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Nebulæ QUADRIMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE Nebulæ Quadrimestrale di cultura valdinievolina Organo dell’Associazione “Amici di Pescia” Direttore editoriale, Carla Papini Responsabile, Enrico Nistri anno XVII, n. 54 Settembre 2013 La rivista viene inviata gratuitamente ai soci Quota annuale Socio ordinario Euro 25,00 Socio sostenitore Euro 60,00 con dono Versamento sul c.c.p. n. 11155512 intestato all’Associazione “Amici di Pescia” Direzione, redazione e amministrazione Via Santa Maria, 1 - 51017 Pescia Casella Postale n. 75 E-mail: [email protected] Tel. 0572 476323 Autorizzazione del Tribunale di Pistoia n. 472/1995 Stampa “Tipolito Vannini” snc Buggiano (PT) SOMMARIO Pag. » » » » » » » » » » Il nostro saluto a Gigi Salvagnini, ideatore di questa rivista Editoriale di Carla Papini La vita di società alla fine del Settecento. I salotti, il Caffé, il Teatro, di Vincenza Papini 7 Settembre 1944, di Maria Lina Dolfi Rolando Anzilotti. Il ricordo degli “Amici di Pescia”, di Lucia Corradini 21 Settembre 2013, Pescia La politica a Pescia oggi e un secolo fa, di Lorenzo Puccinelli Sannini Pescia: due poli, una città, di Gaia Lavoratti Gente di città, di Giovanni Nocentini Ivana Cella: il successo tra fede e superstizione, di Nori Andreini Galli Concorso-Progetto fotografico. Obiettivo Storia. Fotografa i monumenti della tua città 2 3 4 7 8 11 12 14 16 18 22 n. 54 Settembre 2013 Ciao Gigi, ci mancherai

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NebulæQUADRIMESTRALE DI CULTURA IN VALDINIEVOLE

NebulæQuadrimestrale di cultura valdinievolina

Organo dell’Associazione“Amici di Pescia”

Direttore editoriale, Carla PapiniResponsabile, Enrico Nistri

anno XVII, n. 54Settembre 2013

La rivista viene inviata gratuitamente ai sociQuota annuale

Socio ordinario Euro 25,00Socio sostenitore Euro 60,00 con dono

Versamento sul c.c.p. n. 11155512intestato all’Associazione “Amici di Pescia”

Direzione, redazione e amministrazioneVia Santa Maria, 1 - 51017 Pescia

Casella Postale n. 75E-mail: [email protected]

Tel. 0572 476323Autorizzazione del Tribunale

di Pistoia n. 472/1995Stampa “Tipolito Vannini” snc

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Il nostro saluto a Gigi Salvagnini,ideatore di questa rivistaEditoriale di Carla PapiniLa vita di società alla fine delSettecento. I salotti, il Caffé, il Teatro, di Vincenza Papini7 Settembre 1944, di Maria Lina DolfiRolando Anzilotti. Il ricordodegli “Amici di Pescia”, di Lucia Corradini21 Settembre 2013, PesciaLa politica a Pescia oggi e un secolo fa, di Lorenzo Puccinelli SanniniPescia: due poli, una città, di Gaia LavorattiGente di città, di Giovanni NocentiniIvana Cella: il successo tra fedee superstizione, di Nori Andreini GalliConcorso-Progetto fotografico.Obiettivo Storia. Fotografa i monumenti della tua città

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n. 54 Settembre 2013

Ciao Gigi,ci mancherai

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Il Professor Gigi Salvagnini ci halasciato uno straordinario patrimo-nio di idee, iniziative e progetti rea-lizzati; ma soprattutto un sincero egrande amore per la città di Pescia,di cui è degnamente CittadinoOnorario dall’aprile 1993.

Socio Fondatore, oltre che Presi-dente Onorario, dell’AssociazioneAmici di Pescia, è stato il punto diriferimento per ogni attività svoltanei 24 anni di vita dell’Associa-zione stessa. Non potrà più inter-venire, guidare, indirizzare l’attivitàdell’Associazione e la vita di Nebu-lae, il quadrimestrale di culturadella Valdinievole che da lui è statoideato, voluto e diretto con mae-stria e competenza. Dovremo noistare sui binari che lui ha segnato,continuando la sua opera, forse in-degnamente, ma con buoni intentie buona volontà. Lascia un’ereditàimpegnativa da proseguire e farcrescere; e pensando alla sua vita-lità e alla sua grinta, ce la mette-

remo tutta; non per tentare di imi-tarlo, piuttosto per rendersi degnidi quanto ci ha affidato.

Vi lascio qui un ricordo sempliceche ho di lui: l’e-mail inviatami al-l’indomani della mia disponibilitàa collaborare con gli Amici di Pe-scia:

“[…] dell’Associazione fuil'animatore e fondatore. Pur-troppo la salute non mi con-sente (almeno per ora) divenire a Pescia, tre volte allasettimana, come nel passato:anzi, sono già quattro mesiche non vi ho più potuto met-

tere piede. È importante cheuna persona come Lei entrinel Direttivo, per consigliarloe sollecitarlo, rincuorando ipessimisti e spronando gliabulici. Le sarei enorme-mente grato se accettasseanche di Presiederlo. […]”

La pubblicazione di Nebulae, dun-que, continuerà. Questo numero, il54, del settembre 2013, sarà direttodal Presidente dell’Associazione, incarica dal 10 novembre 2012. E dagennaio 2014, come deliberato nelConsiglio Direttivo del 17 giugno,tenutosi presso la nostra sede, avràun nuovo Direttore.

Il numero di gennaio 2014 inten-diamo dedicarlo ad articoli di testi-monianza e di ricordo del nostroGigi; pertanto, quanti lo abbianoconosciuto e stimato, oltre cheavuto come amico, sono invitati ainviarci un loro contributo, unaloro testimonianza.

IL NOSTRO SALUTO A GIGI SALVAGNINIIDEATORE DI QUESTA RIVISTA

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Assumere la presidenza dell’asso-ciazione Amici di Pescia è stato perme sicuramente un vero onere, vis-suto però anche come un grandeonore, dato il prestigio che l’asso-ciazione ha ormai acquisito, e me-ritatamente, in ventiquattro anni divita. Nel lontano gennaio del 1989i soci fondatori la costituirono conl’impegno di operare per dare aPescia un’organizzazione culturaledesiderosa di fare e di difendere lanostra città. Da allora giornate eco-logiche si sono alternate a progettidi ripristino, conferenze e comme-morazioni a incontri con le opered’arte, visite sul territorio e fuori apubblicazioni prestigiose e mostre.

Ho accolto questo incarico nel ven-tiquattresimo della vita sociale e,come mia prima operazione, holetto, riguardato ed elencatoquanto nel passato è stato fatto, conlo scopo di ricordare - ma direicreare - il sito web dell’associa-zione. Il socio Vittoriano Raffaelli,attuale Presidente del Lions Club diPescia, con la sua 01 Informatica hacreato il sito e immesso quanto gliho fornito per permettere, a soci enon, di conoscerci, capirci e colla-borare con noi. Era questo il primoobiettivo della programmazioneper il biennio 2012-2013, propostaal Direttivo nella seduta di gennaio,la prima del mio mandato. E, nelmese di marzo, il sito era nato.

Secondo obiettivo: rispondere allerichieste emerse nell’assemblea deisoci del novembre 2012. In tale oc-casione la Professoressa Lucia Cor-radini ha ricordato, alla presenza

della moglie Gloria, il Professor Ro-lando Anzilotti, Sindaco di Pesciadal 1950 al 1956, nel trentesimodella sua morte.È emerso quanto egli si sia adope-rato per la nostra città, che uscivamalconcia dalla seconda guerramondiale, costruendo case, scuole,lo stadio e il prestigioso Mercatodei Fiori. Senza dimenticare la no-stra grande ricchezza: Pinocchio.Dette vita al Parco di Collodi e allaFondazione Nazionale Carlo Col-lodi, per valorizzare il territorioanche attraverso l’amato burattino.Dall’assemblea emerse il desideriodi dedicare una strada o una piazzadella città al Professor Anzilotti,Sindaco di Pescia e poi Deputatodella Repubblica. Gli Amici di Pe-scia se ne sono dunque fatti promo-tori presso il Comune e hannoottenuto di intitolare ad Anzilotti lapiazza posta lungo il fiume, tra viaGiovanni XXIII e via degli Orti,con l’annessa zona a verde.

Altro obiettivo: realizzare quanto ri-masto di non completato dalle precedenti amministrazioni.Quindi l’edicola in laterizi delle Ca-

sacce, per la quale non erano an-cora state ottenute tutte le approva-zioni ufficiali della Sovrintendenza,al fine di realizzarne il restauro. Tro-vato un restauratore idoneo, fatto ilprogetto e il preventivo e presentataalla Sovrintendenza la documenta-zione. In giugno è arrivata l’autoriz-zazione e si è proceduto.

Nella primavera del 2013 si era pa-trocinata inoltre la presentazionedel nuovo libro del socio Carlo Vi-valdi Forti. Ad aprile un convegnoal Museo della Carta su La Storiadella carta in terra di Pescia. Passato,presente e futuro. A maggio, a com-pletamento del progetto organiz-zato dalla Commissione Femminilesu I teatri a Pescia, l’ArchitettoClaudia Massi ci ha guidato nelgiardino di Villa Garzoni e nelParco di Pinocchio, per visitare iTeatri di Verzura che ci aveva de-scritto in conferenza al Palagio. Lagita sociale a Vicenza, alle Ville Pal-ladiane, oltre che al Teatro Olim-pico, si è svolta a fine maggio ed èstata guidata, con competenza, daFrancesco Lucchesi. Naturalmenteper ultime, anche se comunque im-portanti per il confronto, la cono-scenza e la simpatica convivialità, laserata degli auguri di Natale e il ve-glione della Pentolaccia, organiz-zato in collaborazione con il LionsClub di Pescia e il Pass PresidentIng. Alessandro Taddei.

E ora avanti, il prossimo sarà il ven-ticinquesimo anno di attività so-ciale: un quarto di secolo, chedovremo festeggiare in mille modi!

EDITORIALEdi Carla Papini

Giardino di Villa Garzoni4 Maggio 2013

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Per la cronaca degli eventi pescia-tini di fine Settecento il diario diSara Simonde, raro manoscrittoconservato fra le carte Sismondi al-l'Archivio di Stato di Pescia, rap-presenta una fonte preziosa anchese di non facile lettura.Quando arrivò a Pescia Sara aveva19 anni; aveva iniziato a scrivere ilsuo diario tre anni prima e man-tenne questa abitudine fino aiprimi dell'Ottocento. E' grazie alsuo diario che è stato possibilepubblicare la cronistoria del lungoe faticoso viaggio, intrapreso nel-l'autunno 1795, che portò lei, lamadre e il fratello Jean Charles, fu-turo storico ed economista, a la-sciare la nativa Ginevra e adinsediarsi a Pescia1. Ed è ancora attraverso il diario diSara che possiamo fissare, come inuna istantanea, il panorama dei ritidella sociabilità pesciatina in quelloscorcio del XVIII secolo. In un pe-riodo che vedeva l'Europa scossadai sussulti rivoluzionari e percorsadalle idee e dalle armate dellanuova repubblica Francese, Pesciasi presenta, al primo colpo d'oc-chio, come una città tranquilla, resaprospera dai commerci non solodei prodotti della agricoltura maanche dalle numerose filande e car-tiere istallate lungo il corso del suofiume. Sara, arrivandovi per laprima volta, registra il proprio ap-prezzamento per alcuni aspetti ar-chitettonici della città, inparticolare per la porta fiorentinacostruita in onore dell'ultimo gran-duca mediceo, per il massiccioponte sul fiume che unisce i duenuclei della città, e, alcuni giornidopo, per il grande ospedale voluto

da Pietro Leopoldo nei pressi dellaChiesa di S. Francesco.Ma Pescia, elevata al rango di cittànel 1699 e a sede vescovile nel1729, si caratterizzava allora ancheper la presenza di numerosi (bensette!) ampi monasteri femminili edi tre conventi maschili.Si sarebbe ragionevolmente potutosupporre che, per i tre ginevrini dilingua francese e di religione calvi-nista, farsi “accettare” non sarebbestato facile.Invece il diario di Sara documentache, arrivati a Pescia il 15 Dicem-bre, nel giro di poche settimanevengono ammessi alle conversa-zioni e ricevimenti serali nelle mi-gliori famiglie pesciatine iscritte nellibro d'oro della nobiltà locale: iCecchi, i Flori, i Raffaelli, i Santa-relli , solo per citarne alcuni, graziealla cortesia del loro primo “protet-tore”, il Cavalier Ludovico Cecchi2.Sono riunioni affollate in salonisontuosi (Sara descrive, meravi-gliata, gli specchi, la profusione dicandelieri, le tende damascate, i ca-minetti accesi) con conversazionicui partecipano parenti e amici,vecchi e e giovani in un labirintopressoché inestricabile di parenteletra cognati, zii, nuore, nipoti ecc.Notevole anche la presenza di pre-lati perché tutte le famiglie avevanoqualche zio o figlio cadetto avviatoalla carriera ecclesiastica.Il 29 Dicembre (erano arrivati daappena due settimane!) parteci-pano perfino a una affollata riu-nione serale al Palazzo di Giustizia,in casa del Vicario della Valdinie-vole, una autorità nel campo ammi-nistrativo/penale quasi paragonabi-le a quella dei prefetti attuali. In

queste riunioni si parla delle attua-lità cittadine, si accenna a comuniconoscenze (e sarà una sorpresapiacevole per i ginevrini scoprireche la signora Raffaelli, originariadi Livorno, aveva conosciuto incasa di sua madre un loro vicino dicasa a Chatelaine: Pierre Vieus-seux, padre di quel Giovan Pietroche avrebbe poi fondato a Firenzela Antologia). Ma spesso c'è chi in-trattiene gli ospiti suonando o can-tando, come la giovane nuora dicasa Flori, Minerva da Filicaia. ori-ginaria di Anghiari mentre la suo-cera Caterina Birigucci provenivada una famiglia senese. Una etero-genea provenienza territoriale dellesignore dei salotti che merita di es-sere sottolineata perché rivela, neii nobili pesciatini, strategie matri-moniali a largo raggio cui sem-brano del resto corrispondere varialtri matrimoni “alla rovescia”incui la sposa è pesciatina mentre èlo sposo che è venuto da lontano,come nel caso di una figlia del Cec-chi andata sposa a un nobile fioren-tino, o della giovane coppiaBurlamacchi che attira le simpatiedi Sara perché lui, appartenente aun ramo cadetto della nota famiglialucchese, ha sposato una giovanepesciatina senza sangue blu e, diceSara, “non hanno che il loro amoreper vivere”.

I salotti, dunque, come principaleluogo della sociabilità cittadina diélite.Ma c'erano anche altri luoghi di ag-gregazione di tipo un po' meno se-lettivo, sulla scia di quelliaffermatisi nell'Europa dei Lumi,come il Caffé che si trovava sulla

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LA VITA DI SOCIETÀ ALLA FINE DEL SETTECENTOI SALOTTI, IL CAFFÈ, IL TEATRO

di Vincenza Papini

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piazza principale e dove i Simondefacevano apparizioni pressochéquotidiane. Sara annota il suo ap-prezzamento per “l'ottima acquacedrata” che vi si può sorseggiarecomodamente seduti a un tavolo.Lì potevano incontrare il solitoCecchi o altri esponenti delle fami-glie iscritte nell'albo d'oro, maanche uomini di affari senza quartidi nobiltà, come un avvocato Fan-tozzi che li tiene informati di even-tuali occasioni di acquisto per unaabitazione, o esponenti della nuovaclasse imprenditoriale, come il “pa-pertrade” Magnani, la cui famigliasarebbe divenuta di lì a qualcheanno una delle più ricche della To-scana. Al Caffé poteva capitareanche qualche incontro con fore-stieri, come un marchese genoveseche “è stato a Ginevra” o “un vec-chio ufficiale al servizio di Mo-dena” che “parla in francese conmamma”; tutti e due sposati condonne pesciatine, e incontrati ilgiorno di Natale. Il vecchio uffi-ciale risulta poi essere ProsperoOmero Baldasseroni, iscritto allanobiltà pesciatina ma anche aquella modenese, nome noto dellastoriografia locale, autore di quellaStoria di Pescia e della Valdinievolepubblicata proprio a Pescia pochianni prima (1784).

Ma era senza dubbio il Teatro degliAffilati il luogo più scenografico erappresentativo della nuova vita disocietà: luogo di cultura democra-ticamente aperta anche ai ceti bor-ghesi ma dove i ruoli socialirestavano ancora nettamente di-stinti tra i palchi (quasi tutti di pro-prietà delle famiglie nobili) e laplatea riservata ai nuovi esponentidella imprenditoria commerciale edelle professioni.A Pescia la tradizione del teatroaveva radici antiche: nel 1667 l’Ac-cademia dei Cheti aveva organiz-

zato un primo teatro per le reciteaccademiche nel palazzo del Pode-stà , ma nel 1715 si era costituitaanche l'Accademia degli Affilatiche alcuni anni dopo(1728) avevainaugurato un nuovo teatro dallaparte opposta della città, con unostatuto destinato a rimanere immu-tato fino al 1888. Il nuovo teatro, oggi intitolato a Pa-cini , era diventato, complice lo sfi-lacciamento della Accademia deiCheti, un forte polo di attrazioneculturale tanto che nel 1785 ( pocoprima dell'arrivo dei Simonde dun-que) se ne era deciso l'amplia-mento. La stagione teatrale cheandava dall'autunno alla primaveraera assai intensa e vi si avvicenda-vano, con ingaggi a volte abba-stanza lunghi, compagnie notecome quella dei Marchionni; tantoche a Pescia, dato che la compa-gnia teatrale del padre era stata in-gaggiata fino alla fine dellaprimavera del 1796, poté avere inatali Carlotta Marchionni, figliad'arte destinata a grandi successinei decenni della restaurazione.

I Simonde dovevano amare moltoil teatro; prova lampante ne è chenon si erano fatti mancare neppurealcune occasioni teatrali nel corsodel lungo (e certamente faticoso!)viaggio verso la Toscana. Ad esem-pio Sara registra nel suo diario chela sera del 17 Ottobre avevanovisto a Milano L’impostore (con un“balletto campestre” che la ragazzacommenta dettagliatamente), aModena il 21 Ottobre era stata lavolta di una commedia divertenteLa Vedova e, tre giorni dopo, a Bo-logna Il pittore naturalista. QuiSara si era meravigliata di vederesul palcoscenico recitare solo uo-mini, anche in parti femminili, maBologna faceva parte dello Statodella Chiesa e lì la censura vietavaalle donne di calcare i palcoscenici.

A Firenze poi, dove i tre Simondesi erano trattenuti per più di unmese, gli spettacoli erano stati tre:due al teatro del Cocomero (poi in-titolato al Niccolini) con una com-media brillante La sepolta viva e ildramma sakespeariano Amleto;mentre per un altro spettacolo, Cle-mentina Desormes, erano andati algrande Teatro Nuovo.

Ovvio che anche a Pescia cercas-sero di approfittare delle occasioniche il fitto cartellone del Teatrodegli Affilati poteva offrire tra Na-tale e Carnevale.Tanto più che a Pescia, grazie allamediazione del Cecchi e alla dispo-nibilità di alcune famiglie pescia-tine, potranno assistere allerappresentazioni comodamente se-duti in un palco mentre durante ilviaggio avevano per lo più dovutoaccontentarsi della platea. Per limitarsi alle prime settimanedel loro soggiorno, il Diario di Sararegistra la loro presenza allo spet-tacolo in cartellone il giorno di ca-podanno, cui seguiranno quelli del6 gennaio( giorno delle “Beffane”scrive Sara che, da ginevrina, nonconosceva questa festività) e , aruota, quello di venerdì 8 gennaioe di domenica 10 Gennaio.Ma, per una prima “istantanea”partiamo dal giorno di di capo-danno, facendo parlare diretta-mente (sia pure in traduzione) ildiario di Sara3:

Alle 7 siamo andati in città. Ab-biamo fatto una breve visita acasa Cecchi per la chiave delpalco. La cameriera ha riferito cheal caffé egli aveva cercato il palcoma non ce ne erano, ma ce ne hadato uno buono, il suo, nel primoordine, che loro chiamano par-terre (...)Molti palchi erano illuminati concandele accese, molti erano an-

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cora vuoti. C’erano poche per-sone... Dal nostro posto noi pote-vamo parlare con quelli nellaplatea. Noi abbiamo parlato conSantarelli e con quel giovane pro-duttore di carta che abbiamo in-contrato a Pistoia E’ un belgiovane piacevole, fratello di quelD(ottore) che abbiamo visto l’al-tro giorno dai Flori, di nome Ma-gnani. Il teatro è ampio ed estremamentecarino con 5 ordini di palchi.L’opera era intitolata -” Gian-nina a Bernardone”, commediapoco interessante ma la musica èassai piacevole. Il primo perso-naggio che è apparso è l’eroinaGiannina impersonata dalla crea-tura più spiacevole al mondo , maha una bella voce anche se grezza.La seconda donna era quasi altret-tanto brutta, meglio gli uomini.L’orchestra era composta quasitutta da giovani, ma in più c’eraun vecchio clavicembalista (...).

Ecco dunque come viene fotogra-fato in questa“cartolina” di fineSettecento il nostro Teatro pescia-tino dove Sara gusta per la primavolta il piacere di sedere in unpalco del parterre, luogo di rappre-sentanza qualificata, quasi un se-condo palcoscenico.Sara, oltre alla immagine architet-tonica del locale, dà anche, daesperta di musica (suonava e com-poneva musica per pianoforte ) ungiudizio sul testo e sulle musichedella commedia e sull'aspetto fisicodegli attori in scena. Ma, conti-nuando a leggere, scopriamo ancheinteressanti flash sul modo di starea teatro: annotazioni che riguar-dano la qualità della vita di societàa Pescia e il rapporto tra le “classi”:

Io sono uscita più soddisfatta diquanto avessi immaginato, ma hocapito poco le parole perché senza

fare torto alla commedia dovevoseguire la conversazione perchéavevamo anche visite. Per primoFantozzi, che mi ha spiegatol’opera. Gli abbiamo chiesto unposto nel suo palco per Domenica,ma dovremo andare a prendere lachiave a casa sua e andare lì consua moglie Ma ci siamo pentitiperché sua moglie può essere unabuonissima donna ma lei non è ri-cevuta nel giro dei nobili e noi te-miamo che una sua compagnia cipossa declassare nella società (...)Seconda visita del giovane Ma-gnani - che parla francese assaibene e poi suo fratello, il Dottore;lui ha pregato Charles di fargli vi-sita nel loro palco e noi siamo an-dati (...). La nostra ultima visitaè stata quella del Santarelli che hadetto a Charles il nome della si-gnora cui lui aveva fatto visita eche lei non è una vera signora;così noi possiamo capire quali re-lazioni prendere...

Come Sara aveva già notato in altriteatri italiani, gli spettatori sem-brano poco interessati a quanto ac-cade sul palcoscenico e approfitta-no invece dello spettacolo per in-trecciare contatti e conversazioninei palchi, ben attenti però a nonintaccare l'etichetta col suo rigidoprotocollo gerarchico tra nobili eborghesi.Un protocollo cui i Simonde, so-prattutto Sara e sua madre, ten-dono ad adeguarsi immediatamen-te. Indicativo, in questo senso, il“pentimento”che Sara annota peraver chiesto ospitalità per un pros-simo spettacolo nel palco dell'av-vocato Fantozzi la cui moglie(ahimé!) “non è ricevuta nel giro deinobili” e il parallelo avvertimentodel Marchese Santarelli a Charlesche ha fatto visita a una spettatriceche “non è una vera signora” perchépossa in altre occasioni “capire

quali relazioni prendere”.Un piccolo mondo antico su cuinon hanno ancora cominciato aspirare i venti della Rivoluzionefrancese e che potrà concedersi an-cora una spensierata stagione dicarnevale (che allora aveva inizioesattamente nel giorno di Befana)con i suoi spettacoli teatrali dovemolti intervengono in maschera.Anche questa una esperienzanuova per la ginevrina Sara che lidescriverà ampiamente nelle suefitte pagine diaristiche. Ma sul car-nevale pesciatino, per non dilun-garmi troppo, mi riservo di tornarein un altro articolo.

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1 Ho già avuto modo di analizzare ante-fatti e modalità di questo viaggio attra-verso le Alpi nel volume From Geneva toTuscany. Un viaggio del Settecento nel dia-rio di Sara Simonde pubblicato nella col-lana Storie al femminile dell'Istitutostorico Lucchese nel 2004.2 Ludovico Cecchi, proprietario delgrande palazzo vicino al ponte del Duomoappartenuto fino ai nostri giorni agli eredidella famiglia, doveva essere una autoritàcittadina di primo piano: oltre ad aver ri-coperto la carica di gonfaloniere nel 1794-95, fu console della Accademia che gestivail teatro degli Affilati e primo Governatoredella allora potente Compagnia del SSCrocifisso della Maddalena sopravvissutaalle soppressioni leopoldine. Sulla filieradi influenti raccomandazioni che avevanomesso I Simonde in relazione col Cecchiattraverso contatti anche di tipo masso-nico rimando al mio Tre ginevrini in Val-dinievole. I Simonde e il loro trasferimentoa Pescia alla fine del Settecento in ATTIdel Convegno Gente che viene gente cheva, Forestieri e migranti in Valdinievole traMedioevo e Età Moderna, Comune diBuggiano, 2013, pp. 95-130.3 Il manoscritto originale è in inglese. Nediamo qui una personale traduzione rin-graziando mia figlia Nicoletta Franchi perla collaborazione

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Dieci anni fa mia madre fu sollecitatadalla professoressa Carla Papini, caraamica di famiglia, a scrivere poche righeche rendessero testimonianza di quantoaccadutole il 7 settembre 1944; i suoiricordi, uniti a quelli di altre persone,dettero vita ad un dossier che fruttò aglialunni dell’allora scuola media “Gale-otti” di Pescia un premio regionale checomprendeva la vista ad Auschwitz.

Testimonianza resa il 26 aprile 2003da Franca Fambrini, nata a Pescia il 2marzo 1920:“Nei primi giorni di settembre 1944lasciai, insieme alla mia mamma e allamia sorella, la casa del Monte a Pesciadove ero da qualche tempo sfollata; inuna “retata” i tedeschi avevano cattu-rato lo zio Beppe e lo avevano rin-chiuso nelle prigioni di Pescia (3settembre). La mattina successiva incittà circolò la notizia che sulla ViaNova, poco prima del ponte di SanFrancesco, erano stati impiccati seiuomini prelevati dalla prigione. Dicorsa, insieme alle mie congiunte,andai a sincerarmi che tra di loro nonci fosse lo zio; non ebbi il coraggio diguardare in viso quegli uomini, alloraa ciascuno di essi guardai le mani(avrei riconosciuto tra mille le manidello zio) e fui sicura che il fratello dimia madre era vivo. Il giorno succes-sivo fu rilasciato e venne ricoveratoall’Ospedale, unico luogo un po’ piùsicuro.Intanto a Pescia continuavano i bom-bardamenti ed i rastrellamenti; alsuono della sirena le poche persone ri-maste in città scendevano nei rifugi. Noi abitavamo (e ancora io abito là)nel palazzo dove aveva ed ha sede laCassa di Risparmio; il rifugio era negliscantinati della banca. Nelle prime oredel pomeriggio del 7 settembre era-vamo tutte e tre nel rifugio, insieme adaltre persone; udimmo dei colpi sul

selciato della strada e qualcuno andòa sincerarsi di cosa si trattava. Si capìsubito che il tutto era opera dei tede-schi e decidemmo di uscire, temendodi essere intrappolate nel rifugio.Giunte nell’ingresso del palazzo, cipreparavamo ad uscire in strada,quando uno scoppio tremendo miscaraventò sulla prima rampa di scalee persi conoscenza. Quando ripresi i sensi, mi sentii soffo-care dalla polvere e mi diressi verso ilvarco dove prima c’era la porta; fecidue o tre passi nella strada e mi ac-corsi che non c’era più nessuno in-torno a me. Insieme ad una zia andaiverso la Misericordia per chiedereaiuto e soccorso per quelli che rite-nevo feriti. Lì mi ospitarono; c’eratanta gente ed io mi unii a loro, seb-bene angosciata dall’incertezza sullasorte della mia mamma e sorella. Frale persone presenti c’era anche una si-gnora di origine tedesca, la quale midisse, la mattina successiva, che tuttee due le mie care erano morte. Lesalme furono portate nella cappellinadi Piè di Piazza, dove don Verreschile coprì con un drappo della chiesa. La mia mamma si chiamava Lina Cer-boncini , vedova Fambrini, ed aveva

cinquantacinque anni; mia sorellaaveva ventun anni e si chiamava FloriaTosca Fambrini. Per lo scoppio dellamina, che i tedeschi avevano messoper impedire o ostacolare l’avanzatadegli americani, morì anche la madredi mia zia. Leontina Balzi, vedova Ma-gnani, di sessanta anni”.

Rileggendo oggi quanto da lei dichia-rato mi rendo conto che in quella circo-stanza la mia mamma cercò dirimanere ancorata ai fatti, senza maidare voce allo strazio provocato daquella vicenda; solo noi, la sua famiglia,conosciamo quanto quel “settembre‘44” abbia influito sulla sua vita, sullasua serenità, sulla sua salute!L’8 settembre (il giorno successivo: iro-nia della sorte!) Pescia veniva liberatadagli americani, ma per mia madre,sola e con la casa distrutta, non ci funiente da festeggiare. Supportata dallezie e dai cugini, riuscì a sopravviverealla disgrazia anche quando, rientratigli uomini dalla guerra, la Cassa di Ri-sparmio le revocò l’incarico affidatoleper il periodo bellico. Rispolverò allorail suo diploma magistrale e iniziò a per-correre il difficile cammino dell’inse-gnamento, senza aiuti né favoritismi,poiché quando accadutole non le davatuttavia la possibilità di essere dichia-rata “orfana di guerra” (aveva già ven-tiquattro anni) né, tantomeno, invalidadi guerra: la sua ferita, la sua perditanon era fisicamente accertabile! In oc-casione di una supplenza a Crespole lamia mamma incontrò un giovane col-lega,suo coetaneo, e con lui ricostruìquel nucleo familiare che le era statodrammaticamente strappato. Ma que-sta è un’altra storia ….Due anni fa la mamma ha raggiunto lesue care, lasciandoci l’esempio di unavita trascorsa con coraggio e dignità, diuna donna sopravvissuta anche al silen-zio delle istituzioni.

7 SETTEMBRE 1944di Maria Lina Dolfi

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Franca Fambrini all’epoca dei fatti

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ROLANDO ANZILOTTIIl ricordo degli “Amici di Pescia”

di Lucia Corradini

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Sono passati trent’anni daquando Rolando Anzilotti ci halasciato, siamo qui per ricordarlo.Gli Amici di Pescia potevanocoinvolgere studiosi e docenti divari atenei dove Anzilotti ha inse-gnato, politici, storici ma hannopreferito lo ricordassimo noi, noiche si conosceva e lo ricordas-simo come uomo, come citta-dino, primo cittadino! RolandoAnzilotti, come Sindaco di Pe-scia, il più giovane nella storiadella città, una città che seppeamministrare, valorizzare e farconoscere.

Ma una breve storia della sua vitasarà utile ai giovani per sapere, aimeno giovani per ricordare.Era nato a Pescia nel 1919 daMauro e Giulia Pacini che posse-devano un orto fuori Porta Fio-rentina lungo la Via degli Ortipiù o meno all’altezza del PonteEuropa, allora “un lembo di terranel silenzio della campagna, sfio-rato dal volo dei colombi”, cosìun amico poeta”.Di quel luogo incantato GiovanniSantoni ricorda “una gora diacqua più chiara dove da ragazziera bello camminare scalzi”.Fin da bambino Rolando rivelaparticolari attitudini allo studioper cui il padre gli fa frequentareil Ginnasio presso i francescani aSoliera Apuana vicino a Massa. Ilragazzo segue gli studi con pro-fitto poi consegue la maturitàclassica al Liceo Classico Machia-velli di Lucca.Quando ritorna a Pescia in va-

canza con i soliti amici frequentail quartiere del Duomo, la fami-glia vive ora nella bella casa beipressi della Maddalena, gioca inpiazzetta, gioca a Santa Chiara,recita al Teatro Manzoni, -va inbicicletta da corsa, in bicicletta dacorsa va in piano, sulle colline, siarrampica sui paesi di montagna-così l’amico Giovanni Nocentiniche lo ricorda poi sorridentementre parla con voce piana, -Rolando non grida mai, losguardo morbido, talvolta iro-nico-. Sono parole di Giovanni.Negli stessi anni milita nel-l’Azione Cattolica e dirige comePresidente il gruppo giovaniledella diocesi dal 1939 al 1941, eraentrato nell’Azione Cattolica giàdal 1935.Dopo la maturità si iscrive al-l’Università di Firenze per conse-guire la Laurea in Lingue, ma nelgiugno del ’40 scoppia la guerra.Richiamato alle armi, come uffi-ciale combatte sul fronte iugo-slavo. Dopo aver preso parte alconflitto, dal ’43, dopo l’armisti-zio,è partigiano con Pippo, Man-rico Ducceschi. che opera sullecolline e sui monti della città.Pippo comanda l’XI zona checomprende Garfagnana, Val diLima, Valdinievole e Abetone.All’arrivo degli alleati la forma-zione fu inquadrata nella V Ar-mata come reparto autonomo econtribuì alla liberazione di Mo-dena, Reggio Emilia, Padova,Piacenza, Milano.Più tardi Anzilotti ricorderà ilpartigiano Pippo nei suoi scritti

come un autentico capo senzagradi né spalline, un leader cheriesce a tenere insieme una bri-gata di matrice politica diversaeppure unita da un impegno co-mune. Di Pescia, per fare unesempio nella brigata con Anzi-lotti c’è Frugoli che porta a ter-mine azioni personali, c’è unragazzo di 17 anni, Alvo Magnanidetto Paccherino, che ricordòsempre questa avventura, il pe-riodo epico della sua vinta:-En-trai per primo in Accademia aModena, i tedeschi erano uscitiallora, si liberò Parma, Reggio,Piacenza, entrai a Milano fra gliapplausi dove mi dissero:-Comel’è piculin quel american lì!- Pac-cherino misurava un metro emezzo! E nel ricordare Rolandosorrideva, voglio sperare che ciascolti. Anzi che ci ascoltino tuttie due, anche Paccherino ci ha la-sciato. Ma ritorniamo a Pippo, l’auten-tico capo senza gradi né spallinecome lo definì Anzilotti, insignitodella “Bronze Star”, era molto le-gato a Pescia,aveva sposato unaBartolozzi, Renata.

Pescia fu liberata l’8 sett. del ’44,Rolando parla già bene l’ingleseche studia a Firenze con passionee si aiuta per la dizione sui dischiin vinile,- un corso di lezioni di-scografiche-. Così ricorda Gio-vanni Nocentini. A me piaceimmaginarlo alle prese con un gi-radischi a manovella.Parla con i soldati americani, i li-beratori, (il fronte era allo Scam-

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bio,in un podere Teglia) sem-pre a Giovanni racconta cheun ufficiale americano gli sug-gerisce l’idea di perfezionarela lingua andando a studiare ea lavorare in America. In re-altà dopo la laurea in Lingueconseguita nel ’46, va negliStati Uniti a insegnare e a per-fezionare le sue conoscenza evi torna con frequenza pertutta la vita.Prima della partenza però al-cuna alunne della Galeottiparlano con entusiasmo diRolando Anzilotti, giovaneprofessore d’inglese. Certo unincarico o una supplenza. Eral’anno scolastico ’44-45.Credo insegnasse in una terzaclasse, le alunne se lo videroentrare in classe con piacere,erano tutte contente del gio-vane professorino biondo.Nel ’46, dicevo, va in Usa, èlettore d’inglese a Bloomin-gton ,Illinois, quindi dal ’48insegna all’Università di Fi-renze. Conosce Gloria Italiano fi-glia di italo-americani, la sposanel ’51, dal matrimonio nasconotre figlie, cresciute a Pescia, le ri-cordiamo a scuola, presenti, at-tive in tutte le attività ludiche esportive.Da solo e con loro viaggiò spessonegli Usa dove perfezionò le sueconoscenze di lingua e letteraturaamericana. E di letteratura ame-ricana ottenne la cattedra a Pisanel ’69.Fu anche parte della Camera deideputati dal 1961 al 1963.

Ma oggi vogliamo ricordarlocome uomo e come cittadino diPescia, a chi l’ha conosciuto e aipiù giovani che certo non pos-sono sapere. Lo facciamo con le

testimonianze e i ricordi di chi havissuto con lui. Rivediamo il ra-gazzo sorridente dalla parlata ac-corta che aspira l’h e muta l’s in z,il biondino gentile e garbato chesì ti sorride e ti ascolta, ma con losguardo attento ti osserva.E’ questo giovane che nel 1951 sicandida alle elezioni comunali diPescia, nelle file DC, lo hannoconvinto gli amici che voglionorinnovare il partito (allora si di-ceva rinnovare non come oggirottamare, verbo che si addice avecchie carcasse e che allora nonusava) ma si rinnova davveroanche se a Pescia militano uoministraordinari come Amos Barto-lozzi, onesto , semplice, generoso,entrato nella leggenda, amico in-timo di De Gasperi dal quale puòandare quando vuole con le ta-

sche piene di appunti e di ri-chieste per risolvere i variproblemi cittadini. Ricordoche Amos, dello la Cencia,aveva fondato a Pescia il conGiulio Bernardini il PartitoPopolare. Viveva in modosemplice e spartano, anchetroppo. qualcuno commenta,a chi gli chiedeva perché nonavesse fatto fortuna con la po-litica rispondeva :-Non ci siserve del partito, il partito siserve!- Questo l’uomo concui Anzilotti si confronta.Ma Amos, intelligente e gene-roso, capisce che il suo tempoè finito, si ritira. Rolando è ilpiù votato(5335 preferenze).Il Consiglio, nel 1951, loelegge Sindaco di Pescia.Tanti anni prima delle pole-miche attuali Pescia si rin-nova con un sindaco giovane,capace, colto, onesto, deter-minato, il sindaco più giovanenella storia della città .E’ una sorpresa per tutti

anche per lui! Vado avanti con te-stimonianze . E’ in Piazza quelgiorno dell’elezione con gli amiciOrsi, Guidi, Barsanti, c’è ancheViana Baldanzi e questo suo il ri-cordo, le sue parole:-Rolando, tihanno eletto Sindaco! Sei Sin-daco di Pescia!-Sono davanti al bar Pult e tutticontenti vanno a festeggiare lavittoria con un brindisi, ho delloun brindisi!Così comincia la storia del piùgiovane Sindaco di Pescia.Semplicità, competenza, onestà,lungimiranza.Un’altra testimonianza di Mi-chele Sansoni. Racconta Michele: - Aveva dapoco accettato l’incarico di Sin-daco quando mi chiama nella sua

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stanza: vuole il Ragioniere Capo.con la cartella della sua tassa difamiglia. Il ragioniere; Bruno DelMinistro corre subito, gliela pre-senta e Anzilotti fa notare chenon va bene. La tassa deve essereraddoppiata!-Uscendo il ragioniere incontraMichele, gli dice ironico:-E’ laprima volta che mi succede, cre-devo volesse la riduzione!- -Faccio notare che allora per i po-litici non c’erano rimborsi!- ag-giunge Michele -Nessun gettone,nessun gettone!.Inizia l’intensa attività di ammini-stratore con riforme attente comeil regolamento organico del per-sonale,-allora- dice Michele- nonsi faceva carriera-, porta avantirealizzazioni urgenti per comple-tare la ricostruzione del territorioper i danni di guerra, poi ver-ranno i progetti ambiziosi.Nel ‘51’ c’è l’inaugurazione delMercato dei Fiori una strutturaelegante il cui progetto ha otte-nuto il 1° premio al concorso in-ternazionale di architettura a SanPaolo in Brasile, nel ’53 organizzala prima Biennale del Fiore, vuoledare alla città un nuovo stadioche sarà inaugurato nel ’56 e rea-lizzare un monumento a Pinoc-chio. Se l’idea dello stadio piace quelmonumento a Pinocchio lasciaperplessi con discussioni a non fi-nire. Ricordo i commenti: - Pi-nocchio! Ma siamo matti! E poidove? In quella bua di Collodi!Ma lo faccia in Marzalla se pro-prio lo vol fa’, lo faccia sullaPiana così guarda di qua e di là!- E’ stato in Ameria, ha visto Di-sneilande! Ha visto Topolino! Ma Rolando non si lascia intimi-dire e col suo sorriso ironico cheguarda al futuro, pensa a Pescia

che grazie a Pinocchio può essereconosciuta nel mondo.Nel 1953 viene bandito il con-corso, vince lo scultore EmilioGreco con “Pinocchio e la fata”e Venturino Venturi per la “Piaz-zetta dei mosaici”.Iniziano i lavori fra mille diffi-coltà, ci sono testimonianze sullasua fiducia, il suo ottimismo, ilsuo sogno anche se sembrava unsogno americano, ma il 16 mag-gio del ’58 c’e l’inaugurazionedell’opera alla presenza dell’on.Giovanni Gronchi, Presidentedella Repubblica.Quando arriva Gronchi in cittàcon la scorta dei suoi corazzieri esale la scala del Municipio per ri-cevere i saluti del Sindaco Anzi-lotti , in piazza c’è tutta Pescia eci sono anch’io alla finestra: tuttia salutare, ad applaudire, a gri-dare evviva, uno spettacolo! Ilpresidente sorride quandoscende fra la gente col giovanesindaco fra i saluti a voce alta,tutti felici esprimono entusiasmo,affetto e gratitudine! Una gior-

nata bella davvero, indimentica-bile.In seguito il parco sarà arricchitocon l’Osteria del Gambero Rossoprogettata Da Giovanni Miche-lucci e da sculture in bronzo diPietro Consagra. E’ de 1963 ilprogetto di Pietro Porcinai,primo parco tematico che ci haregalato angoli di suggestiva erara bellezza.Poi il grande impegno della Fon-dazione Collodi, il coraggio diAnzilotti, il suo ottimismo, l’im-pegno anche economico.Ad un amico che lo invita a riflet-tere dice: - Le banche che ci sonoa fare? A che servono le banchese non a prestare soldi a chi lichiede? - Già le banche! Anchequesto oggi un motivo di rifles-sione! A che servono le banche?Allora ovvia era la risposta, oggila domanda è amara:-A che ser-vono le banche se hanno perso loscopo per cui sono nate? Scriveva Amleto Spicciani annifa: - Uomini come Rolando Anzi-lotti oggi gi mancano… tanti,troppi amici di un tempo compa-gni o avversari di tante battaglieci hanno lasciato e ci mancano.Rolando Anzilotti ci manca,vor-remmo che fosse ancora con noi,ci confortasse con il suo giudizio,con la sua visione del futuro, ilsuo ottimismo necessario per af-frontarla. Se Rolando Anzilotti mancava al-lora, era il 2004, oggi il vuoto èancora più grande. Anche perquesto lo ricordiamo perché se èsempre presente per noi che l’ab-biamo conosciuto, sia motivo diorgoglio, di stimolo e di esempioalle nuove generazioni che vivonouna realtà tanto più amara e dif-ficile.

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VIVALDO PAGNI, Mercoledi 2 Ottobre 2013,

alle ore 18, presso ilPalazzo del Podestà di Pescia, presenterà il suo nuovo libro

“Il carcere dei vinti”.

A causa del notevole aumentodei costi di spedizione

da Gennaio 2014 la rivista“Nebulae” sarà inviata

esclusivamente ai soci degli“Amici di Pescia” mediante ilversamento di Euro 25,00 suC/C.P. n. 11155512 intestato

all’Associazione

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L’Associazione “Amici di Pescia”, in collaborazione con il Comune di Pescia,è stata promotrice di queste due splendide iniziative che si sono svolte Sabato 21 Settembre 2013:

CERIMONIA DI PRESENTAZIONE

RESTAURODELL’EDICOLA VOTIVA DELLA

CONGREGAZIONE DEI PASSIONISTIin località “Casacce”

CERIMONIA DI INTITOLAZIONE DELLA PIAZZA,posta tra Via Giovanni XXIII e Via degli Orti,al professor ROLANDO ANZILOTTI, Deputato al Parlamento e Sindaco di Pescia

Il restauro è stato effettuato da

PAOLO CECCHETTINI, restauratore di materiali lapidei e dipinti murali

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21 SETTEMBRE 2103 - PESCIAGiornata di grandi emozioni per gli “Amici di Pescia”

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Nebulae è un periodico dedicatoad argomenti di cultura, di artee di storia che riguardano odhanno riguardato la Valdinie-vole. Parlare quindi di politica sem-brerebbe andare fuori tema. Aben pensarci però anche l’atti-vità politica significa fare cul-tura, se non fosse altro perché ledirettive imposte da un comuneai cittadini, influenzano il loromodo di vivere, di agire e di pen-sare e perlomeno il pensierorientra sicuramente in un ambitoculturale. Del resto Ghandiebbe a dire: “In democrazia nes-sun fatto di vita (e quindi anche

di cultura n.d.a.) si sottrae allapolitica.In base a queste considerazioniho deciso di proporre questo ar-ticolo al Direttore di Nebulae,starà poi a lui prendere la deci-sione se pubblicarlo o no.

Oggi tutti noi siamo consapevoliche la situazione strutturale edeconomica in cui versa da tempoil Comune di Pescia risulta per-fettamente sovrapponibile aquella della Provincia, della Re-gione e dello Stato Italiano. Inaltre parole, tutti questi soggettipolitici sono sull’orlo del baratrose già non vi sono sprofondati.

Eppure, rispetto a cento anni fa,grazie al progresso scientifico,tecnologico e teoricamenteanche a quello culturale, la situa-zione di questi organismi do-vrebbe risultare di gran lungamigliore.E invece il Comune di Pescia,stiamo parlando in particolaredel capoluogo virtuale della Val-dinievole, accusa un debito pub-blico spaventoso che paralizzaqualsiasi possibile attività volta amigliorare i servizi offerti ai cit-tadini, cittadini che peraltro ver-sano puntualmente all’Agenziadelle Entrate e direttamente alComune tutte le imposte da cui

LA POLITICA A PESCIA OGGI ED UN SECOLO FA

di Lorenzo Puccinelli Sannini

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sono gravati. Ecco quindi che a Pescia ilfondo delle strade assomiglia aduna fetta di groviera, che ampiezone del territorio comunalesono sprovviste di un adeguatoservizio di raccolta dei rifiuti,che non esistono parcheggi senon quello dell’ospedale, nonsolo carissimo ma legato al vin-colo di una concessione trenten-nale per cui i nostri nipoticontinueranno a pagarlo quandonon esisteranno più le automo-bili, che le uniche zone verdidella città sono rappresentatedallo striminzito giardinetto pro-spiciente S. Michele, che i tra-sporti pubblici sono quasiinesistenti per cui chi arriva allastazione e desidera recarsi incentro città o a Collodi può op-tare per due soluzioni: il taxi acaro prezzo o il cavallo di SanFrancesco gratis. Come corolla-rio di quanto appena detto pos-siamo aggiungere che a Pescianon esistono industrie se nonqualche sporadica superstite car-tiera, non esiste attività agricolase non quel che rimane dell’atti-vità del fiore reciso per la cuicommercializzazione sarebbesufficiente un retrobottega (mapare che il Comune riceverà indono il Nuovo Mercato dei Fiorila cui sola manutenzione an-nuale costerà ai contribuentiperlomeno 500.000 eurol’anno).E, dulcis in fundo, il tu-rismo che dovrebbe co-stituire la spina dorsaleeconomica di un paesecome il nostro ricco dibellezza artistiche e na-turali, viene cosciente-mente strangolato dauna burocrazia e da

un’imposizione fiscale degne diun paese del terzo mondo.

Ma allora un secolo fa i pescia-tini morivano di fame?Sorpresa! Non solo non mori-vano di fame ma vivevano piut-tosto bene. Ai primi del ‘900 unregolare servizio di tram colle-gava Monsummano a Lucca eduna sua deviazione arrivava inpiazza Mazzini. L’industria (car-tiere, concerie, aziende chimi-che), l’agricoltura tradizionale(vi ricordate gli asparagi?), il tu-rismo stesso che era appena aglialbori (tuttavia ai primi dell’800i Granduchi sceglievano spessoPescia per le loro vacanza, il Si-smondi l’eleggeva come secondapatria, Puccini la sceglieva comeluogo ideale per concludervi ilsecondo atto della Boheme),prosperavano senza problemioffrendo un lavoro immediato achiunque ne avesse voglia. E poiesistevano le attività artigianali:la lavorazione del ferro, dell’al-luminio, del rame, la produzionedella carta, l’arte della stampa,quella della seta, l’industria dellegno, quella del vetro, quellatessile, la lavorazione del cuoio,delle funi, l’industria alimentaree la produzione del vino. Natu-ralmente trattandosi di attivitàartigianali, esse si tramandavanodi padre in figlio e davano da

mangiare a centinaia di nuclei fa-miliari. Scriveva il Giusti: “Pescia è inuna valle circondata a levante, atramontana e a ponente di poggipiù o meno alti, ma tutti coltivatiin un modo che non vi si scorgeun palmo di terreno nudo. Ilpaese rimane fra gli orti che diqua e di là secondano il corso delfiume che lo divide. Gli alberifruttiferi a migliaia per il piano eper le colline, quando sono tuttifioriti, fanno il più bel vedere delmondo, e par d’essere vera-mente in un giardino.”Oggi il panorama è un po’ cam-biato: enormi palazzoni squa-drati incombono con le loroombre minacciose sul ponte Eu-ropa ed il Nuovo Mercato deiFiori (ma quali?) da il benve-nuto, con i suoi obbrobriosi ten-tacoli di metallo al turista che,forse perplesso, pensa di aversbagliato località.

Certo il tempo passa e non sipuò pretendere che anche lecose belle come la nostra cittàpossano rimanere uguali a sestesse nei secoli. Si può peròagire in modo che chi alle pros-sime elezioni comunali del 2014andrà alla guida del comunepensi al bene di Pescia e dei suoicittadini e, scordandosi per unbreve periodo dei propri inte-

ressi personali, sia dispo-sto a fare l’amministrato-re in senso proprio.Studi la storia e prendaesempio da sindaci che sichiamavano ad esempioVincenzo Puccinelli San-nini e Luigi Mochi(quello del tram!).

LORENZO PUCCINELLI, Venerdì 18 Ottobre 2013,

alle ore 17,al Palagio di Pescia,

presenterà il suo nuovo libro “Il paese degli arcobaleni”.

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Il tessuto urbano di Pescia, risultatodei processi di stratificazione accorsiin oltre un millennio di storia, con-serva ancora oggi i segni tangibilidella sua peculiare origine, che videil formarsi di due nuclei vicini ma di-stinti, sorti nello stesso periodo sulleopposte sponde del torrente PesciaMaggiore ed inizialmente sviluppa-tisi in maniera autonoma. Ed è pro-prio questa singolare strutturainsediativa bipolare2 che, nel corsodei secoli, ha condizionato le moda-lità di crescita dell’organismo ur-bano.La presenza del corso d’acqua, chetaglia in direzione Nord-Sud il fon-dovalle, ha storicamente costituitoun fattore di separazione per il ter-ritorio, tanto da coincidere in alcunitratti con l’antico confine tra i pos-sedimenti di Lucca e Firenze. Acausa della carenza di strutture diguado o ponti in grado di assicurareil transito costante di uomini emerci, sulle opposte rive si consoli-darono, a partire dall’epoca romana,due importanti percorsi di collega-mento sovra-regionale che, dira-mandosi dalla Cassia Clodia a Sud,a loro volta diedero luogo ad unapiù fitta maglia di viabilità seconda-rie locali: la via publica per il passodella Lima ad Ovest e la via Bolo-gnese per il passo di Porretta ad Est.In corrispondenza a tali assi stradalisi attestarono, tra X ed XI secolo, idue elementi generatori della città diPescia: la pieve di S. Mariae de PisciaMajore (prima menzione 951 d.C.)sulla sponda sinistra del torrente edil castello cadolingio di Bareglia(prima menzione 1018 d.C.) sulle al-ture a controllo della riva destra; in-

torno ad essi si svilupparono duenuclei urbani, che da subito si diffe-renziarono per forma e funzione.L’insediamento orientale, organiz-zato intorno al suo polo, si sviluppòsecondo due direttrici gerarchizzate– la via Bolognese ed il percorso tra-sversale dell’attuale via della Catte-drale – generando un tessutocompatto e regolare che, oltre asfruttare al meglio il terreno pianeg-giante a disposizione, garantiva lapossibilità di gestire al meglio sia lefunzioni ecclesiali legate alla pre-senza della pieve, sia un elevato nu-mero di mansioni civili, anagrafichee fiscali, sempre ad essa connesse,relative non solo all’abitato ma all’in-tero territorio di sua competenza3.L’insediamento occidentale, inizial-mente identificabile nei nuclei di

Ferraia (prima menzione 983 d.C.)e di borgo subtus capannam (primamenzione 1192 d.C.) entrambi con-trollati dal castello di Bareglia, si svi-luppò lungo l’asse direttore della viadei Colletti, in una stretta area pia-neggiante compresa tra le pendicidel versante orientale della valle el’alveo del torrente Pescia Maggiore,assumendo la tipica forma “a fuso”.Il successivo sviluppo del tessutoedilizio venne fortemente condizio-nato dalle caratteristiche morfologi-che e idrografiche del territorio edalla presenza, in posizione interme-dia tra il torrente e la chiesa dei SantiStefano e Niccolao, di un’area ini-zialmente libera (forse una zona dicolmata?) destinata a partire dal XIsecolo agli scambi commerciali (dal1068 conosciuta come mercato

PESCIA: DUE POLI, UNA CITTÀ1

di Gaia Lavoratti

Pianta di Pescia [1712, Pierre Mortier, Museo civico di Pescia]. Le due cerchie di mura,corredate da torri e porte, sono rappresentate ancora intatte, nonostante nel XVIII secolofosse già abbondantemente diffusa la pratica della costruzione in aderenza al sistema di-fensivo e parte della cortina fosse andata distrutta.

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longo). La vocazione civile e com-merciale di tale centro era testimo-niata anche dall’attestazione in loco,a partire dal XIII secolo, dei più im-portanti palazzi pubblici, sedi dellemaggiori cariche politiche deltempo (palazzo del Podestà, palazzodel Vicario e Cancelleria con an-nessa loggia).La specializzazione funzionale deinuclei – che non va intesa in sensostringente come una netta settoria-lizzazione delle attività, bensì comeun sostanziale concentramento distrutture sull’una e l’altra sponda –si tradusse non tanto in un ulteriorefattore di frattura, ma in una con-creta sinergia tra le due parti dellacittà, tra loro interdipendenti e com-plementari. Ma se tale distinzione distributiva èandata nel tempo gradualmente at-tenuandosi fin quasi a divenire im-percettibile, altrettanto non si puòdire in merito alla forma urbana che,nonostante la politica di accresci-mento avviata a partire dal XVI se-colo e mai realmente interrotta,denuncia ancora con forza la pre-senza dei suoi due nuclei originari,cristallizzati in conformazione e di-mensione dalla costruzione, a ca-vallo tra XIII e XIV secolo,dell’ultima cerchia muraria che li hasaldati in un unico organismo inse-diativo mediante la realizzazione diun ponte fortificato di collegamento(il ponte della pieve). Quest’ultimoimportante elemento di cerniera di-venne, nella storia di Pescia, il sim-bolo stesso dell’unione delle parti,inizialmente realizzato a schienad’asino dalla notevole pendenza edotato di mensole in aggetto chesorreggevano le spallette merlateforse dotate di un passaggio soprae-levato4, anch’esso minato e fatto sal-tare durante l’ultimo conflittomondiale, ma ricostruito rispettan-done forme e dimensioni dall’archi-

tetto Lando Bartoli e dall’ingegnerMario Focacci ed inaugurato l’8 set-tembre 1946, a soli due anni dallasua distruzione.____________________

1 Dalla tesi di Dottorato di Ricerca in Ri-lievo e Rappresentazione dell’Architetturae dell’Ambiente (sede di Firenze afferentealla Scuola Nazionale di Dottorato inScienze della Rappresentazione e del Ri-lievo): Gaia Lavoratti, Pescia insedia-mento bipolare in Toscana, tutor Prof.Emma Mandelli, co-tutor Prof. AlessandroMerlo, ciclo XXII, Dicembre 2009. 2 In merito all’origine bipolare della città

di Pescia particolare rilevanza hanno avutogli studi condotti negli anni Settanta ed Ot-tanta dal prof. Salvagnini (Cfr. SalvagniniG., Pescia una città. Proposta metodologicaper la lettura di un centro antico, Firenze,1975; Salvagnini G., Guida di Pescia, Edi-zioni Granducato, Firenze 1984; Salva-gnini G., Pescia una comunità nel Seicento(1563-1738), Edizioni Granducato, Fi-renze 1989).3 Cfr. Spicciani A. (a cura di), Pescia, cittàtra confini in terra di Toscana, Silvana Edi-toriale, Milano 2006, pagg. 43-83.4 Cfr. Magnani G., Giusti L., Pescia tantianni fa..., Fratelli Linari, Firenze 1975,pag. 46.

I due elementi generatori della città di Pescia (la pieve di S. Mariae de Piscia Majore ed il ca-stello di Bareglia) si disposero in prossimità dei due principali percorsi di collegamento re-gionale che si sviluppavano sulle due opposte rive del torrente Pescia Maggiore,parallelamente ad esso.

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Qui da noi si dice:“Pescia, terra di gran conforto,o piove o tira vento o suona amorto”,e ancora: “Pescia ha le barbe di menta,beato chi esce e felice chi c’entra”.Ma è proprio così?, si, ma si diceanche: “Pescia pasce chi a Pescia nonnasce”.

Eppure, Pescia in altri tempi, èstata sede di Vicari imperiali chedominava l’intero, vasto, territoriodi Valdinievole; Pescia è stata unacittà tanto cara ai Granduchi diToscana e specialmente a CosimoI che facendo dipingere in PalazzoVecchio le città e le terre del suodominio dette a Pescia il titolo di‘molto fedele’: “Pisciae oppidumadeo fidele”.A me piace raccontare Pescia at-traverso le gente che seppe farla‘fidele’, ma anche di quella gentede’ ceti più bassi, più umili e ma-gari ignorati dalla storia.Adesso mi ci provo: il primo chemi viene in mente, è Paggino. Già,chi era Paggino?: un giramondosenza arte né parte: tutto scalci-nato con in dosso una giacca sbi-lenca che gli arrivava ai ginocchi ei pantaloni malmessi che trabocca-vano su un paio di scarpe scalca-gnate e in testa un cappellaccio difeltro tirato sulle ventitré appenaposato sulla nuca.Essendo un disoccupato perma-nente, non aveva un centesimo perfarsi un bicchiere di vino schiettoe per lui, gran bevitore, era una

dannazione. Ma aveva inventatoun sistema per raccattare qualchepalanca senza piegare la schienadinanzi a nessuno: e icché avevainventato allora, Paggino? Avevainventato un metodo semplice eforse, dignitoso, presentandosicioè, col suo sorrisetto amaro alprimo cittadino che incontrava,porgendogli la mano aperta consopra spiattellato un venti cente-simi e con la vocetta quasi miseri-cordiosa, anzi ironica, diceva d’unfiato: “Me le rihopri?. E quei venticentesimi diventavano quaranta,forse sessanta sufficienti per en-trare dalla “Gonda”, la fiaschette-ria lassù, in via Cairoli. “Toh!”,esclamavano i soliti avventori:“Son passate le dieci, va’ a letto, bi-ghellone!”. “O icché modi son core-sti!”, rispondeva Pagginoridacchiando sotto i baffetti e

sopra la barba ispida e nera. “Chestasera la un lavori?”. E Pagginosedendosi al suo tavolo ben sgom-bro, rispondeva con una risatinabeffarda: “Meglio ‘na sfamata che‘na sudata!...”. “Tu se’ capitahodalla Gonda e la un potevi cascàmeglio…”. “O dove credete ch’iosia cascato?”. “Un sai che dallaGonda se bee di quer bono?”. “Losoo, lo soo…”, rispondeva Pagginosedendosi sempre, al suo solito ta-volo. Ma Paggino fece una bruttafine: non avendo né una casa néun letto si buttava la notte a ripo-sare in qualche fienile, e durantel’estate rovente, si stendeva sulmuricciolo della gora di SanMarco, dietro la fabbrica DelMagro. Ma una notte gli fu fataleperché nel voltarsi di fianco, finìper ruzzolare nella gora, ingoiatodall’acqua che vi scorreva.Tra i tipi caratteristici della faunapesciatina , dopo Paggino, segueLisetto. Ecco, sì proprio Lisetto:ma chi era costui? Un perdigiornoera, gran bevitore di vino, semprescamiciaro durante la bella sta-gione; un tipo segaligno, non dan-noso. Ma essendo anch’egliperennemente disoccupato, do-veva raccattare almeno un paio disoldi, non accattando come unfottuto accattone, ma chiedendoai cittadini incantati, un piccoloobolo: per cosa? Lisetto dopoavere in corpo almeno un mezzolitro di vino si presentava al pub-blico non come uno scalmanato‘Ciceruacchio’, ma attaccando lostesso invariato tema sulla vita,morte e miracoli della Beata

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GENTE DI CITTÀdi Giovanni Nocentini

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Gemma Galgani da Lucca. Si sba-gliavano coloro che pensavano divedere un Lisetto pieno d’ira emagari, disprezzo verso i miscre-denti; ma la sua predicazione davail via a un fiume di parole in li-bertà che gli fruttava qualchesoldo ballante e sonante dai diver-titi ascoltatori. Alla fine, Lisettos’infilava allegramente nella fia-schetteria della Gonda, quasi stril-lando: “Tutti morti costà? ‘gnamo,che un si bee’?”, continuava a vo-ciare allegramente. I pochi clientiche giuocavano al ‘fiasco’ gli da-vano sulla voce: “Mettiti a sedee ,e bei, grullo!”. “Allora son capitahobene!...”. “Tu sei capitaho dallaGonda e la un potevi capità me-glio…”. “O perché qui la un si beeer vino?”. E Lisetto sedeva al suotavolino con un quarto di vinrosso sotto il naso. Tutti dalla

Gonda conosce-vano che dopoun paio di quar-tini aveva la testaciondolante, maavvertendo chestava passandola servetta, convoce arrotolatain gola, guardavala ragazza disotto in su, di-cendo: “Claudiame lo riempi…”,e la Claudia ser-viva ancora,eppoi altri due otre quartini divino a Lisettofinché, la testacrollava sul ta-volo in un sonnopesante, rumo-roso.Molti pesciatininon l’avranno

nemmeno conosciuto il preteMeo: forse neavranno sentitoparlare. Era ungran prete: Prioredi Santo Stefano eNiccolao, la par-rocchia più riccadella diocesi pe-sciatina che te-neva terre inpiano. Prete Meole visitava spessonon tanto perparlare di raccoltie di seminequanto per semi-nare figliuoli conle belle, prospe-rose contadine diquei poderi; e ifigli che mettevaal mondo, veni-

vano registrati come “nati in pre-sbiterio”. Forse anch’egli apparte-neva a una civiltà casalinga, traborghigiana e contadina e sebbenepredicasse a cristiani pieni di vo-glie e di vizi che non di virtù, seb-bene gli minacciasse con parole difuoco eterno, in fondo li stimava .specie le donne.Si dette il caso che il Vescovo diPescia obbligasse i parroci delladiocesi a presentarsi, almeno unavolta a settimana, in vescovato perconoscere le condizioni pastoralidelle singole parrocchie. Ancheprete Meo coi libri contabili sotto-braccio s’avviava a mezzogiorno,in vescovato, incrociandosi con le‘cardaiole’ che a quell’ora uscivanodalla filanda. Erano ragazze vispe,scherzose e canterine che incro-ciandosi con prete Meo si davanodi gomito ammiccandolo,maormai in là con gli anni e abituatoa vedere la gente senza guardare,con la voce gorgogliante, diceva:“Bel mì pitoro d’una volta!”.

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Veramente è nata a Pescia. Tutta-via, poiché venne a stare a Monte-catini quando aveva sette anni epoiché il suo destino si è giocatosotto il Gambrinus, nel negoziodel signor Solmiredo, pare giustoconsiderarla montecatinese. La suastoria, che è storia di ribellioni, divittorie e di sconfitte, per moltiaspetti esemplare, non può inten-dersi appieno, se si prescinde dalricordo e dalla figura del padre,Renzo Silvestri, nipote del signorSolmiredo e con lui in affari. Eraproprio il garbo e la gentilezza delsignor Renzo a smussare le asperitàdi carattere dello zio, un personag-gio straordinario, burbero, bron-tolone e, perfino nel nome, pienodi deluse velleità musicali. Infatti ilsignor Solmiredo Papini, insieme aRenzino Silvestri vendevascarpe in un negozio digrande reputazione, sottoi portici del Gambrinus.Ed Ivana non aveva an-cora tredici anni, quandocominciò a lavorare, comepiccola commessa. Ed eratanta la grazia, che clientiprestigiosi, come ClarkGable, compravano, ma-gari, venti paia di scarpee se le facevano mandare aLa Pace anche se eranocerti che non le avrebberoportate mai. Natural-mente tutto questo avve-niva in alta stagione,perché d'inverno Ivanaandava a scuola dallesuore Don Bosco, doveavrebbe preso, alla sca-

denza dei diciotto anni, il diplomadi maestra. Ma già a quattordicianni ella aveva conseguito un di-ploma di taglio e di cucito pressola scuola di una signora, che sichiamava Hermada e stava di casasul Salsero: tanta era la passione e

l'interesse per la moda.L'attiva e continua presenza in ne-gozio con la sola eccezione unmese di vacanze al mare intanto lainvinceva dell’estrema necessità diconoscere le lingue. Solo in questomodo avrebbe potuto conversare,col brio e l'eleganza naturali, in-trattenere il jetset internazionale,da re Faruk ai duchi di Windsor,all'Aga Khan, che capitava in ne-gozio. Così alla scuola magistraleben presto si aggiunse quella di lin-gue, che cominciò intanto a stu-diare privatamente col professoreVineenzini.Piccola; deliziosa, piena di verve,fu in breve fidanzata in casa comeallora si diceva con un ragazzo diVenezia, Gianfranco De Pietri, cheera venuto a Montecatini per fre-

quentare l'appena inaugu-rato Istituto Alberghiero.Intanto la fama del nego-zio Papini toccava lestelle, quando si riseppeche forniva addirittura lescarpe al Papa marroc-chino rosso e fibbie d'oropuntualmente ritirate daiMonsignori Federici eMontini. Per Ivana era ilprimo impatto con gli altiambienti del Vaticano,che nella sua vita avreb-bero poi giocato un ruoloimportantissimo.Il fidanzamento si sgre-tolò una sera, dopo unafesta alla Pace, nella qualeIvana, vestita di tulle dirosa, era stata oggettodelle più squisite ammira-

IVANA CELLA:IL SUCCESSO TRA FEDE E SUPERSTIZIONE

di Nori Andreini Galli

Con il presente numero inizia la rubrica “I nostri soci”.Abbiamo voluto descrivere,

grazie alla disponibilità dell’Avv. Andreini di Montecatini

Terme, figlia dell’autrice, l’affascinante storia della nostra

socia geograficamente più lontana, residente

in Florida (USA) ma da semprevicina e partecipe alle attivitàdella nostra Associazione.

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zione. Il ragazzo s'era mostrato in-civilmente geloso. La delusione, lechiacchiere della città, ritornata ininverno piccolo paese, esaspera-rono la piccola protagonista, che sisentiva soffocare. Così, per eva-dere in qualche modo, si iscrisse aFirenze al Grenoble edal British: stava via tuttoil giorno, partendo erientrando a Montecatinicol treno degli operai.Ma intanto a Firenze co-nobbe Niky Grinstin,una deliziosa ragazza in-glese, figlia di diploma-tici, che la invitò aLondra e la esortò a rag-giungere una rigorosaspecializzazione lingui-stica. Ecco dunque Ivanaall'English ProgressiveGroup conoscere e fre-quentare le famiglie piùin vista, legare amicizie, che sareb-bero rimaste per la vita.Una delle ragazze della scuola erainfatti Vittoria Lanari, figlia dellabaronessa Anita Lanari, esponentedella più esclusiva aristocrazia ro-mana. Ivana, che ormai aveva otte-nuto un inglese perfetto, va aParigi, ospite dell'amica JaquelineManet e frequenta per un mesel'atelier di Balmain, il cui direttoregenerale, ospite di Montecatini,ella aveva conosciuto nel negoziodel padre. Poi, invitata da VittoriaLanari, viene a Roma e se ne inna-mora: tutto l'incarna: l'aria, i colli,l'acqua, la gente. Ormai possedevaquattro lingue, una straordinariaattitudine al disegno ed alla moda,una insofferenza assoluta per ilpettegolezzo e la pochezza di ve-dute. Sicché concepisce un'ideastraordinaria e coraggiosa, quelladi restare a Roma e di aprire unaboutique. Il caro signor Renzo,

sempre disponibile agli estri edagli interessi della figlia, questavolta s'impunta. La ragazza delresto aveva poco più di vent'anni.Nel dissidio interviene allora Mon-signor Montini, segretario di Stato.Paternamente consiglia l'Ivana che

aveva conosciuto bambina, a rien-trare a Montecatini, ma, davanti alpiccato rifiuto, le procura un postodi lavoro: nientemeno che l'Amba-sciata Americana e l'ufficio di Pub-bliche Relazioni. Ivana ha dunqueun lavoro congeniale, conosce lepersone più in vista, guadagna,viaggia con una Cadillac, sullaquale è scritto «Corpo diploma-tico». Di lì a pochi mesi può final-mente realizzare il suo sogno, unappartamento centrale, una bouti-que in via Gregoriana, la strada deigrandi sarti, fra Antonelli e la Tes-

sitrice di Capri, a due passi da Ca-pucci. Per non essere sopraffatta,inventa una linea per le teen agers:abiti per ragazze, adatti a tutte leore, a tutte le occasioni, quelli dasera ricamati dalle stesse ricama-trici di Gattinoni. È il successo, il

porre a frutto, insieme, lelingue, l'esperienza, il ta-lento, le amicizie e le re-lazioni stretteall'Ambasciata. Ivana la-vora a pieno ritmo: a ven-titre anni ha già ventisarte sotto di sé ed ai suoiordini. E anche l'amore.Nel '58 sposa RodolfoPeluso, conosciuto incasa Favero, una personadi grande fascino, moltolegata al mondo del ci-nema. Purtroppo i giorni,uno dopo l'altro, non leportano che delusioni ed

amarezze. Il marito giuoca, va ingiro, ha altre donne ed una in par-ticolare di quindici anni più vec-chia di lei. Per salvare almeno ilproprio denaro Ivana vende laboutique, si separa dal marito etorna a Montecatini, distrutta, incerca di pace e di affetto. Ma le fe-rite dell'anima vengono addiritturaesacerbate dai pettegolezzi e dal-l'aria di scandalo, che si fa intornoa lei, perché ha avuto il coraggio diricorrere alla separazione. Dinuovo a Roma, aiutata e sostenutadall'amica Vittoria Lanari, a lavo-rare come direttrice nel negozioper bambini Driamar e poi nellacasa di moda Mosconi al Corso.Ma non trova pace nel lavoro eneppure conforto nell'ambiente,che le suggerisce piuttosto un con-tegno ambiguo che una posizionechiara ed onesta, quella dalla qualeera stata esclusa, senza sua colpa.In questo stato d'animo, nel '63,

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accetta di fare una crociera e di an-dare negli Stati Uniti con certi pa-renti di Vittoria. A New Yorkscopre un altro mondo: cordialitàe rispetto ad onta della sua condi-zione di separata, grandi possibi-lità di lavoro nel campo dellamoda. Incontra in Virginia sua so-rella, che da anni ormai era sposatafelicemente con un americano, vi-sita la Florida, la California: e fini-sce per decidere che quello sarà ilsuo mondo. Durante il viaggioaveva conosciuto ed imparato adamare due cari coniugi americani,Les e Pauline Rice. Costoro l'aiu-tano teneramente, come una figlia,la sistemano in un albergo perdonne sole, il celebre BarbisonHotel, la conducono da un avvo-cato. esperto in tema d'immigra-zione.Il consiglio è di trasferirsi con uncerto capitale in Canada e di là ri-chiedere lavoro, facendo leva sulprestigioso curriculum di donnad'affari, di disegnatrice ed espertadi moda, e sulla proprietà di benquattro lingue. Sola e senza amicil'Ivana si stabilisce a Montreal. Ilfreddo, l'ambiente ostile la ridu-cono alla disperazione. E ormaiquasi sul punto di arrendersi,quando chiede di parlare al Con-sole Generale. Inaspettatamente ilconsole si rivela per il signor PaoloCanali, amico di Montecatini ecliente del padre. Ivana, ricono-sciuta, presentata alla colonia ita-liana ed a quella inglese, stringeamicizia coi signori Christie ed in-traprende l'attività di importatricedi moda. E poiché la moda in Ca-nada è addietro di dieci anni, puòcomprare a poco e vendere amolto, realizzando in breve tempouna fortuna. Anche la TelevisioneCanadese la intervista più voltecome esperta nel settore.

Alla fine del '66, la Casa di ModaDonald Brooks, la più prestigiosad'America, la invita ad un collo-quio, che si rivela brillantissimo.Ormai il suo ingresso negli StatiUniti pare sicuro ed i festosissimiamici Rice la conducono, stanca efelice, a Manhattan, al Christ Cella,un ristorante famosissimo, digrande reputazione, abitualepunto d'incontro di industriali euomini d'affari, di banchieri e di-plomatici, salito nella leggenda,per essere stato scelto da ItaloBalbo, prima della trasvolata.Così, proprio nel momento in cuisentiva d'aver piegato il propriodestino, inaspettato, non visto, levenne incontro addirittural'amore. Proprietario del ristoranteera infatti Richard Thomas Cella,Generale dell'Aviazione Ameri-cana, collaboratore del GeneraleBenjamin Shriver, quattro stelle

nelle ricerche spaziali del pro-gramma Kennedy: un uomo piùgrande di lei, con una ricca espe-rienza umana, un'interminabileserie di decorazioni, a cominciaredalla Legion d'Onore, intelligente,profondo, buon parlatore. L'in-contro fece scintille nel senso chesi giudicarono reciprocamentepresuntuosi e pieni di sé. Tuttaviala storia d'amore, condotta conrara gentilezza dal Generale, favo-rita dagli amici Rice, si maturò inlunghe telefonate, che alleviaronola solitudine di Ivana, ritornata aMontreal in attesa dell'ingresso de-finitivo negli Stati Uniti. Sensibile,innamorata, ella imparava ad ap-prezzare dell'uomo, che la sorte leaveva messo davanti, il carattere,l'onesta di vita, i principi morali, leambizioni, i desideri. Ancora un ri-storante, che curiosamente si chia-mava «Fonta di Trevi» e poi una

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lunga passeggiata a piedi e permano, fino a China Town. CosìIvana torna in Italia, ottiene dalprimo marito le firme necessarie,divorzia in Messico e si sposa, coninfinita commozione, a Reno Ne-vada: è la signora Cella. La casa dimoda Donald Brooks perde la suapreziosa collaboratrice, che ormaisì dedica alla famiglia, alle impor-tanti relazioni sociali, alla benefi-cenza, finché con il figlio Renzo lavita non le pare perfettamente col-mata.La storia avrebbe anche potuto fi-nire qui, quel breve arco di qua-rant'anni molte essendo state levicende, le lotte, le amarezze e lafelicità. Invece Ivana conservavaintatti gli estri, la gioia e la vogliadi fare. Essendo in vacanza in Flo-rida, ideò con la famosa boutiquedi Maiami, Palm Bay Club, unalinea mare, che continuò ad im-portare dall'Italia. Proprio in rivaall'oceano vide un giorno dei bam-bini raccogliere a gara non tantoconchiglie, quanto denti di vari co-lori, che dissero di pescecane.Ivana ne fu affascinata, diventòcollezionista, apprese dal Museo diStoria Naturale, dove aveva inviatoi fossili per gli esami opportuni,che si trattava di materiali vecchidi milioni di anni, databili ad epo-che geologiche, come il Miocene

ed il Pliocene.Con questi denti si diverti a farecollages e poi, quando venne inItalia, a farli legare in oro per sé.Era il 1970. Dal Palm Bay Club lamoda dei denti di cane, caricati at-traversi i milioni di colori e di sim-boli magici, dilagò in America,tornò in Europa. Tutti i grandi gio-iellieri da Cartier a Saks a Krugerglieli richiesero. Fedele al mare in-tanto Ivana disegnava ed arric-chiva d'infinite varianti l'ideaoriginale. L'istinto, che l'aveva gui-data ad un nuovo successo, l'av-vertì tuttavia in tempo che questosuccesso l'avrebbe travolta. Cosìridimensionò la propria attività:ora compra gioielli antichi e, ri-spettandone i motivi decorativi el'ispirazione originale, li adatta acollane moderne, ancora una voltaprecorrendo il gusto e la moda intutto il mondo. II discorso è diven-tato piuttosto privato e circoscrittoa pezzi importantissimi. Ivana de-sidera ormai e soprattutto esserevicina al marito, valorizzarnel'opera, la personalità, le amicizie,il fatto che pur avendo raggiunto ivertici della carriera militare edegli studi nel campo dell'ingegne-ria aeronautica, tuttavia mantienela gestione del ristorante, che cin-quantotto anni fa il padre Cristo-foro, originario del piacentino,

aveva creato con tanti sacrifici. IlChrist Cella, così detto con abbre-viazione del nome, ha avutol'onore di servire il pranzo al PapaWoytila, durante il suo soggiornonella missione vaticana a NewYork: le carezze del Papa sonostate per Renzo, che anche nelnome ricorda il nonno montecati-nese. E strettissimi sono rimasti irapporti con la diplomazia vati-cana, eminenze e personaggi ac-creditati in tutto il mondo.Una storia, una vita, questa, rac-contata soprattutto per i giovani,per dimostrare che il coraggio allafine prevale sulle cattivene e suipregiudizi, che Dio segue fedel-mente i nostri passi e che per que-sto bisogna aver fede, che, comenella parabola dei talenti, ciascunodeve mettere a frutto quelli che haricevuto in sorte.Ci sono dunque molti aspetti, peri quali Ivana rientra a buon dirittonella serie dei montecatinesi illu-stri: alcuni, che tutti possono ve-dere, come la valorizzazionedell'artigianato, del gusto e dell'in-telligenza italiana, altri, che solochi ha la fortuna di conoscerla dipersona può apprezzare appieno:la semplicità, la tenerezza di cuore,la disponibilità ad aiutare gli amici,l'affetto per il proprio paese, im-mutato dopo tanti anni. E propriodi questi giorni una campagna a fa-vore dell'Università InternazionaleColuccio Salutati di Pescia, con-dotta su giornali americani, senzache neppure le sia pervenuto unatto di ringraziamento e di stima.Ma ricordarla fa piacere. E chiscrive la ricorda al solicino, d'in-verno, tracciare sulle piastrelle delGambrinus, tondi e quadrati. Colcappottino rosso ed il fiocco neicapelli, giocava alla settimana e sal-tava le caselle a piè pari.

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L’Associazione “Amici di Pescia” storia, arte, ambiente, ha esaminato e valutato le foto prodotte dai giovani com-ponenti il Consiglio Comunale Ragazzi dell’ Istituto Comprensivo “L. Andreotti” di Pescia, relative al Concorso-Progetto fotografico: “OBIETTIVO STORIA” - Fotografa i monumenti della tua città

1° PREMIO - NELLA ARRABITOLa concorrente ha dato un taglio fotografico - visivo par-ticolare, cogliendo elementi architettonici ed artistici didue distinti periodi storici; quello medievale fiorentino, ri-ferito al Palazzo del Vicario, e quello cinque-seicentescodi Palazzo Martelli.

2° PREMIO - EMILIA PIERONILa concorrente ha colto un particolare storico dell’artisticascala (Cornacchini sec.XVII) e della singolare balaustra diAnsaldi (1808) prospicente la Collegiata dei Santi Stefanoe Niccolao. L’immagine restituisce pienamente il fascinodella patina del tempo, soprattutto nel rapporto tra into-naco e marmo.

3°PREMIO - ALESSIO ORSIIl concorrente, con buon senso prospettico, mette in granrisalto “l’erta” scala di accesso al Palazzo del Vicario, so-vrastata da un arco in pietra, elemento distintivo della no-stra città. Il punto di vista, vera forza dell’immagine,restituisce l’imponenza del Palazzo Comunale.

Come richiesto dal docente Referente al Progetto, prof.Alessio Arnese, le foto sono state esposte nei locali dellaScuola, durante la “Settimana della Natura” (gg.1-8 giu-gno 2013).La Premiazione dei Ragazzi è avvenuta il 1° giugno, nel-l’aula Multimediale della Scuola stessa, per mano del Pre-sidente dell’Associazione Amici di Pescia, prof.ssa CarlaPapini, alla presenza della Dirigente Scolastica prof.ssaFranca Baldi, il docente Referente per il C.C.R. prof. Ar-nese Alessio, numerosi altri docenti , genitori e alunni.Gli sponsor che hanno donato i premi per i ragazzi delC.C.R.sono stati: Serena Fantozzi “Giannino”, GabriellaLavorini “Farmacia” e Brandani Gift Group.Si coglie l’occasione per ricordare che il Progetto si com-pleterà nel biennio pertanto verrà completato l'anno prossimo con immagini dal territorio comunale.Il Progetto troverà il giusto coronamento nella pubblicazione di una Guida per il turista finanziata dall'Associazione. Si coglie l’occasione per ringraziare il D.S. prof.ssa Baldi Franca, che ha approvato il lavoro, il prof. Alessio Arneseche ha coordinato il lavoro dei ragazzi e quanti si sono prodigati perla buona riuscita dell’attività.

CONCORSO - PROGETTO FOTOGRAFICO

OBIETTIVO STORIAFotografa i monumenti della tua cittàASSOCIAZIONE

AMICI DI PESCIA

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1° PREMIO

2° PREMIO

3° PREMIO

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