Nella Filosofia Un Sapere Che Nasce Dalla Nostra Finitezza

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Nella filosofia un sapere che nasce dalla nostra finitezza Nell’autunno del 1964, il filosofo francese Jean-François Lyotard, allora quarantenne, tenne quattro conferenze agli studenti di Propedeutica filosofica della Sorbona, ora pubblicate con il titolo Perché la filosofia è necessaria (Raffaello Cortina, pp. 77, euro 9, 50, con una presentazione di Corinne Enaudeau). Un filosofo dovrà sempre chiedersi se al significante «filosofia» corrisponda un sapere reale e, nel caso, di quale genere di sapere si tratti; non potrà infatti esporsi al rischio di essere sma- scherato come un ciarlatano che farnetica di esseri chimerici. Per questo il vecchio Husserl diceva che il filosofo è sempre un «principiante assoluto». Deve incessantemente ricominciare da capo in un esercizio di cui non si sottolineerà mai abbastanza lo spaesamento e la fatica. È andata sempre così nella storia della filosofia, fin dal libro primo della Metafisica di Aristotele, nel quale il diritto della filosofia a esistere era conquistato sul campo sfidando scettici e nichilisti. Tuttavia, l’esistenza che veniva così guadagnata, passando attraverso le forche caudine della sempre possibile confutazione, non era marginale, da dio minore: la filosofia, infatti, se è possibile, sarà la sovrana delle scienze; sarà, secondo Aristotele, «filosofia prima». Così vanno ancora le cose per Lyotard, giovane filosofo militante in «Socialisme ou barbarie» (movi- mento marxista rivoluzionario fondato da Cornelius Castoriadis), docente alla Sorbona e autore di libri che avrebbero segnato l’epoca: da Discorso, figura del 1971 al celeberrimo La condizione post- moderna del 1979. Se c’è qualcosa di eterno nella filosofia questo sembra essere proprio il brivido d’angoscia che fa fremere il filosofo ogniqualvolta deve presentare il proprio sapere al mondo come sapere sovrano e irrinunciabile. È la filosofia un vero sapere? Lyotard fa sentire il peso paralizzante di questa domanda analizzando, nella prima lezione, il dialogo amoroso tra il bell’Alcibiade e il più maturo Socrate nel Simposio di Platone. Il primo baratterebbe volentieri la propria avvenenza con la sapienza del maestro, ma è proprio Socrate a metterlo sull’avviso quanto alla redditività di quel commercio. È possibile che in cambio dei suoi favori ses- suali Alcibiade non ottenga niente, perché dall’altra parte potrebbe non esserci vera sapienza. L’«oro» intravisto dall’innamorato potrebbe essere solo un miraggio. Nella vicenda erotica racco- ntata con sublime ironia da Platone, Lyotard scorge una drammatizzazione della definizione di filos- ofia che era stata data da uno dei suoi maestri, Maurice Merleu-Ponty. Questi aveva affermato che «La filosofia è l’insieme delle questioni in cui colui che si interroga è lo stesso che viene messo in causa dalla questione». Prima di Merleau-Ponty, Martin Heidegger, nella prolusione Che cos’è meta- fisica, del 1929, aveva individuato la specificità del domandare filosofico nell’effetto di contraccolpo che subisce colui che pone la domanda. Ma se da sempre ogni propedeutica filosofica è segnata dalla scoperta perturbante della strana contingenza della disciplina che si vuole introdurre («strana» per- ché è la contingenza di ciò che è poi detto essere assolutamente necessario), differente è il modo in cui attraverso i secoli si è dimostrata al pubblico degli apprendisti filosofi la necessità della filosofia. Le quattro lezioni di Lyotard sono, da questo punto di vista, esemplari: Lyotard introduce la neces- sità della filosofia appellandosi al quadruplice segno del desiderio, della scissione, del senso e dell’azione trasformatrice della realtà. Per il desiderio si richiama ovviamente a Platone e alla radice desiderante presente nel lemma stesso filo–sofia, ma il desiderio in questione è quello che ha imparato a conoscere frequentando proprio in quegli anni i seminari di Jacques Lacan e, più in gene- rale, la psicoanalisi. È il desiderio come mancanza, come presenza di un’assenza, come distanza incolmabile da un oggetto che fa segno di sé proprio sottraendosi alla presa del concetto, interd- icendo il godimento immediato, precludendo la presa di possesso, che significherebbero, in questa versione psicoanalitica del desiderio, l’annullamento del soggetto, il venir meno della differenza che è sola fonte di significato. La filosofia sorge quando il mondo va in frantumi, quando gli dei tacciono e la trama del senso si sfila in un punto di crisi. La parola desiderio, spiega magistralmente Lyotard, «deriva dal latino de-siderare, il cui primo significato è constatare e lamentare il fatto che le costell-

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  • Nella filosofia un sapere che nasce dallanostra finitezzaNellautunno del 1964, il filosofo francese Jean-Franois Lyotard, allora quarantenne, tenne quattroconferenze agli studenti di Propedeutica filosofica della Sorbona, ora pubblicate con il titolo Perchla filosofia necessaria (Raffaello Cortina, pp. 77, euro 9, 50, con una presentazione di CorinneEnaudeau). Un filosofo dovr sempre chiedersi se al significante filosofia corrisponda un saperereale e, nel caso, di quale genere di sapere si tratti; non potr infatti esporsi al rischio di essere sma-scherato come un ciarlatano che farnetica di esseri chimerici. Per questo il vecchio Husserl dicevache il filosofo sempre un principiante assoluto. Deve incessantemente ricominciare da capo in unesercizio di cui non si sottolineer mai abbastanza lo spaesamento e la fatica. andata sempre cosnella storia della filosofia, fin dal libro primo della Metafisica di Aristotele, nel quale il diritto dellafilosofia a esistere era conquistato sul campo sfidando scettici e nichilisti. Tuttavia, lesistenza cheveniva cos guadagnata, passando attraverso le forche caudine della sempre possibile confutazione,non era marginale, da dio minore: la filosofia, infatti, se possibile, sar la sovrana delle scienze;sar, secondo Aristotele, filosofia prima.Cos vanno ancora le cose per Lyotard, giovane filosofo militante in Socialisme ou barbarie (movi-mento marxista rivoluzionario fondato da Cornelius Castoriadis), docente alla Sorbona e autore dilibri che avrebbero segnato lepoca: da Discorso, figura del 1971 al celeberrimo La condizione post-moderna del 1979. Se c qualcosa di eterno nella filosofia questo sembra essere proprio il brividodangoscia che fa fremere il filosofo ogniqualvolta deve presentare il proprio sapere al mondo comesapere sovrano e irrinunciabile. la filosofia un vero sapere?Lyotard fa sentire il peso paralizzante di questa domanda analizzando, nella prima lezione, il dialogoamoroso tra il bellAlcibiade e il pi maturo Socrate nel Simposio di Platone. Il primo baratterebbevolentieri la propria avvenenza con la sapienza del maestro, ma proprio Socrate a metterlosullavviso quanto alla redditivit di quel commercio. possibile che in cambio dei suoi favori ses-suali Alcibiade non ottenga niente, perch dallaltra parte potrebbe non esserci vera sapienza.Loro intravisto dallinnamorato potrebbe essere solo un miraggio. Nella vicenda erotica racco-ntata con sublime ironia da Platone, Lyotard scorge una drammatizzazione della definizione di filos-ofia che era stata data da uno dei suoi maestri, Maurice Merleu-Ponty. Questi aveva affermato cheLa filosofia linsieme delle questioni in cui colui che si interroga lo stesso che viene messo incausa dalla questione. Prima di Merleau-Ponty, Martin Heidegger, nella prolusione Che cos meta-fisica, del 1929, aveva individuato la specificit del domandare filosofico nelleffetto di contraccolpoche subisce colui che pone la domanda. Ma se da sempre ogni propedeutica filosofica segnata dallascoperta perturbante della strana contingenza della disciplina che si vuole introdurre (strana per-ch la contingenza di ci che poi detto essere assolutamente necessario), differente il modo incui attraverso i secoli si dimostrata al pubblico degli apprendisti filosofi la necessit della filosofia.Le quattro lezioni di Lyotard sono, da questo punto di vista, esemplari: Lyotard introduce la neces-sit della filosofia appellandosi al quadruplice segno del desiderio, della scissione, del sensoe dellazione trasformatrice della realt. Per il desiderio si richiama ovviamente a Platone e allaradice desiderante presente nel lemma stesso filosofia, ma il desiderio in questione quello che haimparato a conoscere frequentando proprio in quegli anni i seminari di Jacques Lacan e, pi in gene-rale, la psicoanalisi. il desiderio come mancanza, come presenza di unassenza, come distanzaincolmabile da un oggetto che fa segno di s proprio sottraendosi alla presa del concetto, interd-icendo il godimento immediato, precludendo la presa di possesso, che significherebbero, in questaversione psicoanalitica del desiderio, lannullamento del soggetto, il venir meno della differenza che sola fonte di significato. La filosofia sorge quando il mondo va in frantumi, quando gli dei taccionoe la trama del senso si sfila in un punto di crisi. La parola desiderio, spiega magistralmente Lyotard,deriva dal latino de-siderare, il cui primo significato constatare e lamentare il fatto che le costell-

  • azioni, i sidera, non danno segnali, che gli dei non indicano niente negli astri. Il desiderio il fall-imento dellaugure.

    Rispetto a questa crisi de-siderante del senso, la parola filosofica si costituisce come risposta. La filo-sofia non prende atto semplicemente dellesserci di un reale indifferente al senso, un reale autom-atico e impersonale, come fa la scienza, n investe questa realt di un senso a priori, rivelato, comefa la fede religiosa. Piuttosto elabora un senso umano del mondo, riattiva il patto originario che inquanto corpi sensibili e senzienti ci lega gi da sempre a esso facendoci, a un tempo, una partemateriale del mondo e linterlocutore privilegiato al quale esso, con i suoi segni, si rivolge in attesadi una risposta (Lyotard chiama infanzia questa condizione privilegiata delluomo comeessere-nel-mondo). Infine se c un senso in divenire del mondo che la parola filosofica chiamataa fare affiorare al significato, che chiamata a dire senza mai poterlo esaurire in un detto, questosignifica che c qualcosa di strutturale che impedisce il suo evento. La filosofia ha cio unadimensione storica e la macchia cieca della storia quel torto assoluto che si chiama sfrutt-amento. Tra il desiderio, in quanto senso tacito, e il desiderio del desiderio, in quanto senso espli-cito, tra la mancanza/desiderio, che la causa del bisogno di filosofia, insomma, e il suo riconos-cimento che il senso della parola filosofica, c, secondo il Lyotard marxista, lo scarto che sololazione rivoluzionaria pu colmare.

    La filosofia il momento in cui il desiderio che nella realt viene a se stesso, e la mancanza di cuisoffriamo, come individui e come collettivit, si nomina e nominandosi si trasforma. Lundicesimatesi di Marx su Feuerbach I filosofi hanno solo interpretato il mondo in molti modi, si tratta ora dicambiarlo trova cos la sua giustificazione essenziale: non chiama a un superamento della filosofianellazione rivoluzionaria ma a un suo compimento. Per il marxista Lyotard, per il fenomenologo Lyo-tard, per il lacaniano Lyotard, la necessit della filosofia scaturisce insomma dal desiderio/mancanza,cio dalla finitezza. Non diversamente da tanti altri pensatori novecenteschi, in primis Heidegger, lafilosofia non pu essere una disciplina tra le altre, non un sapere supplementare, ma qualcosache si inscrive nelle fibre del nostro essere: una necessit per un ente che radicalmente finito, chenon tutto. Per questo le quattro lezioni di propedeutica filosofica di Lyotard sono esemplari. Rac-contano bene unepoca, la nostra, che ha fatto del desiderio e della mancanza, e in ultima analisidelluomo, lorizzonte di ogni comprensione del senso dellessere. Spetter ancora alla filosofia stab-ilire se una verit umana, troppo umana lultima parola della filosofia o se la filosofia, per dimo-strare la sua necessit, non dovr ancora una volta ricominciare da capo, andando al di ldelluomo, della finitezza, del desiderio e della mancanza.

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