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SR Scienze e Ricerche N. 44, GENNAIO 2017 ISSN 2283-5873 44.

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SRScienze e RicercheN. 44, GENNAIO 2017

ISSN 2283-5873

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GLI ANNALI 2016

RIVISTA MENSILE · ISSN 2283-5873

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44. Sommario

EMILIO MATRICCIANI, LIBERATO DE CAROFinzione letteraria o antiche osservazioni astronomiche e meteorologichenell’opera di Maria Valtorta? pag. 5

JACQUES COURSILSemiotica dell’ascolto pag. 21

VINCENZO CROSIOIl simbolismo religioso come sistema di epistemologia semantica(note di espistemologia semantica 3) pag. 29

BRUNO CARBONARO, FEDERICA VITALELivelli di matematizzazione e stadi di sviluppo delle teorie scientifiche pag. 39

BRIGIDA LUCIA COPPEDO, STEFANIA SANTAMARIA“Dalla famiglia alle famiglie”. Dibattiti intorno al riconoscimentointernazionale e nazionale delle unioni omosessuali pag. 51

SALVATORE NESCI, VITTORIA VENTRELLA, FABIANA TROMBETTI,MAURIZIO PIRINI, ALESSANDRA PAGLIARANIMini-review. Nitrite as novel pore-shutter from the preferentialinhibition of the mitochondrial ATP-ase when acvivated by Ca2+ pag. 57

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ISSN 2283-5873 Scienze e RicercheRivista mensilen. 44, gennaio 2017

Editorial BoardGiovanni Arduini, Angelo Ariemma, Franco Bagnoli, Anna Rosa Can-dura, Domenico Carbone, Laura Castellucci, Ornella Castiglione, Maria Catricalà, Luciano Celi, Carla Comellini, Paolo Corvo, Giovanni Cre-spi, Vincenzo Crosio, Pierangelo Crucitti, Maria D’Ambrosio, Renata De Lorenzo, Mirko Di Bernardo, Irene Dini, Roberto Fieschi, Massi-miliano Giacalone, Lia Giancristofaro, Antonio Lucio Giannone, Fran-cesca Giofrè, Giada Giorgi, Agostino Giorgio, Anna Granà, Domenico Ienna, Maurizio Iori, Agostina Latino, Paola Magnaghi-Delfino, Anna Manna, Alessandra Mazzeo, Stefania Giulia Mazzone, Michele Mossa, Vito Napolitano, Maurizio Oddo, Gaetano Oliva, Francesco Orzi, Lin-da Pagli, Claudio Palumbo, Silvia Peppoloni, Valentina Possenti, Paola Radici Colace, Francesco Rende, Elisabetta Rovida, Carmela Saturnino, Davide Schiffer, Antonio Scornajenghi, Matteo Segafreddo, Domenico Tafuri, Franco Taggi, Immacolata Tempesta, Brunello Tirozzi, Anna Toscano, Maria Grazia Turco, Pietro Ursino, Bartolomeo Valentino, Vincenzo Villani, Gabriele Virzì Mariotti, Nicola Zambrano, Aldo Ze-chini D’Aulerio

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sono sorprendenti e inaspettati e non trovano un’immediata spiegazione dal punto di vista scientifico.

1. Un’opera letteraria inaudita

L’Evangelo come mi è stato rivelato è l’opera letteraria principale di Maria Valtorta (1897-1961). Scritta su comuni quaderni, di getto, mentre si trovava allettata per gravi proble-mi di salute, negli anni a cavallo tra la fine

della Seconda Guerra Mondiale e il primo periodo post-bel-lico, l’opera, che indicheremo con EMV, consiste in una det-tagliatissima vita di Gesù di Nazareth. Per dare un’idea della sua estensione si consideri che il romanzo più lungo scritto sinora, Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, con-sta di 9.609.000 caratteri1, mentre L’EMV, pubblicato dal Centro Editoriale Valtortiano (CEV) in dieci volumi, consta di circa 10.800.000 caratteri.

L’Autrice mentre descrive le vicende dei tanti personaggi che animano le vicende della sua vita narrate nei Vangeli, annota paesaggi, costumi, usanze, personaggi dell’epoca, strade, città, fiumi, laghi, colline, vallate, vegetazione, col-tivazioni, clima, il cielo con i suoi astri. La ricchezza di ele-menti narrativi presenti nell’opera ha permesso di eseguire su di essa numerosi studi poiché l’Autrice afferma che non si tratta del frutto della sua fantasia, ma che ha annotato tutto ciò che osservava poiché era come se fosse presente nella Palestina di duemila anni fa, là dove si svolgevano le vicende narrate nei Vangeli.

Nei suoi scritti, ad esempio, sono presenti tanti elemen-ti narrativi che veicolano informazioni cronologiche come, giorni di riposo cultuale, riferimenti alle principali festività giudaiche, giorni di mercato, stagioni dell’anno, mesi riferi-ti sia al calendario luni-solare ebraico sia a quello giuliano

1 Guinness World Records: http://www.guinnessworldrecords.com/world-records/longest-novel (sito web visitato il 12 dicembre 2016).

Finzione letteraria o antiche osservazioni astronomiche e meteorologiche nell’opera di Maria Valtorta? EMILIO MATRICCIANI1 E LIBERATO DE CARO2

1 Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB), Politecnico di Milano

2 Istituto di Cristallografia, Consiglio Nazionale delle Ricerche (IC-CNR), Bari

L’Evangelo come mi è stato rivelato è l’opera letteraria principale di Maria Valtorta (1897-1961), scritta mentre si trovava allettata per gravi problemi di salute negli anni a cavallo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il primo periodo post-bellico. L’Autrice riporta in questa voluminosa opera descrizioni particolareggiate di usi, costumi, paesaggi della Palestina del tempo in cui visse Gesù di Nazareth, una mole d’informazioni di ogni sorta: storiche, archeologiche, astronomiche, geografiche, meteorologiche. La ricchezza di elementi narrativi ha permesso di eseguire numerosi studi sui suoi scritti poiché l’Autrice afferma che non si tratta di fantasia, ma che ha annotato tutto ciò che osservava “in visione”. Quanto affermato da Maria Valtorta non dovrebbe essere possibile in termini esclusivamente razionali poiché in base alle nostre conoscenze scientifiche non è possibile avere “visioni” di avvenimenti passati che, nel caso spe-cifico in questione, sarebbero risalenti a duemila anni fa, quando Gesù di Nazareth percorreva le vie della Palestina. Ma dall’analisi dettagliata delle informazioni calendariali esplicite ed implicite, quali riferimenti alle fasi lunari, co-stellazioni, pianeti visibili nel cielo notturno mentre si svol-gono le vicende narrate, verificabili con il sussidio dell’A-stronomia, si constata che ogni avvenimento descritto sot-tende un ben preciso riferimento cronologico - giorno, mese e anno - senza che esso sia stato riportato esplicitamente dall’Autrice. Ad esempio, da queste analisi si deduce che la crocifissione di Gesù sarebbe avvenuta il venerdì 23 aprile 34, che coincide con una delle possibili date della sua morte deducibili astronomicamente. Maria Valtorta ha annotato anche i giorni di pioggia e ciò ha permesso una verifica sta-tistica con i dati meteorologici odierni della Palestina, sotto la duplice ipotesi che si tratti di osservazioni meteorologi-che casuali e che non ci siano stati significativi cambiamenti nel regime delle piogge nella regione. Il confronto statistico tra i giorni piovosi descritti nell’opera, annuali e persino mensili, e quelli forniti dal Servizio Meteorologico Israelia-no mostra che essi sono sovrapponibili. I risultati ottenuti

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a stabilire una data abbastanza preci-sa attraverso un complesso calcolo matematico e ciò esclude che l’Au-trice fosse consape-vole del dato crono-logico sotteso. Sap-piamo, per certo, che Maria Valtorta non aveva compe-tenze astronomiche e che non era mai stata in Palestina. Per giunta, durante la Seconda Guerra Mondiale non esi-stevano programmi automatici di cal-colo astronomico. Né, tanto meno, per la scienza sarebbe possibile recupe-rare informazioni cronologiche detta-gliate appartenenti a un passato remo-to. Pertanto, sem-brerebbe del tutto ovvio aspettarsi che l’incrocio di tante informazioni calendariali e astro-

nomiche presenti nella lunghissima narrazione della vita di Gesù effettuata da Maria Valtorta dovrebbe portare a tante contraddizioni cronologiche. Dagli anni ‘90 è stata proprio la verifica di questo aspetto della questione ad essere al centro degli studi scientifici sull’opera valtortiana3,4,5,6 e lo è anche per il presente articolo. La dettagliata analisi degli scritti valtortiani condotta negli ultimi anni ha dimostrato, sorpren-dentemente, che ogni avvenimento narrato sottende una ben precisa data. In questo studio, inoltre, l’opera valtortiana sarà analizzata per la prima volta anche per quanto concerne il vaglio di un’altra scienza: la meteorologia. Partiremo con il fornire un breve esempio inedito degli studi sull’opera val-tortiana basati sull’analisi astronomica e cronologica dei dati

3 Jean Aulagnier, Avec Jésus au jour le jour, Éditions Résiac, Montûrs (1994).4 Lonnie L. Van Zandt (1994), https://engineering.purdue.edu/~zak/Van_Zandt.pdf (sito web visitato l’1 settembre 2016).5 Jean-François Lavère, L’énigme Valtorta, Une une vie de Jésus ro-mancée, Tome I (2012) et II (2014), Les Editions Rassemblement A Son Image.6 Liberato De Caro, I cieli raccontano. Indagine sulla vita di Gesù nell’o-pera di Maria Valtorta attraverso l’Astronomia, Vol. I (2014) e II (2015), Centro Editoriale Valtortiano, Isola del Liri (Fr).

in vigore duemila anni fa nell’Impero Romano. Nessuna data, però, è ripor-tata esplicitamente rispetto al calen-dario giuliano, se si eccettua un solo caso (cfr. EMV 461.162) sebbene, anche in questo, non sia indicato l’anno. Troviamo, inoltre, tanti rife-rimenti all’aspetto della Luna nel cie-lo notturno (fasi lunari), a pianeti, costellazioni, alle condizioni meteo-rologiche, tutti ele-menti narrativi ac-curati e dettagliati che arricchiscono gli avvenimenti della vita di Gesù descritti, tanto da sembrare di avere a disposizione dati reali, come se fos-sero stati annotati da un attento os-servatore presente sulla scena. Il det-taglio dei riferimenti astronomici e meteorologici presenti nell’opera valtortiana è tale da renderli sottoponibili alla ve-rifica di un’indagine scientifica.

Infatti, in linea di principio, due sono le ipotesi possibili sull’opera di Maria Valtorta. La prima, la più ovvia, è che sia i dati calendariali sia quelli sottoponibili a un’analisi astro-nomica siano il frutto della sua fantasia. In tal caso, ogni loro analisi porterebbe all’impossibilità di ricostruire un quadro cronologico coerente. La seconda è che si tratti di dati che sottendono una ben determinata cronologia e, pertanto, at-traverso la loro analisi, sarebbe possibile associare a ogni avvenimento narrato date precise riferite al calendario giu-liano. Quest’ultimo risultato, a sua volta, implicherebbe la necessità di dover dare una risposta a quale possa essere stata l’origine di tale informazione cronologica poiché non si può certo ricondurre alle conoscenze, alle competenze e alla con-sapevolezza dell’Autrice. Un dato astronomico, infatti, porta

2 «Maestro, Giovanni è morto il sesto giorno avanti le none di giugno secondo i romani, quasi alla neomenia di tamuz secondo gli ebrei». Nella citazione dei passi dell’EMV il primo numero indica il capitolo, il secondo la suddivisione del capitolo, entrambi stabiliti dal curatore dell’opera.

Abstract

The Gospel As Revealed to Me (L’Evangelo come mi è stato rivelato) is the main literary work by Maria Valtorta (1897-1961), written while she was bedridden for serious health problems in the years between the end of World War II and the first years after the war. In her voluminous work she reports detailed descriptions of uses, customs, landscape of Palestine at the time of Jesus of Nazareth, a large quantity of information of every kind: historical, archaeological, astronomical, geographical, meteorolog-ical. The richness of narrative elements has allowed pursuing many stud-ies on her literary work because she states that it is not due to her imagi-nation, but that she has written down everything she watched “in vision”. This should not be possible based only on logical reasoning because, as far as we know, it is not possible to have visions on past events which, in this case, would refer to 2000 years ago when Jesus walked the roads of Palestine. However, by a detailed analysis of explicit and implicit calen-dar information, such as reference to lunar phases, constellations, planets visible in the night sky while she tells what is happening, verifiable with the Astronomy, it is ascertained that every event described implies a pre-cise chronological reference – day, month, year – without being explicitly reported. For example, from this analysis it is inferred that the crucifix-ion should have occurred on Friday 23rd of April in the year 34, which coincides with one of the dates of crucifixion deducible with the help of Astronomy. Maria Valtorta has recorded also the days with rain and this allows a statistical test with the current meteorological data of Palestine, under the hypothesis of random observations and no important changes regarding rainfall daily frequency in Palestine. The annual or monthly av-erage frequencies of rainy days deduced from the data available from the Israel Meteorological Service and the similar frequencies deduced from the analysis of the Maria Valtorta’s work agree very well. These results are surprising and unexpected, and no scientific explanation seems to be immediate.

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Nisan del calendario luni-solare ebraico, vigilia di pasqua, è stato un venerdì, perché riferendosi a essa si parla di pa-rasceve (ossia di vigilia) (cfr. EMV 372-375), e si afferma che la pasqua è caduta in giorno di sabato (cfr. EMV 378.3). Anche la vigilia (14 di Nisan) di pasqua della crocifissione è posta dall’Autrice a un venerdì, in accordo con la cronologia degli avvenimenti della morte di Gesù descritta nel Vangelo secondo Giovanni. Infine, la penultima pasqua pubblica di Gesù è posta in aprile, senza indicare il giorno della settima-na (cfr. EMV 195.3). Come verificheremo, questi semplici dati sono estremamente vincolanti nel fissare le possibili date del calendario giuliano associabili a tali festività ebraiche.

Per comprendere questo punto è necessario considerare che il calendario ebraico è luni-solare, con 12 mesi lunari per una durata dell’anno di 354 giorni, circa 11 giorni in meno rispetto all’anno solare. Per questo motivo gli anni del calen-dario ebraico sono costituiti da 12 o da 13 mesi lunari, que-sti ultimi detti anni embolismali. Infatti, all’incirca ogni tre anni è necessario aggiungere un mese lunare per riallineare il calendario con le stagioni, dando luogo agli anni embo-lismali. Il calendario ebraico moderno ha già prefissato gli anni costituiti da 13 mesi, ma nel I secolo non era così, e gli anni con 13 mesi erano ufficialmente proclamati dal Sine-drio soltanto quando necessario. L’equinozio di primavera, che segna astronomicamente la fine dell’inverno, di solito era una condizione sufficiente per garantire una crescita ade-guata degli agnelli da immolare per la Pasqua e la presenza delle prime spighe di grano mature da offrire durante la li-turgia degli Azzimi del 16 di Nisan, data la bassa latitudine della regione e il conseguente clima mite. Quando ciò non succedeva, a causa di un inverno troppo rigido, anche se era già passata la data dell’equinozio di primavera, nell’anno che terminava era inserito un tredicesimo mese, per far slittare di circa trenta giorni l’inizio di quello nuovo.11 Non sappiamo quali siano stati gli anni embolismali del I secolo poiché non ci sono pervenuti documenti storici al riguardo, ma l’Astro-nomia permette di determinare quali potrebbero essere stati gli anni embolismali di quel periodo storico.

L’inizio dei mesi lunari nella versione moderna del calen-dario luni-solare, che astronomicamente hanno una durata di circa 29,5 giorni, è oggi predeterminato secondo regole ben definite. Duemila anni fa, invece, essi iniziavano dopo l’osservazione diretta della prima luna crescente al tramonto del sole, dopo la congiunzione della Luna con il Sole (luna nuova). Osservando a occhio nudo il cielo non sempre è pos-sibile, però, verificare che si sia nella fase di luna crescente già nel primo giorno dopo la congiunzione e, di conseguen-za, alcuni mesi erano di 29 giorni, altri di 30, mai di 31 o di 28, per convenzione. Dal punto di vista pratico l’esperienza mostra che in un’osservazione del cielo a occhio nudo, se la frazione del disco lunare illuminato dal sole, visto dalla Ter-ra, è inferiore al 2%, diventa molto difficile vedere la Luna nel crepuscolo del tramonto, causando spesso un conseguen-te slittamento di 1 giorno dell’inizio del mese lunare. Anche

11 F. La Greca e L. De Caro, ibid.

in essa presenti, rimandando il lettore alla bibliografia citata per eventuali approfondimenti. Sottoporremo, poi, l’EMV all’analisi meteorologica.

2. Dalle osservazioni astronomiche contenute nell’EMV la data della crocifissione di Gesù: Newton aveva ragione?

Il calendario ebraico è luni-solare e anche dopo migliaia di anni può essere ricostruito grazie al sussidio dell’Astro-nomia, data la periodicità del moto della Luna intorno alla Terra e di questa intorno al Sole. Isaac Newton è stato il pri-mo che ha ricostruito con il metodo moderno, con calcoli astronomici, la data della crocifissione di Gesù, da lui posta al venerdì 23 aprile dell’anno 34 (il 14 del mese di Nisan, vigilia di pasqua del calendario luni-solare ebraico), in un lavoro pubblicato postumo nel 17337. Gli studi più recenti confermano la possibile storicità di questa data8 e, sorpren-dentemente, anche i dati contenuti nell’EMV, sottoponibili a un’indagine astronomico-calendariale, portano a questa da-tazione della crocifissione.9

Infatti, dall’analisi dettagliata delle informazioni calenda-riali esplicite – ad esempio, riferimenti ai giorni di riposo cultuale (sabato), secondo la tradizione ebraica – ed implici-te – riferimenti alle fasi lunari, costellazioni, pianeti visibili nel cielo notturno mentre si svolgono le vicende narrate –, contenute nell’EMV, è emerso, inaspettatamente, un quadro cronologico coerente. Ad ogni avvenimento narrato è possi-bile associare una precisa data, determinata dall’incrocio di tanti elementi narrativi veicolanti stretti vincoli cronologici. Questo risultato implica che le informazioni astronomiche e calendariali riportate nell’EMV non possono essere frutto della fantasia dell’Autrice. È al di fuori degli scopi del pre-sente articolo rispondere alla questione di come sia possibile questo e verificare nei dettagli come si ricostruisca il quadro cronologico suddetto. Per questo ultimo aspetto si rimanda alla bibliografia precedentemente citata.10 Per dare un’idea di quanto vincolanti siano le informazioni calendariali ripor-tate da Maria Valtorta, sebbene in tutti i suoi scritti non sia mai precisata alcuna data in termini di giorno, mese e anno, in quest’articolo dimostreremo attraverso un’analisi inedita come sia possibile determinare univocamente la datazio-ne della crocifissione di Gesù dalle informazioni riportate nell’EMV.

Nella narrazione valtortiana della vita di Gesù si afferma esplicitamente che l’anno prima della sua morte, il 14 di

7 I. Newton, Of the Times of the Birth and Passion of Christ, «Obser-vations upon the Prophecies of Daniel and the Apocalypse of St. John», London 1733; Un estratto dell’articolo originale di Newton riguardante proprio la datazione della crocifissione si trova in J. P. Pratt, Newton’s Date for the Crucifixion, «Quarterly Journal of the Royal Astronomical Society» 32 (1991) 301–304. La conclusione di Newton è questa: «Thus all the characters of the Passion agree to the year 34; and that is the only year to which they all agree».8 F. La Greca e L. De Caro, Nuovi studi sulla datazione della croci-fissione nell’anno 34 e della nascita di Gesù il 25 dicembre dell’1 a.C., “Annales Theologici”, in corso di pubblicazione (2017).9 L. De Caro, ibid.10 L. De Caro, ibid.

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dai più importanti studi di Astronomia sull’argomento.13 I risultati dell’analisi astronomica sono riassunti nella Tabella 1 nella quale sono riportati in grigio i giorni che cadono di sabato e, graficamente, le fasi lunari. Dalla Tabella 1 emerge chiaramente che soltanto negli anni 33 e 34 si sarebbero po-tute avere due pasque ebraiche cadute di sabato, evidenziate da due caselle grigie nella stessa riga, entrambe nel mese di aprile, nell’ipotesi che il 34 sia stato embolismale e che il mese di Nisan sia iniziato con 1 giorno di ritardo. Sotto tale ipotesi anche 3 anni prima, il 31, sarebbe stato embolismale.

Il giorno della vigilia di pasqua, quindi, negli anni 33 e 34 è stato un venerdì, il 3 aprile per il 33, il 23 aprile per il 34. È possibile verificare che non esistono altre possibilità e che pur forzando tutte le pasque a cadere in aprile anche per gli anni 26-28, non si succedono mai due vigilie pasquali di ve-nerdì, così come sarebbe potuto accadere negli anni 33 e 34.

Si consideri che, in base a quanto appena discusso, non era affatto scontato che esistesse una soluzione che soddisfa-cesse tutti i vincoli imposti al problema dai dati calendariali contenuti nell’EMV. Anzi, tutto l’opposto, poiché ci sono tanti altri elementi narrativi negli scritti di Maria Valtorta che contengono vincoli calendariali e astronomici, che non discutiamo per brevità, che concordano con tale ricostruzio-ne cronologica. Ritenere che il tutto possa essere frutto del caso è fuori discussione. Per un approfondimento in merito rimandiamo agli studi citati.14

Il risultato sintetizzato in Tabella 1 è emblematico per ri-assumere quanto sistematicamente emerge dall’analisi astro-nomico-calendariale dell’EMV: l’unicità della ricostruzione cronologica associabile agli avvenimenti narrati. In questo articolo, per motivi di brevità, abbiamo soffermato la nostra attenzione soltanto sulla datazione della crocifissione, mo-strando che questa data debba essere necessariamente quella del venerdì 23 aprile dell’anno 34. Ma ogni altra data asso-ciabile agli avvenimenti narrati e, in ultima analisi, ai tanti avvenimenti della vita di Gesù narrati nei Vangeli canonici, dall’analisi astronomica e calendariale dell’EMV trova un’u-nivoca determinazione. Si noti, inoltre, che la datazione della crocifissione proposta da I. Newton, quella del 23 aprile 34, che emerge anche dall’EMV, raramente è presa in conside-razione dagli storici, che di solito pongono la crocifissione al 7 aprile del 30 o al 3 aprile del 33. Non possiamo, perciò, nemmeno ipotizzare che Maria Valtorta sia stata in qualche modo influenzata da quanto conosceva al riguardo, o che

13 J. K. Fotheringham, The evidence of astronomy and technical chronol-ogy for the date of the crucifixion, “Journal of the Theological Studies”, 35 (1934), pp. 146-162; B. E. Schafer, Lunar visibility and the crucifix-ion, “Quaterly Journal of the Royal Astronomical Society”, 31 (1990), pp. 53-67; J. Finegan, Handbook of Biblical Chronology, Principles of time reckoning in the ancient world and problems of chronology in the Bible, Peabody 1998, p. 363; C. J. Humphreys, W. G. Waddington, The jewish calendar, a lunar eclipse and the date of Christ’s crucifixion, “Tyndale Bulletine”, 43 (1992), p. 336; H. K. Bond, Dating the death of Jesus: mem-ory and the religious imagination, “New Testament Studies”, 59 (2013), pp. 461-475.14 L. De Caro, ibid.

condizioni atmosferiche sfavorevoli potevano ritardare l’ini-zio dei mesi lunari di 1 giorno, visto che la sottile “virgola” di luna crescente era visibile nel cielo solo per circa un’ora dopo il tramonto del sole.

Con un software di calcolo astronomico12 è oggi possibile determinare con sufficiente accuratezza l’ora del sorgere e tramontare della Luna, la percentuale del suo disco illumi-nato dal Sole, così come era visibile da Gerusalemme due-mila anni fa. In tal modo è possibile avanzare delle ipotesi attendibili su quando i mesi lunari, verosimilmente, abbiano avuto inizio rispetto al calendario giuliano e determinare, ad esempio, le date delle principali feste di pellegrinaggio ebrai-che, come la Pasqua e i Tabernacoli, rispetto al calendario giuliano in uso nel I secolo d.C. in gran parte dell’Impero Romano. L’inizio di tali festività cadeva al tramonto del sole del 14 del mese lunare, quando iniziava il giorno 15, entro un giorno circa dall’effettivo plenilunio.

Fatte queste premesse generali si noti che il verificarsi due volte di seguito che la vigilia della pasqua ebraica cada nel-lo stesso giorno della settimana, come emerge dagli scritti valtortiani, rappresenta un forte vincolo calendariale. Infatti, poiché un mese lunare è di circa 29,5 giorni, 12 mesi lunari sono pari a circa 354 giorni, a meno di qualche ora di scarto. Ma 354 non è multiplo intero di 7; dà resto 4. Conseguente-mente da questa semplice considerazione si deduce che dopo 1 anno di 12 mesi lunari non è possibile che la pasqua ebraica cada nello stesso giorno della settimana di quella dell’anno precedente, avendosi un resto di 4 giorni, oltre un numero intero di settimane. Tredici mesi lunari, invece, sono pari a 384 giorni, a meno di qualche ora di scarto. Anche 384 non è divisibile per 7 poiché dà resto 1. Lo scarto, però, è pari soltanto a 1 giorno. Pertanto, nell’ipotesi di un ritardo di 1 giorno nell’inizio del mese lunare di Nisan, cosa possibile per la flessibilità con cui nel I secolo erano proclamati gli inizi dei mesi lunari, come precedentemente ricordato, nel caso di anno embolismale è possibile che la pasqua cada nel-lo stesso giorno della settimana in cui era caduta l’anno pre-cedente. Un semplice calcolo matematico, quindi, dimostra che solo se le due precedenti condizioni sono entrambe veri-ficate (anno embolismale e ritardo di un giorno del mese di Nisan), è possibile avere due pasque consecutive dell’antico calendario luni-solare ebraico che cadono nello stesso giorno della settimana.

Una rapida occhiata alle possibili datazioni della pasqua, considerate più probabili dagli storici, negli anni in cui Pon-zio Pilato si trovava in Palestina (26-36 d.C.), permette di verificare che soltanto negli anni 33 e 34 il 14 del mese di Nisan (vigilia di pasqua) sia potuto cadere due volte di se-guito in un venerdì del mese di aprile, secondo quando indi-cato da Maria Valtorta, nelle ipotesi di anno embolismale e di ritardo di 1 giorno nello stabilire l’inizio del mese di Nisan per l’anno 34. Non ci sono altre possibilità, come si deduce

12 Nei nostri studi abbiamo usato Skychart, sviluppato da Patrick Cheval-ley, sito web http://www.ap-i.net/skychart/

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una forte correlazione con la datazione della crocifissione, il venerdì 23 aprile 34, che emerge dall’analisi astronomica della sua opera. Si consideri che prima dell’anno 1943 il ve-nerdì santo è caduto il 23 aprile soltanto nel 1886. E dal 1943 ad oggi non è mai più capitato che il venerdì santo sia caduto il 23 aprile. La prossima volta sarà nel 2038. La coincidenza per caso, dunque, si può senza dubbio escludere e, dal punto di vista razionale, tutto quanto rimane senza un’immediata spiegazione.

avesse letto lo scritto di Newton. D’altra parte, come già os-servato, nessuna data è esplicitamente riportata nell’EMV. È solo grazie a una complessa e rigorosa analisi astronomica e calendariale degli elementi narrativi presenti nei suoi scritti che è possibile determinare una precisa cronologia di ogni avvenimento della vita di Gesù da lei raccontato. Per di più quelle che Maria Valtorta indica come locuzioni e visioni mi-stiche, che avrebbero portato alla stesura dell’EMV, sarebbe-ro iniziate il venerdì santo del 23 aprile del 1943. Troviamo

Giorni di Nisan Fase lunare 29 30 31 E 32 33 34 E

1 5 apr 25 mar 13 apr 1 apr 21 mar 10 apr

2 6 apr 26 mar 14 apr 2 apr 22 mar 11 apr

3 5 apr 27 mar 15 apr 3 apr 23 mar 12 apr

4 8 apr 28 mar 16 apr 4 apr 24 mar 13 apr

5 9 apr 29 mar 17 apr 5 apr 25 mar 14 apr

6 10 apr 30 mar 18 apr 6 apr 26 mar 15 apr

7 11 apr 31 mar 19 apr 7 apr 27 mar 16 apr

8 12 apr 1 apr 20 apr 8 apr 28 mar 17 apr

9 13 apr 2 apr 21 apr 9 apr 29 mar 18 apr

10 14 apr 3 apr 22 apr 10 apr 30 mar 19 apr

11 15 apr 4 apr 23 apr 11 apr 31 mar 20 apr

12 16 apr 5 apr 24 apr 12 apr 1 apr 21 apr

13 17 apr 6 apr 25 apr 13 apr 2 apr 22 apr

14 18 apr 7 apr 26 apr 14 apr 3 apr 23 apr

15 Pasqua 19 apr 8 apr 27 apr 15 apr 4 apr 24 apr

16 20 apr 9 apr 28 apr 16 apr 5 apr 25 apr

17 21 apr 10 apr 29 apr 17 apr 6 apr 26 apr

18 22 apr 11 apr 30 apr 18 apr 7 apr 27 apr

19 23 apr 12 apr 1 mag 19 apr 8 apr 28 apr

20 24 apr 13 apr 2 mag 20 apr 9 apr 29 apr

21 25 apr 14 apr 3 mag 21 apr 10 apr 30 apr

22 26 apr 15 apr 4 mag 22 apr 11 apr 1 mag

23 27 apr 16 apr 5 mag 23 apr 12 apr 2 mag

24 28 apr 17 apr 6 mag 24 apr 13 apr 3 mag

25 29 apr 18 apr 7 mag 25 apr 14 apr 4 mag

26 30 apr 19apr 8 mag 26 apr 15 apr 5 mag

27 1 mag 20 apr 9 mag 27 apr 16 apr 6 mag

28 2 mag 21 apr 10 mag 28 apr 17 apr 7 mag

29 3 mag 22 apr 11 mag 29 apr 18 apr 8 mag

30 4 mag 23 apr 19 apr

Tabella 1: Ricostruzione dei giorni del mese di Nisan per gli anni 29-34 secondo il calendario giuliano. I giorni di sabato sono indicati dalle caselle grigie. La “E” indica gli anni embolismali, di 13 mesi.

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gi che lo determinano (mare Mediterraneo a ovest e deserto a est e a sud), l’analisi statistica dei giorni piovosi forniti dall’IMS può essere confrontata con quanto Maria Valtorta ha scritto al riguardo.

L’Autrice non è mai stata in Palestina e l’esperienza perso-nale che aveva della frequenza delle precipitazioni era tipica dell’Italia del centro-nord, ben diversa da quella che caratte-rizza un clima semi-desertico. Per dare un’idea delle grandi differenze è utile osservare che, ad esempio, ad Alamogordo (latitudine 32,5°, simile alle località della Palestina), in New Mexico (USA), con un clima pure semi-desertico e piogge concentrate in un periodo dell’anno (in estate e in autunno in questa località mentre in Palestina sono concentrate in au-tunno e in inverno), dal 1951 al 2000, in 50 anni, ci sono stati 2657 giorni piovosi, ossia una media annua di 53,1 gior-ni di pioggia. Per confronto, a Milano, dal 1858 al 2000, in 143 anni, ci sono stati 15635 giorni piovosi, cioè 109,3 per anno16, una frequenza media doppia, tipica delle località in cui può piovere in ogni mese dell’anno.

Per verificare la verosimiglianza dei dati presenti nell’EMV è stato necessario ricercare nell’opera tutti i riferimenti ai giorni di pioggia riguardanti il periodo della vita pubblica di Gesù. La ricostruzione astronomica delle date associabili agli avvenimenti narrati da Maria Valtorta ha poi permesso di stimare quanti giorni della vita pubblica, sul totale di tre anni e alcuni mesi, siano stati effettivamente descritti nell’o-pera. Ha permesso, inoltre, di stabilire se i riferimenti alla pioggia riguardassero lo stesso giorno, oppure più giorni contigui, o giorni separati tra loro da intervalli senza precipi-tazioni. Una prima parte dell’analisi è riassunta nella Tabella 2, che riporta il numero di giorni descritti e i giorni di pioggia suddivisi per stagione, per i singoli anni di vita pubblica di Gesù, mentre la Tabella 3 riporta il nome delle località, mo-strate nella mappa di Figura 1, le coordinate geografiche e le date alle quali sono associati i giorni di pioggia. Queste ul-time sono state dedotte negli studi precedentemente citati.17

16 E. Matricciani, A mathematical theory of de-integration long-time in-tegrated rainfall statistics. Part II: from 1 day to 1 minute, International Journal of Satellite Communications and Networking, 31 (2013), p. 77-102.17 L. De Caro, ibid.

3. Giorni di pioggia descritti nell’EMV e loro datazione secondo la ricostruzione basata sull’Astronomia

L’Astronomia non è l’unica scienza alla quale si può sotto-porre l’analisi dell’EMV. Maria Valtorta, infatti, ha annotato nei suoi scritti anche i giorni di pioggia e ciò suggerisce una verifica statistica con i dati meteorologici odierni della Pa-lestina. Il confronto statistico riferito a presunte condizioni meteorologiche tanto distanti nel tempo non può essere così puntuale come l’analisi calendariale-astronomica appena di-scussa ma, ciò nonostante, esso è di sicuro interesse.

La frequenza delle precipitazioni dipende dal clima locale di ogni regione della Terra. La Palestina si situa in un’area geografica di transizione tra una regione di clima temperato e una di clima arido. La parte meridionale e le aree orientali sono caratterizzate da un clima arido mentre il resto è carat-terizzato da un clima mediterraneo. Una delle caratteristiche fondamentali di questo tipo di clima è la grande variabilità nella quantità di precipitazione da anno in anno e tra aree diverse. L’estate è molto calda, raramente piove, l’inverno è fresco e piovoso, con piogge da ottobre a maggio circa, tanto che il Servizio Meteorologico Israeliano, indicato in seguito con IMS (Israel Meteorological Service), dà15 i dati statistici della precipitazione (pioggia, neve) di lungo termine riferiti al così detto anno di pioggia, da agosto a luglio.

In altre parole il clima della Palestina è mediterraneo lun-go la costa e semi-desertico, con pioggia scarsa e poco fre-quente, nella depressione del fiume Giordano e nel Deserto di Giuda, più abbondante e frequente man mano che ci si sposta verso il Mar Mediterraneo e verso Nord. Oggi i ser-vizi meteorologici di molti paesi, come l’IMS, mettono a di-sposizione estese banche dati delle precipitazioni nelle loro aree geografiche, che permettono di calcolare, tra l’altro, la frequenza media annuale dei giorni di pioggia al variare del-la latitudine e longitudine di una località, dati che possono essere confrontati con quanto riportato nell’EMV. Poiché il clima della Palestina è rimasto quasi invariato negli ultimi duemila anni perché non sono cambiati i vincoli climatolo-

15 Central Bureau of Statistics, http://www.cbs.gov.il/reader/shnaton/shnatone_new.htm

EMVI anno

6 gen 317 gen 32

II anno9 gen 3227 dic 32

III anno28 dic 3217 dic 33

Mesi finali18 dic 3323 apr 34

Totale6 gen 3123 apr 34

Giorni descritti 75 su 366

15+30+20+10115 su 354

35+25+25+30150 su 354

35+35+35+4540 su 126

20+0+10+10380 su 1204

105+90+90+95

Giorni di pioggia9 su 75

0+1+7+116 su 1153+3+9+1

22 su 1503+2+7+10

5 su 404+0+0+1

52 su 38010+6+23+13

Tabella 2: Numero dei giorni di pioggia descritti negli anni di vita pubblica di Gesù dedotti dall’analisi astronomica dell’EMV. In ogni cella le quattro cifre si riferiscono, nell’ordine, alla primavera, estate, autunno, inverno, con inizio delle stagioni agli equinozi e ai solstizi.

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Figura 1: Località della Palestina visitate da Gesù in giorni di pioggia secondo l’EMV.

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Tabella 3: Giorni di pioggia, località (latitudine, longitudine) secondo l’EMV negli anni della vita pubblica di Gesù, suddivisi per

anno.

I anno (6 gen 31-7 gen 32)1, Nazaret (32.73, 35.27);18 2, Esdrelon (32.71, 35.13); 19 1, Meron (32.99, 35.54);20 1, Acqua Speciosa (31.97, 35.73);21

3, Acqua Speciosa (31.97, 35.73); 22 1, Acqua Speciosa (31.97, 35.73).23

II anno (9 gen 32-27 dic 32)1, Betsaida (32.88, 35.28);24 1, Ippo (32.78, 35.66);25 1, Sichem (32.23, 35.26);26 1, Gerusalemme (31.78, 35.22);27

1, Cafarnao (32.88, 35.58); 28 1, Cana-Nazaret (32.75, 35.59; 32.73, 35.27);29 1, Gennesaret (32.85, 35.52);30 4+1, Arbela (32.55, 35.85);31 1, Meron (32.99, 35.54);32 3, Magdala (32.84, 35.50).33

III anno (28 dic 32-17 dic 33)2+1, Nazaret e Jiftael (32.73, 35.27; 32.83, 35.39);34 1, Tolemaide (32.82, 35.09);35 1, circa latitudine di Cipro;36 1, Aczib

(33.09, 35.11);37 2, Pella-Jabes Gaalad (32.45, 35.61);38 2, Pella-Jabes Gaalad (32.45, 35.61);39 1, nei pressi del Guado

18 “La giornata è burrascosa, prossima ad un temporale” (EMV 92): giovedì 2/08/31; “Gesù esce nell’orto, che appare tutto lavato dal temporale della sera avanti … la recente pioggia che ha deterso l’aria. Pietro dice: «É venerdì... Maestro, domani è sabato...»” (EMV 93): venerdì 3/08/31.19 “Un giorno seminuvoloso di fine autunno. Vi deve essere stata della pioggia nella notte … Verso sera, ecco un carro militare romano che li raggiunge. … I due soldati fermano; dalla tenda tirata sul carro, poiché comincia a piovere” (EMV 109): 4-5/10/31. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Kyriat Tivon.20 “Piove, Maestro. Che facciamo?” (EMV 110): venerdì 12/10/31. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Hatzor.21 “La voce di Gesù rimbomba nello stanzone pieno di folla, perché piove” (EMV 120): terza decade di novembre; “Vai a cercare il Maestro. E’ nel bosco sul fiume” (EMV 121): se Gesù è nel bosco non piove; non siamo, quindi, nello stesso giorno del cap. 120; “le piogge cadute i giorni avanti” (EMV 122): il riferimento è al cap. 120. In realtà, si tratta di un sol giorno di pioggia sebbene Maria Valtorta faccia genericamente riferimento ai “giorni avanti”; “Giovanni che viene dai prati” (EMV 122): stanno all’aperto; quindi non piove. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Niran.22 “Aia allagata dalla pioggia … pioggia che infittisce” (EMV 123): terza decade di novembre; “La giornata è talmente orrida che non c’è nessun pellegrino. Piove a rovesci” (EMV 124): giorno di pioggia, diverso dal precedente; “La giornata meno tremenda, per quanto ancora piovosa, permette alla gente di venire dal Maestro” (EMV 125): terzo giorno di pioggia consecutivo.23 “la giornata è piovosa” (EMV 137): domenica 6/01/32.24 “Il temporale di giorni or sono ci ha fatto sostare di poche ore” (EMV 180): 10-12/03/32.25 “Vedo che il cielo si incupisce e il sole si nasconde dietro dei nuvoloni temporaleschi … La tempesta si fa sempre più brutta” (EMV 185): 23-24/03/32; “il recente temporale” (EMV 186): si riferisce all’EMV 185.26 “Un acquazzone nella notte ha messo un poco di fango nelle vie” (EMV 193): mercoledì 2/04/32; “Ma deve avere molto piovuto” (EMV 193): fa riferimento alla pioggia della notte.27 “Il cielo è a pioggia” (195): venerdì 4/4/32.28 “Egli ci ha salvato anche dalla pioggia … la pioggia, i tuoni e i lampi … sotto un temporale … grandine prossima” (EMV 238): venerdì 11/07/32; “pioggia persistente … grandine” (EMV 239): dalla narrazione si evince che è sempre lo stesso giorno del cap. 238.29 “Tanto la recente burrasca le ha lavate e la rugiada le mantiene” (EMV 244): 17-18/07/32.30 “Stia mettendo insieme una burrasca” (EMV 274): 15/09/32. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Ginosar.31 “Viva l’acqua! Ha servito anche a tenerti nella mia casa cinque giorni” (EMV 296): martedì 11/11/32; “arrivo ad Aera sotto la pioggia; è tre giorni che viene verso questo luogo, con le bestie sotto l’acqua” (EMV 296): sera del mercoledì 12/11/32; Pietro sapeva che Gesù sarebbe rimasto ad Arbela per il riposo sabbatico a prescindere dalla pioggia. Per la pioggia la partenza di Gesù viene rimandata dalla domenica al martedì, per essere al mercoledì sera ad Aera. I giorni di pioggia, quindi, sono la domenica, il lunedì, il martedì e il mercoledì, poiché l’arrivo ad Aera avviene sempre sotto la pioggia. Non possiamo dire che il sabato piovesse, poiché questo giorno non è descritto nella narrazione. Perciò i giorni di pioggia consecutivi sono stati almeno 4. Si può ragionevolmente ipotizzare 4 giorni consecutivi più 1 separato dai 4 da 1 giorno senza precipitazioni. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Irbid.32 “Rivedo il lago di Meron in un fosco giorno di acqua … Fango e nuvole” (EMV 298): domenica 16/11/32.33 “Acqua, acqua, acqua …” (EMV 302): 28/11/32; “cercando il sole tiepido succeduto a giorni di burrasca” (EMV 305): 5/12/32; Maria Valtorta parla di più giorni di pioggia; dalla narrazione, però, non si può dire quanti siano stati con precisione. Si può assumere che si abbiano avuti almeno tre giorni consecutivi di pioggia, visto che Maria Valtorta parla di un “sole tiepido succeduto a giorni di burrasca”.34 “È una piovosa mattina di inverno” (EMV 312): 28/12/32; (EMV 313): 29/12/32; “Nazaret è buia e dormente sotto l’acqua gelida della notte d’inverno” (EMV 314): 29/12/32; “Deve aver piovuto tutta la notte. Ma con l’alba è succeduto un vento asciutto che ha respinto le nubi verso sud, oltre i colli di Nazaret. Perciò un timido sole invernale osa affacciarsi” (EMV 315): 30/12/32; “perseguitati da un tempo piovoso e freddo” (EMV 316): 31/12/32. Nel cap. 315 si fa riferimento a una giornata fredda ma senza pioggia. Perciò potrebbero essere stati 2 giorni consecutivi di pioggia più uno separato dai due precedenti per un giorno senza pioggia (cfr. EMV 315). La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Iblin.35 “La pioggia si infittisce” (EMV 318): 1/1/33.36 “Inferno che è il mare, fischia per tutto commento e mugola” (EMV 320): 3/1/33; “Ma che tempesta!” (EMV 322): lunedì 5/1/33, si riferisce alla tempesta del cap. 320. Non considerato nella media perché non fa parte della Palestina.37 “Le ultime grandinate hanno bruciato a strisce la campagna” (EMV 332): 25/1/33. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Rosh Hanikra.38 “Per essere a Pella prima della pioggia” (EMV 357): 15/03/33 a Gadara; “cadono le prime gocce di pioggia … via bagnata di pioggia” (EMV 358): 16/03/33 a Pella; “olmo scivoloso di pioggia” (EMV 359): 17/03/33 a Jabes Gaalad.39 “Per essere a Pella prima della pioggia” (EMV 357): 15/03/33 a Gadara; “cadono le prime gocce di pioggia … via bagnata di pioggia” (EMV 358): 16/03/33 a Pella; “olmo scivoloso di pioggia” (EMV 359): 17/03/33 a Jabes Gaalad.

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Dall’analisi emerge che dei 1204 giorni di vita pubblica di Gesù (dal 6 gennaio 31 al 23 aprile 34) soltanto 380 cir-ca sono stati effettivamente descritti da Maria Valtorta e, di questi, 52 sono stati annotati come giorni di pioggia. Dall’os-servazione astronomica si evince che i 380 giorni descrit-ti nell’EMV si distribuiscono nei mesi dell’anno secondo quanto riportato nella Tabella 4. Questi ultimi dati devono considerarsi suscettibili di piccole variazioni, di qualche giorno, dovute a possibili indeterminazioni nella ricostruzio-ne cronologica per i giorni che cadono al passaggio da un mese all’altro.

Se si esclude il dato corrispondente alla località costiera di latitudine circa uguale a quella di Cipro, non appartenente alla Palestina, si ricava una frequenza annua di 51x365/380=49 giorni di pioggia. Per quanto annotato prima riguardo ad Ala-mogordo, 49 giorni piovosi all’anno è un dato compatibile con un clima in cui le piogge siano concentrate in due stagio-ni contigue dell’anno, come avviene anche per la Palestina.

Le osservazioni riportate nell’EMV sono evidentemente

dovute a ragioni indipendenti dal verificarsi di eventi me-teorologici e, di conseguenza, è corretto ipotizzare che il numero di giorni piovosi (51 giorni) rapportato al periodo di osservazione (380 giorni) sia un dato attendibile per la Palestina, così come altre informazioni ricavate in seguito, e possa essere confrontato con il medesimo dato statistico ricavato dalla banca dati dell’IMS, ipotizzando che non ci siano stati significativi cambiamenti nel regime delle piogge in quell’area geografica, data la permanenza dei fattori che ne determinano il clima, ossia il mare Mediterraneo a ovest e il deserto a est e a sud.

4. Un quadro meteorologico statisticamente coerente con i dati odierni della Palestina

Come osservato, in Palestina i giorni piovosi sono concen-trati soprattutto nei mesi autunnali e invernali. Relativamente al periodo 1990-2015 e per 184 località distribuite in tutta la Palestina, quasi tutte osservate per 26 anni, la Figura 2

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

21 32 43 62 33 18 37 19 26 30 35 24

Tabella 4: Distribuzione mensile dei 380 giorni descritti nell’EMV.

del Giordano (31.84, 35.55);40 1, Guado del Giordano (31.84, 35.55);41 3, Esdrelon (32.71, 35.13);42 1, Tiberiade (32.78, 35.53);43 1, Cafarnao;44 2, Nazaret-Engannim (32.73, 35.27; 32.46, 35.30);45 1, Nobe;46 1, Betania oltre Giordano; 47 1, Bet Horon (31.88, 35.40);48 2, Nobe.49

Mesi finali1, Gofena (31.96, 35.22);50 1, Doco (31.86, 35.46);51 2, Betania (31.78, 35.22);52 1, Gerusalemme (31.78, 35.22).53

40 “Insistere di pioggia … piovasco violento” (EMV 360): 19/03/33.41 “Brevi piovaschi” (EMV 361): 22/03/33. 42 “Il temporale incombe … acquazzone” (EMV 428): giovedì 18/06/33; “deve aver continuato a piovere per tutto il dì avanti … lo scroscio dura” (EMV 429): 19/06/33; “rami ancora gocciolanti come per un temporale” (EMV 430): 20/06/33; i giorni di pioggia consecutivi dovrebbero essere 3 perché se i rami erano ancora gocciolanti vuol dire che aveva smesso di piovere da poco.43 “I primi tuoni e lampi solcanti il cielo livido … Entrano, fra il primo scroscio d’acqua” (EMV 445): 2/9/33.44 “Prima che piova” (EMV 458): 11/09/33; “senza curarsi del temporale” (EMV 459): 11/09/33; “avevamo navigato in un mare in tempesta” (EMV 460): 12/09/33; si riferisce al giorno precedente; “acquazzone della sera avanti” (EMV 461): 12/09/33; si riferisce al giorno precedente.45 “Breve pioggia, caduta certo da poco” (EMV 478): 24/9/33, vicino Nazaret; “oggi pioverà” (EMV 480): venerdì 25/9/33; “non vedete come è bagnato e stanco?” (EMV 481): venerdì 25/9/33 a Engannim; in totale 2 giorni di pioggia consecutivi. Per la seconda località la latitudine e la longi-tudine considerate sono quelle della città di Jenin.46 “Una vera tromba d’aria sotto un cielo pauroso” (EMV 489): 4/10/33. Per Nobe la latitudine e la longitudine considerate sono quelle di Geru-salemme.47 “La stagione è brutta, piove, c’è fango” (EMV 504): 27/10/33.48 “Perché ha piovuto” (EMV 514): 6/11/33.49 “Dopo un sabato e due giorni di tempo piovoso” (EMV 530): 22-23/11/33.50 “Al suono del vento si unisce quello della pioggia” (EMV 561): inverno. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Jifna.51 “Deve esser scesa nella notte una breve pioggia” (EMV 576): primavera del 34. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle della città di Gerico.52 “Non è molta la pioggia” (EMV 581): giovedì 15/04/34; “forse a sesta tornerà la pioggia” (EMV 582): venerdì 16/04/34; “accendere di luce le gocce della pioggia” (EMV 583): venerdì 16/04/34. La latitudine e la longitudine considerate sono quelle di Gerusalemme.53 “Questo giorno temporalesco” (EMV 608): venerdì 23/04/34.

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mostra la durata del periodo piovoso annuo in funzione della longitudine (Figura 2a) e della latitudine (Figura 2b), così calcolata: si determina prima l’intervallo di tempo continuo tra l’ulti-mo giorno piovoso di primavera e il pri-mo giorno piovoso d’autunno, e questo valore è sottratto alla durata dell’anno, determinando così la durata del periodo piovoso annuo. Nella Figura 2 sono in-dicate esplicitamente, per riferimento, le medie di alcune località e la retta di regressione che mostra l’andamento al variare della latitudine o della longitu-dine. Si può notare che per quasi metà dell’anno non piove mai o raramente e, anche se non mostrato esplicitamente, sempre nel periodo che va da maggio a ottobre. Solo in pochissime località può piovere due o tre giorni in estate.

La Figura 3 mostra la media annua dei giorni piovosi, in funzione della lon-gitudine (a) e della latitudine (b) per le località citate. Le croci rosse corrispon-dono al valore ricavato dall’EMV (49), quelle nere al valore medio di 159 loca-lità con latitudine maggiore di 31,5°, la latitudine minima delle località per cui l’EMV indica giorni di pioggia (Figura 1), pari a 50,6 giorni. È evidente che sia i valori medi, sia i valori a ±1 devia-zione standard della latitudine e longi-tudine delle località descritte nei giorni piovosi, sorprendentemente, coincido-no. Sono indicate esplicitamente, per riferimento, le medie di alcune località e la retta di regressione che mostra l’an-damento al variare della latitudine, e i due limiti a ±1 deviazione standard. È possibile notare un accordo inaspettato anche da questa analisi più dettagliata. Le località indicate dall’EMV hanno una distribuzione in longitudine un po’

34.4 34.6 34.8 35 35.2 35.4 35.6

140

150

160

170

180

190

200

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220

230

240Periodo piovoso

Longitudine (° )

Med

ia a

nnua

(gio

rni) G

T

K

M

N

T

HU

30 30.5 31 31.5 32 32.5 33

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160

170

180

190

200

210

220

230

240Periodo piovoso

Latitudine (° )

Med

ia a

nnua

(gio

rni)

N

M

K

T

HU

G

Figura 2: Media annua del periodo piovoso relativo a 184 località della Palestina al variare della longitudine (a) e della latitudine (b), dal 1990 al 2015.1 Sono esplicitamente indicati i valori di Gerusalemme (G, rosso), Tel Aviv (T, nero), Haifa Università (HU, verde), Nazareth (N, magenta), Malkiya (M, nero), Kalya (K, nero). È mostrata anche la retta si regressione tra la media annua e la longitudine (a) o la latitudine (b).

1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.il/ims/7, (IMS).

(b)

(a)

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE

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più spostata ad Est rispetto ai dati ripor-tati dall’IMS perché, oltre alle località della Palestina, nei viaggi di evange-lizzazione descritti nell’EMV sono indicate anche molte località a Est del Giordano (Figura 1), oggi appartenenti alla Giordania e non presenti nella ban-ca dati dell’IMS.

Un altro dato interessante per le ap-plicazioni è il numero di coppie di gior-ni piovosi, come stabilito dalla teoria matematica della de-integrazione della quantità d’acqua raccolta ogni giorno54, che è in grado di fornire, tra l’altro, la statistica della quantità d’acqua cadu-ta ogni minuto (in pratica, istantanea). La teoria ha bisogno di pochissimi dati d’ingresso misurati localmente, e tra questi il numero di giorni piovosi e il numero delle coppie di giorni piovosi. I giorni piovosi sono quelli direttamen-te registrati dai servizi meteorologici (come l’IMS), mentre il numero di coppie di giorni piovosi si determina considerando sequenze disgiunte di due giorni alla volta, e dichiarandole piovose se piove in uno dei due giorni o in entrambi. Dal punto di vista me-teorologico, se si trasforma il tempo in distanza mediante la velocità (costante) di traslazione orizzontale delle pertur-bazioni, si ha un’idea approssimativa della loro estensione. Il numero di cop-pie piovose è dunque un altro dato tipi-co, come il numero di giorni piovosi, di una certa area geografica, e dà un’idea dell’estensione su vasta scala delle per-turbazioni e del loro succedersi. Le due variabili aleatorie sono tra loro abba-stanza correlate.

54 E. Matricciani, ibid.

Figura 3: Media annua dei giorni piovosi relativi a 184 località della Palestina al variare della longitudine (a) e della latitudine (b) dal 1990 al 20151. Le croci in rosso riportano il valore ricavato dall’EMV (49) per i valori di longitudine (o latitudine) media e per i valori a ±1 deviazione standard, ricavati dalla Tabella 3. Le croci in nero riportano gli stessi dati ricavati per 159 località con latitudine maggiore o uguale a 31,5° (latitudine minima relativa alle località descritte nella Tabella 3), media pari a 50,6. Sono esplicitamente indicati i valori di Gerusalemme (G, rosso), Tel Aviv (T, nero), Haifa Università (HU, verde), Nazaret (N, magenta), Malkiya (M, nero), Kalya (K, nero). È mostrata anche la retta si regressione tra l’indice medio e la longitudine, o la latitudine, e i limiti a ±1 deviazione standard.

1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.il/ims/7, (IMS).

(b)

(a)

34.4 34.6 34.8 35 35.2 35.4 35.610

20

30

40

50

60

70

Giorni piovosi

Longitudine (° )

Med

ia a

nnua EMV

IMS

GN

K

M

T

HU

30 30.5 31 31.5 32 32.5 3310

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30

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Giorni piovosi

Latitudine (° )

Med

ia a

nnua

HU

T

M

K

NG

EMVIMS

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SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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La Figura 4 riporta la media annua del numero di coppie di giorni piovo-si relativo alle già citate 184 località della Palestina in funzione della lon-gitudine (Figura 4a) e della latitudine (Figura 4b). La stima delle coppie pio-vose deducibili dall’EMV, in base alla cronologia ricostruita nella Tabella 3, dà 41 coppie e, se si esclude sempre il dato relativo a Cipro per confronta-re i dati ricavati dall’EMV con quelli ricavabili dall’IMS, in un anno si tro-vano 40x365/380=38,4 coppie piovo-se, in accordo con il valore derivabile dall’IMS per le 159 località di latitudi-ne >31,5°, ossia 36 coppie. Ancora una volta è possibile notare, dalla Figura 4, una sorprendente correlazione tra i dati medi e a ±1 deviazione standard della latitudine e longitudine deducibili dall’EMV, e quelli ricavabili dall’IMS per 159 località con latitudini maggiori di 31,5°.

5. Distribuzione mensile dei giorni piovosi

Osserviamo ora i dati meteorologici con dettaglio temporale più fine. La Fi-gura 5 mostra per ogni mese dell’anno il valore medio e i valori a ±1 devia-zione standard per le 184 località della Palestina già esaminate. Si noti che il ciclo annuale è ripetuto per mostrare la continuità della funzione tra dicembre e gennaio. La figura conferma l’anda-mento fortemente stagionale delle pre-cipitazioni.

Da questi dati dell’IMS possiamo calcolare il valore medio e la deviazio-ne standard mensili previsti per i gior-ni mensili descritti nell’EMV, tenendo conto che sono stati descritti soltanto i

Figura 4: Media annua delle coppie di giorni piovosi relative a 184 località in Palestina al variare della longitudine (a) e della latitudine (b) dal 1990 al 20151. Le croci in rosso riportano il valore 38,4 ricavato dall’EMV per i valori di longitudine (o latitudine) media e per i valori a una deviazione standard della latitudine o longitudine, ricavati dalla Tabella 3. Le croci in nero riportano gli stessi dati ricavati per le 159 località con latitudine maggiore o uguale a 31,5° (latitudine minima relativa alle località descritte nella Tabella 3), media pari a 36,0. Sono esplicitamente indicati i valori di Gerusalemme (G, rosso), Tel Aviv (T, nero), Haifa Università (HU, verde), Nazaret (N, magenta), Malkiya (M, nero), Kalya (K, nero). È mostrata anche la retta di regressione tra l’indice medio e la longitudine, o la latitudine, e i limiti a ±1 deviazione standard.

1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.il/ims/7, (IMS).

(b)

(a)

34.4 34.6 34.8 35 35.2 35.4 35.6

10

15

20

25

30

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45

50Coppie piovose

Longitudine (° )

Med

ia a

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EMVIMS

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M

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50Coppie piovose

Latitudine (° )

Med

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T

M

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NIMS

EMV

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anno (ipotesi fisicamente accettabile), il valore medio men-sile μi può essere considerato come una variabile aleatoria con valore medio dato dalla eq. (1) e deviazione standard55 data da:

3/26ii s=� (3)

Se ora consideriamo il valore medio a +1 deviazione stan-dard σi , otteniamo:

(4)

E un valore totale di giorni piovosi annui dato da:

(5)

un valore molto vicino a quello di lungo termine 47,8 per le 184 località (oppure 50,6 per le 159 località di latitudine >31.5°, Figura 3). In altre parole, i dati sperimentali indicano che il valore dato dalla combinazione della eq. (4) e della eq. (5) sia una stima più precisa del valore medio mensile dei giorni piovosi per un periodo di 3 anni osservati casualmente soltanto per 380 giorni come riportato nella Tabella 4, rispet-to al periodo di lungo termine (26 anni).

55 Chiamato N il numero di osservazioni tra loro scorrelate, la devia-zione standard della variabile aleatori “valore medio” è proporzionale a

, di conseguenza al variare di N da 26 a 3 essa si scala come indicato nella eq. (3). Si consulti un manuale di statistica, o E. Matricciani, Lezioni di probabilità e processi aleatori, Progetto Leonardo, Esculapio, Bologna, 2a ed., 2011.

giorni totali della Tabella 4 e che questi dati parziali si rife-riscono a circa 3 anni, da agosto a luglio di ogni anno, es-sendo il primo giorno di pioggia nell’EMV il 3 agosto 31, a Nazareth, e l’ultimo il 23 aprile 34 a Gerusalemme, come deducibile dalla Tabella 3, e che, dopo aprile, i giorni piovosi sono estremamente rari (Figura 5).

Siano mi e si il valore medio e la deviazione standard, ri-spettivamente, dei giorni piovosi del mese i - esimo dell’an-no, i = 1,2,...12, secondo l’IMS (Figura 5); δi i giorni descritti per il mese i - esimo secondo l’EMV (Tabella 4), di i giorni di ciascun mese (31 per i = 1 , etc.). Il valore medio di giorni piovosi di ciascun mese si può scalare, dai dati graficati nella Figura 5, in rapporto ai giorni mensili osservati nell’EMV, trovando così il valore medio relativo a 380 giorni osservati secondo la Tabella 4:

ii

ii m

d3�

=� (1)

Ad esempio, per i = 1, il fattore che moltiplica m1 è pari a 21/(3 x 31). Il valore annuale di giorni piovosi è quindi dato da:

2,1712

1

=�= �=i

iG

(2)

Il valore totale (eq. (2)) è minore del valore medio di lungo termine, ossia 47,8 per tutte le 184 località, o 50,6 per le 159 località di latitudine >31,5°, perché, ovviamente, il numero parziale di giorni mensili osservati in 3 anni nell’EMV (δi) è minore del numero di giorni mensili totali osservabili in 3 anni (3 di). D’altra parte, passando da 26 a 3 anni, e suppo-nendo osservazioni scorrelate di mese in mese e di anno in

2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 240

5

10

Giorni piovosi mensili Palestina

Gio

rni

m+s

m-s

m

2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 240

0.5

1

1.5

2

2.5

Mese

Dev

. sta

ndar

d (g

)

Figura 5: Figura superiore (a): valore medio e valori a ±1 deviazione standard dei giorni piovosi mensili relativi a 184 località in Palestina, da gennaio (1) a dicembre (12). Figura inferiore (b): deviazione standard (in giorni). Si noti che il ciclo annuale è ripetuto per mostrare la continuità delle funzioni tra dicembre e gennaio.

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vocato da molti fattori, sia climatici (ciclici) sia dovuti all’uo-mo (guerre, distruzioni, abbandono delle coltivazioni)56. Ne-gli ultimi decenni sul Mediterraneo c’è stata una tendenza generale a una riduzione della quantità d’acqua precipitata e, nel contempo, ad un aumento dei suoi valori di picco (massi-mi), con inverni più rigidi ed estati più torride. Nel Mediter-raneo orientale si sono avute tendenze contrastanti negli anni 1951-199057. Un’eccezione, infatti, alla tendenza generale è l’area geografica che include il Negev e la parte centro-meridionale della Palestina, dove c’è stato un aumento della quantità d’acqua totale precipitata, sembra a causa di un uso diverso del suolo (coltivazioni agricole) 58.

Nel nostro studio abbiamo confrontato con i dati degli ul-timi decenni il numero di giorni piovosi, l’unica grandezza meteorologica ricavabile dall’EMV, ipotizzando che questa variabile aleatoria non sia cambiata drasticamente negli ul-timi 2000 anni.

A sostegno di questa ipotesi la Figura 7 mostra l’anda-mento del numero di giorni piovosi (pannello superiore) e la quantità d’acqua (pannello inferiore) accumulata nel mese di Marzo, nella città di Gerusalemme, dal 1960 al 2014 (55 anni). Le curve in rosso sono state ottenute filtrando le serie temporali originali con un filtro che elimina le componenti sinusoidali di periodo inferiore a 7 anni, per ridurre le flut-tuazioni di breve periodo. La Figura 8 mostra il diagramma di dispersione tra le due grandezze, la cui correlazione è 0,57 per i dati non filtrati e 0,30 per i dati filtrati. Questi ultimi, non avendo più le fluttuazioni rapide, sono più adatti ad evi-

56 Hellsworth Huntington, The Climate of Ancient Palestine, Bulletin of American Geographical Society, (1908) XL, parte I p.513-522, parte II p. 577-586, parte III p. 641-652. Anche se del 1908, l’articolo riporta uno studio ancora attuale e importante. 57 P. Abert, I. Osetinsky, B. Ziv, H. Shafir, Semi-Objective classification for daily synoptic systems: Application to the Eastern Mediterranean Climate Change, International Journal on Climatology (2004), 24, p. 1001-1011. 58 P. Abert, S.O. Krichak, D. Haim, H. Shafir, , I. Osetinsky, Climatic trends to extremes employing regional modeling and statisticalinterpretation over the E. Mediterranean, Global and Planetary Change (2008), 63, p. 163-170.

Si noti che se si scala direttamente il valore dato dall’eq. (2) a 3 anni si ottiene circa lo stesso valore dato dalla eq. (5), ossia 17,2 x 3 x 365/380 = 49,6.

Applichiamo lo ragionamento ai giorni piovosi dell’EMV. Si trova:

(6)

(7)

Il valore medio a ±1 deviazione standard σi è dato da:

(8)

Per cui il numero di giorni totali in 380 giorni è stimato in:

(9)

un valore praticamente identico a quello dell’IMS (51,2). Da esso si ottiene un valore medio annuo pari a 51,6 x 365/380 = 49,6 praticamente identico al numero di giorni piovosi annui (49) descritti nell’EMV. Se si scala direttamente l’eq. (7) a 3 anni si trova 17,3 x 3 x 365/380 = 51,0 a conferma dell’eq. (9).

In altre parole, la stima del numero totale di giorni piovosi a partire dai giorni mensili sembra molto robusta per cui si può ritenere che la distribuzione mensile dei giorni piovosi secondo l’EMV sia attendibile. La Figura 6 mostra sinottica-mente tutti questi risultati.

In conclusione, anche quest’analisi fine indica che la di-stribuzione mensile dei giorni piovosi non può essere frutto dell’inventiva dell’Autrice.

6. In 2000 anni è cambiato il clima della Palestina?

La Palestina di oggi sembra sia più arida e meno piovosa di quella di 2000 anni fa. Il cambiamento sembra sia stato pro-

Figura 6: Valore medio mensile dei giorni piovosi osservati in circa 26 anni per 184 località della Palestina (curva IMS, nero), e in 3 anni per soli 380 giorni in accordo alla Tabella 4 in base ai dati IMS (curva IMS EMV, verde), equazione (4). La curva EMV (rosso) mostra il numero di giorni mensili ricavati dall’EMV, equazione (8). Si noti che il ciclo annuale è ripetuto per mostrare la continuità delle funzioni tra dicembre e gennaio.

2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 240

5

10

Giorni piovosi mensili EMV

Mese

Gio

rni

EMV IMS EMV

IMS

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE

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Figura 7. Numero di giorni piovosi (figura superiore) e quantità d’acqua totale precipitata (figura inferiore), espressa in cm di altezza per m2 di superficie, in Gerusalemme nel mese di Marzo, dal 1960 al 2014 (55 anni)1. Le curve in rosso sono state ottenute filtrando le serie temporali (blu) con un filtro alla Butterworth che elimina le componenti sinusoidali di periodo inferiore a 7 anni.

1 Fonte dei dati: elaborazione ottenuta dai dati scaricabili liberamente da https://ims.data.gov.il/ims/7, (IMS).

Figura 8. Diagramma di dispersione tra il numero di giorni piovosi (ascissa) e la quantità d’acqua totale precipitata (ordinata), espressa in cm di altezza per m2 di superficie, in Gerusalemme nel mese di Marzo, dal 1960 al 2014 (55 anni). Il coefficiente di correlazione è 0,57.

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SCIENZE ASTRONOMICHE E METEOROLOGICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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teorologici odierni della Palestina. Quello che è emerso, an-cora una volta, è sorprendente e inatteso perché coerente con i dati odierni. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad accurati dati concernenti fenomeni realmente accaduti durante la vita di Gesù, annotati da un attento osservatore di quell’epoca, da un testimone oculare.

Si apre, naturalmente, la questione, irrisolta da un punto di vista esclusivamente razionale, di come sia possibile tut-to ciò, poiché quanto annotato da Maria Valtorta non può essere riconducibile in alcun modo alla sua fantasia o alle sue competenze astronomiche e meteorologiche. Infatti, se da una parte l’analisi scientifica condotta ha permesso di porre in evidenza tutti i risultati sorprendenti ed inaspetta-ti descritti nel presente studio, dall’altra, però, quest’analisi e le nostre conoscenze scientifiche non possono fornire una spiegazione immediata di come ciò sia stato possibile.

Ringraziamenti

Desideriamo ringraziare il Servizio meteorologico isra-eliano per aver messo a disposizione i dati meteorologici grezzi, e il collega Carlo Riva, del Politecnico di Milano, per averci fornito una preziosa consulenza per i programmi di analisi dati.

denziare il legame di lungo termine. Come si può notare non esiste una correlazione elevata tra le due grandezze, fatto ancora più evidente nelle grandezze filtrate. In altre parole, sono possibili mesi con lo stesso numero di giorni piovosi ma con quantità d’acqua molto diversa. Questo risultato con-ferma che il numero di giorni piovosi sia una variabile alea-toria molto stabile nel tempo, tale da permettere il confronto con quanto deducibile dall’analisi dell’EMV.

7. Conclusione

La ricchezza di elementi narrativi presenti nell’Evangelo come mi è stato rivelato di Maria Valtorta (EMV) ha per-messo di eseguire su di esso studi astronomici e meteorolo-gici, atti a verificare il più possibile quanto l’Autrice afferma. Dall’analisi è emerso un risultato sorprendente ed inaspetta-to: ciò che Maria Valtorta narra sembra non sia frutto della sua fantasia. Infatti, grazie a una complessa e rigorosa analisi astronomica degli elementi narrativi presenti nei suoi scritti è stato possibile determinare una precisa cronologia di ogni avvenimento della vita di Gesù da lei raccontato e, in parti-colare, essa ha condotto a datarne la crocifissione al 23 aprile 34, un dato già proposto da I. Newton.

Maria Valtorta ha annotato anche la presenza di pioggia e ciò ha suggerito una verifica statistica diretta con i dati me-

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | LINGUISTICA

(ineffabilità, asemanticità, purezza, armonia, forma acusti-ca del biologico innato o epigenetico che sia). Coursil, che nella sua gerla ha una delle letture più rigorose e penetranti dei testi linguistici e semiologici saussuriani, nelle riflessio-ni che pubblichiamo avanza una soluzione ai paradossi del principio di indeterminazione, mostrando quale possa (qual-cuno direbbe debba) essere il modello, matriciale o ondula-torio poco importa, con cui studiare i fatti che chiamiamo musicali. E’ una soluzione interessante, che ci porta molto dentro alla musica che ascoltiamo quotidianamente e forse ancora più in profondità nelle lingue che parliamo.

Domenico Russo

DALLE ONDE ACUSTICHE AI RUMORI

Noi viviamo in un gas. Il dominio dei feno-meni acustici è uno spazio chiuso. Al di là della bolla atmosferica, il problema dei suoni e della musica non si pone. Dobbia-mo allora, sin dall’inizio, limitare le no-

stre finzioni; l’aria non sta nelle arie ma sulla terra; non ci sono né rumori, né musiche celesti; ci sono solo onde.

La fisica ci spiega che le onde acustiche sono longitudinali e si propagano secondo l’asse del tempo in tutte le direzioni della nostra atmosfera. La fisiologia ci descrive le fasi della loro intercettazione. Ma i suoni e i rumori sono dei valori. Suppongono, per tutte le specie viventi dotate di udito, una disposizione caratteristica che possiamo studiare solo in una semiotica dell’ascolto. Tra le onde e i rumori (i rumori di qualche cosa) c’è una scissione d’essenza, di metodi e di incognite. Tra, da una parte, i fenomeni fisici della propa-gazione delle onde e fisiologici della loro intercettazione e, dall’altra, il verificarsi semiopsichico del loro realizzarsi come suoni e come rumori, la questione è capovolta, perché un suono o un rumore non esistono che sentiti. Così, diciamo il cacciatore ha sentito un rumore; la giraffa ha sentito un

Semiotica dell’ascolto JACQUES COURSIL

Traduzione di Maria Giuzio

C’è una scissione d’essenza tra le onde acustiche e i rumori che mostra come la nostra capacità d’ascolto sia una parte culturalmente organizzata della nostra sensibilità, sia cioè un interpretante che semiotizza dei saperi - I limiti semio-logici del rumore colti per differenza con i suoni musicali e quelli linguistici - La musica come linguaggio senza segni ma isomorfo al linguaggio parlato - In che modo i numeri e le scritture del solfeggio mostrano l’inaccessibilità della musica al linguaggio parlato - La genesi nell’ascolto della fonte sonora e la conseguente natura di architettura psichica dell’ascolto della musica - L’intervallo d’ottava come rela-zione differenziale d’identità (a = b) - Alternanza dei valori acustici e ethos del timbro.

Proponiamo di seguito alcune dense riflessioni di Jacques Coursil sulla musica. Lo facciamo per due importanti ragio-ni tra le altre. La prima sta nel fatto che Coursil, inserendosi nel filone della prosa scientifica inglese e francese nata nel Settecento in quegli ambienti e tuttora vivacissima, maestra e redditizia, sa portare ai colleghi delle altre scienze e al pubblico colto i contenuti più avanzati e tecnicamente osti-ci della ricerca semiotica e linguistica. La seconda ragione sta nel fatto, sorprendente, che non c’è forse semiotica più negletta e mal trattata della semiotica musicale, nonostante sia, in termini statistici, di bello e buono la più praticata al mondo dopo quella linguistica. A tutt’oggi, infatti, sembra quasi che la musica venga guardata come si guardavano gli elettroni prima di Heisenberg. Cerchiamo di stabilire quali sia no i suoi significati cercando di stabilire come mai ne fac-cia a meno. Cerchiamo di stabilire quali siano i suoi signifi-canti cercando di stabilire come mai non ne abbia. Non c’è scritto di semiotica musicale da cui non trapeli una sotter-ranea e sottile vena di infelicità degli studiosi, costretti loro malgrado, nonostante i modi assertivi, a lasciare da parte chi la quantità di moto (la musica esprime idee, sentimenti, ideologie, archetipi e quant’altro ancora) chi la posizione

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LINGUISTICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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dei saperi.In linea generale, gli esseri viventi dotati di udito percepi-

scono solo una parte dello spettro sonoro. L’orecchio umano sente solo i suoni in un delta di variazione che va da 16Hz a 20Hz2. Sopra i 20Hz ci sono gli ultrasuoni. Il cane può perce-pire suoni fino a 45Hz, il gatto fino a 65Hz, il pipistrello (che caccia nel buio più totale) e il delfino, fino a 500Hz. Sotto i 16Hz, le vibrazioni dell’ambiente sono gli infrasuoni; sap-piamo, per esempio, che gli elefanti comunicano a infrasuoni a diversi chilometri di distanza. Insomma, visto che ci sono molti suoni a noi inaccessibili che altri invece percepiscono, noi siamo, di fatto, quasi sordi.

DAI RUMORI AI SUONI MUSICALI

Posto il capovolgimento della fonte nell’ascolto, anche la nozione di rumore ha i suoi limiti, e li possiamo sottoli-neare con dei semplici giochi linguistici (Wittgenstein). Si dice rumore di stivali, di passi ma non rumore di canto, né tanto meno rumore di clarinetto. Certo, lo possiamo comun-que dire (l’ho fatto proprio ora anche io) ma sono tropismi, forme che non appartengono all’uso linguistico diffuso. Un francofono o un italofono userà più volentieri suono di. Cer-cando anche rapidamente tra gli usi, arriviamo facilmente alla conclusione che la nozione di rumore si arresta (o alme-no, bussa) alle porte della musica. Un rumore di tenore ? un

2 A una frequenza debole corrisponde un suono grave, a una frequenza elevata un suono acuto.

rumore, ma non diciamo (nonostante sia ottima sintassi) il cervello ha sentito un rumore; l’orecchio ha sentito un ru-more; il ricevitore ha sentito un rumore. Sentire un rumo-re suppone un processo significante. La semiotica inverte lo schema classico della comunicazione; a differenza delle onde meccaniche, i rumori non nascono dalla loro fonte né viaggiano nello spazio, ma si realizzano nell’ascolto.

Per un soggetto sociale adulto appartenente a una cultura, i rumori del mondo sono tutti semiotizzati, vale a dire formal-mente attesi e predicibili: rumore di vetri rotti, di autobus che frena, di pioggia, di tempesta, di grida di bambini o di folla in uno stadio; i rumori insoliti sono rari e pongono delle doman-de. La nostra capacità di ascolto costituisce una parte cultu-ralmente organizzata della nostra sensibilità1. Un cacciatore nelle sue profonde foreste sente rumori che un meccanico di città non sente e viceversa. Questa capacità il cui potenziale ci è dato all’inizio dall’evoluzione e il cui sviluppo è acquisi-to con l’educazione e l’acculturazione, è un interpretante (nel senso di Peirce), vale a dire una memoria effettiva autonoma. E’ quest’interpretante mnestico che opera la semiosi, la presa in atto, dei fenomeni acustici come rumori del mondo, per-ché i rumori sono degli avvenimenti proprio in quanto sono

1 La disposizione preliminare all’ascolto non è nuova. In Kant: «la materia di tutti i fenomeni ci è data solo a posteriori: la forma deve essere a priori nello spirito». In Berkeley: «esse = percipi» (essere è essere rappresentato – in uno spazio). In Peirce troviamo la nozione di interpretante diagrammatico. In Wittgenstein «Capire un linguaggio è coglierlo in un simbolismo come un tutto». In Quine: «essere è essere il valore di una variabile (in un insieme – olismo)» e così via, fino alla nozione di frame nelle attuali scienze cognitive.

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zare ciò che troviamo in uno agli altri. Si tratta, sottolinea Saussure (ripreso da Levi-Strauss), di «sistemi totalmente in-dipendenti». Per Saussure, il linguaggio non è che «una parte di una scienza generale» che copre tutti questi domini e che lui chiama semiologia; il linguaggio corrisponde a un campo semiotico, la musica a un altro, così come l’aritmetica degli interi e poco altro. Scegliamo un numero ristretto (il più pic-colo possibile) di semiologie primarie, dette così perché non sono derivabili. Questi domini, essendo logicamente distinti

e disposti arbitrariamente, non sono complementari, ma sono mutualmente ne-cessari. La loro combinato-ria apre una varietà immensa di domini derivati nei quali le culture formano le loro pratiche.

Musica e linguaggio co-stituiscono dunque due si-stemi rispettivamente chiu-si. Il linguaggio parlato è un sistema di valori e di segni (Saussure); la musica è un sistema di valori senza se-gni. I valori dei due sistemi non sono sovrapponibili. La musica (strumentale), così ricca di forme e così varia-ta, è intrinsecamente un’arte senza parola, un’arte senza

significante. Per dirla chiaramente: il linguaggio non è la mu-sica, né la musica è un linguaggio6. La musica si mormora, il linguaggio si bisbiglia, l’inversa non tiene. Sappiamo anche che la simultaneità delle parole non porta all’armonia ma al disastro significante, perché, contrariamente alla musica, il linguaggio funziona sull’unicità del ruolo; se c’è più di un parlante alla volta, la parola esplode. Basta parlare allo stesso tempo e l’effetto è sicuro: la lingua affonda.

Resta il caso del canto e delle canzoni, che mostrano, gra-devolmente, come il linguaggio e la musica stiano bene in-sieme. Questa evidenza, data come fattuale, è in effetti un modo per salvare le apparenze. Certo, una melodia somiglia alla prosodia del linguaggio ma, radicalmente, le note (grup-pi di note) non formano né parole né frasi. Non solo, le pa-role delle canzoni non sono le parole del dialogo ma testi ripetibili:

6 Per Levi-Strauss la musica è «il linguaggio meno il senso» e per Stravinsky, nel suo motto celebre: «la musica per essenza è impotente a esprimere qualsiasi cosa: un sentimento, un atteggiamento, uno stato psicologico, un fenomeno della natura ecc. L’espressione non è mai stata la proprietà immanente della musica. La ragion d’essere di questa non è in niente condizionata da quella. Se, come quasi sempre succede, la musica sembra esprimere qualcosa, è una illusione e mai la realtà. E’ semplicemente un elemento addizionale che per tacita e inveterata convenzione le abbiamo prestato, imposto come un’etichetta, un protocollo, in breve, un’uniforme, e che, per abitudine o incoscienza, abbiamo finito per confondere con la sua essenza».

rumore di sinfonia, di canzone ? Le restrizioni linguistiche non sono affatto obbligate, a essere obbligate sono semmai le loro contrarie, al costo di non potersi più capire su cosa sia la musica stessa (se tutto è musica e tutto è rumore, niente lo è e così sia)3. Così, il mio vicino del piano di sopra suona la chitarra elettrica con un potente amplificatore. Fa un rumore tale che mi manderà al manicomio. La mia vicina del piano di sotto invece suona il violino. Ma è una principiante e pro-duce suoni orripilanti. Anche lei mi manderà al manicomio, ma non è la stessa cosa. Del chitarrista dirò senza mezzi termini che fa rumore, della violinista, che pure scortica il mio orecchio pre-format-tato (semiotizzato), non dirò lo stesso, se non altro perché non sfonda i miei timpani.

Succede la stessa cosa per la pratica della parola. Ab-biamo rumori con la bocca ma difficilmente rumori di linguaggio, anche se si tratta di esplosioni di voce. L’uso storce la bocca ai rumori di parole o ai rumori di frase, anche sentiti da lontano; la libertà tropologica della parola non autorizza tutto. Sentiamo suoni linguistici ma non rumori di sillabe. Le parole possono essere rumorose ma non sono colte senza tor-sione mentale come rumori di umani, mentre lo starnazzare delle oche lo è di sicuro.

LA MUSICA E LA LINGUA PARLATA

I gruppi umani producono linguaggio e musica4, contano, servendosi della serie dei numeri interi e usano qualche al-tra pratica primaria costitutiva di qualsiasi campo sociale5. Questi domini semiotici si ricoprono parzialmente, ma sono distinti e autonomi. Occorre fare attenzione a non generaliz-

3 Le musiche contemporanee, come in ogni arte, amano giocare con i limiti. Così qualunque rumore può essere assimilato nella loro musicalità. I musicisti ascoltano attentamente tutti i rumori del mondo. Ma non bisogna invertire il ragionamento, perché è a partire dalla musica che sentono i rumori come tali.4 Saussure nel suo insegnamento parla di «facoltà dei gruppi umani di creare le lingue». Questa «facoltà dei gruppi» di creare sistemi semiologici si oppone radicalmente a qualsiasi facoltà individuale innata. Quest’idea è sostenuta sin dai tempi dei presocratici. Per Eraclito per esempio «la ragione non è propria dell’individuo, ma del suo ambiente» (frag. 147, trad. Battistini).5 Abbiamo trovato un popolo sul pianeta che non conosceva la serie dei numeri interi naturali e ne abbiamo concluso un po’ troppo in fretta che i numeri non erano universali. E’ un ragionamento strano, perché la questione fondamentale è la seguente: quando sul pianeta troviamo numeri interi, questi numeri, quale che sia la loro notazione e la loro valenza, sono dei numeri interi.

Résumé

Entre les ondes acoustiques et les bruits il y a une coupure d’essence montrant que notre capacité d’entendre n’est qu’une part culturellement organisée de notre sensibilité, c’est-à-dire un interprétant qui sémiotise des savoirs – Les limites sémiologiques des bruits face aux sons musicaux et linguistiques – La musique en tant que langage sans signes, mais qui présente, dans sa structure, un isomorphi-sme avec le langage parlé – De quelle manière les nom-bres et les écritures du solfège montrent l’inaccessibilité de la musique au langage parlé – La genèse dans l’entente de la source sonore témoigne l’architecture psychique de la musique – L’intervalle d’octave en tant que relation différentielle d’identité (a=b) – Alternance des valeurs acoustiques et ethos du timbre.

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ripetono, tata, papa sono ogni volta suoni distinti. Nella lin-gua, l’identità a = a è un tropo.

Le arti del linguaggio (retorica, poetica) traggono dalla musica il principio di ripetizione che a loro manca. Detto altrimenti, la musica cadenza la lingua. Nel canto, la proso-dia del linguaggio (che è una sintassi), si piega alle forme della misura ritmica. Sappiamo che le assonanze, le rime e il metro, effetti poetici fondati sulla ripetizione, sono delle for-me di godimento: ancora, ancora, ancora… Il grande Count Basie non esitava: «one more time!» e l’orchestra rieseguiva la sequenza per l’estasi di tutti. Allo stesso modo, le canzoni hanno un refrain e nel refrain il pubblico si sente a casa. Ma la ripetizione musicale, attesa cadenzata, non ha equivalen-ti nel dialogo; il dialogo corrente evita la ripetizione delle parole. Il linguaggio e la musica costituiscono dunque due campi semiotici autonomi.

SOLFEGGIO: NUMERI E SCRITTURE

Nelle culture che praticano la scrittura, la musica elabora la metrica dei suoi valori sulla teoria dei numeri (Occidente, Mondo Arabo, India, ecc.). Per la setta dei pitagorici, le altez-ze musicali di una corda vibrante (monocorde) rinviano alle potenze dei numeri11. In effetti, nel solfeggio, sotto simboli diversi, occidentale o sargam carnatico (sarigamapadani), ci sono solo numeri. Tuttavia, il solfeggio parla ai musicisti ma non ai profani; la comunicazione tra loro è opaca perché le scritture musicali (forme numeriche) non sono traducibili in prosa. Così, per via di questa mancanza di compatibilità tra i due valori, il discorso sull’esperienza musicale, trascendenza forzata, resta irrisolto; la musica è ineffabile dicono i filosofi. Relegato fuori della scrittura che si dà solo con il calcolo, il discorso che commenta la musica, sorta di filosofia senza segni, cede alla fine il posto alle scienze. «La musica (scrive Rameau 1722) è una scienza che deve avere regole certe; le regole devono essere tratte da un principio evidente, e non è assolutamente possibile conoscere il principio senza il ricor-so alla matematica»12. E cosa importa? L’ascolto musicale, disposizione antropologica primaria, non suppone, per prin-cipio, alcun sapere teorico né tecnico preliminare e neanche alcuna scrittura; possiamo essere finemente sensibili a un brano musicale senza saperlo né suonare, né leggerne una nota. Resta però che cantiamo in quinta nel Caucaso e a Bali, in terza in Africa occidentale e centrale e anche in Nuova Guinea, in seconda a Taïwan e in Dalmazia, forse (ma senza dubbio) senza saperlo13. E così, a parte i musicisti e gli spe-

11 Si dice la stessa cosa della versificazione classica francese: dodecasillabi, ottonario, ecc. che possiamo ritmare in valori musicali.12 Jean-Philippe Rameau, Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels (1722). Nella storia della musica tonale in Occidente, la teoria degli accordi di Rameau permette di costruire la gamma per sovrapposizione di terze e per inversione sulla base di una fondamentale invariante. Allo stesso modo, per il grande matematico Leonhard Euler (1707-1783), capire la musica è conoscere i numeri.13 Quel che vale per le teorie musicali vale anche per le grammatiche delle lingue, che i locutori ignorano quasi del tutto dal momento che la loro conoscenza non è per nulla necessaria alla pratica della parola.

La chiamavano Bocca di Rosa,

metteva l’amore, metteva l’amore

La chiamavano Bocca di Rosa

metteva l’amore sopra ogni cosa7

I suoni del linguaggio e i suoni musicali sono dunque mol-to diversi. I primi sono sillabe definite all’interno della com-plessità di una grammatica8. Dalla loro parte, i suoni musica-li coprono una parte più larga di frequenze udibili e evolvono anche meno rapidamente, il che favorisce la differenziazione delle altezze. Così, nella lingua parlata la voce del linguag-gio non è né quella del canto, né quella della declamazione testuale; la parola, in principio, non è cadenzata come nella versificazione. Le forme rimate e cantate costituiscono del-le distorsioni artistiche che non dipendono dai principi della conversazione corrente. L’accentuazione lessicale o frastica, per esempio, non è in alcun modo sincrona con una cadenza di tipo musicale; lo mostra bene il rap, retorica ritmata, che opera per spostamento sistematico degli accenti.

Vènistedamè inuna chiesàgreste vidissifidèl esadèste ched’è?’

(Veniste da me in una chiesa agreste, vi dissi ‘Fideles adeste che

d’è’?’)9

Insomma, il canto non è il frutto del matrimonio felice del-la lingua (parlata) e della musica, ma quello della musica di certe forme di parola preliminarmente testualizzate.

Nera di malasorte che ammazza e passa oltre

nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c’è luna

nera di falde amare che passano le bare10

Esiste nondimeno un isomorfismo di struttura, una sor-ta di architettura comune tra musica e linguaggio. Un asse verticale marca le altezze per la musica e le categorie per il linguaggio. Un asse orizzontale marca il ritmo nella musica e per il linguaggio le sequenze dei segni. Tuttavia va notata una differenza essenziale: la musica dispone di un principio d’identità che si applica sui due assi mentre il linguaggio lo accetta solo per le categorie (asse verticale). Così, contraria-mente alla ripetizione musicale, procedimento corrente, non si può avere ridondanza (orizzontale) in uno stesso gruppo linguistico: la frase un bambino è un bambino non è una ripetizione e non viene capita sul modello tautologico a = a. In questo esempio il primo bambino designa un oggetto, poi, in seconda occorrenza, un giudizio. Altro esempio: provi un uomo a dire a una donna che una donna è una donna e imparerà a spese del suo sessismo che nella parola non c’è ripetizione di segni. In breve, i suoni del linguaggio non si

7 Fabrizio De André, Bocca di Rosa (1967).8 Contrariamente alle apparenze, i fonemi, costituenti delle sillabe, non sono suoni. Per esempio, le consonanti che sono dei fonemi, sono impronunciabili senza il sostegno di una vocale. Senza entrare nei dettagli, il suono del linguaggio comincia dalla sillaba.9 Caparezza, Felici ma trimoni (2006).10 Fabrizio De André, Dolcenera (1996).

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l’oggetto di studio della semiotica. Ricordiamo sempre che i compositori, i musicisti non sono solo produttori ma anche soggetti ascoltatori16. La questione è dunque rovesciata: il soggetto della musica è l’altro, l’ascoltatore. La Τύχη (sen-sibilità toccata) è ormai primaria e riassume la pratica mu-sicale.

L’individuo umano integra la musica del suo ambiente, intendiamo con ciò un sistema d’intonazione e un sistema ritmico. Questa doppia architettura memoria non è uno stock di melodie (rimemorizzazione) ma una tavola caratteristica di possibili (capacità di ascolto). Così, se la memoria di una melodia è una rimanenza, la memoria strutturata, semioti-ca dei valori che permette l’ascolto musicale, è immanente. Un’aria nuova, mai sentita nella tradizione, una semplice melodia o una complessa partitura d’orchestra, sono ricevute perfettamente in quanto si iscrivono in una combinatoria ine-sauribile, spazio specifico di valori calcolabili.

La nozione di percezione, indispensabile in fisiologia, è problematica in semiotica. Lascia pensare che la musica si formi nello strumento, viaggi nell’aria e venga infine perce-pita, mentre invece nasce come tale, non nell’emissione, ma nella sensibilità (semioticamente organizzata) del musicista e del suo pubblico. Nella schema classico di comunicazione da un io verso un altro, la bocca è sorda e l’orecchio è muto. Percepiamo le onde, nessuno ne dubita; ma dire che perce-piamo la musica vuol dire confondere tutto. Per l’animale musicale che siamo, la musica non è un fenomeno che vie-ne da fuori. Immaginiamo il caso contrario, una macchina, un sintetizzatore autonomo, che, in assenza di umani, dia un concerto a una rete di macchine o a un gruppo di gatti. La musica bisogna essere lì per sentirla, bisogna che si sia uma-ni perché sia.

Un pezzo di musica è una totalità sui generis, uno spa-zio di valori chiuso per la definizione dei suoi valori. Basta sopprimerne un elemento, o che il brano sia incompiuto, e i suoi uditori, anche se lo sentono per la prima volta, se ne ac-corgono immediatamente. Supponiamo che nel corso di una esecuzione un solista sbagli una nota che suona falsa. Cos’è successo? Il suono sentito ha preso il posto di un altro atteso. Tale è la semiosi musicale nella sua funzione differenziale di attesa17.

Appena si cambia punto di vista, dalla fonte generatrice all’ascolto, tutto si problematizza. Il principio semiotico del suono implica che ogni volta che si menziona una fonte so-nora, siamo tenuti a menzionare l’ascolto in cui quel suono si forma come valore. La priorità della disposizione all’ascolto colloca l’artista al centro del campo sociale, non di fronte, né al di sopra. In altri termini, la musica non è il teatro, dove l’attore non vede la maschera che mostra. All’inverso, anche

del soggetto.16 Per Wittgenstein una grammatica è un sistema di comprensione (understanding). Nota: «Come si può parlare di capire o non capire una proposizione? E’ evidente che è una proposizione solo quando la si è capita».17 Da un sistema di intonazione all’altro un evento dissonante può passare del tutto inavvertito

cialisti, che non hanno necessariamente un orecchio migliore dei profani, il discorso sulla musica si riduce il più delle volte a una sorta di pathos senza contorni, in cui si mescolano le emozioni, gli aggettivi e i grandi avverbi.

Il discorso può certamente suggerire e magari anche cal-colare la musica in maniera precisa con l’aiuto del solfeggio, ma non può testimoniare il carattere esperenziale delle forme musicali. In altri termini, il discorso non può raggiungere la musica; la musica bisogna ascoltarla. Eppure ne parliamo, la parola parla di tutto, e ovunque al mondo, in ogni istante, musica e linguaggio sono mischiati. I trattati disponibili sono tanti e a questi si aggiungono studi molto severi di musico-logia e di etnomusicologia. Possiamo evitare la maldestra preterizione che consiste nel dire della musica che non si può dire?

Di musica se ne può parlare solo dal di fuori; l’esperien-za sensibile dei suoi valori resta fuori della portata del dire. Per esempio, il discorso (linguaggio) non può trasmettere, senza l’aiuto di uno strumento, la semplice esperienza della differenza tra un accordo minore e uno maggiore e neppure trasmettere, senza ascolto, la differenza tra le musiche moda-li e quelle tonali.

L’esperienza sensibile della musica sembra dunque inac-cessibile al linguaggio. Tuttavia, non può farne a meno. La musica non va senza nome. Senza il linguaggio non ha alcun posto nella città. Così il linguaggio, non potendola afferrare, l’avvolge nei suoi segni e gli dà corpo sotto forma di funzioni sociali. A questo punto la parola musica diventa un termine relazionale (musica di, per, ecc.): musiche da ballo, da diver-timento, rituali, dotte, religiose, profane o militari, a cui si aggiunge la loro localizzazione14: di Bali o del Congo, antica del Giappone o italiana e altri parametri sociostorici e geo-grafici.

LA MUSICA COME ARCHITETTURA PSICHICA

DELL’ASCOLTO

Svilluppando culturalmente il potenziale neuronale di cui dispone a titolo di anthropos, il soggetto umano, all’opposto di altre specie, sente la musica come musica e non semplice-mente come rumore. Al circo, il cavallo che balla non sente i suoni dell’orchestra come musica. Gli uccelli, malgrado le apparenze, non praticano l’unisono, né l’armonia, né com-pongono nuove arie. Attraverso questa pre-disposizione neu-ro-semiotica sviluppata nel suo ambiente, l’umano, animale musicale, si realizza come soggetto. In altre parole, un’aria musicale è il risultato di un atto di ascolto operato in una matrice semiotica, in costante attesa; detto altrimenti, un sa-pere15. E’ proprio questo soggetto ascoltatore che costituisce

14 H. Bhabha (1994)15 La distinzione tra poïesis (per il musicista) e estetica (per il pubblico) stabilita da Jean Molino e Jean-Jacques Nattiez (2009) non può essere mantenuta, perché il produttore è allo stesso tempo un ascoltatore e un attante; allo stesso modo, il parlante è un ascoltatore e lo scrittore un lettore, per definizione. E’ evidente che lo schema d’intercomunicazione che questi autori assumono nei loro argomenti nasconde loro la divisione

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più consonante, il suo rovescio è un unisono.Nell’intervallo d’ottava, la frequenza del suono più acuto è

doppia di quella del più grave, e così i due suoni, per quanto differenti, sono sentiti come uno stesso valore (1 ≡ 8)19. Il principio d’identità in gioco qui non è quello della metafi-sica classica (a = a) ma quello della logica contemporanea (a = b). Questa identità differenziale struttura tutti i sistemi di intonazione. Il canto umano comincia a questo intervallo fondamentale, la cui identità non è quantitativa ma principa-le, se fosse quantitativa non potrebbe essere mai raggiunta. Quando ci mettiamo dal punto di vista della loro produzione, tutte le scale sono approssimative, ma nell’ascolto musicale si tratta di attese assolute per i soggetti iscritti culturalmente nei loro rispettivi sistemi di intonazione. La scala d’ottava è, senza alcun dubbio, convenzionale e storica, perché quel che conta non è il numero (otto o settantadue) ma che l’unità-intervallo sia un multiplo, come le barrette di una scala o le cifre del quadrante di un orologio. Il principio d’identità in musica è una disposizione antropologica primaria. Le cultu-re, secondo la loro storia, gestiscono le suddivisioni, ma il principio resta ovunque costante20.

Gli strumenti musicali e la voce sono stranamente restii. Cantare bene, cantare male, generalmente sappiamo cos’è perché, in un sistema d’intonazione acquisito, anche se can-tiamo male, forse (come chiunque), sentiamo però bene. Bene, in una scala armonica tonale, vuol dire che un interval-lo è un multiplo (esatto) di un altro e un suono, più le sue ar-moniche sono calcolabili per multipli interi della fondamen-tale, più è considerato puro. Questa precisione d’intervalli, la cui produzione è approssimativa, esiste in tutte le musiche, perché è l’attesa del suono che è in gioco.

La semiosi musicale, in altre parole, la musica come go-dimento (che non si ferma al principio di piacere), sta nelle attese e inattese di una soggettività culturale psichicamente iscritta e non in forme oggettive da percepire e da osserva-re21. Così, quando il trombone suona una nota della melodia, le note che precedono, che non sono più presenti, si manten-gono in memoria in absentia; sentiamo un suono nell’eco di un altro che precede attendendone un altro a venire. Per suonare la nota che segue, bisogna averla sentita nelle armo-niche della precedente. La melodia scorre cambiando il pre-sente a ogni ritorno del tempo forte. Così, la grande arte del

impiegata nel mondo arabo e in India. Nella musica araba, l’intervallo è abbastanza spesso 3/4 di tono e 2/3 di tono come nella mezued tunisina. Lo stesso dicasi del neï (flauto arabo).19 Matematicamente, le frequenze dei suoni situati alle estremità di una ottava valgono il doppio l’una dell’altra; se si sceglie come punto di partenza la nota standardizzata (La) che ha una frequenza di 440Hz, le ottave situate da una parte e dall’altra di questa nota avranno per estremità le frequenze 55, 110, 220, e 880, 1760 Hz, e così di seguito. All’opposto per discendere di una ottava, la lunghezza deve essere moltiplicata per due, di due ottave per quattro e di tre ottave per otto.20 La scala di seconda aumentata (musica araba, indù, russa, ungherese, rumena, spagnola) si caratterizza per un intervallo di seconda aumentata in ognuna delle tetracorde che costituisce l’ottava.21 Schubert parla di musikalische Momente perché, per lui, la musica è fatta di momenti vissuti e non di strutture oggettive, si tratta innanzitutto di presenza.

se vestito di paillettes e altri artifici visivi, il musicista non sta sulla scena per interpretare il musicista ma per fare musi-ca, la sua presenza è una persona intera non-riducibile a una rappresentazione. Così quel che suona il flauto è sentito allo stesso tempo da tutti i presenti: dal flautista e dal suo pub-blico. I filosofi (Wittgenstein) e i linguisti (Saussure, Ben-veniste) alle prese con questo problema non esitano a dire che il soggetto emana dal linguaggio, che ne è meno l’agente quanto la posta. Allo stesso modo, la musica, arte sociale, è fondata su una capacità comune di cui il soggetto è un noi-ascoltatore iscritto in ogni ego, ego che, da questo momento, non è riducibile a un io-esecutore. Questo spostamento con-cettuale, tutto sommato controintuitivo, non ci impedisce af-fatto di attribuire il merito delle opere (o l’obbrobrio) all’ar-tista; così come una bella esecuzione può non avere successo davanti a un pubblico inappropriato. Nel suo narcisismo, un musicista acclamato da tutti può pensare di esprimere il suo io profondo, ma non fa che ripetere, a suo modo, quel che tut-ti si aspettano da lui. Guai a prendersi delle libertà, a uscire dalla tradizione architettonica, deluderebbe le attese di tutti coloro che lo ascoltano. I grandi innovatori ne sanno qualco-sa; quando il noi non è lì, l’ego è nei guai.

I grandi creatori sono sempre contro-culturali, in qualche modo, perché le loro opere spostano la cultura e la desta-bilizzano. Gli artisti, contrariamente alle nostre attese, non sono lì solo per soddisfare le nostre domande, ma per perver-tirle e cambiarle. La soggettività artistica si riduce allora a solitudine ispirata? No. Perché nella soggettività creatrice il soggetto non è mai solo. Se tutta l’educazione consiste a far passare una parte del campo sociale in un soggetto individua-le, qualunque creazione corrisponde a una forma trasformata di restituzione. In altri termini, paradossalmente, le creazio-ni più rivoluzionarie sono forme di continuità della cultura, mentre le riproduzioni fatte in nome della tradizione spesso non sono altro che forme lente e qualche volta impercettibili della sua degradazione.

L’INTERVALLO D’OTTAVA: UNA RELAZIONE

DIFFERENZIALE D’IDENTITÀ

I sistemi d’intonazione nel mondo sono tutti diversi ma posseggono non di meno un punto comune, proprio all’u-mano, che distingue i suoni musicali dai suoni (sovente me-lodiosi e espressivi) delle altre specie. Fondati sui numeri, i nostri solfeggi, muniti di misure d’unità proprie, potrebbero suggerirci sequenze armoniche tendenti all’infinito. Tuttavia, il continuum non è un buon modello musicale di calcolo, per-ché la sequenza dei valori armonici è articolata da un princi-pio d’identità. Nella musica occidentale, che divide lo spettro dei toni in base 8, si chiama ottava18. L’ottava è l’intervallo

18 I modi della musica orientale si strutturano su scale contenenti intervalli di tre quarti di tono e non di quarti di tono. Ciò che conta è che l’intervallo in uso sia un multiplo. Per esempio, la terza minore [tono+semi-tono] (re/mi/fa) o in [semi-tono+tono] (re/mib/fa) diventa [3/4 tono + 3/4 tono] (re/mib/fa), il che fa 1 tono + 1/2 tono in tutto, ma non dei quarti di tono. La scrittura che parte dai micro-intervalli è tradizionalmente

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timbro è sentito anche da colui che lo produce. E’ la sua arte. Così, una toccata, una voce, una sonorità naturale o elabora-ta, risulta una condivisione, un felice equilibrio tra le caden-ze del corpo dell’artista e la finezza del suo orecchio.

L’idea di ethos la ritroviamo negli stoici, filosofi in Grecia, schiavi a Roma, che sostenevano una concezione materiali-sta dell’anima chiamata «soffio artista (soffio: ‘anima’)» - il corpo che respira è la sola anima che io abbia - e che sot-tolinea il carattere centrale dell’individuazione del timbro. L’anima-soffio si applica solo agli strumenti a fiato e al can-to, perché tutti i musicisti respirano (compreso il direttore d’orchestra!). Glissant parla di «respiration cassée de la con-naissance souterraine», perché lo strumento serve anzitutto a respirare; con gli strumenti a fiato, è quando i polmoni sono vuoti e un po’ doloranti che i suoni sono più belli. In que-sto soffio tenuto, niente canta come le vocali e niente risalta come le consonanti: «Io dico, scrive il poeta, che la poesia (la musica) è carne».

Il godimento della musica giace negli intervalli (di altezza e di durata) e non solo nelle note. Il tempo svolge l’armonia nelle durate cadenzate e noi diciamo che l’armonia eleva lo spirito e il ritmo l’intero corpo. È il ballo.

BIBLIOGRAFIA

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WITTGENSTEIN L. (1953) Philosophical Investigations, translated by Anscombe: Prentice Hall: New York

ritmo consiste nel suonare il tempo forte il più tardi possibile, all’estremo, ma nella più grande esattezza. Questa suspense, attesa seguita da una caduta al fondo-di-tempo, è il marchio di fabbrica del jazz e del Rythm & Blues. All’opposto delle musiche militari e di certe musiche popolari attuali che mar-cano il tempo o lo martellano come (o con) delle macchine, i batteristi di jazz pongono il tempo, tempo esatto, e non di meno sospeso.

ALTERNANZA DEI VALORI ACUSTICI

Una nota A (La), fisicamente accordata a 440Hz, ha un valore in D (Re maggiore) dove suona come una quinta, un valore diverso in F (Fa maggiore) dove suona come una ter-za. Nel recitativo modale della liturgia romana do-mi-nus-vo-bis-cum / et-cum-spi-ri-tu-tuo / o-re-mus, ogni sillaba è cantata sulla stessa nota (stessa frequenza) ma non è sentita come uno stesso valore. Allo stesso modo, in Samba De Uma Nota Só22, il compositore brasiliano, in una scala tonale, ri-pete una stessa nota facendone variare il valore. Per mostrare questa distinzione in maniera più generale, sappiamo che i rubinetti chiusi male gocciolano in alternanza, che gli orolo-gi fanno tic tac, e non tac tac, che le campane fanno din don dan e gli schiaffi doppi fanno scift sciaft. In queste variazioni alterne d’ascolto, troviamo il contrario della non-ripetizione sintagmatica delle lingue di cui abbiamo parlato più su. Così, zum zum zum (slogan brasiliano, cantato da Mina) non è una ripetizione. Ci vuole il genio poetico di Gertrude Stein per scrivere a rose is a rose is a rose.

Il rovesciamento del primato (emissione / ascolto) svilup-pato più su s’impone, perché l’alternanza dei valori per una stessa frequenza si trova nell’ascolto. Del resto lo possiamo sentire su un pianoforte elettrico, che, in principio, non va-ria nelle ri-occorrenze. Per convincersene, basta suonare le prime misure di Samba De Uma Nota Só o meglio di tambu-rellare le tre prime note del famoso pom pom pom (pom) che introduce la Quinta di Beethoven, nessuno, per questi incipit, sosterrà seriamente che si tratti di stretta ripetizione.

ETHOS DEL TIMBRO

Gli strumenti, le voci, si distinguono per i loro timbri, che sono forme di armoniche. Nozione molto complessa, il tim-bro non si può scrivere in un solfeggio. Sotto questa fredda e oscura definizione si nasconde la specificità individuale di ogni artista, di ogni gruppo o orchestra. La voce di Fela Anikulapo Kuti, il suono della tromba di Miles Davis o del sassofono di John Coltrane sono infallibili. Sono la marca primaria dell’originalità musicale. Nel jazz, il timbro è l’e-thos, la persona, lui/lei, immancabilmente, e non un altro. In Martinica, il canto delle alture, chiamato la-vwa-béf, è la voce magica dei fuggiaschi che si sentono ancora nella Bélè (canto locale recitativo) che, nel timbro inimitabile e intona-zione tutta particolare, suona come un appello. L’ethos del

22 Antonio Carlos Jobim (1959)

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gennaio 2017

OGNI MESE IN SUPPLEMENTO A SCIENZE E RICERCHE

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Per la complessità degli argomenti che riguar-dano il pensiero umano, sarebbe una grave ingenuità oggi nel secondo millennio, in quel-la che Lyotard definisce un po’ troppo enfa-ticamente post-modernità (1), non dire che

una questione così emblematica, così particolare come l’e-sperienza religiosa, sia possibile affrontarla classificandola come argomentazione semplice. E’ ormai da oltre un secolo che l’antropologia, la sociologia e la teologia, hanno resti-tuito alla religione la dignità di elemento connaturale dello spirito umano, superando un equivoco generato da una visio-ne positivista e iperrazionale della realtà (2). Non stiamo qui

a ripercorrere la storia di questo equivoco, sfocia-to nella incauta defini-zione materialista della religione come oppio dei popoli. Nel tentativo di ridurre il simbolico,il valore simbolico, a pura apparenza della realtà, a forma iconica della realtà, il materialismo volgare ha prodotto una incapacità a comprende-re questo fenomeno da parte di coloro che pure avrebbero dovuto legge-re con attenzione le pa-gine gloriose di Marx su identità e feticismo (3). Dunque il XX secolo si incarica, attraverso l’o-pera di Levy-Brul, di M. Mauss, di Levy-Strauss, Max Weber, M. Eliade,

Il simbolismo religioso come sistema di epistemologia semantica (note di epistemologia semantica 3) VINCENZO CROSIOStorico della conoscenza

L’epistemologia semantica è la scienza che rende conto non dei contenuti delle tesi e delle affermazioni di un sistema logico formale, ma delle sue implicazioni semiofisiche, semiobiologiche, semioperative, semioanalitiche, in una parola della continuità e/o delle discontinità morfologiche di un sistema logico formale, indicandone: a) le sequenze ‘normali’ (simmetriche); b) le sequenze asimmetriche; c) le forme topologiche; d) gli assetti paradigmatici. Nel caso del simbolismo religioso e del suo sistema rappresentativo le evidenze di epistemologia semantica corrono attraverso par-ticolari rilevanze semiotiche. E cioè: la pregnanza della sua rappresentazione dell’oggetto sacro e la iscrizione simbolica del suo codice di rappre-sentazione. Ad esempio per il Cristianesimo la Croce, per il Buddhismo la rappresentazione ico-nica del Risveglio, la po-stura del Loto, per l’E-braismo il Candelabro (la Menorah) e il Libro (Tanakh). Questo deli-nearsi di una immagine ed una figurazione che addensa simbolicamente il senso e il significato di un assunto di un intero sistema religioso, può essere correttamente in-terpretato ed analizzato dalla sua espressione epistemologica (il suo percorso di senso) e dal-la grammatica della sua rappresentazione forma-le (la sua semantica).

Résumé

L‘épistémologie sémantique est la science qui nous fait com-prendre les implications sémiophisiques, sémiobiologiques, sémioanalatiques, sémioopératives, en mot la continuité ou la discontinuité d’un système de logique formelle, quand indique: a) les séquences symétriques; b) les séquences asymétriques; c) les formes topologiques; d) la stabilité paradigmatique. Dans le cas d’un symbolisme religieux et d’un systéme qui représente l’object du Sacré, les évidences d’épistémologie sémantique courent à traver des particuliers reliefs sémiotiques. C’est-a-dire la plénitude de la represéntation du object sacré et l’iscription symbolique du code de la représentation. Par exemple pour le Christianisme la Croix, pour le Bouddhisme la représentation iconique de l’éveil du Bouddha (la posture du Lotus), pour l’Hébraìsme le Candélabre (Menorah) et le Livre (Tanakh). L’émergence d’une image et d’une trace qui condense d’une manière symbolique le sens et la signification d’une assertion d’un entier systéme religieux, peut être correctement interprétée et analysée par son expression épistémologique (son parcours du sens) et par la grammaire de sa représentation formelle (sa sémantique).

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stemologìa (6). Questo spartiacque dà per scontato un pas-saggio epocale, che segna irreversibilmente l’orizzonte della speculazione occidentale. Il passaggio dalla Trasmissione orale, mitica della realtà, che aveva fatta grande la Grecia arcaica e la civiltà egea, con il ciclo dell’Epos Omerico, alla civiltà della nuova scrittura ereditata dai Fenici di Cadmo. Le lettere, i caratteri fenici della cananea giudaica, segnano l’introduzione della nuova scrittura, economica, cittadina e cosmopolita. Accanto alla nuova scrittura dei Logoi, dei ca-ratteri urbani della Polis greca, vengono trasmesse regole, sistemi di misura, sistemi politici, sistemi religiosi. Agli dei scorbutici e dissestati dell’Arcaicità, quali Poseidone, Deme-tra, Dioniso, lo stesso Zeus, viene sostituito un sistema reli-gioso più attento al tèmenos, al recinto sacro, ai culti, all’a-spetto ierofanico e disciplinare del sacro. Ordini religiosi e profetici, mantici, collegi sacerdotali e ierofanici, scrivono norme e regole dell’aspetto cultuale. In ogni città greca e del-la Magna Grecia, sacerdoti del Dio oggetto di culto, conser-vano linguaggi, riti e procedure che appartengono solo a quel Dio e non ad un altro (7). Un po’ come oggi sono i santuari e i tempi di culto maggiori della Cristianità. Le Dionisiache, le Orfiche, Le Nemee, Le Heree, Le Cibelee, le stesse Olim-piadi, sono eventi cultuali di massa che interrompono il ciclo ordinato del procedere del Tempo biologico vengono iscritti nel tempo della polis (8). Il Tempo Religioso, si organizza a prescindere dal Tempo Politico, dal Tempo Economico, dal Tempo Evenemenziale. Diventa esso stesso un evento, diventa “Avvento”.

L’Avvento del Cristo, come già il profetismo oracolare in Daniele, ad esempio viene percepito come la fine di tutti

G. Dumezil, W.Benjamin, E. Levinas, di Max Scheler e A. Ghelen, G. Bateson, S.Y. Rappaport, R. Guardini, di dare alla religione la dignità di sistema simbolico per eccellenza. E aggiungiamo noi di sistema privilegiato di epistemologia semantica, in qualche modo. Un approccio non ontologico alla realtà come pura soggettività fenomenologica, permet-teva ad Husserl (4) e meglio ancora a Merlau- Ponty (5), di tracciare la rotta verso una definizione antropo-fenomeno-logica della religione o più precisamente di quell’insieme di pratiche, riti, culti ed eventi che vanno sotto il nome di Religione. La Fenomenologìa della religione diventerà disci-plina a sé con l’opera monumentale di R. Otto, di G. van der Leeuw, R. Bultmann, M. Eliade, K. Kerenyi, G. Scholem.

Dunque è per forza di cose che siamo indotti a ricorrere ad una categoria di sistema. La logica sistematica in realtà ricorre per la prima vota in Aristotele (anche se la parola la dobbiamo a Sesto Empirico) che si incarica - allontanandosi dall’Accademia dopo la successione di Speusippo a Platone - di organizzare secondo criteri logici e di sistema appunto non solo il lascito del sommo maestro, Platone, ma anche dell’in-tero patrimonio filosofico della Grecia antica. A lui si devono l’introduzione degli aspetti categoriali delle procedure e dei sistemi logici, alla cui base secondo Aristotele bisogna an-corare la filosofia. Si tratta di passare dal mondo delle idee, delle forme platoniche alle successioni logiche degli ordini fisici, naturali e metafisici. E’ sua la decisone di classificare tutto lo scibile filosofico in Logica, Fisica e Metafisica, di distinguere la fase della teologia antica, cioè la speculazio-ne antecedente all’urbanesimo illuminista greco (V-IV sec. a.C.) e la fase della Scienza come Conoscenza, come epi-

L’iniziazione rituale di un giovane in Malawi

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terra; è il ricordo di Apol-lo e Artemide nati a Delos, di Hermes, generato in una caverna, Afrodite emer-gente dalle onde dell’Egeo, Vulcano che ha la sua casa in una operosa officina che sprizza fuoco” (12). Ecco perché sia stato possibile processare, condannare per empietà persino Socrate, che si difende dall’accusa di non onorare gli dei, ci-tando la sua disposizione filosofica come attuazione di un detto oracolare (l’o-racolo di Delfi): “Gnothi se auton! Conosci te stesso!” (13). Il Giudaismo e poi il Cristianesimo perfezione-ranno l’assetto giuridico, legislativo, procedurale del culto, adottando una parola che sintetizzerà l’aspetto rituale, l’aspetto religioso, l’aspetto teandrico della re-ligione: la liturgia. Azione drammatica, spettacolare volta a rendere esplicito ai devoti, l’atto di culto (14). Che dunque da parte di Marcel Detienne, Levy–

Strauss, E. Durkeim, M. Eliade, M. Rodinsonn, E. Poulat, M.R. Hayuon, A. Cheng, M. Granet, R. Gombrich, A.M. Di Nola, Enzo Pace e A.M. Terrin (per citare i maggiori) si sottolinei la Religione come sistema di riti ed atti liturgici, per indicare l’evento di culto, ci induce ,oggi, a poter dire che non si può parlare della Religione, delle Religioni sen-za parlare dei sistemi di linguaggio, semiotici, rituali ad essi connessi. Fosse anche il sistema cultuale, culturale del Vodu o del Candoblè.

Scrive Seneca, a proposito della differenza di visione del mondo greco-romana, filosofica e pagana, e quella etrusca, fortemente intrisa di valori religiosi ed escatologici: “Questa è la differenza tra noi e gli Etruschi…: noi pensiamo che i fulmini si producano in seguito all’urto delle nubi; essi inve-ce ritengono che le nubi si scontrino perché si possano pro-durre fulmini e infatti, poiché attribuiscono tutto alla divini-tà, sono convinti che le cose hanno un significato non perché avvengono, ma che esse avvengono in quanto portatrici di significati) (Sen. n.q.II, 32,2). In questo passo Seneca, luci-dissimo, mette in rilievo la differenza tra una speculazione naturalistica greca e poi romana con la concezione teologica e teleologica del mondo propria degli etruschi, che la ele-vavano a vera e propria Disciplina sacerdotale, aruspicina, in cui tutto il mondo fenomenico viene inquadrato in senso

i tempi storici, la fine delle quattro età in cui veniva di-viso il tempo storico, la fine stessa della storia e l’av-vento di un Tempo Nuo-vo (9). Diventa il Tempo, come aggettivazione del Templum, spazio riservato al divino, con i propri sa-cerdoti, con i propri sacrifi-ci, con le proprie cadenze e ritmi corali, con i propri riti, con i propri codici lingui-stici, con la propria dram-maturgìa. Si pensi a quella ierofanìa grandiosa che è la Tragedìa greca: Tempo di una Festa, Tempo libe-rato alla normatività del quotidiano, Tempo a volte dell’eccesso e del sacrifi-cio, Tempo in cui il Divino taglia di netto la tempora-lità e scrive il suo Nome secondo un altro ordine e codice normativo, secondo il suo essere Nume, il suo esse deus (10). La specia-lizzazione del sacro di-venta la specializzazione dell’atto sacrale che il dio inaugura e fa. Ogni divini-tà, ogni santuario ha il suo particolare daimon, e ogni daimon ha il suo nume tutelare, e ogni nume tutelare o santo stabili-sce il suo particolare carisma e il carisma del nume tutelare stabilisce il territorio, il dominio del sacro, la sua santità. “Se si ha a che fare con una geografia interna o implicita nei miti, similmente le categorie specifiche della mitologia possono servire ad organizzare lo spazio, a delineare il paesaggio e i suoi dintorni. Ogni accidente del terreno può essere di sup-porto ad una frase del rituale, ad un gesto del cerimoniale e il paesaggio si trasforma in una mitologia in rilievo del quale il più piccolo dettaglio rivela un’azione eroica, la traccia di un dio, l’ingiunzione di un silenzio o la minaccia acustica di una interdizione” (11), così M. Detienne descrive il delinearsi del territorio sacro che il Nume, la potenza del numinoso, traccia sul territorio che così resta ritualmente delineato. L’urbazio-ne del territorio, la cardinalizzazione degli assi centrali della città, la disposizione dei tribunali e delle are sacre, dei tem-pli, i luoghi della foresta e i luoghi dell’abitato, i luoghi dove si manifesta il daimon, il genius loci, i recinti sacri dove si celebra il culto al dio o la tenda dell’Arca santa dove si ma-nifesta il Dio, lo zampillare delle acque, i banchetti cerimo-niali, le libagioni, che seguono o anticipano il sacrificio ani-male, lo scuotimento di un terremoto, sono la ritualizzazione cerimoniale di atti religiosi. “In Grecia, gli dei nascono sulla

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organizzazione interna, ma anche un tipo di disorganizza-zione esterna. Così l’antichità si è costruita “ barbari” e la coscienza “il subcosciente” ed ancora: “quello che dal punto di vista interno ad una cultura appare esterno non semiotico, si può presentare ad un osservatore esterno come la periferia semiotica di quella cultura. Il punto da cui passa il confine di una cultura, dipende così dalla posizione dell’osservato-re” e poi ancora: “Il confine è un meccanismo bilinguistico, che traduce le comunicazioni esterne nel linguaggio interno della semiosfera e viceversa. Solo col suo aiuto (del confine) la semiosfera può così realizzare contatti con lo spazio ex-tra sistemico o non semiotico) (20). Questo è evidente per il vivente, per la storia delle idee, ed infine per la storia delle religioni e del pensiero religioso.

Senza ricorrere a teorie troppo raffinate, alla mente modu-lare di un sistema introdotta da Fodor e Minsky, che pure ha un suo grande fascino e valore dentro la complessità dei siste-mi mentali e artificiali, possiamo concordare con Luhmann e ancor più col concetto di biopoiesi promosso da Francisco Varela e da H. Maturana, ma già definito da C. Bernard nella metà del XIX secolo, per cui non esiste in natura un siste-ma assolutamente semplice, in quanto un sistema è di per sé complesso, dovendo reggere una complessità di funzioni di alta specializzazione biopoietica, biocostruttive (21). La stessa cellula vivente è un immenso sistema di connessione. In ogni caso basti pensare ad una rete ferroviaria, per avere un’idea precisa di quel che diciamo. Un sistema culturale, per chiudere, ogni sistema direi, mette insieme, raccoglie dentro di sé diversi elementi, costituendo un particolare con-testo di senso, che a sua volta determina una differenza con altri contesti. Determina piani di consenso e piani di dissen-so, istituisce differenze e morfogenesi.

Determina addirittura campi di senso e topologici. Secon-do le diverse accezioni, religione vuol dire sia re-ligare, ri-unire, legare insieme, costituire un ordinamento, sia leggere di nuovo, reinterpretare (22). La religione come sistema di senso e di segni, da un lato rilega, mette insieme vari signifi-cati e campi di significato: il sacro, il divino, l’evento che an-nuncia, il culto, i linguaggi che significano il culto, la liturgia (23). E dall’altro rilegge, dà una interpretazione, pratica una ermeneusi dei segni, degli eventi e dei casi, reinterpretando il senso di accadimenti altrimenti illeggibili, trascinando dietro di sé, moltiplicando altri mondi semantici. Inaugura la se-miogenesi e la ritualizzazione di linguaggi attraverso un uso particolare del corpo. Le danze e i canti dei coreuti - nella tragedia greca il ditirambo di Dioniso - sono scandite secon-do un’accezione tutta particolare, secondo misure ritmiche, che daranno poi nella scultura, origine ad uno dei linguaggi artistici più simbolici di tutta l’antichità. I gesti e le parole del sacerdote sono gesti e parole particolari, che segnano, de-marcano, denotano confini. I sacerdoti aruspici etruschi e poi romani hanno il compito di interpretare i segni del divino, la volontà degli dei. Di sacralizzare tempi e spazi. La fondazio-ne delle città ad esempio, l’urbare, il tracciare con l’urbum, la parte bassa dell’aratro, segna con l’aratro il confine della città ma anche chi vi abita e indica nel forestiero colui che

religioso e ritualistico in prodigia, ostenta e portenta. Ci sono dunque aspetti culturali, antropo-filosofici e speci-

fici che devono essere affrontati dentro e non fuori il sistema di linguaggio che il fatto religioso inaugura. La religione è un sistema orientato verso la ricerca di senso, in questo caso l’evento fondante: la Morte e la Resurrezione del Cristo, Il Nirvana del Buddha, la trasmissione della Thorà a Mosè, l’Ascesa al cielo di Maometto (14).

Ma un sistema cos’è? Ci pare utile e doverosa una defini-zione di una certa proprietà perché parlare di sistema religio-so vuol dire porre la religione stessa sul piano dell’evento e ancor più della metacomunicazione che essa attiva, della sua epistemologia semantica. Nella definizione che ci pare più appropriata, riportiamo qui di seguito le parole di Niklas Luhmann: “In genere il concetto di sistema viene definito an-cora nel suo significato tradizionale di un tessuto di rapporti che ordinano le varie parti in un tutto. Tuttavia, dietro que-sta rappresentazione di un ordine puramente interno di parti che si uniscono per formare un tutto, affiora una concezione del sistema di natura completamente diversa. Essa intende il senso della formazione del sistema non solo in un ordine puramente interno di parti, ma nel conflitto del sistema con il suo ambiente; soltanto questa problematica infatti indica quale ordinamento interno può affermarsi con successo e deve essere conservato e protetto dalle minacce provenienti dall’ambiente. Tale concezione del sistema trova il suo sim-bolo fondamentale nell’organismo vivente” (15).

Se la prima parte non pone problemi al senso comu-ne di studiosi e non, la seconda parte dell’affermazione di Luhmann è di un certo rilievo in quanto pone il problema della demarcazione territoriale dell’evento di culto. E non potrebbe essere altrimenti. Chi potrebbe negare che la Mor-te e la Resurrezione del Cristo sia uno spartiacque all’inter-no della concezione continuista della religione ebraica? Ne sono coscienti gli Ebrei e quanti si pongono oggi il problema dell’ebraicità del Cristo, dentro la continuità della fede ebrai-ca (16). Chi si potrebbe opporre alla specificità dell’Islam dentro la triade del Monoteismo? Il problema non è lì eviden-temente, ma nel fatto che una identità sociale e religiosa or-ganizzata in un sistema ideologico e dottrinario, di fatto pone una questione di conflitto politico e giuridico sulla natura stessa del sistema che si autoorganizza (17). Come attesta la storia del Cristianesimo che si affermò dentro e contro il sistema politico imperiale romano (18). Dunque un qualsiasi sistema biopolitico, organizza anche una demarcazione della sfera semantica e comunicativa, una biosemiosfera (19), che costringe gli altri sistemi ad autorganizzarsi reciprocamente, a definire se stessi come sistemi non identici ma dinamici e polemici tra di loro. Anzi potremmo considerare il senso di questa definizione di Luhmann, il senso stesso dell’orga-nizzazione del pensiero che pensa. Sull’importanza cogni-tiva delle strutture semantiche di confine, sul concetto di bordure, di boundary così si esprime J.M. Lotman: “Poiché il confine è un elemento necessario alla semiosfera, essa ha bisogno di un ambiente esterno non organizzato e quando manca, se lo crea. La cultura non crea infatti soltanto la sua

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potere sacrale dunque ha in questo caso un altro senso, il senso proprio del Carisma, il Potere di chi può perché ha ricevuto in dono, in grazia, un potere che lo autorizza, gli dà auctoritas. Nell’antico linguaggio italico maddix è sia giu-dice che medico (meddix) ma perché è in antico un mantis, uno che dispone di una sapienza sacra, che pratica la mantica ed ha mathema, sapienza della mente (26). Di cui l’ingle-se moderno mind conserva ancora sia il senso di funzione, cervello, sia quello di coscienza, sia quello di capacità ol-tre la mente stessa, nel senso di mente generale, che guarda a trecentosessanta gradi. Un po’ come dire la mente di Dio o la mente di Buddha, una specie di super- coscienza. Nel giapponese di Maestro Dogen Zenji è la coscienza hishiryo, la coscienza assoluta, come nel greco epibolè e nel tedesco weltanschauung, che è una specie di intuizione, un rapporto diretto quasi compartecipativo della mente col suo oggetto. Nell’antico sanscrito è uno xsatrya o Buddha, un risvegliato. Nell’antica Grecia determina il potere vero e proprio dell’Ar-conte Basileus, di un capo spirituale che ne fa l’alter ego del Primo Arconte, del Capo del governo della città. L’equiva-lente del Rex sacrificulus in Roma antica, delle origini. Lo è altrettanto il mitico Minosse per la Creta antica che istituisce la Legge e la Religione. Lo è Zeus dikaios, Giove giudice e legislatore dell’universo per gli Elleni; Moshè ed Aronne sono reciprocamente il Condottiero e il Sacerdote. E a Moshè Dio rivela La Thorà e ancor prima gli consente di aprire le acque in palude del Mar Rosso, con un bastone che ha del

non vi appartiene (24). Include ed esclude, in un gioco che è di cittadinanza, di diritto di cittadinanza, di protezione, di salvezza in qualche modo, e di esclusione. Il lasciare la città o esserne costretto, esserne bandito è quasi una maledizione, per chiunque. Il re di Tebe, Edipo, si acceca dopo aver sco-perto che il crimine da lui commesso, l’aver giaciuto con la propria madre, ha causato una pestilenza inguaribile se non con una espiazione: la sua cecità e l’abbandono della città. L’esilio viene percepito come la più disastrosa catastrofe perché espone l’individuo o un popolo, ad uno statuto di ec-cezione: non aver nessun diritto. E dunque essere esposti al pericolo. Il bando di Caino viene segnato da Dio sulla fronte e riserverà a lui e alla sua stirpe, alla sua tribù, i Cainiti, l’e-silio nomadico in eterno: quel segno sulla fronte gli salva la vita ma lo condanna all’esilio eterno. “Saggi, siate guardin-ghi nelle parole perché potreste essere condannati al castigo dell’esilio, ad andare in esilio in un luogo di acque cattive e i discepoli che vi seguono bevendone ne morrebbero e il nome del cielo ne risulterebbe profanato”, afferma la Mi-snah, in Avot, “I padri” (25). Paolo di Tarso al contrario può reclamare per sé un giudizio equo in quanto civis romanus: vuole ed ottiene di essere giudicato da un tribunale romano. Vuole ed ottiene di essere scortato per mare da un manipolo di soldati romani fino a Roma. Siamo dunque all’interno di un sistema che predetermina una genealogia di senso di una vastità spropositata, che nega o autorizza, segna i giorni in Fausti e Nefasti, attribuisce gerarchie o scioglie enigmi. Il

Abside  della  basilica  di  San  Vitale  a  Ravenna.  Cristo  offre  la  corona  di  martire  a  San  Vitale,  mentre  un  angelo  offre  un  modello  di  chiesa  al vescovo Ecclesio.

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descrivere una vasta e complessa tradizione religiosa. Infatti credo che per analizzare qualunque grande religione si deb-bano porre le stesse domande: come opera questa tradizione religiosa, cioè come risale dai propri libri sacri alla sua più ampia collocazione? In altre parole, come passa dal contenu-to al contesto? Questa religione come spiega ai propri fedeli i suoi scopi e i suoi fini? Questa tradizione come presenta, in un unico simbolo evocativo, l’insieme della sua dottrina? Esponendo, all’interno di queste categorie, il sistema giudai-co della doppia Torah (Torah scritta e Torah orale), spero di fornire un utile esempio di analisi di un sistema religioso a partire dai suoi scritti, in sostanza un esercizio di descrizione religiosa” (29).

Ma la direzione verso una sistemazione trasversale dei dati antropologici, etnologici, storici e religiosi nel senso della metacomunicazione sistemica, la dobbiamo a due grandi personalità del pensiero culturale del Novecento, C. Levy-Strauss e C. Geertz, che nelle loro opere fondamentali, seb-bene totalmente diverse l’una dall’altra per ispirazione, han-no cambiato il volto dell’antropologia e del pensiero delle scienze umane, come metodologie e approccio paradigmati-co. C. Levy-Strauss ha fatto dell’antropologia, una piattafor-ma ardita nelle strutture cognitive dell’uomo, dando luogo ad una modalità di pensiero che sarà definita da Foucault come archeologia dei pensieri, mentre C. Geertz ha intuito genialmente il carattere interpretativo delle culture umane. In “La religione come sistema culturale” definisce non solo i modelli di cultura ma soprattutto il carattere di sistema cul-turale della religione come un sistema di simboli che agisce a tutti i livelli delle strutture di senso. La religione per Geertz, non è solo un enorme deposito di credenze, culti ed atti litur-

portentoso. E’ il primo Condottiero e Sapiente taumaturgo d’Israele. I re Achemenidi in Persia rivestono il proprio re-gno di una sacralità che genera segni e significati tutti parti-colari: “Il re Achemenide, diversamente da altre concezioni della sovranità,risulta essere più una funzione investita da un potere (xsay) che eredita funzioni e carismi delle monarchie vicino orientali di Urartu, di Assiria e di Babilonia, perpe-tuando la loro articolata costruzione ideologica di rappresen-tazioni e scenografie del potere… e autorizza a considerare questo regno come un ‘impero dei segni’, in cui la figura del sovrano configura uno spazio di rappresentazioni e scenogra-fie del potere il cui punto focale è il re”. Nella Francia mero-vingia, carolingia, nell’impero romano-germanico e cristia-no, i re sono re taumaturghi,addirittura santi, come San Lu-igi di Tolosa. Sono tutti Capi carismatici che governano un particolare dominio, la guida del proprio popolo, la vita e la morte dei sudditi. Al Re santo viene riconosciuto un partico-lare carisma (27). Come presso gli Ebrei veniva riconosciuto un particolare carisma, trasmesso attraverso l’unzione sacra ad un particolare Re, il Messìa, il Consacrato. Saul e Davide per esempio sono sacralizzati con l’unzione del Massìah, che riconosce un particolare carisma, una particolare missione divina (28).

Per capire esattamente la complessità di un sistema reli-gioso, i suoi riferimenti cultuali, testuali e di finalità etica verso il fedele, citiamo quanto riferisce Jacob Neusner, stu-dioso del giudaismo, nel suo magistrale lavoro “I fondamen-ti del giudaismo”, ma il cui rigoroso statuto metodologico può essere esteso ad ogni sistema religioso: “Ritengo che un quadro chiaro e succinto dei fondamenti del giudaismo for-nirà un esempio di come, a partire da diversi scritti, si possa

Taiko, tamburo giapponese

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cola. Bologna; E. Poulat. Lo statuto variabile e contestato della religione in Atlante delle Religioni. Utet

3) R. Madera. Identità e feticismo, in particolare il capit. 4 della prima parte, e il cap. 2 della seconda parte. Moizzi.

4) E. Husserl. Idee per una fenomenologia pura. Introd.; I, 15; Einaudi

5) M. Merlau Ponty. Fenomenologia della Percezione (In-troduzione). Bompiani

6) a) Aristotele. La Metafisica - Introduzione di A. Viano. Aristotele. Analitici secondi. I, 2; I, 4. Utet; b) D. Allan. La filosofia di Aristotele nei paragrafi: Come opera la sapien-za e La logica formale. Lampugnani Nigri ed.; J. Ritter, nei parag.: “Origine e senso della Theoria” e in: “Aristotele e i Presocratici”. Metafisica e politica. Marietti; E. Severino. Legge e caso. pagg. 16-29. Adelphi. Sui caratteri teologici e non scientifici dell’antica filosofia, Aristotele così si espri-me: “Dai primi e più antichi teologi è stata tramandata ai posteri, in forma di mito, una tradizione, secondo la quale il divino abbraccia tutta la natura” (Met. XII 8, 1074° 38-b 3). Dopo San Tommaso e Bernardo di Chiaravalle, sarà F. Boll (Vita contemplativa), F.J. Festugière (Contemplazione e via contemplativa in Platone) e poi lo Jagaer (La teologia dei primi pensatori greci) a interpretare la più antica filosofia come teologia.

7) M. Detienne. Lo spazio della pubblicità, pagg. 10-21, in Sapere e scrittura in Grecia. Laterza; A.Marini. Santuari e luoghi di culto, pagg. 69-72, in Civiltà micenea e civiltà greca. Il mondo antico. Salerno ed.; M. Untersteiner. Verso la conquista dell’Individualismo, pagg. 37-38, in Sofocle. Lampugnani.; Nicole Loraux. Alcune esperienze umane del divino, pag. 204, in Atlante delle Religioni. Utet.

8) J. P. Vernant. La Grecia, pagg 70-73. In Atlante delle Religioni. Utet

9) A. Momigliano. Le origini della storia universale, pagg. 25-55, in Tra storia e storicismo. Nistri Lischi ed.; K. Po-mian. L’ordre du temps, pagg. 120-122. Gallimard; R. Ko-selleck. Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici., pagg. 119-120. Marietti

10) Ed. Federico. Culti, miti, feste: una religione nella so-cietà. Il Mondo antico. Salerno Ed.

11) M. Detienne. Puissance du jaillissement. Entre mythes e paysages., in Il destino della Sibilla, pag. 144. Bibliopolis (la traduzione del brano dal francese è mia); Sul concetto di sacro e sul daimon in Grecia vedi il bellissimo: H.G. Gada-mer. Religione e religiosità in Socrate, in L’ anima alle soglie del pensiero nella filosofia greca. Bibliopolis

12) Giulia Sissa, Nicole Loraux. La Grecia antica, pag. 200, in Atlante delle Religioni. Utet

13) Platone. Apologia di Socrate, in Opere. Utet; H. G. Gadamer. L’anima alle soglie del pensiero nella filosofia greca; Religione e religiosità in Socrate, pagg. 26-33. Biblio-polis

14) N. Luhmann: Scopo-Potere-Sistema in “Stato di diritto e sistema sociale”. Guida ed.

15) Leo Baeck. Il Vangelo: un documento ebraico.Giun-tina

gici, ma è anche un profondo esercizio di interpretazione del mondo da parte della cultura umana: “In quanto problema religioso, il problema della sofferenza non è paradossalmen-te, come evitare la sofferenza, ma come soffrire, come fare del dolore fisico, del lutto personale, della sconfitta terrena o della contemplazione impotente dell’agonia altrui qualcosa di sopportabile, di sostenibile… Se la religione, da una parte fonda il potere delle nostre risorse simboliche per formula-re concetti analitici su una concezione autorerefenziale che pone in luce la forma generale della realtà, dall’altra àncora il potere delle nostre risorse, anch’esse simboliche, per espri-mere emozioni, stati d’animo, sentimenti, passioni, affetti, sensazioni, a una concezione analoga che pone in luce la per-vasività, la complessità e l’armonizzazione intrinseca della realtà” (30).

Siamo adesso in grado, dopo aver definito in che senso la religione sia un sistema di senso, di dare alcune coordinate spazio temporali, di metter alcuni punti fermi senza i quali ogni discussione in termini di religione, di pensiero religioso come sistema di senso, diventa ovvia o peggio inutile.

Innanzitutto ci riferiamo a ciò che G. Deleuze nella “Lo-gica del senso” definisce come significazione: “Dal punto di vista della significazione, consideriamo sempre gli elementi della proposizione come “significanti” implicazioni di con-cetti che possono rinviare ad altre proposizioni capaci di ser-vire da premesse alla prima. La significazione si definisce attraverso quest’ordine di implicazione concettuale, in cui la proposizione considerata interviene soltanto come elemento di una “dimostrazione”, nel senso più generale della parola, sia come premessa, sia come conclusione” (31).

In seconda istanza, chiamiamo questi punti fermi “argo-menti”, nel senso teorico e filosofico del termine, così come l’intende Chaim Perelman nella sua opera fondamentale: Traitè dell’Argumentation, Trattato sull’Argomentazione e L’empire rhetorique, il Dominio della retorica (32). L’ar-gomento di una significazione deve avere capacità, non di dimostrare una verità, ma di porre all’attenzione del lettore o dell’ascoltatore, la possibilità stessa di decidere della validità dell’argomento in questione. Che rappresenta una questione fondamentale nella formulazione di ipotesi, processi cogniti-vi, più o meno verosimili, più o meno accertabili, più o meno referenti ad autorità epistemologica e semantica. Dunque, nel campo di una ipotesi (in questo caso il simbolismo religioso come ipotesi di prova di una epistemologia semantica) si af-facciano problemi cognitivi di cui vale la pena sperimentare l’assunto, contrariamente a negare a questo assunto proprietà di significato simbolico ed effettuale. (33)

NOTE

1) J.F. Lyotard. La condizione post-moderna. Feltrinelli2) G. Filoramo. Le vie del sacro, ai parag. 1, il paradosso

della religione, e 2, la religione tra modernità e postmoder-nità. Einaudi; R. Tagliaferri. Fenomenologia del sacro. In-troduzione e il paragrafo: Per uno statuto epistemologico del sacro. Ist. Superiore di Scienze Religiose SS. Vitale e Agri-

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maine archaique. Gallimard e G. Doumezil. Les dieux sou-vrains des Indo-Europeens. Gallimard; G. Pugliese Carratel-li. Minos e Cocalos in Cadmo e Orfeo. Il Mulino; A. Marini. La struttura della società e l’esercizio del potere: dal wanax al basileus, in Civiltà micenea e civiltà greca, op. cit.; A. Pi-ras. Ideologia, carismi del Gran Re e scenografia imperiale, in Medi e Persiani: Dall’Iran al Mar Egeo, in Il Mondo antico vol. III, pagg 318-320; E.H. Kantorowitz. I due corpi del Re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale. Einaudi; J. Le Goff. alla voce Re in Dizionario dell’Occidente medie-vale. Einaudi; F. Parente. Le istituzioni politiche del popolo d’Israele, in Storia delle idee politiche economiche e sociali. Utet; F. Parente. La figura del re nelle sue implicazioni sacra-li, in Il pensiero politico ebraico. Storia delle idee politiche economiche e sociali. Utet

28) G. Busi. Simboli del pensiero ebraico: alla voce ma-siah. Mondadori; F. Parente. Le concezioni messianiche: loro significato politico e religioso, in Il pensiero politico ebraico, op. cit.; R.Scharf Kugler. Re Saul e il popolo di Dio, in Psiche e Bibbia. Giuntina

29) J. Neusner. I fondamenti del giudaismo. pagg. 9-10.Giuntina

30) C. Geertz. La religione come sistema culturale, pag. 159 in Interpretazioni di culture. Il Mulino. Così C. Levy-Strauss in Mitologia, pag 27-28 a proposito della simmetria e significato delle strutture culturali: “Noi non pretendiamo di mostrare come gi uomini pensino nei miti, ma viceversa come i miti si pensano negli uomini, e a loro insaputa. E forse conviene spingersi ancora più in la, facendo astrazione da ogni soggetto per considerare che, in un certo modo, i miti si pensano fra di essi”. Viene in questo modo posto il problema delle strutture di pensiero pensanti, dialoganti, in qualche modo presente in Lacan e Barthes, nella grammati-ca generativa di N. Chomsky, fonte e origine della Logica Bologrammatica che trova incredibilmente il suo padre fon-datore nel genio smisurato del nostro G.B. Vico che così si esprime nella Scienza Nuova, nel libro I, nella II parte alla XXII considerazione: “E’ necessario che vi sia nella natura delle cose una lingua mentale comune a tutte le nazioni, la quale uniformemente intenda la sostanza delle cose agibili nella vita socievole, la spieghi con tante diverse modificazio-ni… Questa lingua è propria di questa Scienza con la quale potremmo formare un vocabolario comune a tutte le lingue articolate diverse, morte e viventi.”

Per quest’ultima questione vedi: N. Badaloni. Introduzio-ne a Vico. Laterza; V. Crosio. Tra sensismo e magia. Saggio sopra l’opera monumentale di G.B. della Porta e G.B. Vico, Maestri della conoscenza, pagg. 40-47. Edizioni della biblio-teca. Pareto, Pozzuoli. Per un’ampia e complessiva veduta generale della questione metodologica: M. Detienne. Metodi e teorie nel campo religioso, pagg. 566-67. In Atlante delle religioni. Utet

31) G. Deleuze. Logica del senso, pag. 20. Feltrinelli32) Ch. Perelman-L. Olbrechts. Trattato dell’argomenta-

zione, pagg. 7, 71, 73, 553, 536. Einaudi; Ch. Perelman. Il domino retorico, pagg. 25-26, 35. Einaudi

17) H. Atlan. Complessità, disordine e autocreazione del significato. Feltrinelli

18) M. Meslin. Il cristianesimo antico, in La Religione, vol II. Utet

19) Sul concetto di biosemiosfera vedi mio editoriale su: biosemiosfera.bogspot.com

20) J. Lotman. La semiosfera. L‘asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, pagg. 62 e 63. Marsilio

21) A.M. Iacono. L’evento e l’osservatore. a) L’autopoiesi e Claude Bernard. Pagg. 113-127. Pierluigi Lubrina ed.; F. Varela. Quattro pilastri per il futuro della scienza cognitiva. “Pluriverso” 5, n. 2, 2000.

22) E. Benveniste, alla voce “religione e superstizione”.Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee. Vol. II Einaudi.

23) G. Filoramo. Dizionario delle religioni, alla voce litur-gia. Einaudi; G. Bonaccorso. Il rito e l’altro. La liturgia come tempo, linguaggio ed azione. pag. 172; G. Nahon e C. Touati, Il tempo sacro e i riti, in Il Giudaismo; G.Roux.Luoghi sacri e comportamenti, in L‘antica Grecia; P. Gros.La gerarchia degli spazi e il templum, in Roma, tutti in Pratiche: gesti, parole, oggetti e tecniche. Atlante delle Religioni. Utet

24) A. Grillo. La riscoperta del Rito come dato della Te-ologia, pagg. 7-11. Istituto Italiano Zen Soto. Dispensa del Seminario Teologico; G.Ieranò. La polis sulla scena, in “Il mondo antico”. La Grecia, vol. II, pagg. 563-573. Salerno

25) Misnah. 1,11. La Misnah, Torah she-be-‘al peh, Torah orale è il primo documento ebraico dopo la Scrittura, dopo la Torah scritta, Torah shebi-khthabh. In essa sono raccolti gli insegnamenti di maestri che vissero dall’inizio del primo secolo fino all’ultimazione della Misnah stessa, verso il 200 d.C. La Thorà dunque si divide in scritta e orale, i cinque Rotoli, Meghillà, del Pentateuco e la Tradizione orale degli insegnamenti rabbinici della Misnà e del Talmud.La cabal-lah è l’insegnamento mistico della Torah, riservato da alcuni rabbi, maestri, a particolari allievi ed emerge come tradizio-ne scritta solo durante il medieovo in Egitto, in Provenza e in Renania ma trova in Spagna intorno al XIII secolo la sua formulazione più clamorosa, con il dibattito tra le tre misti-che, cristiana, ebraica e musulmana. Per saperne i più vedi G. Scholem. Le grandi correnti della mistica ebrica. Einuadi e R. Goetschel. La cabbalà. Giuntina; Sull’esilio di Caino.Gen. 4,16-17; Gen.10; M. Venturi Ferriolo: “Caino costruisce la sua città ad oriente di Eden, bisognoso di una protezione per la vita propria e dei suoi” pag. 234, in Paesaggio, giardino e progetto, in Estetica e paesaggio. Il Mulino

26) E. Benveniste: alla voce “med e la nozione di misura” in Il Vocabolario delle Istituzioni indoeuropee. vol II. Ei-naudi. Per la generalità della questione sapienziale oracolare in Grecia: J.P Vernant: Mito e pensiero greco. Einaudi; G. Colli. La sapienza Greca. Adelphi; W.F. Otto. Gli dei della Grecia. La nuova Italia.

27) E. Campanile. Antichità indoeuropee, pagg. 32-33, in Le lingue indoeuropee; E. Benveniste: La regalità e i suoi privilegi: alla voce “rex” e alla voce “la regalità ellenica” in Il vocabolario delle Istituzioni indoeuropee, vol II. Einaudi. Per la trattazione generale: Il G. Doumezil. La religion ro-

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33) Vincenzo Crosio. Novum theatrum orbis terrarum: scritture, immagini, simboli ed iconografie (note di episte-mologia semantica 2), in Scienze e ricerche, n. 42 del 1° di-cembre 2016.

Nota supplementare: *dha, radice, radicale antico nelle forme proto indoeuropee, dunque anche nella forma sanscri-ta, deve intendersi il terreno costituito, la costituzione mate-riale; terra, terreno organico come ad esempio nella damater, damatera, terra madre,dea madre, colei che ci ha generato e che ci alimenta; nella intuizione Aristotelica, la Potenza della natura, la sua dynamis, il suo essere dyus, dyaus, dio potente, un dio, nella sua forma, nel suo nomen, potenza del verbo, nama. E a ben vedere è anche in questo senso in cui va inteso: e sia fatto il tuo Nome, il farsi del Nome, Shem She-maym, nella preghiera rituale ebraica e cristiana (J. Neusner. I fondam. del giudaismo. Giuntina). Secondo una tradizione medievale poi, durante la liturgia del sabato, viene cantato l’Inno “L’anima in ogni vivente” Nishmat kol chaj, attribuito a Shimon ben Kefà, cioè all’Apostolo Pietro (Pnina Navè Levinson. Introduzione alla teologia ebraica. pag. 93. ed. San Paolo). Per tutta la questione etimol. vedi P. Chantraine. Dizionario etimologico della lingua greca. Parigi; Le lingue indoeuropee a cura di Anna Giacalone Ramat e Paolo Ramat. Il Mulino; per Dieus, dio, dyaus, vedi l’insuperato Dyaus, varuna, pagg. 74-75 e Zeus, pag. 87 in Trattato di storia delle Religioni. G. Dumezil. Boringhieri; per il radicale dha, dhar, vedi E. Benveniste. Istituzioni indoeuropee, pag. 359, vol. II, Einaudi.

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All’età di 246 anni, Taddeus Sierpinskij ci ha lasciati. Un’età ragguardevole, certamente; ma, ciononostante, una grave perdita per la Scienza e la Cultura. Non ci si può non chiedere, infatti, quante altre gemme di pensiero avrebbe potuto regalare all’umanità il Nostro, se solo avesse potuto stare con noi ancora qualche tempo. Sulla sua età Egli soleva spesso scherzare: «Non è mio merito - amava ripetere - si tratta soltanto

di buona salute». E spesso soggiungeva: «Buona salute che mi deriva probabilmente dall’aver imparato sin da bambino a dire: ‘No!’». Come ebbe a rimarcare una volta, durante una sua conferenza all’università di Cambridge: «Di fronte ad una persona di oggi sono senza dubbio un fenomeno da baraccone; di fronte ad un profeta pre-diluvio sono invece soltanto un giovanotto di belle speranze». Ma ora, purtroppo, se n’è andato per sempre. (dall’introduzione)

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analizzare la seconda. Cercheremo di mostrare che esistono diversi modi di «matematizzare» che però non dipendono soltanto — come sarebbero subito disposti a pensare e di-chiarare quasi tutti i matematici e moltissimi fra coloro che si sono trovati o si trovano a usare la matematica nella loro attività lavorativa — dal fatto che il patrimonio delle idee matematiche si articola in un vero e proprio firmamento di nozioni, teorie e discipline astratte distinte e indipendenti l’una dall’altra, che possono spesso farsi corrispondere, ma in genere non si spiegano né descrivono a vicenda, ma da qualcosa di più profondo, che in qualche modo corrisponde allo stesso sviluppo storico della matematica dai tempi più antichi sino ad oggi, e ai diversi modi in cui si sono atteggiati i suoi interventi nella cultura e nella scienza. Speriamo anzi di riuscire a mostrare — anche se, per ovvi motivi di spazio, saremo costretti a farlo soltanto per accenni — che l’evolu-zione di questi interventi è speculare a quella delle scienze che se ne giovano. In proposito, la tesi che intendiamo illu-strare è che la matematizzazione si può pensare articolata in tre livelli:

1. il livello puramente quantitativo-geometrico (quantifica-zione);

2. il livello formale (formalizzazione);3. il livello logico-linguistico (assiomatizzazione).

A questi tre livelli corrispondono altrettante caratteristiche delle descrizioni scientifiche del mondo. Come cercheremo di argomentare ed illustrare nel seguito, le scienze propria-mente dette che possono «matematizzarsi» soltanto ai primi due livelli sono le cosiddette «scienze descrittive» oppure le «scienze tassonomiche». Le descrizioni del mondo che han-no ambizioni normative o predittive ma si fermano al primo o al secondo livello devono considerarsi ancora nella loro forma «prescientifica». Pertanto la distinzione tra i livelli di matematizzazione e l’analisi del livello che caratterizza la pratica di ciascuna scienza ci consente di individuare il suo tipo oppure il suo stadio di sviluppo.

Livelli di matematizzazione e stadi di sviluppo delle teorie scientifiche BRUNO CARBONARO & FEDERICA VITALEDipartimento di Matematica, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Caserta

Le scienze, come tutte le attività umane, si evolvono nel tempo, modificano i propri metodi e i propri obiettivi, e presentano in tempi successivi stadi di sviluppo diversi. In questo lavoro si tenta di argomentare la convinzione che, per le scienze che ambiscono ad essere «normative», e non puramente tassonomiche o descrittive, stadi di sviluppo più evoluti, e caratterizzati da maggior potere predittivo e maggiore flessibilità rispetto a risultati sperimentali inattesi, corrispondono ad interventi più massicci della matematica, e soprattutto del suo metodo assiomatico-deduttivo, nel loro linguaggio e nelle loro argomentazioni.

1. INTRODUZIONE

Contrariamente a quanto si può credere, la parola «matematizzazione» — a dispetto del suo suono truce e del suo apparente riferimento a un’attività da iniziati — ha un contenuto intuitivo che dovrebb’essere

noto non soltanto a coloro che svolgono studi scientifici, ma a chiunque sia dotato di una cultura media (in particolare agli studenti delle scuole medie superiori e dell’Università) e abbia affrontato alcuni problemi proposti nelle riviste di enigmistica. Naturalmente, talvolta, per portare a un livel-lo cosciente questo contenuto intuitivo, occorre far riflettere sull’etimologia e su qualche esempio. «Matematizzare», si troverà, vuol dire «rendere matematico». Ma questo è piutto-sto vago. Sorgono immediate altre due domande: che cosa si può matematizzare?1 E come?

Nella discussione che segue, ci proponiamo anzitutto di richiamare brevemente le risposte che immediatamente sor-gono in mente a tutti in merito alla prima domanda, e poi

1 Ad esempio, nella sua prefazione a [29], Lucio Lombardo Radice ar-gomenta: «sebbene ci siano problemi non matematizzati (e, a mio parere, non matematizzabili) … ». Questa frase è del tutto oscura se non abbiamo già risposto a questa domanda.

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molti critici [23] essenzialmente legato all’obiettivo pratico di prevedere e dominare gli eventi naturali stabilendo connessioni ragionevolmente certe e precise (ossia basate su misure che possano considerarsi tali) tra fenomeni non solo distinti, ma anche del tutto indipendenti, ma almeno in parte fondato sulla concezione platonico-pitagorica dell’armonia dell’universo [20].

I due aspetti basilari della matematizzazione galileiana (che alcuni autori, tuttavia, riconducono a Copernico e a Luca Pacioli) sono (1) la procedura di associare a oggetti e fenomeni empirici oggetti matematici (numeri reali ed enti geometrici euclidei) e (2) la concezione «di principio» (cui si deve la nascita delle scienze moderne) secondo la quale questa procedura deve essere applicabile ad ogni oggetto e fenomeno dell’universo. Ma, proprio per questo, attenersi a questo significato storico della parola «matematizzazione» sarebbe un errore grave, in almeno due sensi.

Da un lato, la pura e semplice procedura del matematiz-zare è ovviamente molto più antica di Galileo. In un ambito puramente scientifico, la legge della spinta idrostatica di Ar-chimede e la sua formulazione delle condizioni di equilibrio (uguaglianza tra i momenti — forza x braccio — dei pesi) che hanno condotto ai principi di funzionamento delle leve, della stadera e delle carrucole mobili, sono autentici esempi di grande matematizzazione «galileiana» molto ante litte-ram. Ma, in termini assai più generali, una forma basilare di matematizzazione deve riconoscersi risalire quasi agli albori dell’homo sapiens, e fare tutt’uno con la nascita stessa della matematica nelle sue forme oggi considerate più elementari (aritmetica e geometria «intuitiva»). Un uomo primitivo che dica: «Ehi! C’è un lupo … e (poi) un lupo … e (ancora) un lupo!» dà una descrizione esattamente empirica (qualitativa) delle sue percezioni; ma nel momento in cui dice:«Ehi! Ci sono tre lupi!», sta matematizzando. Associa alla sua espe-rienza un oggetto matematico (il numero «tre»), e se ne serve per darne un resoconto sintetico. Allo stesso modo, il capo di una tribù primitiva che ritenga necessario sacrificare una pecora a un’oscura divinità, dovendo scegliere tra le greggi dell’uno o dell’altro dei membri della sua tribù, può deci-dere di essere del tutto arbitrario, capriccioso e casuale; ma può decidere di sacrificare dal gregge più ricco, se e solo se ha acquisito una visione «matematica» delle greggi, ovvero se vede questa proprietà (la ricchezza), la cui definizione è già un atto di creazione matematica, e impara a confrontar-ne i gradi. Il conteggio è la prima forma di matematizza-zione. E quando il nostro antenato primitivo impara a farsi («scrivere», qualunque sia lo strumento che usi per farlo, per esempio una pietra affilata, e qualunque sia il suo supporto di scrittura, per esempio un ramo o un pezzo di osso [5]) un promemoria del numero dei lupi (o di pecore, o di nemici, o di possibili prede) nasce la matematica.

L’espressione quantitativa non soltanto è antichissima, ma anche altrettanto naturale delle descrizioni qualitative. Gli inizi del linguaggio umano logicamente articolato poggiano sull’astrazione, e precisamente sull’invenzione di nomi per cose e gruppi di cose (nomi comuni) e proprietà (predicati e

Questa discussione si articola in quattro ulteriori Sezioni: in particolare, la Sezione 2 offrirà una discussione il più pos-sibile sintetica di ciò che oggi può intendersi per «matematiz-zazione» di un qualsiasi sistema di descrizioni mutuamente correlate di opportune porzioni del mondo empirico, mentre ciascuna delle altre tre introdurrà e discuterà un diverso livel-lo di matematizzazione, ne fornirà alcuni esempi, e discuterà il modo in cui essa caratterizza alcune scienze.

2. COSA DOVREBBE INTENDERSI PER

«MATEMATIZZAZIONE»

Chiunque possegga una sia pur minima familiarità con la matematica, anche se a un livello elementare, dovrebbe com-prendere facilmente che cosa significhi «matematizzare». Ma, per rendere questa esposizione il più possibile autosuffi-ciente, cercheremo di delineare qui il senso di questa attività com’è e dev’essere intesa oggi, con particolare riferimento allo sviluppo attuale delle scienze e all’esattezza e alla con-divisibilità delle loro affermazioni sul mondo.

Va da sé che la discussione non potrà che apparire ai più incompleta e superficiale, soprattutto riguardo all’elencazio-ne dei riferimenti bibliografici, che — moltiplicatisi a dismi-sura nell’ultimo secolo a partire dai dibattiti sui fondamenti della matematica e sul suo ruolo nella conquista di una «co-noscenza» riconoscibile universalmente come tale — da soli potrebbero riempire una biblioteca. Ma dev’essere chiaro che, anche in mancanza di citazioni esplicite, non si pretende qui di presentare idee tanto nuove da non essere mai state neppure adombrate in almeno alcuni elementi della vastis-sima letteratura epistemologica corrente, ma soltanto di evi-denziare, soprattutto agli occhi degli scienziati specializzati professionisti, una prospettiva che ancor oggi molti tendono a trascurare. Perciò, riteniamo che l’inevitabile «rarità» dei riferimenti bibliografici, e il tono un po’ naif dell’esposizio-ne potrebbero meritare una certa indulgenza.

Ciò premesso, il naturale punto di partenza della nostra di-scussione sembra essere l’eliminazione di un equivoco, poi-ché la parola «matematizzazione» ha una connotazione ben precisa nell’ambito della storia e della filosofia della scien-za. Nella vastissima letteratura al riguardo [9, 20, 23, 27] si usa spesso l’espressione «matematizzazione della natura»2 per identificare il metodo che, fondandosi sulla sua (troppo citata) affermazione che l’universo «è scritto in lingua ma-tematica» [9, 19, 20], si considera introdotto da Galileo nel-la descrizione dei fenomeni meccanici. Così interpretata, la «matematizzazione della natura» risulta l’elemento caratteri-stico delle scienze moderne (la fisica, anzitutto, e poi chimi-ca, zoologia e botanica, geologia, biologia, etc. … ), secondo

2 Riesce spontaneo osservare che — secondo questa espressione — non si matematizzano le formulazioni dei problemi o le descrizioni degli og-getti e dei fenomeni naturali, ma direttamente questi ultimi. Probabilmen-te, si tratta solo di un’espressione infelice che alla fin fine vuol dire la stessa cosa, tuttavia la scelta lessicale è interessante, perché sembra voler sottolineare il presunto scopo di sostituire, non solo interpretare, con no-zioni matematiche i contenuti stessi dell’esperienza.

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matematizzazione come analisi delle dipendenze funzionali tra classi di misure, in quanto limita le possibilità evolutive della scienza stessa. In effetti, vorremmo che risultasse chia-ro che la deliberata scelta di questa sola interpretazione de-nota un’altrettanto deliberata resistenza a qualsiasi possibile cambiamento di paradigma [24].

Perciò, se non vogliamo cadere in questo errore paraliz-zante, dobbiamo interpretare la «matematizzazione» nel senso più ampio possibile, non soltanto come procedimento per attribuire alle nostre esperienze, agli oggetti e alle loro proprietà, delle etichette numeriche o geometriche, ma come procedura di rappresentazione, che di fatto sostituisce alcuni contenuti della nostra esperienza con nozioni matematiche, scelte tra tutte quelle che oggi la matematica descrive nelle sue teorie, e ragiona su queste; a conclusione del ragiona-mento, si ritraducono le conclusioni raggiunte in termini di fatti sperimentali, e l’accordo o il disaccordo delle descrizio-ni così ottenute con le nostre constatazioni empiriche stabi-lisce il successo, totale o parziale, o l’insuccesso del nostro tentativo di matematizzazione. In altre parole, si «matema-tizza» in genere nell’ambito delle scienze che vogliono ave-re, nella loro descrizione del mondo, un valore «normativo» o «predittivo», ossia mirano a stabilire regole di connessione tra le nostre esperienze, ed orientare le nostre attese.

Questa interpretazione non è personale e arbitraria, e nep-pure del tutto nuova. Oggi, fortunatamente — sia pure nella forma riduttiva del «mathematical modeling» [6,7,12], alta-mente specializzata e mirata a risultati pratici accuratamente circoscritti, così da perdere di vista la visione panoramica essenziale al vero progresso della scienza — è oggi anche il senso più largamente condiviso, anche se probabilmente non sarebbe unanimemente descritto nella forma che abbiamo proposto, che, in termini più precisi, ma più arcigni, che il lettore non familiare col linguaggio filosofico e matematico può saltare a pié pari senza ledere la comprensibilità del se-guito, può enunciarsi come segue.

1. la matematizzazione deve intendersi come un procedi-mento strettamente logico e metodo-logico;

2. sotto il profilo logico, riguardante la descrizione degli oggetti e dei fatti dell’esperienza, essa è un procedimento se-mantico, attraverso il quale si rappresentano oggetti ed even-ti empirici e le loro relazioni (e perciò anche i problemi che li riguardano) tramite nozioni matematiche, che naturalmente vanno cercate e scelte fra tutte quelle che oggi la matematica offre, grazie alla sua evoluzione storica, e che vanno ben ol-tre le nozioni di «misura» e «disposizione spaziale»;

3. sotto il profilo metodologico, le ipotesi e le argomenta-zioni riguardanti le proprietà delle «immagini matematiche» dei contenuti dell’esperienza vanno rispettivamente formu-late e sviluppate coi metodi attuali della matematica, quali sono venuti configurandosi nel corso del suo sviluppo (con particolare riguardo agli ultimi due secoli).

Nel seguito, cercheremo di mostrare che le scienze seguo-no in generale questa procedura a diversi livelli, identificabili attraverso l’esame delle nozioni e dei metodi matematici che scelgono di utilizzare. In particolare, individueremo i tre li-

aggettivi sostantivati). Un momento di riflessione potrebbe convincerci del carattere astratto di quasi tutte le parole che usiamo. Limitandoci ai nomi comuni e agli aggettivi sostan-tivati, riconosciamo che, ovviamente, non esiste il cane, ma solo i singoli cani, né il colore rosso, ma solo i singoli og-getti rossi, né la ruvidezza, ma solo i singoli oggetti ruvidi. Parlare della proprietà di essere cani, com’è implicito in frasi quali «i cani sono carnivori», o dei colori o della ruvidezza, comporta l’acquisizione dell’abitudine a un certo livello di astrazione, senza dubbio ben presente a Platone [35] nello sviluppo della sua nozione di «idea», e a tutti i logici da Ari-stotele [2] in poi. La nascita della matematica si deve allo stesso tipo di astrazione: non si vede alcuna differenza tra le frasi «Fido è un cane» o «questa mela è rossa» e «i miei fra-telli sono una terna» (o «sono tre»). La differenza, semmai, sta nella procedura di acquisizione della percezione e della conseguente definizione delle due proprietà. Per la prima, basta l’osservazione casuale; per la seconda, presumibili-mente, serve l’esperimento. Più precisamente, un bambino (o un uomo primitivo) che veda un fiore rosso qui e una mela rossa domani a molti chilometri di distanza coglie subito la sensazione comune che poi si tradurrà nella proprietà «essere rosso». Ma se vede tre fiori su un cespuglio qui e tre frutti su un albero lì, il carattere comune richiede uno sforzo di attenzione: deve contare, il che significa che deve costruirsi (per esempio con tre dita) un promemoria dei tre fiori, e poi osservare che — per costruirsi un analogo promemoria per i frutti — può usare le stesse tre dita. La costruzione degli elementi di un linguaggio evoluto e quella delle nozioni ma-tematiche a partire dalle esperienze sono dunque procedure identiche, basate entrambe su un confronto.

La novità della matematizzazione galileiana rispetto alla «matematizzazione naturale» sta nell’aver esplicitato e co-dificato il metodo di confronto tra grandezze variabili col tempo, e di aver così dato, nella scia di Copernico [15] e Ke-plero, il decisivo impulso all’introduzione esplicita del con-cetto di «funzione». Così, l’esempio dei grandi scienziati dei secoli XVI e XVII è un’ulteriore conferma della sostanziale identità tra la necessità della matematizzazione e lo sviluppo della matematica come disciplina.

D’altra parte, la matematizzazione galileiana era natural-mente progettata e fondata sulla matematica disponibile ai suoi tempi, ossia essenzialmente sull’algebra e sulla geo-metria euclidea. Attenersi ad essa (come purtroppo ancora accade in molte scienze contemporanee), nella definizione o anche solo nell’applicazione della procedura di matema-tizzazione, sarebbe antistorico e significherebbe, da un lato, limitare (e banalizzare) tanto gli scopi della matematizza-zione quanto le procedure che la caratterizzano, dall’altro, commettere una grave colpa contro la percezione obiettiva dell’evoluzione storica, trascurando sia quella di tutte le scienze sia quella della matematica stessa nel suo comples-so. A questo proposito, in questa esposizione tenteremo di evidenziare come l’evoluzione della matematica, soprattutto nel periodo dalla scoperta delle geometrie non-euclidee ad oggi, renda parziale e antiscientifica l’interpretazione della

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emerse esplicitamente, descritte ed elaborate stranamente tardi rispetto al tacito uso che l’uomo ha quasi certamente dovuto farne sin dai primordi per la soluzione dei suoi pro-blemi di apprendimento e decisione [21, 42, 44], o anche solo per orientarsi nei giochi d’azzardo [16]. Entrambe con-corrono talvolta, quando opportuno, a descrivere fenomeni (ripetuti) o comportamenti di (classi di) oggetti o individui. Ci riferiremo perciò alla prima come «descrizione statisti-ca», e alla seconda come «descrizione stocastica».

Inoltre, con la creazione della geometria analitica, la rap-presentazione geometrica «stilizzata» di (classi di) oggetti empirici si raffina. I contenuti dell’esperienza, quando iden-tificabili con gruppi di misure, si rappresentano con punti del piano o dello spazio. Siamo alle porte del secondo livello di matematizzazione, che identificheremo come «formaliz-zazione», e che si compirà, come vedremo nella prossima Sezione, con la considerazione di spazi a più di tre dimen-sioni e l’acquisizione della capacità di descrivere le relazioni tra misure in termini di (sistemi di) equazioni di luoghi geo-metrici. Ma, finché ci si attiene alla rappresentazione simbo-lica, siamo ancora al primo livello di matematizzazione. Un esempio, tratto proprio dal prototipo delle scienze esatte, la fisica, e specificamente dalla meccanica, varrà a chiarire sen-za ambiguità la natura di questo primo livello: si tratta della cinematica (dei corpi rigidi quanto di quelli deformabili, an-che nel caso limite in cui si considerino sperimentalmente non rilevabili i moti delle loro diverse parti le une rispetto alle altre), non a caso ormai tradizionalmente considerata come mera «base linguistica» per formulare i problemi e le leggi della dinamica e della statica, e nella quale si intro-ducono la velocità, l’accelerazione e tutte quelle grandezze geometriche che ci forniscono i criteri per una rigorosa tas-sonomia dei diversi tipi di possibili moti.

Quasi tutte le scienze utilizzano questa «matematizzazio-ne» di primo livello costituita dai quattro tipi di descrizione che stiamo considerando in questa Sezione: il quantitativo e il geometrico — di cui abbiamo visto poco prima qual-che esempio elementare — e lo statistico e lo stocastico. Le scienze della natura (fisica, chimica, biologia, zoologia, botanica, mineralogia, … , etc.), ovviamente, basate non soltanto sull’attenta osservazione dei fenomeni, ma sulla ne-cessità di riferire gli esiti degli esperimenti in termini non ambigui, condivisibili e correggibili, ossia su attività inizia-li consistenti nella raccolta di «dati», ovvero di risultati di misurazioni precise; ma anche alcune delle scienze umane (antropologia, psicologia, economia, e persino, sotto alcuni aspetti, la filologia — in quanto utilizza più o meno esplici-tamente considerazioni combinatorie e analisi di regolarità sintattico-semantiche5 — e anche la critica letteraria, alme-no in riferimento alla poesia, quando si analizzano i diversi tipi di «musicalità» dei versi. Più in generale, possiamo dire che questo genere di matematizzazione interviene in tutte le scienze che abbiano una sezione per la quale sia stato co-niato un nome col suffisso «-metria»: così, l’antropologia ha

5 Che sono analoghe a certi tipi di corrispondenze geometriche.

velli di matematizzazione indicati nell’Introduzione, cerche-remo di descriverli e caratterizzarli, di mostrare che scienze diverse, con scopi diversi, possono attenersi ai primi due li-velli, o anche soltanto al primo, ma che le scienze che mirano a fornire un quadro predittivo particolarmente ampio rispetto alla classe di fenomeni della quale si occupano non possono che intraprendere procedure di matematizzazione al massi-mo livello. Conseguentemente, il loro stadio di sviluppo può essere valutato e definito in base al loro livello di matema-tizzazione, e non esiteremo a valutare come «prescientifico» lo stadio di sviluppo di quelle fra esse che si sono fermate ai primi due livelli.

Fra l’altro, questo ci consentirà di offrire una reinterpreta-zione dell’abituale e ormai scontata distinzione tra le scien-ze comunemente qualificate come soft e le classiche scienze hard, o «esatte» (tipicamente la fisica e la chimica), che si riconoscerà non essere riconducibile unicamente o princi-palmente ad aspetti intrinseci delle scienze, ma soprattutto a stadi del loro sviluppo.

3. MATEMATIZZAZIONE QUANTITATIVO-

GEOMETRICA DELLE DESCRIZIONI EMPIRICHE

Il primo livello di matematizzazione, quello che abbiamo chiamato di «quantificazione», o quantitativo-geometrico, avrà in questa discussione un ruolo quasi puramente intro-duttivo, e perciò sarà trattato molto brevemente. Ed anche gli esempi di quelle scienze che ad esso si attengono, o si sono attenute agli inizi del proprio sviluppo metodologico, costituiranno un catalogo decisamente minimale. Del resto, sarebbe impossibile esaminare i livelli (e le necessità) di ma-tematizzazione, non diremo di tutte, ma di una percentuale sufficientemente elevata dell’enorme numero delle scienze moderne, senza scrivere un trattato in più volumi.

Precisando quanto abbiamo detto nella Sezione prece-dente, per sottolineare la nostra interpretazione di ciò che dovrebbe intendersi per «matematizzazione», questo primo livello consiste precipuamente nelle procedure di conteggio e misura (e, contestualmente, nell’introduzione delle prime grandezze «fisiche», come il peso3 e la velocità4), e nell’as-sociazione di figure geometriche «stilizzate» alla percezione dei terreni da recintare e coltivare (si pensi all’etimologia della parola «geometria»).

Questo, tuttavia, è semplicemente il procedimento di ma-tematizzazione più ovvio ed elementare, e non a caso è il più antico. Sarebbe un grave errore logico ed epistemologico pensare che il primo livello di matematizzazione si esaurisca in esso. Due strumenti potenti ed

estremamente diffusi di matematizzazione quantitativa sono la statistica descrittiva e la probabilità [13], una pro-cedura e una nozione strettamente legate l’una all’altra ed

3 Che solo molti secoli dopo l’introduzione della bilancia a bracci ugua-li e della stadera si sarebbe scoperto essere, più correttamente, la massa gravitazionale.4 Che permise di valutare le distanze in «giorni di cammino», «ore di corsa a cavallo», e così via.

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prospettiva puramente logica quanto nella prospettiva storica (almeno fino alla fine del secolo XVIII), non solo contestuale ma essenzialmente coincidente con la stessa «creazione della matematica», ora possiamo notare che — proprio per questo — essa è troppo elementare per esaurire le necessità descrit-tive e argomentative di ogni scienza che non voglia limitarsi ad essere puramente descrittiva e tassonomica.

4. FORMALIZZAZIONE, RELAZIONI EMPIRICHE ED

ARGOMENTAZIONI

Nella Sezione precedente, abbiamo visto, in sostanza, che un complemento — se non essenziale — molto utile e po-tente della nostra conoscenza e della nostra descrizione del mondo esterno, un fondamentale arricchimento delle nostre esperienze, è il riconoscimento delle forme e l’introduzione della nozione di «misura», che è poi la nozione unificatrice di tutte le procedure di associazione di etichette numeriche ai contenuti delle nostre osservazioni. Abbiamo anche visto come l’attività scientifica si giovi di questa nozione per ren-dere le proprie descrizioni meno arbitrarie, più precise e uni-versalmente condivise.

Questa nozione, tuttavia, è legata da un lato a una chia-ra prescrizione delle procedure di misurazione, attraverso le quali si quantificano certi contenuti dell’esperienza, dall’al-tro alla definizione di «che cosa stiamo misurando». Questi due aspetti sono strettamente interconnessi, e si traducono nelle nozioni di «variabile», «parametro» e (nome più infe-lice di tutti) «grandezza». In effetti, la ripetizione delle pro-cedure significa che stiamo misurando lo stesso parametro, che ne resta definito, e d’altra parte esso è «variabile» perché differenti ripetizioni, in circostanze diverse, produrranno in generale valori numerici distinti.

L’introduzione di queste nuove nozioni offre nuove per-cezioni, e perciò la possibilità di nuove descrizioni, coi problemi che ad esse possano accompagnarsi, aprendo in definitiva la strada alla procedura descrittiva e conoscitiva che abbiamo identificato come «formalizzazione». Questa, in effetti, consiste in una ben precisa sequenza di passi, per comprendere la quale si può fare riferimento a un fenomeno semplice (o meglio, alla classe di tutte le sue possibili ripeti-zioni): quello che, qualitativamente, si può descrivere come «caduta sul pavimento di un qualsiasi oggetto che era fermo in un luogo elevato della stanza». Si quantifica la descri-zione del fenomeno misurando (almeno) l’altezza del posto dove l’oggetto è inizialmente e il tempo tra il momento in cui lo vediamo cominciare a muoversi e quello in cui urta il pavi-mento; ma il primo passo verso la formalizzazione si compie quando riconosciamo che, usando la stessa cordicella (ma-gari graduata) e la stessa clessidra, possiamo descrivere in termini quantitativi tutte le possibili cadute (dello stesso og-getto, diciamo) da qualsiasi posto e su qualsiasi pavimento: e le due misure che prenderemo saranno sempre, in ogni caso, l’altezza di caduta e il tempo impiegato da quell’oggetto per arrivare a colpire il pavimento. Così, «altezza» e «tempo» (di caduta) diventano due nozioni astratte indipendenti dalla

l’antropo-metria [26], la psicologia ha la psico-metria [1], l’economia ha l’econo-metria [43] e la filologia e la critica letteraria, quando applicate a testi poetici, hanno la prosodia e la metrica dei versi.

La psicologia, ad esempio, nella descrizione e nell’elabo-razione delle proprie indagini sui comportamenti umani e sulle pulsioni che li determinano, fa oggi un vasto uso (cfr. [1, 14, 17]) di punteggi, che da un lato fanno quasi spontane-amente riferimento a un’«intensità» (tanto degli uni quanto delle altre), dall’altro, come vedremo nel seguito, possono costituire un prezioso strumento iniziale per inferire leggi di dipendenza tra stati psicologici e comportamenti. Come primo passo verso questo metodo d’inferenza, si adotta un linguaggio geometrico, rappresentando condizioni psicolo-giche complesse come punti di uno spazio cartesiano a più dimensioni, le cui coordinate sono i punteggi associati ai di-versi comportamenti (e caratteri psicologici collegati).

Un altro esempio, lampante nella sua sedimentazione sto-rica, ci è offerto dall’economia, trasformatasi da branca della filosofia a studio naturalmente quantitativo con l’introduzio-ne delle nozioni di «prezzo», «valore», «domanda» e «offerta» (intese rispettivamente come quantità di beni richieste oppure prodotte e immesse sul mercato), che alla fin fine non fanno altro che trasporre in termini descrittivi la presenza fisica del denaro nelle attività economiche [32,40]. Questa quantificazione diviene più specificamente statistica (in senso descrittivo) in ambito macro-economico, nel quale si utilizzano medie aritmetiche o somme di dati individuali per descrivere le condizioni economiche di intere collettività.

Ora, la questione che vogliamo porre è: basta questo tipo di matematizzazione al pieno sviluppo di tutte queste scien-ze? Nelle Sezioni che seguono ci sforzeremo di mostrare che la risposta è, in generale, negativa, o, più precisamente, di-pende dallo scopo che ciascuna scienza si prefigge. Qui, a questo proposito, possiamo limitarci ad osservare che essa sembra rispondere pienamente alle esigenze e agli scopi di scienze come la zoologia, la botanica, la mineralogia, l’an-tropologia, e persino vaste branche della biologia e della chimica. In effetti, queste scienze sono descrittive (hanno spesso in parte lo scopo di fornire delle tassonomie il più possibile esatte e non ambigue6) ed «esplicative», cioè, lad-dove non mirino semplicemente a scoprire ed evidenziare analogie e differenze, formulano ipotesi sulla loro origine. E tuttavia, in questa ricerca di spiegazioni, anche queste scien-ze debbono spesso ricorrere al secondo livello di matematiz-zazione. Se, come abbiamo visto nella Sezione precedente, la «matematizzazione quantitativo-geometrica» delle descri-zioni delle nostre esperienze deve considerarsi, tanto in una

6 Riteniamo doveroso osservare esplicitamente che si tratta di un compito tutt’altro che semplice: richiede un profondo spirito di osservazione, at-tenzione per i dettagli, e una grande accuratezza nel descrivere i contenuti dell’esperienza, oltre che — spesso — una grande sensibilità alla presenza o all’assenza di trasformazioni geometriche di tipo metrico o anche solo topologico tra i diversi oggetti di sperimentazione. Questo chiarisce sia il titolo della Sezione, sia l’insistenza che abbiamo posto sul fatto che cia-scun livello di matematizzazione si evolve insieme con gli strumenti che la matematica è capace di fornire per esso.

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Giunti a questa stipulazione, riconosciamo da un lato che il nome infelicemente generico di «matematizzazione» col quale si indica la proposta descrittiva galileiana si riferisce, più precisamente, a questo secondo passo, dall’altro che la matematica stessa si è evoluta anzitutto grazie a una costan-te e ripetuta procedura di auto-formalizzazione. Un esempio ovvio ed elementare si può trovare nel raffronto tra i risultati di tipo aritmetico e geometrico contenuti in uno dei docu-menti più antichi e significativi della storia della matematica, il papiro Rhind (cfr. [5]), che tradiscono la loro origine chia-ramente empirica (come la consapevolezza che l’ipotenusa di un triangolo rettangolo i cui cateti siano rispettivamente lunghi 3 e 4 è lunga 5), e le prime opere dei matematici greci, che generalizzano in teoremi, come il teorema di Pitagora, i contenuti di siffatte osservazioni particolari9. In particolare, costituiscono un esempio lampante e particolarmente signi-ficativo di formalizzazione gli Elementi di Euclide [18], che raccolgono e collegano le numerose formalizzazioni parziali ottenute dal piccolo ma agguerrito e geniale esercito dei ma-tematici precedenti, il cui merito principale fu di aver capito che la geometria, l’agrimensura propriamente detta, poteva affrancarsi dall’attività empirica del misurare, e che ogni for-ma, piana o solida, poteva decomporsi in elementi singoli e identificarsi con un sistema fisso di relazioni tra le loro mi-sure, e di essersi impegnati a cercare ed applicare dei metodi che fossero in grado di condurli a tali relazioni senza passare per la constatazione empirica. Questo metodo si articolava in due passi, il primo dei quali, la formalizzazione propriamen-te detta, era destinato a svincolare il secondo, la deduzione, dal caso particolare, rendendolo efficace in tutti i possibili casi riconosciuti formalmente simili ad esso.

Ma, ai fini di questa esposizione, risultano molto più in-teressanti gli interventi della procedura di formalizzazione nelle scienze a base empirica, destinate non solo a descrivere i fenomeni naturali, ma anche a prescrivere le nostre aspetta-tive circa fenomeni non ancora constatati, in condizioni non ancora realizzate. A tal proposito, ci limiteremo a richiamare l’attenzione soltanto su alcuni esempi di particolare rilievo storico, per rivolgerla poi alle scienze che solo in tempi re-lativamente recenti hanno considerato la possibilità di una trattazione formale dei loro oggetti di studio.

Nell’astronomia e nello studio del moto dei corpi celesti, dobbiamo riconoscere che veri capolavori di formalizzazio-ne sono già l’Almagesto di Claudio Tolomeo [22], e il De Revolutionibus orbium coelestium di Niccolò Copernico [15], e le tre leggi di Keplero. In tutti questi casi, la forma-lizzazione consiste nell’adozione di variabili suscettibili di assumere come valori i dati osservativi, cosicché le relazioni aritmetiche tra misure divengono relazioni funzionali tra va-riabili. Queste variabili «abitano» in strutture matematiche opportunamente definite, le cui proprietà e le cui «regole d’uso» si studiano indipendentemente nell’ambito di quella che usualmente si chiama «matematica pura». Questa defini-

9 E non è affatto un caso che la parola greca qewr˜hma derivante dal verbo qewr`ew, «guardo», significhi letteralmente «osservazione».

particolare caduta e dalle particolari misure ottenute, e molto più collegate ai metodi che abbiamo usato per ottenerle. Di-ventano due parametri.

Questa nozione ci consente di unificare le nostre osserva-zioni (spesso in origine casuali, e poi ripetute volutamente) circa le relazioni tra le diverse misure prese in corrisponden-za di ciascuna ripetizione del fenomeno «caduta». Per esem-pio, possiamo osservare che una biglia di gomma che cada da 3 metri impiega circa 78 centesimi di secondo a raggiungere il suolo; la stessa biglia, cadendo da 5 metri, impiega circa un secondo e, se cade da 10 metri, impiega 1,42 secondi. Vedia-mo così che i tempi non sono proporzionali alle altezze. Ma, se tra noi c’è Galileo Galilei, si accorgerà che lo sono i qua-drati dei tempi, e che, per ogni coppia di misure dell’altezza h e del tempo t, è risultato h = 4.9t2. Avremo dunque una for-ma generale (non a caso, «formula») per ricavare una delle due misure dall’altra attraverso un calcolo, e non attraverso la misurazione diretta, almeno nei casi constatati. Facendo poi l’ipotesi che essa sia stata sempre vera da quando esisto-no la terra e le biglie di gomma, e che lo sarà per sempre, a ogni possibile caduta di un’identica biglia, avremo ottenuto una conoscenza formale di una regola che dovrà essere ri-spettata da tutte le cadute di siffatte biglie7.

Enucleando da questo esempio (che tuttavia coglie soltan-to un aspetto molto particolare della grande varietà di de-scrizioni di origine empirica che si potrebbero considerare) una definizione di «formalizzazione», possiamo dire che essa, come passo successivo alla descrizione quantitativo-geometrica (o quantitativo-disposizionale), consiste nel so-stituire alle descrizioni singole la considerazione di tutte le descrizioni possibili, attraverso l’introduzione della nozione di «variabile» e di quella di «funzione» (e, conseguentemen-te, quelle di «incognita» e di «equazione»): grosso modo, essa sancisce il passaggio dell’intervento della matematica dalla sola classe di quelli che Popper [36] chiama «enunciati singolari» alle «teorie», o agli «enunciati generali». In sinte-si, e ipersemplificando in qualche modo, possiamo asserire che, in definitiva, una scienza può considerarsi formalizzata quando è in grado di sostituire con una relazione tra variabili ogni collezione di relazioni tra contenuti empirici particola-ri, quantitative o disposizionali nel senso più ampio, che ne facciano parte8.

7 Il metodo adottato da Galileo, su basi puramente intuitive, senza al-cuna «formale» prescrizione delle procedure, e perciò — se ci si passa l’avverbio provocatorio — quasi inconsapevolmente, è quello statistico inferenziale della ricerca di leggi di correlazione \cite{carvit}, a sua volta formalizzato soltanto quasi tre secoli più tardi, con la nascita della Statisti-ca Inferenziale e con le indagini sulla corrispondenza tra frequenze relative e probabilità, che a sua volta condusse alla deduzione rigorosa e puramente formale della «legge empirica del caso» di Bernoulli.8 Si deve osservare, sia pure a volo d’uccello, che è importante il riferi-mento alle relazioni disposizionali, nelle quali intervengono, in linguaggio magari simbolico, ma certo non quantitativo, particolari relazioni di «ordi-ne» e di «equivalenza», per sottolineare la vastità e la multiformità del pro-cesso di formalizzazione, che trova la sua prima applicazione nel mondo delle relazioni quantitative, ma poi si diffonde a tutti i casi nei quali intere classi di affermazioni «particolari», ossia riferite a singole osservazioni, si sostituiscono con enunciati «generali» (o «universali») — cfr. [36].

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ma che non potrà mai considerarsi completamente risolto, non lo è mai neppure per le scienze riconosciute come tali da maggior tempo, poiché si presentano sempre nuovi siste-mi di osservazioni, e nuove possibili misurazioni indirette, ma se e quando lo si sarà risolto per una classe sufficien-temente ampia di sistemi di osservazioni (e soprattutto si saranno stabiliti in termini non ambigui dei criteri di valu-tazione dell’ampiezza degli errori di misura), la Psicologia sarà pronta a descrivere i profili psicologici e le previsioni di comportamento tramite sistemi di relazioni tra parametri e diverrà una scienza almeno parzialmente formalizzata. Al momento, la si deve considerare al livello iniziale di forma-lizzazione [12, 25, 28, 30, 31].

Come esempio di scienza formalizzata, l’Economia riveste un interesse particolare, essenzialmente per due ragioni: 1) i primi tentativi di formalizzazione che la riguardano, esplici-tamente mirati ad ottenere strutture teoriche il più possibile simili a quella della meccanica newtoniana, risalgono al se-colo XVIII e ne fanno una delle prime scienze formalizzate [3, 45-47]; 2) essa risulta particolarmente esemplare della nozione di «pura formalizzazione» come l’abbiamo descritta più o meno implicitamente prima [4, 32, 40].

In effetti, dalla precedente descrizione della procedura di formalizzazione, dovrebbe essere apparso chiaro che essa ha due caratteristiche essenziali: in primo luogo, essa trae ori-gine da problemi specifici di predizione (ed è per questo che costituisce il passo fondamentale nella nascita delle scienze in quanto tali) e, in secondo luogo, le definizioni dei para-metri introdotti in relazione ai diversi ambiti problematici sono — come ovvia conseguenza — altamente dipendenti dal contesto, col possibile risultato che di parametri distinti, definiti per sottolineare aspetti distinti di uno stesso tipo di fenomeni, si finisca con l’ignorare la mutua dipendenza, e se ne deducono e descrivono proprietà che, a uno sguardo uni-ficante, potrebbero risultare sottilmente contraddittorie. Un esempio macroscopico di questa situazione è il conflitto con-cettuale tra la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica [8, 48], per il quale solo relativamente di recente sono state proposte soluzioni in competizione (teoria delle stringhe, te-oria dei loop). Sebbene in Economia non si presentino conflitti dello stesso tipo, ma solo contrapposizioni chiara-mente collegate a incompletezze di schema, la forte dipen-denza dal contesto delle nozioni economiche appare ovvia, ed anzi sembra l’elemento che meglio descrive e motiva tali incompletezze, e le contraddizioni puntuali che così frequen-temente ne derivano.

5. ASSIOMATIZZAZIONE E SCIENZA

Può apparire bizzarro, ma una scienza (del tipo di quelle che stiamo considerando nel nostro lavoro) può considerar-si prossima al proprio stadio «maturo» e perciò pienamente scientifico quando si interroga circa i propri «fondamenti» ed arrischia una qualche forma di risposta. Allorquando questo accade, essa prende coscienza dell’inevitabile carattere arbi-trario dei suoi primi passi, non soltanto della scelta degli og-

zione e questo studio sono la chiave della formalizzazione di ciascuna scienza, e contribuiscono a precisarla e potenziarla. Così, lo sviluppo della formalizzazione di una scienza va di pari passo con l’arricchimento del linguaggio matematico.

Si deve anche notare — l’importanza di questa osservazio-ne apparirà chiara nella Sezione seguente — che la formaliz-zazione è in tutti questi casi geometrica10, non meccanica. La cinematica, che è essenzialmente geometrica per sua natura, e la statica, che usa un linguaggio puramente geometrico al-meno nel suo stadio iniziale, allorquando si occupa soltanto di gravi vincolati, concependo il peso non come una forza ma come una proprietà intrinseca dei corpi11, sono il punto di partenza dell’indagine fisica, che ha prodotto gli esempi più perfetti di formalizzazione delle descrizioni, delle previsioni e delle leggi che governano vaste classi di comportamenti del mondo empirico. E, in effetti, a quanto oggi ci risulta, i più perfetti esempi di geniale formalizzazione delle scienze sono la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica, che non a caso sono le teorie più avanzate e comprensive di cui disponga la nostra descrizione del mondo empirico.

Il livello di formalizzazione raggiunto da queste due bran-che della fisica è da molto tempo un modello e un obiettivo per quasi tutte quelle discipline che ambiscano alla qualifica di «scienze», Oggi, come abbiamo già sottolineato nell’In-troduzione, quasi tutte le scienze che ambiscano ad essere predittive12 fanno un largo uso della formalizzazione. Si as-siste a una quasi sterminata produzione di lavori matematici che studiano la possibilità di ottenere informazioni non am-bigue da qualcuna delle tantissime equazioni proposte dagli scienziati «applicati» per descrivere certe classi di comporta-menti del mondo naturale e, almeno per alcuni dei suoi aspet-ti, del mondo umano. Spiccano, in quest’ambito, molte bran-che della Biologia, compresa la cosiddetta «Developmental Biology» con le sue analisi dei meccanismi dell’evoluzione, la Psicologia e l’Economia.

La Psicologia, cui per molto tempo si è da più parti negato (e continua a negarsi tuttora), tra gli epistemologi e i cultori delle «scienze esatte», lo status di scienza vera e propria, uti-lizza oggi le procedure statistiche più avanzate e complesse (segnatamente l’«analisi fattoriale» e l’«analisi in compo-nenti principali»13 [14, 17]) per giungere alla formalizzazio-ne delle relazionI tra i diversi aspetti dell’animo umano e tra essi e i comportamenti individuali (cfr. [14]). Lo scopo dell’intero procedimento è proprio rintracciare parametri de-finibili, addirittura allo stadio iniziale del collegamento tra osservazioni per pervenire a una qualche prescrizione delle tecniche di misurazione. Naturalmente, questo è un proble-

10 Oggi si direbbe ``cinematica’’.11 Questa è la ben nota confusione tra massa e peso, contro la quale è ancora necessario mettere in guardia gli studenti.12 O normative, e di queste fanno parte anche alcune scienze preminen-temente tassonomiche, come per esempio la Botanica e la Mineralogia.13 Queste sono un’evoluzione dei metodi di ricerca delle leggi di cor-relazione citati nella Nota \ref{corr}, riguardano la correlazione tra molte variabili, e partono addirittura dalla ricerca dei parametri da definire come indipendenti, dei quali tutti gli altri parametri osservabili possano consid-erarsi funzioni.

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ne trasformato in un mondo di cose15. E questi oggetti sono identificati e nominati secondo le nostre abitudini mentali più inveterate. Ora, ogni scienza da un lato arricchisce — attraverso l’introduzione di metodi e strumenti di osserva-zione — la nube di stimoli che concorrono ad identificare ciascun oggetto, dall’altro ne seleziona certi gruppi a scopi specifici. Così, gli oggetti di cui parla ciascuna scienza non coincidono con quelli della nostra esperienza, anzi hanno con essi ben poche somiglianze, ed è un errore sia logico che metodologico usare acriticamente i nomi di questi ultimi per indicarli. La meccanica classica — per esempio — non parla di sassi, palloni da calcio e missili, ma di oggetti astratti le cui proprietà, accuratamente enunciate, si suppongono ave-re in quelli dei corrispondenti che dovrebbero produrre dei comportamenti a loro volta corrispondenti, almeno appros-simativamente, ma in modo non ambiguo, a certe funzioni matematiche. Nel linguaggio prescientifico, la «forza» è la mia forza, grazie alla quale sollevo una valigia e la carico in auto; in meccanica classica, la forza è solo una legge che col-lega in ogni istante l’accelerazione della valigia alla sua po-sizione e alla sua velocità (e anche alle mie). è evidente che la prima descrive delle percezioni, tra le quali quella della maggiore o minore «facilità» con la quale io riesco a spostare una valigia, e l’altra è una pura nozione matematica, la quale può interpretarsi come regola di corrispondenza tra valori di misure istantanee e simultanee, totalmente inesistenti in na-tura (nessuna azione percettibile è istantanea, e non esistono coppie di azioni simultanee, in natura: o almeno, se esistono, non lo sappiamo16. Tutta la fisica classica è un monumentale sistema di belle favole che hanno l’enorme pregio di esse-re interpretabili e reputabili «vere» nell’esperienza a patto di ignorare certe discrepanze che decidiamo di considerare «trascurabili».

Si giunge così al secondo motivo per cui trascurare deli-beratamente l’analisi delle radici assiomatiche profonde di quelli che oggi si chiamano «modelli matematici (quantitati-vi e formali) dei fenomeni» è un errore tanto epistemologico quanto metodologico: è infatti del tutto ovvio che le regole secondo le quali si manipolano gli oggetti matematici de-stinati a unificare diversi sistemi di esperienze sparsi nello spazio e nel tempo debbono, in linea di principio, conside-rarsi del tutto arbitrarie. Esse — alla stregua delle descrizio-ni dei personaggi delle opere letterarie — si riferiscono a prodotti della nostra immaginazione, e dai capricci di questa dipendono (salvo l’obbligo di essere coerenti, o consistenti). Questa arbitrarietà sembra, a un primo sguardo, un difetto, e senza dubbio lo è se viene ignorata o sottaciuta, perché in tal caso si tenta d’imporre come necessaria una scelta persona-

15 In termini grossolani, le «cose» sono costruzioni del nostro cervello, che percepisce la costante compresenza di stimoli sensoriali (per esempio, per una mela, il colore rosso, la levigatezza, la friabilità e il sapore) che si ripetono pressoché inalterati, e tutti insieme, nello spazio e nel tempo, e chiama «mela» questa compresenza.16 Sono circa ottant’anni che la Meccanica Quantistica cerca di spie-garcelo, e di rimuovere certe ingenuità dal nostro modo di pensare.

getti del suo studio, ma anche dell’interpretazione che essa deve darne nel momento stesso in cui ne formula una descri-zione. Questi oggetti saranno i suoi «indefinibili», dal mo-mento che una qualsiasi definizione equivarrebbe a una sele-zione da un ambiente (classe di oggetti) più ampio, e perciò non soltanto a un rinvio a una classe di indefinibili più vasta e indeterminata, ma anche alla pretesa di disporre di un’in-terpretazione preferenziale, perlopiù non dichiarata e meno che mai giustificata. Le caratteristiche degli «indefinibili», dalle quali dedurre le leggi dei loro comportamenti e tutte le previsioni particolari che li riguardano e alle quali siamo in-teressati, devono essere proposte, nella consapevolezza che l’accettabilità della proposta dipenderà dall’aderenza delle previsioni dedotte ai comportamenti sperimentati: saranno gli assiomi della scienza. Quasi sempre, come accade ad esempio nella stessa matematica e nella fisica, questa si arti-colerà in teorie. Potranno esserci — cioè — alcuni assiomi formulati per descrivere in tutta generalità l’intera collettività degli oggetti di cui la particolare scienza si occupa, ma il più delle volte avremo soltanto un certo numero di gruppi distinti di assiomi differenti, ciascuno dei quali isolerà in questa col-lettività una particolare classe di elementi, e concorrerà alla previsione dei comportamenti di questi ultimi, e di nessun altro. Ciascun gruppo di assiomi definirà una diversa teoria nell’ambito della scienza considerata. E la classe completa degli oggetti di cui questa si occupa resterà indefinita finché non si possa essere certi che non ci sono altre teorie (ossia gruppi di assiomi) ad essa pertinenti da aggiungere. Il che, quasi certamente, non accadrà mai per alcuna scienza14.

L’esplicitazione degli indefinibili e degli assiomi che li de-scrivono sembra essere considerata del tutto marginale nelle indagini epistemologiche e metodologiche, e poco più di una pura perdita di tempo, una curiosità intellettuale forse inno-cua, ma certamente improduttiva, dalla stragrande maggio-ranza degli scienziati professionisti, molto più interessati alla soluzione di problemi specifici e all’ottenimento di risultati nuovi. Si tratta di atteggiamenti un po’ superficiali, e sicura-mente sbagliati, per parecchie ragioni.

In primo luogo, per quanto paradossale possa sembrare, la procedura di assiomatizzazione serve a prendere le distanze dagli oggetti di cui vogliamo parlare, o meglio, a renderci conto di tali distanze. In effetti, quando ci limitiamo a for-malizzare vogliamo soltanto enunciare leggi di mutua di-pendenza tra risultati di misure, ma la scelta dei parametri, del modo in cui raggrupparli e delle strutture algebrico-geo-metriche cui questi si assumeranno appartenere, dipende dal modo in cui il nostro cervello ha creato gli oggetti dell’espe-rienza, con quell’attività cognitiva nota nella letteratura filo-sofica col nome di «reificazione» (da res, «cosa», e facere, «fare», costruzione delle cose), attraverso la quale — prima ancora della nascita di qualsiasi forma di scienza — il nostro mondo di percezioni (o stimoli sensoriali, se si vuole) vie-

14 Ci saranno sempre assiomi da aggiungere per ampliare e suddividere più finemente la classe dei fenomeni da studiare.

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le automobili e degli aerei. Ma invece, cercarono di capire che tipo di assunzioni di contrabbando fossero intervenute tanto nella deduzione delle equazioni di Maxwell quanto in quella della trasformazione di Galilei, e quale fra esse fos-se sbagliata: e scoprirono che la trasformazione di Galilei era basata sull’implicita convinzione che le misure di lun-ghezza fossero istantanee, ossia che la luce viaggiasse a ve-locità infinita. Corressero questa convinzione, e sostituirono la trasformazione di Galilei con quella di Lorentz [39], che metteva d’accordo le equazioni di Maxwell con tutte le leggi della meccanica, anche nella loro forma classica, purché ci si limitasse a usarla solo per descrivere fenomeni nei quali fos-sero coinvolte unicamente velocità molto più basse di quella della luce. Trovarono dunque che la Meccanica Classica si basava implicitamente sull’assioma: «La velocità della luce è infinita», che era sbagliato, e andava sostituito dalla sua negazione: «La velocità della luce è finita (ed è la stessa per tutti gli osservatori in reciproco moto traslatorio uniforme)» [10, 11, 37, 39]. Così nacque la Relatività Ristretta, e la Fi-sica progredì enormemente, giungendo a scoprire leggi che condussero alla propulsione atomica e alla costruzione delle centrali nucleari.

L’analisi in termini di assiomi (espliciti o impliciti) degli oggetti di studio dell’ambito teorico generale cui apparten-gono diversi modelli matematici apparentemente indipen-denti è unificante e sempre feconda, ed è per questo che forse — tra i tre motivi sinora discussi per i quali tale analisi non andrebbe trascurata né sottovalutata — è proprio questo il più importante.

Ma c’è di più. La nostra breve e senza dubbio incompleta rievocazione della nascita della Relatività Ristretta e, soprat-tutto, del chiarimento delle sue relazioni con la Meccanica Classica, cui si riduce nella descrizione di tutti gli ordinari fe-nomeni meccanici che sperimentiamo nella vita quotidiana, ci insegna un’altra circostanza fondamentale, che costituisce il quarto motivo dell’importanza dell’analisi assiomatica: le convinzioni ampiamente condivise, per quanto ovvie possa-no sembrare, come la validità della trasformazione di Galilei, dedotta rigorosamente da un ragionamento puramente geo-metrico e sostanzialmente elementare, possono nascondere un altrettanto ampiamente condiviso errore marchiano, ossia essere collegate (o essere equivalenti) ad altre convinzioni, nascoste ed erronee. Nel caso in esame, la deduzione pura-mente geometrica passa sotto silenzio il fatto che le distan-ze e le velocità non si calcolano soltanto teoricamente, ma vanno rilevate, ed ogni tipo di rilevazione richiede l’invio e la ricezione di un segnale, per esempio lo stimolo visivo, ovvero un raggio di luce; essa19 risulta perciò equivalente all’inconsapevole assunzione che la velocità della luce sia infinita [10, 11, 37, 39]. Quando quest’assunzione silenziosa è dimostrata falsa, si va a sbattere contro una contraddizione. Solo l’esplicitazione assiomatica ci fa capire dove avevamo sbagliato prima e che cosa dobbiamo correggere20.

19 La sopra menzionata deduzione puramente geometrica.20 Rinunciamo qui alla discussione di esempi più attuali e profondi, come

le, prevaricando qualsiasi proposta alternativa17; ma diviene una ricchezza se la si riconosce e la si prende come spunto per ricerche alternative: le geometrie ellittica e iperbolica non sarebbero esistite se il postulato delle parallele fosse sta-to considerato «necessario».

Nella precedente discussione, poi, abbiamo toccato un punto estremamente importante, che di fatto è il terzo motivo della rilevanza del procedimento di assiomatizzazione per lo sviluppo della scienza, ed è il fatto che gli oggetti matematici descritti dagli assiomi sono destinati a unificare i fenomeni che la teoria descrive e vuole prevedere. I modelli matema-tici oggi così usati e diffusi (cfr. ad es. [6, 7, 12]) di rado si pongono questo problema: come abbiamo visto nella Sezio-ne precedente, essi si limitano a proporre relazioni formali tra parametri formalmente definiti da metodi di misurazione. Ora, tali parametri esprimono soltanto alcune delle proprietà dei soggetti, considerati intuitivi o percepiti nella loro inte-rezza, e convenzionalmente descritti in linguaggio naturale, che definiscono lo schema teorico generale nel quale s’inscri-ve il modello, e precisamente quelle che intervengono nella classe di fenomeni che il modello stesso mira a regolamenta-re. Ogni altra proprietà è ignorata come ininfluente. Il felice risultato di questo procedimento è che spesso, quando qual-cuno di questi parametri compare simultaneamente in due o più modelli diversi, oppure si considerano fenomeni che richiederebbero la loro sovrapposizione, ci si trova di fronte a contraddizioni. Il primo caso è di gran lunga il peggiore, poiché si tende a risolvere la contraddizione semplicemente ignorandola, ossia tenendo i modelli rigorosamente separa-ti e servendosene unicamente come strumenti per risolvere problemi specifici. È il modello del progresso dell’interazio-ne uomo-mondo (non della conoscenza, per carità!) a com-partimenti stagni. In questo modello, gli oggetti delle teorie che dovrebbero stare alla base dei modelli finiscono col di-ventare puri pretesti linguistici.

Un esempio di questa situazione, e di come la ricerca dell’unificazione possa essere lo strumento d’elezione per risolverla, è fornito dalla storia della Fisica, che non a caso è tra le scienze più evolute, se non la più evoluta. Le equazioni di Maxwell, in origine un «modello» per i fenomeni elettro-magnetici (correnti elettriche indotte, campi magnetici con-catenati, etc.) risultarono in contraddizione con la trasforma-zione di Galilei, che in origine era soltanto un «modello» per il raffronto delle misure meccaniche di due osservatori qual-siasi in moto traslatorio uniforme l’uno rispetto all’altro18. I fisici dell’epoca avrebbero potuto infischiarsi altamente di questa contraddizione, e continuare ad usare le equazioni di Maxwell per studiare gli impianti elettrici e la dinamica classica per studiare il moto dei proiettili di cannone, del-

17 In qualche libro scolastico di molti anni fa, dedicato all’esposizione della geometria euclidea, si legge la frase «un postulato è una verità evi-dente che non si dimostra». In testi più moderni è stata rilevata la palese assurdità di una tale affermazione.18 Qui dobbiamo limitarci a questi brevi cenni. Per ulteriori dettagli, può essere utile la lettura di [37, 39] o di un qualsiasi buon manuale universi-tario di Fisica che non trascuri la Relatività Ristretta.

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mento, riguardanti classi ben circoscritte e relativamente li-mitate di fenomeni, la cui unificazione, per il loro esorbitan-te numero, la loro inevitabile provvisorietà, e la complessità dei sistemi che esse devono descrivere, sembra un’impresa ancora ben lungi dall’essere realizzabile. E tuttavia, vanno diffondendosi pubblicazioni dedicate alla «Biologia Mate-matica», nelle quali si propongono sempre più numerosi e profondi tentativi di formalizzazione di un numero sempre maggiore di problemi generali: il passo intermedio verso l’assiomatizzazione si sta compiendo; per l’ultimo passo manca al momento la percezione di possibili nozioni abba-stanza fondamentali e condivise, ma si può nutrire fiducia che in un futuro non troppo lontano tale passo sarà compiuto.

Una posizione speciale occupa invece, tra le scienze mo-derne, l’Economia. Il suo statuto epistemologico è, per la verità, alquanto dubbio persino agli occhi di qualche eco-nomista, ma la si deve considerare in quanto la stragrande maggioranza dei suoi cultori rivendica per essa un ruolo di particolare rilievo nel novero delle scienze sociali. Eppure, il livello della sua matematizzazione, che trae origine dai lavo-ri di LÈON WALRAS [45-47] e di LOUIS BACHELIER [3] che di fatto sono alla base dell’uso del linguaggio matematico in quei settori dell’Economia oggi noti rispettivamente come Microeconomia, Macroeconomia e Finanza, è sorprenden-temente basso, nonostante sembri altrimenti a causa della notevole complessità dei metodi statistici di cui si serve. Con ogni evidenza, essa si trova più o meno nelle stesse condizio-ni delle scienze biologiche menzionate prima, ossia è ancora alla ricerca di risultati empirici che le consentano di fondare meglio (o, all’occorrenza, modificare) i suoi «assiomi locali» (noti come «leggi fondamentalli dell’economia»), e possibil-mente di formularne di nuovi, alcuni dei quali possano costi-tuire la descrizione di una prospettiva unitaria per le attività economiche nel loro complesso. E di fatto, è l’urgenza di ampliare e integrare questi risultati empirici una ragione non secondaria del successo delle opere di THOMAS PIKETTY [33, 34], che si è dedicato con grande rigore scientifico ed estrema perizia tecnica al tentativo di istituire correlazioni empiriche tra parametri economici classici (redditi, capitale, crescita … etc.), senza peraltro proporre una formalizzazione compiuta delle conclusioni che ne trae. Nello stesso tempo, sulla base di ardite generalizzazioni di esperienze personali, o di una sorta di «esperimenti pensati» il cui esito è in massi-ma parte influenzato da inclinazioni personali23, gli studiosi di economia hanno proposto e propongono modelli parziali di attività economiche particolari (scambi, produzione, im-posizione fiscale, e soprattutto investimenti e transazioni finanziarie), ottenendo una modellazione frammentaria. In tal modo, l’economia si presenta imme-diatamente come un’attività di riflessione con mire conoscitive, che ambisce al ruolo, alla sicurezza, al potere, e soprattutto alle capacità di crescita e miglioramento della scienza, ma è ferma a uno stadio intermedio tra la quantificazione e la formalizzazione,

23 Questa procedura è chiaramente riconoscibile sin dalle opere dei co-siddetti «economisti classici», a cominciare da ADAM SMITH [42].

Per tutte queste buone ragioni, e probabilmente mol-te altre che qui non abbiamo preso in considerazione, l’«assiomatizzazione profonda» delle proprietà degli oggetti generali del suo studio andrebbe riguardata come la meta fi-nale del percorso evolutivo di ogni scienza, la condizione che ne armonizzerebbe e verosimilmente renderebbe più rapidi ed efficaci tutti i successivi sviluppi. Non è un caso che la Fi-sica, la quale ha più o meno esplicitamente applicato quest’a-nalisi con grande assiduità e rigore in tutto il corso della sua storia21, si palesi come la scienza più evoluta, completa e comprensiva. Nessun’altra delle scienze moderne mostra, a un livello sufficientemente generale, lo stesso tipo di analisi appena descritto, la stessa limpidezza nell’espressione delle assunzioni. Per molte scienze questo si deve senza dubbio a un interesse prevalentemente tassonomico; per altre, special-mente quelle individuate come soft, come la sociologia o la psicologia, ciò si deve quasi certamente all’impegno prelimi-nare di raggiungere almeno lo stadio della formalizzazione, attraverso il superamento dello storico uso di un linguaggio qualitativo e la sua disambiguazione. Questo, al momento, assorbe naturalmente le energie e il tempo dei ricercatori im-pegnati in ricostruzioni teoriche. Per quanto riguarda la psi-cologia, un tentativo particolarmente interessante in questo senso si deve allo psicanalista cileno I. MATTE BLANCO [28] (cfr, anche [25, 30, 31]), la cui formalizzazione22 delle nozioni di «conscio» e «inconscio» ha, non a caso, attratto l’attenzione di studiosi informatici [30, 31] e fisici [25].

Sarebbe interessante che analoghi tentativi si facessero nell’ambito di indagini e riflessioni di carattere eminente-mente filosofico, qualitativo e pre-matematico: potremmo ambire a un Diritto scientifico, e a una Sociologia scientifica o, più profondamente, a un’Etica scientifica (e a un’Estetica, a una Politologia, ecc.).

Altre scienze ancora, come la Biochimica, la Biologia Mo-lecolare e molte di quelle designate con l’etichetta comune di «Scienze Biologiche», vivono una condizione ben diver-sa. Gli oggetti del loro studio sono ancora (o ancor più che in passato) suscettibili di definizione «ostensiva», anche se in un senso lato, o «generalizzato», nel quale la percezione è mediata da una strumentazione estremamente composita e sofisticata (microscopio elettronico, risonanza magnetica, spettrofotometria, ecc.), e gran parte degli sforzi degli stu-diosi è concentrata nella ricerca di evidenze sperimentali che consentano di giungere alla formulazione di un’ampia classe di «assiomi locali», ovvero regole empiriche di comporta-

l’analisi del dualismo onda-particella o della contraddizione tra Meccanica Quantistica (rigorosamente valida su scala microscopica) [8, 48] e Relati-vità Generale (rigorosamente valida su scala cosmica). Il primo motivo di questa rinuncia è che tale discussione eccederebbe enormemente i limiti di un’esposizione come questa; il secondo è che l’analisi di questi problemi non sembra aver ancora superato i limiti della geniale formalizzazione tra-mite gli strumenti della matematica più sofisticata: essa perciò è ancora al secondo livello, e non ha rilievo per l’assiomatizzazione.21 Spesso, e di nuovo non a caso, anche grazie al contributo di grandi matematici, tra i quali citeremo soltanto Poincaré e von Neumann, tanto per limitiarci solo a due fra i più grandi.22 Possiamo a buon diritto classificarla così.

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[42] S. M. STIGLER, The history of statistics, Belknap Harvard University Press, Cambridge (Mass.) (1986).

[44] J. H. STOCK & M. W. WATSON, Introduzione all’econometria, Pearson, New York (2012).

[45] P. TASSI & J-J. DROESBEKE, Histoire de la sta-tistique, PUF, Paris (1986).

[46] L. WALRAS, Théorie mathématique de la richesse sociale, Duncker & Humblot, Lausanne (1883).

[47] L. WALRAS, Théorie de la monnaie, Corbaz, Lau-sanne (1886).

[48] L. WALRAS, Eléments d’économie politique pure, Rouge, Lausanne (1900).

[49] E. H. WICHMANN, Quantum Physics, McGraw-Hill Book Company, London (1971)2 [trad. it. La Fisica di Berkeley 4. Fisica Quantistica, Zanichelli, Bologna (1973).]

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disciplina normativa. Innanzitutto, la famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio ha trovato riconoscimento a livello costituzionale nell’articolo 29, ove viene garantita l’e-guaglianza morale e giuridica dei coniugi. Inoltre, con l’en-trata in vigore della Costituzione del 1948 è sorta l’esigenza di apportare delle modifiche al diritto di famiglia per render-lo coerente con i precetti costituzionali. Tale adeguamento è segnato dalla stagione delle riforme post-codicistiche, con specifico riferimento alla legge n. 898 del 1970 sul divor-zio, alla riforma organica n. 151 del 1975, sino alla legge n. 194 del 1978 sull’interruzione della gravidanza. Attraverso le stesse, il legislatore ha provveduto a rivisitare l’intera nor-mativa sulla famiglia, assegnando ai coniugi una posizione di assoluta parità sia nei rapporti reciproci di natura persona-le e patrimoniale, che nei rapporti con i figli; inoltre, con esse si è verificato il graduale superamento della visione mera-mente istituzionalistica della famiglia, in quanto oltre il dato formale - l’atto di matrimonio -, si è deciso di valorizzare il concreto svolgimento della vita di coppia - il rapporto1- e la sua funzione2.

Tuttavia, l’assetto giuridico dei rapporti familiari è sog-getto ad un continuo rinnovamento determinato dall’evolu-zione del costume e dalle nuove esigenze poste dalla società. Così, il mutare del contesto economico-sociale ha condotto all’affermazione della famiglia di fatto cioè di quelle perso-ne di sesso diverso che, pur non essendo legate dal vincolo matrimoniale, hanno inteso creare un rapporto stabile e con-tinuativo basato sulla comunione morale e materiale di vita insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione. Il loro pri-mo riconoscimento è avvenuto ad opera della giurisprudenza che le ha annoverate tra le formazioni sociali, ex art. 2 Cost. meritevoli di tutela giuridica anche se non completamente assoggettabili alla disciplina prevista per la famiglia legit-

1 G. FURGIUELE, Libertà e famiglia, Giuffrè, Milano, 1979, p. 59 e ss.2 L. MENGONI, La famiglia in una società complessa, in Iustitia, 1990, p. 10

“Dalla famiglia alle famiglie”. Dibattiti intorno al riconoscimento internazionale e nazionale delle unioni omosessuali BRIGIDA LUCIA COPPEDO1, STEFANIA SANTAMARIA2

1 Università degli Studi di Napoli “Federico II”

2 Università degli Studi di Napoli “Parthenope”

La famiglia costituisce un nucleo pre-giuridico in cui si sviluppa la personalità dell’individuo. Si tratta di un concetto non universale e immodificabile ma condizionato nelle varie società ed epoche, dalla cultura, dalla morale e dal costume. Con il processo di industrializzazione, si è passati dalla famiglia plurinucleare e patriarcale ad una mononucleare nella quale vige la parità tra i sessi. L’evoluzione della società, poi, ha fatto emergere “nuove forme di famiglia”, non più legate ad un vincolo matrimoniale né al requisito della eterosessualità. Ciò ha messo a dura prova il legislatore, sovranazionale prima e nazionale dopo, che hanno dovuto trovare, non sempre tempestivamente, nuove forme di tutela.

DALLA FAMIGLIA PATRIARCALE ALLE COPPIE

OMOSESSUALI

La famiglia costituisce un nucleo pre-giuridi-co in cui si sviluppa la personalità dell’indi-viduo. Si tratta di un concetto non univer-sale e immodificabile ma condizionato nelle varie società ed epoche, dalla cultura, dalla

morale e dal costume. La società prevalentemente agricola era caratterizzata dalla famiglia plurinucleare in cui il capo era il pater familias il quale godeva di una posizione di su-premazia rispetto alla moglie ed i figli. Tale realtà sociale si rifletteva nel tessuto normativo: difatti, il testo originario del codice civile relegava la moglie in un ruolo di subordinazio-ne rispetto al marito che era investito del potere maritale. Ciò emergeva, in particolare, nella scelta della dimora ex art. 144 c.c. ad appannaggio esclusivo del marito, nell’istituto della dote e nella separazione dei beni, quale regime patrimoniale legale della famiglia.

Successivamente, con il processo di industrializzazione si è passati dalla famiglia innanzi delineata ad una di tipo nucleare in cui tutti i componenti della stessa sono posti sul-lo stesso piano. La diversa realtà sociale ha influenzato la

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Relativamente, poi, all’art. 11 Cost. non vi è stata alcuna accettazione di limitazione di sovranità dello Stato italiano per effetto dell’adesione alla detta Convenzione. La Con-sulta ha, quindi, ritenuto che le norme CEDU rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 117 co. 1 Cost. in quanto detto articolo condi-ziona l’esercizio della po-testà legislativa dello Stato

e delle regioni al rispetto degli obblighi internazionali tra i quali rientrano quelli derivanti dalla Convenzione per la sal-vaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Da ciò emerge che la partecipazione dell’Italia all’Unione Europea produce, quali effetti giuridici, l’entrata a far parte nel sistema giuridico italiano di regole e valori4. Con riguar-do, in particolare, al diritto di famiglia ed al riconoscimento delle coppie omosessuali, occorre prendere atto della diver-sificazione di tutela all’interno dei Paesi dell’Unione Euro-pea. Difatti, numerosi Paesi hanno disciplinato l’istituto del matrimonio omosessuale5, mentre altri, riconoscono solo le unioni civili tra persone dello stesso sesso6. Questa distin-zione di riconoscimento delle coppie same sex è dovuta alla circostanza che il diritto di famiglia è rimesso alle legisla-zioni dei singoli Stati membri, anche se negli ultimi tempi è stato influenzato in parte dal processo di “europeizzazione” del diritto nell’ambito, in particolare, dei diritti fondamenta-li. Infatti, nell’ultimo decennio si è assistito ad un’erosione dell’ambito di discrezionalità degli Stati nella materia in esa-me ed ad una graduale, ma non piena, armonizzazione del diritto di famiglia nell’Unione Europea, in virtù delle legisla-zioni degli Stati membri particolarmente eterogenee.

A livello dei diritti fondamentali, riveste particolare im-portanza la Carta di Nizza che individua una serie di diritti

4 Ex multis: La parità di trattamento per i cittadini di tutti gli Stati mem-bri, la libertà di circolazione e stabilimento.5 All’interno dell’Unione Europea: Olanda, Belgio, Spagna, Svezia, Por-togallo, Lussemburgo e Slovenia. Fuori dai confini dell’Unione Europea i matrimoni omosessuali sono disciplinati nel Regno Unito, in Norvegia e Islanda. Anche il Canada e alcuni Stati Americani regolamentano tali unioni. La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America nel 2013 si era pro-nunciata sulla questione di legittimità costituzionale dei matrimoni fra per-sone dello stesso sesso, dichiarando incostituzionale nel giudizio United States v. Windsor, il DOMA (Defense of Marriage Act), nella parte in cui esso obbliga il governo federale a considerare matrimoni solo le persone di sesso diverso. Successivamente, si è previsto che le persone dello stesso sesso avrebbero potuto contrarre matrimonio nella capitale Washington e in 32 Stati della federazione. Purtuttavia, oggi il matrimonio tra persone dello stesso sesso è previsto per tutti gli Stati della federazione a seguito della sentenza della Corte Suprema del 26 giugno 2015 riguardante il caso Obergefell v. Hodeges che ha stabilito che negare la licenza matrimoniale a coppie dello stesso sesso viola alcune clausole del XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America. 6 Danimarca, Austria, Finlandia, Estonia, Germania, Grecia, Malta, Re-pubblica Ceca, Irlanda, Ungheria e, fino alla Legge Cirinnà del 2016 anche l’Italia

tima. Inoltre, il legislatore ha provveduto a regolamen-tare la famiglia di fatto in specifici ambiti, attraverso una disciplina disorganica e frammentaria3. Nel corso del tempo, all’interno del tessuto sociale è emerso il fenomeno delle coppie omosessuali che hanno sollecitato l’interesse della dottrina e della giuri-sprudenza. La questione ha assunto particolare rilevanza a seguito delle istanze di tutela avanzate delle dette coppie volte a un riconoscimento giuridico delle loro unioni.

EXCURSUS VERSO IL RICONOSCIMENTO DELLE

COPPIE OMOSESSUALI

In merito alla questione del riconoscimento delle coppie omosessuali, appare di preliminare importanza indagare, seppur brevemente, i rapporti che l’ordinamento italiano ha con l’Unione Europea e con la CEDU.

In merito al fondamento costituzionale dell’adesione dell’Italia all’Unione Europea, esso è da rintracciarsi negli artt. 10 e 11 Cost.. Il primo, stabilendo che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto interna-zionale generalmente riconosciute”, si riferisce alle norme consuetudinarie e dispone l’adattamento automatico rispet-to alle stesse. Invece, l’ art. 11 Cost. prevede che: “l’Italia […] consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e fa-vorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tal scopo”. Con il riferimento alle “limitazioni di sovranità”, la norma consente forti limitazioni di competenza dello Stato italiano in conseguenza dell’adesione ai Trattati comunitari. Pur tut-tavia, con il summenzionato articolo, non si assiste ad una totale cessione di sovranità: ne deriva che l’incidenza dell’U-nione Europea sul sistema costituzionale incontra dei limiti, rappresentati dai diritti inviolabili della persona umana e dai principi fondamentali della Carta costituzionale.

Relativamente al fondamento costituzionale dei rappor-ti con la CEDU, si è escluso che esso si trovi negli articoli appena menzionati. Con riferimento all’art. 10 Cost., come già ribadito, l’espressione “norme del diritto internaziona-le generalmente riconosciute” ci si riferisce solo alle norme consuetudinarie e non alle norme pattizie, ancorchè generali contenute in trattati internazionali bilaterali o multilaterali.

3 Si vedano alcuni interventi diretti a ottenere la corresponsione della pensione di guerra (D.Lgs 1726/1918 e L. 313/68), nonché ai seguenti di-ritti: alle prestazioni assistenziali (L. 405/75), alla richiesta di adozione in casi particolari (L. 184/83), ad ottenere un ordine di protezione contro gli abusi sessuali (artt. 342 bis e 343 ter c.c.), di proporre istanza di interdi-zione e inabilitazione (art. 417 c.c.), ad essere nominato amministratore di sostegno (art. 408 c.c.), di astensione dalla testimonianza (art. 199 c.p.p.)

Abstract

Family is an important institution in which a person develops his personality. It changes over time: societies grow, become more complex and stratified due to the evolution of economical system. Currently, in fact, society is composed not only by heterosexual families but by homosexual ones too. Therefore, it was difficult for the legislator realize new forms of protection in order to guarantee the equality between the above mentioned families.

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della società”11. Alla luce di quanto registrato negli altri Paesi europei, an-

che nell’ ordinamento italiano si è posto il problema della rilevanza giuridica delle unioni omosessuali e della relati-va tutela, in assenza di espressi provvedimenti legislativi in materia. Diversi giudici di merito, infatti, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale chiamando la Con-sulta a valutare se le norme del codice civile che escludono le coppie omosessuali dal matrimonio siano conformi alla Costituzione12. In particolare, il Tribunale di Venezia ha pronunciato un’ordinanza di rimessione in cui ha prospettato una presunta violazione degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis c.c., perché non consentono il matrimonio o altra forma di celebrazione ufficiale tra persone dello stesso sesso in violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost., nonché dell’art. 117 Cost. in relazione alla CEDU e alla Carta di Nizza. Posto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 138 del 2010, ha respinto il ricorso perché inammissibile con riferimento agli articoli 2 e 117 della Costituzione e infondato con riferimen-to agli articoli 3 e 29, la Consulta si è pronunciata in diritto annoverando la stabile unione tra persone dello stesso sesso tra le formazioni sociali ex art. 2 della Carta costituzionale, quale luogo di espressione della personalità13. Ciononostan-te, i giudici hanno sostenuto che l’istituto del matrimonio, così come disciplinato nella Costituzione, nel codice civile e nella legislazione speciale, si riferisce solo all’unione tra un uomo ed una donna. Dunque, non è possibile estendere

11 Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2012 sulla parità tra uomini e donne nell’Unione Europea, Risoluzione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 sulla tabella di marcia contro l’omofobia e la discrimi-nazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere. 12 La questione è stata sollevata dal Tribunale di Venezia in sede di ricor-so contro il rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile alle pubblicazioni di matrimonio richieste da due uomini, con l’ordinanza del 3 aprile 2009 (re-gistro ordinanze della Corte cost. n. 177/2009 pubblicata in G.U. 1/7/2009 n. 26); vanno, poi, rammentate l’ordinanza della Corte d’Appello di Trento nell’agosto del 2009, della Corte d’Appello di Firenze, del Tribunale civile di Ferrara. 13 […]“per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico.”; ai componenti dell’unione omosessuale “spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, otte-nendo il relativo riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”. Corte Costituzionale, 15/04/2010 n. 138

inalienabili che incidono anche nell’ambito familiare7. L’articolo 98 della detta Carta, dedicato al diritto al ma-

trimonio, non prevede la differenza sessuale tra i nubendi come condizione per contrarre il vincolo matrimoniale. La non necessaria eterosessualità, pur non essendo un dato che impone agli Stati membri di regolare le unioni omosessuali con il matrimonio, indica il favor verso la tutela delle stesse. Coerentemente, l’art. 21 vieta ogni forma di discriminazione, comprese quelle fondate sulle tendenze sessuali9.

La spinta verso il riconoscimento delle unioni civili è stata avanzata dalle Nazioni Unite, dal Parlamento e dalla Commissione europea. Nel 2011, infatti, la risoluzione delle Nazioni Unite con la quale si riconoscono i diritti degli omo-sessuali, è stata sottoscritta dalla maggioranza dei Paesi eu-ropei che hanno disciplinato il matrimonio tra persone dello stesso sesso superando le discriminazioni tra coppie etero ed omosessuali sul presupposto che il rapporto omosessuale co-stituisca libera espressione della propria sessualità10. Inoltre, più volte il Parlamento europeo si è espresso sulla questione sollecitando gli Stati ad adeguare le proprie legislazioni al fine di introdurre la convivenza tra persone dello stesso ses-so riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri previsti dalla convivenza eterosessuale. Difatti, di recente, con due risolu-zioni nel 2012 e nel 2014, sono stati invitati gli Stati membri ad assicurare che “le coppie dello stesso sesso godano del medesimo rispetto, dignità e protezione riconosciuti al resto

7 La Carta di Nizza pur essendo stata proclamata e sottoscritta nel 2000, è entrata in vigore con efficacia giuridica vincolante solo il 1 dicembre 2009, in virtù del richiamo attuato dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, che ha assegnato il medesimo valore giuridico dei Trattati. 8 Art. 9 Carta di Nizza: “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplina-no l’esercizio”. Tale articolo si differenzia dall’art. 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo il quale prevede: “A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”. La differenza tra la Convenzione del 1950 e la Carta del 2009 che rigetta tale impostazione è figlia del mutato tessuto sociale.9 Art. 21 Carta di Nizza: “E’ vietata ogni forma di discriminazione fon-data sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convenzioni per-sonali, le opinioni politiche o qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.”

10 R. GAROFOLI, Focus Magistratura n. 32/2016, Nel Diritto, p. 57

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alle norme nazionali interne che disciplinano le condizioni necessarie per contrarre matrimonio: in particolare, il riferi-mento è agli artt. 84 e ss. del c.c.15 . La mancanza di uno dei requisiti o l’esistenza di uno degli impedimenti previsti dalle predette norme renderebbe invalido il matrimonio contratto con riferimento all’ordinamento giuridico italiano. Il succes-sivo art. 28 riguarda la forma del matrimonio e statuisce che: “il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge na-zionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebra-zione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento”. Dalla lettura combinata delle predette disposizio-ni si evince un sistema di riconoscimento “automatico” delle situazioni giuridiche createsi all’estero, fermo restando un duplice limite: il rispetto delle condizioni previste nell’art. 115 c.c. che costituisce una norma di applicazione neces-saria dell’ordinamento italiano16, e dell’art. 16 della legge 218/95, ai sensi del quale “la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico”17. Nello specifico, il limite dell’ordine pubblico ha la finalità di pre-servare i valori complessivi dell’ordinamento giuridico in-terno dall’applicazione di norme straniere che produrrebbero risultati contrastanti con le concezioni sociali e giuridiche dell’ordinamento italiano. Ne deriva che l’unico vero limite che potrebbe essere opposto al riconoscimento in Italia dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero può essere rap-presentato dall’art. 1618 della legge di cui si discute.

Ciò precisato, secondo la tesi tradizionale, il matrimonio celebrato all’estero tra due persone dello stesso sesso non può essere trascritto in Italia perché inesistente; ciò trove-rebbe conferma nelle numerose norme del codice civile in

15 Art. 84 riguarda l’età, art. 85 la sanità mentale, art. 86 l’inesistenza di precedente vincolo matrimoniale, art. 87 l’inesistenza di determinati vincoli di parentela, affinità, adozione tra i nubendi, art. 88 le ipotesi di delitto. 16 Le norme di applicazione necessaria costituiscono un limite preventi-vo e positivo all’ingresso di norme straniere nell’ordinamento 17 L’ordine pubblico costituisce un limite successivo e negativo perché presuppone che sia già stata individuata una legge straniera quale norma applicabile al caso concreto e svolge la funzione di impedire l’applicazio-ne della predetta norma. Esso presenta i caratteri di relatività nello spazio e nel tempo. In particolare, si veda C. FOCARELLI, Lezioni di diritto in-ternazionale privato, Morlacchi, 2005, p. 70. In giurisprudenza, si veda la Cass., 28. 10. 2006 n. 27592, la quale afferma che l’ordine pubblico è for-mato “da quell’insieme di principi desumibili dalla Carta Costituzionale o, comunque, pur non trovando in essa collocazione, fondanti l’intero assetto ordinamentale, tali da caratterizzare l’atteggiamento dell’ordinamento stesso in un dato momento storico e da formare il cardine della struttura etica, sociale ed economica della comunità nazionale conferendole una ben individuata e inconfondibile fisionomia”18 La dottrina ha sostenuto che l’art. 16 della legge 218/1195 fa riferi-mento al concetto di ordine pubblico “internazionale” e non di ordine pub-blico “interno”. Cfr. G. BARILE, Principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e principi di ordine pubblico internazionale, in Riv. Dir. Int. Priv. e Proc., 1986, p. 5 e ss.; E. CALO’, Le successioni nel diritto internazionale privato, IPSOA, 2007, p. 71 e ss. . Il concetto di ordine pubblico non si identifica con “il c. d ordine pubblico interno, e, cioè con qualsiasi norma imperativa dell’ordinamento civile, bensì con quello di ordine pubblico internazionale, costituito dai soli principi fondamentali e caratterizzanti l’atteggiamento etico-giuridico dell’ordinamento in un dato periodo storico” Cass. S. U. 18.07.2008, n. 19809 (Conforme Cass. 6. 12. 2002, n. 17349)

all’unione omosessuale la relativa disciplina civilistica. E’, quindi, necessario che il Parlamento nell’esercizio della sua discrezionalità, individui una forma di riconoscimento per le unioni omoaffettive.

Inoltre, con riguardo alla presunta violazione degli obbli-ghi gravanti sul legislatore nazionale di rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e internazionale, la Cor-te costituzionale ha dichiarato l’inammissibilità della que-stione, poiché l’art. 9 della Carta di Nizza e l’art. 12 della CEDU, rinviando alle leggi nazionali, confermano che la materia è affidata agli Stati membri, spettando al legislatore nazionale, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, indi-viduare forme idonee di garanzia e di riconoscimento per le relazioni suddette.

Sempre nel 2010 è intervenuta un’importante sentenza della Corte di Strasburgo14 in cui i giudici prendendo atto della profonda diversità di soluzioni esistenti in materia tra gli ordinamenti degli Stati contraenti, hanno sostenuto che dall’art. 8 CEDU discende il diritto delle coppie same sex di vedere riconosciuta la propria unione alla stregua di una forma di vita familiare. Allo stesso modo l’art. 12 CEDU prevede che il diritto fondamentale di sposarsi e di fondare una famiglia, non è più limitato solo alle coppie formate da persone di sesso diverso. Ancora una volta, quindi, la Corte sostiene che sebbene gli artt. 8 e 12 CEDU ammettano la giuridica esistenza delle unioni omosessuali è rimessa alla valutazione degli Stati membri la scelta di prevedere o meno all’interno del proprio ordinamento l’estensione dell’istituto del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Si tratta di un orientamento interpretativo evolutivo delle diverse garanzie convenzionali.

Alla luce del mancato riconoscimento di forme di tutela delle coppie omosessuali nel sistema giuridico italiano, mol-ti cittadini omosessuali hanno deciso di celebrare il proprio matrimonio in Paesi esteri in cui esso è ammesso. La que-stione, però, che è stata immediatamente sottoposta ai giudici italiani, è stata relativa all’efficacia interna di detti matrimoni a seguito delle numerose istanze di trascrizione.

DIBATTITI INTORNO AL RICONOSCIMENTO IN

ITALIA DEI MATRIMONI OMOSESSUALI CONTRATTI

ALL’ESTERO

Per poter valutare gli effetti da attribuire ai matrimoni omosessuali contratti all’estero appare necessario esamina-re, seppur brevemente, la normativa di diritto internazionale privato in relazione al tema in oggetto. In primo luogo, viene in rilievo l’art. 27 della legge 218/1995 il quale dispone che “la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio”. Con riguardo alla ca-pacità matrimoniale, occorre richiamare l’art. 115, comma 1 del codice civile, il quale prevede, con riguardo al matrimo-nio del cittadino italiano all’estero, che questi sia soggetto

14 caso Schalk and Kopf c. Austria

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rali24, da quel momento ha preso avvio una campagna di tra-scrizioni da parte dei Sindaci di molti comuni, dando, però, luogo a numerosi contenziosi giudiziari.

Di significativo interesse si mostra la sentenza del Tar La-zio25 in cui i giudici hanno sostenuto che l’ordinamento dello stato civile non prevede alcun potere di intervento, rectius sostituzione, in capo al Prefetto sulle trascrizioni nei registri dello stato civile dei matrimoni esteri, ritenendo necessario adire l’autorità giudiziaria ordinaria la quale è l’unica a poter disporre della facoltà di operare la cancellazione di un atto indebitamente trascritto nel registro matrimoniale. Tuttavia, i giudici laziali hanno continuato a ribadire l’intrascrivibilità degli atti di matrimonio tra coppie omosessuali per inidonei-tà a produrre qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento ita-liano, in ragione della inosservanza del requisito sostanziale della diversità di sesso tra i nubendi.

Nel 2015, il tortuoso iter giurisprudenziale si è arricchi-to della sentenza della Corte di Cassazione26 la quale, dopo aver confermato il rifiuto di procedere alle pubblicazioni ma-trimoniali alla coppia omosessuale per difetto del requisito della diversità di sesso tra i nubendi, ha sostenuto la necessità di un “tempestivo intervento legislativo” volto a regolamen-tare le unioni omosessuali, anche se in forma diversa da quel-la di coniugio in quanto ad esse va riconosciuto il diritto fon-damentale alla libera vita di una relazione di coppia. Inoltre, gli ermellini hanno affermato che la mancata estensione della disciplina sul matrimonio non determina una lesione della dignità umana e dell’eguaglianza, dato che le unioni omoa-fettive rientrano nelle formazioni sociali costituzionalmente protette ex art. 2 e 3 della Costituzione, essendo compito del legislatore emanare uno statuto protettivo delle stesse unio-ni. Con riguardo, poi, alla questione della trascrivibilità in Italia del matrimonio contratto all’estero tra coppie omoses-suali, la Suprema Corte ha concluso nel senso di “escludere la contrarietà all’ordine pubblico del titolo matrimoniale estero, pur riconoscendone l’inidoneità a produrre nel no-stro ordinamento gli effetti del vincolo matrimoniale”. Detta inidoneità non deve attribuirsi, ad una presunta contrarietà della fattispecie ai valori e ai principi fondanti il nostro or-dinamento, ma alla mancanza di una scelta legislativa in tal senso.

Nello stesso anno anche la Corte Edu è intervenuta nel di-battito relativo alla regolamentazione giuridica delle coppie omoaffettive, accertando la violazione dell’art. 8 CEDU da parte dell’Italia la quale non ha adottato una disciplina volta

24 Corte d’Appello di Firenze 24 settembre 201425 TAR LAZIO, sent. 12 febbraio-9 marzo 2015, n. 3907 con la quale è stato accolto il ricorso avente ad oggetto il provvedimento con il quale il Prefetto di Roma ha annullato le trascrizioni nel registro dello stato civile presso il Comune di Roma di matrimoni contratti all’estero da persone del-lo stesso sesso, e la circolare del Ministro dell’Interno Angelino Alfano del 7 ottobre 2014 che invitava i Prefetti a “rivolgere ai Sindaci formale invito al ritiro di disposizioni ed alla cancellazione, ove effettuate, delle conse-guenti trascrizioni, contestualmente avvertendo che, in caso di inerzia, si procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati”26 Cass., sez. I, 9 febbraio 2015 n. 2400

materia di matrimonio che si riferiscono a un uomo e a una donna19.

La Corte di Cassazione, nell’interpretare in maniera po-sitiva la sentenza n. 138 del 2010 della Corte costituzionale e la sentenza Schalk and Kopf della Corte di Strasburgo ha ribadito, poi, la non trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, essendo inidoneo a produrre qualsiasi effetto giuridico nel nostro ordinamento. Tuttavia, secondo i giudici della Suprema Corte, l’intrascri-vibilità nei registri dello stato civile italiano del matrimonio contratto all’estero non deriverebbe dalla contrarietà all’ordi-ne pubblico, bensì dalla non riconoscibilità dello stesso quale atto di matrimonio per l’ordinamento giuridico. Nonostante ciò, è stata ammessa una parziale apertura all’accoglimento delle unioni omosessuali. Infatti, i Supremi Giudici hanno sostenuto che i componenti di una coppia omosessuale sono titolari del diritto “alla vita familiare, di vivere liberamente una condizione di coppia e di vedere tutelate specificatamen-te determinate situazioni”20.

Sulla scia di tale linea interpretativa sembra essersi mos-sa una parte della giurisprudenza di merito21 - Tribunale di Grosseto - , la quale ha osservato che il matrimonio tra perso-ne dello stesso sesso celebrato all’estero può essere trascritto nei Registri dello stato civile in quanto non contrario all’or-dine pubblico, valido ed atto a produrre effetti giuridici nel luogo in cui è stato pubblicato. Secondo tale orientamento giurisprudenziale manca sia a livello di legislazione interna che nelle norme di diritto internazionale privato il riferimen-to alla diversità di sesso quale condizione necessaria per con-trarre matrimonio22, con la conseguenza che la trascrizione non avrà natura costitutiva come prescritto dalle regole ge-nerali in materia ma natura certificativa e di pubblicità di una situazione già avvenuta23.

Sebbene l’ordinanza del Tribunale di Grosseto sia stata annullata dalla Corte di Appello di Firenze per vizi procedu-

19 Ad es., l’art. 107 c.c. fa riferimento espressamente al prendersi rispet-tivamente in marito e moglie 20 Cass. sez. I , 15.03.2012, n. 4184. 21 Trib. di Grosseto, ordinanza del 3 aprile 201422 I motivi dell’accoglimento sono stati fondati sulla non contrarietà del matrimonio al principio di ordine pubblico ai sensi dell’art. 18 D.P.R. n. 396 del 2000; all’art. 115 c.c. in materia di matrimonio contratto all’estero da cittadino italiano, dall’art. 27 della L. n. 218 del 1995 in materia di ca-pacità giuridica di contrarre matrimonio, all’art. 28 della L. 218 del 1995 che disciplina la validità della forma di matrimonio contratto all’estero, all’art. 65 della L. 218 del 1995 sulla compatibilità con l’ordine pubblico e i diritti essenziali della difesa del provvedimento straniero, ai fini della sua efficacia. 23 La pronuncia del Tribunale di Grosseto pur mostrandosi innovativa è censurabile con riguardo alla limitata efficacia determinando una lesione nella fruizione dei diritti di libertà in danno delle coppie di fatto rispetto a quelle coniugate, per le quali sarebbe più agevole la percorribilità della strategia della tutela giurisdizionale. Si determinerebbe una lesione del le-gislatore determinata dall’introduzione della nuova figura della trascrizio-ne avente solo effetto certificativo; dall’altro la creazione di un’ulteriore ipotesi di certificazione anagrafica, in violazione del principio di tassa-tività previsto in materia di stato civile. Si veda D. FERRARI, La Corte costituzionale torna sulla condizione giuridica delle coppie omosessuali: l’imporsi di un modello eterosessuale di coniugio?, in Pol. dir., 2014, 3, p. 466-467

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SCIENZE GIURIDICHE E SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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è configurabile un diritto fondamentale della persona al ma-trimonio omosessuale, quindi, la mancata estensione della disciplina civile sul matrimonio alle coppie omosessuali non è confliggente con i vincoli contratti dall’Italia a livello eu-ropeo e internazionale dal nostro ordinamento. Nonostante ciò, è riconosciuto agli omosessuali di vivere liberamente la propria condizione di coppia, quindi, spetta a ciascun Stato attuare questo diritto con forme di riconoscimento idonee a garantire le coppie omosessuali.

In tale quadro giurisprudenziale nazionale e sovranaziona-le viene emanata dal legislatore nazionale la legge Cirinnà approvata dal Parlamento nel 2016 volta alla regolamen-tazione delle unioni tra persone dello stesso sesso e delle convivenze. Le prime sono dirette a regolare le relazioni di natura affettiva tra due persone maggiorenni dello stesso ses-so che si estrinsecano in una convivenza, connotata da un progetto di vita comune e dalla reciproca assistenza morale e materiale, le seconde, invece, sono volte a regolamentare una forma di condivisione sociale ed affettiva tra due perso-ne maggiorenni che si assistono reciprocamente moralmente e materialmente.

Inoltre, l’art. 28 della presente legge delega al Governo di adottare entro sei mesi dalla sua entrata in vigore uno o più decreti legislativi in materia di unione civile tra persone dello stesso sesso riguardanti disposizioni per l’adeguamen-to delle norme dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni alle previsioni della legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, nonché di adottare disposizioni recanti modifiche ed integrazioni normative per il necessario coor-dinamento con la medesima legge sulla regolamentazione delle unioni civili, delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decre-ti, disposizioni di modifica e riordino delle norme di diritto internazionale privato in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso ed infine disposizioni di coordinamento in materia penale.

A tal fine, il Consiglio dei Ministri il 4 ottobre 2016, su proposta del Ministro della giustizia Andrea Orlando, ha ap-provato, in esame preliminare, tre decreti legislativi di at-tuazione dell’articolo 1, comma 28, lettere a), b) e c), della Legge 20 maggio 2016, n. 76. I decreti prevedono tra le altre novità alcune sotto il profilo del diritto internazionale cioè che nel caso di unione civile tra omosessuali contratta all’e-stero da cittadini italiani regolarmente residenti in Italia, l’u-nione venga regolata dalla normativa italiana, fatto salvo la presenza di profili oggettivi di transnazionalità. I detti decreti dovranno essere esaminate dalle Commissioni competenti di Camera e Senato prima di essere approvate in via definitiva dal Governo. La data della loro probabile approvazione po-trebbe essere il 5 dicembre, ma l’esecutivo avrà altri tre mesi (ossia fino al 5 marzo) per l’adozione definitiva dei decreti attuativi.

al riconoscimento e alla protezione delle unioni tra persone dello stesso sesso. La Corte interpretando l’art. 8 CEDU, ha ribadito che le persone dello stesso sesso hanno diritto alla vita privata e familiare nonché al medesimo riconoscimento giuridico e tutela della propria unione al pari delle coppie formate da sesso diverso. Il riconoscimento deve avvenire ad opera del legislatore nazionale attraverso l’adozione di mi-sure idonee ad assicurare il rispetto effettivo dei diritti a tutti gli individui. Nonostante ciò, gli Stati contraenti godono di un certo margine di apprezzamento, rientrando nella discre-zionalità degli stessi la regolazione delle unioni omosessuali attraverso il matrimonio o altra forma di tutela. In definitiva, con tale sentenza, i giudici pur non affermando l’obbligo per l’Italia di riconoscere il diritto al matrimonio omosessuali, hanno imposto allo Stato di assicurare una tutela giuridica alle unioni omoaffettive.

L’ultima tappa dell’iter in esame è rappresentata dalla sen-tenza del Consiglio di Stato del 2015 n. 489927. Con essa, i giudici amministrativi hanno delineato le condizioni neces-sarie per contrarre matrimonio anche quando l’atto viene ce-lebrato all’estero. Infatti, dopo averle individuate in alcune norme del codice civile e nella legge di riforma del sistema di diritto internazionale privato, dove emerge quale condizione di validità ed efficacia del matrimonio la diversità di sesso dei nubendi, hanno affermato che qualora un atto matrimo-niale sia sprovvisto di tale elemento essenziale è inidoneo a produrre effetti nel nostro ordinamento e, quindi, intrascri-vibile nei registri dello stato civile. La sentenza evidenzia che è compito dell’ufficiale dello stato civile adempiere alla verifica della presenza di tutti gli elementi formali e sostan-ziali richiesti dalla legge e dai contenuti indispensabili per la trascrivibilità degli atti matrimoniali. Inoltre, la pronuncia in esame occupandosi del rapporto interorganico tra Ministro, Prefetto e ufficiale di Sato civile, ritiene che il Sindaco si pone in una relazione di subordinazione rispetto al Ministro dell’interno e al Prefetto il quale gode di poteri di direttiva e di vigilanza rispetto al Sindaco. Pertanto, la titolarità della funzione spetta al Ministro, mentre al Sindaco residuano i compiti attinenti al suo esercizio, al fine di assicurare l’uni-formità di indirizzo nella tenuta dei registri dello stato civile su tutto il territorio nazionale evitando arbitri da parte di ogni Sindaco. Ne deriva che l’arbitraria trascrizione del matrimo-nio omosessuale da parte del Sindaco determinerebbe l’atti-vazione dei poteri di annullamento del Prefetto.

Infine, i giudici del Supremo Consesso ritengono che non

27 Il fatto oggetto della sentenza è il seguente: in data 18 ottobre 2014 il Sindaco del Comune di Roma aveva provveduto alla trascrizione nel registro dei matrimoni presso l’ufficio di stato civile del Comune del ma-trimonio contratto dai ricorrenti omosessuali all’estero, con decreto del 31 ottobre 2014, il Prefetto della provincia di Roma ne aveva disposto l’annullamento ordinando al funzionario dello stato civile di porre in es-sere i necessari adempimenti susseguenti. Il provvedimento prefettizio era fondato dal presupposto che l’omosessualità dei nubendi determinasse l’assenza dei requisiti sostanziali del matrimonio ai sensi del combinato disposto degli artt. 107, 115 cc. e 27. 2 comma della legge 218 del 1995, e pertanto, rientrassero nel divieto di trascrizione di cui all’art. 18 del D.P.R. del 3 novembre 2000 n. 369

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Mini-review. Nitrite as novel pore-shutter: hints from the preferential inhibition of the mitochondrial ATP-ase when activated by Ca2+

SALVATORE NESCI, VITTORIA VENTRELLA, FABIANA TROMBETTI, MAURIZIO PIRINI, ALESSANDRA PAGLIARANI

Department of Veterinary Medical Sciences (DIMEVET), University of Bologna, Italy

(Lundberg et al., 2008; Butler, 2015). Interestingly, nitrate, which is abundant in green vegetables (Lidder et al., 2013), is converted to nitrite in the mouth by anaerobic bacteria. In-dependently of their origin, nitrite and nitrate maintain quite stable their concentrations in plasma, approximately in the 0.01-0.6 µM range for nitrite and between 20 and 40 µM for nitrate (Lundberg et al., 2008; Maccha & Schlechter, 2011). Nitrite naturally occurs in saliva, sweat, milk and colostrum. Quite surprisingly, breast-fed babies receive a more than 10-fold dose than the acceptable daily intake (ADI) for ni-trite (0.07 mg nitrite/Kg body weight per day) (Bedale et al., 2016). In biological tissues nitrite can be oxidized to nitrate and slowly converted back to nitrite by bacterial enzymes in the microbiome. In turn nitrite can be further reduced to nitric oxide (NO) by mammalian enzymes and again reoxi-dized to nitrite and nitrate in the so-called nitrate-nitrite-NO cycle (Lundberg et al., 2008). Thus, nitrite constitutes an en-docrine reservoir supporting NO signalling during ischemia and acidosis (Curtis et al., 2012; Shiva, 2013). Nitrite, whose level in tissues increases during exercise, can be indirectly involved in the counteraction of hypertension and ischemia, by generating NO, which in turn rules the vascular tone (Pi-knova et al., 2016).

Interestingly, even if the therapeutic potential of the ni-trate-nitrite-NO pathway modulation was envisaged since medieval times by Chinese physicians (Lundberg et al., 2008), it is mainly during the last 20 years that the biologi-cal role of nitrite has been not only extensively explored but continuously re-evaluated. Puzzling fluctuations between presumptive harmfulness as potential carcinogen and health benefits have been recorded in literature, up to enclose nitrite among recommended dietary nutrients (Bryan & Ivy, 2015). Indeed, the widespread nitrite occurrence in biological flu-

Small inorganic compounds able to prevent the mitochon-drial permeability transition, the master player in apoptosis and necrosis, are increasingly considered as beneficial tools in cytoprotection. Nitrite, a known cellular nitric oxide reservoir, has a recognized role in cardioprotection, but the molecular mechanisms of its action are not thoroughly understood. Mitochondrial permeability changes are known to constitute the molecular bases of human cardiac diseases and pathologies related to mitochondrial dysfunctions. In turn oxidative stress and mitochondrial damage are related issues in degenerative and cardiovascular diseases. As-sumed that the mitochondrial F1FO complex is structurally or functionally involved in the mitochondrial permeability transition pore (MPTP), which triggers the mitochondri-al permeability transition, nitrite effects on the enzyme complex may be exploited to shut the MPTP. Many clues suggest that nitrite may prevent or limit cell death by mod-ulating the F1FO complex. Accordingly, nitrite decreases the ATPase activity stimulated by Ca2+, it is ineffective on the Mg-ATPase up to 2 mM and the enzyme inhibition is apparently enhanced under oxidative stress conditions. Through the inhibition of the calcium-activated F1FO com-plex, nitrite would shut the MPTP, which is likely to be related to the calcium-dependent functioning mode of the F1FO complex, and limit mitochondrial impairment and cell death under physio-pathological conditions.

IntroductionIn spite of past health concerns due to the potential gene-

sis of carcinogenic nitrosamine derivatives, at present nitrite (NO2

-) and nitrate (NO3-) are increasingly considered benefi-

cial dietary constituents, especially on considering their posi-tive effects on blood pressure regulation and cardioprotection

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plex I and cytochrome c oxidase through post-translational modifications (Shiva, 2013). Due to its recognized role in health and disease (Johannsen & Ravussin, 2009), the mito-chondrial F1FO-ATP synthase (EC 3.6.3.14) looks as a fasci-nating and poorly explored candidate target of nitrite. Previ-ous studies carried out in the presence of tetranitromethane (Fujisawa et al., 2009) showed that the enzyme activity is inhibited by tyrosine nitration in the β subunit (Figure 1) and that this mechanism can be involved in aging. The F1FO-ATP synthase, embedded in the inner mitochondrial membrane (IMM), not only builds ATP by oxidative phosphorylation (Walker, 2013), but counteracts the IMM depolarization, for instance during myocardial ischemia (Johannsen & Ra-vussin, 2009), by exploiting its reverse function of ATP hy-drolase, which repolarizes the membrane at the expense of ATP hydrolysis, which may lead to ATP exhaustion (Grover & Malm, 2009). The ATP synthase/hydrolase has recently been involved also in cell death (Nesci et al., 2014; Bonora et al., 2015; Kaludercic & Giorgio, 2016), due to its partici-pation to the IMM permeability changes. The IMM perme-ability increases when calcium concentration in the mito-chondrial matrix increases, accompanied by reactive oxygen species (ROS) generation, high Pi concentration and adenine

ids suggests that this inorganic anion must have a regulatory role and that, adjusting the dose, nitrite benefits may be ex-ploited in therapy. Dose-response studies in mice point out a wide safety range of nitrite from 0.1 to 100 µmoles per kg. A significant hypotensive effect in humans was obtained at in-creasing nitrite levels in plasma from 140-220 nM (Lundberg et al., 2008). There is now general consensus that nitrate, ni-trite and NO have all important and interconnected biologi-cal roles, even if partially unclear (Bryan & Ivy, 2015).

In search for the mitochondrial enzymatic mechanism(s) involved in the therapeutical role of nitrite

The mitochondrion has a main role in nitrite metabolism, being able to reduce nitrite to NO, also through Complex III, cytochrome c and Complex IV (Shiva, 2010), and to produce NO from arginine (Brookes, 2004), formed in the mitochon-drion or imported by mitochondrial carriers (Porcelli et al, 2016). NO at nmol/mg protein concentrations targets and inhibits the ATP synthase by modifying reactive cysteines, a mechanism indirectly related to the enzyme inhibition by contaminants such as monocrotophos (Venkatesh et al., 2009). However, nitrite may also act independently of NO on targeted mitochondrial mechanisms. Nitrite inhibits com-

Figure 1. Crystal structure of the nitrated ATP synthase. Accession number PDB ID code: 5ARA. Within the β-subunit (violet), the Walker motif, highlighted in green, binds the ATP molecule (bronze). The whole structure of the nitrated tyrosines,, Tyr368 and Tyr345, according to Fujisawa et al., 2009, is drawn.

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advances point out that post-translational modifications of critical aminoacids of the ATP synthase such as cysteines, tyrosines or tryptophan produce conformational and enzyme activity changes involved with MPT (Kaludercic & Giorgio, 2016). In turn MPTP opening, which responds to the oxida-tive challenge in mitochondria, results in ROS burst leading to destruction of mitochondria and, if propagated from mito-chondrion to mitochondrion, to the cell itself. The incidence of cell death depends on the proportion of damaged mito-chondria undergoing MPT and on the physiological status of the cell (Zorov, 2014).

During the past decade, disruption of mitochondrial func-tion and structural integrity has emerged as a pivotal event in the generation of cell damage (Soustien et al., 2012). Most of I/R injury damages at reperfusion, namely arrhythmia, ne-crosis, myocardial stunning and microvascular obstruction, have been related to MPTP opening (Morciano et al., 2015). Recently, nitrite was shown to modulate the mitochondrial function, mediate cytoprotection after I/R (Shiva & Gladwin, 2009; Murillo et al., 2011) and liver transplantation (Li et al, 2012) and inhibit MPT, maybe also by inhibiting respi-ratory complexes (Shiva, 2013). If it is ascertained that the nitrate-nitrite-NO pathway acts on the cardiovascular system (Omar & Webb, 2014), both nitrite (Suscheck at al., 2003) and NO (Li & Wogan, 2005) modulate apoptosis, especially under oxidative stress, and calcium increase promotes MPT (Šileikyte & Forte, 2016), which is the biochemical link con-necting nitrite, calcium increase in mitochondria, cell death and cytoprotection?

Links between the Ca-ATPase and the MPTPIn swine heart mitochondria both the calcium-activated

ATPase activity and the magnesium-activated ATPase ac-

nucleotide depletion. As a cascade this dramatic change in membrane features leads to osmotic shifts, mitochondrial dysfunctions and eventually cell death. The so-called Mito-chondrial Permeability Transition Pore (MPTP), namely the structural entity which triggers the mitochondrial permeabil-ity transition (MPT), presumptively involves the F1FO-com-plex or at least part of it, such as the c-ring which constitutes the core of FO (Bonora et al., 2013), or ATP synthase dimers (Giorgio et al., 2013; Kaludercic & Giorgio, 2016). In turn MPT and mitochondrial dysfunction play a crucial role in the ischemia/reperfusion (I/R) injury, which features several dis-eases especially in Western countries (Murillo et al., 2011; Parlakpinar et al., 2013). Other than myocardial disease (Weiss et al., 2003), a variety of human pathologies, namely neurodegenerative diseases such as Alzheimer’s (Du et al., 2010) and Huntington (Quintanilla et al., 2013) diseases, amyotrophic lateral sclerosis and multiple sclerosis (Kalud-ercic & Giorgio, 2016), acute (Mukherrjee et al., 2015) and alcoholic (Shalbueva et al., 2013) pancreatitis, dry-eye dis-ease (Gao et al., 2013) and Reye syndrome (Glasgow, 2001) have been linked to MPTP opening (Figure 2). On these bas-es, MPTP inhibitors have been proposed as potential drugs to counteract MPTP-based diseases (Javadov at al., 2009; Mo-rota et al., 2011; Šileikyte & Forte, 2016). On the other hand, MPT inducers can be exploited in anticancer therapies as cy-totoxic drugs (Rasola & Bernardi, 2014). In ischemic tissues the oxygen depletion inhibits the mitochondrial respiration and decreases ATP concentration (Grover & Malm, 2009). Upon oxygen reintroduction, i.e. reperfusion, the highly re-active electron-deficient molecules accumulated within the respiratory chain during ischemia lead to oxidative stress. Then, prolonged oxidative stress and Ca2+ massive influx in mitochondria trigger MPT (Shiva & Gladwin, 2009). Recent

Figure 2. Involvement of the mitochondrial permeability transition pore (MPTP) in human diseases. The related references are in brackets.

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to the Ca2+-activated mode. In turn the increase in calcium concentration is associated to IMM depolarization (Antoniel et al., 2014). Under such conditions, elevated nitrite concen-trations in vivo may selectively inhibit the Ca2+-dependent F1FO-ATPase activity without affecting that activated by Mg2+.

Nitrite and oxidative stress: a radical mechanism which could explain the enhancement of Ca-ATPase inhibition

It is well known that nitrite interferes in redox reactions and, upon oxidative stress, would generate the radical ∙NO2, which in turn would promote the formation of tyrosyl radi-cals from tyrosine residues of the protein (Herold, 2004). By binding to the enzyme-ATP complex (ES), consistently with the uncompetitive inhibition mechanism (Nesci et al., 2016a), nitrite would produce a two-step post-translational modifi-cation on the enzyme. According to this mechanism, in the first step tyrosyl radicals are produced and in the subsequent step the ES complex and dityrosine are formed. Dityrosine formation would be favored by the conformational change of the catalytic sites during the ATP hydrolysis, which, by making closer two adjacent aromatic radicals, would make them bind together. Consistently, in mitochondrial suspen-sions the formation of dityrosine residues dose-dependently increased at >5 mM nitrite, while nitrotyrosines, the most common post-translational modification of tyrosine in some pathologies (Di Giacomo et al., 2012), were undetectable (Nesci et al., 2016a).

Consistently with this radical mechanism, oxidative stress favours dityrosine formation promoted by nitrite and en-hances the enzyme inhibition, as proven by the enhancement of the inhibition of the ATPase activity after H2O2 addition (Nesci et al., 2016a).

Nutritional and pharmacological implicationsAll the in vitro experimental evidence accumulated up to

now (Nesci et al., 2016a,b) leads to think that nitrite could act as pore-blocker and prevent MPT, especially under con-ditions of calcium increase in mitochondria and oxidative

tivity refer to the catalytic activity of the same F1FO complex (Nesci et al., 2016a) and can pump protons across the IMM to repolarize the membrane (Walker, 2013). The connection of the Ca-ATPase with the MPTP (Nesci et al., 2016b), first hinted by the generation of a proton current indistinguisha-ble from that of MPTP (Bernardi, 2013), is shouldered by the enzyme inhibition by cyclosporin A (CsA), known to de-sensitize the MPTP (Bernardi, 2013; Antoniel et al., 2014; Kaludercic & Giorgio, 2016), which increases at increasing Ca2+ concentrations (Nesci et al., 2016a).

Even if the identity of the MPTP remains to be elucidated (Bernardi et al, 2015; Kaludercic & Giorgio, 2016), it seems clear that the mitochondrial ATPase activity stimulated by Ca2+ has peculiar features, which somehow distinguish it from the “normal” ATPase activity stimulated by Mg2+ and increasingly strengthen its functional involvement with the MPTP (Antoniel et al., 2014; Bernardi & di Lisa, 2015; Nes-ci et al., 2016b).

Nitrite and calcium increase in mitochondriaCalcium concentration increase in mitochondria is usually

linked to negative events, which may lead to cell death, even if discrepancies exist between in vitro and in vivo data (Zor-ov, 2014). At resting condition Ca2+ level in heart myocytes is <100 nM but during contractions Ca2+ can rise up to 600 nM and promote MPT in vitro. In turn calcium stimulates mitochondrial respiration and increases ROS production. A putative control mechanism exerted by nitrite on the mito-chondrial F1FO-ATPase activity was pointed out. According-ly, up to 2 mM nitrite, and not the related compound nitrate, inhibits the ATPase activity raised by calcium and leaves unaffected the enzyme activity stimulated by Mg2+ (Figure 3). Additionally, the enzyme affinity for nitrite is about 20 times greater when the enzyme is activated by calcium ion than when activated by magnesium ion. In other words, this means that nitrite effect is much more pronounced when the enzyme complex is activated by Ca2+ (Nesci et al., 2016a). Accordingly, when calcium concentration increases in the mitochondrial matrix, the enzyme complex would switch

Figure 3. Effect of nitrite concentrations up to 2 mM on the mitochondrial F1FO-ATPase activity activated by Ca2+ (A) and Mg2+ (B). Nitrite is thought to act both on the catalytic activity and on transmembrane proton pumping by the F1FO complex.

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Nitrite can cross the blood-brain barrier (Pluta et al., 2005), so it is tempting to speculate that it could act locally to counteract neuronal diseases (Kaludercic & Giorgio, 2016).

This presumptive nitrite role of natural MPTP blocker, may efficiently contribute to the beneficial nitrite role in cytoprotection. Due to the key roles of the F1FO complex and MPTP in ruling cell fate, the nitrite-driven F1FO modulation may be of vital importance, even if it constitutes only a drop in the sea of the variegated effects of nitrite on mitochon-dria (Shiva & Gladwin, 2009; Shiva, 2013). Ad-ditionally, if the F1FO complex role in MPTP opening will be elucida-ted, the role of nitrite as

pore shutter could be significantly broadened.Taken together, all these emerging clues reinforce the po-

tential and promising use of nitrite and nitrate supplemen-tation in diets to reduce cardiovascular risk (Butler, 2015; Lidder &Webb, 2013; Shiva & Gladwin, 2009; Shiva, 2013; Habermeyer et al., 2015; Bedale et al., 2016). The beneficial health effects can be simply obtained at intake levels resul-ting from the daily consumption of green leafy vegetables, especially celery, cress, lettuce, spinach and rocket (approxi-mately 150-250 g) (Lundberg et al., 2008; Habermeyer et al., 2015). High micromolar nitrite doses may have a therapeutic potential (Parrillo et al., 2011). At present, it seems difficult to define the beneficial daily amount of these vegetables which contain both nitrite and nitrate. The conversion of ni-trate to nitrite also depends on the amount of reducing dietary components such as polyphenols and vitamin C.. Additio-nally, to gain benefit from nitrite, the threat of production of methaemoglobin, from the reaction with deoxyhemoglobin, should be taken into account, while the nitrite carcinogenic potential has been probably overestimated and nitrite coming from a vegetable-rich diet cannot be harmful in this respect (Bryan & Ivy, 2015). An estimated EC50 of 1 g for nitrite was established in humans, but less than 40 mg nitrite in a 70 kg adult has been considered as enough to cope with myocardial infarction (Lundberg et al., 2008). Hopefully, the beneficial properties of nitrite may be extended to counteract other

stress.Assumed that the ni-

trite-driven modulation of the F1FO complex is similarly operative in vitro and in vivo, the ATPase inhibition by nitrite could partially explain the beneficial effects of this inorga-nic anion to counteract cardiovascular disea-ses (Shiva & Gladwin, 2009; Shiva, 2013). Since the F1FO complex is involved in the MPTP (Morciano et al., 2015), particularly when it is stimulated by Ca2+ (Ber-nardi & Di Lisa, 2015; Nesci et al., 2016b), ni-trite would inhibit MPT to limit and prevent cell death. Let see how, ac-cording to our hypothe-sis, nitrite would act.

Since both Ca2+ and Mg2+ elicit ATPase ac-tivities referable to the same F1FO-complex (Nesci et al., 2016a), when the enzyme complex switches to the Ca2+-activated mode, due to calcium rise in mitochon-dria, it may undergo nitrite inhibition and decrease ATP breakdown. Under conditions of calcium concentration in-crease in the mitochondrial matrix, the IMM is depolarized (Zorov, 2014) and the F1FO-ATPase works “in reverse”, na-mely in the direction of ATP hydrolysis (Grover & Malm, 2009; Walker, 2013), an operating mode which leads to ATP dissipation. During hypoxia/reoxygenation cycles in cardiac mitochondria a sudden loss of membrane potential is accom-panied by an increase in ROS (Zorov, 2014). Under such conditions, elevated nitrite concentrations may efficiently block the ATPase activity sustained by Ca2+ without affec-ting that activated by Mg2+. The enhancement of the enzyme inhibition by nitrite under oxidative stress may be especially helpful to limit cellular injury. These beneficial effects of ni-trite, especially relevant in the heart, may be operative also in other body districts such as the skeletal muscle, where nitrite rises after exercise, and this mechanism may help to counte-ract the effects of hypoxia (Piknova et al., 2016). In gene-ral, nitrite may act as MPTP regulator (Brenner & Moulin, 2012), by preventing or limiting MPTP opening and subse-quent cell death, a mechanism involved in many human dise-ases of apparently different etiology (Glasgow, 2001; Weiss et al., 2003; Du et al., 2010; Gao et al., 2013; Quintanilla et al., 2013; Shalbueva et al., 2013; Mukherrjee et al., 2015).

Riassunto

Negli ultimi anni viene sempre più considerata la possibilità che alcuni composti inorganici a basso peso molecolare possano ral-lentare o impedire la transizione di permeabilità mitocondriale (TPM), un evento coinvolto in diversi tipi di morte cellulare, agen-do quindi come citoprotettori. L’aumento di permeabilità della membrana mitocondriale è a sua volta correlato con disfunzioni mitocondriali riscontrate in un vasto spettro di patologie umane, tra cui quelle cardiache. Da tempo si sa che il nitrito, anione noto come riserva intracellulare di monossido di azoto, una importante molecola-segnale cellulare, ha effetto cardioprotettivo, ma ancora non sono completamente chiariti i meccanismi molecolari attra-verso cui esplica tale effetto. Recenti dati sperimentali fanno oggi pensare che il nitrito possa anche prevenire o limitare la morte cellulare inibendo il complesso F1FO, il complesso enzimatico con-siderato essere il responsabile strutturale e/o funzionale del poro di transizione di permeabilità mitocondriale (PTPM), la cui apertura, in seguito ad un aumento intracellulare di Ca2+, innesca la TPM. Infatti, il nitrito diminuisce l’attività della F1FO-ATPasi stimolata dal Ca2+ e tale inibizione è potenziata dallo stress ossidativo, con-dizione comune a diverse patologie. Al contrario l’attività della F1FO-ATPasi in presenza del cofattore naturale Mg2+ non è alterata fino a concentrazione 2 mM di nitrito. Il nitrito, che abbonda in ve-getali a foglia verde e nella dieta mediterranea, inibendo l’attività della F1FO-ATPasi Ca2+-dipendente, potrebbe favorire la chiusura del PTPM, evitando o limitando i danni mitocondriali in condizio-ni fisio-patologiche che portano a morte cellulare.

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BIOCHIMICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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Once again an appropriate nutrition, by making precious bioactive molecules promptly available, turns out to be the best and most natural weapon to fight human diseases.

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | BIOCHIMICA

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Rasola A, Bernardi P. The mitochondrial permeability

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laurusSRScienze e Ricerche

Giorgio Assanti

L’agricoltura biodinamica di Rudolf Steiner

info.scienze-ricerche.com

LA COLLANA DI SCIENZE E RICERCHE APERTA AIGIOVANI LAUREATI

LAURUS

laurusSRScienze e Ricerche

Giuseppina Damiano

L’esplorazione dello spazio nel Novecento e la guerra fredda

laurusSRScienze e Ricerche

Claudia Maria Bonavita

Il sistema aureo e il disavanzo della bilancia degli scambi

internazionali

laurusSRScienze e Ricerche

Teresa De Marinis

Lo scioglimento delle unioni civili nell’ordinamento italiano

laurusSRScienze e Ricerche

Alberto Doria

La classifi cazione dei rifi uti pericolosi dopo l’entrata in vigore

del Regolamento 1272/2008

laurusSRScienze e Ricerche

Mario Del Fante

L’immigrazione straniera nei paesi europei. Un confronto tra le

diverse politiche di integrazione

laurusSRScienze e Ricerche

Nicola Cerasoli

Il mito di Ulisse ele versioni della guerra di Troia

laurusSRScienze e Ricerche

Vittoria Cremonesi

Le Corbusier e la nascita del Movimento Moderno

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | IL COMITATO SCIENTIFICO

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Comitato scientifico

N. 44 (GENNAIO 2017)

Maria Grazia Bridelli (Università degli Studi di Parma)Giacomo Mauro D’Ariano (Università degli Studi di Pavia)Alessandra De Lorenzi (Università Ca’ Foscari Venezia)Carlo del Papa (Università degli Studi di Udine)Andrea Ferrara (Scuola Normale Superiore)Roberto Fieschi (Università degli Studi di Parma)Andrea Frova (Sapienza Università di Roma)Alessandro Gabrielli (Alma Mater Studiorum Università di

Bologna)Maurizio Iori (Sapienza Università di Roma)Gaetano Lanzalone (Università degli Studi di Enna Kore)Luca Malagoli (Istituto A. Volta di Sassuolo)Lino Miramonti (Università degli Studi di Milano)Annamaria Muoio (Università degli Studi di Messina)Luigi Pilo (Università degli Studi dell’Aquila)Nicola Umberto Piovella (Università degli Studi di Milano)Franco Taggi (Istituto Superiore di Sanità)

Area 03. Scienze chimiche

Vincenzo Barone (Scuola Normale Superiore)Ignazio Blanco (Università degli Studi di Catania)Vincenzo Brandolini (Università degli Studi di Ferrara)Irene Dini (Università degli Studi di Napoli Federico II)Francesca Caterina Izzo (Università Ca’ Foscari Venezia)Marcello Locatelli (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)Salvatore Lorusso (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Placido Mineo (Università degli Studi di Catania)Neri Niccolai (Università degli Studi di Siena)Stefano Protti (Università degli Studi di Pavia)Andrea Pucci (Università di Pisa)Carmela Saturnino (Università degli Studi della Basilicata)Pietro Tagliatesta (Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata)

AMBITO A - SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE,

CHIMICHE E DELLA TERRA

Area 01. Scienze matematiche e informatiche

Elena Agliari (Sapienza Università di Roma)Stefano Bistarelli (Università degli Studi di Perugia)Andrea Bonfiglioli (Alma Mater Studiorum Università di

Bologna)Lorenzo Carlucci (Sapienza Università di Roma)Umberto Cerruti (Università degli Studi di Torino)Luca Di Persio (Università degli Studi di Verona)Alberto Facchini (Università degli Studi di Padova)Luca Granieri (Università degli Studi di Napoli Federico II)Paola Magnaghi-Delfino (Politecnico di Milano)Paolo Maria Mariano (Università degli Studi di Firenze)Vito Napolitano (Università degli Studi della Campania Lu-

igi Vanvitelli)Linda Pagli (Università di Pisa)Mario Pavone (Università degli Studi di Catania)Giorgio Riccardi (Università degli Studi della Campania Lu-

igi Vanvitelli)Gloria Rinaldi (Università degli Studi di Modena e Reggio

Emilia)Brunello Tirozzi (Sapienza Università di Roma)Pietro Ursino (Università degli Studi dell’Insubria)Guido Zaccarelli (Università degli Studi di Modena e Reggio

Emilia)

Area 02. Scienze fisiche

Fabrizio Arciprete (Università degli Studi di Roma Tor Ver-gata)

Franco Bagnoli (Università degli Studi di Firenze)Adriano Barra (Sapienza Università di Roma)Alessio Bosio (Università degli Studi di Parma)

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IL COMITATO SCIENTIFICO | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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Area 06. Scienze mediche

Amedeo Amedei (Università degli Studi di Firenze)Adriano Angelucci (Università degli Studi dell’Aquila)Nicola Avenia (Università degli Studi di Perugia)Cesario Bellantuono (Università Politecnica delle Marche)Antonio Brunetti (Università degli Studi Magna Græcia di

Catanzaro)Marco Cambiaghi (Università degli Studi di Torino)Marco Carotenuto (Università degli Studi della Campania

Luigi Vanvitelli)Angelo Cazzadori (Università degli Studi di Verona)Maria Esposito (Università degli Studi della Campania Luigi

Vanvitelli)Paolo Francesco Fabene (Università degli Studi di Verona)Davide Festi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)Lucio Achille Gaspari (Università degli Studi di Roma Tor

Vergata)Maurizio Giuliani (Università degli Studi dell’Aquila)Roberta Granese (Università degli Studi di Messina)Paolo Gritti (Università degli Studi della Campania Luigi

Vanvitelli)Ciro Isidoro (Università degli Studi del Piemonte Orientale

Amedeo Avogadro)Antonio Simone Laganà (Università degli Studi di Messina)Angelo Lavano (Università degli Studi Magna Græcia di Ca-

tanzaro)Filomena Mazzeo (Università degli Studi di Napoli Parthe-

nope)Massimo Miniati (Università degli Studi di Firenze)Letteria Minutoli (Università degli Studi di Messina)Luigi Muratori (Alma Mater Studiorum Università di Bolo-

gna)Francesco Orzi (Sapienza Università di Roma)Letizia Polito (Alma Mater Studiorum Università di Bolo-

gna)Edoardo Raposio (Università degli Studi di Parma)Giuseppina Rizzo (Università degli Studi di Messina)Elisabetta Rovida (Università degli Studi di Firenze)Davide Schiffer (Università degli Studi di Torino)Tullio Scrimali (Università degli Studi di Catania)Leandra Silvestro (Università degli Studi di Torino)Bartolomeo Valentino (Università degli Studi della Campa-

nia Luigi Vanvitelli)Marco Zaffanello (Università degli Studi di Verona)

Area 07. Scienze agrarie e veterinarie

Sergio Angeli (Libera Università di Bolzano)Monica Colitti (Università degli Studi di Udine)Francesco Contò (Università degli Studi di Foggia)Edo D’Agaro (Università degli Studi di Udine)Tullia Gallina Toschi (Alma Mater Studiorum Università di

Bologna)Alessandra Mazzeo (Università degli Studi del Molise)Gianfranco Militerno (Alma Mater Studiorum Università di

Vincenzo Villani (Università degli Studi della Basilicata)

Area 04. Scienze della Terra

Giovanni Bruno (Politecnico di Bari)Claudio Cassardo (Università degli Studi di Torino)Michele Lustrino (Sapienza Università di Roma)Enrico Miccadei (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)Silvia Peppoloni (istituto Nazionale di Geofisica e Vulcano-

logia)Giovanni Santarato (Università degli Studi di Ferrara)Michele Saroli (Università degli Studi di Cassino e del Lazio

Meridionale)

AMBITO B - SCIENZE DELLA VITA E DELLA SALUTE

Area 05. Scienze biologiche

Silvia Arossa (Università Politecnica delle Marche)Giuseppe Barbiero (Università della Valle d’Aosta)Mario Bortolozzi (Università degli Studi di Padova)Maurizio Francesco Brivio (Università degli Studi dell’In-

subria)Stefania Bulotta (Università degli Studi Magna Græcia di

Catanzaro)Antonella Carsana (Università degli Studi di Napoli Fede-

rico II)Bruno Cicolani (Università degli Studi dell’Aquila)Renata Cozzi (Università degli Studi Roma Tre)Pierangelo CrucittiRoberta Di Pietro (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)Guglielmina Froldi (Università degli Studi di Padova)Erminio Giavini (Università degli Studi di Milano)Gianni Guidetti (Università degli Studi di Pavia)Caterina La Porta (Università degli Studi di Milano)Fabrizio Loreni (Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata)Stefania Marzocco (Università degli Studi di Salerno)Fabrizio Mattei (Istituto Superiore di Sanità)Elisabetta Meacci (Università degli Studi di Firenze)Salvatore Nesci (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Mario Pestarino (Università degli Studi di Genova)Giovanni Fulvio Russo (Università degli Studi di Napoli Par-

thenope)Roberto Sandulli (Università degli Studi di Napoli Parthe-

nope)Valeria Specchia (Università del Salento)Renata Viscuso (Università degli Studi di Catania)Nicola Zambrano (Università degli Studi di Napoli Federico

II)

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | IL COMITATO SCIENTIFICO

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Michelangelo Savino (Università degli Studi di Padova)Massimiliano Savorra (Università degli Studi del Molise)Maria Grazia Turco (Sapienza Università di Roma)Antonella Violano (Università degli Studi della Campania

Luigi Vanvitelli)

Area 09. Ingegneria industriale e dell’informazione

Sergio Baragetti (Università degli Studi di Bergamo)Salvatore Brischetto (Politecnico di Torino)Eugenio Brusa (Politecnico di Torino)Federico Cheli (Politecnico di Milano)Gianpiero Colangelo (Università del Salento)Giorgio De Pasquale (Politecnico di Torino)Sergio Della Valle (Università degli Studi di Napoli Federico

II)Alberto Gallifuoco (Università degli Studi dell’Aquila)Giancarlo Genta (Politecnico di Torino)Alessio Giorgetti (Scuola Superiore Sant’Anna di Studi Uni-

versitari e di Perfezionamento)Giada Giorgi (Università degli Studi di Padova)Agostino Giorgio (Politecnico di Bari)Massimo Guarnieri (Università degli Studi di Padova)Giuliana Guazzaroni (Università Politecnica delle Marche)Francesco Iacoviello (Università degli Studi di Cassino e del

Lazio Meridionale)Luigi Landini (Università di Pisa)Francesco Lattarulo (Politecnico di Bari)Vinicio Magi (Università degli Studi della Basilicata)Carlo MannaSalvo Marcuccio (Università di Pisa)Raffaele Marotta (Università degli Studi di Napoli Federico

II)Emilio Matricciani (Politecnico di Milano)Luciano Mescia (Politecnico di Bari)Dino Musmarra (Università degli Studi della Campania Lu-

igi Vanvitelli)Anna Gina Perri (Politecnico di Bari)Carlo Eugenio Rottenbacher (Università degli Studi di Pa-

via)Carlo Santulli (Università degli Studi di Camerino)Gaetano Valenza (Università di Pisa)Silvano Vergura (Politecnico di Bari)Gabriele Virzì Mariotti (Università degli Studi di Palermo)Antonio Zuorro (Sapienza Università di Roma)

AMBITO D - SCIENZE DELL’UOMO, FILOSOFICHE,

STORICHE, LETTERARIE E DELLA FORMAZIONE

Area 10. Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche

Enrico Acquaro (Alma Mater Studiorum Università di Bo-logna)

Emanuela Andreoni Fontecedro (Università degli Studi

Bologna)Giuseppe Morello (Università degli Studi di Palermo)Alessandra Pelagalli (Università degli Studi di Napoli Fe-

derico II)Patrizia Serratore (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Dominga Soglia (Università degli Studi di Torino)Francesco Sottile (Università degli Studi di Palermo)Antonio Stasi (Università degli Studi di Foggia)Francesco Vizzarri (Università degli Studi del Molise)Aldo Zechini D’Aulerio (Alma Mater Studiorum Università

di Bologna)

AMBITO C - SCIENZE DELL’INGEGNERIA E

DELL’ARCHITETTURA

Area 08. Ingegneria civile e Architettura

Filippo Angelucci (Università degli Studi G. D’Annunzio Chieti Pescara)

Michele Betti (Università degli Studi di Firenze)Alberto Bologna (Politecnico di Torino Università degli Stu-

di di Genova)Francesco Saverio Capaldo (Università degli Studi di Napoli

Federico II)Alessandra Carlini (Università degli Studi Roma Tre)Orazio Carpenzano (Sapienza Università di Roma)Arnaldo Cecchini (Università degli Studi di Sassari)Carlo Coppola (Università degli Studi della Campania Luigi

Vanvitelli)Alessandra Cucurnia (Università degli Studi di Firenze)Sebastiano D’Urso (Università degli Studi di Catania)Caterina Cristina Fiorentino (Università degli Studi della

Campania Luigi Vanvitelli)Antonio Formisano (Università degli Studi di Napoli Fede-

rico II)Giada Gasparini (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Francesca Giglio (Università Mediterranea di Reggio Cala-

bria)Francesca Giofrè (Sapienza Università di Roma)Anna Granà (Università degli Studi di Palermo)Angela Giovanna Leuzzi (Università degli Studi di Came-

rino)Angelo Luongo (Università degli Studi dell’Aquila)Michele Mossa (Politecnico di Bari)Maurizio Oddo (Università degli Studi di Enna Kore)Ivana Passamani (Università degli Studi di Brescia)Giovanni Perillo (Università degli Studi di Napoli Parthe-

nope)Lucia Pietroni (Università degli Studi di Camerino)Bernardino Romano (Università degli Studi dell’Aquila)Cesare Renzo Romeo (Politecnico di Torino)Giovanni Santi (Università di Pisa)Vincenzo Sapienza (Università degli Studi di Catania)

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IL COMITATO SCIENTIFICO | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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Gabriella Vanotti (Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro)

Maria Teresa Zanola (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Area 11. Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Mario Alai (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo)Giovanni Arduini (Università degli Studi di Cassino e del

Lazio Meridionale)Barbara Barcaccia (Sapienza Università di Roma e Associa-

zione di Psicologia Cognitiva-Scuola di Psicoterapia Co-gnitiva srl APC-SPC)

Marta Bertolaso (Università Campus Bio-Medico di Roma)Sergio BonettiAndrea Candela (Università degli Studi dell’Insubria)Anna Rosa Candura (Università degli Studi di Pavia)Paolo Carusi (Università degli Studi Roma Tre)Luciano Celi (Università degli Studi di Trento - CNR)Rosa Cera (Università degli Studi di Foggia)Marco Ciardi (Alma Mater Studiorum Università di Bolo-

gna)Margherita Ciervo (Università degli Studi di Foggia)Stefano Colloca (Università degli Studi di Pavia)Rosa Conte (Università di Macerata)Vincenzo CrosioGiuseppe Curcio (Università degli Studi dell’Aquila)Francesca Cuzzocrea (Università degli Studi di Messina)Marco D’Addario (Università degli Studi di Milano Bicocca)Maria D’Ambrosio (Università degli Studi Suor Orsola Be-

nincasa)Chiara d’Auria (Università degli Studi di Salerno)Fabrizio Dal Passo (Sapienza Università di Roma)Paola Dal Toso (Università degli Studi di Verona)Daria De Donno (Università del Salento)Renata De Lorenzo (Università degli Studi di Napoli Fede-

rico II)Barbara De Serio (Università degli Studi di Foggia)Mirko Di Bernardo (Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata)Isabella Gagliardi (Università degli Studi di Firenze)Uberta Ganucci Cancellieri (Università per Stranieri Dante

Alighieri di Reggio Calabria)Maria Amata Garito (UTIU - Università Telematica Interna-

zionale Uninettuno)Lia Giancristofaro (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)Enrico Giora (Università Vita-Salute San Raffaele)Antonio Godino (Università del Salento)Massimiliano Gollin (Università degli Studi di Torino)Paola Gremigni (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Domenico Ienna (Sapienza Università di Roma)Alessandra Cecilia Jacomuzzi (Università Ca’ Foscari Ve-

nezia)Caterina Lombardo (Sapienza Università di Roma)

Roma Tre)Donella Antelmi (IULM - Libera Università di Lingue e Co-

municazione)Angelo Ariemma (Sapienza Università di Roma)Carlo Beltrame (Università Ca’ Foscari Venezia)Antonella Benucci (Università per Stranieri di Siena)Alessandra Calanchi (Università degli Studi di Urbino Carlo

Bo)Gian Paolo Caprettini (Università degli Studi di Torino)Giovanna Carloni (Università degli Studi di Urbino Carlo

Bo)Ornella Castiglione (Università degli Studi di Milano Bicoc-

ca)Maria Catricalà (Università degli Studi Roma Tre)Fulvia Ciliberto (Università degli Studi del Molise)Carla Comellini (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Massimiliano David (Alma Mater Studiorum Università di

Bologna)Cosimo De Giovanni (Università degli Studi di Cagliari)Roberto De Romanis (Università degli Studi di Perugia)Pierangela Diadori (Università per Stranieri di Siena)Emanuele Ferrari (Università degli Studi di Milano Bicocca)Francesca Ghedini (Università degli Studi di Padova)Antonio Lucio Giannone (Università del Salento)Mirko Grimaldi (Università del Salento)Maria Teresa Guaitoli (Alma Mater Studiorum Università di

Bologna)Rosa Lombardi (Università degli Studi Roma Tre)Anna Manna (Sapienza Università di Roma)Paola Martinuzzi (Università Ca’ Foscari Venezia)Maria Grazia MeriggiTrinis Antonietta Messina Fajardo (Università degli Studi di

Enna Kore)Anna Lucia Natale (Sapienza Università di Roma)Paolo Nitti (Università degli Studi di Torino)Gianni Nuti (Università della Valle d’Aosta)Gaetano Oliva (Università Cattolica del Sacro Cuore)Alessio Persic (Università Cattolica del Sacro Cuore)Marco Perugini (Università degli Studi Guglielmo Marconi)Paola Radici Colace (Università degli Studi di Messina)Vincenza Rosiello (esperto)Domenico Russo (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)Mariagrazia Russo (Università degli Studi della Tuscia)Matteo Santipolo (Università degli Studi di Padova)Sonia Saporiti (Università degli Studi del Molise)Matteo Segafreddo (Università Ca’ Foscari Venezia)Giuseppe Solaro (Università degli Studi di Foggia)Silvia Stucchi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Mila-

no)Alessandro Teatini (Università degli Studi di Sassari)Immacolata Tempesta (Università del Salento)Paolo Torresan (Università Ca’ Foscari Venezia)Patrizia Torricelli (Università degli Studi di Messina)Guido Vannini (Università degli Studi di Firenze)

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | IL COMITATO SCIENTIFICO

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Giovanni Di Cosimo (Università di Macerata)Lorenzo Gagliardi (Università degli Studi di Milano)Giancarlo Guarino (Università degli Studi di Napoli Fede-

rico II)Rolandino Guidotti (Alma Mater Studiorum Università di

Bologna)Agostina Latino (Università degli Studi di Camerino)Antonio Maria Leozappa (Università degli Studi Niccolò

Cusano)Massimiliano Mancini (Sapienza Università di Roma)Simone Mezzacapo (Università degli Studi di Perugia)Silvia Nicodemo (Alma Mater Studiorum Università di Bo-

logna)Marco Gaetano Pulvirenti (Università degli Studi di Catania)Biancamaria Raganelli (Università degli Studi di Roma Tor

Vergata)Carlo Rasia (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)Francesco Rende (Università degli Studi di Messina)Gennaro Rotondo (Università degli Studi della Campania

Luigi Vanvitelli)Gianpaolo Maria Ruotolo (Università degli Studi di di Fog-

gia - King’s College London)Fabrizia Santini (Università degli Studi del Piemonte Orien-

tale Amedeo Avogadro)Lorenzo Scillitani (Università degli Studi del Molise)Domenico Siclari (Università per Stranieri Dante Alighieri

di Reggio Calabria)Giuseppe Spoto (Università degli Studi Roma Tre)Nicola Triggiani (Università degli Studi di Bari Aldo Moro)Anna Lucia Valvo (Università degli Studi di Enna Kore)Maria Rosaria Viviano (Università degli Studi della Campa-

nia Luigi Vanvitelli)

Area 13. Scienze economiche e statistiche

Rossella Agliardi (Alma Mater Studiorum Università di Bo-logna)

Vincenzo Asero (Università degli Studi di Catania)Antonio Attalienti (Università degli Studi di Bari Aldo Moro)Giuliana Birindelli (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)Domenico Bodega (Università Cattolica del Sacro Cuore)Sabrina Bonomi (Università degli Studi eCampus)Antonio Botti (Università degli Studi di Salerno)Luigi Bottone (Università Carlo Cattaneo - LIUC)Rossella Canestrino (Università degli Studi di Napoli Par-

thenope)Antonio Capaldo (Università Cattolica del Sacro Cuore)Antonella Cappiello (Università di Pisa)Laura Castellucci (Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata)Fausto Cavallaro (Università degli Studi del Molise)Luciano Consolati (Università degli Studi Guglielmo Mar-

coni)Gaetano Cuomo (Università degli Studi di Napoli Federico

II)

Paola Magnano (Università degli Studi di Enna Kore)Pasqualino Maietta Latessa (Alma Mater Studiorum Univer-

sità di Bologna)Gianna Marrone (Università degli Studi Roma Tre)Stefano Maso (Università Ca’ Foscari Venezia)Stefania Giulia Mazzone (Università degli Studi di Catania)Paolo Molinari (Università Cattolica del Sacro Cuore)Federica Monteleone (Università degli Studi di Bari Aldo

Moro)Giovanni Moretti (Università degli Studi Roma Tre)Laura Moschini (Università degli Studi Roma Tre)Giuseppe Motta (Sapienza Università di Roma)Antonella Nuzzaci (Università degli Studi dell’Aquila)Susanna Pallini (Università degli Studi Roma Tre)Claudio Palumbo (Università degli Studi di Parma)Rossano Pazzagli (Università degli Studi del Molise)Luciana Petracca (Università del Salento)Irene Petruccelli (Università degli Studi di Enna Kore)Olimpia Pino (Università degli Studi di Parma)Emanuele Poli (Università degli Studi di Pavia)Francesco Randazzo (Università degli Studi di Perugia)Luca Refrigeri (Università degli Studi del Molise)Franco Riva (Università Cattolica del Sacro Cuore)Milena Sabato (Università del Salento)Leonardo Sacco (Sapienza Università di Roma)Stefano Salmeri (Università degli Studi di Enna Kore)Flavia Santoianni (Università degli Studi di Napoli Federico

II)Marco Santoro (Università degli Studi Suor Orsola Benin-

casa)Paolo Scarpi (Università degli Studi di Padova)Antonio Scornajenghi (Università degli Studi Roma Tre)Vincenzo Paolo Senese (Università degli Studi della Campa-

nia Luigi Vanvitelli)Fabrizio Manuel Sirignano (Università degli Studi Suor Or-

sola Benincasa)Stefano Soriani (Università Ca’ Foscari Venezia)Domenico Tafuri (Università degli Studi di Napoli Parthe-

nope)Anna Toscano (Campus Numérique Arménien - UCLy,

Lyon)Gabriella Valera (Università degli Studi di Trieste)Angelo Ventrone (Università di Macerata)Renato Vignati (Università di Macerata)

AMBITO E - SCIENZE GIURIDICHE, ECONOMICHE E

SOCIALI

Area 12. Scienze giuridiche

Gaetano Armao (Università degli Studi di Palermo)Elena Bellisario (Università degli Studi Roma Tre)Antonietta Chiantia (Università degli Studi di Messina)Daniele Coduti (Università degli Studi di Foggia)Angela Cossiri (Università di Macerata)

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IL COMITATO SCIENTIFICO | SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017

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Fabio Zucca (Università degli Studi dell’Insubria)Mariantonietta Fiore (Università degli Studi di Foggia)Massimo Franco (Università degli Studi di Napoli Federico

II)Riccardo Gallo (Sapienza Università di Roma)Massimiliano Giacalone (Università degli Studi di Napoli

Federico II)Pierpaolo Giannoccolo (Alma Mater Studiorum Università

di Bologna)Pierpaolo Magliocca (Università degli Studi di Foggia)Giuseppe Marotta (Università degli Studi di Modena e Reg-

gio Emilia)Monica Palma (Università del Salento)Elisa Pintus (Università della Valle d’Aosta)Maria Cristina Quirici (Università di Pisa)Alessia Sammarra (Università degli Studi dell’Aquila)Barbara Scozzi (Politecnico di Bari)Claudio Socci (Università di Macerata)Michela Soverchia (Università di Macerata)Riccardo Stacchezzini (Università degli Studi di Verona)Caterina Tricase (Università degli Studi di Foggia)Erica Varese (Università degli Studi di Torino)

Area 14. Scienze politiche e sociali

Luca Benvenga (Università del Salento)Giovanni Borriello (Università degli Studi Roma Tre)Domenico Carbone (Università degli Studi del Piemonte

Orientale Amedeo Avogadro)Luigi Colaianni (Università degli Studi di Padova)Ivo Colozzi (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)Paolo Corvo (Università degli Studi di Scienze Gastronomi-

che)Giuliana Costa (Politecnico di Milano)Sara Gentile (Università degli Studi di Catania)Michele Lanna (Università degli Studi della Campania Luigi

Vanvitelli)Andrea Lombardinilo (Università degli Studi G. D’Annun-

zio Chieti Pescara)Maurizio Lozzi (esperto)Vincenzo Memoli (Università degli Studi di Catania)Andrea Millefiorini (Università degli Studi della Campania

Luigi Vanvitelli)Fortunato Musella (Università degli Studi di Napoli Federico

II)Cristiana Ottaviano (Università degli Studi di Bergamo)Paola Panarese (Sapienza Università di Roma)Gianluca Pastori (Università Cattolica del Sacro Cuore)Pasquale Peluso (Università degli Studi Guglielmo Marconi)Valentina Possenti (Centro Nazionale di Epidemiologia,

Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Su-periore di Sanità)

Irene Ranaldi (Sapienza Università di Roma)Andrea Spreafico (Università degli Studi Roma Tre)Luca Toschi (Università degli Studi di Firenze)Roberto Veraldi (Università degli Studi G. D’Annunzio

Chieti Pescara)

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SCIENZE E RICERCHE • N. 44 • GENNAIO 2017 | I REFEREES

Francesca Sgobbi (Università degli Studi di Brescia)Guglielmo Sorci (Università degli Studi di Perugia)Franco Taggi (Istituto Superiore di Sanità)Anna Toscano (Campus Numérique Arménien – UCLy,

Lyon)Walter Vesperi

I referees 2016 diScienze e Ricerche

N. 44 (GENNAIO 2017)

Domenico Albanese (Università degli Studi di Milano)Mario Arrigoni Neri (Università degli Studi di Bergamo)Serena Baiani (Sapienza Università di Roma)Enrica Capelli (Università degli Studi di Pavia)Rosa Caponetto (Università degli Studi di Catania)Marco D’Addario (Università degli Studi di Milano Bicocca)Giuseppa Di Bella (Università degli Studi di Messina)Mauro Gaggero (Institute of Intelligent Systems for Automa-

tion - ISSIA)Maurizio Giuliani (Università degli Studi dell’Aquila)Massimiliano Gollin (Università degli Studi di Torino)Domenico Labbate (Università degli Studi della Basilicata)Luigi Landini (Università di Pisa)Paolo Maestro (Università degli Studi di Siena)Raffaele Marotta (Università degli Studi di Napoli Federico

II)Letteria Minutoli (Università degli Studi di Messina)Neri Niccolai (Università degli Studi di Siena)Giuseppe Palumbo (Università degli Studi di Napoli Fede-

rico II)Cecilia Perin (Università degli Studi di Milano Bicocca)Francesco Perrotta (Libera Università di Bolzano)Giorgio Poletti (Università degli Studi di Ferrara)Fulvio Ricci (Sapienza Università di Roma)Franco Riva (Università Cattolica del Sacro Cuore)Arianna Rotondo (Università degli Studi di Catania)Antonino Salibra (Università Ca’ Foscari Venezia)Massimo Santinello (Università degli Studi di Padova)Giuseppe Scianna (Università degli Studi di Siena)

Pubblichiamo di seguito i nominativi dei referees intervenuti nel 2016 nella valutazione degli articoli scientifici presentati a Scienze e Ricerche.

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MagazineSRScienze e Ricerche

gennaio 2017

OGNI MESE IN SUPPLEMENTO A SCIENZE E RICERCHE

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