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Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CB PISA ETS Sull’introduzione del pensiero evoluzionistico in medicina Giovanni Simonetta La costruzione di un umano Stefania Consigliere La Candela Elio Fabri Gazebo Le sequoie?…sono alte! Fabrizia Gianni Nazareno Strampelli (1866-1942) Sergio Salvi Le piante, una fonte di composti naturali Elsa Nervo Edizioni digitali per la scuola Interventi di: I. Bovolenta, F. Fantini, G. Ferrari, T. Mariano Longo, L. Stelli, V. Terreni Avanguardia della tradizione Giuliano Martufi L’infinito della vita animale. Sei lezioni su Darwin e Redi Dissimulazione e tragedia Sei conversazioni su Paolo Sarpi e Max Weber Del Colore e dei colori Matilde Stefanini Radici profonde nel grembo di un monte: Le piante di Francesco Calzolari Laura Sbrana Il Tornalibro Brunella Danesi Marcello Cini Elena Gagliasso Stephen Jay Gould (1941-2002) Sylvie Coyaud NATURALMENTE scienza anno 25 • numero 4 • dicembre 2012 trimestrale NATURALMENTE Fatti e trame delle Scienze

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Sull’introduzione del pensieroevoluzionistico in medicina

Giovanni SimonettaLa costruzione di un umano

Stefania ConsigliereLa Candela

Elio Fabri Gazebo Le sequoie?…sono alte!

Fabrizia GianniNazareno Strampelli (1866-1942)

Sergio SalviLe piante, una fonte di composti naturali

Elsa NervoEdizioni digitali per la scuola

Interventi di: I. Bovolenta, F. Fantini, G. Ferrari,T. Mariano Longo, L. Stelli, V. Terreni

Avanguardia della tradizioneGiuliano MartufiL’infinito della vita animale. Sei lezioni su Darwin e RediDissimulazione e tragediaSei conversazioni su Paolo Sarpi e Max Weber Del Colore e dei coloriMatilde StefaniniRadici profonde nel grembo di un monte:Le piante di Francesco CalzolariLaura SbranaIl TornalibroBrunella DanesiMarcello CiniElena GagliassoStephen Jay Gould (1941-2002)Sylvie Coyaud

NATURALMENTEscienza

anno 25 • numero 4 • dicembre 2012 trimestrale

NATURALMENTEFatti e trame delle Scienze

NATURALMENTE anno 25 • numero 4 • dicembre 2012 trimestrale

Hanno collaborato a questo numero1. Sull’introduzione del pensiero evoluzionistico inmedicinaGiovanni Simonetta studente di filosofia Università diFirenze9. La costruzione di un umano Ominazione: diventareumani per via filogenetica (quarta parte)Stefania Consigliere17. La CandelaElio Fabri22. Gazebo Le sequoie?…sono alte! (settima parte)Fabrizia Gianni27. Nazareno Strampelli (1866-1942) Un grande fer-vore di ricercaSergio Salvi Scienze della Nutrizione (INRAN, Istituto Na-zionale di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione) Roma32. Le piante, una importante fonte di compostinaturaliElsa Nervo Docente di Scienze Naturali Pescia34. Edizioni digitali per la scuola34. TESTI SCOLASTICI DIGITALI: UNA SCOMMESSA AL BUIO

Vincenzo Terreni37. CONSIDERAZIONI GENERALI

Fabio Fantini38. I LIBRI DI TESTO DIGITALI

Giuseppe Ferrari39. IL PARERE DI ITALO BOVOLENTA

Intervista di Fabio Fantini40. IL MANUALE DIGITALE IN FRANCIA

Teresa Mariano Longo43. UNA VOCE DALLA SCUOLA

Lucia Stelli45. Avanguardia della tradizione Il progetto didatticopluridisciplinare del liceo scientifico Giordano Bruno MestreGiuliano Martufi46. L’infinito della vita animale. Sei lezioni su Darwin e Redi47. Dissimulazione e tragedia. Sei conversazioni su Paolo Sarpie Max Weber 49. Del Colore e dei colori I Verdi 1Matilde Stefanini54. Radici profonde nel grembo di un monte Note amargine de Le piante di Francesco CalzolariLaura Sbrana59. Il Tornalibro Parole contro l’effimeroBrunella Danesi61. Marcello Cini (1932-2012)Elena Gagliasso Filosofa Università di Roma “La Sapienza”63. Stephen Jay Gould (1941-2002)Sylvie Coyaud Giornalista scientfica Milano

Degli articoli firmati sono responsabili gli Autori

Fonti delle illustrazioniDisegni originali di Tommaso Eppesteingher ripresi da GrazieBrontosauro Ricordo di Stephen Jay Gould a dieci anni dalla scomparsacollana Finestre di NATURALMENTE Scienza, ETS, 2012, Pisa

Spedizione: Poste Italiane SpA - Spedizione in abbona-mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CB PISAIscrizione al ROC numero 16383Direttore responsabile: Luciano LucianiSegretario di redazione: Enrico Pappalettere([email protected]) 3487934426Redazione: Sandra Bocelli, Francesca Civile, Brunella Da-nesi, Fabio Fantini, Fabrizia Gianni, Vincenzo Terreni,Isabela MariniImpaginazione: Vincenzo Terreni([email protected])Edizione e stampa: ETS Piazza Carrara, 16-19 PISA - tel.050 29544 - fax 050 20158Proprietà: ANISN - Pisa c/o Museo di Storia naturale e delTerritorio, Via Roma, 79 - 56011 Calci (Pi)Abbonamenti:Conto Corrente Postale n. 14721567Banca Intesa - San PaoloIBAN: IT 95 T 0306914020013958150114Cassa Risparmio di Lucca, Pisa e LivornoIBAN: IT 96 A 0620014011000000359148Ordinario 20,00 euro; ordinario e CD tutto Naturalmente30,00 euro; ordinario e tutto Naturalmente pdf 25,00 euro;sostenitore 35,00 euro; Scuole, Associazioni, Musei, Entiecc. 27,00 euro; biennale 36,00 euro; estero 40,00 euro;singolo numero 8,00 euro; numeri arretrati 12,00 euro; copiesaggio su richiesta.Registrato il 25/02/1989 presso il Tribunale di Pisa al n. 6/89Informazioni: www.naturalmentescienza.it050/571060-7213020; fax: 06/233238204

Un ringraziamento particolare alle case editriciZANICHELLI e BOVOLENTAper l’aiuto alla realizzazione di questo numero

CollaboratoriMaria Arcà Centro studi Ac. Nucleici CNR RomaMaria Bellucci doc. St. Fil. PratoClaudia Binelli doc. Sc. Nat. TorinoMarcello Buiatti doc.Genetica Università di FirenzeLuciana Bussotti doc. Sc. Nat. LivornoStefania Consigliere dip. Antropologia Università di GenovaLuciano Cozzi doc. Sc. Nat. MilanoTomaso Di Fraia dip. Archeologia Università di PisaElio Fabri doc. Astronomia Università di PisaTiziano Gorini doc. Lettere LivornoAlessandra Magistrelli doc. Sc. Nat. RomaPiegiacomo Pagano ENEA BolognaMarco Piccolino doc. Fisiologia e Storia della ScienzaUniversità di FerraraGiorgio Porrotto cultore di politica scolastica RomaLaura Sbrana doc. Lettere PisaMarco Tongiorgi doc. Stratigrafia Università di PisaMaria Turchetto Dipartimento Filosofia e Beni culturaliUniversità Ca’ Foscari di Venezia

NATURALMENTEscienza

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Sull’introduzione del pensieroevoluzionistico in medicinaExcursus storico e analisi epistemologica

GIOVANNI SIMONETTA

IntroduzioneI “prodigi” della scienza biomedica e l’atteggiamento,talvolta di fiducia, talaltra di preoccupazione, nei con-fronti degli scenari futuri che si prospettano ogni qualvolta ci soffermiamo a pensare a quali potrebberoessere le conseguenze remote dell’incessante e velocis-simo progresso della moderna medicina rendono evi-dente l’utilità di una riflessione approfondita e multila-terale sullo statuto, sulle potenzialità e sui limiti delladisciplina che maggiormente influenza la nostra vita.La quasi totalità dell’attuale riflessione filosofica intor-no agli interrogativi posti dalla medicina è connessa aquestioni di bioetica, vale a dire, ai problemi morali enormativi sollevati in ambito biomedico (l’ingegneriagenetica, la tutela dell’ambiente della vita, la questionedell’inizio e della fine della vita e via dicendo). Ilcarattere pressoché totalizzante di queste discussioni,nella maggior parte dei casi, fa apparire irrilevante osuperflua la problematizzazione degli aspetti più pret-tamente teorici e metodologici di una disciplina dallostatuto epistemologico grandemente incerto come lamedicina, la quale, posta a metà strada tra Scienze dellanatura e Scienze dell’uomo, viene spesso associata inmodo esclusivo a una delle due alternative e, in questomodo, fraintesa proprio in quella che dovrebbe esserela sua caratteristica più peculiare, ossia la considerazio-ne, nello stesso tempo e inscindibilmente, della malat-tia sia come “guasto” del corpo, sia come condizione“esistenziale” dell’essere umano malato. Con questoarticolo mi propongo di delineare per sommi capi ilprofilo epistemologico della medicina prendendo comepunto di partenza una prospettiva teorica piuttostorecente (anche se, come vedremo, se ne possonorintracciare i prodromi già nell’Ottocento): la cosiddet-ta “medicina darwiniana” o “medicina evoluzionisti-ca”. Come si evince dalla suddetta locuzione, si tratta diun’analisi volta ad enfatizzare l’utilità e, talvolta, lanecessità di tenere conto, nella pratica medica attuale,di elementi teorici derivati dall’evoluzionismo darwinia-no, sia nel senso generale dell’opportunità di mantene-re un atteggiamento storico, sia nel senso, più partico-lare, dell’adozione di strumenti teorici particolari (comel’evoluzione per selezione naturale) nella considerazio-ne dei concetti di salute e malattia, con tutti i risvoltieuristico-pratici che ne conseguono.

Nel corso dell’argomentazione metterò in risalto alcunifraintendimenti e carenze relativi al metodo e allefinalità della medicina ed evidenzierò la possibilità diovviare a queste mancanze attraverso l’adozione di unapproccio storico-evoluzionistico. Infine, esporrò som-mariamente i punti fondamentali della proposta teoricacui faccio riferimento in quelle che appaiono essere ledue varianti principali delineatesi negli ultimi vent’anni.

La medicina tra scienza, pratica e storiaLa letteratura medica, biologica e filosofica degli ultimidecenni, sussumibile sotto l’etichetta di “medicinadarwiniana”, si presenta come un florilegio di ricostru-zioni storiche, programmi di ricerca, proposte teorico-interpretative e indicazioni pratiche (queste ultimemolto vaghe) volto ad attirare l’attenzione dei medici edi chiunque si trovi a lavorare in ambiente sanitario (e,a maggior ragione, degli enti ed istituzioni, nazionali etransnazionali, preposti alla salvaguardia della salutepubblica) sulla validità e fecondità dell’approccio evo-luzionistico nella considerazione dei concetti fonda-mentali della medicina: salute e malattia. In vista diquesta caratteristica eminentemente protrettica dellaletteratura specializzata, vorrei sottoporre all’attenzio-ne del lettore il seguente argomento: se è risaputo chela pratica medica, avendo a che fare con organismiviventi, fa ampio uso delle acquisizioni della biologia ese, d’altro canto, è innegabile che la maggior parte dellabiologia è in qualche modo connessa a tematicheevoluzionistiche, allora la medicina dovrebbe natural-mente tenere conto dell’evoluzione e, quindi, dovreb-be risultare quanto meno insolito il fatto che primadegli anni ’90 non sia venuto in mente (quasi) a nessunodi inserire considerazioni evoluzionistiche nella praticamedica e che oggi, dopo vent’anni di discussioni, imedici continuino ad essere per lo più indifferenti, senon addirittura diffidenti, nei confronti di questo ap-proccio.

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Ominazione: diventare umani per viafilogeneticaLa costruzione di un umano (quarta parte)

STEFANIA CONSIGLIERE

Plurali e pacificiQualche tempo fa, mentre insieme a un nugolo dipedoni aspettavo che il semaforo si facesse verde, hoinvolontariamente sentito la conversazione fra duepersone dietro di me. Un signore di mezz’età raccon-tava a una conoscente dello scambio che, il giornoprima, sua figlia aveva avuto con sua moglie:«Mamma, perché, se tu dici che siamo tutti figli di Dioe che Dio ci ha creati dalla polvere, papà dice invece chediscendiamo dalle scimmie?»“Papà parla della sua famiglia, cara...”Non c’è miglior incipit, mi pare, per un articolo sullapaleoantropologia osservata da un punto di vista...antropologico. La paleoantropologia studia i nostri an-tenati; e tanto per ricordare chi siamo e dove siamo, eper prendere distanza ironica dal confliggere dei senti-menti, notiamo, prima ancora di entrare in argomento,che parliamo degli antenati nostri, degli avi di coloro che,attraverso una scienza di recente fondazione e i suoistrumenti raffinati (datazioni con isotopi radioattivi,ricostruzioni stratigrafiche, bizantini collage anatomi-ci) ritengono che i propri lontani progenitori corresse-ro, con volti simili a quelli delle scimmie, per la savanaafricana di qualche milione di anni fa. Altri pensanoinvece che i loro antenati li osservino un po’ corrucciatie debbano essere periodicamente blanditi con offerte;o che fossero giganti; o umani in forma animale; oanimali in forma umana; o ancora una coppia ignudache abitava un giardino fiorente. Liberi noi di credereche i nostri antenati siano gli antenati di tutti; liberi glialtri di credere che i loro antenati siano tutt’altri dainostri; libero nessuno di imporre i propri come gli uniciveri [Landau 1991].Da noi, dunque, la paleoantropologia si occupa dellostudio della filogenesi umana. Si dice che essa sia natanel 1856, quando in una grotta della valle di Neander,in Germania, vennero scoperti i primi fossili dellaspecie che sarà poi nominata Homo neandertalensis. È unapocrifo accettabile. Apocrifo, perché parlare di pale-oantropologia, così come di paleontologia, ha senso solodopo il 1859, anno di pubblicazione dell’Origine dellaspecie di Darwin e, simbolicamente, anno dell’ingressotrionfale del paradigma evoluzionista nella mentalitàoccidentale. Accettabile, perché quei primi resti, cheapparivano anatomicamente così diversi dai bravi e

laboriosi abitanti della Ruhr, hanno davvero fatto dabattistrada allo studio degli antenati fossili della specieumana.La paleoantropologia ha una storia interessante, chevarrebbe la pena di mettere in parallelo con i centocin-quant’anni della storia d’Occidente che essa ha attraver-sato. In questo spazio non avremo modo di farlo, ma unabreve panoramica è indispensabile per comprendere laposta in gioco. Cominciamo col dire che la ricerca dellalinea di discrimine fra non ancora umano e già umano lapercorre per intero; che per lungo tempo, nella secondametà del Novecento, c’è stato un certo consenso su unoschema evolutivo che prevedeva, oltre all’origine africa-na, anche un successivo sviluppo prevalentemente afri-cano, con ondate migratorie a partire da un milione dianni fa; e che i due principali motori evolutivi della nostrafilogenesi sono stati assai presto identificati nel bipedi-smo e nell’encefalizzazione.Gli ultimi quindici anni hanno rivoluzionato questoquadro, imponendo ripensamenti anche assai radicali.Oggi la situazione è, al contempo, molto confusa edecisamente interessante: ideale per la riattivazione diun approccio critico al tema della filogenesi umana.

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La CandelaPiuttosto che maledire il buioè meglio accendere una candelaLao Tsu

ELIO FABRI

Nella penultima puntata, uscita nel n. 2 di quest’anno,mi sono impegnato a concludere con questa la mialunga serie (7 puntate in due anni) dedicata ai buchineri. In realtà quegli “oggetti misteriosi” (attributo perloro quantomai opportuno) hanno fatto la loro timidacomparsa solo nella precedente puntata, di cui viriassumo ora i punti essenziali.Ho in primo luogo chiarito che la particolare soluzionedi Schwarzschild delle equazioni di Einstein, nella formadovuta a Hilbert, corrisponde a qualcosa di realizzabilein determinate condizioni, come fase finale dell’evolu-zione di certe stelle (quelle di massa sufficientementegrande: questo non l’avevo detto). È il principale risulta-to del lavoro di Oppenheimer e Snyder del 1939.Ho fatto un cenno veloce all’esistenza di un orizzonte, chedelimita una regione di spazio con una singolare proprie-tà: l’orizzonte può essere attraversato solo dall’esternoverso l’interno, ma non viceversa.Ho mantenuto per il raggio dell’orizzonte la notazioneα di Schwarzschild; ho ricordato che il valore di α èproporzionale alla massa collassata, e che per la massadel Sole α ~ 3 km.Ho richiamato il teorema di Birkhoff (1923) che ci assicurache in condizioni di simmetria sferica, in una regionevuota di materia (per es. all’esterno di una stella, ma nonsolo) lo spazio-tempo è sempre quello di Schwarzschild.Sarà così all’esterno del Sole, o di una nana bianca, o diuna stella di neutroni; ma sarà ancora così durante ilcollasso di una stella; e anche dopo, anche quando ilcollasso avrà dato origine a un buco nero col suoorizzonte.Una conseguenza importante è che se una stella avesseun sistema planetario, e andasse incontro al collassogravitazionale, i pianeti non se ne accorgerebbero. Perchédico questo? e come va inteso? Chiariamo.

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Abbiamo già visto (puntata 70, uscita nel gennaio 2011)che la relatività generale permette di calcolare le leggidel moto dei pianeti, che risultano quasi esattamentequelle di Keplero (il “quasi” si riferisce alla piccolaprecessione del perielio). Non ho detto niente, perovvie ragioni, di come si fa il calcolo, né lo farò ora. Solouna cosa mi è necessaria: chiarire che il problema sidivide in due parti. La prima consiste nel trovare lasoluzione delle equazioni di Einstein, cosa che -come

sappiamo- fu risolta da Schwarzschild nel 1916; laseconda nel calcolare il moto di un pianeta, cosa che sipuò fare, con un procedimento che non posso spiega-re, facendo soltanto uso della metrica valida per quellaparticolare soluzione.A questo punto un lettore attento (dovrebbe esseredavvero attentissimo e dotato di ottima memoria)potrà sollevare un dubbio: “Fermo là! Ci hai detto cheEinstein arrivò alla precessione del perielio alla fine del1915, e poi che la soluzione di Schwarzschild delleequazioni fu resa pubblica nel 1916 [per la cronaca,dallo stesso Einstein, il 16 gennaio]. Ora ci dici che percalcolare la precessione bisogna conoscere la metrica,ossia bisogna aver risolto le equazioni, cosa che alla finedel 1915 Einstein non sapeva ancora fare: come lamettiamo?” In realtà la faccenda appare ancora piùconfusa se si aggiunge che nel momento in cui calcolòla precessione (18 novembre 1915) Einstein non avevaneppure trovato la forma corretta delle sue equazioni,alla quale arrivò una settimana dopo...

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GazeboLe sequoie?…sono alte! (settima parte)

FABRIZIA GIANNI

George Alexander HumeIl grande lavoro fatto per aggiornare la compagnia ècome se avesse esaurito le forze del socio rimasto,Thomas Hume (1). Questi si dichiara troppo vecchioper occuparsi in prima persona di un’azienda cosìimpegnativa nella lontana California. Altri interessi lotrattengono nel Michigan, suo luogo di origine, epropone al suo posto il primogenito George AlexanderHume.Numerosi sono gli aneddoti che riguardano la sua vita.George Hume si trasferisce in California nel 1912 a 31anni e risulta subito un personaggio eccentrico. Instan-cabile lavoratore, fino a 15 ore al giorno, ha la fama dipersona molto onesta che non disdegna la lettura diqualche libro, da cui deriva la sua nomea di uomo coltoe raffinato. Arriva dal Michigan accompagnato dallamoglie e dai quattro figli, gli ultimi due nasceranno inCalifornia. È affascinato subito dal luogo e decide distabilirsi, fin dall’inizio, in due vecchie storiche case cheguardano lo Hume Lake (fig.1).Quando la logging-season, la stagione del taglio dellesequoie, si ferma nel periodo invernale, Georges Humecon la famiglia si sposta nelle cittadine di Sanger o diFresno per la scuola dei figli. Alla ripresa dei lavori inprimavera, è sempre il primo a ritornare. È per lui unaquestione di onore e di orgoglio portare di persona aglioperai, rimasti ai campi nel rigido inverno, la primafrutta e verdura di stagione.George Hume, quando subentra al padre, si prefigge diaumentare al massimo la produzione di legname conun incremento netto nel taglio di board feet (2). Comeprimo atto impone due massacranti turni di lavoro.Non trascura tra l’altro migliorie strutturali e porta atermine la costruzione di una nuova ferrovia, comprauna seconda locomotiva così da utilizzare insieme duereti ferroviarie.Nel 1912 la Compagnia arriva alla produzione record di27.003.873 board feet che vengono inviate alla cittadinadi Sanger attraverso il nuovo flume, in tutto sonoimpegnati 1000 uomini (fig. 2).Mentre si procede al grande lavoro di spoliazione dellaforesta, l’area intorno allo Hume Lake diventa una richie-sta stazione turistica. Il numero dei visitatori che cercanopace e riposo in questi luoghi aumenta costantemente. Siassiste da una parte alla distruzione indiscriminata delpatrimonio naturale e dall’altra al profondo desiderio dientrare in relazione con ciò che si sta distruggendo(fig.3). Campeggiatori, escursionisti, pescatori e amanti

della natura si spostano dalla caldissima San JoaquinValley per cercare refrigerio e riposo in queste stupendearee boschive. Il governo progetta la costruzione di unanuova strada e mezzi a motore incominciano un servizioregolare dalla cittadina di Sanger. Proprio quando laprosperità sembra a portata di mano, la nazione entra inrecessione e l’industria delle costruzioni è tra le prime atrovarsi in difficoltà con gravi conseguenze per la Hume-Bennett, siamo nel 1914.Il padre Thomas Hume, è costretto a venire in soccorsodel figlio con forti somme di denaro. Una soluzioneprospettata dal figlio George, propone di riunire sottoun’unica sigla le quattro grosse compagnie di legnamedella California, ma spunta ancora lo spiacevole ex-socio Ira Bennett che avanza impegnative preteseeconomiche che portano la trattativa ad arenarsi.George Hume, nonostante le difficoltà, non riesce adabbandonare la sua impresa e prosegue nell’opera diammodernamento. Decide di potenziare l’intera reteferroviaria passando dallo scartamento ridotto allo scarta-mento normale (3).L’attuale ferrovia a scartamento ridotto è troppo leggera etroppo stretta per il trasporto dei pesanti tronchi delle

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Nazareno Strampelli (1866-1942)Un grande fervore di ricerca

SERGIO SALVI

Il 23 gennaio 2012 è caduto il settantesimo anniversariodella morte di Nazareno Strampelli, agronomo e gene-tista che legò i suoi destini alla celebre “Battaglia delgrano” di epoca fascista per poi assurgere, in tempi piùrecenti, allo status di precursore della cosiddetta “Rivo-luzione verde”.Nato il 29 maggio 1866 a Castelraimondo (Macerata),Nazareno Strampelli intraprende gli studi di agrariaprima a Portici (Napoli) e quindi a Pisa dove, nel 1891,consegue la laurea. Dopo una breve parentesi comedirettore del laboratorio chimico delle miniere dell’Ar-gentario (1893-1894), fino al 1901 è assistente allacattedra di Chimica dell’Università di Camerino (Mace-rata). Nello stesso periodo insegna anche agraria inalcune scuole della stessa città. Nel 1900, sempre aCamerino, Strampelli compie alcuni tentativi d’ibrida-zione del frumento grazie ai quali, pur avvalendosi dimetodi indiretti di fecondazione artificiale, trae l’ispira-zione per approfondire le potenzialità date dall’ibrida-zione nel miglioramento delle specie vegetali (Salvi,2011).Nel 1903, si trasferisce a Rieti a seguito della vincita diun concorso pubblico per la direzione della neoistituitacattedra ambulante di granicoltura. Strampelli appren-de probabilmente in quello stesso anno, dell’esistenzadelle leggi di Mendel da poco riscoperte e avvia unprogramma di miglioramento genetico del frumentosecondo un approccio che combina l’incrocio perimpollinazione artificiale diretta con la pratica tradizio-nale della selezione genealogica, quest’ultima basatasulla scelta e la riproduzione in purezza degli individuiche mostrano caratteristiche ritenute di utilità pratica.Convintosi che l’unico modo di ottenere la fissazionedi una nuova caratteristica di utilità agronomica all’in-terno di una varietà che non la possiede sia quello diintrodurla mediante l’incrocio con una varietà che,invece, la presenti costitutivamente, Strampelli allesti-sce una collezione di circa 250 varietà di frumento fattearrivare a Rieti da ogni parte del mondo. In questomodo egli può disporre di un’ampia variabilità geneticaentro la quale scegliere le piante dotate di caratteristicheutili, da sfruttare nell’incrocio soprattutto con il fru-mento “Rieti”, una varietà locale coltivata da secoli nelcapoluogo sabino e dotata di una spiccata capacità diresistenza alle ruggini (affezioni provocate da funghipatogeni del genere Puccinia) responsabili di gravi danniinflitti alla produzione del cereale. È proprio grazie ad

una varietà di frumento straniero, la giapponese “Akako-mugi”, che Strampelli riesce a creare alcune decine divarietà resistenti alle ruggini e dotate di due caratteristi-che oggi di comune riscontro nel frumento “moder-no”: la bassa taglia del culmo, che consente alla piantadi non allettare (ossia di non abbattersi a terra in casodi forte pioggia o vento o per l’eccessiva fertilità dellaspiga), e la precocità di fioritura e maturazione mediatadall’insensibilità al fotoperiodo, ossia la capacità di fiorire eportare a maturazione le cariossidi indipendentementedalla durata del ciclo stagionale di luce-buio (Salvi2009).Strampelli è attivo anche sul fronte della costituzione diibridi intergenerici, utilizzando graminacee semi-selvati-che, come la segale (Secale cereale L.) e il Dasypyrumvillosum, per introdurre nel frumento caratteristiche dirusticità e resistenza alle malattie, operando incroci esuccessivi backcrossing (reincroci) in modo da fissarevarietà del tutto simili al frumento -per numero cromo-somico, livello di ploidia e caratteristiche morfo-fisio-logiche- ma con alcuni geni della specie “estranea”inseriti per ricombinazione spontanea nel genoma delcereale più “nobile”. Grazie a questi incroci, Strampelliottiene alcune varietà di successo come il “Terminillo”[(Secale cereale x Triticum aestivum cv. Rieti) x Triticumaestivum cv. Rieti], particolarmente adatta alla coltiva-zione in altopiano fino a 1000 metri, e il “Roma”[(Triticum aestivum cv. Akakomugi x Dasypyrum villosum)x Triticum aestivum] (De Pace et al, 2011).

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Le piante, una importante fonte dicomposti naturali

ELSA NERVO

La questioneLe piante occupano un posto chiave nella formazionee nel mantenimento della Biosfera: organismi produt-tori di sostanze organiche, alimentano e controllano iflussi di trasferimento di materia ed energia nei com-plessi sistemi biologici ed ambientali.La scienza ha indagato ampiamente tali fenomeni. Imeccanismi fitochimici di base sono ben noti; in par-ticolare, da sempre e ovunque la vegetazione è conside-rata anche dispensa, farmacia e fonte di materiali peruso ornamentale, igienico, tecnico, edile; essa influenzail benessere fisico ed emotivo della persona, promuovesenso estetico e suscita curiosità.L’attività produttiva della pianta procede con ritmialterni e per scopi diversi che dipendono dalle sueesigenze, dai fattori ambientali e dalle dinamiche del-l’ecosistema a cui appartiene. La capacità di adattarsi eriadattarsi delle piante è una questione significativa inambiti differenti della ricerca scientifica. Viene spessoda chiedersi il perché la pianta faccia tanto lavorobiochimico, quali ne siano vantaggi e finalità biologicheo ecologiche. Le conoscenze sono tante, ma vannoapprofondite e discusse confrontando risultati di ana-lisi ed indagini sul campo, perché al momento lespiegazioni sono limitate ed incerte. Il protagonismoproduttivo della pianta mi è sempre apparso un fatto digrande fascino e importanza ed ha stimolato la miacuriosità ed il mio desiderio di conoscere.Le attuali possibilità di indagine sui fenomeni biologicie sui meccanismi fitochimici forniscono chiavi di lettu-ra nuove ed efficaci per comprendere, completare ocorreggere conoscenze pregresse. Perciò da alcuni annicerco di coltivare e approfondire questi temi. In parti-colare, ho potuto chiarire e sviluppare alcune idee efocalizzare con più attenzione problemi e aspetti diver-si connessi con la vita delle piante, frequentando ilMaster Etnobiofarmacia ed utilizzo sostenibile della biodiver-sità, organizzato dal Centro Interdipartimentale di stu-di e ricerche sull’Etnobiofarmacia dell’Università diPavia. Si tratta di un corso multidisciplinare che siinteressa, oltre che di biologia, anche di antropologia,economia, epistemologia della scienza, di cooperazio-ne, della storia dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS), dellalegislazione e proprietà intellettuale, ecc. e si proponedi formare esperti capaci di gestire problematicheinerenti l’utilizzo sostenibile della biodiversità, speciequella presente nei PVS, attraverso la scoperta e lostudio di composti di origine naturale e la produzione

e commercializzazione di prodotti da essi derivati, perusi farmaceutici, cosmetici, alimentari, fitosanitari, ecc..Il panorama culturale che riguarda lo studio dellesostanze naturali prodotte dalle piante è quindi davve-ro vasto e coinvolge aspetti importanti e significativi,tanto sul piano scientifico quanto in ambito sociale.

I prodottiSe osserviamo un germoglio che cresce e si sviluppa,possiamo renderci conto della velocità con cui l’orga-nismo vegetale produce sostanze e costruisce nuovestrutture. Quando i processi di crescita e svilupporallentano o si interrompono, l’attività fitochimica nontermina. La pianta trasforma, demolisce, impacchetta ciòdi cui al momento non ha bisogno e lo accumula instrutture specifiche. Le eccedenze vengono conservatein modo da essere utilizzate in seguito.Le piante sono inoltre capaci di fare molto di più. Oltreai metaboliti primari i vegetali possono produrre altresostanze, diverse per composizione, distribuzione efunzione biologica: i metaboliti secondari. Si tratta disostanze speciali che hanno un ruolo vitale per ilbenessere della pianta che li produce. A differenza deimetaboliti primari, pur essendo presenti in tutti gliorganismi vegetali, hanno una distribuzione moltovaria, sia per qualità che per quantità.

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L’editoria scolastica svolge un ruolo di grande importanza nella formazione delle scelte didattiche dei docenti. La modalità di uso deltesto varia da docente a docente, tuttavia non viene mai meno il ruolo di orientamento che il testo svolge, per quanto riguarda non solol’apprendimento degli studenti, ma anche la scelta dei contenuti operata dal docente. Gli anni più recenti hanno visto un crescenteampliamento del sostegno multimediale al testo cartaceo, fino a delineare una situazione in cui il substrato elettronico sembra destinatoa diventare il canale principale di trasmissione dell’informazione. L’ebbrezza indotta dallo sfruttamento delle potenzialità ancorainesplorate delle nuove tecnologie comunicative non esime da una riflessione sul senso e sulla tendenza delle trasformazioni che stannocambiando con rapidità le caratteristiche dei testi scolastici. La Redazione di NATURALMENTE propone le brevi considerazioni cheseguono come spunto per avviare una discussione su questi temi, con il contributo di docenti impegnati sul campo e di quanti, all’internodelle Case Editrici, partecipano alla elaborazione delle strategie editoriali.

Edizioni digitali per la scuola

Testi scolasticidigitali: unascommessa al buio

VINCENZO TERRENI

Il libro, come ogni altro oggettocostruito dall’uomo, ha subito deimutamenti tanto più profondi quan-ti più ci si avvicina al momento at-tuale. Nel campo della editoria sco-lastica ormai non ci sono adozioniche non comprendano il pacchettocompleto: libro di carta, comple-menti e assistenza in rete. Ora pareche si inizi una sperimentazione sularga scala nel nostro Paese per non“rimanere indietro” rispetto all’Eu-ropa e agli altri Paesi avanzati. Pur-troppo indietro ci siamo già ed è unarretramento con radici forti ed este-se; in Italia sono in atto sperimenta-zioni che meriterebbe analizzare, matutto sembra al di fuori di un dibat-tito consapevole e ben avviato nellescuole, in ambito culturale in gene-rale e nelle famiglie.Vogliamo aprire una discussione suquesto argomento, mettendo a di-sposizione degli interessati la rivi-sta e il sito. Iniziamo col proporrealcuni punti di vista da parte diinsegnanti, autori di testi scolastici,operatori del settore, osservatori disistemi scolastici. Noi, come tutti,abbiamo figli o nipoti che si affac-ciano alla scuola e ancora una qual-che residua reminiscenza di scuola,innovazione didattica e formazionedei docenti.

Sarebbe sciocco e impossibile impe-dire alla scuola di prendere atto chela digitalizzazione e internet hannocambiato il modo di comunicare.Inoltre, in rete sono a disposizionedi tutti opportunità planetarie di fil-mati, immensi archivi fotografici,strumenti didattici a largo spettro giàconfezionati e messi liberamente adisposizione.

Una semplice domandaPassare al digitale significa solo ab-bandonare la carta? Sarebbe già unpasso in avanti. In altri Paesi i libridigitalizzati, disponibili come filePDF leggibili su qualsiasi hardware,sono già ampiamente diffusi. Ma èuna soluzione sensata per i libri sco-lastici? Non basta travasare in for-mato elettronico i libri già prodotti,occorre una impostazione specificache tenga conto sia delle capacità disfruttare adeguatamente i collega-

menti che un pc consente che delleesigenze di comunicazione dellenuove generazioni. Di questo aspet-to in Italia non si è parlato, ci sonostate sperimentazioni promosse dalMinistero dell’Innovazione (ministroBrunetta) riportate in modo un po’trionfalistico, in alcuni servizi passa-ti sottotono (permangono tracce inrete). Si sperimentano anche libriautoprodotti, ne parleremo più avan-ti, e sono in circolazione edizionimiste (se fossero automobili sareb-bero classificati ibridi): libri di cartacon annessi didattici in rete. In so-stanza una discussione sugli stru-menti per apprendere a scuola non èstata neppure aperta e là dove ci sonole sperimentazioni queste si possonoseguire solo per passaparola o attra-verso i pochi materiali in rete: il Mini-stero e le sue propaggini territorialisembra che non vogliano disturbare.

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Avanguardia della tradizioneIl progetto didattico pluridisciplinare del liceo scientificoGiordano Bruno di Mestre

GIULIANO MARTUFI

Ci si interroga, con esiti spesso contraddittori e talvoltasconfortanti, sul livello di maturazione della “coscienzacollettiva” degli italiani in tema di scienza e tecnologia,ma confrontando la nostra identità con quella di altreNazioni, dobbiamo tristemente ammettere che tra lefigure culturali di riferimento non è facile trovare degliscienziati. Perfino Galileo è entrato nel nostro Pantheonpiuttosto come martire del libero pensiero e solo conil Risorgimento; del resto, dopo essere rimasto in unminuscolo stanzino nelle vicinanze del campanile percirca un secolo, il suo corpo fu deposto nel sepolcro inSanta Croce in forma semiprivata. Niente da spartirecon l’Inghilterra: già da vivo, Newton era entrato nellacatena dell’identità nazionale e Darwin fu subito accoltocon funerali solenni nell’Abbazia di Westminster,malgrado il cruccio dei teologi anglicani e le perplessitàdella regina Vittoria. Ma oggi, al deficit di cultura scientificadel nostro sistema educativo bisogna aggiungere larimozione dei classici e l’oscuramento di quella nostraseconda “lingua materna”, radicata nel patrimoniostorico, artistico e naturale, che la Costituzione tutelama i programmi ministeriali avviliscono -tale è il destinodella Storia dell’Arte e della Geografia.L’inquietudine per questo strano garbuglio, dal 2005,accompagna i docenti del Liceo Giordano Bruno di Mestrenel rinnovare il loro sostegno al progetto Avanguardiadella tradizione - L’attualità multidisciplinare dei classici, il cuirespiro resta, tutto sommato, interno al curriculumistituzionale di ogni liceo scientifico ma a cui non èmancata, almeno inizialmente, una piccola puntapolemica. Pagine che fanno parte, per unanime consenso,del nostro canone (il De rerum natura di Lucrezio o lavicenda di Galilei …) si impongono come inerti suppellettili,se non si coglie la forza critica vigente e il valoreesemplare di cui si caricano, anche in ordine alla fecondainterazione, alla reciprocità e, spesso, all’analogiametodologica tra diversi ambiti del sapere. Come hadetto Ivano Dionigi, nostro ospite in una delle primeedizioni, “scientia e humanitas non sono due culture, madue lingue della stessa cultura; perché nell’era del maximumdella specializzazione urge il maximum della visoned’insieme; perché, per sondare le nuove frontiere dellaricerca, bisogna conoscere il mondo e l’uomo, il fuori eil dentro, il presente e il passato”.L’impianto didattico, che fin dall’inizio ha ricalcato lastruttura di precedenti progetti sperimentati nel Liceo,è semplice. Il nucleo promotore, designato dal Collegio

dei docenti, propone ogni anno due temi o figure,preferibilmente annoverati nei piani di studio ordinaridelle classi quarte e quinte; attorno ad essi si articolanodue distinti percorsi, il cui nocciolo sarà costituito datesti concordati - ad esempio, nei casi citati, si è trattatodella Lettera a padre Castelli di Galileo e di alcuni passaggidel Poema di Lucrezio. I testi e le tematiche connesse,sono presentati durante lezioni ordinarie in diverseprospettive e poi vengono ripresi e attualizzati da ospitiautorevoli nel corso di tre conferenze, arricchite, nondi rado, da nuove prospettive interpretative.Ci ha sempre accompagnato la convinzione chel’antagonismo tra l’ambito della scienza e quello dellearti sia il frutto corrivo di pensieri frettolosi e perfortuna, secondo Stephen Jay Gould, “siamo in moltiad avere la forte sensazione che una preponderanteunità della mente dia vita a una somiglianza più profonda.La creatività sembra lavorare in larga misura come uninsieme coordinato e complesso perché, dopo tutto,non c’è scienza senza fantasia né arte senza fatti”.

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Del Colore e dei colori

I Verdi 1MATILDE STEFANINI

Il verde non è uno dei colori primari della sintesisottrattiva, quella sintesi coloristica che partendo daicolori rosso, giallo e blu sotto forma di pigmenti ocoloranti, permette di ottenere un colore secondariomiscelando due di questi, ad esempio un blu con unrosso per il viola. Ma lo è nella sintesi additiva, quelladella luce, perché tra le due sintesi è diversa la condizio-ne operativa: in quella additiva si aggiunge luce di undato colore, nell’altra invece si assorbe un dato coloredalla luce bianca. Nella sintesi sottrattiva occorre quin-di una sostanza che -per trasmissione o per riflessione-assorba un dato colore. Occorre ricordare che qualsiasicosa, anche un pigmento, non è dotata di coloreproprio, ma che riflette una parte della luce da cui ècolpita e assorbe la parte rimanente: è la radiazioneriflessa che produce in noi la percezione di un colore.Quando si mescolano impastandoli due pigmenti ocoloranti, ognuno sottrae la sua porzione di spettro allaluce, per cui il colore ricavato ci apparirà meno lumino-so dei colori di partenza. Nella sintesi additiva invece,per ottenere i colori secondari bisogna proiettare in unacamera oscura tre fasci luminosi confluenti, rosso, blue verde, di determinata intensità e giusta lunghezzad’onda su di uno schermo bianco: nel punto in cui tuttee tre le luci si incontrano si otterrà la luce bianca. Dovesi sovrappongono il rosso e il verde si consegue il giallo,che è quindi qui un colore secondario; dove si sovrap-pongono blu e verde otterremo un blu/turchese chia-mato ciano, dove si incontrano rosso e blu un purpu-reo/violetto chiamato magenta. Sbrigativamente sumolti testi si afferma quindi che, essendo il ciano unasfumatura di blu, il magenta una sfumatura di rosso eil giallo un giallo, i primari della sintesi sottrattiva sonoi secondari della additiva (1). Ma il verde, colore secon-dario insieme all’arancio e al viola nella sintesi sottrat-tiva, si ottiene mescolando blu e giallo, cioè un primarioe un secondario della additiva, mentre un giallo non sipotrà mai ottenere per mescolanza sottrattiva, e poi ilgiallo + il rosso + il blu dei pigmenti non danno un nerovero e proprio, ma un grigio scuro (2), cosa di cui si eragià accorto Goethe, quindi la questione non è cosìsemplice, anche perché nella sintesi dei colori-lucecome si vedrà in seguito, si potrà ottenere a sua voltauna scomposizione additiva e sottrattiva.Su questo si dibatte da secoli e il fisico scozzese JamesClerk Maxwell dimostrò chiaramente, già nel 1855, chemescolare luci non è come mescolare pigmenti e che idue teorici sistemi non possono incontrarsi, pur se

strettamente intrecciati nella realtà, poiché i pigmenti ei coloranti hanno bisogno delle radiazioni elettroma-gnetiche della luce per rivelarsi a noi come colori.Anche se tutti i tentativi pittorici di creare dei colori-luce con colori-materia sono stati frustrati, alcuni artisticome Turner e gli Impressionisti, raggiunsero effetti digrande luminosità. I puntinisti francesi, i divisionistiitaliani e i primi futuristi con gli effetti di mescolanzaottica operata sulla retina da punti o filamenti dipigmenti puri, crearono una luminosità maggiore diquella ottenuta miscelando o sovrapponendo i pig-menti stessi. E luminosità diffusa che sembra sprigio-narsi dall’interno dei dipinti dalle essenziali forme/colore per effondersi nello spazio circostante, si trovanelle complesse opere del contemporaneo Loris Nel-son Ricci, dove il pigmento stemperato con vetrosapietra vulcanica, nelle squillanti tonalità dei sanguignirossi intensi, delle porpore, nei rosati ora corposi oravellutati, in quelle preziose dei tenui avoriati o dei gialli,dai morbidi ai più robusti, come nei delicati celesti onelle voragini dei blu scuri e, persino nei neri corposi eprofondi, riflette e rifrange la luce.

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Radici profonde nel grembo di unmonte *Note a margine de Le piante di Francesco Calzolari (1)

LAURA SBRANA

Non conosco di persona Daniele Zanini, autore diquesto ponderoso volume di grande formato, sontuosonella veste tipografica ed iconografica, così mi piaceimmaginarlo come un erudito certosino, capace ditrarre indefessamente, con continuità e rigore, paginedi apparato critico da un rigo di testo.Zanini riprende un’opera di piccola mole, di cui dàanche la riproduzione anastatica, che FrancescoCalzolari, “peritissimo spetiale” e “protopadre deibotanici veronesi”, pubblicò nel 1566: è Il Viaggio diMonte Baldo, della magnifica città di Verona, una florula disedici pagine, “strutturata come una moderna schedadi rilevamento floristico, priva di immagini, descrizioniprolisse o ricette mediche”, notevolissima per noi,perché improntata al concetto allora sconosciuto dibiogeografia: infatti è “la prima pubblicata per un territoriocosì esteso, non con lo scopo di raccogliere, bensì diclassificare e certificare l’esistenza di una determinataspecie in relazione alle caratteristiche dei numerosihabitat”. Il Viaggio ebbe grande risonanza al tempo,specie dopo la traduzione in latino, nel 1584, ad operadi G. B. Olivi, medico dei Gonzaga, traduzione che,anche per esser stata, fra l’altro, “aggiunta all’operaCompendium de Plantis del Mattioli, […] e posta inappendice a De Plantis Epitome utilissima, curata daMattioli e Camerario”, “diffuse in tutta Europa l’ideache il Monte Baldo fosse uno scrigno di erbe medicinali”e così, su quel monte, definito Hortus Italiae, poi,addirittura, Hortus Europae, arrivarono giusto “da ogniparte d’Europa Herbolati a raccogliere Radici etHerbette molto profittevoli ad ogni grande infermità”!Zanini, dopo un’amplissima premessa dedicata a Larinascenza scientifica nel Cinquecento, La vita (di Calzolari),La Theriaca e l’Hortus simplicium, esamina, per arrivare alriconoscimento, una per una le circa quattrocentopiante oggetto dell’interesse di Calzolari, secondo questoschema fisso: Descrizione di Mattioli e di altri contemporanei,Sinonimie e dati dell’erbario Aldovrandi, Commenti di Goiran,Attribuzione del nome scientifico, Uso farmacologico nelCinquecento e Commenti di botanica medica, cioè riuniscetutto, o quasi, della storia, della fitografia, dell’usoantico e delle proprietà modernamente verificate diquelle piante, con un’estensione, più sintetica, ai semplicida Calzolari usati per la Teriaca o coltivati nel suo hortussimplicium o esposti nel suo Museo (2). I principaliriferimenti nell’apparato di Zanini sono Pietro Andrea

Mattioli, Castor Durante, Ulisse Aldrovandi e il piùmoderno Agostino Goiran, mentre la fitta rete deirapporti, per conferma o in antitesi, implica raffronti ecitazioni da diversi erbari e molte altre opere definibili“botaniche in senso lato”. Per dare un’idea della moledi lavoro svolto da Zanini nell’impegnativo percorsoche le piante citate da Calzolari compiono, dal nomeche hanno nella florula alla loro quasi sempre difficoltosaidentificazione, ed all’attribuzione del nome scientifico,riporto almeno una voce (e neppure la più complicata!):“Tra le piante raccolte da Calzolari a Rivoli si nota laResida di Plinio […] Mattioli non prese in considerazionela R. di Plinio, corrispondente a R. lutea L., bensì loStruthio falso, ossia R. luteola L., pianta conosciuta anchecome Herba lanaria […] Michiel descrisse la Cindrila,ossia la R. Plinii da semplicisti, identificata come R. alba[…] per Ghini Sesamoide maggiore […]

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Il TornalibroParole, contro l’effimero

J. B. S. HaldaneDella misura giusta e al-tri saggiGarzanti, 1987

John Burdon SandersonHaldane è stato un divul-gatore scientifico di ecce-zione, il suo Della misuragiusta è un classico intra-montabile in cui, nel lonta-no 1926, è affrontato unproblema biologico fonda-mentale, le ragioni per cui

“una lepre non potrebbe essere grande come un ippo-potamo o una balena piccola come un’aringa”. Il temaera già stato affrontato da Galileo nel 1638 nei Discorsie dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinen-ti alla meccanica e ai moti locali: il rapporto superficie/volume, all’aumentare di un fattore lineare diminuiscedrammaticamente, poiché le superfici aumentano se-condo i quadrati, mentre i volumi secondo i cubi.Quest’osservazione, ormai presente in tutti i libri dizoologia e che risponde anche alla domanda delleragioni per cui le cellule siano tutte microscopiche, nonera mai stata presa in considerazione, sino al saggio diHaldane, che spiega il fenomeno in forma chiara ebrillante: “Si può lasciare cadere un topo in un pozzodi miniera profondo mille metri; toccando il fondo,esso prenderà solo un leggero colpo e se ne andrà; unratto muore, un uomo si spezza le ossa, un cavallo sisfracella. Questo perché la resistenza offerta dall’aria almoto è proporzionale alla superficie dell’oggetto inmovimento. Se si dividono la lunghezza, la larghezza el’altezza di un animale per dieci, il suo peso si riduce diun millesimo, ma la superficie resta un centesimo dellaprecedente. La resistenza alla caduta, dunque, è inproporzione dieci volte superiore alla forza agente.”La sua lettura rende ragione del perché non esistano igiganti e i draghi e perché gli angeli non potrebbero inogni caso volare: le loro ali dovrebbero innestarsi su unpetto la cui carena dovrebbe sporgersi in avanti percirca un metro e venti e i loro arti inferiori, perrisparmiare peso, dovrebbero essere simili a trampoli(ma gli angeli, si sa, non rispondono alle leggi della fisicaterrestre). Insomma, ogni animale possiede dimensioniottimali e quelli in grado di termoregolarsi hannobisogno, per mantenere la propria temperatura stabile,

di consumare cibo in proporzione alla propria superfi-cie corporea, attraverso cui il calore è disperso: questoè il motivo per cui cinquemila topi, che pesano quantoun uomo, consumano cibo e ossigeno diciassette voltepiù di quanto ne consumi un uomo, poiché la lorosuperficie complessiva è appunto diciassette voltemaggiore. È dunque evidente che non possono esisterepulci grandi come un uomo, in grado di saltare atrecento metri di altezza. Haldane estende queste con-siderazioni sulla misura giusta anche in campo politico:“La questione socialista si presenta essenzialmentecome un problema di dimensioni [...] ma mentre lanazionalizzazione di certe industrie è una prospettivarealistica anche per il più grande degli stati, non riescoa pensare all’Impero britannico o agli Stati Uniti resicompletamente socialisti più di quanto riesca a imma-ginare un elefante che fa capriole o un ippopotamo chesalta una siepe”.Numerosi altri saggi figurano nel volume dal titoloomonimo, una miscellanea di interventi, tutti di ottimadivulgazione, che per chiarezza espositiva e capacità diincuriosire il lettore competono con quelli del com-pianto Gould.La biologia della disuguaglianza, uscito per la prima voltanel 1946 (Annales of human genetics Volume 13, Issue 1,pages 197–205 con il titolo Interazione fra natura ecultura), se fosse stato letto con maggior attenzione,avrebbe fatto risparmiare fiumi di inchiostro su questoinfinito dibattito. Il testo si apre con l’esame dellaDichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, in cuisi sostiene l’uguaglianza fra gli uomini; questo, dalpunto di vista biologico, non è vero, anche se ciò nongiustifica i programmi eugenetici perseguiti anche negliStati Uniti, in cui genitori potenzialmente inadatti sonostati sterilizzati. Haldane affronta il problema in termi-ni statistici, mettendo in luce come la dicotomia natu-re/nurture sia priva di senso, che si parli delle ali deimoscerini, del peso dei cani o dell’intelligenza fra gliuomini. Solo l’analisi statistica compiuta su campionisignificativi e analizzando una variabile ambientale pervolta, può dirimere parzialmente il problema; variabiliambientali semplici, come il tipo di alimentazione,possono essere fuorvianti. Ad esempio, possiamo co-statare che mucche di razza Jersey producono più latte,rispetto a quelle di razza Highland, se messe in unpascolo fertile, ma se cambiamo ambiente e le mettia-mo in un’arida brughiera, la Highland, anche se produr-rà meno latte di quanto non faccia in una fattoria,

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sopravvivrà e darà comunque latte, mentre la Jerseynon ne darà per niente e probabilmente morirà. Lemisure eugenetiche che molti stati hanno adottato, nonhanno alcuna attendibilità scientifica, anche perchénon esistono solo differenze dovute alla natura (eredi-tarietà, segregazione, mutazione) e ambiente, ma anchea un altro fattore imponderabile X: “quelle differenzeche non possiamo ascrivere ad alcuna delle ragioniprecedenti [...] considero scientificamente inesatto tra-lasciare X [...] in certi casi, per esempio in quello del coloredella pelle, X è piuttosto piccolo e, secondo le nostreconvinzioni filosofiche, possiamo sperare di dimostrareche è irrilevante oppure saliente rispetto alle differenze dicomportamento” (Della misura giusta, p. 143)Il tema dell’eugenetica è ripreso più volte. Creatori di deiè un saggio irriverente e provocatorio, in cui si sostienefra l’altro che i santi Gervaso e Protaso, sepolti nellabasilica di Sant’Ambrogio a Milano, erano in realtàcacciatori Cro-magnon, sepolti con onore, i cui teschinon grondavano sangue, ma erano stati spalmati conocra rossa. La propensione a creare dei è, secondoHaldane, “uno dei vizi più disgraziati cui va soggetta la

mente umana e si riscontra anche nella scienza quandoalcune generalizzazioni sono definite leggi di natura”.Anche l’eliminazione di organismi dovuta alla selezio-ne, invece di far concludere che l’uomo dovrebbecercare di controllare in qualche altro modo la propriaevoluzione, ha portato “alcuni biologi di seconda clas-se” a inferire che la società dovrebbe imitare la natura,eliminando preventivamente i non adatti. Fra i nonadatti, secondo alcuni, ci sono i poveri, che si riprodu-cono più velocemente dei ricchi. Questo non è incontraddizione con il pensiero di Darwin? Se le classidisagiate si riproducono più delle altre non significa cheesse sono meglio adattate?Tutti i suoi scritti sono un invito pressante all’uso dellaragione, per comprendere le vere cause di certi fenome-ni, senza indulgere nel coltivar favole. Tutte le nostreenergie dovrebbero piuttosto essere indirizzate a pre-venire, per quanto possibile, la guerra, la miseria, lemalattie, senza aver timore di affermare che esistonoanche problemi la cui soluzione c’é ancora ignota, percui, a volte, lo scienziato serio può solo affermare “nonlo so”.

Brunella Danesi

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Marcello Cini (1923-2012)ELENA GAGLIASSO

Marcello Cini è stato uno dei primi giovani fisici aoccuparsi del nucleare negli anni ’50 e uno dei piùimportanti critici del nucleare dopo la catastrofe diChernobyl. È stato uno scienziato di fama internazio-nale capace di criticare la fede nella neutralità dellaricerca dopo aver visto i prodotti della ricerca militarein Vietnam ed esser uscito dal Partito Comunista. Hafondato con altri Il manifesto e successivamente l’am-bientalismo scientifico italiano con Legambiente. Perqueste ragioni teoriche, politiche e scientifiche è statouno dei più importanti epistemologi italiani a partiredagli anni ’70.

Scriveva: Da giovane, Prometeo aveva rubato il fuoco agli dèiper regalarlo agli uomini. L’aveva pagata cara. Ha ancora ilfegato pieno di cicatrici. Diventando vecchio però ha perso molteillusioni. S’è messo d’accordo con gli dèi, che hanno cambiatonome, ma sono sempre gli stessi prepotenti, e ha accettato di gestireper conto loro un supermercato. Così, in uno dei suoi ultimilibri sulle maggiori rivoluzioni del pensiero scientificodel moderno, Il supermarket di Prometeo del 2006, raccon-tava la parabola della svendita dell’ideazione scientificaal mercato finanziario. Gli dei di oggi: la grande finanzavirtuale, le poche multinazionali che lanciano futures ederivati sulla ricerca che prometta profitto immediato.Come scenario quello inumano del trionfo delle merci,compresa la trasformazione in merce anche della cono-scenza, anzi, proprio della conoscenza di cui si bloccala libera circolazione per aumentarne il valore di mer-cato attraverso brevetti e copyright. E uno spaziometaforico, quello del supermercato, in cui alla curio-sità e alla condivisione del sapere (gli ingredienti basedel conoscere) è sostituita la proliferazione di gadget;spazio popolato da consumatori astratti, soggetti ano-mici e docili, i cui fili, anche mentali sono mossi dagiochi di un’economia che arricchisce pochi e schiaviz-za o espelle molti: il liberismo sfrenato, ricordava così

Cini, non è amico della scienza, perché non è la libertàdemocratica della ricerca.È così che trent’anni dopo le sue prime ed epocalibattaglie sulla non neutralità della scienza, dopo lascandalosa pubblicazione de L’ape e l’architetto nel 1976,dopo i suoi interventi mensili su riviste come SAPERE,dopo l’opera di respiro epistemologico e critico piùimportante e nota, Un Paradiso perduto (1994), o l’autobio-grafia politica e scientifica I dialoghi di un cattivo maestro(2001), Cini aveva affinato la sua strada e additava ilcontesto ineludibile oggi per parlare concretamentedella scienza: il loop tra scienza, società e mercato.A differenza del suo Prometeo d’illusioni Cini non neaveva perse poi tante da vecchio. Anche perché il suopensiero aveva ben poco la natura di un’‘illusione’quanto piuttosto quello di una continua profondaricerca unita al senso di responsabilità. Via via chel’andamento della storia (della politica, della ricerca,della cultura) nel nostro frastornato Paese depotenzia-va le possibilità di un’azione e di un pensiero critico,Cini era capace di restare con intelligenza e curiositàallertate e, passati ormai gli ottant’anni, cogliere ancorae sempre il nuovo: dal senso della rivoluzione delsapere condiviso nel web, alle implicazioni non ridu-zioniste delle neuroscienze con l’evoluzionismo biolo-gico, dalle nuove battaglie ecologiche e politiche indifesa dei beni comuni, alla concreta partecipazione per-sonale in nuove formazioni della sinistra radicale. E delnuovo sapeva farne un reagente col resto delle cono-scenze e delle idee di un’intera vita, rinnovandolecostantemente. Anche negli ultimi dieci anni, uscitodall’Università La Sapienza, dove aveva insegnato dal1957, e non svolgendo più ricerca attiva, restava a tuttigli effetti un grande fisico, e da professore emerito (suproposta di fisici del calibro di Edoardo Amaldi, Gior-gio Salvini e Enrico Persico) erano usciti su riviste diprestigio, gli ultimi suoi lavori teorici sulla fisica deiquanti.

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Stephen Jay Gould (1941-2002)SYLVIE COYAUD

I giornalisti scientifici sono dei privilegiati.Con un po’ di ostinazione, e giocando sui famosi “seigradi di separazione” riescono a incontrare le personeche ammirano e perfino a ricavarne lezioni private. Sesono signore di una certa età, magari arroganti o arcignecome capita a chi scrive, per distrazione più che percattiveria, possono anche contare sulla buona educa-zione altrui per non essere mandate al diavolo.Così è successo che molti anni fa, a Milano solo per iltempo di una conferenza, Stephen Jay Gould accettas-se di essere intervistato da una sconosciuta per unaradio indipendente locale altrettanto sconosciuta, nel-l’unico intervallo di libertà a disposizione: la pausapranzo. A dieta non solo per il cancro di cui era statooperato nel 1982, ma anche per somigliare meno un po’meno all’incrocio tra un istrice e un botolo, in unasaletta appartata del Centro congressi Cariplo si erafatto portare una vasca di mozzarella, pomodorini aciliegia, rucola e insalate di vari colori. Avvertita dellasua scontrosità verso i giornalisti e della sua gentilezzaverso gli studenti, ero arrivata con un giovane che si eralaureato sui paleoartropodi. Gli avevo messo in manol’edizione tascabile di La vita meravigliosa (Feltrinelli,1995, euro 10,33) e dato l’incarico di farsela autografa-re. Al Centro congressi, incontrammo Pietro Greco, del’Unità, che ci chiese se poteva venire con noi. Essereaccompagnata dal più bravo giornalista scientifico ita-liano oltre che da un paleoartropologo non potevanuocere. Al massimo saremmo stati sbattuti fuori intre, e l’umiliazione condivisa brucia meno.Ci salvò la magrezza. Gould disse, scontroso comeprevisto: “Scusate, continuo a mangiare o mi toccasaltare il pasto. Voi avete già mangiato...” Sì, risposerogli altri due. No, riposi io. “Per questo è tutta pelle,”disse e nel piatto che prima stava sotto il ciotolone divetro, mi versò metà della sua insalata. Non avevoposate. Gould rispondeva con la bocca piena e osser-vava di sottecchi la signora che provava a non farsicolare l’olio sulla camicia, sul registratore e sulla pila deisuoi libri con i post-it che sporgevano a decine, ognunoportatore di una domanda.Pietro Greco fece la domanda intelligente e cruciale,con modestia tipica. In sostanza, nella storia dell’evo-luzione delle specie che differenza passa per Gould tra“contingenza” e “caso”? Per una risposta esauriente,cf. La vita meravigliosa (Feltrinelli, 1995, euro 10,33) o ilromanzo di Kurt Vonnegut al quale Gould rendeomaggio: Galápagos (Bompiani, 2000, euro 7,23).Da lì, è cominciata una conoscenza di anni, con pochiincontri mediati da amici comuni, il genetista Richard

Lewontin (Gould lo considerava la mente più perspi-cace della sua epoca, cosa di cui vado immotivatamentefiera) e lo psichiatra Oliver Sacks.Mi tenevano aggiornata su quanto combinava Gouldfra l’università Harvard, a Cambridge, e New Yorkdove abitava la seconda moglie, la gallerista e collezio-nista d’arte contemporanea Norma Shearer.Non sempre i libri erano belli come La vita meravigliosa(forse avrà sbagliato l’interpretazione delle fantastichecreature del Burgess Shale, come scrisse Simon Conway,ma sicuramente è giusta la sua visione del tempoprofondo e del ruolo del caso nella selezione naturale),Il pollice del panda (Il Saggiatore, 2001, euro 16,53) e Ilsorriso del fenicottero (Feltrinelli, 1987, euro 25,82), oeccezionali per scrittura, pensiero, generosità di idee,senso critico e amore della matematica come Intelligenzae pregiudizio (Il Saggiatore, 1996, euro 23,24). Alcunierano testi occasionali venduti a caro prezzo dall’edito-re al quale Gould aveva promesso un saggio all’anno,in cambio di un contratto che garantiva il pagamentodelle cure per il figlio handicappato. Come i saggi suscienza e religione, sul Duemila e i calendari, o lepolemiche con il nemico n. 2, lo zoologo evoluzionistainglese Richard Dawkins, altro scrittore di successo ilcui determinismo genetico faceva ancora esplodere dirabbia il piccolo e ingrigito rivale americano.Il nemico n. 1 era il creazionismo, oggetto di unacampagna e di battute feroci. Poi Gould si ammalò dinuovo, cancro al cervello, tante metastasi.

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Finestre

Francesca CivileBrunella DanesiAnna Maria Rossi

Grazie BrontosauroPer Stephen Jay Gould

La nuova produzione di NATURALMENTE Scienza: collana Finestre editeda ETS, Pisa. Per ordinare scrivere a: [email protected] e

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