX i linfonodi regionali non possono essere definiti

pN0 Non metastasi nei linfonodi regionali (casi con sola presenza di cellule

tumorali isolate (ITC) nei linfonodi regionali sono classificati come pN0). Le

cellule tumorali isolate (ITC) sono singole cellule tumorali o piccoli gruppi di

cellule la cui dimensione massima non supera 0.2 mm e che sono generalmente

rilevate mediante metodi di immunoistochimica o di analisi molecolare, ma

possono essere rilevate anche con colorazione ematossilina-eosina. Oppure anche

cluster inferiori a 200 cellule in una singola sezione istologica

pN1mi Micrometastasi (delle dimensioni massime comprese tra 0.2 mm e 2 mm

oppure più di 200 cellule isolate)

pN1 Metastasi a 1-3 linfonodi ascellari omolaterali, e/o linfonodi mammari interni

omolaterali con metastasi microscopica rilevata valutando il linfonodo sentinella

ma non clinicamente rilevabile

pN1a Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari, includendo almeno un linfonodo delle

dimensioni massime > 2 mm

pN1b Linfonodi mammari interni

pN1c Metastasi in 1-3 linfonodi ascellari e linfonodi mammari interni

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pN2 Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali, o in linfonodi mammari interni

omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi in linfonodi ascellari

pN2a Metastasi in 4-9 linfonodi ascellari, includendo almeno un linfonodo delle

dimensioni massime >2mm

pN2b Metastasi clinicamente rilevabile in linfonodi mammari interni, in assenza di

metastasi in linfonodi ascellari

pN3 Metastasi in 10 linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi sottoclaveari

omolaterali; o metastasi clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni

omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari; o in > 3 linfonodi

ascellari con metastasi microscopiche, clinicamente negative, in linfonodi mammari

interni; o in linfonodi sovraclaveari omolaterali

pN3a Metastasi in 10 linfonodi ascellari (almeno uno delle dimensioni massime > 2

mm) o metastasi in linfonodi sottoclaveari

pN3b Metastasi clinicamente rilevabili in linfonodi mammari interni in presenza di

metastasi in linfonodi ascellari; o metastasi in > 3 linfonodi ascellari e linfonodi

mammari interni con metastasi microscopiche rilevate valutando il linfonodo

sentinella ma non clinicamente rilevabili

pN3c Metastasi in linfonodo(i) sovraclaveare(i)

TNM breast

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Tumore dell’esofago TNM 8°ed.

Tumore primitivo (T)

TX il tumore primitivo non può essere definito

T0 non segni del tumore primitivo

Tis carcinoma in situ

T1 tumore che invade la lamina propria o la sottomucosa

T1a tumore che invade la lamina propria

T1b tumore che invade la sottomucosa

T2 tumore che invade la muscolare propria

T3 tumore che invade l’avventizia

T4 tumore che invade le strutture adiacenti

T4a tumore che invade pleura, pericardio,vena azygos, diaframma o

peritoneo

T4b tumore che invade altre strutture adiacenti come l’aorta, le

vertebre o la trachea

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Linfonodi regionali (N)

NX i linfonodi regionali non possono essere definiti

N0 non metastasi nei linfonodi regionali

N1 metastasi in 1-2 linfonodi regionali

N2 metastasi in 3-6 linfonodi regionali

N3 metastasi in 7 o più linfonodi regionali

Metastasi a distanza (M)

M0 non metastasi a distanza

M1 metastasi a distanza

Carcinoma dell’esofago TNM 8°ed.

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Tumore primitivo (T)

TX il tumore primitivo non può essere definito

T0 non segni del tumore primitivo

Tis carcinoma in situ (tumore intraepiteliale senza invasione della lamina

propria)

T1 tumore che invade la lamina propria, la muscularis mucosae o la

sottomucosa

T1a tumore che invade la lamina propria o la muscularis mucosae

T1b tumore che invade la sottomucosa

T2 tumore che invade la muscolare propria

T3 tumore che invade la sottosierosa

T4 tumore che perfora la sierosa (peritoneo viscerale) o invade le strutture

adiacenti

T4a tumore che perfora la sierosa

T4b tumore che invade le strutture adiacenti

Carcinoma dello stomaco TNM 8°ed.

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Carcinoma dello stomaco TNM 8°ed.

Linfonodi regionali (N)

NX i linfonodi regionali non possono essere definiti

N0 non metastasi nei linfonodi regionali

N1 metastasi in 1-2 linfonodi regionali

N2 metastasi in 3-6 linfonodi regionali

N3 metastasi in 7 o più linfonodi regionali

N3a metastasi in 7-15 linfonodi regionali

N3b metastasi in 16 o più linfonodi regionali

Metastasi a distanza (M)

M0 non metastasi a distanza

M1 metastasi a distanza

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Rene

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• Tx Tumore primitivo non definibile

•T0 Tumore primitivo non evidenziabile

•T1a: tumore di diametro inferiore a 4 cm e circoscritto al rene;

•T1b: tumore di 4-7 cm diametro e circoscritto al rene;

•T2a: tumore di 7-10 cm di diametro, ma ancora circoscritto al rene;

•T2b: tumore di diametro maggiore di 10 cm, ma ancora circoscritto al rene;

•T3: tumore esteso al tessuto adiposo che circonda il rene ma non nella

ghiandola surrenale omolaterale e non oltre la tonaca fibrosa (fascia di Gerota)

oppure che si estende alla vena renale o alla vena cava;

•T4: tumore che si estende oltre la tonaca fibrosa (fascia di Gerota) che

circonda il rene (includendo l’estenzione al surrene omolaterale)

N0: linfonodi indenni, ossia non contengono cellule tumorali;

N1: metastasi nei linfonodi regionali;

M0: non sono presenti metastasi;

M1: sono presenti metastasi

TNM carcinoma renale

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or any T any N M1 (TNM 8° ed.)

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Vescica

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Vescica

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T – Tumore primitivo

Tx Tumore primitivo non definibile

T0 Tumore primitivo non evidenziabile

Ta Carcinoma papillare non invasivo

Tis Carcinoma in situ: “tumore piatto”

T1 Tumore che invade il tessuto connettivo sottoepiteliale

pT2 che invade la parete muscolare

pT2a Invasione superficiale della parete muscolare (metà interna)

pT2b Invasione profonda della parete muscolare (metà esterna)

T3 Tumore che invade i tessuti perivescicali

pT3a Microscopicamente

pT3b Macroscopicamente (massa extravescicale)

T4 Tumore che invade qualsiasi delle seguenti

strutture: prostata, utero, vagina, parete pelvica, parete addominale

T4a Tumore che invade prostata, utero, o vagina

T4b Tumore che invade parete pelvica o parete addominale

Stadiazione TNM

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N – Linfonodi regionali

I linfonodi regionali sono quelli della piccola pelvi. Tutti gli altri sono linfonodi a

distanza

NX Linfonodi regionali non valutabili

N0 Linfonodi regionali liberi da metastasi

N1 Metastasi in un singolo linfonodo regionale della dimensione massima di 2 cm

N2 Metastasi in uno o più linfonodi regionali, delle dimensioni comprese tra 2 e 5

cm

N3 Metastasi in un linfonodo della dimensione massima superiore a 5 cm

M – Metastasi a distanza

M0 Metastasi a distanza assenti

M1a Metastasi in linfonodi non regionali

M1b Altre metastasi a distanza

Stadiazione TNM

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Vescica

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Prostata

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Stadiazione TNM clinica carcinoma prostatico

T1: Tumore clinicamente non apprezzabile, non palpabile né visibile con la

diagnostica per immagini

T1a: Tumore scoperto casualmente con l’esame istologico nel 5% o meno del

tessuto asportato

T1b: Tumore scoperto casualmente con l’esame istologico in più del 5% del

tessuto asportato

T1c: Tumore diagnosticato mediante agobiopsia (per esempio a causa del PSA

elevato)

T2: Tumore confinato alla prostata

T2a: Tumore che interessa metà di un lobo o meno

T2b: Tumore che interessa più di metà di un lobo, ma non entrambi

T2c: Tumore che interessa entrambi i lobi

T3: Tumore che si estende oltre la capsula prostatica

T3a: Estensione extracapsulare (mono- o bilaterale)

T3b: Invasione delle vescicole seminali

T4: Tumore fisso o che invade strutture adiacenti oltre che le vescichette seminali:

collo della vescica, sfintere esterno, retto, muscoli elevatori e/o parete pelvica

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Patologica (pT)

pT2* Tumore limitato alla prostata

pT2a Tumore monolaterale, che interessa la metà o meno

di un lobo

pT2b Tumore monolaterale, che interessa più della metà di

un lobo ma non entrambi i lobi

pT2c Tumore che interessa entrambi i lobi

pT3 Estensione extraprostatica

pT3a Estensione extraprostatica**

pT3b Infiltrazione della(e) vescichetta(e) seminale(i)

pT4 Invasione della vescica o del retto

*Note: non esiste classificazione patologica T1.

pTNM carcinoma prostatico

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pNx Linfonodi regionali non valutabili

pN0 Non metastasi nei linfonodi regionali

pN1 Metastasi in linfonodo(i) regionale(i)

Metastasi a distanza*** (M)

M0: Metastasi a distanza assenti

M1: Metastasi a distanza presenti

M1a: Linfonodo(i) non regionale(i)

M1b: Osso(a)

M1c: Altra(e) sede(i)

pTNM carcinoma prostatico

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• pT0 no evidence of primary tumour, e.g. histological scar in testis

• pTis is carcinoma in situ (CIS, TIN)

• pT1 tumour limited to the testis and epididymis without vascular/lymphatic invasion; tumour may invade into the tunica albuginea but not the tunica vaginalis

• pT2 tumour limited to the testis and epididymis with vascular/lymphatic invasion or tumour extending through the tunica albuginea with involvement of the tunica vaginalis

• pT3 tumour invades the spermatic cord with or without vascular/lymphatic invasion

• pT4 tumour invades the scrotum with or without vascular/lymphatic invasion

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Stadiazione TNM

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Stadiazione FIGO 2009

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T1 Tumour 3 cm or less

T1mi Minimally invasive adenocarcinoma

T1a Tumour 1 cm or less

T1b Tumour more than 1 cm but not more than 2 cm

T1c Tumour more than 2 cm but not more than 3 cm

T2 Tumour more than 3 cm but not more than 5 cm; or tumour

with any of the following features:

Involves main bronchus without involvement of the carina, or

invades visceral pleura or associated with atelectasis or obstructive

pneumonitis

T2a Tumour more than 3 cm but not more than 4 cm

T2b Tumour more than 4 cm but not more than 5 cm

Lung TNM 8° ed.

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Lung

T3 Tumour more than 5 cm but not more than 7 cm or directly

invades: parietal pleura, chest wall, phrenic nerve, or parietal

pericardium; or separate tumour nodule(s) in the same lobe.

T4 Tumour more than 7 cm or of any size that invades any of the

following: diaphragm, mediastinum, heart, great vessels,

trachea, recurrent laryngeal nerve, oesophagus, vertebral body,

carina; or separate tumour nodule(s) in a different ipsilateral lobe to

the primary

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Tumor (T): Lung Cancer

T1 T2

T3

T4

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N0: non evidenza di metastasi linfonodali.

N1: metastasi a carico dei linfonodi bronchiali o ilari omolaterali

al tumore primitivo.

N2: metastasi a carico dei linfonodi mediastinici e carenali

omolaterali.

N3: metastasi a carico dei linfonodi ilari, mediastinici e carenali

controlaterali o sovraclaveari.

M Category

M1a Separate tumour nodule(s) in a contralateral lobe; tumour

with pleural or pericardial nodules or malignant pleural or

pericardial effusion

M1b Single extrathoracic metastasis in a single organ

M1c Multiple extrathoracic metastasis in a single or multiple

organs

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TNM 8° ed

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TNM 8° ed

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