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WANDERVOGEL Immagini relative all’organizzazione dei Wandervogel scattate in Germania dalla fine del XIX secolo alla fine degli anni 20 del XX secolo

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secolo alla fine degli anni 20 del XX secolo

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Hugo Hoppener (Fidus) di Harm Wulf

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1. Fidus artista völkisch Nella sua ricerca sulle origini culturali del Terzo Reich lo storico George L. Mosse dedica alcune interessanti pagine a un artista tedesco, Hugo Höppener, più noto sotto lo pseudonimo di Fidus: “La sua arte era notevolmente personale e inimitabile, tuttavia assai vasta fu la sua influenza: a partire dagli inizi del nuovo secolo, punte o poche furono le pubblicazioni nazional-patriottiche che non pubblicassero, prima o poi, riproduzioni delle sue opere. Ma Fidus era popolare soprattutto tra i giovani, suoi grandi ammiratori, che riempivano i propri giornali con riproduzioni dei suoi quadri. In Fidus si combinava l’amore per il Völk e la natura, e l’interesse per l’occultismo nella sua accezione teosofica” (1). Per alcuni decenni Fidus partecipa attivamente alla vita culturale e politica di ambienti nazional-patriottici, si iscrive nel 1932 al NSDAP, ma la sua speranza, dopo la presa del potere da parte di Adolf Hitler (1889-1945) nel 1933, di ottenere riconoscimenti e incarichi ufficiali non si avvera anche se sue singole opere vengono apprezzate da alti esponenti nazionalsocialisti, e il suo stile influenza i canoni estetici dell’arte ufficiale: “i nazisti, pur rifiutando l’estetica spiritica di Fidus, ne adottarono entusiasticamente i prototipi ariani” (2). Solamente nel 1943, in occasione del suo 75° compleanno, Fidus ottiene da Hitler il titolo di Professore honoris causa e un vitalizio. Ma ormai la guerra non consente all’artista di sfruttare questo riconoscimento, al contrario, due anni dopo esegue riproduzioni di Lenin (1870-1924) e di Stalin (1879-1953) per le truppe di occupazione sovietiche. Alcuni cenni biografici e una scelta di riproduzioni delle sue opere possono fornire elementi per comprendere meglio la figura dell’artista e la complessità del clima culturale di quel periodo (3).

2. L’incontro con Diefenbach Hugo Höppener nasce a Lubecca l’8.10.1868, già da bambino manifesta talento artistico che viene incoraggiato dai genitori. Nel 1887 si trasferisce a Monaco di Baviera con l’intenzione di frequentare la locale Accademia, ma già dopo pochi mesi si aggrega a Karl Wilhelm Diefenbach (1851-1913) pittore, socialista e apostolo della natura che in quel periodo vive con la famiglia e con saltuari discepoli in una cava di pietra abbandonata. In questa comune, che anticipa di alcuni anni quella più famosa del Monte Verità vicino ad Ascona nel Canton Ticino (4), Diefenbach pratica il nudismo e conduce una vita basata sul vegetarismo e sull’astinenza dall’alcool e dal tabacco; egli predica pure l’abolizione della proprietà privata e una religiosità fondata sul culto del sole. Successivamente Diefenbach entra a far parte anche di un ordine ariosofico, l’Ordo Novi Templi di Jörg Lanz von Liebenfels (1874-1954) (5). Il giovane Höppener viene influenzato profondamente dalle teorie di Diefenbach, ne diventa il discepolo più fedele, meritando il soprannome di Fidus, che userà come pseudonimo per tutta la vita, anche dopo la separazione da Diefenbach. In questa fase l’opera di Fidus è dedicata ai temi della natura, del nudismo, di un contatto spontaneo con l’ambiente: egli disegna soprattutto bambini e adolescenti, esseri innocenti che si muovono in una natura quasi incantata, paradisiaca, che abbracciano bestie selvatiche o che, come personaggi di fiabe o della mitologia, danzano su una foglia. Questi elementi hanno fatto di Fidus un esponente

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dello Jugendstil più apprezzato dal pubblico che non dai critici. Fra gli ammiratori di Fidus si trova, ad esempio, anche Hermann Hesse (1877-1962), che gli scrive una lettera di riconoscenza entusiastica: “Non so descrivere ciò che io trovo in dolcezza, profumo e tenerezza nelle Sue opere”, e conclude “Io non sono abituato né a scrivere lettere né a cercare nuove conoscenze. Ma, caro Fidus, io sentivo il bisogno di ringraziarla, come io ringrazierei il grande Chopin, se fosse ancora in vita” (6).

3. Hübbe-Schleiden e i primi contatti con la Società Teosofica Nel 1889 Fidus si separa da Diefenbach e frequenta l’Accademia di Monaco di Baviera. In questo periodo tramite la madre che coltiva interessi per la teosofia, Fidus incontra uno dei personaggi più importanti della Società Teosofica tedesca Wilhelm Hübbe-Schleiden (1846-1916) e si entusiasma per le opere di Annie Besant (1847-1933) e Charles Webster Leadbeater (1847-1934). Quando Hübbe-Schleiden si trasferisce a Berlino per fondare una rivista dedicata alle scienze dello spirito, Sphinx, Sfinge, che col tempo assumerà una linea sempre più teosofica, e per aggregare un nucleo di persone interessate, Fidus lo segue e i suoi disegni impreziosiscono alcune annate della rivista. Il contatto con la teosofia si ripercuote sul pensiero e sull’opera dell’artista, che non solo incomincia a utilizzare motivi esoterici e orientaleggianti, come il fiore di loto, la sfinge, la svastica, Lucifero come stella del mattino, il serpente che si morde la coda, ma trasforma pure il modo di rappresentare il rapporto dell’uomo con la natura: bambini innocenti, gioiosi e spensierati lasciano spesso il posto ad adulti dal volto serio, con uno sguardo fisso, con una espressione distaccata, a volte più spiritata che estatica, in un rapporto con la natura problematico e a volte inquietante

4. Dai movimenti alternativi al razzismo Fidus appartiene a buon diritto al cosiddetto movimento di riforma di vita (Lebensreformbewegung) che identifica le cause dei mali individuali e sociali in una condotta di vita innaturale, e critica le condizioni della vita urbana in tutte le sue forme, dall’abbigliamento all’alimentazione, e propone quindi una riforma completa della vita (7). Fidus non si limita ad auspicare il ritorno alla natura e una sana condotta di vita, ma il suo atteggiamento naturistico si iscrive in una visione del mondo che non è solo critica nei confronti degli aspetti negativi del progresso e della modernizzazione o di concezioni piccolo-borghesi, ma anche nei confronti della civiltà occidentale in genere, rea, a suo avviso, di aver snaturato l’anima germanica; tale naturismo assume addirittura i caratteri di una nuova forma di religiosità. Questi differenti livelli possono essere rappresentati, per esempio, da un soggetto che Fidus ha elaborato numerose volte nel corso degli anni, Lichtgebet, la preghiera della luce, che mostra un giovane dai capelli biondi, nudo su una roccia, proteso verso l’alto con le braccia elevate e aperte, quasi a formare una runa vivente, rivolto verso una luce percepibile solo per i giochi d’ombra, sullo sfondo di un cielo nuvoloso. Se tale immagine poteva esprimere i sentimenti di molti, soprattutto giovani, alla ricerca di un contatto diretto e immediato con la natura, essa viene utilizzata da Fidus come elemento centrale in diversi progetti di templi, in cui occupa il posto che nelle chiese cristiane è normalmente riservato al Crocefisso. L’attenzione di Fidus è rivolta soprattutto all’uomo germanico: il ritorno alla natura proposto è un ritorno quasi totale allo stile di vita degli antichi Germani, con l’immersione dell’uomo nella natura, e con poche concessioni al progresso e ai suoi prodotti. Per alcuni decenni Fidus presta il massimo interesse e collabora a numerosi movimenti culturali, e anche politici, che corrispondono ai suoi ideali. Sue sono, per esempio, le illustrazioni della prima edizione della Germanen-Bibel, La Bibbia dei Germani, di Wilhelm Schwaner (1863-1944) cofondatore insieme a Ludwig Fahrenkrog (1867-1952) della Deutsch-religiöse Glaubengemeinschaft, la Comunità di fede germanica (8), e per Schwaner disegna pure un Ex-Libris.

5. Tra Società Teosofica e Antroposofia

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Fidus intrattiene stretti contatti con ambienti teosofici e vive in prima persona le crescenti tensioni fra Hübbe-Schleiden e Rudolf Steiner (1861-1925), allora segretario generale della Sezione tedesca della Società Teosofica, dal 1907 presieduta, nella sede centrale ad Adyar in India, da Annie Besant. Mentre Steiner è sempre più critico nei confronti delle teorie ufficiali annunciate dalla Besant, soprattutto per quanto riguarda la Cristologia e il ruolo attribuito al giovane Jiddu Krishnamurti (1895-1986), Hübbe-Schleiden cerca di costituire un gruppo fedele alla centrale di Adyar integrato nell’Ordine della Stella d’Oriente. L’8 dicembre 1912 il direttivo della Sezione tedesca, controllato da Steiner, dichiara l’espulsione dalla propria sezione di tutti i membri dell’Ordine della Stella d’Oriente e nel gennaio 1913 viene respinta la richiesta di Hübbe-Schleiden di partecipare all’XI Assemblea generale della Sezione tedesca della Theosophical Society Adyar prevista per il 2 febbraio a Berlino. Aprendo i lavori dell’Assemblea generale, alla quale Fidus è uno dei pochi membri critici nei confronti di Steiner ad essere ammesso, Steiner comunica lo scioglimento dell’attuale direzione della Sezione tedesca da parte della Besant e annuncia quindi l’intenzione di trasformare il proprio gruppo in un’organizzazione autonoma. Fidus partecipa alla discussione e cerca di mostrare comprensione per la posizione di Steiner, sottolinea addirittura i vantaggi di una scissione che consentirebbe al gruppo di “rafforzare lo spirito tedesco” e di “diventare autonomo e di non dover aspettare tutta la luce e tutte le direttive dall’Oriente” (9). Steiner prende immediatamente le distanze da queste affermazioni e precisa che “gli antroposofi non hanno niente a che fare con aspirazioni nazionaliste, o pangermaniche o addirittura razziste” (10). Neanche i teosofi sono felici per le dichiarazioni di Fidus, che, pur fedele alla linea di Adyar, sembra critico nei confronti dell’importanza data a teorie orientali. Effettivamente Fidus resta vicino all’antroposofia. Il rito funebre della figlia Drude, deceduta nel 1918, viene officiato dal pastore Friedrich Rittelmeyer (1872-1938) che ha avuto un ruolo determinante nella costituzione della Christengemeinschaft, una Chiesa cristiana di ispirazione antroposofica che interpreta la Sacra scrittura alla luce delle dottrine di Steiner. Anche dopo le esequie di Fidus stesso un pastore della Christengemeinschaft ha celebrato un rito nella sua casa.

6. Profeta dei giovani Il miscuglio di rivolta antiborghese, di naturalezza, di rapporti spontanei tra i sessi tipico delle opere di Fidus fa presa in ambienti giovanili critici nei confronti della società, tanto nazionalisti quanto socialisti. Al proposito si deve tener conto del fatto che organizzazioni giovanili nazional-patriottiche non si identificavano nello Stato centralizzato di marca prussiana e non si entusiasmavano per le celebrazioni ufficiali di Stato, ma ricercavano le proprie radici in un passato più remoto, nel mondo germanico, e preferivano manifestare il proprio patriottismo, per esempio, celebrando il solstizio d’estate su una montagna, attorno a un falò in mezzo alla natura, con discorsi inneggianti alle origini germaniche; ambienti socialisti, da parte loro, non erano immuni dal fascino di una tradizione germanica anteriore a ogni forma capitalistica e borghese. Nel 1913 in occasione di uno storico raduno sul monte Hoher Meissner del movimento giovanile Wandervögel (uccelli migratori) (11) e di altre organizzazioni giovanili nazional-patriottiche, Fidus non solo è tra le trenta personalità che vengono invitate ad appoggiare pubblicamente l’iniziativa, ma viene incaricato di disegnare l’emblema del raduno. Per questa occasione l’artista propone una nuova versione del già citato Lichtgebet, la preghiera della luce, ma nel 1915 disegni di Fidus vengono utilizzati per illustrare i primi numeri dell’edizione tedesca di Jugend-Internationale, cioè della Internazionale giovanile. Organo di battaglia e di propaganda della federazione internazionale delle organizzazioni giovanili socialiste.

7. Il periodo nazionalsocialista Durante e dopo la I Guerra mondiale Fidus sviluppa ulteriormente i temi germanici, soprattutto Germania e guerrieri. Nel 1933 Fidus celebra in un disegno l’ascesa al potere del nazionalsocialismo come la liberazione dell’uomo tedesco dalle catene che lo avevano tenuto prigioniero, accolto e aiutato da esseri superiori che contrastano uomini “inferiori”. In generale lo

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stile di Fidus non incontra consensi nel regime: nella discussione sulla cosiddetta arte degenerata le sue opere “germaniche” vengono sottoposte a una critica annientatrice. “Nonostante il suo sincero impegno per ogni riforma di vita, per la salute del popolo, per lo sviluppo della razza e per altre vie di redenzione ariane e germaniche, purtroppo Fidus è vittima delle influenze occultistiche alle quali è stato soggetto negli anni giovanili. [...] Una figura veramente sana, anche se dal punto di vista razziale non è germanica pura, serve al nostro scopo molto meglio di figure totalmente germaniche ma quasi morte di fame, isteriche o occultistiche del Maestro Fidus e di simili eccentrici di tipo völkisch” (12). Ciò non impedisce che alcune opere vengano apprezzate anche in alto loco. Da una lettera di Martin Bormann a Fidus sappiamo ad esempio che Hitler aveva comperato l’originale Pax vobiscum, un’opera che rappresenta in modo irriverente il Pontefice. Bormann stesso aveva acquistato diverse opere, e una edizione di Lichtgebet adornava la sua abitazione di servizio a Monaco di Baviera (13). Nonostante il titolo di Professore h.c. ricevuto nel 1943, l’attività dell’artista si riduce negli ultimi di guerra, in parte per l’età, in parte per la difficoltà di disporre di collaboratori. Fidus muore il 23 marzo 1948.

8. Conclusione L’opera di Fidus, espressione di un’esperienza culturale multiforme in un periodo cruciale della storia della Germania, aiuta a comprendere non solo l’arte dell’epoca, ma anche il clima che ha favorito la nascita di movimenti esoterici, ariosofici e religiosi di fede tedesca.

Note

1) Georg L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, trad. it., EST, Milano 1997, p.123. Nella versione italiana tanto il nome quanto il cognome dell’artista sono indicati in modo errato e cioé Karl Höppner, invece di Hugo Höppener. 2) Id., p.l26. 3) Fra le non numerose opere su Fidus si possono segnalare le seguenti monografie: - Janos Frecot, Johann Friedrich Geist e Diethart Kerbs, Fidus 1868-1948. Zur ästhetischen Praxis bürgerlicher Fluchtbewegungen, [Fidus 1868-1948. A proposito della prassi estetica di movimenti alternativi borghesi:]. Rogner & Bernhard, Monaco di Baviera 1972, p.209; - Claudia Bibo, Naturalismus als Weltanschauung? Biologistische, theosophische und deutsch_vökische Bildlichkeit in der von Fidus illustrierten Lyrik (1893-1902). Mit einem Anhang: Organisation der Deutschgläubigen Bewegung [Naturalismo come visione del mondo? Iconografia biologistica, teosofica e völkisch-tedesca nella lirica illustrata da Fidus (1893-1902). Con un'appendice: Organizzazione del movimento di fede tedesca]. Lang, Francoforte sul M. ecc., 1995; - Wolfgang de Bruyn, Fidus. Künstler alles Lichtbaren [Fidus. Artista di ogni luminosità]. Schelzky & Jeep, Berlin 1998; e il capitolo Meister Fidus. Vom Jugendstil-Hippie zun Germanenschärmer [Maestro Fidus. Da Hippie dello Jugendstil a entusiasta dei Germani] in Jost Hermand, Der Schein des schönen Lebens. Studien zur Jahrhundertwende [Bella vita in apparenza. Studi sul fine-secolo]. Athenäum, Francoforte sul Meno 1972 pp. 55-127. 4) Cfr. Massimo Introvigne, Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo. SugarCo, Milano 1990, pp. 270-271. 5) Cfr. Rudolf J. Mund, Jörg Lanz von Liebenfels und der Neue Templer Orden. Die Esoterik des Christentums [Jörg Lanz v. Liebenfels e il Nuovo Ordine del Tempio. L’esoterismo del Cristianesimo]. Spieth, Stoccarda 1976, p.65. 6) Lettera di Hermann Hesse a Fidus del 18.9.1897, in W.de Bruyn, op. cit., p. 130. 7) Per una visione d’insieme cfr. Karl E. Rothschuh, Naturheilbewegung, Reformbewegung, Altetnativbewegung [Movimento per le terapie naturali, movimento di riforma, movimento alternativo]. Wissenschaftliche Buchgesellschaft Darmstadt, ed. speciale per i membri dell’associazione s.d. Originale: Hippokrates, Stoccarda 1983.

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Cfr. Armin Mohler, Die konservative Revolution in Deutschland 1918-1932. Ein Handbuch [La rivoluzione conservatrice in Germania 1918-1932. Un manuale]. 4. ed. Wissenschaftliche Buchgesellschaft Darmstadt 1994, pp. 340-341. 9) Hugo Höppener: Die XI. Generalversammlung der Deutschen Sektion der Theosophical Society Adyar in Berlin am 2. Februar 1913, in Norbert Klatt, Theosophie und Anthroposophie. Neue Aspekte zu ihrer Geschichte aus dem Nachlass von Wilhelm Hübbe-Schleiden (1846-1916) mit einer Auswahl von 81 Briefen [Teosofia e Antroposofia. Nuovi aspetti della loro storia tratti dal fondo di Wilhem Hübbe-Schleiden (1846-1916) con una scelta di 81 lettere]. Klatt Verlag, Göttingen 1993, pp. 243-250 (247-248). 10) Ibid., p. 248. 11) Sui Wandervögel cfr. il capitolo, Il movimento giovanile, in G. L. Mosse. cit., pp. 253-281. 12) Giudizio di Wolfgang Willrich, in W.de Bruyn, cit., p. 90. 13) Lettera di Martin Bormann a Fidus del 7.3.1944, in J. Frecot e altri, cit., p.209.

Bibliografia e fonti di ricerca:

J. Frecot – J. F. Geist – D. Kerbs Fidus 1868-1948. Zur ästhetischen Praxis bürgerlicher FluchtbewegungenVerlag Rogner & Bernhard, München, 1972 (testo fondamentale reperibile solo attraverso

antiquari contiene vasta iconografia del pittore.

W. de Bruyn Fidu – Künstler alles Lichtbaren Verlag Schelzky & Jeep, Berlin

Ute Wermer Das Fidus-Haus in Schönblick, Woltersdorf Verlag Kleist-Gedenk-und Forschungsstätte Frankfurt an der Oder, 1992 (guida alla casa atelier dell’artista sita in Köpenickerstr. 46, Woltersdorf -

Berlin prendere S- Banhof e scendere a Banhof Wilhelmshagen, nei pressi sitrova anche la tomba dell’artista presso il cimitero Woltersdorfer Friedhof)

Archiv der deutschen Jugendbewegung, Burg Ludwigstein, D 27214 Witzenhausen (Archivio del movimento giovanile. In italiano vedi il fondamentale testo di Nicola Cospito I Wandervögel. La gioventù tedesca da Guglielmo II a Bismark, Ed. La Biga Alata, Roma, 1999 richiedere [email protected] )

( scheda e immagini tratte dal sito dell’Associazione culturale Thule Italia )

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Le immagini che seguono sono dell’epoca nazista e mirano ad evidenziare la bellezza e l’armonizzazione della razza ariana con la natura 

 

 

 

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MENSCH UND SONNE ( l’uomo e – nel – sole )

Testo di diffusione nazista per i giovani sulla bellezza della razza ariana del 1936

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giovani e il viaggio

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Paolo Yigitbasioglu

Il perché di questo documento di approfondimento sull’uomo e il viaggio è soprattutto basato sull’importanza che quest’ultimo, nelle sue molteplici accezioni, ha avuto, e continua ad avere, nella storia della formazione dell’uomo; assumendo varie forme: fisiche e metafisiche. Sin dagli albori, l’uomo, ha dato a questa esperienza un significato sempre più profondo. Nella Preistoria gli esploratori erano coloro che andavano a cercare luoghi di caccia ed in seguito terreni utili all’ agricoltura, per permettere alle proprie tribù di sopravvivere. Nelle prime comunità, attorno al fuoco, gli antichi raccontavano le gesta delle tribù o degli eroi che attraverso mille peripezie ne avevano garantito la continuazione. Il viaggio è al centro dei primi libri dell’uomo: l’ “Epopea di Gigalmesh”, e “l’Odissea” di Omero; al viaggio si devono le descrizione degli esploratori, utili alle campagne militari di Roma, oppure la “Divina Commedia” di Dante Alighieri o “Il Milione” di Marco Polo fino a “Bestie uomini e dei” di F. Ossendowsky. Il viaggio assume sempre più un significato esoterico ed essoterico, forma l’uomo e la sua comunità, ne sviluppa lo spirito di avventura, lo spinge come Odisseo al di là delle Colonne d’Ercole ed in altra forma, si presenta come metafora della spiritualità umana. Noi ne parleremo in termini moderni, tralasciando il lato esoterico e dedicandoci al suo aspetto più pratico e comunitario. Tracceremo una breve storia che va dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri senza una pretesa scientifica, ma attraverso il sentimento antiborghese che ne ha sempre permeato lo spirito. Attraverso la storia del movimento “Wandervogel”, guardando le figure di alcuni importanti esploratori, per arrivare fino ai giorni nostri ed analizzare la figura del viaggiatore “zaino in spalla”, espressione carica di significato quest’ultima, in questo momento nichilista della nostra civiltà.

Il movimento Wandervogel

Il movimento “Wandervogel” nasce intorno al 1896 e affonda le sue radici nel movimento romantico dei primi anni dell’Ottocento e nella mistica nazionalpatriottica della gioventù tedesca durante le guerre di quel periodo. Il nome viene da un poema di Joseph Von Eichendorff uno dei più rappresentativi e qualificati esponenti della letteratura romantica tedesca, autore del celebre

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“Aus dem Leben Eines Taug enichts” (“Il diario di un perdigiorno”), che si può considerare il libro di riferimento della contestazione alla società industriale e commerciale che si stava formando in quell’ epoca. Nei primi anni dell’Ottocento si era sviluppata una letteratura sinceramente patriottica che, a causa anche della situazione di instabilità politica della prima parte del secolo, portò a sviluppare un modello culturale che opponeva ai principi culturali della Rivoluzione francese, democratici ed egualitari e fortemente razionalisti, un esaltazione del sentimento della natura, della fantasia e della benefica diversità degli uomini, che esaltava la Nazione come entità spirituale e vedeva la vita come una lotta incessante e titanica contro il destino, considerato un elemento attivo dell’ordine universale. E’ da questi presupposti che nascerà poi la Jugendbewegung (Lega Giovanile). Infatti nel 1896 uno studente del liceo di Steglitz diede vita ad una lega di stenografi che si trasformò in un centro escursionistico, con i ragazzi pronti a vagabondare tra le varie località dell’impero. Il wandern (vagabondare) dei primi wandervogel assunse ben presto una fuga dalla civiltà, dal progresso, lontano dalle fabbriche e dalle ciminiere, immersi nella natura. I giovani rinascevano a nuova vita, ritrovavano la propria coscienza ed osservavano il mondo con altri occhi, nel silenzio del bosco e delle vette, riscoprivano la vocazione al divino. Ad orientare questa direzione fu lo studente Karl Fischer. Fu sotto la sua spinta che le escursioni vennero intensificate e assunsero un carattere militare, nello stile e nella disciplina, creando una comunità cementata da un ardente spiritualità per porre le basi di un mondo migliore. La sera del 4 novembre 1901 si può considerare come la data di fondazione del movimento. Da questa data infatti, ha inizio un opera di proselitismo tra la gioventù tedesca soprattutto ad opera di Karl Fischer. La gioventù di Steglitz prese l’abitudine a riunirsi sulle colline accanto a castelli e rovine dell’epoca medioevale, di notte i fuochi bruciavano nella valle di Nuthe, qui si celebrava il solstizio secondo i riti e le tradizioni degli antichi Germani. Con il tempo si diffuse anche l’abitudine alle scalate sulle vette, lasciando dietro di sé i pensieri meschini, parlando degli scrittori preferiti e dando grande spazio ai racconti delle saghe. Il canto era una pratica costante e accompagnava ogni momento del viaggio, si cantavano principalmente canzoni contadine rielaborate, ma anche i canti di mare e quelli di guerra, sopratutto quelli dei lanzichenecchi. I wandervogel adottarono molte di queste canzoni, ad esempio quelli di Amburgo cantavano le canzoni dei pirati (rif. E. von Salomon “I Proscritti”). Su queste basi nasceva una comunità contraddistinta da un grande spirito di cameratismo e di disciplina fortemente antiborghese. In breve il movimento si estese in tutta la Germania e si formarono varie Bund in tutte le città:

“ Di domenica mattina, verso le sette, si poteva vedere abitualmente un paio di gendarmi andare su e giù per le strade di Steglitz, oppure giovani fattorini del latte e donne infreddolite che distribuivano il pane andando di porta in porta o anche giovani fanciulle che, stanche di una notte di danze, ritornavano a casa accompagnate da pallidi cavalieri. Ogni altra cosa intanto continuava a dormire, mentre tenui risuonavano i campanili delle chiese. Ecco però ancora qualcosa … da lontano si avverte qualcuno avanzare con passo pesante attraverso le strade silenziose, si ode un

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fischio e poi ancora un altro … un paio di berretti di colore diverso, un grigio cappello sformato, un giovanottello con al collo un fazzoletto rosso … poi qua e là alcuni più giovani e dall’aspetto timido con la merenda per il cammino e gli occhi ancora assonnati. Un altro ancora sopraggiunge e saluta Heil.”(cit. pag. 26 “Wandervogel”di N. Cospito).

Nel contatto con la natura i giovani ritrovavano dunque il proprio essere, smarrito nel frenetico ritmo della vita quotidiana, cominciavano a rendersi conto dell’alienazione della vita urbana e del senso di frustrazione prodotti dall’urbanesimo delle megalopoli e riscoprivano così il valore della civiltà contadina imparando a conoscere e ad amare le antiche tradizioni che li avvicinavano sempre di più all’ Heimat (patria), alla vita del popolo, conformandosi alla sua genuinità ideale sulla cui base costruire un nuovo modello sociale. Emerge, quindi, una nuova figura, un giovane scanzonato in marcia dal tramonto all’alba, col sole o con la pioggia, sacco in spalla, cibo semplice e naturale, sempre in compagnia di uno strumento. Una gioventù nuova, rivoluzionaria, dotata di originalità ed efficacia. Il mito del successo, la corsa al benessere ed al denaro non poteva dare risposte ad una generazione piena di speranza e di ideali e si creò uno scontro con la società degli adulti, la parola d’ordine era: i giovani con i giovani.

“Il movimento intanto allargava la base dei suoi aderenti e “già nel 1904 l’ondata dei Wandervogel era dilagata in Germania con forza tale, che neppure Karl Fischer era più in grado di spiegarsene le ragioni”. Le riunioni a Steglitz si svolgevano due volte alla settimana nella sede del movimento. Nel corso di questi incontri si intavolavano discussioni e dibattiti su vari temi e spesso avevano luogo le cerimonie delle nuove iscrizioni. Nel corso di queste cerimonie che avevano un carattere estremamente suggestivo, Fischer, in qualità di capo supremo, illustrava ai neofito spirito, il programma e gli scopi dell’organizzazione. Egli sottolineava in particolare il valore dello spirito gerarchico e della disciplina che mai e in alcun modo avrebbero dovuto essere trasgrediti. Dopo altri preamboli e formalità si procedeva al giuramento che appariva solenne e impegnativo: “Vuoi tu promettere tutto questo al fine di entrare a far parte dell’encomiabile gruppo degli scolari girovaghi? Dì allora forte e chiaro: Sì! Avete registrato tutto?- Si rivolgeva, infine, Fischer ai testimoni che sempre presenziavano in numero di due per rendere possibile l’atto di iscrizione – Sì! rispondeva ognuno di loro e allora Fischer stringeva la mano al giovane neofita, lo scrutava da capo a piedi e ne registrava il nome nel libro degli iscritti. Quando le formalità erano finalmente adempiute, aveva inizio la fase più allegra della cerimonia. Fischer prendeva la chitarra e lentamente, piano piano, cominciava a cantare mentre gli altri lo seguivano in coro. Altre volte era Wolf Meyen a intonare un canto tra quelli che aveva appreso tempo prima dai contadini o da altri girovaghi …” Il nuovo aderente veniva subito inserito nei ranghi e nelle strutture dell’organizzazione. Dopo il giuramento riceveva la qualifica di Scholar ed entrava a far parte della categoria dei novizi, dopo qualche tempo diventava Bursche, titolo che gli comportava

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qualche incarico di responsabilità e infine passava nell’ordine dei Bachanten, divenendo così un militante a tutti gli effetti. Fischer ricopriva la carica di Oberbachant, cioè il capo assoluto. Il termine Baccante derivava dalla tradizione dei clerici vagantes dell’epopea medioevale che per i Wandervogel costituirono un costante punto di riferimento. E proprio durante il Medioevo, quando gli scolari girovaghi andavano attraverso i campi e i boschi, si era dato al capo banda il soprannome di Baccante. Si trattava di un mito romantico e, infatti, come già era stato per il Romanticismo, anche in questi anni la gioventù cercava nella civiltà medioevale una alternativa valida e affascinante da contrapporre al razionalismo e al meccanicismo imperanti. Senza dimenticare poi il sentimento di disprezzo che animava la Jugendbewegung nei confronti delle ideologie democratiche e moderniste.” (op. cit. pag 30,31,32 “Wandervogel” N.Cospito).

I wandervogel sentirono doveroso farsi carico di una situazione che degenerava di giorno in giorno, essi sentirono la necessità di procedere ad una rigenerazione degli animi contaminati dalla civiltà edonista e materialista. Durante quello che fu il loro più grande raduno, tenuto nel 1913 sul monte Meissner, si assistette all’apogeo del movimento con ben 13000 partecipanti. I wandervogel, di lì a poco, si arruolarono in massa ed entusiasti andarono in guerra ( 1914-18) sperando di cambiare il mondo. Tra loro anche due giovani portarono il loro entusiasmo, i fratelli Junger.

Esploratori famosi

Indubbiamente un altro lato affascinante del viaggio è l’avventura: dall’Odissea di Omero al Milione di Marco Polo, le figure degli esploratori, uomini in continua ricerca, ha eccitato la fantasia dei giovani. Non è forse anche un libro di viaggio “lo Hobbit”, e chi non ha fremuto per le peripezie del buon Frodo, il portatore dell’anello? La storia ci ha consegnato migliaia di esploratori, gente più o meno famosa, per trovare un filo logico ai nostri discorsi, tracceremo la vita di alcuni di quelli del Novecento, a noi affini per ideale e spirito d’ appartenenza. Uomini che soli o in compagnia di altri hanno fatto del viaggio fisico anche una ricerca interiore, persone che hanno sfidato montagne e nemici, alla ricerca di Dio che muove l’uomo, o di qual qualcos’altro, forse un demone o forse solo i propri limiti, ma che ne celebrano infine la sua grandezza.

Giuseppe Tucci (Macerata, 5 giugno 1894 – San Polo dei Cavalieri, 5 aprile 1984)

E’ giustamente considerato uno dei massimi studiosi occidentali delle culture asiatiche di tutto il Novecento. E’ stato giornalista, scrittore, archeologo, antropologo, esploratore, Accademico d’Italia e presidente onorario di numerose istituzioni di grande prestigio. Studioso di lingue antiche ed orientali, nel 1911 pubblicò una raccolta di epigrafi latine nella prestigiosa rivista dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, mentre nel 1914 scrisse i primi saggi di orientalistica, a proposito di testi religiosi antico-iranici e sulla filosofia cinese. Nel 1915 partì per la Grande Guerra, congedandosi con il grado di tenente. Nel 1925, assieme a Carlo Formichi, fu inviato dal governo italiano ad insegnare italiano e cinese all’Università di Visva Bharati, fondata dal poeta Rabindranath Tagore a Santiniketan, in Bengala. In quel periodo, Tucci cominciò anche lo studio del bengalese e del tibetano. Nel 1929 fu nominato Accademico d’Italia, e nel 1933 fondò insieme al filosofo Giovanni Gentile l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma (IsMEO), con lo scopo principale di sviluppare le relazioni culturali tra l’Italia ed i paesi asiatici. Nel 1938, sempre insieme a Gentile firmò il Manifesto della Razza. Tra il 1928 ed il 1954 organizzò otto spedizioni nello Himalaya indiano e nel Tibet occidentale e centrale, nonché cinque o sei nel Nepal, raccogliendo oggetti, testi e una documentazione enorme e pressoché unica nel patrimonio artistico e letterario di quei paesi. A partire dal 1955 organizzò scavi archeologici e restauri monumentali nella valle dello Swat in Pakistan, a Ghazni in Afghanistan, a Persepoli, Isfahan, Shahr-e Sokhteh e Dahan-e Ghulaman in Iran. Nel 1979 gli fu attribuito il Premio Balzan per la storia: “ Per le sue sensazionali scoperte in Oriente e i suoi fondamentali studi storici volti specialmente a dimostrare

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l’interdipendenza tra losviluppo della civiltà asiatica e quella europea” (motivazione del Comitato Generale Premio Balzan). La figura di Giuseppe Tucci compare nella trama del recente film “Un’altra giovinezza” (2007), diretto da Francis Ford Coppola e tratto dall’omonimo romanzo di Mircea Eliade.

Heirich Harrer (Huttenberg, 6 luglio 1912 – Friesach, 7 gennaio 2006)

E’ stato un alpinista, esploratore e scrittore austriaco. Harrer partecipò tra il 21 e il 24 luglio 1938 alla prima ascensione della parete nord dell’Eiger (m 3970), considerata allora inespugnabile per l’estremo grado di difficoltà. L’impresa fu da lui stesso descritta nel libro “Parete Nord”. La fama di Harrer è legata in particolar modo all’affascinante ed avventurosa vicenda della sua permanenza in Tibet tra il 1944 e il 1951, dove era giunto fuggendo dal campo di concentramento inglese in India. Harrer narrò questa vicenda nella sua opera letteraria più famosa: “Sette anni nel Tibet”, che fu fonte d’ispirazione per la realizzazione del film “Sette anni in Tibet”, del regista Jean-Jacques Annaud. Dopo il ritorno in Europa, a partire dagli anni Cinquanta, compì numerose spedizioni scientifiche ed alpinistiche nell’Himalaya, in Africa, in Sudamerica, nel Borneo, in Alaska, nonché in Nuova Guinea (dove nel 1962 guidò la prima scalata al Puncak Java, la vetta più alta dell’isola). Nel 1982 tornò in Tibet, rivisitando la capitale Lhasa, un tempo sede del Dalai Lama, con il quale aveva intrecciato una grande amicizia. Nel 1997 Harrer dovette difendersi dalle accuse rivoltegli dopo la pubblicazione di un dossier rinvenuto tra i documenti degli archivi nazisti che testimoniavano la sua adesione fin dal 1933 alle SA e dal 1938 alle SS. Nonostante il grande attacco, nei suoi confronti, da parte della stampa mondiale, quest’ultima non è riuscita a sminuirne le imprese.

Sven Anders Hedin (Stoccolma, 19 febbraio 1865 – Stoccolma, 26 novembre 1952)

E’ stato un esploratore, geografo e geopolitica svedese. Tra il 1886 e il 1892 studiò geologia, mineralogia, zoologia e latino all’Università di Stoccolma, di Uppsala, di Berlino ed Halle. Fu allievo di Ferdinand von Richtofen. Tra il 1892 ed il 1935 guidò varie spedizioni nell’Asia centrale. Tra i suoi primati, anche la produzione della prima mappa dettagliata del Pamir, Taklamakan, Tibet, dell’antica via della seta e dell’Himalaya. Sebbene sia stato principalmente un esploratore, Hedin fu anche il primo occidentale a dissotterrare le rovine delle antiche città buddiste nell’Asia Centrale. Negli ultimi tempi disegnò le mappe di ampie zone inesplorate delle alture tibetane, ma non riuscì mai a realizzare il suo ultimo grande sogno: accedere alla città proibita di Lhasa. Sven Hedin ebbe grande ammirazione per il nazionalsocialismo, soprattutto in funzione anti-russa. Tuttavia il suo libro “Tyskland och varldsfreden” (La Germania e la pace mondiale) venne bandito nel Terzo Reich perché l’autore ammetteva le sue lontane origini ebraiche.

Dagli “hippies” alle guide “lonely planet”

L’esperienza del viaggio non conforme non si esaurisce con il declino del movimento wandervogel (comunque ancora oggi vivo), dal mito della ribellione o alla visione del viaggio come momento iniziatico. La ribellione verso la società dei grandi o comunque la società consumistica, prosegue in altre forme ed esperienze. Negli anni ‘50 la pubblicazione del libro “On the road” di Jack Kerouac, apre gli occhi sui beatnick americani, il viaggio come fuga, come avventura, come momento di incontro e rifiuto delle regole borghesi segna infatti un nuovo momento di rottura. L’idea di abbandonare le famiglie e viaggiare saltando di treno in treno o facendo l’autostop alla ricerca del senso della vita attraversa velocemente l’Oceano e giunge in Europa. Attraverso le rovine del vecchio continente una nuova generazione cresce sviluppando una nuova mitopoietica, il rifiuto di una società che sta sviluppando velocemente i nuovi valori borghesi si fa largo tra i giovani, lentamente una nuova prosperità permette di viaggiare attraverso il continente alla ricerca di se

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stessi. Il limite di questi movimenti è dato da un problema ideologico: l’eredità della guerra e la sconfitta attraverso essa, di una certa visione della vita, impone ai giovani nuovi modelli culturali che non filtrano più attraverso l’amore per la patria e la riscoperta delle proprie radici per un ritorno alla tradizione primordiale. La ferita della guerra, il rifiuto della violenza, una nuova cultura della droga, aprono i movimenti giovanili a forme di viaggio degerarchizzate ed individualistiche, il confronto diventa paragone ed accettazione di un terzomondismo acritico, siamo lontani anni luce dalle esperienze di scambio proprie di quella gioventù non conforme e lontane da quell’ amore della conoscenza che aveva portato i nostri grandi esploratori al confronto ed alla condivisone di valori, a quella fratellanza che ne aveva mosso i passi. Nicola Cospito nel suo libro sui wandervogel afferma, secondo noi in parte giustamente, che né la beat generation priva del sub strato culturale europeo, né il movimento studentesco, figlio di un ideologia già nata vecchia, possono costituire validi termini di paragone. E’ forse proprio per questo che lentamente e conseguentemente si fa strada un nuovo tipo di viaggiatore deideologizzato, figlio sicuramente della cultura hippies ma indubbiamente più anarchico: il viaggiatore “zaino in spalla”. Le guide “lonely planet” nascono agli inizi degli anni Settanta dall’iniziativa di due australiani che decidono di capitalizzare un lungo viaggio nel Sud dell’Asia, questa intraprendente coppia dà inizio, con una guida semplice e pratica, ad un fenomeno che nel giro di pochi anni diventerà centrale nel nuovo modo di viaggiare. Il bagpackers o routard, trova in queste semplici e maneggevoli guide delle vere e proprie “bibbie”: collegamenti, luoghi da visitare, musei, passatempi, locali, luoghi dove dormire, tutto all’insegna del viaggio fai da te, e poi ancora, mappe, itinerari consigliati, storia del paese ospitale, divisione etnica, lingua, frasi utili, insomma un po’ tutto. Indubbiamente un grande passo avanti ed un grosso aiuto per chi viaggia, ma anche un grande limite.Le guide aiutano i novizi, ma alla lunga diventano un impedimento, rischiano di imbrigliare la fantasia del viaggiatore, di castrarne lo spirito di iniziativa. In caso di variazioni, molte persone si perdono, e qui che entra in gioco quello spirito di adattamento e sopravvivenza che rende unico ed inimitabile il viaggiatore.

“L’importanza del viaggio, l’esperienza del confronto, la natura”

La differenza nel viaggio la fanno pochi fattori: innanzitutto il coraggio e poi la capacità di raccogliere informazioni ed interagire con il territorio e la popolazione locale, il saper razionare le provviste, essere in grado di montare una tenda, imparare a comprendere i cambiamenti climatici e leggere le carte. In viaggio sapersi lavare i vestiti, cucire un bottone, cucinare, sono necessari esercizi che aiutano a superare quelle piccole difficoltà che troppe volte deleghiamo ad altri, il viaggio è la misura di noi stessi. Il viaggiatore zaino in spalla, moderno esploratore, mette se stesso in gioco e sebbene ormai ci sia poco spazio per l’avventura, tende nonostante ciò a cercare di rivivere quello spirito. Trekking, rafting, canoa, hiking, snorkeling, diving, equitazione, sport estremi e non praticati a tutte le latitudini, deserto, jungla, fuga da ladri e guerriglieri, il contatto con la popolazione locale, il confronto con l’Oriente ed i mali dell’Occidente. Il viaggiatore zaino in spalla rivive nella fatica gioiosa del viaggio quella virilità che ne fa attore del suo destino e non certo uomo massa dedito al consumo chiuso in villaggi artificiali in cui rivive anestetizzato il luogo natio, vittima del consumo globale. La sera seduto ad un tavolo si confronterà con chi come lui viaggia e troverà nuovi amici o sentirà nuovi racconti nell’attraversare una foresta, nell’affrontare le piccole insidie, troverà spunto per mille piccole storie e recupererà quel rapporto fondamentale con la natura, che mosse i wandervogel, risponderà ad una società che non sa e non vuole dare stimoli, divenendo finalmente protagonista. Ma il viaggiatore moderno può essere anche qualcosa di più: può viaggiare con altri e completare quel percorso di formazione civile che ne fa un militante comunitario, può condividere una parola abusata e vuota al giorno d’oggi, che lui può rendere a nuovo significato se saprà superare il limite individualistico dato dalla società e dalle nuove forme di viaggio.

Conclusioni

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Questo breve escursus storico-pratico non ha la pretesa di essere definitivo, si è deciso di dare un infarinatura generale sui vari argomenti, lasciando poi a voi la facoltà di approfondirli, è indubbio che il lato del viaggio ricopre un ruolo fondamentale ed affascinante nella formazione di una coscienza militante ed antiborghese, perchè la militanza è uno specchio che ci accompagna sempre, con cui ci confrontiamo ogni giorno, ma deve essere vissuta anche con la dovuta leggerezza, con quella gioia ed avventura che fu dei nostri padri, con quella beata incoscienza che è propria di una gioventù sana e ribelle. Il pensiero differente lo è in ogni manifestazione, noi rifugiamo ogni banalizzazione e per questo si è voluto porre un accento diverso sulla possibilità del vivere pericolosamente che già Nietzsche ci esortava a fare e anche la possibilità di fare comunità diversamente. A voi le vostre conclusioni e come diceva Karl Fischer ai suoi giovani wandervogel, incontrandoli: heil! e aggiungiamo noi, buon viaggio!