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ASPETTI DELLA GEOMETRIA NELL’OPERA DI GIORDANO BRUNO a cura di Ornella Pompeo Faracovi AGORÀ & CO. Laborem saepe Fortuna facilis sequitur

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aspetti della geometria nell’opera di giordano bruno

a cura diOrnella Pompeo Faracovi

Agorà & Co.Laborem saepe Fortuna facilis sequitur

Volume pubblicato con un contributo di

Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno

©2012 agorà & co.lugano

e-mail: [email protected]

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compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico

isbn 978-88-97461-10-4

Vii

sommario

Premessa ix

Pluralità dei mondi e pluralità delle geometrie. Una lettera di Imre Toth 1

emilia Florio, luigi maierùLe “Praelectiones geometricae” di Giordano Bruno 5

Hilary gattiBruno, Kepler e la geometria 29

ingrid rowlandGiordano Bruno e la geometria dell’infinitamente piccolo 53

luigi maierùGiordano Bruno e il mirabile problema geometrico 71

paolo zelliniFigure della ripetizione nella filosofia della natura di Giordano Bruno 103

marco matteoli, Geometrie della memoria. Schemi, ordini e figure della mnemotecnica di Giordano Bruno 129

Sommario

Viii

mino gabrieleGeometria e iconografia nelle incisioni di Giordano Bruno 171

ornella pompeo FaracoviLa geometria astrologica nel pensiero di Bruno 179

Indice dei nomi 205

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geometrie della memoria:scHemi, ordini e Figure della

mnemotecnica di giordano bruno

Marco Matteoli

la pratica e l’approfondimento delle tecniche di memo-ria artificiale costituiscono, lungo tutta l’opera e la vita di giordano bruno, uno dei motivi centrali del sua attività filosofica: ben oltre la mera applicazione delle tradiziona-li arti retoriche – sebbene, dietro impulso dei domenicani, la mnemotecnica rinascimentale fosse già orientata verso la dialettica – il ricorso all’arte dei luoghi e delle immagi-ni della memoria è, per bruno, l’espressione pratica di una prospettiva gnoseologica che vede nel ruolo dell’immagi-nazione e della proiezione dell’esperienza nella fantasia la chiave di volta di tutto il sapere. ciò è conseguenza della teoria delle ‘ombre delle idee’ attraverso la quale bruno ri-definisce i cardini principali della metafisica e della filosofia tradizionali collocando l’uomo al grado più basso della scala dell’essere, come parte integrante ed organica di un infinito ente naturale entro il quale assume un nuovo punto di vi-sta, completamente calato nell’esperienza e nella percezione dei fenomeni mondani. la conoscenza umana è infatti con-siderata l’esito del cono d’ombra gettato dall’ente naturale ed universale fino alle facoltà cognitive dell’uomo: a motivo della complessità, numero e varietà degli esseri che popolano il mondo, quest’ultimo può essere percepito sia come una

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frammentaria e caotica esperienza, sia come comprensione ed intuizione di un’organica ed infinita unità. il punto de-cisivo consiste quindi nel far propria una nuova prospettiva filosofica – quella ‘nolana’ – e, per mezzo di essa, rinnovare interiormente i parametri e gli strumenti intellettuali che intervengono nella formazione del sapere: racchiudere tutto il potenziale conoscitivo umano nella sola esperienza della natura, tagliando definitivamente ogni canale di comunica-zione con la sfera metafisica, finisce così per sottolineare il ruolo della fantasia, che viene intesa come medium cogni-tivo posto tra l’esperienza sensibile e l’elaborazione astratta delle informazioni. riprendendo le teorie aristotelico-to-mistiche sul funzionamento della mente bruno ritiene che la molteplicità dei dati sensibili venga raccolta ed unificata nell’immaginazione – prendendo la forma di complesse ed organiche visioni d’insieme – e che, da queste, la ragione unitamente all’intelletto ricavino le nozioni e i concetti di carattere generale (le idee ‘prime’ e ‘seconde’), depositan-dole poi nella memoria in virtù della loro associazione con immagini significative; infine dal magazzino e tesoro delle informazioni la mente attinge le vive figurazioni in essa pre-senti (l’immagine e il suo significato) e, confrontando que-ste con quelle immesse attraverso i sensi esterni, perfeziona l’elaborazione dei pensieri dando vita a nuove costruzioni visive e conclusioni intellettuali. il sapere è dunque frutto di un processo continuo e ricorsivo di interazione tra mon-do esteriore e sfera intellettiva, che si incontrano e si ‘toc-cano’ nella dimensione dell’immaginazione; nell’ottica di bruno l’arte della memoria fondata sulla sistematica visione di luoghi ed immagini interiori costituisce perciò lo stru-mento tecnico d’eccellenza per l’esercizio della conoscenza, mutuando infatti i suoi elementi base e le modalità di ge-nerazione e organizzazione delle informazioni dall’attività naturale della mente e proponendo così uno strumento ed

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un ‘linguaggio’ intimamente radicato che è il più prossimo ed affine a quanto caratterizza il pensare stesso.

ciò premesso, in questo lavoro si intende mostrare il funzionamento ed i caratteri più peculiari dell’arte della memoria di bruno attraverso l’analisi di alcune immagi-ni tratte dai suoi testi: queste, se attentamente esaminate, non solo rendono manifeste le fondamentali implicazio-ni filosofiche della mnemotecnica bruniana, alle quali si è sopra accennato, ma anche la centrale importanza degli elementi dialettici, organizzativi e creativi peculiari di essa. quest’ultimo ed importante aspetto è soprattutto caratte-rizzato dal ricorso a figurazioni e schemi di tipo geometri-co-combinatorio e costituisce un costante riferimento allo sfondo unitario ed organico che è sotteso all’ente naturale, rivelando così il continuo sforzo bruniano di far collima-re, anche nella praxis mnemotecnica, l’analisi teorica del fenomeno naturale con l’evocazione pratica ed interiore di quella forza generativa universale che, attraverso regolari, ripetuti e mediati atti di creazione, porta alla produzione del tutto infinito.

La misura del mondo

la prima immagine che verte intorno all’arte della memoria e che si intende prendere in considerazione non è tratta da uno scritto di mnemotecnica, bensì dagli articuli centum et sexa-ginta adversus huius tempestatis mathematicos, un opuscolo pubblicato a praga nel 1588 che mette in discussione i fon-damenti teorici della geometria tradizionale (ribadendo, ad esempio, la discontinuità della linea, del piano e dello spazio, aspetto strettamente connesso con le teorie di bruno sull’ato-mismo naturale) e propone una serie di soluzioni grafiche

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ai principali problemi geometrici. la figura in questione è la seguente:1

l’immagine è posta alla fine del libro, assieme alle altre che corredano il testo con l’illustrazione delle operazioni geo-metriche da compiere in relazione ai vari teoremi e ai pro-blemi esaminati e, sebbene molte di esse siano decorate o arricchite con motivi grafici non propriamente matematici, questa è l’unica figura che non ha alcun riferimento diretto

1 cfr. G. Bruno, articuli centum et sexaginta adversus huius tempesta-tis mathematicos, in Iordani Bruni Nolani Opera latine conscripta, i,iii, a cura di F. tocco, g. Vitelli, Firenze, le monnier, 1889, p. 88.

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con la geometria, anche se si trova all’inizio della serie di fi-gure che rimandano esplicitamente agli articoli. la sintetica didascalia posta intorno alla figura riporta le parole «asta que venga me[l]ior» che a senso potremmo tradurre: «non vi è asta [cioè unità di misura] che venga ad essere migliore». l’immagine riproduce invece una figura umana con le brac-cia distese (posta al centro e accompagnata dalla lettera u) circondata da quattro figure più piccole in corrispondenza dei quattro angoli della cornice: una sorta di sfera armillare (l’angolo a), un mappamondo (e), un settore di circonfe-renza scandito da tante caselle radiali (i), un quadrato con iscritto un altro quadrato (o). il tipo di figure, l’ordine in cui sono disposte (associate alla serie delle cinque vocali) ed il tipo di schemi a cui esse si richiamano, lasciano sup-porre che questa immagine abbia un valore mnemotecnico o comunque abbia un qualche riferimento con l’arte della memoria: in modo particolare riteniamo che qui bruno stia rappresentando i cinque livelli di ripartizione del materiale mnemonico, ovvero i cinque tipi di sostrato, da utilizzare per la gestione delle immagini mnemoniche ricavate dal testo degli articuli. nel De umbris idearum il termine ‘sostrato’ (subiectum) denota quella «estensione artificiale, ovvero un seno predisposto nella facoltà fantastica, occupato dalle figu-re dei ricettacoli […], distinto secondo parti diverse, capace di recepire tutte le realtà viste e udite secondo il loro ordine e di trattenerle secondo la volontà dell’anima»2. questa è la definizione bruniana di luogo mnemonico che infatti è uno

2 cfr. G. Bruno, De umbris idearum, in Id., Opere mnemotecniche, i, a cura di m. matteoli, n. tirinnanzi, r. sturlese, milano, adelphi, 2004, pp. 148-149: «subiectum est technica extensio, sive sinus in phantastica faculta-te ordinatus, ex speciebus receptaculorum consitus, [...] diversis distinctum partibus, visa omnia atque audita suo recipiens ordine et ad animae libitum retinens».

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spazio delimitato («estensione» e «seno») visualizzato inte-riormente e che serve ad accogliere le immagini (le «figure dei ricettacoli»); può essere inoltre di varia ampiezza e sud-diviso in parti ulteriori e più specifiche: a seconda, infatti, del numero di immagini che vi si intende collocare, il luogo può essere ripartito in più luoghi particolari e contenerne di varie dimensioni e tipologie. il termine sostrato, nel nuovo lessi-co mnemotecnico di bruno, sottolinea però che il luogo, in quanto strumento tecnico, va inteso come una circoscrizione della materia fantastica per mezzo di una ‘forma’ (che è il termine che bruno usa per l’immagine, assieme ad adiectum, cioè ‘immagine aggiunta’) e dall’unione con la quale sorge una configurazione e caratterizzazione visiva interiore che costituisce una sorta di ente mnemonico. questo è quindi formato dal segno, che ne è l’essenza, e dall’aspetto, la sua manifestazione visiva, e, a seconda del grado di complessità ed ampiezza, può esprimere una particolare nozione o rap-presentare il valore di un gruppo di informazioni. nell’ars memoriae annessa al De umbris idearum bruno elenca sei ‘generi’ di sostrato, caratterizzandoli in base alla diversa am-piezza e alla differente conformazione:

il primo di questi sostrati è massimamente comune, potendosi estendere quanto il seno della fantasia, che può dilatare a proprio piacere il circolo dell’orizzonte, ma non restringerlo a suo piacere. il secondo è il sostrato comune, che consta dell’insieme di regioni individuate all’interno del cosmo. il terzo è meno comune, ov-vero, se ti piace chiamarlo così, pari ad una città. il quarto è il sostrato proprio, e potrai definirlo pari ad una casa. il quinto è il sostrato più proprio, ovvero una porzione di spazio che può es-sere divisa in quattro o cinque settori. l’ultimo è massimamente proprio, e coincide con il sostrato che si definisce ‘atomo’, atomo – voglio dire – non nel senso proprio del termine […]. di tutti questi modi, il primo non viene impiegato come tale nell’arte in

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questione. conosciamo infatti la tecnica per riportare in un sol atrio sostrati infiniti e moltiplicarli nel medesimo3.

il passo in questione descrive una sorta di scala gerarchica dei luoghi mnemonici, partendo dal più ampio in assoluto (la fantasia stessa) al più piccolo (il luogo individuale e per questo detto ‘atomico’, che non può cioè essere suddiviso in ulteriori luoghi), passando dalla volta celeste – era in uso già presso gli antichi di utilizzare le figure e le posizioni delle costellazioni come sistema di riferimento mnemonico4 –, a spazi configurati come città, case e stanze (formate da quattro o cinque luoghi individuali). la scansione dei tipi di luoghi suggerisce, inoltre, la caratteristica di reciproca inclusione propria di tutti questi elementi: più luoghi individuali riempono infatti una stanza, più stanze formano una casa, molte case una città e le città e le regioni sono disposte sotto la volta del cielo. la considerazione che chiude il brano, infine, sottolinea la funzione ‘meta-mnemonica’ della fantasia che, come facoltà in cui si attua l’arte della memoria, non può di conseguenza essere considerata un sostrato in senso proprio, ma piuttosto va intesa come terreno e spazio fondativo di questo tipo di

3 ivi, pp. 150-153: «Horum aliud est communissimum, quia tantum va-let extendi, quantum phantasiae potest comprehendere sinus, qui positae orbis quantitati quantumlibet addere potest, licet non quantumlibet sub-strahere. aliud est commune quod cosmicarum perspectarum partium cu-mulo constat. aliud est minus commune, utpote si libet politicum. aliud est proprium, nempe si placeat oeconomicum. aliud est magis proprium, tetrathomum videlicet vel pentethomum. aliud est propriissimum, quod est athomum, athomum inquam non simpliciter, [...]. quorum omnium modorum primus excluditur per se ipsum ab usu praesentis artis. novimus enim quomodo infinita in unum atrium reducantur, et multiplicentur in eodem».

4 per questo aspetto e, in generale, per una storia dell’arte della memoria cfr. F. A. Yates, L’arte della memoria, torino, einaudi, 1993.

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tecnica e, più specificatamente, come la ‘materia universale’ dell’interiorità visiva (trasferendo sul piano mnemotecnico un tema centrale della filosofia bruniana) nella quale prendono corpo tutti gli ‘enti’ della memoria. in ultimo, l’accenno alla possibilità di moltiplicare all’infinito le parti e gli elementi dei sostrati (e, di conseguenza, le relative funzioni mnemoniche) rimanda all’arte combinatoria introdotta da bruno come supporto tecnico per la ‘logica fantastica’5 e che, come si vedrà in seguito, costituisce uno degli aspetti più originali e filosoficamente rilevanti dell’arte bruniana.

a rafforzare l’impressione che questa immagine sia con-nessa con la teoria dei luoghi bruniani e mostri esplicitamente la scansione dei generi dei sostrati – come canone e princi-pio cardine dell’attività mnemonica – vengono in soccorso le pagine del Cantus Circaeus anch’esse dedicate alla defini-zione del genere dei sostrati. anche in questo testo i tipi di sostrato sono sei e vengono scanditi in base alla dimensione e conformazione dello spazio, con qualche leggera differenza: viene accantonata – forse per le implicite valenze filosofiche – l’equivalenza tra sostrato massimamente comune e la facoltà fantastica, mentre si introducono il sostrato pari allo «spazio descritto dalla geografia» e quello che «coincide con i con-fini di un determinato continente»; inoltre il «sostrato pro-prissimo» è «una delle molteplici e numerose parti e sezioni della casa», ovvero riunifica in una sola tipologia la stanza e gli angoli che si possono individuare all’interno di essa; si specifica infine che sono più utili (o agevoli) all’operazione mnemonica quei luoghi che, per dimensione, comprendono la città, l’edificio e le parti dell’edificio (dal sostrato ‘proprio’

5 cfr. P. Rossi in Clavis universalis. arti della memoria e logica combinato-ria da Lullo a Leibniz, milano-napoli 1960, pp. 103-134.

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al ‘proprissimo’)6. al di là degli specifici dettagli bruno rileva poi, nelle pagine che seguono, che il sistema di organizzazio-ne e inclusione reciproca dei luoghi è centrato sul luogo in-dividuale, che va considerato come una sorta di modulo base per le architetture interiori e che deve essere ‘assemblato’ in costruzioni sempre più complesse: l’ampiezza di questo tipo di luogo deve essere «pari, in altezza e larghezza, a quella di un uomo con braccia alzate e allargate»7.

come si può osservare, con un po’ di accortezza, nell’im-magine degli articuli adversus mathematicos è possibile rinve-nire tutte le principali distinzioni dei luoghi stabilite in questi passi: nell’angolo contrassegnato dalla lettera a è posta in-fatti la raffigurazione della sfera celeste che corrisponde, nel caso del Cantus Circaeus, al sostrato di genere ‘comunissimo’ (definito come ‘comune’ nel De umbris), cioè quello che è immediatamente meno ampio della fantasia e che comun-que prende come riferimento lo spazio cosmico, così come è percepito da un punto di vista antropo/geocentrico. al se-condo posto (lettera e), viene quello di estensione geografica (una regione della terra o un continente), mentre al terzo (i) troviamo la raffigurazione di un insieme circolare di caselle: questo tipo di struttura, nella praxis mnemotecnica di bruno,

6 cfr. G. Bruno, Cantus Circaeus, in Id., Opere mnemotecniche, i, pp. 672-673: «subiectum vero […] vel potest esse communissimum, extentum iuxta latitudinem ambitus universi, vel communius iuxta latitudinem geogra-phiae, vel commune iuxta latitudinem alicuius continentis, vel proprium iuxta latitudinem politicam, vel proprius iuxta latitudinem domesticam, seu oeconomicam, vel propriissimum iuxta multitudinem atque numerum par-tium domus, et particularum eiusdem».

7 cfr. ivi, pp. 674-675: «quoad quantitatem eorum continuam, subiecta propria debent esse non admodum magna, ne quasi visum obtundant et disperdant, nec admodum parva, ne quasi visum fugiant: sed mediocria ad hominis magnitudinem talem, quae sit iuxta altitudinem elevatorum et la-titudinem extentorum brachiorum».

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è spesso chiamata ‘atrio’, termine che è usato per indicare sia una stanza di dimensioni molto ampie in grado di con-tenere 24 o 30 luoghi individuali8, sia un sistema formato da più stanze poste una di seguito all’altra (quindi più simile ad un edificio)9. al quarto posto viene la figura indicata con la lettera o che rappresenta un quadrato al cui interno se ne tro-va iscritto un altro: si tratta della raffigurazione in pianta di una singola stanza nella quale possono essere ricavati quattro, cinque (gli angoli più il centro), o nove (se si aggiungono le metà dei lati) o, addirittura, tredici luoghi individuali. infine, al centro dell’immagine e con la massima evidenza vi è raffi-gurato il luogo particolare e ‘atomico’, cioè quello che è alla base della strutturazione mnemotecnica, rappresentato con un uomo (presso un pozzo che caratterizza in maniera spe-cifica lo spazio10) con le braccia allargate per tutta l’ampiezza della figura: ciò corrisponde, per l’appunto, alla definizione di sostrato individuale esposta nel Cantus Circaeus e a quella della mnemotecnica tradizionale11.

non è il caso qui di entrare nel merito della scelta di inseri-re questa particolare immagine di argomento mnemotecnico all’interno del testo degli articuli adversus mathematicos; ci preme piuttosto riflettere ulteriormente sul suo significato specifico, motivando il valore così emblematico della rappre-

8 per una definizione tecnica di ‘atrio’, cfr. G. Bruno, De imaginum, signo-rum et idearum compositione, in Id., Opere mnemotecniche, ii, a cura di m. matteoli, n. tirinnanzi, r. sturlese, milano, adelphi, 2009, pp. 552 e sgg.

9 cfr. G. Bruno, explicatio triginta sigillorum, in Id., Opere mnemotecni-che, ii, pp. 140 e sgg.

10 cfr. G. Bruno, Cantus Circaeus, pp. 676-678: «in quibus tamen si pla-ceat aliquid collocare: instituere potes aliquod receptaculum cuiusmodi est altare, mensa, solium, ceteraque huiusmodi».

11 cfr. J. Romberch, Congestorium artificiosae memoriae, Venetiis, 1533, p. 28v.

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sentazione dei generi dei sostrati, per di più accompagnata dalla didascalia che declama che non vi è unità di misura, canone o scala che sia migliore di questa. si è detto, in pre-cedenza, che nell’arte della memoria bruniana – ancora più che in quella tradizionale – l’inclusione e la strutturazione dei luoghi costituiscono un aspetto fondamentale, tale da portare bruno a forzare l’abituale funzione dei luoghi come riferi-mento d’ordine per le immagini, per ridefinirne il valore e perfino il nome entro una cornice apparentemente filosofica. l’idea di chiamare i luoghi con il termine ‘sostrato’ e le im-magini ‘forma’ o ‘immagine aggiunta’, non costituisce infatti solo un esplicito accostamento degli elementi base dell’arte della memoria alle innovative concezioni della materia e della natura universale che sono capisaldi della speculazione bru-niana, ma, su un piano più strettamente dialettico, chiarifica e rafforza l’idea che la fantasia, assieme a quanto viene visua-lizzato in essa, sia da considerare il terreno strumentale per la costruzione programmatica di un complesso ed intricato mondo di segni, entro il quale i significati ed i concetti della memoria prendono una veste sensibile che può esprimere, su più piani e secondo differenti intrecci, non solo il singolo valore concettuale, ma anche l’insieme delle relazioni conte-stuali e logiche che legano un’informazione con un’altra, una singola idea alla rete di tutte le sue possibili interpretazioni. inserire più luoghi individuali – cioè ‘posizioni’ per singole informazioni – entro stanze, raggruppare queste ultime in edifici, raccogliere tali architetture in spazi dalla conforma-zione urbana e situare città e ragioni sotto la volta del cielo dell’interiorità fantastica significa, concretamente, gettare le basi per la costruzione di una mappa interiore del sapere con lo scopo di proiettare tutta l’esperienza personale – oggetto per oggetto, immagine per immagine – in un mondo inte-riore e virtuale che ricalca quello esteriore nelle forme e nelle caratteristiche essenziali. il precetto del De umbris idearum

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che insegna a mettere «i sostrati comuni insieme a quelli co-muni; i meno comuni con i meno comuni, i propri con i pro-pri; i più propri ed i massimamente propri con i più propri e i massimamente propri»12 indica pertanto che per costruire le architetture visive occorre equiparare ordinamento logico dei dati e ampiezza della struttura dei luoghi, non solo fa-cendo sì che poche immagini (quindi poche informazioni) siano riposte negli spazi più piccoli e tante immagini nei luo-ghi più grandi, ma anche operando in modo che la scansione interna degli spazi debba assecondare la struttura gerarchica di quanto deve essere memorizzato, per cui gruppi di nozioni meno generali (ad esempio quelle relative al paragrafo di un capitolo) siano raccolte in luoghi meno ampi (una stanza), mentre via via che si raggruppano informazioni di numero e valore maggiore si debba salire anche di livello organizzativo (ad esempio inserendo ogni capitolo in un piano dell’edifi-cio e facendo corrispondere tutto il libro all’intero palazzo). tale modo di utilizzare i luoghi e le immagini comporta una diversa considerazione della loro funzione, considerati, a questo punto, entrambi egualmente segno di un contenuto informativo, distinguendosi solamente per la diversa genera-lità rappresentata nell’ampiezza e complessità della raffigu-razione: l’immagine di un palazzo non è quindi il semplice allestimento di una ‘scatola’ atta ad accogliere molte infor-mazioni (tante quanti luoghi individuali è possibile ricavar-vi), ma è soprattutto la riproduzione visiva di un sistema di nozioni che tiene conto, grado per grado, di tutte le sue varie componenti, che vengono rappresentate nella scansione delle differenti parti di cui lo scenario è costituito. ciò si ottiene predisponendo le immagini – che significa innanzitutto pren-

12 G. Bruno, De umbris idearum, pp. 154-155: «committe communia communibus; minus communia minus communibus, propria propriis; proprioribus atque propriissimis propriora, atque propriissima».

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dere consapevolezza del numero e del sistema di organizza-zione dei dati da memorizzare – per raccoglierle in gruppi via via più complessi ai quali devono corrispondere le ‘misure’ e le ripartizioni della scenografia mnemonica. l’innovazione di bruno consiste dunque nel dare forma a un sistema di luoghi specifico e ad hoc ogni volta che ci si trova di fronte ad un differente insieme di dati (o, come insegna nelle versioni più creative ed efficaci dell’ars memoriae, adattare di volta in volta degli schemi già prefigurati al nuovo ordinamento richiesto), ottenendo l’indubbio vantaggio di non vincolare «l’ordine dei concetti da memorizzare all’ordine dei luoghi» – come accadeva con gli spazi ‘pre-visualizzati’ della mnemotecnica tradizionale – quanto piuttosto di far «dipendere l’ordine dei luoghi dall’ordine delle cose da memorizzare»: «per questa ragione riteniamo di aver portato la tecnica a un tale punto di perfezione che tutto quanto è stato teorizzato, prescritto e ordinato dagli autori più antichi […] non può essere legitti-mamente accolto come parte del nostro metodo»13.

L’albero della conoscenza

la prima ed effettiva novità del sistema bruniano consiste nel rivoluzionare completamente il modus operandi del mnemo-nista: non più costretto a ricorrere alla visualizzazione di luo-

13 ivi, pp. 140-141: «nobis autem cum datum est illam invenisse, et perfe-cisse, nec locis materialibus – verificatis scilicet per sensus exteriores – ultra non indiguimus, nec ordini locorum memorandorum ordinem adstrinxi-mus, sed puro phantasiae architecto innixi, ordini rerum memorandarum locorum ordinem adligavimus. unde nobis ita successisse presumimus, ut quidquid ab antiquioribus hac de re fuit consideratum, praeceptum, et ordi-natum – quatenus per eorum scripta quae ad nostras devenere manus extat explicatum –, non sit conveniens pars inventionis nostrae».

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ghi «materiali», cioè tratti dal vissuto e dall’esperienza per-sonale, gli si richiede di far appello al «puro architetto della fantasia»14 per creare ex novo i paesaggi, gli spazi e le strutture visive che più si adattano alla forma e alla complessità del ma-teriale da memorizzare. una tale configurazione degli scenari restituisce un mondo interiore interamente costituito di segni mnemonici che non risultano, allo sguardo di chi li utilizza, semplicemente ordinati uno di seguito all’altro, ma riprodu-cono, nella composizione gerarchica dei luoghi, l’altrettanto regolare disposizione delle informazioni memorizzate attra-verso di essi. questo atteggiamento comporta un significativo cambiamento nel modo di considerare l’arte della memoria, trasformandola quasi in una sorta di linguaggio privato e visi-vo, ‘alternativo’ al pensiero: la perfetta e biunivoca corrispon-denza tra i singoli contenuti mentali e la loro rappresentazio-ne fantastica, viene infatti attuata anche per quanto riguarda la loro contestualizzazione logica che è riprodotta dalle ar-chitetture interiori. se dunque – riprendendo una metafora classica cara anche a bruno15 – le figurazioni mnemoniche si comportano come i caratteri dell’alfabeto mnemotecnico (dotati perfino di una suggestiva ‘grammatica’ che insegna a trasformare sia le cose sia le idee più astratte in simboli con-creti16), con il metodo di organizzare i luoghi a partire dal tipo, dalla quantità e dalla struttura delle immagini, si fonda anche la possibilità di visualizzare la primitiva ed elementare ‘sintassi’ delle relazioni logiche o contestuali che sussistono tra le informazioni. a motivo di questa fondamentale carat-teristica l’arte della memoria di bruno si rivela essere uno

14 cfr. ibidem.15 cfr. Cicerone, De oratore, ii, lxxxviii, 359; G. Bruno, De umbris ide-

arum, p. 144.16 cfr. G. Bruno, De umbris idearum, pp. 136-138; Id., Cantus Circaeus,

pp. 704-714.

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strumento con fortissime implicazioni di carattere metodo-logico: tutta la complessità dell’esperienza può essere resa in immagine nella fantasia, al pari di quanto è dato cogliere per mezzo dell’analisi razionale. l’immaginazione, sostenuta da queste tecniche, funziona quindi come uno specchio anco-ra più fedele del reale, poiché traduce in una ricca trama di simboli non solo i singoli eventi ed oggetti dell’esperienza, ma anche tutta quella rete di relazioni, associazioni e rimandi dalla quale si origina la comprensione dei fenomeni: grazie a questa tecnica viene così perfezionato l’incontro, su questo particolare piano cognitivo, tra la percezione sensibile delle cose e la loro interpretazione complessiva.

tale idea, che propone l’unificazione visiva dei segni dell’esperienza come via propedeutica e pratica alla loro pie-na comprensione, è conseguenza, ancora una volta, di una proiezione sul campo metodologico di alcuni importanti temi della filosofia bruniana: la realtà che, nell’analisi di bru-no, si dà massimamente eterogenea in virtù dell’incessante attività produttiva propria della natura, è anche caratteriz-zata dall’essere sommamente una – se letta nella prospettiva dell’ente universale – perché è unificata dal comune sostrato materiale e formale il cui intrinseco squilibrio ontologico, dovuto alla tensione tra la potenza e l’attualità, è appunto il motore del suo prodursi vario ed infinito. intorno a questo decisivo aspetto di natura teorica ruota del resto tutto il sen-so della gnoseologia bruniana che, dal regno delle ombre e dell’offuscata percezione delle cose, si propone di portare la conoscenza «all’ombra della luce», cioè nella massima e piena comprensione del fenomeno naturale nel suo complesso: una totalità ‘visionaria’ che, indubbiamente, non può che darsi per gradi, progressione e perfettibilità, alla quale si possono conti-nuamente aggiungere ‘pezzi’ di verità, senza mai raggiungerla pienamente e tuttavia, potendo aggiornare continuamente i dati a nostra disposizione, affinarne sempre l’idea e la visione

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di insieme. questo risultato non è pertanto immediato, ma è frutto di un metodo e di una praxis conoscitiva che trova non solo nell’arte della memoria in quanto tecnica complessiva il suo strumento privilegiato – per le ragioni che si sono fin qui sostenute –, ma riconosce anche nei singoli accorgimenti ideati per essa efficaci mezzi per perfezionare ulteriormente questo complicato processo che, se non può appoggiarsi sul costante apporto di una metodologia innestata nel ramo del-la consapevolezza dell’ombra naturale17, si rivela altrimenti sterile ed improduttivo. per questo motivo uno dei principali obbiettivi di bruno nell’approntare e definire la sua mnemo-tecnica è proprio quello di suggerire molteplici e differenziati approcci per ‘catturare’ la verità della natura in tutti i possi-bili modi, intrecciando varie discipline e ispirandosi alle più diverse esperienze dialettiche, trasformandole tutte in potenti armi menmoniche dispiegate nel campo della fantasia. È que-sto il caso del richiamo sistematico che bruno compie nei suoi scritti mnemotecnici nei confronti dell’arte combinatoria di lullo – una tecnica ideata in origine per realizzare in modo ‘meccanico’ argomentazioni dialettiche ricavandole da una scala di valori teorici predefiniti e garantite logicamente dai particolari modi di costruzione d’esse – e che bruno trasfor-ma nell’arte di ordinare gerarchicamente e ricorsivamente i segni della memoria, arrivando poi a combinarli all’infinito in figurazioni sempre nuove. il riferimento da parte di bru-no al metodo di lullo può essere letto su differenti piani e con opposti parametri interpretativi: di fatto esistono scritti in cui bruno si occupa esclusivamente di ars combinatoria, dimostrandosi un esperto cultore di tale metodo – ma for-zandone gli aspetti creativi e la fecondità retorico/dialettica –; al contrario sono presenti numerosissimi inserti e citazioni

17 cfr. G. Bruno, De umbris idearum, pp. 122 e sgg.

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delle opere lulliane in tutti gli scritti sull’arte della memoria (e spesso anche in altre opere) e, in tutti questi casi, le finalità e le regole del sistema di lullo vengono stravolte e piegate alle funzioni e agli scopi della mnemotecnica bruniana. attraverso le successive figure – tratte dall’explicatio triginta sigillorum – si intende mostrare alcuni casi in cui il confronto e il distacco dalla fonte lulliana è operato con approcci differenti e viene declinato secondo diversi registri. l’esame dei ‘trenta sigilli’ è, del resto, particolarmente utile, perché si tratta di un’opera ricca di esempi del genere, presentando al tempo stesso, tra-mite i trenta espedienti mnemotecnici, sia i massimi principi teorici dell’arte della memoria bruniana, sia l’effettivo funzio-namento di essa su differenti livelli di difficoltà: si va, infatti, dalla possibilità di memorizzare brevi sequenze ordinate di informazioni, fino alla costruzione di complicate scenografie interiori che permettono di rappresentare e immagazzinare ingenti quantità di dati; in generale, nel testo dell’explicatio, si mostra l’efficacia dialettica, retorica e speculativa del siste-ma di bruno, facendo leva proprio sull’importante apporto dell’atteggiamento combinatorio applicato ai luoghi e alle immagini. dall’analisi di tali figure emerge altresì anche la centralità dell’aspetto geometrico all’interno dell’arte della memoria, che agisce sia sul piano di una schematizzazione dei modi di considerare il materiale mnestico prima della sua conseguente traduzione in immagini, sia sull’opera specifica di costruzione degli scenari mnemonici: in entrambi i casi la ‘geometria’ è sinonimo dell’istanza di unificazione ed orga-nizzazione imposta dal metodo di bruno all’interiorità mne-motecnica.

la prima immagine esaminata è quella relativa al quarto sigillo di explicatio triginta sigillorum intitolato «l’albero»18:

18 cfr. G. Bruno, explicatio triginta sigillorum, p. 50.

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questa immagine evoca esplicitamente forme e temi molto cari alla tradizione interpretativa lulliana e mostra una sorta di piramide formata da lettere dell’alfabeto (che in lullo simbo-leggiano i termini fondamentali dell’arte) poste in una prima e principale successione verticale (dalla a alla l) dalla quale si ‘diramano’ verso due opposte direzioni sedici sequenze oriz-zontali; il testo che l’accompagna è, apparentemente, abbastan-za criptico: «se riunirai i concetti semplici per mezzo di quel criterio che li faccia germogliare come rami, rametti, fronde, fiori e frutti, non farà alcuna differenza se li penserai come una catena, ovvero come il tronco dell’albero»19. al di là dei simboli e delle allegorie evocate da questo espediente mnemonico, bru-no sta qui esponendo il principio per disporre le informazioni

19 G. Bruno, explicatio triginta sigillorum, pp. 50-51: «si ea ratione sim-plices conceptus aggregaris, ut in ramos, ramusculos, frondes, flores fruc-tusque repullulent, nihil prorsus interesse videtur, si uti cathenam, sive uti arboris stipitem conceperis».

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in forma gerarchica (secondo strutture ‘ad albero’ per l’appun-to) che è molto più efficace per l’operatività mnemotecnica, se lo si applica prima di costruire i corrispondenti scenari, ovve-ro che occorre individuare nel materiale da memorizzare tutti gli schemi utili per ottimizzarne la comprensione, in un’ottica di costante unificazione e semplificazione delle loro relazioni contestuali: più infatti è chiaro il sistema complessivo che uni-fica un gruppo di dati e più è facile costruire le architetture visive migliori per rappresentarne sia la complessità, sia la spe-cificità. quando poi le informazioni di per sé non hanno un ordine così gerarchicamente definito, allora si può tentare di ‘imporglielo’ utilizzando i due semplici e fondamentali criteri qui suggeriti, ovvero, la consequenzialità (logica, temporale, contestuale, ecc.) e la classificazione gerarchica (dal generale al particolare, dal grande al piccolo, dal principale a quello di mi-nor importanza, ecc.), celati rispettivamente dietro le metafore della ‘catena’ e del ‘tronco’ dell’albero. l’organizzazione delle informazioni da memorizzare deve dunque fare riferimento a questi due parametri che possono essere anche combinati tra loro; la spiegazione che ci fornisce bruno nella sezione espli-cativa relativa a questo sigillo ce ne offre un esempio piuttosto eloquente:

la parte centrale dell’albero consiste in quella catena che nello schema sopra proposto sale dalla a fino alla l e prende in esame, una dopo l’altra, le parti più importanti di un argomento; i rami dell’albero sono invece le riflessioni collaterali, in modo che ad ogni anello della catena principale siano connessi tutti gli anelli in quella quantità e misura tale da essere sufficienti ad esaurire la materia della considerazione20.

20 ivi, pp. 106-107: «dorsum arboris habetur ipsa cathena, ut in schemate ibi proposito ab a usque ad l facto conscensu, qui per praecipua materiae capita successive continueque discurrit; rami vero arboris sunt ipsae col-

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successioni e gerarchie di dati possono essere composte insie-me con lo scopo di rendere più fitta e più estesa la rete di re-lazioni che unificano un determinato gruppo di informazioni ed è quindi solo in un secondo momento, attuata questa opera di semplificazione e razionalizzazione del materiale mnestico, che si passa a costruire gli scenari che più si addicono ad esso: l’analisi e l’indagine intorno ai dati dell’esperienza è quindi sostenuta da un atteggiamento combinatorio che viene ap-plicato preventivamente alle informazioni e, successivamen-te, alla trasformazione degli schemi così generati in strutture mnemoniche. un ulteriore esempio di questa modalità ope-rativa emerge nel diciottesimo e nel diciannovesimo sigillo, rispettivamente intitolati «l’organizzazione a base quattro» e «l’organizzazione a base binaria e circolare», schematizzati nelle seguenti figure21:

la prima delle due figure riproduce una serie di quadrati in-seriti uno dentro l’altro. il testo dell’explicatio triginta sigillo-rum, spiega così questo particolare intreccio geometrico:

laterales assumptiones, dum singulis praecipuae catenae annulis hinc inde toties totque annuli connectuntur, quoties quotque ad implendam conside-rationis materiam sufficere possunt».

21 cfr. ivi, pp. 170-173.

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lo schema di organizzazione a base quadrata si ottiene dunque quando quattro significati o concetti prendono forma intorno ad un argomento solo, e, partendo da ciascuno di questi singoli si-gnificati, che a loro volta diventano argomenti di riferimento, se ne formano altri quattro, dai quali, ulteriormente, saranno deri-vati altri quattro significati, e si prosegue così, di seguito, finché lo permette la volontà di chi dispone e la cosa da disporre22.

come nell’espediente dell’albero, il primo e principale livello di intervento richiesto al mnemonista consiste nella disposi-zione preventiva delle informazioni da memorizzare, seguen-do, in questo caso particolare, uno schema ‘quadrato’, che articola cioè la scansione dei dati secondo un ‘albero’ (cioè un intreccio di gerarchie e sequenze orizzontali) i cui gradi vanno di quattro in quattro. in maniera del tutto analoga, nel sigillo successivo viene proposto «uno schema di organizza-zione simile e proporzionale a quello quadrato» per realizzare «l’associazione di cose ad altre cose» e che si basa sul numero due, collegando argomenti, concetti e nozioni a coppie e per mezzo di gerarchie decrescenti23: l’impressione che si evince dalla seconda immagine è quella dell’esplosione radiale di un cerchio che, partendo dai semicerchi centrali si sviluppa in quattro settori, poi in otto quadranti di circonferenza, poi sedici, trentadue e così via.

22 ivi, pp. 134-135: «quadratum igitur encyclium efficitur, cum quatuor super uno subiecto formantur intentiones et supra quatuor intentionum singulas, quae modo subiecti vicem subeunt, quatuor efformantur aliae, quarum quaeque subsequentibus quatuor iterum subiacent intentionibus, et ita deinceps progrediendo, quoadusque et disponentis intentio et rei di-sponendae negotium patiatur».

23 cfr. ivi, pp. 134-135: «eadem quasi serie atque proportione in circulari, qua in quadrato encyclio, rerum rebus appositio prosequenda proponitur. […] circularis encyclii appositio in facile figurabili circuli quadrante fiat manifesta.

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bruno sostiene l’importanza della dispositio dei dati mnemo-nici prima che essi diventino immagini, ma ciò non costituisce un passo indietro, od una presa di distanza, dall’impostazione visivo-fantastica preminente nella sua arte, perché tale atteggia-mento estende ad ogni piano del conoscere un’idea di regolarità e strutturazione che deriva direttamente dalla sua filosofia. la natura universale, poiché è fondamento comune dell’attualità di ogni cosa e della sua proliferazione, può essere considerata anche come una sorta di tessuto connettivo che collega tutte le cose e le mette in comunicazione reciproca: sotto questo punto di vista essa è il regno delle qualità, è la costruzione complessiva che assomma tutte le possibili configurazioni del creato e lungo la quale si attivano i ‘vincoli’ naturali, psichici e magici di tutte le cose; se inoltre si riesce a comprendere il ritmo del suo fluire, si può addirittura cogliere l’andamento del ciclo delle vicissitu-dini individuali che da un punto determinato porta all’estremo opposto, per poi gradualmente tornare ad un’altra origine, ad una nuova vicenda dell’infinito divenire. l’ordine e la struttura della natura sono infatti regolati da alcuni criteri che sono, al tempo stesso, causa e conseguenza dell’energia vitale e creatrice che anima ogni cosa: innanzitutto la progressione e la continu-ità, per le quali da un ente e da una forma esistente si passa ad un’altra per gradi e mediazioni simili e contigue; in secondo luogo la ciclicità, ovvero che la gamma delle possibilità espres-se da un ente, da un contesto o da una parte definita e circo-scritta della natura deve attuarsi completamente e, una volta esauritasi, o si dissolve l’ente stesso, o ricomincia un nuovo ci-clo, essendosi il contesto di ordine immediatamente superiore mutato ed il primo va a costituire così una delle parti in gioco nella vicissitudine di quest’ultimo. infine vi è una gerarchia tra le cose che si estende esclusivamente entro la medesima sfera dell’essere, cioè quella della creatura mondana, e che sancisce che qualsiasi contesto o un gruppo di individui siano essi stessi un ‘ente’, in quanto sistemi individuali e circoscritti di atti e

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relazioni; all’opposto anche ogni singolo individuo può esse-re visto come complesso di parti, tanto che questa ‘scala’ può essere applicata a partire dal minimo, ultimo e semplice indi-viduo, fino a quello sommo, massimo e uno, ovvero la natura infinita e universale, che è appunto l’ente che contiene tutti gli altri esseri. da questi ‘parametri’ teorici si evince, anzitutto, che ogni individuazione più o meno locale di un movimento vicis-situdinario che è universale è, di fatto, ‘fittizia’ – è come tentare di tracciare cerchi nell’acqua – perché restringe e circoscrive nello spazio di possibilità definite una dinamica che è invece globale e complessiva; al tempo stesso, tuttavia, non è possibile guardare all’infinito se non come insieme composito di parti ed elementi finiti – gli infiniti enti che popolano l’universo – che non sono semplici di per sé, ma sono composti di parti e sotto-parti, fino agli elementi materiali e più elementari. ciò configu-ra un orizzonte naturale dove la continuità, la comunicazione, la mediazione, ma anche – su scale più ampie – la contrarietà, la contraddizione e la ciclicità, costituiscono i pilastri portanti di un’architettura complessa, composita e, soprattutto, infini-tamente estesa ed articolata, dove estremi opposti, possibilità ed attuazione, identità ed alterità, trovano conciliazione e coin-cidentia nel fluire e mutare incessante dell’universo.

l’aspetto metodico in funzione ordinatrice e chiarificatrice rispetto ad un chaos vicissitudinario che è tale sia nella matri-ce sostanziale della natura, sia nell’esperienza d’essa, è dun-que centrale nell’arte della memoria di bruno, tanto che essa è definita, nel frontespizio del De umbris idearum, un’arte, cioè una tecnica ed un sapere, per «ricercare, trovare, giudi-care, ordinare e stabilire connessioni»24; tuttavia non compete a questa tecnica solo l’organizzazione e la conservazione dei

24 G. Bruno, De umbris idearum, pp. 2-3: «implicantibus artem, quaren-di, inveniendi, iudicandi, ordinandi et applicandi».

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dati, ma anche l’inventio, ovvero la ricerca metodica del vero e l’ampliamento del senso del ragionamento, che – come per la dispositio – può essere realizzata già nella fase di acquisi-zione del materiale mnemonico, in modo da facilitare l’opera di traduzione delle informazioni in architetture mnemoniche efficaci, regolari e chiare, che rivelino cioè nella loro confor-mazione l’ordine e la struttura complessiva di quanto è stato memorizzato. questo è senz’altro un ulteriore passo da com-piere nel praticare l’arte della memoria, perché permette di perfezionare la produzione dei dati mnestici e di arricchirne la complessità e l’articolazione, lavorando direttamente su di essi. in questo senso il testo del sigillo dell’albero è assai elo-quente:

quando vogliamo discutere di qualsiasi argomento, sia racco-gliendo argomentazioni altrui, sia mietendo dalle nostre stesse riflessioni, facciamo come se stessimo guardando un albero: dap-prima le sue radici, cioè i principi da cui si origina, le cause e gli elementi fondanti; poi il tronco, ovvero la propria essenza e l’essere; subito dopo i rami, cioè le potenzialità, le facoltà e le vir-tù; in seguito le foglie, ovvero i suoi accidenti ed i suoi elementi circostanziali; poi i fiori, cioè le azioni e le operazioni e, infine, i frutti che sono gli atti e le cose prodotte, affinché in tal modo l’ordine con cui disponiamo l’argomento procuri l’invenzione, il giudizio e la conservazione25.

25 G. Bruno, explicatio triginta sigillorum, pp. 104-105: «de quocumque enim subiecto cum dicere volumus, sive ex alienis inventis colligentes sive ex nostris meditationibus emetentes, ita facimus ut in ipsum velut in arborem respicientes, primo eius radices, puta principia originalia, causas et elemen-ta; deinde stipitem, id est propriam essentiam et esse, mox ramos, id est potentias, facultates atque virtutes; subinde folia, puta accidentia propria et circumstantias; proinde flores, utpote actiones et operationes; tum demum fructus, qui sunt actus et opera, considerentur, ut eo pacto ordo – quo ma-teriam disponimus – inventionem, iudicium et retentionem subministret».

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l’immagine di un albero, con la sua particolare forma e struttura, può divenire quindi anche un sistema di luoghi retorici, poiché fornisce uno schema puntuale per articolare l’argomentazione, esaminandola, per l’appunto, a partire dai suoi principi, dalle cause e dai fondamenti (radici), analiz-zandone l’essenza (tronco), poi gli aspetti potenziali, attuali e circostanziali (rami e foglie), infine gli effetti e le conseguenze derivanti da essa (fiori e frutti). così facendo il quarto sigil-lo dell’explicatio triginta sigillorum non serve solo a disporre bene i dati mnemonici in vista della loro raffigurazione, ma anche ad ampliarne il numero ed il senso, nel momento in cui, seguendo questo schema – o quello «binario», «a base quattro» o altri simili presenti nel testo dei sigilli – da un pri-mo nucleo principale di argomenti se ne fanno derivare altri conseguenti, coerenti e sottoposti ai primi. quest’ultimo in-cremento delle possibilità espressive del metodo mnemonico bruniano diviene ancora più palese ed efficacemente creativo nel momento in cui all’invenzione realizzata per mezzo di termini e concetti si sovrappone la manipolazione del senso e del ragionamento operata direttamente attraverso le raffigu-razioni fantastiche.

Pensare per immagini

l’applicazione dei sigilli sia alla dispositio, sia alla inven-tio retorica conduce l’arte della memoria ben oltre la mera funzione mnemonica; l’utilizzo di questi espedienti per fini dialettici, infatti, non sempre, né primariamente, compor-ta l’uso di immagini e luoghi, mentre sono spesso destinati all’elaborazione dei dati ‘grezzi’, cioè delle informazioni da mandare a memoria anche senza che esse vengano figurate nella fantasia. si è osservato, tuttavia, che tale atteggiamento

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svolge una funzione preparatoria rispetto alla fase di visua-lizzazione delle informazioni vera e propria, con lo scopo di rendere le successive operazioni più semplici e più cospicuo, dal punto di vista simbolico, il risultato finale; a ciò va ag-giunto il fatto che bruno stesso propone questi schemi anche come ‘traccia’ e modello per l’organizzazione e disposizione delle immagini e dei luoghi. nel caso dell’albero si sugge-risce, nella sua forma più essenziale, l’utilizzo composito e combinato di sequenze e gerarchie: queste possono essere applicate, ugualmente, alle parole, ai concetti o alle parti fondamentali di un testo, ma anche ad immagini, a singo-li luoghi o a scenari ancora più complessi. ad esempio: un percorso fatto di riferimenti locali posti uno di seguito all’al-tro costituisce la trasposizione visiva di una successione, così come la distinzione in stanze, saloni, ali di un palazzo, piani ed edificio nel suo complesso è un modo efficace per rendere figurativamente una gerarchia di oggetti. in ogni caso quale che sia la ‘formula’ utilizzata per organizzare i dati o indi-viduata in un sistema di informazioni, la sua conseguente traduzione visiva deve risultare conforme e coerente con il principio d’ordine che ne è alla base, considerando anche che la norma fondamentale della mnemotecnica bruniana prescrive che il numero delle immagini e l’ordine dei luo-ghi debbano assecondare i dati mnemonici e non, viceversa, che questi ultimi siano adattati ai primi e distorti nella loro disposizione per venire incontro a scenari e segni mnemotec-nici staticamente preordinati, poco rappresentativi di quan-to devono trattenere e raffigurare simbolicamente.

assieme a questo necessario passaggio dalla dispositio delle informazioni alla costruzione di una corrispondente sceno-grafia interiore, è possibile instaurare, sul piano visivo, una altrettanto stretta e speculare corrispondenza anche tra la di-namica inventiva ed argomentativa del discorso e la gestione delle immagini e dei luoghi. anche in questo frangente, per

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dare attuazione a tale ulteriore aspetto, bruno ha progetta-to una nuova modalità di funzionamento ed utilizzo della tradizionale ars memoriae, riuscendo a trasferire sul piano mnemonico-fantastico quel dinamismo e quella versatilità che è tipica del fluire del pensiero, del ragionamento e del linguaggio, nei quali, per l’appunto, nozioni ed idee mutano progressivamente il loro significato – accostati uno di seguito all’altro nel processo argomentativo – per dare vita a nuo-ve interpretazioni o costruzioni di senso. l’idea di partenza consiste nel considerare ogni immagine come il segno uni-voco di uno specifico significato mnemonico, per cui, se la si sottopone ad una qualsiasi trasformazione, con essa viene a mutare anche il senso di quanto rappresenta: si rende così visivamente perspicua la possibilità di modificare i contenuti mnemonici agendo sulle loro rappresentazioni visive, tra-sponendo di fatto, nell’interiorità fantastica, quella versatilità semantica che è propria e peculiare dei processi di pensiero. ciò porta ad un utilizzo delle immagini innovativo, creativo e dinamico, all’esercizio del quale bruno ha dedicato moltis-sime pagine in tutti i suoi testi di mnemotecnica, spesso ce-lando, dietro pretesti di natura pratica, la funzione ‘didattica’ di questi sistemi in vista della rivelazione di una modalità an-cor più creativa e produttiva, sul piano della conoscenza, che costituisce il vero cuore teorico e tecnico dell’ars memoriae bruniana. per illustrare dunque come praticare, attraverso le immagini e i luoghi, anche l’inventio è utile fare riferimento a due esempi tratti, ancora una volta, dal De umbris idearum e dall’explicatio triginta sigillorum. la prima forma di gestione ‘creativa’ delle immagini presa in esame si trova nel De umbris ed è simboleggiata nella seguente figura26:

26 cfr. G. Bruno, De umbris idearum, p. 234.

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questa figura circolare è posta ad illustrare la prima delle due praxis ideate da bruno per la memoria verborum, ovvero la tecnica di creare immagini che rappresentano le parole. si è detto, infatti, che tradizionalmente e fin dall’età classica ad ogni immagine di memoria veniva associato un conte-nuto mentale che poteva essere riferito a una cosa concreta – riproducibile il più delle volte in base all’aspetto del cor-rispondente oggetto – oppure ad un concetto astratto, reso in immagine, in questo caso, attraverso vari stratagemmi (riferimenti simbolici, casi esemplari, ecc.); vi era in uso, inoltre, la modalità di raffigurare anche le parole, cioè i sin-goli termini scritti, in maniera indipendente dal loro signi-ficato ed in base alle lettere che le componevano: ciò veniva fatto raffigurando i caratteri alfabetici attraverso oggetti di forma particolare (una falce per la lettera c, una scala aper-ta per la a, e così via) e ponendo nei luoghi, una di seguito all’altra, le immagini, quasi a ‘scrivere’ la parola per mezzo

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di tali lettere figurate. l’atteggiamento di bruno, in merito a questo particolare aspetto tecnico si rivela, per l’ennesima volta, innovativo e volto al perfezionamento di quanto lo ha preceduto: suggerisce infatti la costruzione di un codi-ce predeterminato ed univoco di immagini simboliche che, appropriatamente combinate tra loro, possono dar vita alla raffigurazione di qualsiasi parola. la figura qui presente mo-stra quindi un primo metodo per la memoria verborum che è preparatorio al secondo ed insegna a costruire immagini per sillabe formate da tre lettere; la seconda praxis del De umbris, con una modalità analoga a quella della prima, ma più complessa, prevede invece la costruzione di immagini di parole più lunghe, formate da cinque sillabe. la tecnica è, in entrambi i casi, simile e non troppo complicata: un gruppo di figure, rappresentanti personaggi tratti dalla lette-ratura classica e quindi facilmente memorizzabili, denotano i caratteri di un alfabeto composto da ventitré lettere latine, quattro greche e tre ebraiche, in modo da esaurire tutti i possibili fonemi delle principali lingue ‘colte’ del tempo di bruno. queste immagini, tuttavia, non devono essere consi-derate ‘statiche’ rappresentazioni delle lettere da imprimere interiormente, piuttosto sono da immaginare come statue animate che, in base a varie e peculiari caratteristiche, molti-plicano più volte il valore di una lettera o di una sillaba nelle parti e negli aspetti di cui esse sono portatrici. nel caso della prima praxis si devono perciò visualizzare i 30 personaggi (tratti dalle Metamorfosi di ovidio) e articolando un tripli-ce suono in corrispondenza di ciascuno, assegnando loro anche un’azione e un oggetto specifico. la prima ‘statua’, ad esempio, è formata dal personaggio di lica visualizzato nell’atteggiamento di «stare ad un banchetto» e cinto da una «catena» e in questo modo la lettera a viene moltiplicata per tre: la prima volta è espressa dal personaggio stesso, la seconda per mezzo dell’atteggiamento che lo caratterizza e,

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la terza, in virtù dell’oggetto che gli appartiene; similmente deucalione che «lancia le pietre» ed ha gli occhi coperti da una «benda» forma la tripletta bbb. questi gesti ed ogget-ti peculiari, inoltre, non sono scelti su base arbitraria, ma, per facilitarne la memorizzazione, sono ispirati alla vicenda stessa del personaggio rappresentato. tutto il sistema vie-ne rappresentato graficamente con un’unica ruota circolare formata da tre cerchi concentrici e suddivisi in trenta caselle – con su scritte le relative lettere – ad indicare, rispettiva-mente, il livello dei personaggi, individuato nella circonfe-renza più esterna, quello delle azioni (cerchio mediano) e, nel cerchio più interno, il livello degli oggetti o delle carat-terizzazioni ulteriori. le caselle della ruota sono disposte in modo che sotto ciascun personaggio si trovi la propria azio-ne ed il corrispondente oggetto, ad indicare, per l’appunto, che il medesimo suono è moltiplicato per tre. per potere invece raffigurare una composizione di tre lettere differenti, occorre mettere in ‘movimento’ il tutto e combinare le va-rie caselle tra di loro associando ciascuna lettera della ruota più interna, con ognuna di quella mediana e ogni coppia così formata con le varie lettere che si trovano nel cerchio più esterno, secondo il metodo combinatorio di lullo. da un punto di vista mnemotecnico ciò significa che ciascun personaggio può essere raffigurato nello svolgere una qual-siasi delle 30 azioni che caratterizzano gli altri e con ognuno dei loro oggetti peculiari; in questo modo si crea una nuova scena che assomma su di sé i valori espressi da differenti figure. ad esempio: il personaggio b che compie l’azione di a con l’oggetto di r dà la composizione bar, che, accostata alla figura del personaggio c intento nell’azione inizialmen-te assegnata ad a, forma la rappresentazione della parola barca. il sistema di bruno consiste pertanto nel far valere le caratteristiche particolari di alcune raffigurazioni (tratte da un’iconografia comune e ben nota) come elementi deno-

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tanti le lettere dell’alfabeto, ma, soprattutto, come compo-nenti ‘mobili’ di un sistema combinatorio, scambiandole e ricomponendole secondo varie configurazioni che, di volta in volta, assumono il valore di una diversa sillaba.

poiché nei testi mnemotecnici di bruno alla memoria verborum è dedicato sempre molto spazio27, la proposta di questi e simili espedienti va letta con un’attenzione molto particolare. se da un lato, infatti, è comprensibile il deside-rio, tutto bruniano, di affrontare un aspetto così tradizio-nalmente tecnico per mostrarne il miglioramento in virtù della sua rinnovata arte (che come si è ormai intuito è im-prescindibile da un altrettanto innovativa visione filosofica), dall’altro occorre cogliere che cosa effettivamente comporti, sul piano dell’esperienza mnemonica, l’adozione di questi sistemi. Visualizzare una scena complessa, ma circoscritta nello spazio fantastico, assieme al relativo significato, avere poi la possibilità di modificarla per comporre nuove figu-razioni e quindi esprimere altri significati – pur latenti ed impliciti nell’intero meccanismo combinatorio – fa sì che il mnemonista si faccia artefice primario di un’azione di creazione e costruzione del senso a partire dalle immagi-ni mnemoniche ed esclusivamente per mezzo di esse. tale modalità operativa conferisce, inoltre, un elemento di dina-micità e vitalità ulteriore agli spazi mnemotecnici: divenute le figurazioni mnemoniche quasi fluide ed ancora più pla-smabili, i contenuti della memoria assumono corpi fanta-stici che possono essere facilmente modellati e modificati, cambiando il valore di quanto è rappresentato da essi. se

27 nel De umbris idearum le due praxis occupano tutta la terza parte del libro, per oltre cento pagine; in explicatio triginta sigillorum alla memoria verborum sono dedicati il quindicesimo, il ventinovesimo e il trentesimo sigillo; nel Cantus Circaeus la memoria di parole è l’argomento della sezione finale e dell’ars brevis che chiude il testo.

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ciò funziona per le immagini delle lettere e delle sillabe che, abilmente composte, danno vita a innumerevoli scene con le quali raffigurare le parole, la forza tecnica e al contempo teorica dell’innovazione bruniana diviene ancora più evi-dente quando questo atteggiamento è trasferito sul piano della riflessione argomentativa e ad essere combinate tra loro non sono più le immagini dei caratteri dell’alfabeto, ma quelle dei concetti di un ragionamento o delle parti di un discorso. tale è il proposito più autentico e profondo della mnemotecnica di giordano bruno, quello di trasformarsi, da semplice supporto mnemonico per il retore o lo studioso, in un efficace strumento per pensare attraverso l’immagina-zione, valutando ed analizzando gli oggetti dell’esperienza ed i concetti ricavati da essa sul terreno comune della fan-tasia; ciò si compie attraverso la gestione attiva e dinamica dei contenuti fantastico-mnestici, con la consapevolezza primaria del loro valore simbolico all’interno di un sistema di segni più ampio, che ha come fine la visione ordinata e regolata del reale. il passo ulteriore, che va oltre la mobile composizione delle immagini per la raffigurazione di parole, è dunque quello di costruire sistemi visivi per analizzare e vagliare i contenuti mentali attraverso le figurazioni fanta-stiche, inventando espedienti mnemonici che, oltre ad ac-centuare gli aspetti combinatori, mettono in campo potenti rappresentazioni cariche di forza simbolica, nelle quali, per dare seguito a nuovi percorsi d’interpretazione, complesse gallerie di statue prendono vita, cortei di allegorie si muovo-no lungo scenari fantastici e, interi gruppi di figure vengo-no letteralmente e visivamente smontate e ricostruite pezzo per pezzo, dettaglio per dettaglio. i due piani, quello della metodica e regolare ripetizione e combinazione delle par-ti e quello del chaos fantastico che palpita di innumerevoli e suggestive trasformazioni, si fondono così in scenografie interiori altamente plastiche, dove ricchi e complessi ele-

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menti iconici sono pronti ad assumere molte forme e, di conseguenza, tanti significati, a seconda di come vengono arricchiti di dettagli, deprivati di caratteri denotanti o fusi assieme ad altre immagini, talvolta vaganti e mobili nei luo-ghi stessi, altre volte accompagnate lungo i sentieri della me-moria dallo sguardo interiore del mnemonista che, attraver-so un corredo ulteriore di segni ‘personali’, ne esplora tutte le implicazioni possibili nell’incontro e nel trasfondersi con quelle già presenti e lì depositate in precedenza.

il secondo esempio che si intende qui richiamare all’atten-zione del lettore mostra dunque la costruzione di uno di que-sti sistemi ed è tratto dall’explicatio triginta sigillorum, pre-sentandone, in particolare, il ventunesimo sigillo chiamato la ‘ruota del vasaio’, il cui valore mnemotecnico è metafori-camente sintetizzato da bruno con le seguenti parole: «l’atrio corrisponde alla ruota del vasaio, il formatore al vasaio ed i si-gnificati secondo cui si dà forma al sostrato sono analoghi alla creta».28 si è già accennato, in precedenza, al fatto che ogni sigillo costituisce un sistema a sé per esercitare l’arte della me-moria, uno strumento mnemonico per affrontare particolari esigenze di memorizzazione o da dedicare a particolari tipo-logie di informazioni; al tempo stesso ognuno dei trenta si-stemi contenuti nell’explicatio triginta sigillorum è anche par-te di un percorso illustrativo intorno all’arte della memoria bruniana nel suo complesso e accompagna il lettore, nelle due sezioni di presentazione ed ‘apertura’ (explicatio) dei sigilli, dalla presentazione dei temi e degli argomenti più elementari (ad esempio come devono essere organizzati i luoghi), alle versioni più complesse e più ricche di implicazioni fantastico-combinatorie: la «ruota del vasaio» si trova quindi all’inizio

28 G. Bruno, explicatio triginta sigillorum, p. 140: «rotae subiectum atrium, figulo figurator, luto subiecta intentio formabilis proportionan-tur».

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dell’ultimo gruppo di sigilli, proprio dove si entra nel vivo dell’animazione mnemonica e della composizione figurativa. già nel titolo, del resto, riecheggia l’aspetto estremamente creativo e ‘plastico’ di questo sigillo che utilizza un sistema mobile di luoghi e di immagini (l’atrio che «corrisponde» alla ruota del tornio) per dare forma a innumerevoli significati, cioè plasmare differenti figurazioni poste all’interno di essi, proprio come la creta, per essere lavorata, viene messa sopra la ruota. l’espediente è raffigurato da bruno nella seguente maniera29:

29 cfr. ivi, p. 174.

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la figura presenta uno schema geometrico formato da un quadrato inscritto in un cerchio ed al cui interno è inscritto un altro quadrato; le diagonali inoltre tagliano il quadrato principale e al centro della figura vi è un cerchio più piccolo dal quale parte un raggio che va fino alla circonferenza più esterna. l’immagine, facilmente riconoscibile anche per chi non è esperto di tecniche astrologiche, riproduce il sistema dei dodici segni zodiacali, così come veniva rappresentato nei temi natali; essa illustra, infatti, una delle specifiche ap-plicazioni di questo sigillo, suggerita nella parte esplicativa del testo, ovvero «memorizzare i significati degli aspetti delle stelle e quelli delle disposizioni dei pianeti nei segni»30. per far ciò bruno propone quindi al lettore di «preparare dodici case dotandole di elementi aggiuntivi, in modo che con le loro parti e membra contengano cose tali da essere ben ap-propriate alle singole considerazioni da farsi in esse e rela-tivamente ad esse»; una volta approntato tale sistema si de-vono preparare «sette supporti circolari e ruotanti» ovvero «quelle figure che rappresentano i pianeti e che, secondo il proprio ordine, riceveranno varie passioni ed affezioni nelle varie case»31. i sette «supporti circolari e ruotanti» sono indi-cati dalle lettere presenti sul raggio – che riportano le iniziali dei nomi dei pianeti a partire dal centro, dove vi è la s per saturno, fino all’angolo più esterno dove c’è la l di luna – e

30 ivi, p. 140: «per quam quidem praxim si velis in mathematicis exerceri, ut si velis stellarum aspectus quoad earum significationem et significationes dispositionum planetarum in signis retinere».

31 cfr. ibidem: «poteris duodecim suis circumstantiis domos efformatas ita apparare, ut suis partibus atque membris talia contineant, quae ad sin-gulas considerationes de ipsis et in ipsis faciendas sint adcommodatiora. poteris insuper septem circum rotantia supposita destinare, quorum passio-nibus et affectibus aliis, quae in locis recipiunt, ea quae in planetis significari debent ordinate habeas».

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consistono in sette figure principali raffiguranti le qualità e i valori che la tradizione astrologica assegna ai diversi piane-ti. queste immagini animate devono percorrere visivamente una galleria formata da dodici piccole case, o ampie stanze, poste in successione una di seguito all’altra e attrezzate di nu-merosi oggetti che simboleggiano le varie caratteristiche delle costellazioni zodiacali: ogni volta che un ‘pianeta’ entra in un ‘segno’, grazie all’interazione delle figure animate con gli og-getti posti sul cammino, vengono messi in scena, visivamente e allegoricamente, i significati conseguenti a quella specifica posizione astrologica. in questo caso, dal punto di vista mne-motecnico, si hanno due gruppi distinti di figurazioni (quelle che adornano gli spazi e quelle mobili che li attraversano) che sono dotate di specifici e peculiari valori, assegnati quando il sistema è ancora ‘fermo’: proprio in virtù della costruzione preventiva di tale codice – un po’ come succedeva con l’al-fabeto per la memoria verborum dell’esempio precedente –, una volta messo in moto il meccanismo combinatorio che porta le immagini-pianeti dentro i vari luoghi-segni, nascono le varie e molteplici scene e la materia mnemonico-fantastica viene plasmata per assumere le configurazioni desiderate. lo specifico impiego della «ruota del vasaio» per la disciplina astrologica, è tuttavia soltanto uno dei possibili adattamenti di un principio mnemonico e di una prassi tecnica che ha in realtà un valore più generale:

per cento o mille padri, ovvero parti principali, da distinguere con i loro figli, corpi e membri, preparerai cento sostrati animati di-sposti in una successione che riprende in qualche modo l’ordine di quei dati […]. questi nel momento in cui andranno a muover-si lungo il percorso [...] distribuiranno i capitoli secondo i periodi e questi nelle loro proposizioni32.

32 ivi, p. 68: «pro centum vel mille patribus seu capitibus, cum suis natis,

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con questo sistema infatti la gerarchia di un testo non viene resa attraverso l’architettura dei luoghi, tutti posti al mede-simo livello ed al massimo testimoni del susseguirsi lineare delle parti principali, ma ciò che aggiunge sia ordine, sia di-versificazione al contesto è il passaggio delle figure animate che, interagendo ognuna in maniera peculiare con gli ogget-ti incontrati lungo il percorso, possono evidenziare ciascu-na uno specifico livello di informazioni (ad esempio una i capitoli, l’altra i paragrafi e un’altra ancora le singole frasi), rivelando la struttura del libro. a dare senso alla figurazione mnemonica è dunque l’elemento di interazione ed anima-zione che intercorre tra le parti fisse e mobili dello scenario: l’effetto finale, arricchito di tutta la forza espressiva di questo tipo di immagini, consiste nella generazione dei significati in seguito alla trasformazione e composizione dei vari segni. la «ruota del vasaio» funziona pertanto come una specie di strumento per la scrittura interiore di simboli, non solo ri-velando quanto già compete al materiale mnestico acquisito, ma anche potendo far sorgere nuovi significati, assemblando le parti e gli elementi caratteristici di quanto è già acquisito secondo nuove configurazioni: «facendo percorrere la ruota a quelle statue principali», sottolinea bruno a conclusione della sezione esplicativa del sigillo,

a seconda del numero delle combinazioni e delle composizioni che si verranno a creare, sarai in grado di formare immagini sia per quanto deve essere raffigurato, sia con ciò che è già raffigurato e di comporre con loro delle scene completamente nuove33.

corporibus atque membris distinguendis, centum animata subiecta aliqua de praedictis serie in ordinem digesta preappararis, [...]. Haec [...] ordines percurrentiae, capita in membra membraque in proprios distribuent arti-culos».

33 ivi, p. 140: «ad instar, inquam, illorum iuxta combinandorum et in

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Conclusioni

l’arte della memoria di bruno, come si è potuto vedere at-traverso gli esempi illustrati, costituisce una disciplina la cui portata, paradossalmente, va ben oltre la mera applicazione mnemonica, ma si offre come strumento per sostenere e per-fezionare tutta l’esperienza conoscitiva. tale posizione si fon-da sull’imprescindibile importanza della sfera immaginativa come spazio centrale sul quale tutto il processo conoscitivo si sostiene; per prima cosa, infatti, ragione ed intelletto esami-nano gli atti dell’esperienza sensibile proiettati nella fantasia ed astraggono da essi le idee; in secondo luogo queste ultime vengono conservate in memoria associate ad immagini, che sono la controparte ‘fisica’ di una funzione cognitiva la cui forza riposa proprio sull’organicità del dato mnestico; infine la mente utilizza i dati astratti acquisiti per applicarli nuovamente alle immagini presenti nella fantasia ed elaborare tramite essi nuove nozioni o estendere il senso e la portata di quelle già in suo possesso. l’acquisizione, la conservazione e l’elaborazione della conoscenza ruotano dunque intorno alla preziosa funzi-one della facoltà fantastica che è come uno schermo sul quale realtà ed interiorità vengono proiettate e messe a confronto: la proposta di bruno è pertanto quella di adottare un metodo, cioè una tecnica ed un dialettica al tempo stesso, che si re-alizzi esclusivamente nell’immaginazione, ordinando ed ot-timizzando i contenuti che essa offre sia all’intelletto che alla memoria. proprio la duplice consapevolezza che la fantasia non sia solo il terreno sul quale poggia la conservazione dei contenuti, ma sia anche lo sfondo per la loro elaborazione, spinge bruno a sperimentare un nuovo approccio con la mne-

compositionem venientium numerum elementaria statuas, quibus tandem figuranda figurare et ipsa figurata ad novas integri illius figurationes indu-cendas, per rotam deducendo, valeas».

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motecnica tradizionale – l’arte che si serviva primariamente delle immagini mentali – superando il suo consolidato ruolo di mero ‘artificio’ mnemonico: ciò avviene abbandonando una visione limitatamente statica e strumentale degli oggetti principali della mnemotecnica – le immagini e i luoghi – per reinventarne e rafforzarne il loro ruolo di ‘simboli’, ovvero riferimenti visivi a concetti già acquisiti, e di ‘segni’, cioè di dati sensibili interiori e suscitatori di atti interpretativi.

la ridefinizione teorica dell’ars memoriae viene del resto sottolineata anche dall’adozione di un’innovativa terminolo-gia tecnica; in modo particolare la scelta di chiamare adiectum o forma l’immagine e subiectum il luogo palesa l’obiettivo di bruno di dare consistenza ad una nuova entità menmonico-fantastica il cui corpo è l’aspetto, ovvero la visione indotta nel mnemonista, e la cui essenza è il significato che la mente as-segna ad essa. la semplice ed immediata impressione visiva las-cia quindi il posto ad un’esperienza più complessa di lettura e di comprensione delle immagini interiori, di fronte alle quali è necessaria la contemporanea capacità di cogliere il singolo dato assieme alla realtà contestuale che lo circonda, una prospettiva, questa, che situa i contenuti fantastici all’interno di un’unità scenica più ampia, ancorandoli ad una fitta rete di simboli che, in ultima istanza, possono arrivare a rappresentare tutto quan-to sappiamo. questo importante aspetto della mnemotecnica bruniana – sintetizzato nell’innovativa regola che vuole il piano delle figurazioni interiori adattato alla forma e struttura delle in-formazioni e non il contrario – conferisce all’arte della memo-ria un’efficacia anche dal punto di vista dialettico, poiché per-mette di configurare il mondo della fantasia come se fosse una mappa simbolica e virtuale della realtà interiore che, a partire da quanto si è già appreso, conduce ad ulteriori interpretazioni del mondo, aggiungendo dati a dati e tracciando nuovi segni di fianco a quelli già acquisiti dall’intelletto e scolpiti nella memo-ria. l’universo mnemotecnico non è tuttavia caratterizzato solo

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dalla speciale valenza simbolica di ogni suo frammento, vinco-lato, come si è detto, ad un’imprescindibile visione complessiva, ma è costantemente reso vivo e perspicuo anche in virtù della determinante forza emotiva che ogni immagine viene a pos-sedere: la suggestione affettiva suscitata dalle visioni fantastiche – che tradizionalmente era considerata il fondamento della sal-dezza dei ricordi – offre, nella versione bruniana, testimonianza di una ancor più maggiore vivacità ‘naturalistica’ che, dietro il pretesto della necessità retorica dell’imitazione della natura da parte dell’arte, apre radicali prospettive di tipo filosofico34. questa particolare attenzione agli aspetti emotivi si manifesta, infatti, attraverso il rafforzamento degli elementi di animazione, movimento e trasformazione delle immagini mnemoniche, tanto che la statica e stratificata struttura delle architetture fan-tastiche viene completamente stravolta sia dalla variabilità dei percorsi locali, sia dalla mobilità delle figure che la popolano; in aggiunta a ciò la vicissitudine delle forme interiori comporta anche la sistematica trasformabilità dei ‘volti’ delle immagini e delle caratterizzazioni dei luoghi. queste condizioni vengono reputate da bruno come quelle più esemplificative dell’adesione del proprio universo mnemotecnico al modello vicissitudinario della natura: grazie all’introduzione di atteggiamenti composi-tivi ispirati all’ars combinatoria di lullo, le immagini fantastiche, singolarmente o prese a gruppi, vengono a muoversi all’interno dei luoghi, gli stessi percorsi vanno a dipanarsi in modo dif-ferente a seconda del passaggio di diversi personaggi, l’aspetto di statue e scene muta in virtù della combinazione delle parti e del reciproco scambio di dettagli e, infine, le caratteristiche di uno scenario possono venire completamente ridisegnate grazie alla metodica ‘attivazione’, da parte di una o più figure

34 sul tema del rapporto tra imitazione poetica e filosofia di bruno, cfr. M.P. Ellero, Lo specchio della fantasia. Retorica, magia e scrittura in Giorda-no Bruno, lucca, maria pacini Fazzi, 2005.

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agenti, dei vari e molteplici oggetti lì collocati. tutto ciò, ad un primo sguardo, può far sorgere più d’una perplessità nei lettori moderni; tuttavia, al di là del riverbero ‘controrinascimentale’35 evocato da tali atmosfere, occorre cercare di cogliere il senso più profondo di queste scelte tecniche ed andare a scoprirne il difficile, ma stretto legame con la ‘nolana filosofia’. in questo senso il punto più significativo consiste nell’idea di estendere l’efficacia dell’arte della memoria anche sul piano creativo e dell’invenzione retorica, non considerando più la fantasia solo come il terreno – pur complesso ed articolatissimo, nel caso della versione bruniana – sul quale sorgono i simboli dei con-tenuti mnestici, ma anche come strumento per generare nuovi significati e quindi ampliare la portata di senso degli spazi in-teriori. ciò è possibile garantendo l’estrema versatilità dei segni mnemonici, che possono arrivare ad esprimere molteplici ed ul-teriori significati sulla base di un codice di simboli prestabiliti o, addirittura, dare vita a rappresentazioni non previste nelle dina-miche del sistema e inaspettatamente rivelatrici di nuove inter-pretazioni: questo è, del resto, il valore più originale della ‘logica fantastica’ di bruno e permette concretamente di pensare per immagini, ovvero indagare tra i contenuti della mente, agendo direttamente sulla loro rappresentazione visiva ed operando ogni cosa sull’esclusivo piano della visualizzazione fantastica. senza tener conto della particolare visione gnoseologica di bru-no – e della prospettiva filosofica sulla essa quale essa si fonda – quest’ultimo e decisivo aspetto risulta davvero sfuggente e poco comprensibile: molto può essere chiarificato se si tiene conto di uno dei motivi teorici più importanti del pensiero del nolano, ovvero che la natura è l’unico orizzonte entro il quale le cose si

35 cfr. H. Haydn, Il Controrinascimento, bologna, il mulino, 1950; M. Ciliberto, Rinascimento e Controrinascimento, in Id., Figure in chiaroscuro. Filosofia e storiografia nel novecento, roma, storia e letteratura, 2001, pp. 185-205.

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creano, vivono e si trasformano in una continuità d’essere pres-soché assoluta e, soprattutto, infinita. nulla si dà, infatti, né in potenza né in atto, al di fuori dell’universo naturale e tutti gli aspetti potenziali e ogni virtù attuativa ed efficiente sono im-plicati nella natura, nella sua sostanza, come parte organica di un grande ed universale machina mundana che tende a realiz-zare ogni cosa possibile. il mondo dell’interiorità dell’uomo, se vuol farsi veramente specchio del reale, deve quindi prendere a modello questo punto di vista, questa visione del cosmo e del tutto: se la conoscenza non può dirsi infinita in estensione, né in durata, può almeno far sì che la potenza generatrice della natura riecheggi in lei nell’attitudine illimitata a comporre gli innumerevoli simboli del proprio sapere e, dopo aver fatto ciò, farli esplodere nella multiforme e molteplice trasformazione dell’universo interiore, illuminando il soggetto sul significato ultimo della possibilità e complessione di tutti i sensi.