[NAZIONALE - 19] GIORN/INTERNI/PAG26 07/12/08 · fumo di donna mi aveva assegnato il ruolo di...

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19 CRONACHE il Giornale Domenica 7 dicembre 2008 H a ragio- ne Cor- mac Mc- Carthy: non è un paese per vecchi. La si- gnora Miranda Orfei, 77 anni tra due dome- niche, è stata accolta in Veneto da scritte spray alte un metro: «Moira attenzione conoscerai la legge del basto- ne». Le ha tracciate il gruppo «100% animalisti». Non potendo contare sulla solidarietà di un’as- sociazione «50% umanisti» - anche solo 20%, toh - la monarca assoluta del più grande circo italiano si difende da sola. Graffia l’aria con le unghie posticce, tre centimetri scarsi, laccate di nero: «Ma perché uno di questi signori non vie- ne a farsi scritturare in incognito come stallie- re? Così vede come trattiamo i nostri animali. Ne abbiamo un centinaio. Tutti nati qui, in catti- vità, mica strappati alla savana. Tutti ben pa- sciuti, leoni e tigri con 10-15 chili di carne al giorno. Neanche un cagnolino, se fosse bistrat- tato, eseguirebbe un ordine». Foro Boario di Padova. Piove a dirotto e tira vento. Tre gradi. «Ho una di quelle influenze...». Dentro la roulotte illuminata dai neon rosa, Mo- iraOrfei,quasiafona,sicuraamodosuo.Ingur- gita sorsate gelide da un bicchierone contenen- te più cubetti di ghiaccio che acqua. «Terroristi! Ma lo sa che cos’hanno combinato a Vicenza? Hanno fatto irruzione sotto il tendone, urlando e lanciando in aria 2.000 volantini, mentre il domatore era dentro la gabbia. Le tigri si sono innervosite parecchio. Poteva finire male. E in- vece, miracolo! Gli spettatori si sono ribellati: hanno preso quei delinquenti per un orecchio e li hanno buttati fuori. Se non fossero interve- nuti i nostri guardiani a trattenere i padri infero- citi, li avrebbero riempiti di botte. Qualche sga- nassone l’hanno cuccato lo stesso». Moira degli elefanti ha un ginocchio ammac- cato: «Sono caduta dalle scale andando a trova- re mia figlia Lara che abita a San Donà di Piave. Io sono nata per sbaglio poco distante, a Co- droipo, ma non mi considero friulana. Mi sento bolognese». È agghindata come sempre, come le aveva prescritto nel 1960 il produttore Dino De Laurentiis scritturandola per il primo film, «“solo così avrai personalità e diventerai uni- ca”, mi diceva», quindi ha ancora il suo bel atti- co di capelli nero d’inferno raccolti nella retina. Ma intimamente si sente maschia e calva: «Do- po Mussolini, vengo io. La gente non sa che fra i costi di un circo, 25.000 euro al giorno, ci sono le bonifiche. A Mestre, nono- stante il fior di plateatico ver- sato al Comune, ci hanno messo a disposizione una pa- lude. Per piantare l’accampa- mento ho dovuto far arrivare 11 camion di ghiaia. Sono 12 metri cubi a viaggio, quasi due tonnellate e mezzo di ro- ba.Chesisappia:ilcircoMoi- ra Orfei lascia le città d’Italia migliori di come le trova». All’estero non ci va più da quando l’ayatollah Khomei- ni la tenne prigioniera per sei mesi a Teheran. «Ho fatto un’eccezione soltanto per il colonnello Gheddafi. La sera dopo lo spettacolo mi sono vista recapitare un mazzo di 100 rose rosse. Credevo fos- sero per me: invece erano di un ufficiale libico che s’era invaghito di Antonio Paniz, uno dei miei quattro segretari. Sa com’è, gli arabi non stanno lì a far tante differenze...». Paniz annui- sce ironico: «Sempre di un colonnello si tratta- va. Senza di lui, saremmo morti di fame. C’era appena stato l’attacco americano. Ci procurava le vettovaglie al mercato nero». Nonostante la silhouette appesantita, il cibo non sembra in cima alle preoccupazioni di Moi- ra Orfei. Non c’è la cucina, e neppure la sala da pranzo, nel suo appartamento che viaggia su 24 ruote, pavimentato con granito brasiliano, tutto ninnoli e tende di pizzo, vegliato da dieci statuette di padre Pio. Eppure ci starebbero en- trambe: è lungo 24 metri e largo 6, ha un salot- to, una camera matrimoniale con gli specchi dai riflessi rosati, un grande bagno e persino una stanzetta per gli ospiti. «Non voglio odore di fritti in casa mia. Sente puzza? No, vero? Prefe- risco mettermi a tavola nella nostra mensa. Sia- mo in 220. È uno spettacolo nello spettacolo». All’ingresso del caravan sono appese due cele- bri foto in bianco e nero: una ragazza slanciata, vestito candido come le scarpe e la borsetta, s’avvia verso un muro di uomini ipnotizzati esponendo il suo lato B a mandolino all’obietti- vo di Fedele Toscani, il padre di Oliviero; nella seconda la si vede mentre cammina nella dire- zione opposta. «Moira mezzo secolo fa. Blocca- va il traffico», svela Paniz. «Anche adesso mi ri- conoscono da dietro, ma so- lo per i capelli», sospira lei. Sciolti, fin dove le arrivano? «Ai glutei. Col Bioscalin mi ricrescono da matti». Al mattino quanto ci mette a rifarsi la matassa? «In un’ora sono pronta, trucco compreso». Senza capelli nessuno la ri- conoscerebbe. «Tagliarmeli? Mai». Purtroppo a volte basta una chemio. «Tiè!». (Fa le corna). «Ho già avuto un ictus due anni fa a Crotone. Sono scappata via. Ho noleggiato un’ambu- lanza a pagamento e mi sono fatta portare al San Carlo di Roma, dal dottor Romolo Pe- trucci, che in sei mesi mi ha rimesso in piedi». Com’è che io la vedo sempre della stessa età di quand’ero bambino? «Me l’ha chiesto anche un turista tedesco nel 2005 all’hotel Laguna Palace di Venezia. Diglie- lo tu, Antonio, che mi sei testimone da trent’an- ni: ho mai fatto un lifting?». (Paniz scaccia da sé il sacrilego sospetto con un gesto della ma- no). «Avrei il terrore del bisturi, di rimanere sot- to i ferri». La pelle è di una trentenne. «Mai lavato piatti, mai sciacquato panni». È una vita dura, la vostra? «Una dittatura. Siamo sempre in lotta con la furia degli elementi, soprattutto il vento, come i marinai». Ha visto morire qualcuno sul lavoro? «Mio padre. Si chiamava Riccardo Orfei, ma tutti lo conoscevano come clown Bigolon. Dal trampolino doveva saltare quattro elefanti. Cadde. Un’insaccata ai polmoni. Aveva 33 an- ni, io appena 6. Lasciò cinque figli. Mi ha cre- sciuto la mamma, Violetta Arata. Camminava sul filo. È morta a 58 anni». E gli elefanti sono passati a lei. «Ne ho sette. Il più anziano, Whisky, ha già 50 anni. Gliene restano 20, se tutto va bene. Pesa 70 quintali. Io mi sdraiavo per terra e lui mi passava sopra, senza calpestarmi, si capisce. Ma ho lavorato anche con i leoni, le foche, i cavalli. Adesso faccio solo il giro finale per i saluti. Il pubblico vuole vedermi. Chiedo ai bambini: che cosa vi è piaciuto di più? “Gli ani- mali”, rispondono in coro. Senza i numeri con gli animali, il circo non può esistere». Da chi ha imparato a domare i leoni? «Da mio marito, Walter Nones. Siamo insie- me da 50 anni, anche se ci siamo sposati solo nel 1962. Ho dovuto essere io a fargli la corte. Mio zio Orlando lo scritturò per la trasmissione televisiva Il mattatore che andava in onda con Vittorio Gassman dal nostro circo». Ma voi circensi non andate in pensione? «No. Per scelta. Neanche in vacanza. Lavoria- mo 365 giorni l’anno e i 250 di spettacolo sono i meno faticosi, perché le trasferte ti stroncano». A quanti anni dovrebbero andare in pensione gli italiani, secondo lei? «Dovrebbero lavorare fin che possono farlo». Lei era una doppiolavorista. «Altroché: 45 film. Ne giravo due al colpo». Da «Sotto dieci bandiere» del 1960 a «Vacanze di Natale» del 1990 a me ne risultano 39. «Di più, di più». Che cosa ricorda del primo film? «Il bicchiere del whisky. Bevevano tutti come pazzi, a cominciare dal grande Charles Lau- ghton. Van Heflin sembrava un’aragosta, il na- so sempre rosso». Chi le aprì le porte del cinema? «Duilio Coletti, il regista di Sotto dieci bandie- re, che mi aveva visto lavorare al circo». Però fece colpo anche su Carlo Ponti. «Ponti era bruttissimo e gentilissimo. La pri- ma volta che lo incontrai mi dissi: ma come dia- volo ha fatto Sophia Loren a sposare uno così? Poi cominciò a parlare e capii: aveva un elo- quio che t’incantava. Comunque Pietro Germi, mentre giravamo Signore e signori, continuava a ripetermi: “Se studi, diventi più brava della Loren”». Per questo non è diventata una grande attrice? Perché non ha studiato? «Perché non mi mostravo nuda. Restavo solo in baby-doll. Dino Risi non si dava pace. In Pro- fumo di donna mi aveva assegnato il ruolo di Mirka, la puttana: “Sei fatta così bene, perché non vuoi spogliarti?”. Ma neanche per un miliar- do! Io lavoro per i bimbi e le mamme. Non sono come quelle della Tv, che vivono con i culi e le tette al vento. Ho imparato da mia madre. Le donne del circo sono così». Pudiche. «L’uomo che allunga le ma- ni mi fa schifo. Ci hanno pro- vato tutti, compreso Marcel- lo Mastroianni. Totò voleva regalarmi 30 milioni di lire solo per stare una notte in mia contemplazione. “Non facciamo niente, ti accarezzo e basta”, diceva. Ma io sono sempre stata fedele al mio Walter». E Walter? «Nedubito,manonhopro- ve. Anche adesso che ha 70 anni, ne dimostra 50. Bello, alto, fatto bene. Abbiamo 12 ballerine russe, qua, una più avvenente dell’altra, prima erano 24, non le dico altro... Una volta l’ho visto entrare nella roulotte di una di loro. Ho sparso benzina tutt’intorno e lui è corso giù quando avevo già il fiammifero in mano. Ha negato. Non esiste uno più bravo di lui a nega- re, è meglio di un avvocato». Dalle cronache risulta che lei ha avuto una sto- ria con Umberto Masetti, campione del mondo di motociclismo nel 1950 e nel 1952. Le regalò pure un leone. «Un leone? Che balle! Uno dei trecentomila filarini che mi hanno attribuito. Mi ha corso die- tro per due anni, poveretto. Ma io dicevo di no a tutti. Sono arrivata vergine al matrimonio. Altri- menti Walter non mi avrebbe sposato. Ha una mentalità araba». Lei ha dichiarato che a letto suo marito è «sboc- cato e sporcaccione». «Sboccato no! Vero, Antonio?». (Paniz, serafi- co: «Non lo so, non sono mai stato a letto con lui»). «Comunque, fa ancora il suo dovere». Senza bisogno di aiutini? «Il Viagra, intende? Nooo! È terrorizzato dalle pillole blu, ha paura di finire come uno dei miei quattro segretari. A 70 anni è andato con un’amichetta di 20 e c’è rimasto secco». Perché le hanno attribuito la definizione di «ico- na gay»? «Perché li amo. Le donne sono invidiose. Gli uomini vogliono solo quella cosa là. Invece i gay si comportano da fratelli». Qua bisogna decidersi: «La Stampa» ha scritto che è Raffaella Carrà l’icona dei gay. «Lo era. Anche Mina lo è stata. Adesso sono io. Le ho fatte fuori tutt’e due». Anche per Platinette il mito degli omosessuali è la Carrà. «Traditrice! E pensare che quando mi vede si mette in ginocchio. Le drag queen si vestono da Moira, e Platinette lo sa bene. Al Gay pride di Torre del Lago sono andati in delirio in 20.000 per me. Mi avevano preparato un trono d’oro e piume». Ci sono molti gay nel suo circo? «Almeno 15 o 20. Uno lavora al bar, uno lavo- ra con i leoni, uno lavora con gli elefanti...». (Paniz: «Uno lavora per strada»). Le piacerebbe avere un nipotino che s’innamo- ra di un maschio? «Nooo!». (Mi sfiora la mano). Perché mi sfiora la mano? È pentita d’averlo detto? «Sì. Non m’interesserebbe, ecco». E come spiegherebbe, a suo nipote, che un uo- mo travestito da donna è stato prima deputato al Parlamento e poi ricoperto di soldi dalla Tv di Stato, 200.000 euro, per aver vinto all’«Isola dei famosi»? «Non glielo spiegherei. È inspiegabile. An- che se sono amica di Vladimir Luxuria». Lei ha mai pensato di travestirsi da uomo? «Nooo! Mai portato i pantaloni in vita mia». È vero che suo trisnonno era un monsignore? «Verissimo. Si chiamava Ferdinando Orfei. Era nato in Umbria. Andò a fare il missionario nel Montenegro. S’innamorò di una zingara, Veka Torevic, e se la portò in Italia. Campavano esibendosi con un orso e quattro cagnetti». Si sente zingara? «Sì. Nelle vene ho sangue di prete e sangue di zingara. Ma gli zingari del Montenegro è me- glio che stiano dove sono nati. Preferisco gli zingari d’Abruzzo, sono più onesti». Perché gli italiani hanno paura degli zingari? «Perché vanno a rubare, diobbono, rovinano le famiglie». E lei, allora, che di notte va per cimiteri? «Ma lo faccio a fin di bene, senza scopo di lucro, per togliere il malocchio. Me l’ha insegna- to mio nonno, Paolo Orfei. Preparo una certa cosa che non posso dire. Do la mancia al custo- de perché mi faccia entrare alle 2 di notte fra un giovedì e un venerdì; sposto un po’ di terra da una tomba qualsiasi e seppellisco quello che ho preparato. Ecco fatto». Che cos’è il malocchio? «È l’invidia, caro mio. La cosa più brutta. Ho salvato una mamma che stava morendo al- l’ospedale». Non poteva pregare padre Pio? «Faccio anche quello. Qualche sera fa ho vi- sto ad Affari tuoi quel precario, secondo di sei fratelli, fidanzato da 22 anni, che non poteva sposarsi per mancanza di soldi. Mi ha fat- to pena. Ho girato questa sta- tuetta di padre Pio verso il te- levisore e il santo gli ha fatto vincere mezzo milione di eu- ro. Chieda alle mie cassiere bulgare, Cecilia Adalbertova e Veselka Lukanova, che han- no assistito alla scena: non vo- levano credere ai loro occhi. Padre Pio tanti anni fa fece una grazia anche a me. Andai a San Giovanni Rotondo per ringraziarlo, ma occorreva- no tre giorni per essere rice- vuti e io non potevo aspetta- re, il circo doveva spostarsi in un’altra città. L’anno dopo era morto. Tornai: neanche una persona sulla sua tomba. Piansi tanto». Come per Papa Wojtyla. «Per lui ho pianto tre giorni». Nemmeno una lacrima per Pacelli, Roncalli, Montini e Luciani? «No. Tutti mi hanno ricevuto in udienza. Ma solo con Giovanni Paolo II, quando ha messo le sue mani fra le mie, ho capito di amarlo». Per chi altro ha pianto nella sua vita? «Per Walter. Fu preso dai leoni. Naso, brac- cia, mani, petto... Cicatrici dappertutto. Il suo corpo è una carta geografica». (432. Continua) [email protected] Il trisavolo era un prete che fuggì con una zingara. Il papà morì a 33 anni per saltare quattro elefanti. Toglie il malocchio e fa vincere ad «Affari tuoi» con l’aiuto di padre Pio Voleva che mi spogliassi: manco per un miliardo! Sto con Walter Nones da 50 anni: arrivai vergine al matrimonio Bruttissimo, ma capisco Sophia Loren: t’incantava parlando. Sono l’icona dei gay, però il caso Luxuria è inspiegabile di Stefano Lorenzetto tipi italiani DINO RISI MOIRA ORFEI CARLO PONTI LA VIE EN ROSE Moira Orfei, 77 anni il 21 dicembre, nella sua casa viaggiante lunga 24 metri e larga 6, illuminata da neon rosa. I pavimenti sono di granito «Dopo il Duce, vengo io Col circo bonifico le città ridotte a paludi» «Gli animalisti hanno fatto irruzione, le tigri si sono innervosite: il domatore poteva finire sbranato. Ma il pubblico li ha cacciati»

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19 CRONACHEil GiornaleDomenica 7 dicembre 2008

H a ragio-ne Cor-mac Mc-Car thy :non è un

paesepervecchi.Lasi-gnora Miranda Orfei,77 anni tra due dome-niche, è stata accoltain Veneto da scrittespray alte un metro:

«Moiraattenzioneconoscerai la leggedelbasto-ne». Le ha tracciate il gruppo «100% animalisti».Non potendo contare sulla solidarietà di un’as-sociazione «50% umanisti» - anche solo 20%,toh - la monarca assoluta del più grande circoitaliano si difende da sola. Graffia l’aria con leunghieposticce, trecentimetri scarsi, laccatedinero: «Ma perché uno di questi signori non vie-ne a farsi scritturare in incognito come stallie-re? Così vede come trattiamo i nostri animali.Neabbiamouncentinaio.Tuttinatiqui, incatti-vità, mica strappati alla savana. Tutti ben pa-sciuti, leoni e tigri con 10-15 chili di carne algiorno.Neancheuncagnolino, se fossebistrat-tato, eseguirebbe un ordine».

Foro Boario di Padova. Piove a dirotto e tiravento.Tregradi. «Hounadiquelle influenze...».Dentrolaroulotte illuminatadaineonrosa,Mo-iraOrfei,quasiafona,sicuraamodosuo.Ingur-gitasorsategelidedaunbicchieronecontenen-tepiù cubetti di ghiaccio cheacqua. «Terroristi!Ma lo sa che cos’hanno combinato a Vicenza?Hanno fatto irruzione sotto il tendone,urlandoe lanciando in aria 2.000 volantini, mentre ildomatore era dentro la gabbia. Le tigri si sonoinnervositeparecchio. Poteva finiremale. E in-vece, miracolo! Gli spettatori si sono ribellati:hanno preso quei delinquenti per un orecchioe li hanno buttati fuori. Se non fossero interve-nuti inostriguardianiatrattenere ipadri infero-citi, li avrebberoriempiti dibotte.Qualchesga-nassone l’hanno cuccato lo stesso».

Moira degli elefanti ha un ginocchio ammac-cato: «Sono caduta dalle scale andando a trova-re mia figlia Lara che abita a San Donà di Piave.Io sono nata per sbaglio poco distante, a Co-droipo,manonmi considero friulana.Mi sentobolognese». È agghindata come sempre, comele aveva prescritto nel 1960 il produttore DinoDe Laurentiis scritturandola per il primo film,«“solo così avrai personalità e diventerai uni-ca”, mi diceva», quindi ha ancora il suo bel atti-codi capellinerod’infernoraccoltinella retina.Ma intimamente si sente maschia e calva: «Do-poMussolini, vengo io. Lagentenonsache fra icosti di un circo, 25.000 euro al giorno, ci sonolebonifiche.AMestre, nono-stante il fiordiplateaticover-sato al Comune, ci hannomessoadisposizioneunapa-lude.Perpiantare l’accampa-mentohodovuto far arrivare11 camion di ghiaia. Sono 12metri cubi a viaggio, quasidue tonnellate emezzodi ro-ba.Chesisappia: il circoMoi-ra Orfei lascia le città d’Italiamigliori di come le trova».

All’estero non ci va più daquando l’ayatollah Khomei-ni la tenne prigioniera persei mesi a Teheran. «Ho fattoun’eccezione soltanto per ilcolonnelloGheddafi. La seradopo lo spettacolo mi sonovista recapitare un mazzo di100 rose rosse. Credevo fos-sero per me: invece erano di un ufficiale libicoche s’era invaghito di Antonio Paniz, uno deimiei quattro segretari. Sa com’è, gli arabi nonstanno lì a far tante differenze...». Paniz annui-sce ironico: «Sempre di un colonnello si tratta-va. Senza di lui, saremmo morti di fame. C’eraappena stato l’attaccoamericano.Ci procuravale vettovaglie al mercato nero».

Nonostante la silhouette appesantita, il cibononsembra incimaallepreoccupazionidiMoi-ra Orfei. Non c’è la cucina, e neppure la sala dapranzo, nel suo appartamento che viaggia su24 ruote, pavimentato con granito brasiliano,tutto ninnoli e tende di pizzo, vegliato da diecistatuettedi padrePio.Eppure ci starebberoen-

trambe: è lungo 24 metri e largo 6, ha un salot-to, una camera matrimoniale con gli specchidai riflessi rosati, un grande bagno e persinouna stanzetta per gli ospiti. «Non voglio odoredi fritti incasamia.Sentepuzza?No,vero?Prefe-riscomettermi a tavola nella nostramensa. Sia-mo in 220. È uno spettacolo nello spettacolo».All’ingresso del caravan sono appese due cele-bri foto inbiancoenero: una ragazza slanciata,vestito candido come le scarpe e la borsetta,s’avvia verso un muro di uomini ipnotizzatiesponendo il suo latoBamandolinoall’obietti-vo di Fedele Toscani, il padre di Oliviero; nellaseconda la si vede mentre cammina nella dire-zioneopposta. «Moiramezzo secolo fa.Blocca-va il traffico», svela Paniz. «Anche adesso mi ri-

conoscono da dietro, ma so-lo per i capelli», sospira lei.

Sciolti, fin dove le arrivano?«Ai glutei. Col Bioscalin mi

ricrescono da matti».Al mattino quanto ci mette arifarsi la matassa?«In un’ora sono pronta,

trucco compreso».Senza capelli nessuno la ri-conoscerebbe.«Tagliarmeli? Mai».

Purtroppo a volte basta unachemio.«Tiè!». (Fa le corna). «Ho

già avuto un ictusdue anni faa Crotone. Sono scappatavia. Ho noleggiato un’ambu-lanza a pagamento e mi sonofatta portare al San Carlo diRoma,dal dottor Romolo Pe-

trucci, che in sei mesi mi ha rimesso in piedi».Com’è che io la vedo sempre della stessa età diquand’ero bambino?«Me l’ha chiesto anche un turista tedesco nel

2005all’hotelLagunaPalacediVenezia.Diglie-lo tu,Antonio, chemisei testimoneda trent’an-ni: ho mai fatto un lifting?». (Paniz scaccia dasé il sacrilego sospetto con un gesto della ma-no). «Avrei il terroredelbisturi,di rimaneresot-to i ferri».

La pelle è di una trentenne.«Mai lavato piatti, mai sciacquato panni».

È una vita dura, la vostra?«Una dittatura. Siamo sempre in lotta con la

furiadeglielementi,soprattutto ilvento, comei

marinai».Ha visto morire qualcuno sul lavoro?«Mio padre. Si chiamava Riccardo Orfei, ma

tutti lo conoscevano come clown Bigolon. Daltrampolino doveva saltare quattro elefanti.Cadde. Un’insaccata ai polmoni. Aveva 33 an-ni, io appena 6. Lasciò cinque figli. Mi ha cre-sciuto la mamma, Violetta Arata. Camminavasul filo. È morta a 58 anni».

E gli elefanti sono passati a lei.«Nehosette. Ilpiùanziano,Whisky,hagià50

anni. Gliene restano 20, se tutto va bene. Pesa70 quintali. Io mi sdraiavo per terra e lui mipassava sopra, senza calpestarmi, si capisce.Ma ho lavorato anche con i leoni, le foche, icavalli. Adesso faccio solo il giro finale per isaluti. Il pubblico vuole vedermi. Chiedo aibambini: che cosa vi è piaciuto di più? “Gli ani-mali”, rispondono in coro. Senza i numeri congli animali, il circo non può esistere».

Da chi ha imparato a domare i leoni?«Da mio marito, Walter Nones. Siamo insie-

me da 50 anni, anche se ci siamo sposati solonel 1962. Ho dovuto essere io a fargli la corte.MiozioOrlando lo scritturòper la trasmissionetelevisiva Il mattatore che andava in onda conVittorio Gassman dal nostro circo».

Ma voi circensi non andate in pensione?«No.Per scelta.Neanche in vacanza. Lavoria-

mo365giorni l’annoe i 250di spettacolo sono imeno faticosi, perché le trasferte ti stroncano».

A quanti anni dovrebbero andare in pensionegli italiani, secondo lei?«Dovrebbero lavorare fin chepossono farlo».

Lei era una doppiolavorista.«Altroché: 45 film. Ne giravo due al colpo».

Da «Sotto dieci bandiere» del 1960 a «Vacanzedi Natale» del 1990 a me ne risultano 39.«Di più, di più».

Che cosa ricorda del primo film?«Ilbicchieredelwhisky.Bevevanotutti come

pazzi, a cominciare dal grande Charles Lau-ghton. Van Heflin sembrava un’aragosta, il na-so sempre rosso».

Chi le aprì le porte del cinema?«DuilioColetti, il registadiSottodiecibandie-

re, che mi aveva visto lavorare al circo».Però fece colpo anche su Carlo Ponti.«Ponti era bruttissimo e gentilissimo. La pri-

mavolta che lo incontraimi dissi:macomedia-volo ha fatto Sophia Loren a sposare uno così?Poi cominciò a parlare e capii: aveva un elo-

quio che t’incantava. Comunque Pietro Germi,mentregiravamoSignoree signori, continuavaa ripetermi: “Se studi, diventi più brava dellaLoren”».

Per questo non è diventata una grande attrice?Perché non ha studiato?«Perchénon mi mostravo nuda. Restavo solo

inbaby-doll.DinoRisinonsidavapace. InPro-fumo di donna mi aveva assegnato il ruolo diMirka, la puttana: “Sei fatta così bene, perchénonvuoispogliarti?”.Maneancheperunmiliar-do! Io lavoroper i bimbi e lemamme.Non sonocome quelle della Tv, che vivono con i culi e letette al vento. Ho imparato da mia madre. Ledonne del circo sono così».

Pudiche.«L’uomocheallunga lema-

nimi fa schifo. Ci hannopro-vato tutti, compreso Marcel-lo Mastroianni. Totò volevaregalarmi 30 milioni di liresolo per stare una notte inmia contemplazione. “Nonfacciamoniente, ti accarezzoe basta”, diceva. Ma io sonosempre stata fedele al mioWalter».

E Walter?«Nedubito,manonhopro-

ve. Anche adesso che ha 70anni, ne dimostra 50. Bello,alto, fatto bene. Abbiamo 12ballerine russe, qua, una piùavvenente dell’altra, primaerano 24, non le dico altro...Una volta l’ho visto entrarenella roulotte di una di loro.Ho sparso benzina tutt’intorno e lui è corso giùquando avevo già il fiammifero in mano. Hanegato. Non esiste uno più bravo di lui a nega-re, è meglio di un avvocato».

Dalle cronache risulta che lei ha avuto una sto-ria con Umberto Masetti, campione del mondodi motociclismo nel 1950 e nel 1952. Le regalòpure un leone.«Un leone? Che balle! Uno dei trecentomila

filarinichemihannoattribuito.Mihacorsodie-troperdueanni,poveretto.Ma iodicevodinoatutti.Sonoarrivataverginealmatrimonio.Altri-menti Walter non mi avrebbe sposato. Ha unamentalità araba».

Lei ha dichiarato che a letto suo marito è «sboc-

cato e sporcaccione».«Sboccatono!Vero,Antonio?».(Paniz, serafi-

co: «Non lo so, non sono mai stato a letto conlui»). «Comunque, fa ancora il suo dovere».

Senza bisogno di aiutini?«IlViagra, intende?Nooo!È terrorizzatodalle

pilloleblu,hapauradi finirecomeunodeimieiquattro segretari. A 70 anni è andato conun’amichetta di 20 e c’è rimasto secco».

Perché le hanno attribuito la definizione di «ico-na gay»?«Perché li amo. Le donne sono invidiose. Gli

uomini vogliono solo quella cosa là. Invece igay si comportano da fratelli».

Qua bisogna decidersi: «La Stampa» ha scrittoche è Raffaella Carrà l’icona dei gay.«Lo era. Anche Mina lo è stata. Adesso sono

io. Le ho fatte fuori tutt’e due».Anche per Platinette il mito degli omosessualiè la Carrà.«Traditrice! E pensare che quando mi vede si

mette inginocchio.LedragqueensivestonodaMoira, e Platinette lo sa bene. Al Gay pride diTorre del Lago sono andati in delirio in 20.000per me. Mi avevano preparato un trono d’oro epiume».

Ci sono molti gay nel suo circo?«Almeno15o 20.Uno lavora al bar, uno lavo-

ra con i leoni, uno lavora con gli elefanti...».(Paniz: «Uno lavora per strada»).

Le piacerebbe avere un nipotino che s’innamo-ra di un maschio?«Nooo!». (Mi sfiora la mano).

Perché mi sfiora la mano? È pentita d’averlodetto?«Sì. Non m’interesserebbe, ecco».

E come spiegherebbe, a suo nipote, che un uo-mo travestito da donna è stato prima deputatoal Parlamento e poi ricoperto di soldi dalla Tv diStato, 200.000 euro, per aver vinto all’«Isoladei famosi»?«Non glielo spiegherei. È inspiegabile. An-

che se sono amica di Vladimir Luxuria».Lei ha mai pensato di travestirsi da uomo?«Nooo! Mai portato i pantaloni in vita mia».

È vero che suo trisnonno era un monsignore?«Verissimo. Si chiamava Ferdinando Orfei.

Era nato in Umbria. Andò a fare il missionarionel Montenegro. S’innamorò di una zingara,VekaTorevic,ese laportò inItalia.Campavanoesibendosi con un orso e quattro cagnetti».

Si sente zingara?«Sì.Nelle veneho sanguediprete e sanguedi

zingara. Ma gli zingari del Montenegro è me-glio che stiano dove sono nati. Preferisco glizingari d’Abruzzo, sono più onesti».

Perché gli italiani hanno paura degli zingari?«Perché vanno a rubare, diobbono, rovinano

le famiglie».E lei, allora, che di notte va per cimiteri?«Ma lo faccio a fin di bene, senza scopo di

lucro,per togliere ilmalocchio.Mel’ha insegna-to mio nonno, Paolo Orfei. Preparo una certacosa chenon posso dire. Do la mancia al custo-deperchémi faccia entrare alle 2di notte fraungiovedì e un venerdì; sposto un po’ di terra dauna tomba qualsiasi e seppellisco quello cheho preparato. Ecco fatto».

Che cos’è il malocchio?«È l’invidia, caro mio. La cosa più brutta. Ho

salvato una mamma che stava morendo al-l’ospedale».

Non poteva pregare padre Pio?«Faccio anche quello. Qualche sera fa ho vi-

sto ad Affari tuoi quel precario, secondo di seifratelli, fidanzato da 22 anni,che non poteva sposarsi permancanza di soldi. Mi ha fat-topena.Hogiratoquesta sta-tuetta di padre Pio verso il te-levisore e il santo gli ha fattovincere mezzo milione di eu-ro. Chieda alle mie cassierebulgare, Cecilia AdalbertovaeVeselkaLukanova,chehan-noassistitoallascena:nonvo-levano credere ai loro occhi.Padre Pio tanti anni fa feceunagrazia ancheame.Andaia San Giovanni Rotondo perringraziarlo, ma occorreva-no tre giorni per essere rice-vuti e io non potevo aspetta-re, il circo doveva spostarsiin un’altra città. L’anno dopoera morto. Tornai: neanche

una persona sulla sua tomba. Piansi tanto».Come per Papa Wojtyla.«Per lui ho pianto tre giorni».

Nemmeno una lacrima per Pacelli, Roncalli,Montini e Luciani?«No. Tutti mi hanno ricevuto in udienza. Ma

soloconGiovanniPaolo II,quandohamesso lesue mani fra le mie, ho capito di amarlo».

Per chi altro ha pianto nella sua vita?«Per Walter. Fu preso dai leoni. Naso, brac-

cia, mani, petto... Cicatrici dappertutto. Il suocorpo è una carta geografica».

(432. Continua)

[email protected]

“ “

Il trisavolo era un preteche fuggì con una zingara.

Il papà morì a 33 anniper saltare quattro elefanti.

Toglie il malocchioe fa vincere ad «Affari tuoi»

con l’aiuto di padre Pio

Voleva che mi spogliassi:

manco per un miliardo!

Sto con Walter Nones

da 50 anni: arrivai

vergine al matrimonio

Bruttissimo, ma capisco

Sophia Loren: t’incantava

parlando. Sono l’icona

dei gay, però il caso

Luxuria è inspiegabile

di Stefano Lorenzetto

tipi italiani

DINO RISI

MOIRA ORFEI

CARLO PONTI

LA VIE EN ROSE Moira Orfei, 77 anni il 21 dicembre, nella sua casa viaggiante lunga 24 metri e larga 6, illuminata da neon rosa. I pavimenti sono di granito

«Dopo il Duce, vengo ioCol circo bonificole città ridotte a paludi»«Gli animalisti hanno fatto irruzione, le tigri si sono innervosite:il domatore poteva finire sbranato. Ma il pubblico li ha cacciati»