Nelle mani di Golia di Paolo Moiola

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I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete) Nelle mani di Golia Introduzioni di Paolo Pagliai e Giuliano Pontara Postfazioni «Il dovere d’indignarsi» di Gianni Minà Paolo Farinella a cura di PAOLO MOIOLA

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I diritti dell'uomo tra stato e mercato (ai tempi della Rete) Introduzioni di Paolo Pagliai e Giuliano PontaraPostfazioni «Il dovere d’indignarsi» di Gianni Minà, Paolo Farinella

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I diritti dell’uomo tra Stato e mercato

(ai tempi della Rete)

Nelle manidi Golia

Introduzioni di Paolo Pagliai

e Giuliano Pontara

Postfazioni«Il dovere d’indignarsi» di

Gianni MinàPaolo Farinella

HaNNo fIRmato I teStI: Alessandra AlgostinoUniversità di Torino Wilfredo Arditoex Pontificia Università Cattolica di LimaChiara BlenginoUniversità del Piemonte Orientale Angelo D’OrsiUniversità di Torino Gavino Maciocco Università di Firenze Paolo PagliaiUniversità del Claustro de Sor Juana, Città del MessicoGiuliano PontaraUniversità di StoccolmaMarcellus Okenwa UdugborPontificia Università Lateranense, Città del Vaticano

Preti di frontiera: Aldo Antonelli, Mario Bandera, Franco Barbero, Jorge García Castillo, M.A. Cadenas Cardo, Paolo Farinella, M.M. Berijon Martinez, Tiziano Tosolini.

Giornalisti e studiosi: Bianca Maria Balestra, Marco Bello, José Carlos Bonino, Enrico Casale, Massimo Corsini, Emanuele Fantini, Giulia M. Foresti, Cecilia Gonzales, Karim Metref, Gianni Minà, Paolo Moiola, Rosanna Novara, Simone Pieranni, Pasquale Quaranta, Maria Romero, Giulio Santosuosso, GianMarco Schiesaro, Roberto Topino, Stefano Vecchia, Silvia Zaccaria.

Curatore: Paolo Moiola.www.gabriellieditori.it

euro 35,00 i.i.ISBN 978-88-6099-093-8

Della storia e dell’evoluzione:da Locke all’era della globalizzazione neoliberista e della restrizione dei diritti

Dei diritti sotto attacco: tortura, terrorismo, donne, minori, acqua, cibo, salute e dirittiriproduttivi, diritti economici (lavoro), terra e proprietà privata, ambiente

Dei diritti nell’era digitale:accesso a internet, media e informazione

Dei Continenti e dei Paesi: asia, Cina, India, Giappone, Russia, africa, eritrea, america Latina, Perú, messico, Cuba, Venezuela, Stati Uniti, Italia

Dei diritti degli «altri»: popoli indigeni (Conquista occidentale e cosmoviione indigena), minoranze sessuali(omofobia e tabù matrimoniali)

Delle religioni: cristianesimo (Chiesa cattolica) e islamdavanti ai diritti

Dei doveri:dei singoli e degli Stati

Sul dovere d’indignarsi:il prete e il giornalista

Materiali di lavoro:dal 1948 (Dichiarazione universale)al 2012 (Summit di Rio)

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a cura diPaoLo moIoLa

NELLE MANI DI GOLIA.I diritti dell’uomo tra Stato e mercato(ai tempi della Rete).

Cosa racconta questo Saggio. Nell’era della globaliz-zazione mercantilista, della crisi sistemica e della Rete, anche i «diritti umani» - ove e quando siano rispettati - hanno subito e stanno subendo trasformazioni. Oggi il sistema economico neoliberista ha messo in dubbio anche diritti che sembravano acquisiti: salute, educazio-ne e lavoro sono sacrificati sull’altare del mercato e della riduzione dei compiti dello Stato. Mentre i capitali si muovono liberamente da Paese a Paese per cercare il profitto più alto e per non pagare imposte, i flussi migratori (cresciuti in tutte le regioni del mondo, ma soprattutto nel bacino del Mediterraneo e tra Messico e Stati Uniti) sono respinti con determinazione e senza porsi problemi morali. Il successo di internet e dei nuovi media tecnologici hanno diffuso e rafforzato il diritto all’informazione, ma nello stesso tempo hanno travolto il diritto alla privacy, con informazioni e dati personali veduti come una merce qualsiasi.Ragionando attorno ai diritti connessi alla fecondazione artificiale e al testamento biologico, si arriva al ruolo che le religioni hanno nel campo dei diritti umani. Nel Saggio si cerca di spiegare cosa pensa al riguardo la Chiesa cattolica, ma anche e soprattutto il mondo islamico, scosso da una serie di eventi: l’uccisione di Osama Bin Laden, le rivolte popolari nell’area mediorientale, le vittorie elettoriali dei Fratelli musulmani, la spinta fondamentalista dei Salafiti. Appositi capitoli sono dedicati a chi i diritti li vede calpestati o disconosciuti. Come i popoli indigeni, sparsi in ogni continente, ma soprattutto nelle Americhe. È inoltre affrontato il tabù delle minoranze sessuali, che oggi hanno alzato la testa ma che continuano ad essere oggetto di una feroce omofobia. Infine, non sono trascurati i doveri umani, troppo spesso dimenticati in una società dove l’individualismo e la concorrenza sembrano travolgere tutto e tutti.In questo Saggio di agevole lettura, professori univer-sitari, giornalisti e preti di frontiera provano a dare delle risposte, analizzando la realtà e proponendo molti spunti di riflessione.

www.fondazionegpiccini.org

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nelle mani di goliai diritti dell’uomo tra Stato e mercato

(ai tempi della Rete)

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A Francesco e Carla, miei genitori, e ai miei fratelli e sorelle. In particolare, a Lucia, medi-co, che – dopo aver tanto curato – si è trovata a lottare sull’altro lato.

A Roberto Topino, medico, studioso, amico, che troppo presto ha lasciato questo mondo.

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I diritti dell’uomo tra Stato e mercato

(ai tempi della Rete)

Nelle manidi Golia

Introduzioni di:Paolo Pagliai

Giuliano Pontara

«Il dovere d’indignarsi», postfazioni di:Paolo Farinella

Gianni Minà

a cura diPAOLO MOIOLA

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© il Segno dei gabrielli editori 2012Via Cengia, 67 – 37029 S. Pietro in Cariano (Verona)Tel. 045 7725543 – fax 045 6858595mail: [email protected]

iSBn 978-88-6099-093-8

Stampalitografia de “il Segno dei gabrielli editori’’, San Pietro in Cariano (VR)novembre 2012

Editing: Paolo moiolaRevisione dei testi: luca lorusso, Paolo moiolaTraduzioni: Cecilia Costa, Paolo moiola, gianni VaccaroFoto di copertina: Paolo moiola

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INDICE - 9

INDICE

Premessa la precarietà dei dirittidi Paolo moiola 17

inTRodUZioniPROCLAMATI E VIOLA TI 23

Una ViSTa da noRd Se manca una «cultura dell’ascolto» di Paolo Pagliai 25

Una ViSTa da noRdIl disprezzo per i debolidi giuliano Pontara 31

PRima PaRTe DELLA STORIA E DELL’ EVOLUZIONE 33

geneSiVita, proprietà, libertàdi alessandra algostino 35

eVolUZioneL’«io» e gli «altri»di alessandra algostino 42

SeConda PaRTe DEI DIRITTI SOTTO ATTACCO 51

TeRRoRiSmoSi fa presto a dire terroristadi angelo d’orsi 53

ToRTURaIl lato oscuro della Forzadi angelo d’orsi 64

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diRiTTi di moVimenTo, ReSidenZa, aSiloUn mondo di migranti (e le roccaforti assediate)di massimo Corsini 77

diRiTTi di geneRe Sul corpo delle donnedi maria Romero 90

diRiTTi dei BamBiniLadri di sognidi Chiara Blengino 104

diRiTTo all’aCqUa L’acqua non va al mercatodi emanuele Fantini 113

diRiTTo all’alimenTaZione Lo scandalo del cibodi José Carlos Bonino 120

diRiTTo alla SalUTe Prima, passare alla cassadi gavino maciocco 133

diRiTTo alla SalUTe e SCelTe indiVidUaliSulla provetta e sulla libertà di moriredi Roberto Topino e Rosanna novara 138

diRiTTo alla SalUTe dei laVoRaToRi / 1Senza ammalarsi, senza perdere la vitadi Roberto Topino e Rosanna novara 153

diRiTTo alla SalUTe dei laVoRaToRi / 2Per qualche dollaro in piùdi Roberto Topino e Rosanna novara 163

diRiTTi eConomiCi / 1 Se il profitto è tutto e il lavoro conta nientedi Paolo moiola 174

diRiTTi eConomiCi / 2Terra, terra delle mie bramedi Paolo moiola 192

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INDICE - 11

diRiTTo all’amBienTeUn pianeta non basta (con questi inquilini)di Paolo moiola 201

TeRZa PaRTe DEI DIRITTI E DELL’INFORMAZIONE NELL’ERA DEL WEB 219

diRiTTi Umani e weB La Rete, un bene pubblico da tutelaredi gianmarco Schiesaro 221

inFoRmaRe ed eSSeRe inFoRmaTiBurattini e burattinai ai tempi dell’iPhonedi Paolo moiola 230

l’inFoRmaZione in ameRiCa laTina Più trasparenza, più Rete, meno oligopolidi Cecilia gonzáles 243

qUaRTa PaRTe DEI DIRITTI E DEI PAESI 251

aSia La «via asiatica» ai dirittidi Stefano Vecchia 253

Cina La società armoniosa tra «ying» e «yang»di Simone Pieranni 259

india Non è un Paese per bambinedi Stefano Vecchia 267

giaPPoneOltre il retaggio della tradizioneTiziano Tosolini 275

RUSSia I nuovi zar, campioni di abusidi Bianca maria Balestra 283

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aFRiCa La «via africana» ai dirittidi massimo Corsini e giulia Cocchiara 293

eRiTReaUn paese d’altri tempidi enrico Casale 304

ameRiCa laTina La «via latinoamericana» ai dirittidi Paolo moiola 310

PeRÚ Quando la crescita uccide i dirittidi wilfredo ardito Vega e Paolo moiola 315

meSSiCoL’imprimatur della violenzadi Jorge garcía Castillo 323

CUBa La divisione della povertà e le regole del «monastero»di Paolo moiola 332

VeneZUelaChi ha paura di Hugo Chávez?di giulio Santosuosso 345

STaTi UniTi «We the People»di Paolo moiola 349

iTalia: i migRanTi Volevamo braccia, sono arrivati uominidi giulia maria Foresti 384

iTalia: i Rom La caccia è apertadi aldo antonelli 401

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INDICE - 13

qUinTa PaRTe DEI DIRITTI DEGLI «ALTRI» 407

PoPoli indigeni Le leggi dei «bianchi», i diritti degli «altri»di Silvia Zaccaria 409

PeRÚ – le idenTiTà negaTeI danni infiniti della Conquistadi wilfredo ardito Vega 421

PeRÚ – la ViSione kUkamaUomini e spiritidi m.m.Berijon martinez e m.a.Cadenas Cardo 428

minoRanZe SeSSUali e SoCieTàNé pena, né peccato di Pasquale quaranta 436

minoRanZe SeSSUali e ChieSa La Bibbia manipolata di una Chiesa omofoba e angosciante di Franco Barbero 442

SeSTa PaRTe DEI DIRITTI E DELLE RELIGIONI 449

CRiSTianeSimo e ChieSa CaTToliCa / 1Un cammino tortuosodi mario Bandera 451

CRiSTianeSimo e ChieSa CaTToliCa / 2L’anima e il corpodi aldo antonelli 458

iSlam / 1Il mito dell’eccezione musulmanadi karim metref 466

iSlam / 2Non esiste altra leggedi marcellus okenwa Udugbor 476

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14 - NELLE MANI DI GOLIA

SeTTima PaRTe DEI DOVERI 505

aCCanTo ai diRiTTi, i doVeRi Il limite invalicabile dell’Altrodi Paolo Farinella 507

PoSTFaZioni SUL DOVERE D’INDIGNARSI 521

non BaSTa ma SeRVe / il gioRnaliSTa Una lista imbarazzantedi gianni minà 523

non BaSTa ma SeRVe / il PReTe 1L’ortodossia neoliberista e lo strame dei dirittidi Paolo Farinella 532

non BaSTa ma SeRVe / il PReTe 2Anche Dio è stato privatizzatodi Paolo Farinella 539

maTeRiali di laVoRo CRONOLOGIA, DOCUMENTI E ALTRO 549

CRONISTORIAil cammino dei diritti umani (1215-2012) 551

I TESTI (PARZIALI) DI ALCUNE DICHIARAZIONI-CONVENZIONI 559

1948 - dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 5601972 - dichiarazione delle nazioni Unite sull’ambiente 5651979 - dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) 5701989 - Convenzione sui popoli indigeni e tribali (ilo 169) 5741994 - Carta araba dei diritti dell’uomo 5791995 - dichiarazione di Pechino sulle donne (diritti sessuali e riproduttivi) 5841997 - dichiarazione Unesco sulle responsabilità delle generazioni presenti verso le generazioni future 588

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INDICE - 15

2006 - Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia 5912012 - dichiarazione del «Summit dei popoli» a Rio+20 592italia 1948 - Costituzione italiana 596italia 2009 - «i diritti alzano la voce» (Campagna) 599italia 2012 - «l’italia sono anch’io» (Proposta di legge) 603

BIBLIOGRAFIAleggendo s’impara. Brevissima bibliografia ragionata 605

CHI HA CONTRIBUITOdue parole sugli autori 614

TRA PRESENTE, FUTURO E SPERANZA«no te rindas», «non arrenderti» 627

MONDO DIGITALEPer immigrati e nativi digitali:email, web, Facebook, YouTube, ebook 631

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PREMESSA - 17

PRemeSSa

LA PRECARIETÀ DEI DIRITTI

La persona dell’uomo è il diritto sussistente.Antonio Rosmini

(Rovereto 1797 – Stresa 1855)

Volete che chi è stato fino a ieri uno schiavo diventi un uomo?

Incominciate a trattarlo, sempre, come un uomo.Antonio Gramsci

(ales 1891 – Roma 1937)

a Rovereto, in Trentino, tutto ricorda antonio Rosmini. Vie, palazzi, istituzioni, statue. e un liceo dove io frequentai il classico. eppure, in quegli anni ormai lontani, nessun professore mise in programma una le-zione sul grande pensatore roveretano1. Forse fu un caso. di sicuro una perdita per noi studenti.

la persona in sé coincide con il diritto, sosteneva Rosmini2. È passato più di un secolo e mezzo, sono cambiate le circostanze storiche, si sono evolute le idee, ma la corrispondenza tra persona umana e diritto non è mutata, almeno nell’elaborazione teorica. «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti», recita il primo articolo della dichiara-zione universale del 1948. eppure, la realtà delle cose è più complicata.

Gli attori in gioco: la persona, lo Stato, il mercatola globalizzazione neoliberista ha cambiato il mondo, portandolo alla

crisi sistemica di questi anni. il futuro è incerto e molti diritti umani – ove esistevano – sono già stati compressi. in primis quel diritto al lavoro che il sistema economico e politico vigente tende a ridurre o svilire in base alle proprie esigenze (il profitto, la flessibilità) o a situazioni contingenti (i mercati, l’esercito lavorativo di riserva che spinge alle porte). Prendia-

1 antonio Rosmini scrisse moltissimo. Per la tematica dei diritti, si veda in particola-re: Filosofia del diritto (milano 1841), La Costituzione secondo la giustizia sociale (Firenze 1848). queste e altre opere dello studioso roveretano sono reperibili anche su Google eBook.

2 «dunque la persona ha nella sua natura stessa tutti i costitutivi del diritto: essa è dun-que il diritto sussistente, l’essenza del diritto» (Filosofia del diritto, volume i, pag. 225).

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mo il diritto alla libertà di movimento (art. 13 della dichiarazione uni-versale): mentre i capitali vengono spostati in continuazione da un Paese all’altro (nella spasmodica fuga dalla legge e dalle imposte o alla ricer-ca di luoghi dove gli investimenti trovino costi più bassi e norme meno stringenti)3, le persone che lasciano i propri Paesi per cercare altrove una vita e un lavoro più dignitosi – sono 6 milioni all’anno4 – vengono respin-te o criminalizzate, vedendo calpestato il loro diritto al movimento.

Perché golia? Sul titolo di questo Saggio c’è stato qualche dissenso. «Che noia questi abusati riferimenti biblici», è stato detto tra le altre cose. Tuttavia, la figura di golia mi pare sintetizzi in modo plausibile un’idea senza (troppo) banalizzarla. golia è lo Stato che – a dispetto dei mutamenti funzionali e della subalternità rispetto ai nuovi soggetti glo-bali5 – stabilisce, ad esempio, le modalità per entrare in Parlamento e le regole della prescrizione6, che decide a chi far pagare le tasse e quando mandare in pensione le persone7, chi far passare alle frontiere e chi abbia il diritto di contrarre matrimonio. ma, nell’era del capitalismo neoliberi-sta, golia è anche e soprattutto il mercato («i mercati», nella declinazione propria dell’economia finanziaria), che funziona con meccanismi (orto-

3 Secondo il primo ministro italiano mario monti, «Chi gestisce la Fiat ha il diritto e il dovere di scegliere dove investire e le localizzazioni più convenienti» (18 marzo 2012, su www.ilsole24ore.com). davanti alla minaccia della Fiat di chiudere gli stabilimenti italiani (5 con 25 mila dipendenti, senza considerare l’indotto), monti si è visto costretto (22 set-tembre 2012) a convocare Sergio marchionne, amministratore delegato fino a ieri osan-nato da quasi tutti (ma non dalla Fiom). «Fiat è un’azienda privata. e al privato (come al cuore) non si comanda. ma il lingotto, per decenni, ha lucrato rendite, profitti e dividen-di grazie alle generose sovvenzioni dirette e indirette dello Stato» (massimo giannini, la Repubblica Affari e Finanza, 17 settembre 2012). la previsione è facile: a pagare l’ennesi-ma crisi della Fiat saranno ancora una volta i lavoratori e i contribuenti.

4 Caritas migrantes, Dossier statistico immigrazione 2011; world Bank, Migration and remittances factbook 2011. Sulle migrazioni e i diritti dei migranti si legga, in questo Sag-gio, il capitolo firmato da massimo Corsini.

5 Si parla di debolezza o scomparsa della politica e di postdemocrazia. Sulle vecchie e nuove coordinate della politica, si veda Dizionario critico delle nuove guerre, a cura di marco deriu (emi, Bologna 2005).

6 mentre scriviamo – ottobre 2012 – in italia ancora si discute di «legge elettorale» e di «legge anti-corruzione».

7 alcuni dati italiani: evasione fiscale (almeno) 120 miliardi di euro all’anno, corruzio-ne 60 miliardi di euro all’anno, pressione fiscale reale 55 per cento, 2,5 milioni di disoc-cupati, 36,5 per cento la disoccupazione giovanile, 8 milioni di italiani in condizioni di povertà, 1972 miliardi di euro di debito pubblico (fonti varie). «Fino a quando i gioiellieri si ostineranno a tenere aperte gioiellerie che gli danno a malapena da vivere, i ristoratori continueranno a servire pasti rimettendoci denaro e gli idraulici insisteranno a riparare bagni per beneficenza?» (Sergio Rizzo, Corriere della sera, 31 marzo 2012). «Uno Stato che permette a una minoranza di vivere in un paradiso fiscale e sottopone la maggioranza a una dittatura dell’imposta» (Curzio maltese, il Venerdì di Repubblica, 27 luglio 2012). Sull’operato dei governi Berlusconi e monti si rimanda alla Postfazione di don Paolo Fa-rinella.

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PREMESSA - 19

dossi e non: la domanda, l’offerta, il prezzo, la minimizzazione dei costi e la massimizzazione dei profitti, ma anche la delocalizzazione, l’evasio-ne-elusione fiscale, la speculazione finanziaria) che non lasciano spazio a scopi diversi quali la giustizia sociale o la salvaguardia dell’ambiente. Un attore prepotente che, ad esempio, riesce a imporre il pareggio di bilan-cio8 come se lo Stato fosse un’impresa e non un soggetto con obiettivi più elevati della contabilità aziendale (la redistribuzione della ricchezza, la riduzione delle disparità sociali, l’aiuto alle persone più deboli, tanto per citarne alcuni).

Si potrà obiettare che queste affermazioni ricalcano gli slogan (spesso improduttivi) dei movimenti di piazza (dagli statunitensi di «Occupy Wall Street» ai messicani di «Yo soy 132» fino agli «Indignados» spagnoli)9. Tuttavia, come spesso accade, la realtà supera qualsiasi fantasia. lo di-mostra la cancelliera tedesca angela merkel quando parla della necessità di «una democrazia conforme al mercato»10. o le incredibili cifre di una ricerca scientifica in cui si dimostra che il mondo è dominato da un grup-po di 147 compagnie transnazionali, 50 delle quali operanti nella finanza e nelle assicurazioni11.

Il ruolo della Rete e quello dell’indignazioneSchiacciato tra Stato e mercato, l’individuo non è stato finora salvato –

a dispetto di una diffusa vulgata – dalla rivoluzione tecnologica e digitale in particolare. ad esempio, si enfatizza spesso il ruolo avuto dalle tecno-logie digitali nelle «rivolte mediorientali»12, dimenticando le responsabi-

8 Con la pubblicazione sulla gazzetta Ufficiale della legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1, il principio del pareggio di bilancio è entrato nella Costituzione italiana, an-dando a modificare l’articolo 81.

9 i cantori della globalizzazione si adontano per le critiche. Scrive Pierluigi Battista: «oggi un fronte politico e psicologico multiforme e variegato (...) vede nella “globalizza-zione” la fonte di ogni disagio e di ogni ingiustizia. quando la globalizzazione non porta, come negli anni passati, diffusione della ricchezza, sviluppo e progresso sociale, viene considerata la causa di tutti i mali, la radice di tutti gli squilibri. e la polemica contro i sa-cerdoti della globalizzazione – le “oligarchie economiche”, il “potere finanziario”, la “tec-nocrazia”, le “élites” – diventa motore di un risentimento sociale potentissimo e di una critica feroce nei confronti degli ordinamenti che in qualche modo richiamano la cultura e la mentalità dell’ “occidente”». le virgolette sono di Battista. l’articolo prendeva lo spunto dalla nuova vittoria elettorale di hugo Chávez, commentata con toni tragici («Chi dà una mano al Caudillo», Corriere della sera, 9 ottobre 2012).

10 Testuale, in lingua tedesca: «marktkonformer demokratie».11 Stefania Vitali, James B.glattfelder e Stefano Battiston, The network of global corpo-

rate control, Politecnico Federale di Zurigo (eth Zürich), 19 settembre 2011. il testo in Pdf è reperibile sul web.

12 Su tecnoentusiasmo, internetcentrismo, partecipazione «online» versus partecipa-zione «offline» si veda il sito www.ippolita.net. ippolita è un gruppo di ricerca sulla Rete

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lità della Rete nell’attuale crisi economica. Ricordiamo che, attraverso il web, l’economia finanziaria è divenuta il mostro acefalo di questi anni13. Con un clic del mouse si possono provocare cataclismi14. la Rete inoltre fornisce tutte le informazioni e gli strumenti per spostare imprese e capi-tali nei paradisi fiscali, probabilmente la più vergognosa, ingiusta e ipo-crita tra le invenzioni del capitalismo neoliberista15. Secondo alcuni studi, almeno 21 mila miliardi di dollari sarebbero depositati in paradisi fiscali, un valore quasi pari al Pil di Stati Uniti e giappone16. la persona uma-na con i suoi diritti (e doveri) rimane dunque il soggetto più debole, che tratta con gli altri attori in condizioni di oggettiva inferiorità.

ebbene, per leggere e provare a interpretare la realtà complessa e can-giante dei diritti umani nel mondo odierno, questo Saggio ha ospitato il pensiero e le analisi di professori universitari, studiosi, giornalisti e preti di frontiera17. ogni autore ha descritto uno specifico aspetto dei diritti, avendo cura di farlo con obiettività, chiarezza e competenza. ma anche con il cuore. questo è un libro in cui l’indignazione è benvenuta. Sia quando si tratta di difendere l’acqua come bene comune, sia quando oc-corre affermare i diritti dei popoli indigeni o delle persone non eteroses-suali. «l’indignazione – per dirla con le parole del gesuita José ignacio gonzáles Faus – non è ira né odio né violenza. È la reazione che sorge spontaneamente quando ci si avvicina con il cuore agli esclusi della terra e si diventa consapevoli del modo in cui vengono trattati»18.

Tutti gli autori hanno contribuito in maniera gratuita, sottraendo tem-

e le tecnologie digitali.13 Un confronto tra economia reale (misurata dal Pil) ed economia finanziaria (i famosi

«mercati»): nel 2010, il Pil mondiale è stato di 64 mila miliardi di dollari, mentre l’econo-mia finanziaria valeva 857 mila miliardi di dollari, ovvero 10 volte di più. Una chiarissima infografica è stata pubblicata dal mensile «altreconomia» nel febbraio 2012.

14 Si pensi, ad esempio, alle «transazioni ad alta frequenza» (high frequency trading), che – con l’aiuto di sofisticati algoritmi – consentono di svolgere migliaia di operazioni al secondo, a mero scopo di lucro.

15 ne è un esempio significativo il sito www.paradisifiscali.org, di proprietà della O.p.m. Corporation di Panama. al riguardo si legga Paradisi perduti. Perché i paesi offsho-re stanno affossando l’economia mondiale, un esemplare opuscolo di andrea Baranes e luca manes, «altreconomia», novembre 2010.

16 James S. henry, The price of offshore revisited. New estimates for missing global pri-vate wealth, income, inequality, and lost taxes, luglio 2012. Uno studio che evidenzia chi deve pagare «le virtù del libero mercato» (o della «rivoluzione liberale»). il rapporto è scaricabile dalla Rete. Si veda: www.taxjustice.net.

17 Una frontiera intesa non tanto dal punto di vista geografico quanto ideale.18 quaderno n. 177 di «Cristianesimo e giustizia»: Il naufragio della sinistra. Stralci

della relazione di José ignacio gonzáles Faus sono stati pubblicati dal quindicinale «adi-sta» del 31 marzo 2012. il lavoro completo è scaricabile in formato Pdf dal sito: www.cristianismeijusticia.net.

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PREMESSA - 21

po ed energie alle loro attività. la maggioranza di essi non sarebbe stata facilmente contattabile se non ci fosse stata – finalmente un pregio – la Rete (che, tra l’altro, nel 2011 è stata dichiarata diritto umano dall’onu19). a tutti loro va il mio più sentito ringraziamento. Proprio per la sua carat-teristica di opera collettiva, questo lavoro non ha trovato editori impor-tanti e di conseguenza avrà una distribuzione fondata più sul volontariato che sui canali commerciali.

Le parole e i fattid’altra parte, in italia si pubblicano 57.000 titoli all’anno20 (esclusi e-

book e self- publishing)21, ma la gran parte di essi si perde per strada. Considerate queste condizioni, perché dunque pubblicare Nelle mani di Golia?

Pur nella consapevolezza dei limiti oggettivi di questo volume, rispon-do utilizzando le ultime due motivazioni delle quattro registrate da ge-orge orwell nel suo saggio Perché scrivo22: l’«impulso storico»23, defini-to come il «desiderio di vedere le cose come stanno, di portare alla luce dati di fatto veri e conservarli a beneficio della posterità»; e lo «scopo politico»24, inteso come il «desiderio di spingere il mondo in una certa direzione, di modificare l’altrui concezione del tipo di società alla quale bisogna tendere».

da ultimo, è importante ricordare che i diritti d’autore derivanti dalla vendita di questo volume andranno – per intero – all’«asociación de de-sarrollo solidario “Yachay Wasi”»25. Si tratta di un progetto in essere a Ta-blada del lurín, alla periferia sud di lima, in Perú. qui, da anni, nancy

19 «Poiché internet è diventato uno strumento indispensabile per ottenere una serie di diritti umani, combattere le disuguaglianze e accelerare lo sviluppo ed il progresso uma-no, assicurare l’accesso universale alla Rete dovrebbe essere una priorità per tutti gli Sta-ti». Frank la Rue, relatore speciale onu per la promozione e la protezione del diritto alla libertà d’opinione e d’espressione, giugno 2011.

20 Per un totale di 208 milioni di copie stampate. i dati, forniti dall’associazione ita-liana editori (Rapporto 2011), si riferiscono al 2010. Si legga anche: Raffaella de Santis e dario Pappalardo, La scrittura non paga, in «la Repubblica», 2 novembre 2010.

21 Rispetto a e-book e libri self-publishing si legga: Raffaele Simone, L’era di You book, in «la Repubblica», 4 dicembre 2011. e ancora: Fabio gambaro, Chi ha paura dell’e-book. Come far convivere carta e digitale, in «la Repubblica», 20 agosto 2012.

22 george orwell, Why I Write, londra 1946. il testo in lingua originale è reperibile sul web.

23 Testuale: «Historical impulse. Desire to see things as they are, to find out true facts and store them up for the use of posterity».

24 Testuale: «Political purpose. Desire to push the world in a certain direction, to alter other peoples’ idea of the kind of society that they should strive after».

25 Si veda: www.perusolidario.org. altre informazioni sono reperibili nella pagina dei ringraziamenti, alla fine del Saggio.

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ortiz e gianni Vaccaro aiutano i migranti provenienti dalle zone inter-ne del Paese, povere o poverissime. l’associazione si prodiga per assicu-rare la salute alle persone e l’educazione ai loro figli.

ecco, contribuire, pur in maniera minimale, a soddisfare due diritti fondamentali come quelli alla salute e all’istruzione è per questo libro il più ambito dei successi. Un modo concreto per andare oltre le parole. oltre l’indignazione.

Paolo Moiola

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INTRODUZIONI - 23

«Tirannide indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle,

interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d’impunità. e quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia

elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che

lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo». (Vittorio Alfieri, Della Tirannide, 1777)

«“mangia e bevi!”, mi dicono: “e sii contento di averne”. ma come posso io mangiare e bere, quando quel che mangio, a chi ha fame

lo strappo, e manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua?». (Bertold Brecht, A coloro che verranno, 1938)

«io, uomo di colore, non voglio che una cosa: che mai lo strumento domini l’uomo. Che cessi per sempre l’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo».

(Frantz Fanon, Il negro e l’Altro, 1965)

introduzioniPROCLAMATI E VIOLATI

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INTRODUZIONI - 25

Una ViSTa da SUd

SE MANCA UNA «CULTURA DELL’ASCOLTO»di Paolo Pagliai

È difficile dire con certezza se i diritti umani siano o meno l’eredità più grande e importante del novecento. Una cosa è certa però: il «se-colo breve» ci ha lasciato quella coscienza dei diritti che aveva iniziato a formarsi, quasi a istituzionalizzarsi, nella seconda metà del XViii secolo, senza però affermarsi ancora come valore assoluto ed emancipato dalla sfera liberale dei «diritti dei cittadini». Sarebbero stati necessari due con-flitti mondiali, decine di milioni di morti, un paio di bombe atomiche, la pianificazione a tavolino e a mente fredda dello sterminio sistematico di interi popoli, tutte le teorie eugenetiche per procreare bambini biondi e muscolosi, perché i diritti umani divenissero, agli occhi di mezzo mondo, un valore in sé e inalienabile, ben al di sopra di tutti gli altri diritti.

oggi i diritti umani sono un «patrimonio collettivo» divenuto per mol-ti un semplice «luogo comune». molti infatti vi si ritrovano ma pochi, pochissimi hanno gli strumenti intellettuali per mantenere aperta la rifles-sione su di essi. non è uno scandalo, dunque, affermare che anche per quanto riguarda i diritti delle donne e degli uomini, la cristallizzazione dei principi non fa altro che indebolire gli effetti di quegli stessi principi. questo secolo in fasce ci insegna, coi fatti, che una metà del mondo non condivide pienamente l’impianto dei diritti umani perché essi appaiono, oggi piú che mai, l’emanazione culturale non dell’intera umanità, ma di una sua parte, quella caratterizzata dalla cultura occidentale, per secoli – paradossalmente rispetto ai diritti umani da essa elaborati – dominante e colonialista.

Ciò non significa che i diritti umani siano da disapprovare, ma che non può essere lasciata da parte la questione urgente della condivisione del loro patrimonio. non possiamo partire, in altre parole, dal pericoloso presupposto che una parte dell’umanità (noi) abbia ragione e l’altra no; che noi stiamo dalla parte della civiltà e gli altri da quella della barbarie.

questa sorta di complesso di superiorità culturale da parte dell’occi-dente suona come un ossimoro davanti alle buone intenzioni dei diritti. «noi stiamo dalla parte della ragione, gli altri da quella del torto. noi siamo civili, gli altri lo diventeranno quando saranno come noi. noi sap-piamo cos’è la libertà, gli altri arrivano a mala pena a sognarla, sempre

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che siano capaci di sognare la nostra, l’unica possibile». È per questo che formiamo i loro leader nelle nostre università, li facciamo a nostra imma-gine e somiglianza, perché auspichiamo che il loro mondo diventi un clo-ne del nostro – come recitava un film di Clint eastwood della fine del XX secolo – un mondo perfetto1.

Tutto questo rischia di suonare come un controcanto stonato, una con-traddizione in termini. Se non siamo capaci, infatti, di riflettere perma-nentemente sulle cose, come possiamo pretendere che gli altri – quelli che non hanno partecipato al dibattito, gli spettatori, spesso gli «ultimi» – le accettino come proprie? Forse non è un eccesso di zelo accademi-co ricordare che, quando si firmò la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, molte delle nazioni della terra erano ancora province e terri-tori degli imperi, già allora moribondi, di quelle «vecchie» potenze che si facevano ambasciatrici del codice sacrosanto dei diritti. Con che faccia, poi, quelle potenze fossero capaci di farsi portatrici della «buona novel-la», mentre violavano quotidianamente gli stessi principi che dicevano di voler difendere, è a tutt’oggi un mistero. mentre non è un mistero che tutti i popoli esclusi allora dal gioco delle parti, costituiscono oggi quel Terzo mondo che a fatica riesce ad applicare il codice universale dei di-ritti umani considerato dai piú granitico e inalterabile. essi fanno fatica per varie ragioni, nessuna di per sé pienamente giustificante, ma tutte in-sieme sufficientemente numerose da aprire in noi almeno uno squarcio di incertezza e smarrimento, il dubbio del fallimento di un progetto di giustizia che poco piú di sessant’anni fa appariva vincente quanto inevi-tabile. Sono Paesi, quelli nati dall’implosione degli imperi coloniali, che – da una parte – hanno problemi ben piú grandi e urgenti della garanzia dei diritti umani, e – dall’altra – utilizzano codici, alfabeti, sensi e signi-ficati totalmente distinti dai nostri, per leggere la realtà quotidiana, per affrontarne le sfide e, conseguentemente, rispondere ai quesiti che pone. Paradossalmente, proprio all’apice dei processi di globalizzazione, ab-biamo «scoperto» che il mondo è vario, che non tutta la gente pensa con la stessa testa, che esitono altre religioni, altri princípi, altre emergenze e «altre giustizie». Rifiutarci di guardare in faccia la diversità conclamata del mondo, sarebbe di per sé una violazione di tutti i diritti.

la questione si complica ulteriormente se prendiamo in considerazio-ne lo stato di salute dei diritti umani negli stessi Paesi, cosiddetti, occi-dentali. quelli, per intenderci, che li hanno, dapprima proposti, poi fir-mati, e infine diffusi in ogni parte del mondo.

1 Clint eastwood, A perfect world, 1993.

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I ricchi, i poveri e i fili spinati del dirittoVerrebbe quasi da dire che a parole siamo tutti bravi, ma nei fatti mo-

striamo tutti i limiti della nostra retorica. Sí, perché in europa, cosí come in america, la battaglia per il rispetto dei «sacrosanti» diritti delle donne e degli uomini, è quotidiana, fatta di successi provvisori e sconfitte cocen-ti. Come in uno spietato gioco degli specchi, giorno per giorno, appare sempre piú chiaro che, se per i ricchi non ci sono problemi, per i poveri è la povertà stessa a violare tutti i diritti, senza distinzione.

diventa cosí effimera, solo per fare un esempio, la proclamazione del diritto di ogni essere umano «di lasciare qualsiasi Paese, incluso il pro-prio, e di ritornare nel proprio Paese» quando vuole, se ogni singolo Sta-to si sente a sua volta in diritto di emanare leggi che discriminano tra chi può e chi non può entrare nel proprio territorio, limitando necessa-riamente la libertà di movimento, (giacché si lascia il proprio Paese per andare, ovviamente, in un altro) e decretando spesso il rimpatrio forzato o l’espulsione immediata degli indesiderati. Visto da lontano, dunque, il nostro pianeta appare il triste teatro dei ricchi che circondano i pove-ri con i nuovi fili spinati del diritto: permessi di soggiorno, competenza linguistica, sussistenza economica, contratto di lavoro, carta di credito, conto in banca e quanti piú steccati si possano immaginare per mantener-li lontani con la loro fame. in barba a tutte le dichiarazioni di principio. Per non parlare del diritto al lavoro: un’autentica chimera nel mondo dei contratti a tempo determinato, delle nuove limitazioni al diritto di scio-pero, delle riforme in senso riduttivo dello Stato sociale.

Tutto ciò che abbiamo scritto fin’ora è scontato, la descrizione di un mondo normale che agisce in modo normale: la realtà è l’unica misu-ra delle cose, e con essa, giustamente, si misura anche la «consistenza» dei diritti umani. ma non possiamo arrenderci all’evidenza, non possia-mo accettare passivamente che i diritti delle donne e degli uomini siano secondari rispetto alle esigenze del mercato, delle imprese, delle borse, della finanza. Tutti mostrano di avere esigenze piú importanti dei diritti umani, e in nome delle prime si giustificano quasi tutte le violazioni dei secondi. quanti diritti vengono violati ogni giorno in nome dell’energia, della produttività e della libera circolazione dei capitali? «ammazza più il petrolio che il cannone» non è un modo di dire; distruggiamo il pianeta per salvaguardare il mercato in nome della garanzia dei posti di lavoro, usando in questo modo il tema del diritto al lavoro come uno strumento per giustificare la violazione di mille altri diritti. in nome del manteni-mento del posto di lavoro si limitano i diritti di sciopero, di assistenza, di previdenza e di sicurezza, si ridimensionano le conquiste dei lavoratori, si minimizzano gli effetti dell’inquinamento sull’ambiente.

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i lettori europei, scoprendo queste righe, forse si sentiranno offesi: «Come? noi, i difensori dei diritti umani, i cittadini privilegiati delle ric-che e solidali democrazie dell’Unione, i protagonisti assoluti delle ope-razioni di pace nel mondo, noi, gli abitanti delle patrie del volontariato, dell’associazionismo, dell’impegno politico e sociale, noi non avremmo un livello di giustizia tale da giustificare il nostro orgoglio?!» noi stes-si, mentre scriviamo queste pagine ingenerose, ci sentiamo feriti. eppu-re, qui non si tratta di «generosità», ma di realismo. Pensavamo di aver sconfitto la povertà, e l’avevamo semplicemente messa fuori dalla porta. ovvero, eravamo diventati tutti un po’ piú ricchi, sospingendo la pover-tà lontano dai nostri confini, chiudendo gli occhi davanti al fatto che, a fronte della nostra «nuova» ricchezza, si aggravava la «vecchia» povertà degli altri. Poi gli altri, approfittando delle nuove rotte del mondo della globalizzazione, sono venuti a bussare alle nostre porte e con sé hanno portato tante cose, anche la loro povertà, un autentico promemoria per ricordarci che la violazione dei diritti stava proprio lí davanti ai nostri occhi, intatta.

ecco, come vedete i diritti umani sono costantemente oggetto della ri-flessione. Riflettere a tutti i costi è ciò che ognuno dovrebbe fare. Sempre. lo facciamo noi quando veniamo chiamati a scrivere un’introduzione a un libro che di questo parla, dei diritti inalienabili delle donne e degli uomini, e lo facciamo, essenzialmente, perché lo sentiamo come una ne-cessità impellente, perché le notizie di ogni giorno ci spingono a rompe-re con tutte le nostre certezze per ricostruire costantemente i legami tra noi, la nostra cultura e il nostro contesto quotidiano. la pace portata nel mondo e per il mondo con le bombe e le mitragliatrici, la giustizia fatta valere a suon di botte, il lavoro tolto, offerto e nuovamente tolto, secon-do gli indici di una borsa di valori che non sono certamente quelli che animarono i firmatari della dichiarazione del 1948, ci obbligano – moral-mente e professionalmente – a rivedere continuamente il nostro rapporto con i diritti umani.

dunque, siamo in molti oggi a riflettere sui diritti umani, lo fanno tutte quelle donne e tutti quegli uomini che, in giro per il mondo, quotidiana-mente, mettono in dubbio quello che viene loro venduto come oro cola-to, come il vangelo di una nuova religione rivelata, una religione laica che fa calare dall’alto il senso e il significato dei diritti umani. ecco, in queste condizioni di vero e proprio fondamentalismo conservatore, mai dispo-sto alla discussione, sempre chiuso di fronte ad ogni accenno di critica, quanto mai timoroso in presenza di ciò che non comprende perché non conosce, in queste condizioni di «non-dialogo» – perché sulle cose sacro-sante (sacre e sante) non c’è niente da dialogare –, il dubbio che qualcosa non funzioni come dovrebbe, si fa sempre piú presente. infatti, quando i

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diritti umani diventano un punto di incomprensione tra le persone e tra i popoli, una vera e propria ragione di conflitto, a volte insanabile, sorgono spontanei i dubbi sulla loro funzione universale.

Il valore della diversitàlo abbiamo già scritto: qui non è in discussione il valore della di-

chiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma la preclusione al dialogo, quella peculiare tendenza del mondo occidentale a non voler condividere le decisioni con gli altri.

il XX secolo ci ha lasciato un’eredità pesante non solo perché il ri-spetto e la difesa dei diritti delle donne e degli uomini rappresentano un compito difficile e permanente, ma anche – se non soprattutto – perché i tempi sono finalmente maturi per riscrivere tutti insieme quella car-ta fondamentale, ascoltando tutte le voci e permettendo a tutti la libera espressione e la condivisione. alle soglie del terzo millennio dovremmo tutti dare una grande dimostrazione di civiltà, tutti, nessuno escluso. Per questo, l’eredità è pesante. Perché si tratta di ascoltare gli altri senza pre-giudizi e la nostra, ancora una volta paradossalmente, non è la civiltà dell’ascolto. Si tratta di riconoscere la «diversità» come un valore e la nostra è una civiltà che ha una paura terribile di tutto ciò che è diverso. Si tratta di riconoscere nell’«altro» la nostra stessa autorità morale e di essere capaci di sederci, insieme agli altri che non pensano come noi, per dare vita a un discorso condiviso. questo esercizio ha un nome, si chiama «pace», e ultimamente la nostra civiltà ha dimostrato che con gli altri, i diversi, è capace di fare una cosa soltando: la guerra.

ecco, vivere e lavorare oggi in un luogo privilegiato come un’università dove si studia la filosofía e dove il pluralismo occupa un posto essenziale tra tutte le nostre preoccupazioni, girare per i corridoi dove studenti, do-centi e ricercatori danno continuamente un senso alle parole, dialogano, discutono e non sempre raggiungono un accordo, stare in un luogo dove ognuno sa – indistintamente – che tutti i sensi e tutti i significati, costruiti nel rispetto dell’altro, agli occhi dell’altro hanno un valore inalienabile; vivere pienamente e liberamente il diritto a pensare con la propria testa, a sentire con il proprio cuore e a camminare con i propri piedi, ci porta come studiosi dei diritti umani, della memoria e della pace, non a una povera trasmissione di un codice, per quanto lodevole, ma a un’autenti-ca riflessione sulle donne, sugli uomini e sui loro diritti. diritti solidi, ma non rigidi. Forti, ma non violenti. inamovibili, ma non immobili. nostri, ma anche – se non soprattutto – degli altri.

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Nei panni degli altrileggendo questo libro prezioso e non scontato, l’invito allora è ad

aprirsi con la stessa disponibilità intellettuale e d’animo. l’invito a met-tersi nei panni degli altri. mettersi gli occhi degli altri e guardate il mon-do, permetterà di vederlo diverso da come lo si è sempre visto. mettersi il naso degli altri, permetterà di sentire odori insopportabili che prima sembravano profumi. mettersi le mani degli altri permetterà di toccare ciò che prima si considerava intoccabile.

insomma, fare la pace e non limitarsi a parlarne. i diritti verranno da sé.

Paolo PagliaiPreside della Facoltà di Lettere e Filosofía

«Università del Claustro de Sor Juana», Città del Messico

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Una ViSTa da noRd

IL DISPREZZO PER IL DEBOLEdi Giuliano Pontara

nell’«età dei diritti», i diritti umani esistono in quanto sono posti da un corpo di leggi internazionali sancite attraverso Trattati e Patti ratificati dalla maggioranza dei Paesi. Con tutti quelli oggi esistenti c’è il rischio di una «inflazione di diritti», che (oltre a mettere in secondo piano i doveri) facilita l’uso retorico del loro linguaggio a copertura di politiche che, in realtà, ne comportano massicce violazioni. Forse, continuando a parlare di diritti, si fa il gioco di chi, usandone la retorica, li viola. Forse sareb-be meglio insistere su esigenze di benessere generale, equità, solidarietà, come ai tempi in cui le socialdemocrazie scandinave realizzavano il mo-dello più avanzato di Stato del welfare: un modello di Stato, oggi estinto o sempre più limitato (anche negli stessi Paesi scandinavi), in cui i diritti fondamentali – civili, politici, economici – sono stati più largamente re-alizzati.

già anni or sono, noam Chomsky metteva in luce il nesso tra retorica dei diritti e violazioni di essi: in modo particolare rilevava che quanto più gli Usa, specie nella loro politica internazionale, invocavano la tutela dei diritti, tanto più in realtà li violavano. Come appare dai contributi inclusi in questo saggio, l’osservazione di Chomsky non ha perso di attualità, ed è valevole anche in relazione a tanti altri Stati che hanno ratificato Patti e Convenzioni sui diritti umani.

le violazioni più massicce, e le minacce di ulteriori massicce violazio-ni, di diritti, sono costituite dalla guerra e dalla globalizzazione in chiave neoliberista, praticata anche dalla Cina che si autodefinisce Paese comu-nista.

le «nuove» guerre (cosiddette «contro il terrorismo») sono la forma estrema di terrorismo armato: come quelle del secolo scorso, comportano la sistematica e massiccia violazione, diretta o collaterale (per le vittime non fa alcuna differenza), di diritti basilari (alla vita, alla salute fisica e mentale, a un ambiente vivibile) di milioni e milioni di innocenti – a co-minciare dai bambini – presenti e futuri (i diritti delle generazioni future non figurano bene tra le varie «generazioni» di diritti). la guerra è tortu-ra continua (fisica e psichica) elevata a sistema e praticata su base indu-striale. le torture perpetrate nelle carceri di guantanamo, abu ghraib, e in tante altre prigioni del pianeta, incluse quelle italiane, non sono l’opera di un certo numero di «mele marce»: sono parte integrante di un «siste-

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ma» strutturalmente violento e di un modo di vedere il mondo come te-atro di una spietata lotta per il dominio assoluto, dove l’unico «diritto» è quello del «vincitore», due componenti essenziali della Weltanschauung nazista.

la globalizzazione dell’economia in chiave neoliberista, acceleratasi dopo la fine della guerra fredda, è coincisa con un rapido e sempre più invadente processo di privatizzazioni, in nome di un diritto sempre più illimitato di proprietà e nell’ambito di un mercato deregulated che nutre e opera attraverso strutture che a loro volta creano nuove forme di schiavi-tù, sfruttamento (anche quello dei bambini), fame, miseria, morti precoci e disuguaglianze tra quelli che hanno sempre di più e quelli che hanno sempre di meno. il disprezzo per il debole – anche questa una compo-nente essenziale dell’ideologia nazista – è connaturato all’ideologia e pra-tica del «libero mercato», come al nuovo razzismo nei confronti dei «mi-granti». i deboli del mondo, i «malformati», «gli etnicamente impuri», coloro che vivono nella miseria più nera, coloro che non hanno potere contrattuale e potere di acquisto (ivi comprese le generazioni future) non contano, non hanno valore, possono essere trattati alla stregua di cose.

guerre terroristiche e globalizzazione in chiave capitalista (con le sue ricorrenti e sempre più gravi e durature crisi che colpiscono immanca-bilmente i più deboli) minacciano un’età dei «rovesci». la grande sfida è fare fronte a queste minacce.

Giuliano PontaraUniversità di Stoccolma