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27 giugno

La Raniero, teatro delle violenze contro i manifestanti No global nel marzo 2002E, due anni dopo, Parapoti, dove la protesta contro la discarica blocca l’Italia

L’articolo è statopubblicato il 27 giugno2004 nella Cronaca diNapoli. L’articolo asinistra è stato invecepubblicato il 30 aprile2002 nella sezionePolitica internadell’edizione nazionaleQui sopra il blocco aMontecorvino Rovellaper la discarica diParapoti. Nelle altre fotogli scontri del 2002

Nella casermadei misterilacrime, sanguee sala Benessere

Bassolino presidenteil silenzio sul crac rifiuti

GIANTOMASO DE MATTEIS

«VENITE, venite: non abbiamo nulla da na-scondere. E nulla è successo in quella sala,perché è tecnicamente impossibile. Glie-

la faccio vedere, così se ne rende conto...», dice l’agen-te, indicando una costruzione a un piano: una via dimezzo tra un prefabbricato e un garage. Ironia dellasorte, si chiama sala del “Benessere”. Ma le porte re-stano chiuse. Le rigide regole della questura non pre-vedono incursioni di cronisti e di curiosi. Raccontal’inchiesta coordinata da Paolo Mancuso che la “stan-za della tortura” è lì, nella sala del Benessere: un bagnofetido dove si sarebbe scatenata la violenza, tra lacri-me e sangue, vomito e lezzo di urina. «È tecnicamenteimpossibile...», ripete l’agente. Nessuna spiegazione,di quel «tecnicamente». All’ingresso della caserma c’èimpresso, su un pezzo di marmo, il nome del manu-fatto militare, intitolato a «Raniero Virgilio». A via Ta-nucci e a Napoli la chiamano semplicemente casermaRaniero. In quel presidio delle forze dell’ordine, Nu-cleo Volanti, 400 agenti, si è consumata secondo le ac-cuse una pagina dell’orrore. Quella raccontata dallevittime. Abusi, vessazioni, umiliazioni.

Di sirene e lampeggianti delle volanti che si inerpi-cano sul viottolo e costeggiano il Serraglio, il bunkerdei diseredati del settecentesco Albergo dei Poveri, sene vedono ogni minuto. Nessuno però, quella notte dimarzo, ha visto portare sui furgoni del reparto mobile,ragazzi e ragazze No global, manifestanti, studentiprelevati dagli ospedali o appena fermati. Tutti nellasala del Benessere. Dal box del piantone di turno consu scritto «Alt, farsi riconoscere» e fino al presunto luo-go dell’orrore c’è un viottolo di 150 metri: da un latoquel che resta dell’Albergo dei Poveri, i finestroni agruviera del Serraglio; dall’altro il deposito degli auto-bus dell’Anm (Azienda napoletana mobilità). Infine lestanze dell’Upg (Ufficio prevenzione generale), divisiin box di vetro. Un perimetro nascosto, lontano dalcaos di piazza Carlo III: non sembra nemmeno un pez-zo di Napoli. «E nemmeno il luogo dove si scatena unapolizia cilena e violenta», si difende un agente.

Li trovi in divisa, accanto alle volanti. Smettono diparlare quando ci si avvicina. La tensione è altissima.«Cosa, le torture? Non è nel nostro stile. La polizia ècambiata. È fatta di gente che ha studiato e rischia la vi-ta per due milioni al mese in una città come questa, as-sediata dalla criminalità... Che interesse avremmo apicchiare dei ragazzi, pestarli a sangue. Sarebbe vio-lenza fine a se stessa. E poi arrestare quei funzionari,bravi ragazzi». «Cosa volete che accada, adesso?», sisfoga un agente. «Prevale il senso di sfiducia, quello sì:ma continueremo a lavorare per il bene della colletti-vità». Interviene un altro: «Sapete che significa la piaz-za, gli scontri, la paura? A volte ci si difende, è questio-ne di sopravvivenza... Ma da questo a parlare di vio-lenze sistematiche e “stanze delle torture” ce ne pas-sa. Noi non abbiamo nulla da nascondere», aggiungel’agente e guarda verso la sala Benessere. Ma le porterestano chiuse. E il cronista viene fermamente, ma congentilezza, pregato di lasciare la caserma dei misteri.

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OTTAVIO RAGONE

L’ITALIA si ferma e lui non c’è. Stra-no. Cento persone sparpagliatesui binari ne tengono sedicimila

in ostaggio e Antonio Bassolino tace: stra-no anche questo. La destra lo attacca e luizitto, facile bersaglio. Insolita afasia, il si-lenzio non si addice al Grande Comunica-tore, l’unico simil-berlusconiano di sini-stra. E neppure l’assenza: Bassolino trae vi-gore dai riflettori. Però è scaltro, sa sceglie-re il momento giusto. E ieri non era propriogiornata. Perché comparire e parlare in

piena tempesta, quattro mesi dopo le fret-tolose dimissioni da commissario straordi-nario ai rifiuti, significava associare il pro-prio volto, la propria immagine di politico,al disastro della spazzatura in Campania.Alle famiglie accampate sui binari di Mon-tecorvino Rovella. Ai disperati bivacchinelle stazioni di mezza Italia. Ai treni mortisulle rotaie, da Torino a Siracusa. Meglio ri-manere dietro le quinte e aspettare. Tecni-ca nota. Flettersi come un giunco, assecon-dare la piena, riemergere dall’acqua appe-na l’onda passa. Il governatore la adoperanei frangenti difficili. Così al mattino Bas-solino non si fa vedere, com’era invece pre-visto, all’incontro in sala giunta con gli as-

sessori Armato e Cascetta per presentareun progetto turistico. Se ne sta in ufficio,mette in moto la Protezione civile, si colle-ga alla sala operativa. Parla con il commis-sario straordinario Corrado Catenacci.Scruta senza mai esporsi una giornatadrammatica. Lavora senza apparire. Sichiede se rinviare o meno il viaggio a Geru-salemme, partenza prevista oggi. Lanciascarni segnali.

Il messaggio battuto dalle agenzie distampa alle 14.31 — le felicitazioni di Bas-solino al nuovo arcivescovo di Chieti BrunoForte, teologo napoletano — appare sur-reale nel marasma collettivo, affonda tra imille angoscianti dispacci dell’Italia para-lizzata. L’altro segnale sporge da un comu-nicato della Regione. Ore 16.49, tema: le ini-ziative della Protezione civile. Laddove sievidenzia, pudicamente celato in coda altesto, l’impegno del presidente e degli as-sessori Cascetta e De Flaviis «che seguonodirettamente l’evolversi della situazione indiretto collegamento con la sala operati-va». Così, laconico. Il palazzo della Regionein via Santa Lucia sembra un fortino impe-netrabile nel primo sabato di vera caluraestiva. Il presidente riflette. Vittima dellestrumentalizzazioni politiche della destra,certo: c’è chi, per drenare voti, ha setaccia-to i sentieri del dissenso sociale. Il governa-tore è stato oggetto della ipocrita campa-gna di Forza Italia che ad Acerra boicottavail termovalorizzatore quando Bassolinoera commissario e adesso lo difende per-ché l’avversario non c’è più. S’è defilato, ap-punto. Tre mesi prima delle elezioni, in pie-no caos. Vittima delle temute strumenta-lizzazioni. Però anche, a dirla tutta, carne-fice di se stesso. Indebolito dai propri erro-ri durante la fase commissariale. Così il fra-goroso silenzio di un giorno sembra quasiun’involontaria ammissione di colpa. Ec-cede i passi falsi personali, incontestabili.Supera e stravolge i termini reali della que-stione. Perché è la politica tutta intera che

2004

LUNEDÌ 19 APRILE 2010

llaa RReeppuubbbblliiccaa LA REPUBBLICANapoli1990/2010

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sui rifiuti ha fallito, da destra a sinistra. Terzo piano, gli uffici della giunta. Corri-

doi vuoti. Fuori il paese si domanda se sialecito che duecento persone, per quantofondate siano le ragioni della propria lotta,mettano in ginocchio l’Italia intera. An eForza Italia imbracciano il bazooka, colgo-no al volo la ghiotta, estrema occasione dicampagna elettorale. Comincia la Legaquando mancano dieci minuti a mezzo-giorno: «Bassolino si dimetta», urla il sena-tore Cesarino Monti da Lazzate, Milano.Velenosetta piove la quotidiana invettivaantibassoliniana del sottosegretario Anto-nio Martusciello: fosse solo quella, chi ci fapiù caso? Ma non è l’unica. Segue un affon-do del ministro Maurizio Gasparri che dicedi comprendere «le ragioni della protesta»per la discarica di Parapoti, però si appella«al senso di responsabilità dei cittadini». Aiquali, a scanso di equivoci, ricorda: «Tuttiquesti disastri sono figli della impreviden-za di una sola persona: Bassolino». Perfinoil Verde Alfonso Pecoraro Scanio lanciaun’accusa in tralice al governatore: «Pa-ghiamo il fallimento del piano rifiuti volu-to da An e mai mandato al macero da Bas-solino». Vatti a fidare degli alleati. Arrivano,in soccorso, l’europarlamentare MicheleSantoro e il segretario Ds Diego Belliazzi,che dice: «Gli onorevoli Gasparri e Martu-sciello hanno fatto promesse irresponsabi-li in campagna elettorale ai cittadini di Pa-rapoti». Però adesso è l’ora di Catenacci. Èil commissario, bisogna collaborare. Inte-sa istituzionale sì, ma parli lui. E il prefettodi Salerno? Assiste alla sagra paesana sui bi-nari, panini e sedie di plastica che impri-gionano la nazione. Non va oltre una in-fruttuosa mediazione. Qualcuno, nel go-verno, usa il caos della Campania per col-pire la regione del centrosinistra vincente?Dubbi dal palazzo di via Santa Lucia. Rab-bia, attesa, sospetti. E quel silenzio tattico,quella macroscopica afasia.

Rivoltele

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