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10 Lettera Orvietana N. 23 agosto 2008 CRISTINA, REGINA A SEI ANNI Al trono svedese, i Vasa sono saliti con Gustavo, liberatore della Svezia dal dominio danese: egli trasforma la monarchia da elettiva in ereditaria nel 1544 e, abbracciata la Riforma prote- stante, si proclama anche capo della Chiesa svedese. Suo nipote, Gustavo Adolfo (1594-1632), riesce ad ottenere, nel conflitto contro la Russia e la Polonia, il dominio del mar Baltico, rendendo la Svezia la prima grande potenza del Nord Europa. Nella Guerra dei Trent’anni, quando le truppe del cattolico imperatore di Germania pene- trano nelle regioni protestanti del Nord e si avvicinano al Mar Baltico, Gustavo Adolfo, che dispone dell’esercito più moderno d’Europa, decide di interveni- re, sognando l’unione di tutti gli Stati germanici sotto il predominio svedese. Muore nel 1632, nella battaglia Lützen, che pur vede il suo esercito vittorioso; alla fine della guerra, la Svezia ottiene alcune province tedesche, diventando così la più forte potenza dell’Europa set- tentrionale. Cristina nasce nel castello reale di Stoccolma, il 18 dicembre 1626, figlia del re Gustavo Adolfo II Vasa (1594- 1632, che regna in Svezia dal 1611 al 1632) e di Maria Eleonora di Brandemburgo (1599-1655). Scomparso Gustavo II Adolfo, nella bat- taglia di Lützen, il 6 novembre 1632, durante la Guerra dei Trent’Anni, Cristina, unica erede, si ritrova a riceve- re la corona a soli sei anni. Per dodici anni, durante la sua minore età, la Svezia viene governata da un Governo di Reggenza, con a capo il gran cancel- liere del Regno, Axel Oxenstierna (1583-1654). Nel 1644, raggiunta la maggiore età, Cristina inaugura il suo regno personale: nessuno pensa che la giovane regina, capace di passare una intera giornata a cavallo come un maschiaccio e di dialo- gare alla pari con i sapienti dell’epoca, sarebbe divenuta la donna più famosa d’Europa, osannata e calunniata, ogget- to di enorme ammirazione e motivo di grandi scandali. Le fonti la ricordano come una giovane assetata di sapere, che parla sette lingue, conversa in latino e corrisponde con studiosi di tutta Europa. Amante delle arti e delle scien- ze, fa della sua corte il polo catalizzatore di ogni sapere. I bottini di guerra dei suoi generali fanno affluire a Stoccolma una quantità ingente di codici antichi: in tutto 1.208 manoscritti. Va fierissima della collezione di dipinti, provenienti dai saccheggi di tanti monasteri tedeschi e soprattutto del castello di Praga. Possiede 700 quadri (tra cui opere di Raffaello, Tiziano, Rubens), 170 statue di marmo e 11 di bronzo, migliaia di pietre dure e cammei, quasi 6.000 fra monete antiche e medaglie, una biblio- teca di oltre 5.000 volumi. La giovane regina si applica con zelo incredibile ad ampliare quei tesori. Il sontuoso mece- natismo, le indubbie qualità intellettua- li, la straordinaria eccitazione allo stu- dio, la grande disponibilità verso le manifestazioni più audaci del pensiero nuovo fanno di Cristina un prodigio. E’ il capolavoro del secolo, il sovrano per eccellenza, un esempio unico nel suo genere: un monarca che unisce in sé il potere e la scienza e che, secondo Pascal, deve regnare, con “la forza del suo meri- to” su tutta l’estensione della terra. Presso la sua corte svedese accoglie i più celebri scienziati e filosofi della sua epoca, come Ugo Grozio (Huig Van Groot (1583-1645)) e Gerardo Vossio (Gerhard Johannes Voss (1577-1649)). Nel 1649, la “Pallade del Nord” chiama a Stoccolma il filosofo francese René Descartes (Cartesio), come suo interlo- cutore e come insegnante di filosofia e di matematica. Questa presenza spetta- colare di eminenti intellettuali è un’evidente dimostrazione sia del ruolo di grande potenza della Svezia sia del- l’autorevolezza della personalità di Cristina. Con tanti intellettuali attorno, è inevitabile che ella pensi di fondare un’accademia e chiede proprio a Cartesio di fornirgliene il piano. I rigori del clima svedese hanno il sopravvento sulle condizioni fisiche del filosofo. L’ultima traversata, dalla casa dell’amba- sciatore francese (dove alloggia) fino al castello, proprio per consegnare il pro- getto di accademia richiesto dalla sovra- na, gli costerà la vita, il 1° febbraio 1650. Blaise Pascal aveva rifiutato i pres- santi inviti di trasferirsi in Svezia, limi- tandosi ad avere con la Regina una lunga e nutrita corrispondenza. I MOLTI MOTIVI DELL’ABDICAZIONE AL TRONO E DELLA CONVERSIONE AL CATTOLICESIMO A 28 anni, Cristina vuole abdicare al trono, decisa anche ad abbracciare la fede cattolica. Molti i fattori che condu- cono all’abdicazione. In primis il suo ideale di sovrano per diritto divino richiede una perfezione che non tollera l’errore umano. Inoltre suo padre, Gustavo Adolfo, chiamato comunemen- te “il biondo re d’oro”, con la sua pre- matura ed eroica morte in combatti- mento, ha raggiunto uno status quasi mitologico, con il quale la figlia avrebbe dovuto competere. Altro fattore è rap- presentato dalla sua condizione di donna. Scrive: “Tutte quelle donne di cui ho conosciuto l’opera di governo, sia nella storia passata sia nel mondo d’oggi, hanno finito in un modo o nel- l’altro per rendersi ridicole. E per nessun verso mi considero un’eccezione a que- sta regola”. Cristina è ben consapevole dei suoi doveri regali come di quelli dei suoi sudditi; è, però, anche uno spirito totalmente libero, insofferente di ogni regola e costrizione. Una luce che ne rischiara alcuni anfratti psicologici (anche ai fini dell’abdicazione) è gettata dalla sua famosa frase: “si è più felici nel non dovere ubbidire a nessuno che a comandare al mondo intero”. Le que- stioni politiche realmente pressanti durante il regno di Cristina sono poche e tra queste la più rilevante è quella della successione. Ella detesta il governo delle oligarchie, come pure la monarchia elettiva. Risoluta nel rifiuto di sposarsi, aborrendo il matrimonio, e quindi con- scia di non potere dare eredi diretti al trono, combatte energicamente e riesce a fare riconoscere come erede legittimo il cugino Carlo Gustavo del Palatinato- Zweibrucken, che effettivamente, all’at- to dell’abdicazione di Cristina, diviene re, con il nome di Carlo X: finisce così la dinastia dei Vasa. Nella “Dichiarazione di abdicazione”, si dis- pone che Cristina avrebbe conservato i diritti, i privilegi e lo status di sovrana: “noi saremo esentati da ogni sudditanza e obbedienza e non dovremo rendere conto delle nostre azioni che a Dio in persona”. Un articolo stabilisce che ella avrebbe potuto amministrare la giustizia presso la sua Corte. Grazie a questa dichiarazione, Cristina si assicura una posizione unica nella società europea. Sempre lotta per affermare il suo diritto a mantenere le prerogative possedute sul trono. Le uniche armi a sua disposizione sono la strenua volontà e l’estrema abili- tà nell’utilizzare la diplomazia e il ceri- moniale per raggiungere i suoi obiettivi. Quando si consideri il ruolo che svolge nell’ambito della politica europea e romana, si deve riconoscere che per molti versi vi riesce. All’atto dell’abdica- zione, il re e il governo svedesi si impe- gnano, con un vero e proprio contratto, ad assicurare a Cristina le rendite di alcune province di Svezia e Germania. Le pulsioni alla conversione sono indubbiamente molteplici. Da un punto di vista razionale, per Cristina la Chiesa cattolica è l’unica vera fede: l’unità, la continuità e la corrispondenza tra asso- lutismo (o monarchia) e struttura gerar- chica della Chiesa cattolica sono ele- menti da lei tenuti in grande valore. Perciò guarda alle potenze cattoliche, e infine alla Chiesa cattolica, come agli ultimi bastioni dell’assolutismo. Dopo la sua conversione, avendo ben compre- so che la fede e l’unità della Nazione sono ormai divenute inscindibili, non tenta mai di influire sulla vita religiosa svedese, cosa che deve sorprendere non poco il Papa. Il precettore della regina bambina, Johannes Mathiae (predicato- re di corte, teologo e filologo, professore di dizione poetica all’Università di Upsala), sgomento alla notizia della conversione, può immaginare una sola spiegazione: Cristina ha abbandonato il suo regno terreno per ampliare il regno di Cristo; ella desidera correggere e modificare le divergenze religiose assie- me al Pontefice, ai sovrani e ai principi cattolici; ella desidera acquistare l’immortalità lasciando alla posterità l’unità della fede e della Chiesa cristiana. Al di là delle motivazioni addotte, la principale inclinazione del suo spirito, per usare le sue parole, è sempre stata la ricerca della verità che la porta, dopo il Calvinismo e il Cattolicesimo, a seguire un altro orientamento, come confessa ad Antoine Godeau, uno dei primi membri dell’Académie Française. È la prova del suo approdo verso la filosofia razionalistica che furoreggia nei salotti francesi con il nome di libertinage, una versione moderna dell’epicureismo, che predica libertà di pensiero e di costumi. IN VIAGGIO VERSO L’ITALIA Abbandonata prontamente la Svezia nel 1654, per timore delle vendette dei pro- testanti, nel viaggio di avvicinamento all’Italia, Cristina è in vari Paesi, dalla Danimarca al Belgio. Trascorre un anno nei Paesi Bassi, allora spagnoli, sotto la protezione di Filippo IV di Spagna, che ringrazia con il dono delle due tanto famose quanto preziose tavole di Albrecht Dürer, “Adamo ed Eva”, prove- nienti dal saccheggio di Praga. La con- versione al Cattolicesimo ha luogo in forma privata alla vigilia di Natale del 1654. Divenuta cattolica, Cristina scrive direttamente al Papa, con il quale accre- dita la conversione come unica causa dell’abdicazione, precisandogli di volersi trasferire ai suoi santi piedi per ricevere solennemente la Cresima e la Comunione; nel frattempo, scomparso Innocenzo X, sale al soglio pontificio Fabio Chigi, con il nome di Alessandro VII. È facilmente comprensibile che il Papa desideri ottenere il più vistoso impatto religioso-pubblicitario da que- sta straordinaria conversione regale: per- tanto definisce possibile l’accesso di Cristina da neoconvertita al suolo dello Stato pontificio solo dopo che “una solenne abiurazione si facesse con auto- rità di un suo delegato; e volto l’animo a trovar persona che fosse gradita e ripu- tata dalla regina, le sovvenne Luca Olstenio canonico di San Pietro, e primo custode della libreria vaticana […], tra i più eruditi uomini che avesse l’Italia […]. Cristina, siccome vaga di pigliar conoscenza de’ più dotti uomini dell’età sua, vi avea passata qualche cor- rispondenza di lettere molti anni avan- ti”. Si concretizza così a Roma quel pro- cedimento (del resto già in corso e dura- to poi per tutta la sua vita) per il quale Cristina crede di potere utilizzare ai suoi fini papi, sovrani, ministri ed altri potenti della scena europea, senza ren- dersi conto che in realtà sarebbe avvenu- to il contrario; questo, a dire il vero, si sarebbe verificato anche per gli altri comprimari, in una specie di contrad- danza indetta sullo scacchiere politico, e nella quale sarebbe stato difficile stabili- re chi sia il maître. La cerimonia della conversione, secondo richiesta del Papa, avviene con grande pompa in Austria, a Innsbruck, il 3 novembre 1655. A questo punto la Regina avrebbe segui- to la via adriatica dei pellegrini diretti a Roma, anche per consentire al Papa di realizzare preparativi adeguati all’arrivo di tanto personaggio. É a Verona, Mantova, Ferrara, sempre accolta con feste memorabili. Fa poi tappa a Bologna, Faenza, Forlì, Cesena. A Rimini si estasia, visitando la sterminata biblioteca di Sigismondo Malatesta, piena di codici antichissimi. Il corteo regale raggiunge lo Stato pontificio il 21 novembre 1655. “Alessandro VII, in conformità di chi rappresenta in terra, accorse all’acquisto di questa smarrita Pecorella […] e però, scelti quattro pre- lati de’ principali della Corte Romana, con uno de’ suoi ministri di cerimonie, con ricche carrozze, lettiche e staffieri, gli inviò al confine della Ditione tempo- rale, acciocché con le maggiori espres- sioni di giubilo e riverenza la ricevessero e negli applausi loro riconoscesse l’allegrezza del Pastore che li inviava.” Il procedere del tanto pubblicizzato corteo avviene sempre tra febbrili preparativi, grandiosi allestimenti di archi ed appa- rati, restauri di dimore nobiliari, orga- nizzazione di ricevimenti di uno sfarzo senza freni, poiché Cristina assomma in sé la maestà di un grande trono, la sacralità della neo-convertita, il fascino della doctissima puella. Viaggia con un seguito, anch’esso impressionante, di circa 250 persone, 200 cavalli e relativi carriaggi. Non sono al seguito le casse dei manoscritti e dei libri, che arrivano a Pesaro l’anno dopo e che, senza essere disfatte, sono avviate alla residenza romana. Il cronista racconta che ella è “per ogni luogo da principi e dalle città ricevuta con magnificenza pari alla gran- dezza non solo del suo nascimento, ma della sua fama”. LA TAPPA DI PESARO E LA VISITA A FANO: IL FASCINO DEI CONTI SANTINELLI Anche Senigallia rimane coinvolta, sep- pure tiepidamente e all’ultimo momen- to; inoltre le finanze comunali esitano in bilanci alquanto magri. “Moltissime dis- avventure concorsero a funestare que- st’anno; le continue piogge, i turbini, le grandini, i venti impetuosi cagionarono una quasi incredibile Carestia. Per alcu- ni mesi serpeggiò per l’Italia il Contagio, senza esservisi trovato rime- dio alcuno. Le inondazioni de’ fiumi e gli allagamenti delle campagne cagiona- rono uno sterminato numero di locuste […]. Con tutto ciò in sì fatte calamità fu di gran sollievo alla Città nostra il grandioso, e magnifico passaggio di Cristina regina di Svezia”. A dare un quadro della situazione è un fanese, l’Amiani: le condizioni della sua città non differiscono certo da quelle di Senigallia. Nel “Libro dei Consigli” degli anni 1654-16574, conservati alla Biblioteca Antonelliana di Senigallia, si legge che l’argomento è discusso il 28 novembre 1655: il corteo sarebbe perve- nuto in città una settimana dopo. Si tra- scrive: “Adì 28 novembre 1655. Proposte da fare nel presente Consiglio. 1° Che con l’occasione della venuta qui a giorni passati dell’Eminentissimo Cardinale-legato […] fu discorso da noi sopra la venuta della Regina di Svezia e rappresentata la nostra debolezza, Sua Eccellenza rispose che a suo tempo avrebbe dato avviso particolare di quan- to si doveva fare […]. Et hoggi per parte di Sua Eccellenza l’Eccellentissimo Magistrato ci fa sapere che non sono necessarie le valdrappe di veluto per l’incontro di detta Regina, ma che ogni altra valdrappa sarà buona; il gusto però di Sua Eccellenza sarebbe che ogn’uno comparisse con più decoro che gli fosse possibile, non pretendendo Sua Eccellenza d’alterare le nostre possibilità. 2° […] si discorra e si risolva circa la spesa in fare valdrappe, provisione di torce e persone con livree et ogni altra cosa che occorrerà per il buon servigio in detta occasione e perché s’intende che l’haste del Baldacchino saranno otto, oltre il Magistrato presente e quello da estrarsi per Gennaro e Febbraro prossi- mi si dovrà provedere di altri Gentiluomini col abito di Magistrato et far intendere a Gentiluomini che con habiti negri siano et li sudetti non a cavallo […].3° Che li donzelli e trom- betta per detta occasione fanno istanza per un paro di scarpe e calzetti ciascu- no.”. Durante il consiglio tenuto nella stessa giornata, “Il signor Giovanni Francesco Isaia […] disse che, perché […] nella venuta della regina di Svezia la nostra città non sia inferiore ad altre dello Stato, […] è suo parere che si facciano Nemo Propheta in Patria Gian Rinaldo e Paolo Pietrantonio Monaldeschi della Cervara e Cristina di Svezia (I parte) Zio e nipote orvietani, entrambi amanti in tempi diversi di Cristina, regina di Svezia, danno luogo, alla fine del ‘6oo, ad una di quelle che oggi si chiamerebbero soap opera, come Beautiful, Capitol e così via che, con i mezzi di divulgazione del tempo, si diffondono in tutta l’Europa e rimangono di attualità come uno dei migliori “romanzi giallo-rosa” per oltre due secoli. Purtroppo, almeno per Gian Rinaldo, non è un romanzo, ma storia vera. Si riassumono la storia, il contesto storico ed il profilo di Cristina per una migliore comprensione della vicenda.

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Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

CRISTINA, REGINA A SEI ANNI

Al trono svedese, i Vasa sono saliti conGustavo, liberatore della Svezia daldominio danese: egli trasforma lamonarchia da elettiva in ereditaria nel1544 e, abbracciata la Riforma prote-stante, si proclama anche capo dellaChiesa svedese. Suo nipote, GustavoAdolfo (1594-1632), riesce ad ottenere,nel conflitto contro la Russia e laPolonia, il dominio del mar Baltico,rendendo la Svezia la prima grandepotenza del Nord Europa. Nella Guerradei Trent’anni, quando le truppe delcattolico imperatore di Germania pene-trano nelle regioni protestanti del Norde si avvicinano al Mar Baltico, GustavoAdolfo, che dispone dell’esercito piùmoderno d’Europa, decide di interveni-re, sognando l’unione di tutti gli Statigermanici sotto il predominio svedese.Muore nel 1632, nella battaglia Lützen,che pur vede il suo esercito vittorioso;alla fine della guerra, la Svezia ottienealcune province tedesche, diventandocosì la più forte potenza dell’Europa set-tentrionale. Cristina nasce nel castello reale diStoccolma, il 18 dicembre 1626, figliadel re Gustavo Adolfo II Vasa (1594-1632, che regna in Svezia dal 1611 al1632) e di Maria Eleonora diBrandemburgo (1599-1655).Scomparso Gustavo II Adolfo, nella bat-taglia di Lützen, il 6 novembre 1632,durante la Guerra dei Trent’Anni,Cristina, unica erede, si ritrova a riceve-re la corona a soli sei anni. Per dodicianni, durante la sua minore età, laSvezia viene governata da un Governodi Reggenza, con a capo il gran cancel-liere del Regno, Axel Oxenstierna(1583-1654).Nel 1644, raggiunta la maggiore età,Cristina inaugura il suo regno personale:nessuno pensa che la giovane regina,capace di passare una intera giornata acavallo come un maschiaccio e di dialo-gare alla pari con i sapienti dell’epoca,sarebbe divenuta la donna più famosad’Europa, osannata e calunniata, ogget-to di enorme ammirazione e motivo digrandi scandali. Le fonti la ricordanocome una giovane assetata di sapere, cheparla sette lingue, conversa in latino ecorrisponde con studiosi di tuttaEuropa. Amante delle arti e delle scien-ze, fa della sua corte il polo catalizzatoredi ogni sapere. I bottini di guerra deisuoi generali fanno affluire a Stoccolmauna quantità ingente di codici antichi:in tutto 1.208 manoscritti. Va fierissimadella collezione di dipinti, provenientidai saccheggi di tanti monasteri tedeschie soprattutto del castello di Praga.Possiede 700 quadri (tra cui opere diRaffaello, Tiziano, Rubens), 170 statuedi marmo e 11 di bronzo, migliaia dipietre dure e cammei, quasi 6.000 framonete antiche e medaglie, una biblio-teca di oltre 5.000 volumi. La giovaneregina si applica con zelo incredibile adampliare quei tesori. Il sontuoso mece-natismo, le indubbie qualità intellettua-

li, la straordinaria eccitazione allo stu-dio, la grande disponibilità verso lemanifestazioni più audaci del pensieronuovo fanno di Cristina un prodigio. E’il capolavoro del secolo, il sovrano pereccellenza, un esempio unico nel suogenere: un monarca che unisce in sé ilpotere e la scienza e che, secondo Pascal,deve regnare, con “la forza del suo meri-to” su tutta l’estensione della terra.Presso la sua corte svedese accoglie i piùcelebri scienziati e filosofi della suaepoca, come Ugo Grozio (Huig VanGroot (1583-1645)) e Gerardo Vossio(Gerhard Johannes Voss (1577-1649)).Nel 1649, la “Pallade del Nord” chiamaa Stoccolma il filosofo francese RenéDescartes (Cartesio), come suo interlo-cutore e come insegnante di filosofia edi matematica. Questa presenza spetta-colare di eminenti intellettuali èun’evidente dimostrazione sia del ruolodi grande potenza della Svezia sia del-l’autorevolezza della personalità diCristina. Con tanti intellettuali attorno,è inevitabile che ella pensi di fondareun’accademia e chiede proprio aCartesio di fornirgliene il piano. I rigoridel clima svedese hanno il sopravventosulle condizioni fisiche del filosofo.L’ultima traversata, dalla casa dell’amba-sciatore francese (dove alloggia) fino alcastello, proprio per consegnare il pro-getto di accademia richiesto dalla sovra-na, gli costerà la vita, il 1° febbraio1650. Blaise Pascal aveva rifiutato i pres-santi inviti di trasferirsi in Svezia, limi-tandosi ad avere con la Regina unalunga e nutrita corrispondenza.

I MOLTI MOTIVIDELL’ABDICAZIONE AL TRONOE DELLA CONVERSIONEAL CATTOLICESIMOA 28 anni, Cristina vuole abdicare altrono, decisa anche ad abbracciare lafede cattolica. Molti i fattori che condu-cono all’abdicazione. In primis il suoideale di sovrano per diritto divinorichiede una perfezione che non tolleral’errore umano. Inoltre suo padre,Gustavo Adolfo, chiamato comunemen-te “il biondo re d’oro”, con la sua pre-matura ed eroica morte in combatti-mento, ha raggiunto uno status quasimitologico, con il quale la figlia avrebbedovuto competere. Altro fattore è rap-presentato dalla sua condizione didonna. Scrive: “Tutte quelle donne dicui ho conosciuto l’opera di governo, sianella storia passata sia nel mondod’oggi, hanno finito in un modo o nel-l’altro per rendersi ridicole. E per nessunverso mi considero un’eccezione a que-sta regola”. Cristina è ben consapevoledei suoi doveri regali come di quelli deisuoi sudditi; è, però, anche uno spiritototalmente libero, insofferente di ogniregola e costrizione. Una luce che nerischiara alcuni anfratti psicologici(anche ai fini dell’abdicazione) è gettatadalla sua famosa frase: “si è più felici nelnon dovere ubbidire a nessuno che acomandare al mondo intero”. Le que-

stioni politiche realmente pressantidurante il regno di Cristina sono pochee tra queste la più rilevante è quelladella successione. Ella detesta il governodelle oligarchie, come pure la monarchiaelettiva. Risoluta nel rifiuto di sposarsi,aborrendo il matrimonio, e quindi con-scia di non potere dare eredi diretti altrono, combatte energicamente e riescea fare riconoscere come erede legittimoil cugino Carlo Gustavo del Palatinato-Zweibrucken, che effettivamente, all’at-to dell’abdicazione di Cristina, divienere, con il nome di Carlo X: finisce cosìla dinastia dei Vasa. Nella“Dichiarazione di abdicazione”, si dis-pone che Cristina avrebbe conservato idiritti, i privilegi e lo status di sovrana:“noi saremo esentati da ogni sudditanzae obbedienza e non dovremo rendereconto delle nostre azioni che a Dio inpersona”. Un articolo stabilisce che ellaavrebbe potuto amministrare la giustiziapresso la sua Corte. Grazie a questadichiarazione, Cristina si assicura unaposizione unica nella società europea.Sempre lotta per affermare il suo dirittoa mantenere le prerogative possedute sultrono. Le uniche armi a sua disposizionesono la strenua volontà e l’estrema abili-tà nell’utilizzare la diplomazia e il ceri-moniale per raggiungere i suoi obiettivi.Quando si consideri il ruolo che svolgenell’ambito della politica europea eromana, si deve riconoscere che permolti versi vi riesce. All’atto dell’abdica-zione, il re e il governo svedesi si impe-gnano, con un vero e proprio contratto,ad assicurare a Cristina le rendite dialcune province di Svezia e Germania.Le pulsioni alla conversione sonoindubbiamente molteplici. Da un puntodi vista razionale, per Cristina la Chiesacattolica è l’unica vera fede: l’unità, lacontinuità e la corrispondenza tra asso-lutismo (o monarchia) e struttura gerar-chica della Chiesa cattolica sono ele-menti da lei tenuti in grande valore.Perciò guarda alle potenze cattoliche, einfine alla Chiesa cattolica, come agliultimi bastioni dell’assolutismo. Dopola sua conversione, avendo ben compre-so che la fede e l’unità della Nazionesono ormai divenute inscindibili, nontenta mai di influire sulla vita religiosasvedese, cosa che deve sorprendere nonpoco il Papa. Il precettore della reginabambina, Johannes Mathiae (predicato-re di corte, teologo e filologo, professoredi dizione poetica all’Università diUpsala), sgomento alla notizia dellaconversione, può immaginare una solaspiegazione: Cristina ha abbandonato ilsuo regno terreno per ampliare il regnodi Cristo; ella desidera correggere emodificare le divergenze religiose assie-me al Pontefice, ai sovrani e ai principicattolici; ella desidera acquistarel’immortalità lasciando alla posteritàl’unità della fede e della Chiesa cristiana.Al di là delle motivazioni addotte, laprincipale inclinazione del suo spirito,

per usare le sue parole, è sempre stata laricerca della verità che la porta, dopo ilCalvinismo e il Cattolicesimo, a seguireun altro orientamento, come confessaad Antoine Godeau, uno dei primimembri dell’Académie Française. È laprova del suo approdo verso la filosofiarazionalistica che furoreggia nei salottifrancesi con il nome di libertinage, unaversione moderna dell’epicureismo, chepredica libertà di pensiero e di costumi.

IN VIAGGIO VERSO L’ITALIAAbbandonata prontamente la Svezia nel1654, per timore delle vendette dei pro-testanti, nel viaggio di avvicinamentoall’Italia, Cristina è in vari Paesi, dallaDanimarca al Belgio. Trascorre un annonei Paesi Bassi, allora spagnoli, sotto laprotezione di Filippo IV di Spagna, cheringrazia con il dono delle due tantofamose quanto preziose tavole diAlbrecht Dürer, “Adamo ed Eva”, prove-nienti dal saccheggio di Praga. La con-versione al Cattolicesimo ha luogo informa privata alla vigilia di Natale del1654. Divenuta cattolica, Cristina scrivedirettamente al Papa, con il quale accre-dita la conversione come unica causadell’abdicazione, precisandogli di volersitrasferire ai suoi santi piedi per riceveresolennemente la Cresima e laComunione; nel frattempo, scomparsoInnocenzo X, sale al soglio pontificioFabio Chigi, con il nome di AlessandroVII. È facilmente comprensibile che ilPapa desideri ottenere il più vistosoimpatto religioso-pubblicitario da que-sta straordinaria conversione regale: per-tanto definisce possibile l’accesso diCristina da neoconvertita al suolo delloStato pontificio solo dopo che “unasolenne abiurazione si facesse con auto-rità di un suo delegato; e volto l’animoa trovar persona che fosse gradita e ripu-tata dalla regina, le sovvenne LucaOlstenio canonico di San Pietro, eprimo custode della libreria vaticana[…], tra i più eruditi uomini che avessel’Italia […]. Cristina, siccome vaga dipigliar conoscenza de’ più dotti uominidell’età sua, vi avea passata qualche cor-rispondenza di lettere molti anni avan-ti”. Si concretizza così a Roma quel pro-cedimento (del resto già in corso e dura-to poi per tutta la sua vita) per il qualeCristina crede di potere utilizzare ai suoifini papi, sovrani, ministri ed altripotenti della scena europea, senza ren-dersi conto che in realtà sarebbe avvenu-to il contrario; questo, a dire il vero, sisarebbe verificato anche per gli altricomprimari, in una specie di contrad-danza indetta sullo scacchiere politico, enella quale sarebbe stato difficile stabili-re chi sia il maître. La cerimonia dellaconversione, secondo richiesta del Papa,avviene con grande pompa in Austria, aInnsbruck, il 3 novembre 1655. A questo punto la Regina avrebbe segui-to la via adriatica dei pellegrini diretti aRoma, anche per consentire al Papa direalizzare preparativi adeguati all’arrivodi tanto personaggio. É a Verona,Mantova, Ferrara, sempre accolta confeste memorabili. Fa poi tappa aBologna, Faenza, Forlì, Cesena. ARimini si estasia, visitando la sterminatabiblioteca di Sigismondo Malatesta,piena di codici antichissimi. Il corteoregale raggiunge lo Stato pontificio il 21novembre 1655. “Alessandro VII, inconformità di chi rappresenta in terra,accorse all’acquisto di questa smarritaPecorella […] e però, scelti quattro pre-lati de’ principali della Corte Romana,con uno de’ suoi ministri di cerimonie,con ricche carrozze, lettiche e staffieri,

gli inviò al confine della Ditione tempo-rale, acciocché con le maggiori espres-sioni di giubilo e riverenza la ricevesseroe negli applausi loro riconoscessel’allegrezza del Pastore che li inviava.” Ilprocedere del tanto pubblicizzato corteoavviene sempre tra febbrili preparativi,grandiosi allestimenti di archi ed appa-rati, restauri di dimore nobiliari, orga-nizzazione di ricevimenti di uno sfarzosenza freni, poiché Cristina assomma insé la maestà di un grande trono, lasacralità della neo-convertita, il fascinodella doctissima puella. Viaggia con unseguito, anch’esso impressionante, dicirca 250 persone, 200 cavalli e relativicarriaggi. Non sono al seguito le cassedei manoscritti e dei libri, che arrivano aPesaro l’anno dopo e che, senza esseredisfatte, sono avviate alla residenzaromana. Il cronista racconta che ella è“per ogni luogo da principi e dalle cittàricevuta con magnificenza pari alla gran-dezza non solo del suo nascimento, madella sua fama”.

LA TAPPA DI PESARO E LA VISITAA FANO: IL FASCINO DEI CONTISANTINELLI Anche Senigallia rimane coinvolta, sep-pure tiepidamente e all’ultimo momen-to; inoltre le finanze comunali esitano inbilanci alquanto magri. “Moltissime dis-avventure concorsero a funestare que-st’anno; le continue piogge, i turbini, legrandini, i venti impetuosi cagionaronouna quasi incredibile Carestia. Per alcu-ni mesi serpeggiò per l’Italia ilContagio, senza esservisi trovato rime-dio alcuno. Le inondazioni de’ fiumi egli allagamenti delle campagne cagiona-rono uno sterminato numero di locuste[…]. Con tutto ciò in sì fatte calamitàfu di gran sollievo alla Città nostra ilgrandioso, e magnifico passaggio diCristina regina di Svezia”. A dare unquadro della situazione è un fanese,l’Amiani: le condizioni della sua cittànon differiscono certo da quelle diSenigallia. Nel “Libro dei Consigli”degli anni 1654-16574, conservati allaBiblioteca Antonelliana di Senigallia, silegge che l’argomento è discusso il 28novembre 1655: il corteo sarebbe perve-nuto in città una settimana dopo. Si tra-scrive: “Adì 28 novembre 1655.Proposte da fare nel presente Consiglio.1° Che con l’occasione della venuta quia giorni passati dell’EminentissimoCardinale-legato […] fu discorso da noisopra la venuta della Regina di Svezia erappresentata la nostra debolezza, SuaEccellenza rispose che a suo tempoavrebbe dato avviso particolare di quan-to si doveva fare […]. Et hoggi per partedi Sua Eccellenza l’EccellentissimoMagistrato ci fa sapere che non sononecessarie le valdrappe di veluto perl’incontro di detta Regina, ma che ognialtra valdrappa sarà buona; il gusto peròdi Sua Eccellenza sarebbe che ogn’unocomparisse con più decoro che gli fossepossibile, non pretendendo SuaEccellenza d’alterare le nostre possibilità.2° […] si discorra e si risolva circa laspesa in fare valdrappe, provisione ditorce e persone con livree et ogni altracosa che occorrerà per il buon servigioin detta occasione e perché s’intende chel’haste del Baldacchino saranno otto,oltre il Magistrato presente e quello daestrarsi per Gennaro e Febbraro prossi-mi si dovrà provedere di altriGentiluomini col abito di Magistrato etfar intendere a Gentiluomini che conhabiti negri siano et li sudetti non acavallo […].3° Che li donzelli e trom-betta per detta occasione fanno istanzaper un paro di scarpe e calzetti ciascu-no.”. Durante il consiglio tenuto nella stessagiornata, “Il signor Giovanni FrancescoIsaia […] disse che, perché […] nellavenuta della regina di Svezia la nostracittà non sia inferiore ad altre delloStato, […] è suo parere che si facciano

Nemo Propheta in PatriaGian Rinaldo e Paolo Pietrantonio Monaldeschi della Cervara e Cristina di Svezia (I parte)

Zio e nipote orvietani, entrambi amanti in tempi diversi di Cristina, regina di Svezia, danno luogo, alla fine del ‘6oo, aduna di quelle che oggi si chiamerebbero soap opera, come Beautiful, Capitol e così via che, con i mezzi di divulgazione deltempo, si diffondono in tutta l’Europa e rimangono di attualità come uno dei migliori “romanzi giallo-rosa” per oltredue secoli. Purtroppo, almeno per Gian Rinaldo, non è un romanzo, ma storia vera. Si riassumono la storia, il contestostorico ed il profilo di Cristina per una migliore comprensione della vicenda.

Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

quattro altre livree et mostre ai bavaride’ ferraioli di raso e maniche dell’istes-so e fare aggiustare nell’istessa forma lequattro (livree) che vi sono, si comeanco le valdrappe d’ogni robba fuori chedi veluto […] e che per fare detta spesasi pigli in prestito dalla Cassa della fabri-ca li danari […], con questo però che,passata che sarà Sua Maestà, si vendanole valdrappe e le quattro livree che sifaranno di nuovo e la perdita di esse sirinfranchi con le provisioni degli offiziche verranno estratti dentro il mese ven-turo […]. Il signor Giovanni BattistaVenarucci […] disse esser suo parere chela spesa […] potrebbe non solo impor-tare quanto è la provisione di tutti glioffizi che si dovranno esercitare nell’an-no venturo, ma anco d’avvantaggio e[…], per non causare disordine né dis-parere di cittadini absenti, che s’intendaprima la volontà dell’EminentissimoLegato […]”. Le finanze comunali sonodi grande modestia, dati i debiti causatida precedenti carestie ed altre calamità.Di conseguenza stentano a prenderecorpo i preparativi per il grande evento.Sentito, peraltro, è il desiderio di nonsfigurare rispetto alle iniziative delle cittàvicine. Dagli archivi di Fano, ad esem-pio, si deduce che si è deciso di abbellireil Palazzo Pubblico, aprendovi anche unnuovo portale nel cortile, di aggiustareponti e strade, inargentare le aste delbaldacchino della Cattedrale, ordinarenuove livree per gli staffieri della città egualdrappe per i cavalli. Le remore dicarattere economico sarebbero poi staterimosse dalla decisione del Pontefice “ilquale ebbe cura che di luogo in luogoimmediatamente dopo la sua (diCristina) partenza sopravvenisse unesperto e fidel ministro camerale epagasse l’intiero a ciascuno.”. “Secondol’istruzione venutaci da Roma dovevasila regina incontrare dalli magistrati fuoridi Città, e presentarlesi le chiavi delle

porte; indi sotto il baldacchino portatodagli stessi magistrati doveva ogni cittàinsino all’albergo servirla, e a spese pub-bliche farle tutte quelle dimostranzed’onore, che se le convenivano”. Il 2dicembre, il corteo regale arriva aPesaro. “Prima di Pesaro, alla Silicata, glisi fè incontro l’Eminentissimo CardinalLuigi Homodei Milanese, Legatod’Urbino, con dodici carrozze a sei(cavalli), piene di principali gentiluomi-ni, cinquanta Svizzeri della sua guardia apiedi, più di cento cavaglieri cospicui acavallo, con ricchi e sontuosi vestiti, evaghe livree…”. A Pesaro, la Regina èaccolta nel palazzo dei conti Santinelli.Dei tre figli di questa nobile famiglia,attrae l’attenzione della Sovrana il giova-ne Francesco Maria, quasi suo coetaneo,considerato “cavaglier altamente cospi-cuo per antica nobiltà, quanto riguarde-vole per vivacità e sublimità di talento edi spirito.”. Un’infatuazione a primavista probabilmente si intreccia traCristina e Francesco Maria, che a unvivido e brillante ingegno unisce unaaccattivante prestanza fisica. A focalizza-re l’attenzione della regina contribuisceanche il fatto che, “prima di cominciarsiil ballo, il Cardinal Legato presentò allaregina, a cui era dedicato, un libro astampa di varie poesie composte dalconte Francesco Maria Santinelli, lamaggior parte in lode di Sua Maestà, laquale grandemente se ne compiacque, e

le agradì, commendandole per partidegni di spirito grande, e d’ingegnosublime, come tali furono anche applau-dite dall’universale”. Francesco Maria,nato a Pesaro nel 1627, uomo di lettere,appartiene a Fano all’Accademia degliScomposti e fonda a Pesaro quella deiDisinvolti. Autore di numerose liriche(per lo più in forma di sonetto), esordi-sce nel 1647 anche come romanzierecon “Le donne guerriere”. Componediversi drammi: “La disperazione fortu-nata” (1650); “L’Armida nemica, aman-te e sposa” (1669); “L’Alessandro ovveroil trionfatore di se stesso” (1673).All’imperatore Leopoldo I dedica, nel1676, il poema “Il Carlo V ovveroTunisi riconquistata”. É anche spessocitato come punto di riferimento tra glialchimisti del tempo: la “Lux obnubila-ta” e l’“Androgenes hermeticus”, operedi ispirazione ermetico-alchimistica,sono molto note; per la prima, si celacome autore sotto l’anagramma del suonome e cognome e titolo nobiliare (pre-ferendo in questo caso quello di mar-chese), identificandosi come FraMarc’Antonio Crassellame Chinese. Incasa Santinelli si fanno grandi feste. Ifratelli Francesco Maria e Ludovicointrecciano una “gagliarda” (ballo fran-cese e italiano, saltato, antesignano delsaltarello) con una dama, “ma perchéballavano da cavaglieri, la regina glipregò, che per maggior sua sodisfattionesi levassero il mantello, e le spaded’attorno per meglio poterli essa osser-vare; ubidirono, e danzarono unagagliarda che tanto piacque a SuaMaestà, che si dichiarò desiderosa divederli a battere ancora un canario.Ond’essi […] eseguirono il tutto condisinvoltura e leggiadria mirabile”.Il“canario” o “canaria” è una danza pan-tomimica di corteggiamento, di originespagnola. I fratelli Santinelli si esibisco-no con particolare vivacità solo percompiacere l’augusta ospite o immetto-no nelle loro esibizioni quel qualcosa inpiù che rasenta il tentativo di seduzione?Tutte le vicende future sembrano sotto-lineare quanto “disinvolto” e “scompo-sto” sia il comportamento di FrancescoMaria nei confronti di Cristina. I duefratelli sembrano non mollare la presasull’ospite, che peraltro si mostra moltointrigata dalla fisicità dei due giovani edei loro amici. Il giorno dopo l’arrivo aPesaro Cristina, stando assisa sotto unbaldacchino, pranza con il CardinaleLegato e al suo fianco come “scalcod’onore” è Francesco Maria. E il fratel-lo? Anche lui svolge il suo ruolo, chenon lascia certo presagire che un giornoavrebbe dovuto decapitare Gian RinaldoMonaldeschi della Cervara. “Dopo ilpranzo ebbe gusto Sua Maestà di vedereuna ciaccona (un ballo in tempo lento eritmo ternario) alla Spagnola, che dalconte Ludovico Santinelli fu ballata congratia, agilità e destrezza incomparabile;si compiacque pure di gradir alcuni gio-chi, che si chiamano le forze d’Ercolefatti da alcuni soggetti agili al maggiorsegno, e con molta leggiadria”. Nelpomeriggio, visite di chiese e conventi e,al ritorno a palazzo, “rappresentazioniaccademiche e sceniche”. La loro bizzar-ria e le novità introdotte sono moltoammirate e gradite: il tutto frutto del-l’ingegno e della penna di FrancescoMaria. La Regina in futuro dichiareràche tra tutti i grandissimi onori di cui èoggetto durante questo viaggio trionfaleverso Roma, “niuno è arrivato all’ecces-so delle sue sodisfattioni, che quelli dalei ricevuti in Pesaro”. “Finirono que-st’attioni verso le sett’hore della notte, laregina cenò privatamente, et andò ariposare; la mattina de’ cinque, con lasolita sua benignità, favorì le monachedi Santa Maria Madalena andando amessa alla loro chiesa, e godendo d’unabella musica, che gli fecero”. “Havendopoi pranzato, partì per Sinigaglia, servitain carrozza dal cardinale con la stessacomitiva di carrozze, cavalieri a cavallo,e guardie de’ Svizzeri stando per tuttodentro e fuori della città spallierate, esquadronate le fanterie, e tirando dallemura il cannone, molti mortaretti, emoschetti, come s’era fatto nell’ingres-

so.”. I fanesi rischiano di subire unagrande delusione, essendo pervenutanotizia che, a causa de “gli incomodi daSua Maestà esperimentati in Faenza nelpranzo rispetto alla brevità dei giorni,che riporta questa stagione”, ella “sareb-be passata senza fermarsi da Pesaro aSinigaglia”. Amareggiato il governatoresi affretta a “spedire corieri a i Nuntiicon presentarli che la Città restarebbeper sempre inconsolabile se la Maestàdella Regina non facesse grazia di fer-marci quel piede […]”. Cristina, mentrei carri dei suoi bagagli proseguono, sostaa Fano, ove è accolta con un fastosoricevimento al Palazzo Comunale; dopoun “mobilissimo rinfresco”, “in nomedell’Accademia degli Scomposti il sig.Vincenzo Nolfi presentò alla Regina unlibretto dorato con l’epilogo delle suegran lodi cantate dai cigni del nostroMetauro […]”. Galeotta la notte aPalazzo Baviera di Senigallia? I fratelliSantinelli fanno parte del corteggio che,il giorno successivo alla serata pesarese,si dirige a Senigallia, tappa forse da essiconsigliata, perché qui si è accasata laloro sorella Elena, moglie del nobileGiovanni Giuseppe Baviera (che otterràil titolo di marchese, nel 1655). Comeracconta, nel 1656, il conte Priorato,“Uscita da Fano salutata da molti tiri dicannone, mortaletti e moschetti, e rive-rita da tutte le militie, proseguì il viag-gio verso Sinigaglia, ove giunse tramon-tato il sole, con un tempo così fastidiosodi pioggia e di vento, che non lasciògodere il saluto della moschetteria squa-dronata nella spianata di quella città, leporte, le mura e le strade della qualeerano tutte armate. Andò a dirittura alpalazzo de’ Signori Bavieri gentiluominiprincipali, preparato per il di lei allog-gio, venendo la Corte distribuita perl’altre case vicine. Quivi fu incontratadalle dame di quella città; fu tra questeuna nipote dell’eminentissimo cardinalCherubini, il quale non potendo esserea servir Sua Maestà, per trovarsi malatoin Montalbotto sua Patria (l’attualeOstra), non mancò di dar gli ordiniopportuni per quell’alloggio”. Nonrisulta dalle cronache, ma certamente laRegina ha ricevuto dalle autorità seni-galliesi un indirizzo di benvenuto. Delsuo tenore si può avere un’idea attraver-so un manoscritto anonimo conservatonella Biblioteca Antonelliana diSenigallia. Esso reca sulla costa il titolodi Modularium, scritto con inchiostro egrafia non coerenti con quelli delle pagi-ne interne. È una specie di prontuario,con un “indice de’ componimenti” peruna pronta consultazione: a disposizionedelle autorità locali, provvede discorsiper lo più in latino, da pronunciarsi inoccasioni ufficiali. Si trascrive una deli-ziosa paginetta con i “Complimenti dafarsi a personaggi di altezza e sanguereale.Per i Deputati Nobili. La Città di Senigallia si ha l’onore dipresentarle un atto di rispettosissimoomaggio congratulandosi del suo felicearrivo, bramando nell’atto stesso di vive-re fortunata sotto il poderoso bracciodell’Altezza Vostra Reale. Per i medesimipiù esteso Godendo l’onore questa Cittàdi ossequiare Vostra Altezza Reale, lapubblica Rappresentanza invia noi apresentarle il suo rispettoso omaggio e acomplimentarsi del di lei prospero arri-vo, offrendo a Vostra Altezza Reale tutto

ciò che appartiene al Pubblico medesi-mo che si farà sempre un preciso doveredi ubbidire a’ di lei sovraniComandamenti. Per l’Ill.mo Magistrato La nostra Città esultando per il prospe-ro arrivo di V. Altezza Reale le umiliacol nostro mezzo i suoi rispettosissimiomaggi ed ha l’onore di presentarglieliuniti ai nostri Nobili Cittadini”. Si torna al racconto del Priorato relativoa Casa Baviera: “Quivi, oltre ai fuochi eluminari che si fecero quella sera perSua Maestà, gli fu fatta in camera unaComedietta ridicola dalli ContiFrancesco Maria e Lodovico fratelliSantinelli, dallo stesso conte FrancescoMaria posta in ordine in una sola notteper incontrare le sodisfattioni di lei, chese ne mostrò desiderosa. Doppo laComedia volle ella veder anche l’agilitàdi questi due Cavalieri nel saltare ilcavallo, come pur si compiacque dellaloro maestria nel giocar di spada: ondecome la virtù acquista con la nobiltà,non solo dispone, ma rapisce gli animide grandi all’affetione; così questa prin-cipessa rifletté con la sua generosità, efinezza d’intendimento alla proporzione,che l’habilità, e talenti di questi cavalieriavevano al suo servigio; avuta peròpiena informatione del cardinale dell’an-tica nobiltà della loro casa, nella qualein ogni secolo sono fioriti uomini digran valore, come furono il conte SforzaSantinelli, cavaliere di S. Michele sottoil christianissimo re Carlo ottavo, ch’eraallora il primo ordine, et il conte GiulioCesare Santinelli Gran Prior di Messinaper la religione nobilissima di Malta, lifece ricercare al suo servitio per monsi-gnor Holstenio, e poi per l’ambasciatorPimentel; ond’essi gloriandosi d’haverl’honore di servire Sua Maestà, si dimo-strarono pronti ad obbedirla, e pocodopo la sopragionsero nel viaggio.Sinigaglia è città di breve recinto, mamunita di fortissimi baloardi, fosse eparapetti: alla parte verso Fano à uncanale che la fende, e serve di porto a’piccioli navigli: ha pur anche una roccaantica verso il mare, fortificata da gros-se, e forti torri, che l’assicurano mag-giormente. Di qui partendo la regina incarrozza col Cardinal Legato, servita datutta la comitiva antedetta, gionse a’confini della Legatione, ove si ritrovò ilsig. Giorgi da Fano, maestro di campodi Pesaro, con un buon corpo di fante-ria squadronata; salutò l’arrivo di SuaMaestà con una bella salva di moschet-tate, ove il detto Legato fu da lei ringra-tiato del buon trattamento fattogli,dichiarandosi al maggior segno soddi-sfatta di lui”. Non è noto quando sia scattata la molladell’interesse nelle sue varie sfumatureintellettuali e sentimentali da parte diCristina nei confronti di FrancescoMaria e Ludovico: i due fratelli proba-bilmente intravedono subito la possibili-tà di una collocazione adeguata al lororango al seguito di un personaggio che èlo stupor mundi. Appare comunque evi-dente che le “sodisfattioni di lei” nonchél’“affetione” dopo le serate di Pesaro e diSenigallia debbono essere ben cocenti,se i fratelli Santinelli sono poco dopoarruolati da Cristina, primi tra i corti-giani italiani che avrebbe preso al suoservizio: a Francesco assegna la carica digran ciambellano e a Ludovico quella dicapo delle guardie. Le altre città in cui ilcorteo, diretto a Roma, si ferma nelleMarche, sono Ancona, Loreto,Recanati, Macerata, Tolentino eCamerino, dove la Regina è sempreaccolta con grande entusiasmo e defe-renza da clero, nobiltà e popolo.

A LORETO L’INCONTRO CON LAREGINA DEL CIELO La sosta più emblematica della persona-lità di Cristina è indubbiamente quelladi Loreto, dove ella arriva l’8 dicembre1655. “I più insigni atti di religioneesercitò in riverire la santa casa diLoreto. Tosto che si scoprì con la vista lacupola della chiesa, smontò di carrozza,e con le ginocchia in terra adorò queldivino albergo; indi volle fare a piedi, econ la testa scoperta non ostante il rigo-

re della stagione, e la delicatezza del suocorpo intollerante del freddo, tutta quel-la lunga pendice, per cui si sale allacittà. […]. Fece oblazione alla Verginedel proprio scettro, e della propria coro-na, ch’eran d’oro massiccio, arricchito dimolti e grossi diamanti. E non è degnotacersi come avendovi l’Olstenio accom-pagnato a perpetua memoria un distico,ove dicevasi ch’ella donava alla madre diDio spretam coronam, la reina in leg-gendolo fé mutare quell’aggiunto spre-tam in positam a cagione ch’ella nonsarebbe mai stata per donare alla reinadel cielo quel che sprezzava, ma quelche più nel mondo apprezzava”. Quantoal distico, Alfred Neumann sostiene cheesso è citato da diversi storici, ma inrealtà non si è trovato nelle opere con-sultate. I due versi (stando alla traduzio-ne francese dell’opera di Neumann, LaReine Christine de Suéde, Paris 1936)sono: “Hanc tibi sacravit spretamRegina coronam, in Coelo tribuas utmeliore frui” (Questa corona disprezzatati ha offerto la Regina affinché Tu ledoni di portarne una migliore inCielo”). Nella città della Regina delCielo, la ex-sovrana neoconvertita vuolecertamente esplicitare un convinto e sin-cero atto di devozione e umiltà. Siavverte, però, nel suo comportamentotrasparire quello che è per lei connatura-to, che le è stato riconosciuto almomento dell’abdicazione e che sempredifenderà come sua inalienabile preroga-tiva: essere sempre e comunque sovrana.Il distico inciso all’interno della coronadonata alla Madonna suona un po’, aldi sotto della vernice dedicatoria, comelo scambio di un gioiello tra due sovra-ne. Per usare, decontestualizzata, unafrase usata in altro senso dallo Sforza-Pallavicino, “ella però niente calava dalposto regio; e così quegli onori vedevasifatti non da privata, ma da reina”. Che aCristina spetti di diritto una corona incielo è forse un comune sentire, se ilGualdo Priorato afferma nel suo testostampato nel 1661: “Che una Regina dinascita, e di spirito sì sublime et epilogodi tutte le virtù deponga volontariamen-te lo scettro e venga ai piedi del vicariodi Cristo per ricevervi nelle di lui bene-dizioni una corona di Paradiso, è risolu-zione che troppo eccede l’umana capaci-tà nonché il costume: il mondo non haforse più veduto chi, per fare acquistodella vera fede, abbia abbandonato ipropri regni e, per arricchirsi delle gioiedel cielo, si sia spogliato dei tesori dellaterra”. Alla Santa Casa di Loreto, tuttele donazioni sono state sempre scrupo-losamente registrate: questo vale ancheper quella della regina Cristina, chefigura nel Registro dei doni 1626-1661,c. 225 e che è minuziosamente riportatane “La Historia della Chiesa di SantaMaria de Loreto”. La Regina dona il suoscettro e la sua corona: all’interno diquesta, come certificano le fonti, hafatto incidere il suddetto distico compo-sto dall’Holstenio. La minuziosità delladescrizione del dono tralascia la poesiaper dedicarsi con meticolosità alladescrizione dei due manufatti: “la coro-na è composta d’oro smaltato di colorebianco e nero con merletti e rosette.[…] pesa in tutto once sedeci. Lo scet-tro di lunghezza due palmi in circa purd’oro […] pesa oncie otto e ottave cin-que.” Dalla descrizione dei due gioiellisi ricava che essi sono ricoperti da ungrande numero di pietre preziose: 294diamanti, 84 diamantini, 298 rubini.Spoliazioni, disastri e furti sono stati neisecoli causa della scomparsa di tantioggetti votivi: tale sorte è toccata ancheai doni della regina di Svezia. Dopoquesti gesti di pietà e di munificenza,Cristina lascia le Marche, diretta allavolta di Assisi.

Sandro Bassetti

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Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

P A G I N E L E T T E

STEFANO COLONNA, La Galleria dei Carracci in Palazzo Farnese a Roma. Eros, Anteros, Età dell’Oro, Roma, Gangemi Editore, 2007.GUIDO BARLOZZETTI, La tremenda ambascia. Nuova Biblioteca pubblica “Luigi Fumi”, Quaderno n° 1.AA.VV., Il filo di Eloisa - Antologia di ammirazione femminile, Casa Editrice Lietocolle, 2008.

Il centro pulsante di una città è la suaBiblioteca, fonte di ricerca e di studio

di ogni generazione. Dopo moltissimianni, la Biblioteca Comunale “LuigiFumi” lascia la sua sede del Palazzo diCornelio Clementini, dove si trovaanche il prestigioso Liceo Ginnasio“Filippo Antonio Gualterio”, per trasfe-rirsi in un luogo più ampio, il vecchioconvento di San Francesco, in PiazzaFebei.Il viaggio che Guido Barlozzetti ci hafatto fare con questo suo testo è nellaBiblioteca, ovverosia un itinerario

nella città dei libri, alla ricerca di ungiudizio possibilmente universale,come leggiamo nel sottotitolo.E crediamo che il viaggio sia comple-tamente realizzato perché, citando “LaFenice”, Accademia settecentesca cherivisse i suoi fasti con Luigi Fumi trala fine dell’Ottocento ed i primi delNovecento, ci conduce per mano inquei luoghi della nostra città, ripercor-rendone storia e cultura. Ma le cita-zioni non mancano: troviamoFrancesco Maria Febei e AntonioAlbèri, le prediche di Paolo Segneri e

“L’Orvietano e i medici da piazza”,argomento quest’ultimo di una confe-renza di Anton Giulio Bragaglia,tenuta all’Istituto Storico ArtisticoOrvietano e pubblicata nel Bollettinodel 1954.Sarebbe troppo lungo elencare tutti gliargomenti che la sapienza di GuidoBarlozzetti ha introdotto in questoaureo libro, che va senza dubbio lettoe dal quale si può apprendere unosquarcio di vita orvietana e di una cul-tura che fa della nostra città, definitanelle antiche carte nec parvam, necmagnam, un importante centro alivello nazionale.

Franco Moretti

Un viaggio tra i libri

Palazzo Farnese: la Galleria dei CarracciUn nuovo studio di Stefano Colonna

Il 7 giugno scorso, presso la Saladel Governatore del Palazzo dei

Sette, si è tenuta la prima presen-tazione de “Il filo di Eloisa -Antologia di ammirazione fem-minile”, realizzata dall’Associazioneculturale Eloisa Manciati, in collab-orazione con la casa editriceLietocolle, a seguito del Bando diConcorso nazionale per giovanidonne “Tracce di pensiero femminilenella nostra vita: scrittrici-maestre, untributo alla loro eredità senza testa-

mento”, diffuso dall’Associazioneorvietana, nel primo anno di attività,in ottemperanza a uno dei punti delproprio Statuto.La Giuria del Concorso, presiedutadalla nota poeta umbra Anna MariaFarabbi, ha selezionato, per la realiz-zazione del volume, i componimentidi 25 autrici rappresentative di tuttaItalia; è stato inoltre inseritol’elaborato delle alunne della Classe2L1 del Liceo Scientifico “EttoreMajorana” di Orvieto.

All’iniziativa hanno partecipatonumerose autrici, chiamate a leggerei loro testi; altre letture, a cura de “Ilfilo di Eloisa”, hanno proposto stral-ci delle scrittrici maestre di riferi-mento. Intermezzi musicali al vio-loncello sono stati eseguiti da ViolaMattioni. Il volume è in catalogo nei raffinatitipi della collana Erato delle edizioniLietocolle. Già reperibile nellelibrerie orvietane, sarà distribuito,con i consueti canali dell’editore.

“Il filo di Eloisa - Antologia di ammirazione femminile”

Il libro mettein luce la

complessità delclima culturalefarnesiano daAchille Bocchiin poi, con icontributi sia difigure poconote comel’umanistaungherese JanosZsamboky e

l’olandese Stephen Wynkens Pigge, sia delcelebre collezionista-archeologo FulvioOrsini. Viene riletta la figura di AgostinoCarracci in rapporto a letterati, filosofi emusicisti coevi e gli vengono attribuitealcune piccole raffinate incisioni.La Galleria dei Carracci è presa inesame in relazione al matrimonio diRanuccio Farnese e MargheritaAldobrandini, alla luce degli “inediti”epitalami che provano per la prima voltain maniera inequivocabile il rapportotra le nozze e gli affreschi, ponendo finealla vexata quaestio del programma ico-

nografico della Galleria stessa e al valoredi Anteros come Amor Virtutis o Amorereciproco.La Galleria viene infine valutata nellasua articolazione concettuale con unalettura critica storico-artistica proiettatain avanti verso il XVII secolo, ancheattraverso il raffronto con il pensierocontroriformistico del filosofoPomponio Torelli e gli affreschi diFrançois Perrier in Palazzo Peretti inRoma.Una vasta bibliografia ed una riccaAppendice di documenti manoscritti eda stampa relativi all’ambiente farnesiano,quasi tutti inediti, completano il librocorredato da più di 100 illustrazioni, ingran parte relative agli affreschi dellaGalleria Farnese e del Camerino delCardinale Odoardo, che hanno rappre-sentato, per la novità e ricchezza del lin-guaggio figurativo dei Carracci e losplendore delle forme e dei colori, lafine del Manierismo alle soglie delBarocco nascente ed il ritorno elegiaco emeditato a Raffaello, Correggio eMichelangelo.

Ad una «auspicabile pubblicazione» della magistrale ricerca di Stefano Colonna sulla Galleria deiCarracci in Palazzo Farnese accennavo già nel 1999 […] e nell’occasione citavo dalla tesi del Colonna iversi di Onorio Longhi da lui ritrovati, dai quali si evince con chiarezza l’identificazione di Arianna conMargherita Aldobrandini, che nel 1600 andò sposa a Ranuccio Farnese; che questo sia il tema principaledell’affresco centrale della Galleria, è stato […] pienamente riconosciuto dalla critica successiva. […] L’ ampiezza del giro di orizzonte consente di entrare nel vivo della concezione neo-platonica che è sot-tesa alla volta e di acquisire certezze interpretative. Queste sono confortate del resto dal fondamentaleritrovamento di quattro rari epitalami relativi alle nozze Farnese-Aldobrandini […]: scoperta vistosaanche per altre implicazioni relative alla raffinata cultura del grande amico del Caravaggio.L’identificazione di Arianna con Margherita Aldobrandini, la nipote del pontefice che si univa in nozzeall’ “eroico” Ranuccio, vi è chiaramente rivelata e stabilisce un altro, fondamentale punto fermo per inten-dere il messaggio della Galleria. (tratto da Maurizio Calvesi)

Nell’ampio panorama dei mezzi dicomunicazione non possiamo evi-

tare di fare i conti con la rete, conInternet. Come possono coniugarsi ivalori con quando apriamo questa fine-stra su un mondo virtuale ma vero allostesso tempo?Cogliamo l’occasione per segnalare unsito dove una fortunata formula chelega tradizione, cultura, religioni emisticismo, regala un fervore intellet-tuale stimolante e promuove ricercheculturali di buon livello.

Il sito è francesee dunque all’in-dirizzowww.bldt.nettroviamo Lesbaladins de latraditionCome si puòleggere sul sitostesso, la tradi-zione è un insie-

me storico e leggendario delle originidegli avvenimenti e dei cambiamentiattraverso il tempo di un soggetto par-ticolare (umano, filosofico, scientifico,religioso, mistico ecc).In questo spazio appaiono articoli cheriguardano gli argomenti più vari ecercano, a volte, risposte a misteri pic-coli o grandi senza perdere di vista larealtà e la storia dell’uomo.Dunque questi “saltimbanchi”, sevogliamo tradurre simpaticamente il“chi siamo” del sito, formanoun’associazione (nata proprio in segui-to alla gestione del sito) che promuoveconferenze, viaggi-pellegrinaggi cultu-rali (anche virtuali) attinenti ai temitrattati. I testi pubblicati hanno la particolaritàdi essere legati a forum e a tutti i navi-gatori è concesso di discutere, proporreproblemi e contribuire alla discussione

e all’approfondimento.In un’ottica pedagogicamente legataall’apprendimento, emerge un aspettofortemente comunicativo che trascina,chi si collega, verso numerose tracce,verso temi che costituiscono un per-corso ottimale per aggiungere cono-scenza a conoscenza. Da Budda aBalzac dagli Egiziani ai Santi Cristianidalle Società del Simbolismo insommatutti gli argomenti vengono toccatilasciando da parte distrazioni, allucina-zioni e fanatismi. Vi è poi da segnalareall’interno un gioco o quiz veramenteappassionante... Vengono posti deglienigmi in modo singolare: viene pre-sentato in foto il particolare di unluogo legato a tradizioni, storia, religio-ne o avvenimementi ecc.... Chi parte-cipa al forum, tramite congetture eragionamenti, deve arrivare a capiredove è stata presa quella foto; parteci-pare è appassionante e riuscire a scova-re “il piccolo nel tutto” è veramentegratificante; ciò aggiunge ancor piùvalore a quella valenza pedagogica cheandiamo affermando ben costruita inquesto modo di comunicare. Tutti ipartecipanti hanno un nickname e unsimbolo e salvaguardano la propriaidentità: un vero caso di cervelli comu-nicanti. Un vero brain storming di cul-tura a livelli elevati. L’insegnamentodella storia, per esempio, non puòsfuggire a una costruzione mentale diuna mappa geografico-storico-cultura-le. Pensiamo ai monumenti di unacittà e capiamo che l’orientamentoassume un’importanza capitaleproprio da questa caratte-ristica pluridimensio-nale. Ecco alloral’occasione percapire gli stiliarchitettonici e laloro terminologia,

le tradizioni legate alla costruzione ealla geografia, gli aneddoti che arricchi-scono il nostro passato, ma anche ilnostro quotidiano, la nostra letteratura,le nostre origini. Chi non ha moltadimestichezza con la lingua francesepuò cercare di aiutarsi con i dizionariin rete; l’equipe des baladins è abba-stanza indulgente...Chi scrive, infatti, si è confrontato e hainteragito con l’equipe dei Baladins.Con i partecipanti ai diversi

forum:Azalais,Dazur, Anne delepi,Acanth ecc... si ècimentato, indegna-mente ma con dis-creto successo, investe di cercatore eanche di propositoredi enigmi.Un’esperienza sem-

plice se vogliamo, ma fortemente cari-ca di significato.Un saluto dall’Italia a questi amici, conl’augurio di proseguire il percorso, discoprire e lasciare tracce tali da stimo-lare un inseguimento culturale con latesta sulle spalle e i pensieri rivolti alcuore antico del mondo. Quando dun-que si chiama in causa l’importanzadella storia per capire e interpretare ilpresente, facciamo riferimento a meto-dologie e iniziative come questa;apprezzando segni, significati e simbo-logie di quei pellegrinaggi lunghi versomete e iniziazioni religiose o meno,verso mete culturali sconfinate, versosimbolismi remoti, verso qualcosa in

apparenza nascosto, ma che vivedentro di noi sin dalle origini

e prepotente ci si dispiegadavanti nel momento incui allarghiamo il nostroorizzonte.

Karl

Les Baladins de la TraditionLuigi Emilio Masinaed il suo parco incantato

Vale le pena, sicuri di arricchirci distraordinarie emozioni, visitare il

parco incantato di Podernovo, a Bolsena,ove le opere in ferro, di Luigi-EmilioMasina, ci danno la sensazione di aver var-cato la soglia del reale e di trovarci di fron-te ad un mondo fantastico, evocatore distralci di storia, di personaggi emersi daiprimordi o legati a narrazioni bibliche, oprotagonisti del nostro presente nelle sfac-cettature più avvincenti dell’agire umano.Le opere esposte sono la realizzazione diuna innata capacità creativa dell’autore,espressa anche in sculture lignee e in unastraordinaria istintiva inquadratura di fotopoeticamente suggestive. Tale capacità, for-zatamente rinviata dagli impegni, prima di

studio, poi di lavoro e di non semplici responsabilità che la professioneintrapresa comportava, ha trovato poi libero sfogo nelle produzioni chehanno riscosso l’ammirata approvazione del pubblico.Si tratta di opere che segnano il punto di arrivo di successivi processi diastrazione che hanno portato l’artista all’essenzialità della forma consen-tendoci, nel contempo, di ricomporre mentalmente la raffigurazione delreale e di sentirci coinvolti, quasi in una corrispondenza ideale con leforze misteriose che dall’opera emanano, nell’atto fissato e suggeritore dimosse successive, come se noi stessi fossimo partecipi dell’evento.L’ambiente in cui le realizzazioni artistiche sono esposte è particolarmentesuggestivo aprendosi, verso valle, sullo scorcio del lago di Bolsena, ove ilcielo che si specchia nelle acque e la natura circostante suggerisconomomenti di riflessione e di sereno ritorno alla dimensione umana dellavita.

Mara Valeri

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Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

S E G N A L A N O i L E T T O R I

I N C I T T À

Alla riscoperta del quartiere perdutoGentile redazione, il quartiere medievale non è giustamente valorizzato. Inpassato abbiamo

avuto tentativi di rivitalizzarlo…sono state aperete botteghe, per periodi brevi, sono stateorganizzate feste, è stata riaperta la chiesetta della Madonna della Cava, anche S. Agostino ospitaadesso le statue del Duomo, parecchie iniziative hanno contribuito, affinché si parlasse di questaparte della città. Le cose però non vanno avanti. Anzi, stiamo tornando indietro, perché se il turi-smo percorre un po’ tutte le zone della Rupe Le cose però non vanno avanti. Anzi, stiamo tornan-do indietro, perché se il turismo percorre un po’ tutte le zone della Rupe, sembra non si interessipiù di porta Maggiore, della chiesa di S. Giovenale, del muro etrusco, delle attrattive, le più anti-che poi, di Orvieto, che meritano il nostro impegno per essere riscoperte. Il Pozzo della Cava, permerito dei proprietari è probabilmente l’unica grande risorsa turistica. I percorsi panoramici nonsono sufficientemente conosciuti dai visitatori e da qui segue un danno forte per l’immagine citta-dina, che dobbiamo riparare al più presto per migliorare l’offerta Il muro etrusco, il Pozzo dellaCava, i percorsi panoramici non sono sufficientemente conosciuti dai visitatori e da qui segue undanno forte per l’immagine cittadina, che dobbiamo riparare al più presto per migliorare l’offertaturistica. Che cosa ne pensate? P. C.

Le destinazioni d’usoCari Amici della Redazione, spesso ci chiediamo perché tanti spazi storici inutilizzati nella

nostra città. Le Chiese, per esempio, chiuse al culto, dopo i restauri, non sono divenute piùsedi per manifestazioni, concerti e mostre. Di S. Rocco abbiamo saputo che il Liceo d’Arte haprovveduto a delle ricerche condotte dagli insegnanti e dagli studenti per conoscerla negli affre-schi, nei bisogni di restauri ecc. Ma i palazzi pure dovrebbero trovare una destinazione d’uso, inmodo che il centro storico si arricchisca di nuovi riferimenti espositivi e culturali. Anche produtti-vi, perché sarebbe opportuno che tanti servizi, che si sono spostati allo Scalo, potrebbero ritornarenella città alta. Per non parlare del “Casermone”, ancora senza ruolo, che solo a guardarlo impie-tosisce per le sue condizioni di degrado, sebbene qualche intervento di recupero sia stato fatto.Una città come la nostra dovrebbe discutere di questi argomenti così importanti per il suo futuro,altrimenti andremo verso l’abbandono, senza appelli.

C. S. - F. T.

Il Premio Barzini 2008 a Ugo TramballiÈUgo Tramballi il vincitore della diciannovesima edizione del Premio Barzini. Nato a Milano cinquantaquattro anni fa, è

entrato nel 1996 a “Il Giornale”. Dal 1983 all’87, è stato corrispondente in Medio Oriente, seguendo in particolare legurre in Libano, Iran, Irak e Afghanistan. Ormai famosi i suoi reportages da India, Pakistan e Africa meridionale (Sudafrica,Angola, Zimbabwe). Corrispondente da Mosca e inviato ed editorialista di affari internazionali per “Il Sole 24 Ore”, è mem-bro dell’Istituto Affari Internazionali di Roma e del Centro Italiano per la Pace in M.O. di Milano. Ha pubblicato: “Dentrol’India, gli uomini e le città” (1988), “Quando finirà l’inverno: la Russia dopo Eltsin” (1999), “L’ulivo e le pietre. Israele ePalestina: racconto di una terra divisa” (2002), “Il sogno incompiuto. Uomini e donne d’Israele” (2008).La motivazione del Premio a Ugo Tramballi: “Ha cominciato dalla cronaca milanese, sulle pagine de “Il Giornale”. Poi, dall’i-

nizio degli anni Ottanta, decide di dedicarsi alla scena che segnerà tutto il suo cammino di giornalista, quella internazionale della politica e dell’e-conomia, delle crisi, dei conflitti e dei nuovi protagonisti che si candidano a potenze.Dapprima, corrispondente dal Medio Oriente, poi da Mosca, quindi, dal 1991, inviato e editorialista di affari internazionali per “Il Sole-24 ore”,Ugo Tramballi, ha raccontato i nodi aggrovigliati di contrasti senza fine, le svolte, i cambiamenti di un mondo reso sempre più grande e intercon-nesso dalla globalizzazione: il Golfo, la Russia di Eltsin, la trasformazione dell’India, la fine dell’apartheid nel Sudafrica, la crescita impetuosa dellaCina, la guerra dei Balcani, il terrorismo e le contraddizioni insolubili del Medio Oriente. Ovunque ha portato la sua voglia di capire e il bisognodi non fermarsi alla superficie dell’ufficialità e al gioco delle verità. Insomma, prima di ogni giudizio e di qualunque facile e addomesticata conclu-sione, ha sempre cercato di restare fedele a quell’esigenza profonda di testimoniare. Un giorno dopo l’altro, in quello che ha chiamato “il quotidia-no consumarsi del lavoro del giornalista”. Insomma, la presenza diretta, fondata sulla conoscenza delle cose e delle persone, fossero la gente o gliattori variamente impegnati a interpretare ruoli di potere, le rivendicazioni, gli interessi di parte, le spinte innovative. Che si trattasse del colonnelloGheddafi o di Re Hussein di Giordania, del presidente del Venezuela Hugo Chavez, di Rajiv Gandhi, di Shimon Peres o di Yasser Arafat. Di questatensione all’ascolto e all’osservazione disincantata, Ugo Tramballi ha fatto la base per un’analisi che si è sviluppata attraverso numerosi libri, da“Dentro l’India” all’ultimo, “Il sogno incompiuto. Uomini e donne d’Israele”.

Il 10 maggio, alla Sala dei Quattrocento di Palazzo del Popolo, si è tenuto l’incontro “Inviato speciale in Internet. Laprofessionalità del giornalista di fronte alla sfida delle nuove tecnologie”. L’a manifestazione ha avuto anche uno strea-

ming in diretta e alcune scuole di giornalismo di vari luoghi d’Italia, oltre a seguire l’e-lecture tramite web tv, sono potuteintervenire a distanza per chiedere chiarimenti o porre domande ai relatori. Carlo Revelli ha parlato di “Giornalismo parteci-pativo, trasparenza e libertà di informazione”. “Italo-francese, nato a Roma nel 1969 e residente a Parigi dal 1993, CarloRevelli, dopo il diploma ad indirizzo economico al Liceo Chateaubriand di Roma, si laurea nel 1991 in Scienze economiche a“La Sapienza” e ottiene, nel 2007, un dottorato in Scienza dell’Informazione all’Università Paris X, discutendo la tesi “Comesfruttare l’intelligenza di Internet: dall’intelligenza economica all’intelligenza individuale”. Il progetto di Agoravox, dopo molti

anni di gestazione nel suo pensiero, nasce concretamente sul web nel marzo 2005, quando il triste episodio dello Tsunami del 2004 gli fa definiti-vamente comprendere che tutti, e non solo i giornalisti formati e dedicati, possono ormai essere fonti di informazione. Il successo è stato rapido e ilfenomeno è descritto da Carlo Revelli nel lavoro pubblicato in collaborazione con Joël de Rosnay “La Rivolta del Pronetariato” (“La Révolte duPronétariat”, Fayard, 2006, scaricabile da internet, in lingua francese, all’indirizzo http://www.pronetariat.com/livre ). Proprio con Joël de RosnayRevelli aveva già creato, nel 1995, Cybion, la prima società francese specializzata nella ricerca e nell’archiviazione di informazioni su internet,dando vita alla prima comunità virtuale francese di economia sul web,www.veille.com/fr/, e al primo portale sugli agenti intelligenti e i creatori vir-tuali, www.agentland.fr. Agoravox, nato dall’esigenza di trasparenza e libertà di informazione e dalla sperimentazione del giornalismo partecipativo,con la sua strabiliante crescita si trova ora a dover affrontare un nodo importante, quello di preservare l’indipendenza del progetto.” L’evento orvie-tano ha registrato gli interventi del Comitato Regionale per la Comunicazione, della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dell’Ordine deiGiornalisti, dell’Associazione Stampa Umbra, di Articolo 21, dell’Associazione Nazionale Stampa Online.

La Mostra sul Novecento a Palazzo CoelliSi è chiusa, il 20 luglio scorso, la Mostra sulla pittura del Novecento a Palazzo Coelli, sede storica della Fondazione Cassa di

Risparmio di Orvieto, nel cuore della bellissima città umbra, a due passi dal Duomo.Un evento di grande richiamo turistico e culturale. “Arte dell’oggi e dell’appena ieri IL NOVECENTO nelle collezioni delleFondazioni Cariverona e Domus”, a cura del Prof. Sergio Marinelli, ordinario di Storia dell’Arte all’Università Ca’ Foscari diVenezia, ha presentato circa 60 dipinti, che costituiscono il nucleo più significativo delle collezioni delle due prestigiose Fondazioniveronesi. Tra le opere più importanti, alcuni veri capolavori di Balla, Boccioni, Casorati, Savinio, Cagnaccio di San Pietro, Severini,Campigli, Morandi, Licini, Birolli, Fontana, Guttuso, Schifano, Afro, Dorazio, Tancredi, Vedova, Arman, Tadini, Ceroli, Chia.La Mostra ha così consentito di ripercorrere le vicende artistiche in Italia dalla fine dell’Ottocento fino agli inizi dei recenti anniNovanta. Oltre a grandi “classici” dell’arte, come il Boccioni divisionista o il giovane Balla figurativo, la rassegna ha compreso deipiccoli tesori nascosti, come le bagnanti di Moranti, un’opera di una poesia altissima, diversa e per nulla scontata rispetto a quasitutta la produzione del pittore bolognese. Il rapporto tra arte e Fondazioni di origine bancaria è un connubio che diventa semprepiù centrale nella politica culturale italiana. Ormai molte delle più grandi iniziative museali ed espositive si devono proprio alleFondazioni che, con la loro sensibilità ed il loro impegno, hanno contribuito anche a salvare dalla dispersione opere d’arte importan-ti per un territorio o per un città. In questa direzione possiamo trovare anche la politica di acquisti della Fondazione Cariverona. Lacreazione di un soggetto dedicato, la Fondazione Domus per l’arte moderna e contemporanea, è il segno concreto della volontà divalorizzare la produzione artistica, accrescendo in tal modo la collezione della Fondazione stessa, solo in minima parte derivantedalla Cassa di Risparmio. Con i dipinti e sculture acquistati, le Fondazioni Cariverona e Domus hanno così creato una delle colle-zioni d’arte del Novecento italiano più importanti del Paese. La Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto destinerà tutti i proventidella Mostra, ingressi e vendita del catalogo, a sostenere il recupero della residenza protetta per anziani dell’Istituto Piccolomini-Febei in località San Giorgio ad Orvieto.

Un console del Touring per OrvietoIl presidente dell’Istituto Storico Artistico Orvietano, Francesco M. Della Ciana, è stato confermato console del Touring Club Italiano per

Orvieto per il triennio 2008/2010. Lo ha comunicato il presidente del Touring Club Italiano, Roberto Ruozi, congratulandosi per questa nomi-na che – ha affermato - vuole testimoniare il nostro apprezzamento per le qualità dell’impegno profuso in questi anni da Della Ciana, entrato nelcorpo consolare nel 2005. Per l’Orvietano, si auspica vivamente un nuovo periodo ricco di iniziative e di risultati, per una sempre più attiva e con-creta presenza del Touring Club Italiano sul territorio.

Archivio di Stato di Orvieto: le prossime iniziativePer le Giornate Europee del Patrimonio, si terrà, il 27 settembre 2008, alle ore 10,30, presso Palazzo Coelli, una conferenza su Il patrimonio

archivistico della Sezione di Orvieto: le recenti acquisizioni. L’incontro è organizzato dalla Sezione di Archivio di Stato di Orvieto, in col-laborazione con la Soprintendenza Archivistica per l’Umbria e la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Saranno presentati al pubbli-co due archivi privati recentemente donati all’Archivio di Orvieto: il fondo dell’Azienda elettrica di Aldo Netti (1896-1927) e le cartedella Famiglia Frezzolini, fra le quali si trovano alcune lettere della celebre cantante lirica orvietana, Erminia Frezzolini.

Cavalieri della Repubblica Un meritato riconoscimento.

I proprietari del complessoarcheologico sotterraneo delPozzo della Cava, Tersilio Sciarrae Maria Rita Baciarello, sonostati nominati cavalieri al Meritodella Repubblica Italiana, “peraver riportato alla luce, soltantocol proprio lavoro e con propriinvestimenti, gli antichissimisotterranei che costituiscono ilpercorso di visita del Pozzo dellaCava in Orvieto, rendendo cosìvisitabile una delle ricchezze sto-riche e archeologiche della

nostra Patria, contribuendo in prima persona e in maniera diretta ed efficace alla cono-scenza e alla fruizione dell’immenso patrimonio dei beni culturali italiani”. Le nomine,conferite dal presidente Napoletano, il 27 dicembre 2007, mentre la cerimonia di con-segna dei diplomi ha avuto luogo lo scorso 29 maggio presso la Prefettura di Terni, mai coniugi Sciarra non hanno preso parte, ritirando le pergamene in forma privata. Ainuovi cavalieri ed al nostro amico e valente collaboratore Marco, loro figliolo, le piùvive felicitazioni.

Souhayr Belhassen alla RupeÈstato consegnato alla tunisina Souhayr Belhassen,

prima presidente donna della FederazioneInternazionale dei Diritti dell’Uomo, il PremioInternazionale per i Diritti Umani “Città di Orvieto”edizione 2008, dedicato a “Il Dramma Africano, idiritti calpestati delle donne e dei bambini”.Il Premio, che consiste nella somma di 10.000 Euro,servirà per sostenere leattività della FIDH (FédérationInternationale des Droits de l’Homme).Le motivazioni:“per il rispetto dei valori fondamentalidei diritti umani e soprattutto per la tolleranza di cuiSouhayr Belhassen per esser qui, per aver fatto della suavita la testimonianza più vera di quello che si esprimenel valore dei diritti umani”.La Giuria del Premio era presieduta dal prof.Giovanni Conso, presidente emerito della Corte

Costituzionale, che ha dichiarato: “Le donne sono il cambiamento di questo secolo.Nel corso degli anni che verranno, noi possiamo e dobbiamo credere nel cambiamen-to. Non abbiamo più bisogno di qualcuno che ci conferisca attestati di alcun tipo, chedecreti se siamo emancipate o no, se volgiamo o no essere in carriera.La forza delle donne, non sono le prerogative che ne fanno stereotipi fissati sulla pagi-na, alle donne va conferito più potere, si dice, perché sono istintivamente più pragma-tiche; già questo ne limita i percorsi e la capacità di elaborazione. Non vogliamo foto-grafie di alcun tipo che ci fissino in un istante, che è già storia nel momento in cui noilo vediamo. Siamo le donne che hanno visto i due conflitti mondiali, lo scempio del-l’olocausto,la barbarie stalinista, la fame dei nostri figli, la tortura della nostre carni, lamondializzazione trasformarsi in un alibi per l’abbattimento dei diritti fondamentali.Sappiamo che non esiste la verità, ma la lealtà, che unisce uomini e donne, il legameprofondo che ci ha unito nelle battaglie che abbiamo condotto nella società civile,nelle istituzioni, ognuno a suo modo, con i suoi successi o insuccessi.Siamo qui oggi, a premiare una donna che ha avuto il coraggio di lottare dimostrandoche il tetto di cristallo si può sfondare, con la propria integrità e il proprio rigoremorale. La Storia è il nostro patrimonio. La storia che non abbiamo mai avuto pauradi vivere, di attraversare e di ricordare. Non abbiamo confini, se non quelli dettati dalrispetto della legalità. Souhayr Belhassen è una di quelle donne che ha lavorato contutti coloro che credono che il momento del cambiamento è ora, che non aspettano lostart della pistola, che sanno che il cambiamento è in mano alle donne, perché imaschi e le femmine di questa società sono sempre figli di donne, che educano, nutro-no, trasmettono valori. Noi chiediamo con questo premio a Souhayr Belhassen, agliuomini e alle donne che credono in una dinamica non sessista delle dinamiche mon-daili, di aiutarci a creare una nuova rete di uomini e donne che sappia essere servizio edi servizio di cui elaboreremo i contenuti insieme.Partiamo e nutriamo di noi stessi il cambiamento che vogliamo, costruiremo il brillan-te più sfaccettato che sia mai esistito, il nuovo seme che darà frutti forse ancora scono-sciuti e non catalogati. Qualcuno potrebbe dire che siamo velleitari: ha solo paura. Noino! Abbiamo provato a cambiare le cose intorno, qualcuna è riuscita meglio, altremeno. Vogliamo trasmettere la nostra esperienza, fonderla con altre in un frutto unico.Per il rispetto dei valori fondamentali dei diritti umani e soprattutto per la tolleranzadi cui Souhayr Belhassen per esser qui, per aver fatto della sua vita la testimonianzapiù vera di quello che si esprime nel valore dei diritti umani”.

fmdc

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Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

CANTINA CARDETOSocietà Cooperativa Agricola

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VINI DI ORVIETO

Il vino bianco di Orvieto ha origini antichissime: veniva infatti giàprodotto dagli Etruschi che avevano scavato cantine nel massiccio tufa-ceo tipico di quella zona e qui lasciavano a fermentare il loro vino perparecchi mesi, ottenendo un aroma dal residuo zuccherino che lo ren-deva particolare. Ne veniva praticato il commercio sia via terra cheattraverso i fiumi Paglia e Tevere. Da Etruschi e Romani fu esportatosin nelle Gallie. Più tardi venne prodotto nei terreni pontifici e fu pro-tetto dalla Chiesa che se lo garantiva per le messe (Paolo III Farnese neera particolarmente ghiotto).

L’ “Orvieto” fu lodato da poeti, artisti e uomini insigni, tra cui ilPinturicchio, il quale, chiamato a dipingere in Orvieto, pretese percontratto che gli fornissero “tanto vino quanto fosse riuscito a berne”.I maestri che lavoravano nella cava di Monte Piso per strarre e sbozza-re la pietra da impiegare nella costruzione del Duomo di Orvieto,acquistavano periodicamente delle quantità di vino negli anni tra il1347 ed il 1349. Ancora memorabili restano i “rumori” sollevati adOrvieto ed in altre città dalle maestranze per avere il vino gratis. Gliorari di lavoro prevedevano delle soste a metà mattina ed a metà pome-riggio per le bevute di “mistu”, forse acqua e vino.

La stessa Opera del Duomo lo elargiva nelle grandi occasioni, comeil compimento dei lavori importanti o per richiesta del capo maestro,come documentano i contratti di lavoro dell’epoca. Per esempio, inquello stipulato da Luca Signorelli nel 1500 per la realizzazione degliaffreschi, si richiede espressamente che l’Opera consegni all’autore ognianno 12 “some” di vino (circa 1000 litri).

È un vino apprezzato dai grandi conoscitori, come Philip Dallas,autore di un bel libro sui vini d’Italia (“Orvieto’s wine is, like Frascati,Chianti, ecc., one of Italy’s best known wines abroad ... it is the ideal

wine to share while initiating a young lady in to bacchic delights”) oAlexis Lichine, grande esperto francese di vini (“vin blanc délicieuxd’Italie. C’est un de ceux dont la qualité est la plus constante”).

L’ “Orvieto” è ottenuto dalla vinificazione di diverse varietà di uvedi origini antichissime e selezionate nel corso dei secoli: il Procanico,il Verdello, la Malvasia, il Grechetto, e il Drupeggio. AncheChardonnay e Sauvignon inseriti con l’ultima modifica del discipli-nare.

Oggi predomina la versione secco, ma continua la tradizione dellaproduzione di Orvieto Abboccato, Amabile e Dolce. Esiste una versio-ne derivata da uve sovramature attaccate da Muffa Nobile, BotrytisCinerea, che conferisce al vino caratteri unici di concentrazione ed ele-ganza.

Nelle mattinate d’autunno, generalmente, si forma una fitta nebbiache favorisce lo sviluppo su grappoli di questa muffa particolare che sinutre dell’acqua contenuta nella polpa degli acini e che dilata i poridella buccia senza romperla, provocando così l’evaporazione quando igrappoli si riscaldano ai raggi del sole. I mosti che si ottengono sonoquindi molto zuccherini, ricchi di glicerina, che conferisce al vino unaparticolare untuosità, con concentrazione di tutti i componenti aro-matici.

La raccolta di queste uve avviene con molto ritardo ed è eseguita inpiù tempi successivi, al fine di ottenere il completo verificarsi del feno-meno. Circa la metà del raccolto va a scomparire sotto forma di acquaevaporata, ma la qualità vuole i suoi sacrifici.

Questo straordinario processo si verifica solamente in rare zone incui le condizioni climatiche lo consentano: nel Sauternes in Francia,nel Tokai in Ungheria, nella Valle del Reno in Germania enell’Orvietano in Italia. In proposito esiste una vasta letteratura.

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Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

I M A G O U R B I S

Orvieto, Duomo - Luca SignorelliAutoritratto accanto alla figura del Beato Angelico (Cappella della Madonna di S. Brizio)

Orvieto, Duomo - Gentile da FabrianoMadonna col Bambino (navata sinistra)

Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

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T I P O G R A F I A C E C C A R E L L I

TIPOGRAFIA CECCARELLI

Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

Un uomo “perbene”

La stampa locale lo ha definito un uomo “perbene”, un politico d’altrotempo, un amministratore integerrimo, che badava soltanto alle esi-

genze della comunità. Che dire di più di Wladimiro Giulietti, già sindacodi Orvieto, assessore alla Cultura, presidente dell’Azienda di promozioneturistica dell’Orvietano, conosciuto per la sua bonaria inclinazione al dia-logo costruttivo? Veniva dall’Alto Orvietano, da Montegabbione, e dellesue origini serbava un interesse forte, straordinariamente concreto, tantoda riguardarsi, già in tarda età, le caratteristiche linguistiche di quei terri-tori, cercando nel dialetto matrici profonde di appartenenza culturale. E’stato il primo cittadino che per primo ha sviluppato l’idea di interventispeciali per la Rupe. Tra le sue note peculiari, il rigore indefesso verso lerisorse economiche: i bilanci dovevano esser chiari, le spese comunquemoderate, sostenute dai dovuti controlli. Anche in ambito turistico avevaottenuto considerevoli riscontri. E’ forse sua l’ultima gestione per cosìdire attiva dell’Apt locale. Dell’Isao aveva una grande stima, condividen-done a diversi livelli le sorti. Negli anni Sessanta individuò il complessodi S. Francesco in Piazza Febei come sede idonea per il sodalizio dellacittà. Fino all’ultimo è stato un “giovane”, autonomo e scevro da compro-messi. Il nostro Istituto lo ricorda con affetto e gratitudine.

A Francesco

L’improvvisa e tragica scomparsa di Francesco Satolli ha gettato nellosconforto l’intera città. Un colpo duro, di quelli che non ci si aspetta,

che lascia sgomenti di fronte alla fragilità dell’esistenza umana. E’ rimastovittima di uno dei tanti ed incomprensibili incidenti stradali, che stronca-no giovani vite, piene di ideali ed obiettivi professionali. Francesco si eralaureato in Archeologia all’Università degli Studi di Siena. Aveva seguitole numerose campagne di scavo al Campo della Fiera, collaborando con iprofessori Simonetta Stopponi e Claudio Bizzarri. Stava attualmente fre-quentando il dottorato di ricerca in Archeologia all’Università degli Studidella Tuscia, interessandosi della sua città, del suo passato, delle sueimportanti testimonianze. Un ragazzo intuitivo e capace, amante dellamusica, strumentista apprezzato. La Redazione di “Lettera Orvietana”porge le più sentite condoglianze alla Famiglia, in particolar modo alpadre, architetto Alberto, consigliere e direttore scientifico dei“Quaderni” dell’Istituto, con la certezza che la figura di Francesco saràdegnamente ricordata.

Un saluto al Maestro

Anche Livio Orazio Valentini se n’è andato. Il Maestro ha lasciato lasua Orvieto in una calda giornata di luglio, senza tanti clamori. Un

altro tassello della storia culturale della Rupe va ad aggiungersi ai tantialtri, più o meno ricordati, che testimoniano con le loro opere la grandez-za del centro umbro. Non amava esser definito l’artista di Orvieto e neaveva molte di ragioni. Era conosciuto da più parti e la fama di Valentiniaveva di recente varcato l’Oceano, sbarcando in America, dove gli eranostati attribuiti onori e riconoscimenti. Spesso, nei nostri colloqui, silamentava delle condizioni in cui versava la città, di quanta scarsa sensibi-lità fosse mostrata nei confronti delle questioni artistiche, urbanistiche eculturali. Quanta soddisfazione quando qualcuno si faceva sentire,mostrava attenzioni per la sua originalissima creatività, per le sue produ-zioni pittoriche o ceramiche che fossero. Tante e spesso dolorose le tappedi un’esistenza contrassegnata dall’ardore verso l’arte e le ricadute dellastessa nei diversi ambienti sociali… la nascita a S. Venanzo, la fanciullez-za, la devastante esperienza della prigionia, l’impegno, la meditazione,l’operosità, il dialogo, la forte appartenenza ad un territorio. L’Istituto, alquale si mostrava particolarmente legato, lo ricorda per gli allestimenti, idibattiti, la realizzazione della medaglia per il Cinquantesimo dellaFondazione, le interessanti e coinvolgenti occasioni d’incontro, comun-que cariche di significati.

Nell’anno di PinturicchioARTISTI E LUOGHI DEL

RINASCIMENTO A ORVIETO

ORVIETO

Cattedrale, Museo dell’Opera delDuomo e itinerario tematico cittadinoSabato 20 settembre 2008

Informazioni e prenotazioni:Tel. 0763.343592dalle 9.00 alle 12.30e dalle 14.00 alle 18.00Prenotabile a partire dal: 01 settembre 2008Quota individuale dipartecipazione: Socio TCI € 25,00Non Socio € 30,00(minimo 8 partecipanti)La quota comprende:n biglietti d’ingresso alla Cappella diSan Brizio in Duomo e al Museodell’Opera n Tour della città e trasfe-rimenti in minibus n Pranzo condegustazione prodotti tipici n visiteguidate come da programma n assi-stenza di un console TCI n assicura-zione RC

Programma della giornata

Ore 09,45 Ritrovo in piazzaDuomo, 26 - Orvieto, davanti alpalazzo dell’Opera del DuomoGruppo 1Gruppo 2Ore 10.00 Visita guidata agli affre-schi di Pintoricchio e alla cappella diSan Brizio in DuomoOre 11.00 Visita guidata al Museodell’Opera del DuomoOre 12.15 Tour della città in mini-bus e trasferimento al Belvedere diOrvietoOre 13.15 Pranzo con degustazioneprodotti e vini tipiciOre 14.00 Trasferimento in minibusa Canonica e visita guidata alla par-rocchiale Ore 15.00 Trasferimento in mini-

bus a Orvieto-piazza DuomoOre 10.00 Tour della città in mini-bus

Ore 11.00 Trasferimento in minibusa Canonica e visita guidata alla par-rocchiale Ore 12.00 Trasferimento alBelvedere di OrvietoOre 12.30 Pranzo con degustazioneprodotti e vini tipiciOre 13.30 Trasferimento in minibusa Orvieto e visita guidata agli affre-schi di Pintoricchio e alla cappella diSan Brizio in DuomoOre 14.30 Visita guidata alMuseo dell’Opera del Duomo

Ore 15,30 Tempo a disposizione peril proseguimento individuale dellevisite

BERNARDINO DI BETTO DETTO IL

PINTURICCHIO NEL DUOMO DI

ORVIETO

Nel 1492 l’Opera del Duomo com-missionò a Pinturicchio la realizza-zione di quattro figure - i due evan-gelisti Luca e Marco e i due Dottoridella Chiesa Ambrogio e Gregorio -da dipingersi sulla parete destra dellatribuna, a reintegrazione, probabil-mente, degli affreschi trecenteschi diUgolino di Prete Ilario precocementedeterioratisi. Di queste, ne sopravvi-vono solo due, a destra dell’occhio,nello specifico: San Marco evange-lista, compiuto entro il 1493 e raffi-gurato, con grande finezza e natura-lismo mentre è intento alla redazio-ne delle sacre scritture, assiso introno entro una mandorla dorata ecircondato da angeli e cherubini;San Gregorio, identificato dall’iscri-zione “S. GREGORIUS DOCTORECCLESIE”, figura più rigida eschematica, forse proprio perl’ampio impiego di aiuti, del santoseduto allo scrittoio definito dallanatura morta degli oggetti in uso, einserito all’interno dello studio chesi apre, sullo sfondo, in un morbidoma alquanto essenziale paesaggio.Nonostante il breve e contrastatosoggiorno orvietano, grande influen-za ebbe la presenza di Pinturicchiosull’ambiente artistico locale: al suoambito stilistico possono infatti rife-rirsi molte decorazioni realizzate tra

la fine del XV e i primi decenni delXVI secolo sia nell’ambito del can-tiere della cattedrale sia in alcunechiese della città e del territorio. E’ ilcaso dei dipinti murali della chiesadi San Rocco a Orvieto o, anche,della parrocchiale di Canonica e dialcune pregevoli tavole –tradizional-mente definite “pinturicchiesche”-conservate presso il Museodell’Opera del Duomo.

Il Museo ha sede presso i PalazziPapali, straordinario complessoarchitettonico medievale affiancatoalla cattedrale. Qui sono esposte leCollezioni del Museo dell’Operadel Duomo. Istituito nel 1882, rap-presenta un vero e proprio “museodella città” e conserva straordinarietestimonianze delle sue vicende sto-riche, dei suoi mutamenti architetto-nici ed urbanistici, ma anche dellastoria familiare, sociale ed economi-ca della sua comunità e del suo terri-torio, in un arco temporale che vadal XII al XIX secolo.

Modalità di pagamento e condi-zioni di partecipazione:I pagamenti si ricevono entro il 10settembre 2008: � di persona aOrvieto presso la Biglietteriadell’Opera del Duomo (lun-sab9.00 – 12.30 e 14.00 – 18.00) otramite: � bonifico bancario pres-so: Cassa di Risparmio di Orvieto,Sede centrale, C/C intestatoall’Opera del Duomo di Orvieto,Codice IBAN: IT 89 C0 622025710 000000004C01.Per i pagamenti tramite banca occor-rerà indicare nella causale: nomidei partecipanti, destinazione e datadella visita e la dicitura “Touring -Pintoricchio”. La ricevuta dell’avve-nuto pagamento andrà trasmessa viafax al numero 0763.343592. La pre-notazione si intende perfezionatasolo al ricevimento della suddettadocumentazione da parte del nostroufficio.

Il giorno della visita sarà attivo ilcellulare 339.2349387, solo percomunicazioni urgenti

Nell’anno del PinturicchioGiornata del Touring Club Italianoin collaborazione con l’Opera del Duomo

Luoghi del Rinascimento ad Orvieto Dal Duomo alla chiesa di San Rocco

Il 29 maggio scorso, alla SalaUrbani del Palazzo dell’Opera del

Duomo, è stato presentato il proget-to scolastico La chiesa di San Rocco aOrvieto.Dopo i saluti dell’assessore allaCultura e al Turismo del Comune diOrvieto, prof. Giuseppe M. DellaFina, e del presidente dell’Opera delDuomo di Orvieto, avv. FrancescoVenturi, la dott.ssa AlessandraCannistrà, responsabile del Museodell’Opera del Duomo, ha espostoun’interessante relazione, Dal Duomoalla chiesa di San Rocco. Proposta perun itinerario tematico a Orvieto, cheè servita per una corretta analisi sto-rica ed artistica della questione.Un’attenta ed esaustiva illustrazionedel progetto Alternanza ScuolaLavoro è stata affrontata dal prof.

Mario Gaudino, dirigente scolasticodell’Istituto d’Istruzione SuperioreArtistica e Classica di Orvieto, ecompletata dalla prof.ssa LauraGuidi di Bagno e dal prof. AngeloMenichini, dello stesso Istituto, dal-l’arch. Raffaele Davanzo, dellaSoprintendenza BAP dell’Umbria,dalla dott.ssa Margherita Romano,della Soprintendenza BSAEdell’Umbria.Al termine dell’incontro, la dott.ssaCannistrà e la dott.ssa Andreanidell’OPSM hanno organizzato unavisita agli affreschi di Pinturicchionella Cattedrale orvietana. Unamanifestazione significativa, che legafortemente gli ambiti della conserva-zione del patrimonio culturale conquelli dell’educazione.

Lettera OrvietanaN. 23 agosto 2008

Etruschi, Greci, Fenici e Cartaginesinel Mediterraneo centraleAnnali della Fondazione per il Museo “Claudio Faina”, Vol. XIV

Iconvegni organizzati dalla Fondazione per il Museo “Claudio Faina” sono sempre un avvenimento di primopiano per la vita culturale della nostra città.

Il Comitato scientifico è presieduto da uno studioso di fama internazionale, il prof. Giovanni PuglieseCarratelli, che da diversi anni ha varcato le mura della nostra città, la Velzna etrusca e la romana Volsinii, perspaziare nella vasta area che ha avuto il suo centro nel Mediterraneo.Come per gli anni passati, la partecipazione dei nomi più prestigiosi dell’Etruscologia ha fatto sì che il convegnoabbia dato un quadro preciso delle varie civiltà che si sono affacciate su questo mare, che fu, in un secondomomento, unificato da Roma.Il volume porta la presentazione del dott. Isidoro Galluccio, presidente della Fondazione per il Museo “ClaudioFaina” e quella del presidente del Comitato di consulenza scientifica della stessa Fondazione, prof. GiovanniPugliese Caratelli, il quale mette in evidenza, con la sua profonda conoscenza del mondo antico, che “ è questa,d’altronde, la lezione data da Tucidide nel meditato e conciso disegno del mondo in cui si è formata la nazioneellenica”.Lo studioso conclude la sua presentazione sperando che “quella lezione sia veramente un possesso perenne”anche per i convegni orvietani.

Franco Moretti

La città medievale

II volume della Fondazione CRO

Gli studi sulla città iniziati nell’Ottocento da due nomi ormai famosi come Luigi Fumi e Pericle Perali sonoquasi per magia rifioriti per volere dell’architetto Torquato Terracina, presidente della Fondazione Cassa di

Risparmio di Orvieto, il quale con lungimiranza ha programmato l’opera meritoria di indagare la storia localedagli Etruschi fino al nostro tempo. L’opera, che ha visto l’uscita del primo volume, l’antichità, ossia il periodoetrusco, prosegue con la seconda realizzazione, il Trecento, il periodo di maggior splendore, quando Orvieto,con il Comune medievale, esprime il meglio di sé stessa, con le conquiste territoriali che la spingono fino almare, con Orbetello, Telamone e verso l’Amiata, con l’acquisizione di parte del Ducato Aldobrandesco. E’ ilmomento in cui viene edificato il Duomo, una costruzione che, come dicono i documenti, doveva essere “adSanctae Mariae majoris de Urbe”. Le lotte intestine tra Monaldeschi e Filippeschi, ricordate da Dante nel VICanto del Purgatorio, vinte dai Monaldeschi, le vicende ereticali dei patari e catari, con la leggenda di PietroParenzo, le grandi famiglie orvietane, l’origine della Diocesi, tutto viene illustrato nel bel volume, che si dividein due parti: la prima esamina gli aspetti storici, la seconda la produzione artistica. Il volume è stato presentatoil 12 giugno scorso, al Belvedere di Orvieto, dai professori Bartoli Langeli e Neri Losanna, alla presenza dinumerosi studiosi della città. Per chi volesse conoscere l’opera, può rivolgersi alla Segreteria della FondazioneCassa di Risparmio di Orvieto.

Franco Moretti

A proposito di ... Riguardo a Gentile da Fabriano (N. 18-19-20, ago. 2007), L. Riccetti pre-

cisa di aver anch’egli trattato l’argomento (L. Riccetti, Dolci per Gentile.New Documents for Gentile da Fabriano’s Maestà at Orvieto, “TheBurlington Magazine”, CXXXI, 1989, pp. 451-452; Lucio Riccetti, Orvieto,in Gentile da Fabriano. Studi e ricerche, pubblicazione in occasione dellaMostra “Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento”, Fabriano 21 aprile – 23luglio 2006, Electa, 2006, pp. 135-139. A proposito della figura del card.Teodorico de’ Ranieri (N. 18-19-20, ago. 2007), lo stesso Riccetti desiderapuntualizzare che il documento richiamato dal Fumi sul palazzo di Bolsena,datato 1220 è in realtà un falso di Alfonso Ceccarelli, del XVI secolo; eDaniel P. Waley ricorda di aver affrontato l’argomento nell’articolo “A registerof Boniface VIII’s Chamberlain, Theodoric of Orvieto”, apparso sul “Journalof Ecclesiastic History”, vol. VIII, N. 2, 1957. Relativamente alla “scoperta”del busto Gualterio presso il Liceo Classico di Orvieto (N. 21-22, apr. 2008),gli studenti stanno preparando un articolo in cui illustreranno la vicenda delrinvenimento. L’articolo di Carlo Cagnucci (N. 21-22, apr. 2008) sugli aspettipsicologici dell’età evolutiva, illustrava quanto sostenuto nel libro di RosannaSchiralli e Ulisse Mariani “Le emozioni che fanno crescere”, Mondadori OscarGuide, 2007.

@ menità - La Lumaca di Trilussa“La Lumachella della Vanagloria / ch’era strisciata sopra un obbelisco, guardò la bava e disse: - Gia’ capisco / che lascerò un’impronta ne la Storia.”

La Piscina probatica di Cesare Nebbia esposta a Palazzo Brugiotti

Restaurato il dipintodello “Spedale Grande”Con il restauro della Piscina Probatica si restituisce alla città una pagina

importante della storia pittorica viterbese. Un’opera d’arte, di eccelsa qua-lità, ritornata al suo originale fascino e salvata da uno stato di degrado che nepregiudicava perfino la leggibilità. La tela è legata visceralmente alla lunga sto-ria dell’Ospedale Grande degli Infermi di Viterbo, luogo per il quale era statacommissionata al pittore orvietano Cesare Nebbia che la eseguì tra il 1594 e il1595. L’opera è arrivata fino ai giorni nostri, al contrario della cappella chel’ha ospitata per anni, prima di essere distrutta nel 1844. La pala di Casare Nebbia rimarrà esposta a Palazzo Brogiotti, per poter essereammirata nel suo rinnovato splendore.L’operazione di recupero è stata resa possibile dalla collaborazione sinergicadella Ausl di Viterbo, dell’Amministrazione provinciale, dell’Università degliStudi della Tuscia, della Fondazione Carivit e della Soprintendenza PSAE.

Le considerazioni di Claudio Strinati,soprintendente al Polo museale romanoLa pala della Piscina Probatica è un autentico capolavoro di Cesare Nebbia recu-perato come meglio non si potrebbe e costituisce una acquisizione importante perla piena conoscenza della carriera dell’artista. Nella Piscina Probatica, dal pavi-mento nel primo piano all’arco sulla sfondo, è possibile tracciare un’unica e coeren-te prospettiva che stringe tutte le immagini in un solenne insieme. L’idea, tipicadel Nebbia, è quella dell’avanzata dei sacri personaggi verso l’osservatore che traeda questa quieta presenza un senso di pienezza e soddisfazione interiore. Il mira-colo si è compiuto e l’infermo che ha ricevuto il beneficio è dipinto in modo taleda sollecitare l’occhio dell’osservatore a volgersi dietro di lui in un movimentoincessante che va dal lato destro a quello sinistro della pala d’altare. E’ l’idea del“traguardo” visivo che è anche traguardo morale e spirituale, l’approdo del creden-te al Cristo. Nebbia usa una gamma fondamentalmente tenera e dolce tanto daavvicinare la tecnica dell’olio all’antica tecnica della tempera, morbida e pastosa.Ma questo risultato è legato a una precisa volontà dell’artista che avverte la stesu-ra pittorica come atto di suprema moralità che smussa i contrasti affinché rifulga-no le virtù più intime dell’espressione perché più profondamente vissute. CosìNebbia crea una situazione figurativa che spinge esplicitamente nella direzionedella bontà d’animo e della serena contemplazione e il suo Cristo rievoca le formedella antica azione scenica culminante nel momento della catarsi.

Nel 1978, si spegneva aLubriano, Juan Rodolfo

Wilcock, una delle figure più inte-ressanti ed emblematiche dello sce-nario letterario e culturale del nostrotempo. Era nato a Buenos Aires il 17aprile del 1919, dall’inglese CharlesLeonard e dall’argentina, di originiitaliane e svizzere, Aida Romegialli.Forse pochi lo conobbero diretta-mente ad Orvieto, anche perché asua presenza si manteneva comun-que riservata e discreta, in quel suoromito luogo di meditazione.

Questo si legge riguardo alla suenote biografiche.Dopo aver compiuto gli studi supe-riori, frequenta la Facoltà diIngegneria Civile nell’Università diBuenos Aires.La sua prima raccolta di poesie, del1940, Libro de poemas y canciones,ottiene il Premio Martín Fierro dallaSocietà Argentina degli Scrittori, epoi, nel marzo del 1941, ottieneanche il Premio Municipal.Inizia poi l’amicizia con SilvinaOcampo, Adolfo Bioy Casares eJorge Luis Borges.E’ direttore della rivista letterariaVerde Memoria, e poi, dal 1945 al1947, della rivista Disco.Sii laurea in Ingegneria Civile ecome ingegnere entra negli organicidelle Ferrovie dello Stato, per parte-cipare alla ricostruzione dellaTransandina e alla realizzazione dellalinea San Rafael-Malargue, dimet-tendosi verso la metà del 1944.Del 1945 la pubblicazione, a propriespese, di due libri di poesie: Ensayosde poesía lírica e Persecución de lamusas menores.L’anno successivo pubblica Paseosentimental, che ottiene la Fasciad’Onore 1946 dalla SocietàArgentina degli Scrittori.Del 1946 invece sono Los hermosos

días.Nel 1951 raggiunge per la prima

volta in Italia. Due anni dopo, esceil suo sesto libro di poesie, Sexto.Sino al 1954 è a Londra, dove lavoracome traduttore dell’UfficioCentrale di Informazioni, e comecritico letterario, musicale e artisticodel Servizio Latino Americano dellaB.B.C. Ritorna a Buenos Aires.Si trasferisce poi a Roma, dove inse-gna letteratura francese e inglese ecollabora all’edizione argentinadell’Osservatore Romano;.è criticoletterario della Prensa di BuenosAires, e collabora su quasi tutte lepiù famose riviste letterarie ispano-americane. Fervida la sua attività ditraduttore.Nel giugno del 1957, si stabilisce aRoma. Collabora con TempoPresente e Il Mondo, di MarioPannunzio. E’ amico, oltre che diNicola Chiaromonte, di ElsaMorante, di Alberto Moravia, diEnnio Flaiano, di Elémire Zolla, diRoberto Calasso, di GinevraBompiani e di Luciano Foà.Noti anche i suoi pezzi per LaNazione, La Voce Repubblicana, IlMessaggero, Il Tempo e per rivisteletterarie.La richiesta di cittadinanza italianarisale al 1975. Il presidente dellaRepubblica gliela concederà soltantodopo la sua scomparsa, il 4 aprile1979. Wilcock è sepolto nel cimiteroacattolico della Capitale.

In ricordo di Juan Rodolfo Wilcock A proposito di GaribaldiInteressanti note di Marilena Rossi,direttore dell’Archivio di Stato di Terni e Sezione di Orvieto

Nel leggere l’ultimo numero di Lettera Orvietana (n.21-22 aprile 2008), in par-ticolare l’articolo di Maria Antonietta Bacci Polegri 1807-2007. Il discorso

orvietano di Giuseppe Garibaldi, nel prendere atto favorevolmente del contenuto,vorrei integrare quelle notizie storiche, dando conto della mostra documentaria in cuiè stato esposto l’originale del discorso e la fotografia apparsa nell’articolo, entrambigentilmente concessi dalla stessa Sig.ra Bacci Polegri all’Archivio di Stato di Terni. Lamostra, organizzata dall’Archivio di Stato di Terni, dalla Sezione di Archivio di Statodi Orvieto e dal Centro Studi Storici di Terni, è stata allestita presso PalazzoMazzancolli a Terni dal 24 ottobre al 14 novembre 2007 nell’ambito delleCelebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi promosse dalComitato provinciale per la valorizzazione della cultura della Repubblica. Sono statiesposti documenti tratti dall’Archivio di Stato di Terni e da quello di Orvieto e anchedocumenti ricevuti in prestito da privati. Della mostra è stato redatto un catalogo chene illustra le Sezioni:1848-1849 La prima guerra d’indipendenza e la Repubblica Romana. Garibaldi aTerni e Orvieto; 1866 La Terza guerra d’indipendenza. Notizie dal fronte garibaldi-no; 1867 La spedizione per Roma. L’arresto e la detenzione al Varignano. Il Mito. Il discorso di Garibaldi, la relazione sull’accoglienza calorosa riservata algenerale dalla città di Orvieto nel 1867 erano inseriti nella terza Sezione della mostra,insieme ad altre testimonianze documentarie conservate nell’Archivio di Stato diOrvieto e nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma.