Riflessioni sull’opera - Il giornale dei Grandi Eventi · al “Va’ pensiero” cantato da...

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anno XIX - numero 56 - 16 luglio 2013 Riflessioni sull’opera Parlano il maestro Riccardo Muti ed il regista-scenografo J.-P. Scarpitta A Pag. 2 La Storia dell’Opera Il successo dopo le delusioni delle prime due opere A Pag. 6 L’Analisi musicale Primo lavoro ben strutturato del giovane ed irruento Verdi A Pag. 7 Il vero Nabucodonosor Il conquistatore di Gerusalemme che riedificò la torre di Babele A Pag. 8 e 9 Giuseppina Strepponi La chiacchierata prima Abigaille, poi seconda moglie di Verdi A Pag. 14 nabucodonosor di Giuseppe Verdi

Transcript of Riflessioni sull’opera - Il giornale dei Grandi Eventi · al “Va’ pensiero” cantato da...

anno XIX - numero 56 - 16 luglio 2013

Riflessioni sull’operaParlano il maestro Riccardo Muti ed il regista-scenografo J.-P. Scarpitta

A Pag. 2

La Storia dell’OperaIl successo dopo le delusionidelle prime due opere

A Pag. 6

L’Analisi musicalePrimo lavoro ben strutturato del giovane ed irruento Verdi

A Pag. 7

Il vero NabucodonosorIl conquistatore di Gerusalemmeche riedificò la torre di Babele

A Pag. 8 e 9

Giuseppina StrepponiLa chiacchierata prima Abigaille, poi seconda moglie di Verdi

A Pag. 14

nabucodonosordi Giuseppe Verdi

Una cosa è certa: il Na-bucco per RiccardoMuti è l’opera della

vita, l’opera che segnò il suoesordio nella sua travagliataesperienza a La Scala, quan-do la diresse il 7 dicembre1986, al suo primo San-t’Ambrogio scaligero, conBruson ottimo protagonista,per la tradizionale aperturadella stagione. Una serata incui l’allora 45enne direttoredi Molfetta, in quel tempiodella musica in cui famosadivenne la regola «Toscanininon ripete», decise a sorpre-sa di concedere il bis pro-prio del “Va’ pensiero”. Magià precedentemente Mutivantava una lunga frequen-tazione con questa partitu-ra. La prima volta risale alMaggio Musicale Fiorenti-no del 1977: uno spettacolopregevole con la regia meta-storica di Luca Ronconi, lescene e costumi di Pier Lui-gi Pizzi e le presenze impor-tanti di Sigmund Nimsgerne di Cristina Deutekom.Nello stesso anno l’incisio-ne per l’etichetta Emi, carat-terizzata da un incederedrammatico inesorabile,con la Philarmonia Orche-stra e le voci di Matteo Ma-nuguerra, Renata Scotto,Nicolaj Ghiaurov e ElenaObraztsova. Con Nabucco, ilgiovane Verdi componeun’opera in grado di coin-volgere il sentimento popo-lare, capace di trascendere ipropri limiti per divenirepoi simbolo dello spirito ri-sorgimentale. Al di là deicaratteri specifici d' una par-titura indubbiamente acer-ba e caratterizzata da

un’estrema economia dimezzi ma comunque sem-pre attenta ai valori deldramma, Muti nota «unamusica concisa, travolgente,poetica», vera incarnazionedell’anima italiana. Così oraMuti, nell’ambito dei suoitre titoli l’anno da contrattocon l’Opera dio Roma, inquest’anno verdiano dopoSimon Boccanegra e I due Fo-scari, al Costanzi riproponequesto titolo con lo stessoallestimento ideato da Jean-Paul Scarpitta per la stagio-ne del 2011, la stagione del150° dell’Unità d’Italia. Ottoserate allora, tra le qualiquella – tutta ad inviti - del17 marzo (terza replica) nelgiorno dell’anniversariodella trasformazione del Re-gno di Sardegna in Regnod’Italia ed alla quale parte-cipò tutto il Gotha dell’eco-nomia, della politica e dellafinanza italiana e che in sa-la, oltre al Presidente dellaRepubblica Napolitano, vi-de la presenza, proprio difronte al sipario sormontatodallo stemma sabaudo, delprincipe Vittorio Emanuelee della principessa Marinadi Savoia, mentre dall’alto,al “Va’ pensiero” cantato datutta la sala, scendevano apioggia riproduzioni delTricolore reale del 1861. Maproprio quel “Va’ pensie-ro”, così semplice, così po-polare, divenuto – forse an-che un poco a sproposito -tanto evocativo del nostroRisorgimento, lo stesso Mu-ti ha più volte detto che nonpuò divenire l’Inno nazio-nale d’Italia. «Mi sono sem-pre espresso contro questa

idea… Verdi nella partiturascrive che il tempo deve esserelento, greve, con il canto quasisussurrato, mentre un innodovrebbe essere trascinante,forte, trionfale. Questo è inveceil canto di dolore di un popolooppresso, contestato subito do-po, nello stesso libretto, dalGran Sacerdote Zaccaria, ilquale, invece, di slancio spronail suo popolo alla riscossa. Co-me potrebbe dunque rappre-sentare l’orgoglio di una Na-zione?». Poi Muti col suohumour meridionale chio-sa: «E’ un brano che dura qua-si cinque minuti, dove il clouarriva tardi.. v’immaginate icalciatori della nazionale im-mobili fin’anche alle parole “omia Patria si bella e perdu-ta”… con che spirito entrereb-bero in campo… sicuramentesi perderebbe la partita!!!».«Siamo, comunque, di frontead un vero monumento nazio-nale – dice il Maestro, chedella difesa della culturadel nostro Paese di è volutofare portavoce e paladino -,in cui ritroviamo tutto lo spi-rito e l’irruenza giovanile diVerdi, velata però di malinco-nia, forse dovuta oltre al ca-rattere del testo anche a quegliinsuccessi (Oberto e Ungiorno di regno, n.d.r.) cheavevano preceduto quest’ope-ra». Su quest’allestimento,il regista Jean-Paul Scarpit-ta intende la messa in scenacome «una riflessione sullastoria più che una rappresen-tazione». L’idea portante èquella di un minimalismoche riduca al massimo glielementi scenici, privandogli accessori di qualsiasi va-lenza decorativa, «permet-tendo una vera drammatur-gia». L’ambientazione sto-rica è suggerita da pochi es-senziali elementi, una pira-mide, una sola porta delpalazzo, qualche albero da-vanti a un muro d’oro e ro-vine che emergono dallenuvole. Tutto concepitoper «comprendere e far com-prendere - sottolinea il regi-sta - senza ottenebrare losguardo dello spettatore cer-cando di imporgli idee precon-cette». Importante è poi ildiscorso sull’attualità delteatro verdiano. Nelle pa-role di Scarpitta, «il genio di

Verdi ci rimanda al nostrotempo, ai nostri drammi, e lichiarisce, perché oggi più chemai, il nostro destino è la poli-tica». La conclusione dellavicenda introduce una notadi speranza, una nuova na-scita, «l’apparizione di unabella e giovane donna di oggiche culla fra le braccia un bam-

bino, in mezzo a giovani uomi-ni d’oggi, cuori puri appassio-nati di libertà. Questo messag-gio - conclude Scarpitta - do-vrebbe risuonare nel cuore de-gli uomini che vedono un’Eu-ropa che stenta a costruirsi,mentre le dittature faticano adisfarsi, a scomparire».

andrea Marini

2 nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

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La Torre di Babele (1563), di Pieter Bruegel ilVecchio (1525 – 1569); Kunsthistorischer Mu-seum – Vienna.

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dove potrete leggere e scaricare i numeri del giornale

~ ~ La Copertina ~ ~

~ ~ La Locandina ~ ~Teatro Costanzi, 16 - 23 luglio

nabucodonosor Dramma lirico in quattro atti

Libretto di Temistocle Soleradal dramma Nabucodonosor di Anicète Bourgeois

e Francis Cornue (1836)

Prima rappresentazione: Milano, Teatro Alla Scala9.3.1842 (Terza opera teatrale di G. Verdi)

Musica di Giuseppe Verdi

Direttore Riccardo MutiRegia e Scene Jean-Paul Scarpitta

Maestro del Coro Roberto GabbianiCostumi Maurizio Millenotti

Luci Anne-Claire Simar

Personaggi / Interpreti

Nabucodonosor (Bar) Luca Salsi Ismaele (T) Francesco MeliZaccaria (B) Riccardo ZanellatoAbigaille (S) Tatiana SerjanFenena (Ms) Sonia Ganassi / Anna Malavasi (20, 23)Il Gran Sacerdote di Belo (B) Luca Dall’AmicoAbdallo (T) Saverio FioreAnna (S) Simge Büyükedes

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERAAllestimento del Teatro dell’Opera del 2011

Questo Nabucco nelle riflessioni di Muti e del regista Jean-Paul Scarpitta

Un’opera simbolo di libertà universale, ma che non può essere inno nazionale

stagione 2013 del Teatro dell’opera di roma

stagione Estiva alle Terme di caracalla

2 e 7 agosto TErra E cIElodi Nino Rota

Coreografia Micha van HoecheDirettore Gaetano D’Espinosa

cavallErIa rusTIcanadi Pietro Mascagni

1 - 6 agosto Toscadi Giacomo Puccini

Direttore Renato Palumbo

23 - 31 ottobre TurandoTdi Giacomo Puccini

Direttore Pinchas Steinberg

Solo quattro spettacoliin Teatro, in questometà luglio che sta

divenendo sempre piùcaldo, per il Nabucco diVerdi, nella stessa edizio-ne ideata da Jean-PaulScarpitta - e sempre diret-ta da Muti - per la stagio-ne 2011, quella del 150°dell’Unità d’Italia. Quat-tro spettacoli, in contem-poranea con la Stagione

dell’Opera a Caracalla,che rappresentano il terzoimpegno stagionale diMuti con l’Opera di Ro-ma, per onorare il contrat-to che prevede, infatti, daparte del maestro di Mol-fetta la direzione di tre ti-toli d’opera l’anno. Cosìdopo Simon Boccanegra(apertura di Stagione innovembre) ed I Due Fosca-ri di marzo, ecco questo

Nabucco, titolo da Mutimolto praticato. Una ri-presa che, insieme alla re-cita in forma di concertodi Sabato 13 luglio scorsoal Pala De Andrè di Ra-venna, nell’ambito delRavenna Festival (la cuidirettrice artistica è la mo-glie di Muti, Cristina) ser-ve da rodaggio alla tour-née dell’orchestra del-l’Opera al Festival di Sali-

sburgo, dove questo alle-stimento sarà propostoper tre recite il 28 e 31agosto e 1° settembre conun cast leggermente mi-gliorato nelle principalivoci maschili. Intanto, la stagione2013/2014 si dovrebbeaprire a novembre prossi-mo, a conclusione di que-sto anno del Bicentenarioverdiano, con l’Ernani,

quinta opera di Verdi, an-data in scena per la primavolta a Venezia nel marzodel 1844, due anni dopo ilNabucco. La direzione saràsempre di Riccardo Muti.

3nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Un Nabucco per Muti in vista di Salisburgo

Le Repliche

Nella prima parte la vicenda è ambientata a Gerusalem-me, nelle altre tre a Babilonia, intorno al 587 a.C..

ParTE I – (Gerusalemme) – Radunati nel tempio di Salomoneebrei e leviti piangono la sorte del popolo d’Israele sconfitto da Nabucco(contrazione del nome Nabucodonosor) Re d’Assiria, che alla testa del suoesercito sta per entrare in città. Il Gran Sacerdote Zaccaria rincuora i fede-li. Israele ha in ostaggio Fenena, figlia di Nabucco che viene consegnata incustodia ad Ismaele, nipote del Re di Gerusalemme Sedecia. I due giovanisono però innamorati e progettano una fuga comune. Lui le ricorda quan-do da ambasciatore andò a Babilonia e, imprigionato, fu salvato proprio dalei sia dalla prigione che dall’amore furente della di lei sorella Abigaille.Così mentre Ismaele sta per aprire una porta segreta entra Abigaille, schia-va creduta figlia primogenita di Nabucco, seguita da alcuni guerrieri babi-lonesi travestiti da ebrei. Abigaille, ancora innamorata, impedisce la fugae, gridando vendetta, accusa Ismaele di tradire la patria per una donna ba-bilonese. Confessando di averlo amato e di avergli offerto il regno di Babi-lonia, la donna si dichiara pronta a salvarlo se tornerà da lei.Gli ebrei sono in preghiera quando avanza Abigaille inneggiando a Na-bucco con i guerrieri che entrano nel tempio. Giunge anche Nabucco ilquale viene affrontato da Zaccaria. Questo minaccia di uccidere Fenena seNabucco osasse profanare il tempio. Mentre Zaccaria sta per vibrare il pu-gnale su Fenena, Ismaele gli blocca la mano e la ragazza fugge tra le brac-cia di Nabucco che annuncia vendetta ed ordina il saccheggio della città.

ParTE II – (L’empio) – Tornata a Babilonia, Abigaille scopre, dauna carta sottratta a Nabucco, di essere solo una schiava e non sua figlia.Questa condizione la rende furente contro Fenena, Nabucco ed il Regno enei suoi propositi di vendetta e di acquisizione del potere si fa aiutare dalGran Sacerdote di Belo. Intanto Fenena, che ha ricevuto pieni poteri dal pa-

dre, libera gli ebrei e chiede a Zaccaria di essere con-vertita alla religione ebraica. Abigaille si appresta ad

impadronirsi della corona di Fenena quando giungeNabucco che afferra la corona e si proclama dio. A tali parole blasfeme sulsuo capo cade un fulmine che allontana la corona, immediatamente rac-colta da Abigaille che se la pone in testa.

ParTE III – (La profezia) – Nella reggia di Babilonia Abigaille èsul trono. Entra Nabucco con le vesti lacere e la barba incolta. Dopo una di-scussione Abigaille lo convince a firmare l’ordine di morte per gli ebreiprigionieri. Nabucco è perplesso e firma, ma poi quando si rende conto chetra essi c’è anche la figlia Fenena vorrebbe tornare sui suoi passi. Abigaillenon lo permette e Nabucco l’appella schiava e cerca il foglio attestante lanascita servile. Abigaille lo tira fuori dal seno e lo distrugge. Abigaille facondurre in prigione Nabucco, il quale chiede almeno Fenena. Intanto sul-le sponde dell’Eufrate gli ebrei invocano con nostalgia la loro patria. Giun-ge poi Zaccaria che profetizza la liberazione del suo popolo.

Parte Iv – (L’idolo infranto) - Negli appartamenti della reggiaNabucco, ancora prigioniero ma ormai rinsavito, sente rumori di guerra edaffacciatosi alla finestra vede la figlia Fenena trascinata verso la morte. Col-to da ispirazione chiede perdono al Dio e riacquista le forze. A liberarlo ar-rivano guerrieri rimasti fedeli. Nabucco prende la spada di Abballo e cor-re verso gli orti pensili dove il Sacerdote di Belo sta per giustiziare Fenena.Irrompe Nabucco che infrange l’idolo e libera i prigionieri, unendosi poiagli ebrei per esaltare la gloria di Dio e ringraziarlo della nuova libertà. En-tra Abigaille, che nel frattempo ha bevuto del veleno. In fin di vita chiedeperdono a Fenena benedicendo il suo amore per Ismaele. Muore invocan-do la pietà di Dio, mentre Zaccaria saluta Nabucco re dei re.

La Trama

Giovedì 18 luglio, h. 20.30

Sabato 20 luglio, h. 20.30

Martedì 23 luglio, h. 20.30

5nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Pagina a cura di Tina Alfieri

Al baritono luca salsi è affidato il ruolo di Nabucodonosor.Nato a San Secondo Parmense (PR) nel 1975 si è diplomato incanto presso il conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, e si è

perfezionato con il baritono Carlo Meliciani. Nel 1997 ha debuttatopresso il Teatro Comunale di Bologna nella (Scala di Seta di Rossini).Nel 2000 ha vinto il premio assoluto al concorso “Gian Battista Viot-ti” di Vercelli; ha iniziato così un’intensa attività che lo ha condottosui palcoscenici di tutto il mondo. Nella stagione 2008/09 ha presoparte a diverse produzioni tra cui Il Corsaro al Festival Verdi di Par-ma, La Bohème, al Carlo Felice di Genova, I Pagliacci, al teatro lirico diCagliari ha continuato poi con la stagione 2009/10 interpretando congrande successo la Traviata, Falstaff, L’Elisir d’Amore, Ernani e Lucia diLammermoor. Nel 2012 consensi ne L’Elisir d’amore (bilbao), Rigoletto(Trieste) e Don Carlo ne La Forza del destino (Buenos Aires). In questoruolo ha inaugurato a Barcellona la stagione attuale. Tra i suoi pros-simi impegni: I Puritani, al Teatro Lirico di Cagliari, Attila, al TeatroReggio di Parma, Un ballo in maschera, alla Washington Opera, e laMadama Butterfly, al Maggio Musicale Fiorentino ed al Metropolitandi New York. Nel marzo scorso all’Opera di Roma ha cantato nelruolo del Doge Foscari ne I Due Foscari.

Luca Salsi

Nabucodonosor,re degli Assiri

Acantare nel ruolo di Fenena saranno i mezzosoprani sonia Ga-nassi (16 e 18 /7) anna Malavasi (20 e 23 /7). sonia Ganassi, ènata a Reggio Emilia nel 1966, ha collaborato con direttori quali

Riccardo Chailly, Riccardo Muti, Myung-Wung Chung, Daniele Gatti.A seguito dei suoi numerosi successi, nel 1999 i critici musicali italiani leassegnano il Premio Abbiati. Molti i ruoli interpretati, diversi dei qualiincisi in CD o DVD. All’impegno operistico alterna un’intensa attivitàconcertistica nelle più prestigiose sale da concerto. Nella stagione2008/09 ha cantato Norma all’Accademia di Santa Cecilia, I Capuleti eMontecchi a Genova, Anna Bolena a Lione e a Parigi, La Damnation deFaust a Napoli, Maria Stuarda a Venezia, La Favorite a Siviglia. Nel set-tembre 2010 ha cantato nel Roberto Devereux di Gaetano Donizetti al-l’Opera di Roma e nel dicembre 2010 è stata per 5 delle 6 recite Sinaïdenel Moïse et Pharaon di Rossini, diretto da Muti per l’inaugurazione del-la stagione 2010.anna Malavasi, mantovana, si diploma nel 2003 in canto e pianoforte alConservatorio Rossini di Pesaro con il massimo dei voti e lode, anno incui vinse il Concorso Internazionale di Musica Sacra di Roma. Dopoaver interpretato ruoli sopranili, nel 2008 si sposta verso un repertoriomezzosopranile. Nello stesso anno vinse la trasmissione Serata d’onoresu RaiUno dedicata all’opera. Diretta da Muti ha cantato la Missa De-functorum di Paisiello al Festival di Salisburgo 2009. Tra le altre opere, al-la Fenice di Venezia Manon Lescaut (Musico) e Rigoletto (Maddalena). E’stata Azucena ne Il trovatore a Ravenna con la regia di Cristina Mazza-villani Muti. Ancora con Muti ha cantato come Fenena (primo cast) nelNabucco del 2011 al all’Opera di Roma e Macbeth al Festival di Salisbur-go, nonché “I Concerti della via dell’amicizia”. Ha poi preso parte al Con-certo dedicato a Verdi il 21 marzo scorso all’Opera di Roma.

Sonia Ganassi / Anna Malavasi

Fenena, figlia di Nabuccoed innamorata di Ismaele

Il basso riccardo Zanellato, Gran Sacerdote Zaccaria in questo cast,dopo essersi aggiudicato il premio Operalia nel 1996, ha debuttato conDom Sébastien di Donizetti al Comunale di Bologna ed al Donizetti di

Bergamo, riscuotendo il plauso di pubblico e critica. Da li ha iniziato adaffermarsi come uno degli artisti di nuova generazione per i ruoli di bas-so verdiani.Ha poi preso parte a La vedova scaltra, Assassinio nella cattedrale, Le nozze diFigaro ed Ifigenia. Importante la collaborazione con Muti che lo ha sceltoper le produzioni romane di Iphigenié en Aulide, Nabucco e Moïse et Phara-on. Regolare ospite del Festival Verdi ed al Regio di Parma, ha interpre-tato Nabucco, La forza del destino con la direzione di Gelmetti. Nel 2011 hadebuttato al Rossini Opera Festival nel Mosè in Egitto, mentre nel luglio2012 in Norma a Caracalla. All’Opera di Roma nel novembre 2011 è statoBanco, generale del re Duncano, nel Macbeth diretto da Muti che ha aper-to la stagione come nel novembre 2012 secondo cast di Jacopo Fiesco nelSimon Boccanegra sempre con Muti.

Acantare nel ruolo della protagonista femminile Abigaille è ilsoprano Tatiana serjan. Nata a San Pietroburgo, dove hacominciato gli studi musicali in pianoforte presso il Collegio

Musicale e in seguito al Conservatorio. Si è perfezionata in Italia al-l’Accademia delle Voci di Torino con Franca Mattiucci. Nel 1994 hadebuttato all’Opera Studio di San Pietroburgo nella Traviata, dovesuccessivamente ha cantato ne La bohéme e Così fan tutte; nel 1997 èstata diretta dal Maestro Mstilav Rostropovič con la San Pietrobur-go Philarmonic Society. Nel 2001 È stata finalista in alcuni concorsidi canto internazionali. Il suo debutto in Italia è stato al Regio di To-rino nel dicembre 2002 nel ruolo di Lady Macbeth. Ha debuttato Ai-da al Festival di Bregenz, I due Foscari a Parma e Modena. Ha parte-cipato al concerto finale del Festival di Ravenna. Sotto la guida diMuti, si è esibita nel Requiem di Verdi a Londra ed a Tolosa con laPhilarmonia Orchestra. All’Opera di Roma è stata ne La battaglia diLegnano e nel Macbeth del novembre 2011 andato poi al Festival diSalisburgo (2012). Sempre al Costanzi l’abbiamo sentita lo scorso an-no in maggio in Attila (Odabella) e quindi quattro mesi fa, a marzo,nel ruolo di Lucrezia Contarini ne I Due Foscari.

Tatiana Serjan

Abigaille, schiava e nonfiglia di Re,

innamorata di Ismaele

Riccardo Zanellato

Zaccaria, Grande Sacerdotedalla voce possente

E’ Francesco Meli a cantare come Ismaele, ruolo da tenore che inquest’opera è da comprimario. Nato a Genova nel 1980, ha ini-ziato gli studi di canto a diciassette anni e nel 2002 ha debuttato

con Macbeth di Verdi. Nello stesso anno ha cantato come solista nellaPetite Messe Solennelle di Rossini e nella Messa di gloria di Puccini, tra-smessa dalla RAI durante il Festival dei Due Mondi di Spoleto. Meliha calcato con successo i più importanti palcoscenici italiani ed euro-pei. Nel 2005 ha inaugurato le stagioni del Teatro alla Scala con Ido-meneo di Mozart, del Carlo Felice con Don Giovanni di Mozart, del Ros-sini Opera Festival in una nuova produzione di Bianca e Falliero. Inol-

Francesco Meli

Ismaele, nipote del Re di Gerusalemme e

traditore per amore

tre è stato interprete di recital solistici a Londra, Tokyo, Oslo, Poznane del Requiem di Verdi sotto la direzione di Gatti, Maazel, Noseda eTemirkanov. Torna ora a cantare all’Opera di Roma sotto la bacchet-ta di Muti dopo essere stato nel novembre 2012 Gabriele Adorno inSimon Boccanegra e quindi nel marzo scorso il figlio del Doge JacopoFoscari ne I Due Foscari, sempre di Verdi.

Il giornale va in stampa senza le foto degli interpreti, poiché a meno di 24 ore dalla “Prima”

ancora non ci sono state fornite dall’ufficio stampa del Teatro. ce ne scusiamo con i lettori.

6 nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

«Con quest’operasi può dire vera-mente che ebbe

principio la mia carriera ar-tistica». Verdi si accorsesubito che Nabucco eranato sotto una stella favo-revole ed anche dopo ri-conobbe che il suo desti-no di operista dipese ingran parte da quel giova-nile successo. Curioso, vi-sti i preamboli, non certoincoraggianti: il composi-tore, nel pieno di un terri-bile lutto familiare -la morte improvvi-sa dei due figliolet-ti e poco dopo quel-la dell’amatissimamoglie MargheritaBarezzi - e profon-damente amareg-giato dal fiasco del-la sua opera buffaUn giorno di regno,andata in scena allaScala il 5 settembredel 1840, era infattipiù che mai decisoad abbandonare lac o m p o s i z i o n e .Aveva allora 27 an-ni. «Mi persuasi chedall’arte avrei invanoaspettato consolazio-ni e decisi di noncomporre mai più».Tutto questo nonostanteil suo Oberto, conte di SanBonifacio gli avesse inveceregalato soddisfazioni,dopo la buona accoglien-za, sempre alla Scala, po-co meno di un anno pri-ma, il 17 novembre del‘39. Le circostanze che porta-rono al mutamento d’ani-mo sul comporre, sonoparzialmente aneddotti-che. Grande parte ebbeBartolomeo Merelli – im-presario della Scala ed trai grandi impresari italianidell’Ottocento, insieme aBarbaja, Jacovacci e Lana-ri - da cui dipendevano lesorti del teatro musicale aMilano, il quale intuì su-bito le doti del giovanebussetano. Il farcito rac-conto autobiografico, det-tato da Verdi all’editoreGiulio Ricordi una qua-rantina d’anni dopo, ri-porta che il compositore,in una fredda serata in-vernale, incontrò per casoil Merelli, il quale lo con-

vinse a seguirlo a Teatro.Tanto fece l’impresario,che Verdi, ritroso e decisoa snettere con la musica,si ritrovò a casa (viveva aMilano ormai dal 1839)con il libretto di Nabucco,scritto da Temistocle So-lera sulla base di passi bi-blici e del dramma Nabu-chodonosor di Aguste Ani-cèt-Bourgeois e FrancisCornu (andato in scena aParigi nel 1836), librettoappena rifiutato dal gio-

vane musicista prussianoOtto Nicolai. Si dice cheVerdi aprendo il testo acaso, rimase folgorato daquel verso Va, pensiero,sull’ali dorate che ancoraoggi è l’identificativo diquest’opera. Insomma,una sorta di ”forza deldestino” che avrebbe gui-dato Verdi nella composi-zione d’un lavoro così de-cisivo per la sua carriera.

decisiva fu la stepponi

In realtà decisivo fu l’in-tervento presso Merelli diGiuseppina Stepponi,dapprima compagna diVerdi dopo la morte nel1840 della prima moglieMargherita Barezzi equindi sposata dopo 13anni di convivenza nel1859. Quando s’incontra-rono lei, Clelia Maria Jo-sepha Stepponi, era mol-to più nota di Verdi comesoprano di successo edaveva alle spalle vitachiacchierata e tre figli il-

legittimi di cui uno – chemorirà a 25 anni di colera– con l’impresario Merel-li. E proprio con due suoiex amanti Merelli e Mo-riani, Giuseppina si ad-doperò nel 1839 perchévenisse rappresentato aLa Scala la prima opera diVerdi, Oberto, conte diSan Bonifacio. Intercessio-ne ripetuta due anni piùtardi proprio con il Na-bucco.Fioriture a parte, sappia-mo che Nabucco co-minciò gradualmentea prendere forma, tramomenti di incupi-mento e rinnovataebbrezza, con l’assi-dua collaborazionedel librettista e amicoSolera, con cui il con-fronto, se a tratti simanifestò assai bur-rascoso, nondimenofu proficuo e costrut-tivo. Verdi raccontadi aver chiesto a Sole-ra di sostituire unduettino amoroso traFenena e Ismaele, chea lui non piaceva per-ché raffreddaval’azione, con una pro-fezia da affidare alpersonaggio di Zac-caria; richiesta accettatacon riluttanza dal libretti-sta, che tuttavia promisedi scriverla nei giornisuccessivi. Ma Verdi, te-mendo di dover aspettaretroppo, sbottò, serròl’uscio e si mise in tasca lachiave «Non sorti di qui senon hai scritto la profezia:eccoti la Bibbia, hai già leparole bell’e fatte». Rischiòforse una reazione colle-rica da parte dell’amico,«..un pezzo d’uomo…», maun quarto d’ora dopo laprofezia era scritta. In-somma, tra scambi escontri, Nabucco fu ulti-mato nell’autunno del1841. Nel frattempo, laScala aveva già replicato17 volte Oberto, a ripara-zione del fiasco di Ungiorno di regno e la stagio-ne di carnevale-quaresi-ma era già definita contre opere nuove di artisticonosciuti, tra cui MariaPadilla di Donizetti. Nonc’era posto, dunque, perl’opera di Verdi, che Me-

relli avrebbe preferitonella programmazionesuccessiva. Naturalmenteciò scatenò le ire del bus-setano, «giovane e dal san-gue bollente», deciso piùche mai a vedere Nabuccosull’imminente cartello-ne, che con una «letterac-cia» sfogò sull’impresariotutto il proprio risenti-mento. Fu allora che Me-relli, che troppo conosce-va il mestiere per tagliarecon l’irruente maestro, gli

fece sapere che aveva mo-dificato il cartellone e cheNabucodonosor (titolo ori-ginale fino al settembredel 1844, quando il TeatroS. Giacomo in Corfù lo ac-corcerà in Nabucco) sareb-be andato in scena. «Dare-mo questo Nabucco; biso-gna tener calcolo però che ioavrò spese gravissime per lealtre opere nuove: non potròfare apposta pel Nabucco néscene né vestiario e dovròraffazzonare alla meglio ciòche si troverà di più adatto inmagazzino». Scene che, in-sieme ai riutilizzati costu-mi del precedente ballettoNabucodorosor di Cortesi,grazie allo scenografo Fi-lippo Peroni sortirono co-munque un effetto straor-dinario. Secondo alcunefonti poi, lo stesso compo-sitore avrebbe in parte fi-nanziato l’impresa, rinfor-zando a proprie spese ilcoro del Teatro, a queltempo né solido, né nu-meroso. Le prove di Na-bucco ebbero così inizio

negli ultimi giorni di feb-braio del 1842.

la “Prima” alla scala

Giunse la sera del 9 mar-zo 1842: la Scala era affol-latissima, con il fior fioredella Milano musicale,artistica e letteraria tracui, in un palco di primafila, Gaetano Donizetti.Del resto il cast si prean-nunciava brillante: laStrepponi (Abigaille),Giorgio Ronconi (Na-bucco), Giovannina Bel-linzaghi (Fenena), Cor-rado Miraglia (Ismaele),Prosper Derivis (Zacca-ria). Verdi prese posto inorchestra, con la scusa digirare le pagine ai colla-boratori, ma in realtà perassistere da vicino alproprio trionfo od allapropria caduta. E iltrionfo arrivò. Già il fi-nale del primo atto fuaccolto da un’ovazionetanto chiassosa da la-sciar di stucco lo stessocompositore, che sulleprime scambiò le accla-mazioni per fischi di di-sapprovazione. «Credettiche volessero farsi beffe del

povero compositore, e poiche mi cadessero addossoper farmi un brutto tiro». Einvece il successo fu cla-moroso. Al calare del si-pario applausi ed evvivafurono interminabili.Enorme l’entusiasmo peril celebre coro “Va pensie-ro” e pure per la Sinfonia,approntata negli ultimigiorni sotto la caparbiainsistenza del cognatoGiovanni Barezzi. Ottofurono le recite, ma il suc-cesso fu tale che alla Sca-la venne riproposta 75volte entro la fine di quel-l’anno. Insomma, il pub-blico del tempio lirico mi-lanese quella sera consa-crò definitivamente Ver-di, che meno di un annodopo avrebbe trionfatoancora con I Lombardi allaprima crociata (11 febbra-io1843), opera che ideal-mente s’accoppia con Na-bucco, dando il via quasid’istinto all’azione politi-ca del compositore.

barbara catellani

La storia dell’opera

Nabucodonosor, la gloria dopo la sventura

Giuseppina Stepponi con lo spartito del Nabucodonosor Bartolomeo Merelli

7nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Nabucco, libretto diTemistocle Sole-ra, tratto da un

episodio del Vecchio Te-stamento, costituisce,dopo le prove mediocrio fallimentari di Oberto,conte di San Bonifacio e diUn giorno di Regno, l’av-vio autentico del teatroverdiano, di un teatro,cioè, che pur attingendoall’esperienza dell’ulti-mo Rossini o del Doni-zetti tragico italiano, siimponeva con caratteripropri e di forte potereemozionale.Caratteri che emergonogià nella Sinfonia. L’av-vio lento e nobile affida-to ai fiati lascia il posto aun tema nervoso, scat-tante, marziale cui se-gue il riferimento al te-ma ampio e disteso del“Va pensiero”. Un bite-matismo, dunque, gio-cato sul contrasto fradue elementi caratterial-mente assai diversi cheriflettono le due animemusicali dell’opera: dauna parte il Verdi quasibandistico, esuberante,aggressivo, dall’altro lasua verve cantabile, di-stesa, con una delle me-lodie più popolari delsuo intero repertorio. E’significativo che mentreil primo tema ritorneràpiù volte a sottolineare imomenti più eroici, quel-lo lirico risuonerà nellasua completezza solo nelcelebre coro degli ebreisul finire della terza par-te. Verdi, dopo averlo an-nunciato, se lo tiene inserbo per la pagina su cuievidentemente più contain termini di impattoemotivo.L’opera s’articola inquattro parti, ognunacon un proprio sottotito-lo e una citazione dal li-bro di Geremia. La pri-ma parte si intitola “Ge-rusalemme” con la se-guente citazione: «Cosìha detto il Signore; ecco, iodo questa città in mano alre di Babilonia, egli l’arde-rà col fuoco» (GeremiaXXXII); la seconda

“L’Empio” è introdottadai versetti «Ecco… ilturbo del Signore è uscitofuori, cadrà sul capo del-l’empio» (Geremia XXX);la terza, “La profezia” ri-chiama Geremia LI: «Lefiere dei deserti avranno inBabilonia la loro stanza in-sieme coi gufi e l’upupe vidimoreranno». Infine laquarta, “L’idoloinfranto”: «Bel èconfuso: i suoiidoli sono rotti inpezzi» (GeremiaXLVIII).Già la prima sce-na nel Tempio diSalomone siapre con uno deiCori più famosi,“Gli arredi festi-vi”. L’avvio co-rale rientra nellatradizione del-l’opera italiana,anche se qui èdifferente la fun-zione. In genereil coro fungevada “prologo”,r a c c o n t a n d ol’antefatto, quiVerdi lo trasfor-ma subito inprotagonista, colpopolo che cantae lamenta la pro-pria condizionein una paginacon interventi asezioni e poi un finale acompagine intera.Nella scena successiva,al Coro si affianca Zac-caria, un basso, come siaddice alle figure “gui-da” e linea di canto spie-gata, nobile come nelMosè rossiniano.

la caratterizzazionedei personaggi

Aspetto interessante delprimo Verdi è il tratta-mento riservato ai per-sonaggi, spesso non“scavati” sul piano psi-cologico, non definiti “atutto tondo” come sa-ranno poi Violetta, Ri-goletto, Azucena, matrasformati in “simboli”.Così sono ad esempioFenena, figlia di Nabuc-

co, o il condottieroIsmaele. I due immetto-no nella storia la com-ponente sentimentalecon un recitativo amo-roso nella IV scena chespezza la tensione accu-mulata. Più attenzione sul pianodell’approfondimentocaratteriale, Verdi pone

agli altri due protagoni-sti, Abigaille e Nabucco.La prima, schiava rite-nuta figlia del Re, appa-re come la personalitàpiù complessa dell’ope-ra. In lei si scontranopassionalità amorosa esete di potere, ispirandoa Verdi momenti musi-cali espressivamente di-versi: dall’aria “Anch’iodischiuso”, al duro scon-tro con Nabucco, al pen-timento finale, al mo-mento della morte. Abi-gaille partecipa pure ascene di insieme. Da ci-tare, ancora, il canto acappella “Immenso Jeho-vah” (Parte IV) che conla sua profonda sugge-stione religiosa conferi-sce quasi un aspettooratoriale all’opera. So-

no elementi questi neiquali emerge la geniali-tà drammaturgica oltreche musicale di Verdi.A tale proposito va sot-tolineato che il Verdidel Nabucco, come dellealtre opere risorgimen-tali, è tutt’altro che“bandistico”: la sua ir-ruenza (con scatti ritmi-

ci, fiati in primopiano, accompa-gnamenti bal-danzosamentescanditi) è per-fettamente cal-colata e alternataa passi strumen-tali raffinatissi-mi.Il protagonistaNabucco è, comeAbigaille, perso-nalità controver-sa. Entra in sce-na nella primaParte annuncia-to dalla bandacon un temamarziale, che ri-correrà poi piùvolte a sottoli-neare momentiguerreschi, mo-strando subito,con vocalità ba-ritonale violen-ta, la sua bellico-sità e crudeltà.Nabucco incarnal’oppressore ed

è abile Verdi ad indivi-duare per ogni “simbo-lo” dell’umanità rap-presentata una adegua-ta scrittura vocale. Do-po essersi proclamatoDio ed essere stato ful-minato, il terribile Re diBabilonia conosce ilpentimento, la pietà, lamisericordia. Il suo can-to “Deh perdona” nellaParte III, si ammorbidi-sce, si fa più lirico, pertornare poi ad un pigliomarziale e trascinantenella Parte IV quandorientrato in sé, vuoleriprendere il proprioruolo.

Il “Va pensiero…”

Resta da menzionare lapagina più famosa del-

l’opera, il coro che gliebrei schiavi nella ParteIII. Sulle sponde del-l’Eufrate, incatenati, le-vano al cielo il loro ras-segnato e doloroso la-mento: «Va, pensiero, sul-l’ali dorate; /Va, ti posa suiclivi, sui colli,….».Le principali particolari-tà lessicali della paginariguardano la presenzadi termini aulici, comevoleva la prassi di prosae poesia ottocentesca, inparticolare: clivi, mem-branza, favella, fatidici,traggi, nonché i nomipropri Sionne e Solima,dove Sionne indica Ge-rusalemme, mentre Soli-ma deriva dall’anticadenominazione grecadella stessa città (Hiero-sólyma). Si tratta di 16decasillabi, divisi in 4quartine. Le strofe pre-sentano un ritmo anape-stico, con gli accenti checadono sulle sedi 3-6-9.È per questo che al ver-so 13 la parola “simile”si legge con l’accentopiano sulla seconda sil-laba (“simìle”) anzichécon l’accento sdrucciolosulla prima. Secondo laprassi della poesia mu-sicale, l’ultimo versod’ogni quartina è tron-co, cioè costituito da no-ve sillabe metriche. Ver-di costruisce una melo-dia ampia, distesa su unaccompagnamento ar-peggiato d’archi. Anda-mento doloroso, dina-miche soffuse con scattidi passionalità comesulla frase «Oh mia patriasì bella e perduta»; ovveroallo slancio lirico «Arpad’or dei fatidici vati». Uncoro, però, va ricordato,d’oppressi e rassegnati.Non a caso, quando iltutto si spegne, pianissi-mo sulla parola “virtù”,irrompe Zaccaria cheapostrofa i suoi: «Oh chipiange? Di femmine im-belli/ Chi solleva lamentiall’Eterno?/ Oh sorgete,angosciati fratelli, /sul miolabbro favella il Signor».

roberto Iovino

Analisi dell’opera

Nabucco, il primo lavoro teatraleben strutturato di Verdi

Verdi in un ritratto del Torriani. La data dovrebbe essere1842, anno del Nabucco, ma la riga dei capelli è a sinistraanzichè a destra (cambiamento che avvenne qualche annodopo) e gli occhi sono scuri anzichè chiari. Probabile che ilpittore abbia lavorato a memoria.

8 nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Gli ultimi decennidel VII secoloa.C. furono certo

vissuti dalle genti diogni lingua e culturache abitavano per am-plissime contrade ingran parte dell’Asia Oc-cidentale, dall’Iran occi-dentale alle coste delMediterraneo, come untempo crudele di inatte-se speranze e di terribiliincertezze. L’irresistibi-le dominio di Ninive edei suoi re, i “vicari” delterribile dio Assur, cheda oltre due secoli ave-va annientato ogni po-tere politico rivale edera arrivato ad esten-dersi dalla lontana Assi-ria fino a comprenderel’intera valle del Nilo,vacillava e i suoi eserci-ti faticavano a mantene-re il controllo della Me-sopotamia meridionale,dove sorgeva la cittàsanta di Babilonia, cen-tro del mondo, tanto

metaforico quanto rea-le, per gli abitanti dellaterra dei due fiumi. Unenergico principe cal-deo, emerso dalle palu-dose e impenetrabiliterre dove si alternava-no palmizi e desertosulle sponde del Golfo,forse erede di un anticoillustre lignaggio, Na-bopolassar, aveva leva-to un’armata che erariuscita a tenere in scac-co l’invincibile esercitod’Assiria, si era procla-mato re di Babilonia epretendeva di scuoterelo spietato “giogo di As-sur”. Dopo qualche ten-tativo sfortunato, quan-do l’audace Nabopolas-sar riuscì ad unirsi adun altro generoso prin-cipe affermatosi nellemontagnose regionidella Media, Ciassare,gli eserciti congiuntidella Babilonia e dellaMedia, con l’ausilio for-se di orde di Sciti, riu-

scirono a espugnare, nel612 a.C., la crudele Ni-nive, la “frusta di Yah-we”, come la definivanoi profeti d’Israele, rico-noscendo nell’Assirial’inesorabile esecutoreterreno dei terribili ca-stighi che il dio d’Israe-le infliggeva al suo po-polo per le sue ripetuteed imperdonabili infe-deltà.Parvero cessare alloraprolungate sofferenzedi popoli sterminati, de-predati e deportati dagliinflessibili signori d’As-siria – da Sargon II, aSennacherib, a Asar-haddon, ad Assurbani-pal, il Sardanapalo deiGreci -, se si dà ascoltoalla voce degli sconfittiEbrei, che avevano vistonel 722 a.C. cadere sottoi colpi dell’Assiria Sa-maria, capitale del re-gno settentrionale diIsraele: dopo le trepi-danti incertezze la spe-ranza che al giogo d’As-siria succedesse per lepopolazioni d’Orienteun più mite governonell’equilibrio tra Cias-sare e Nabopolassar. Ecosì certo fu, perchéquelli che presto diven-nero a loro volta i signo-ri del mondo – i re diBabilonia – non regna-rono più vantando unprimato implacabile ri-vendicato in nome di undio crudele, Assur, ben-sì si professarono, se-condo una millenariatradizione babilonese,pastori delle genti, re-stauratori di culti anti-chissimi, devoti piissimidi un dio ordinatore delmondo e signore del-l’universo, Marduk.

nabucodonosoril grande

Colui che affermò e con-solidò, fiaccando defini-tivamente la resistenzaassira e sconfiggendogli Egiziani accorsi insoccorso degli ultimi re-sti del potere assiro, fuil grande figlio di Nabo-polassar, Nabucodono-sor, che orgogliosamen-

te aveva assunto il no-me di un grande re delXII secolo a. C., il qualeaveva trionfato degliElamiti, aveva riportatoa Babilonia la statuacultuale della divinitàMarduk, sacrilegamen-te asportata dal suo ve-neratissimo tempio del-l’Esagil ed aveva datocorso all’esaltazioneteologica universalisticadel culto dello stessoMarduk.

costruttore dellaTorre di babele

Nabucodonosor II, sali-to al trono di Babilonianel 604 a. C., fu un gran-de sovrano e divennenella coscienza dellegenti della Mesopota-mia un eroe nazionale,tanto che, dopo il crollodell’impero babilonesenel 539 a.C. di fronte al-l’urto dell’achemenideCiro II il Grande, ognipersonaggio di Babilo-nia che tentò, senza for-tuna, di scuotere il do-

minio persiano, assunsedi nuovo il suo nome.Riorganizzato l’imperoe delimitato ad Orienteil potere dei Medi, ilgran Re si dedicò al piùspettacolare program-ma di rinnovamentoedilizio della sua capita-le, estesa allora per circa1000 ettari e di ricostru-zione di tutti i maggiorisantuari della Babiloniache mai si fosse visto inOriente. Fu questo stra-ordinario costruttoreche portò a termine,contro ogni aspettativa,l’impresa memorabiledel completamento del-la torre templare diMarduk a Babilonia,l’Etemenanki, la “Casafondamento del cielo e del-la terra”, che da alloraper alcuni decenni do-minò con la sua altezzadi poco meno di 100metri il panorama ver-deggiante di palme del-l’immensa Babilonia. Laceleberrima fabbrica ci-clopica della “Torre diBabele”, la cui ricostru-

La figura storica di un grande Re, offuscato dalla perdita de

Nabucodonosor, il conquistatore di Gerusalemm

Figurino del personaggio di Nabucodonosor di Attilio Comelli per la rappresentazione a La Scala del 1913

Uno dei leoni del rilievo della porta di Ishtar a Babilonia (604-562 a.C.)

Giardini pensili di Babilonia

9nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

zione era stata forse ini-ziata da Nabucodono-sor I secoli prima, rima-se a lungo incompletaed abbandonata comeun’immensa rovina ur-bana, tanto da far nasce-re, forse nella stessa Ba-bilonia o più probabil-mente nella Palestina

dell’VIII-VII secolo a.C., la non meno famosastoria biblica del suo di-sfacimento da parte diDio come punizione diun disegno umano diarroganza e orgoglioinammissibili. Ribaltando il mito e lesue ragioni, Nabucodo-nosor II non solo com-pletò fino al più alto fa-stigio quell’opera im-mane, ma profuseun’immensa quantitàd’oro nella decorazionedella cella del tempio diMarduk posto sulla suasommità, creando atto-nito stupore anche inchi, come forse Erodo-no, quel gigantesco mo-numento vide già in de-cadenza.

Il conquistatoredi Gerusalemme

Poche sono le gesta mi-litari che le iscrizionidel gran Re di Babiloniahanno tramandato, per-ché egli certo teneva ad

apparire come un per-sonaggio di straordina-ria devozione religiosaassai più che come con-dottiero illustre. Ma ilsuo nome è rimasto le-gato in tutta la tradizio-ne occidentale alla con-quista di Gerusalemme,alla distruzione del

tempio salomonico edall’abbattimento dellemura della capitale delregno di Giuda, doveregnava l’ultimo succes-sore di David: i testiamministrativi scopertinella Babilonia di Na-bucodonosor II ricorda-no, tra i nomi dei princi-pi stranieri sottomessied ospitati alla corte diBabilonia, anche quellodell’infelice re di Giuda(Yehoiakin che apparenei testi babilonesi nellaforma “Yaukin, re di Giu-da”), il quale fu portatoin esilio con l’élite intel-lettuale di Gerusalem-me nella nuova capitaledel mondo.

la riscopertaarcheologica di

babilonia

La rinascita archeologi-ca della Babilonia diNabucodonosor II, re-stituita alla conoscenzastorica dall’epocaleesplorazione tedesca di

Robert Koldewey tra il1899 e il 1913 - forte-mente voluta dall’Impe-ratore di Germania, ilKaiser Guglielmo II(1859-1941, imperatoredal 1888 al 1918), ani-mato dalla ferrea volon-tà che i Musei Statali diBerlino potessero riva-

leggiare con i musei diconcezione imperialedell’Impero Britannico edella Repubblica Fran-cese (il British Museumed il Louvre) -, ha docu-mentato nelle straordi-

narie fortifica-zioni, nei templinumerosi, negliestesissimi pa-lazzi reali, nellasontuosa stradacerimoniale del-la dea Ishtarun’attività edili-zia del tutto cor-rispondente alleripetute celebra-zioni delle operearchitettonichecontenute nelleiscrizioni realidel sovrano.L’immagine sto-rica di Nabuco-donosor II è sta-ta indubbia-mente sfiguratadalla sorte av-versa che, nel naufragiototale delle fonti scrittedella civiltà mesopota-mica verificatosi dopol’età ellenistica ed il sus-seguente completooblio di ogni testimo-nianza diretta, ha fattosì che nella memoria delmondo occidentale essasia stata filtrata dallatragica esperienza, cosìefficacemente espressanella tradizione biblica,della Cattività babilone-se e dell’Esilio degliEbrei. Nella contrappo-sizione secolare dei dueopposti ideali politicidell’impero universale

unificatore e pacificato-re e della nazione parti-colare, gelosa custodedella sua specificità edelle sue tradizioni, so-prattutto dall’età delRomanticismo, Babilo-nia è divenuta il simbo-lo dell’oppressione tru-ce e cieca, spietata einaccettabile, e gli Ebreiin cattività il simbolodel popolo ingiusta-mente soggiogato, mal-vagiamente disperso,sofferente e irredento.

Paolo MatthiaeAccademico dei Lincei

Archeologo

elle fonti scritte e dalla tradizione biblica

me che riedificò la Torre di Babele

Nabucodonosor II morì nell’otto-bre del 562 a.C. Durante l’età el-

lenistica si svilupparono nel mondoseleucide due opposti miti attorno al-la sua figura, uno greco positivo el’altro ebraico negativo. Da un lato,anche sulla base dei dati accumulatidal dotto Berosso, sacerdote di Bel,astronomo ed astrologo babilonesevissuto tra IV e III sec. A. C. che scris-se sull’antico mondo mesopotamicoper un sovrano ellenistico, nella tra-dizione greca, affascinata dalla suafama di rifondatore di una città im-mensa di straordinaria suggestione,cui non si sottrasse neppure Alessan-dro Magno, il re babilonese divenneun nuovo Belo, travestimento grecodella divinità Marduk, in quanto fon-

datore di una città eccezionale dallatriplice, gigantesca, cerchia di muracostruite in quindici giorni, ed uneroe semidivino, «più potente di Era-cle, che invase la Libia e l’Iberia». Dal-l’altro lato, soprattutto sulla base del-la storia biblica di Daniele, nella tra-dizione ebraica, antica e medioevale,inorridita dalla sua crudele idolatria,il gran Re responsabile del sacco diGerusalemme e della distruzione delTempio di Salomone, condannato adun destino atroce di follia e di insel-vatichimento, diviene un essere be-stiale con le sembianze di un bue daifianchi in su e di leone dai fianchi ingiù, «che si aggirava tra i dirupi e ruggi-va tra le fiere selvagge».

Pa. Mat.

Opposte visioni della figura storica

Nabucodonosor esaltato ma da alcuni criticato

Babilonia - ricostruzione ideale di Johann Bernhard Fischer von Erlach (1721)

La grande via trionfale di Nabucodonosor che dallaPorta di Ishtar conduceva al Tempio del dio Marduk

10 nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Il Nabucco nelle scenografie

L’invenzione scenica dell’Oriente antico

La prima rappresentazionedel Nabucco di GiuseppeVerdi alla Scala di Milano,

fu salutata con grandissimo entu-siasmo, decretando, fin dell’inizio,la fortuna dell’opera verdiana.Non solo la musica, ma anche co-stumi e scene hanno contribuitoalla riuscita dell’opera, come lostesso Verdi racconta in una lette-ra, dove il Maestro menziona ilmagnifico ed accurato lavoro diFilippo Peroni (Perroni come scri-ve Verdi) che, riaccomodando e ri-dipingendo vecchie scene, riescetuttavia ad ottenere l’effetto desi-derato. Quali fossero queste vec-chie scene è difficile dirlo: l’ipotesipiù logica, sebbene, allo stessotempo, non del tutto convincente,è che per la prima del Nabucco diVerdi siano state riutilizzate scenedel balletto Nabuccodonosor diAntonio Cortesi, messo in scenaalla Scala di Milano il 27 ottobre1838 od anche alcune di Oberto,Conte di San Bonifacio dello stessoVerdi che aveva debuttato nellostesso teatro Milanese il 17 no-vembre 1939. Il nome di Peroni,tuttavia, non compare sul librettodella prima dell’opera di Verdi aMilano: lo scenografo indicato èBaldassarre Cavallotti, ma l’inter-vento dello stesso Peroni è confer-mato dall’esplicito riferimento chene fa il Maestro nella già citata let-tera. Molti anni dopo Verdiavrebbe così rievocato la serata:«Il Nabucco nacque sotto una stellafavorevole, giacché anche tutto ciò chepoteva riuscire a male contribuì in-vece in senso favorevole […] I costu-mi raffazzonati alla meglio riesconosplendidi! Scene vecchie, riaccomo-date dal pittore Peroni, sortono inveceun effetto straordinario: la prima sce-na del tempio in specie produce un ef-fetto così grande che gli applausi delpubblico durarono per ben dieciminuti».Il nome di Filippo Peroni sarà le-gato ad altri cinque allestimentidell’opera verdiana. Fra i bozzetticonservati (difficilmente databilicon precisione), si possono osser-

vare i primi esempi di utilizzo dielementi dell’architettura meso-potamica antica che, proprio inquegli anni, gli archeologi francesie britannici stavano riportando al-la luce nelle capitali assire (Khor-sabad e Nimrud) dell’Iraq setten-trionale. Rispetto alle scene di Ro-molo Liverani per il Nabucco di Fa-enza del 1843, dove è ancora dif-fuso l’uso di elementi architettoni-ci prevalentemente egiziani percaratterizzare l’oriente, Peroni faesplicito riferimento all’architettu-ra e scultura assire (con l’impiegodei caratteristici tori androcefalipresso gli stipiti dei passaggi) cheegli deve aver potuto vedere nei

disegni degli scavi francesi aKhorsabad di Paul-Émile Botta(1849) e britannici di Austen Hen-ry Layard (1849-50, 1853) e nellecontemporanee notizie, accompa-gnate da illustrazioni, pubblicatesui giornali L’Illustration e The Illu-strated London News, oppure nelleriproduzioni di reperti isolati,come quelli rinvenuti da ClaudiusJames Rich negli anni 1811 – 21(ora al British Museum di Londra)ed immagini di tavolettecuneiforme, note già nel Settecen-to ma non ancora decifrate.È verosimile, quindi, che i bozzet-ti di Peroni si collochino in questianni, quando le antichità assire

erano oramai giunte ed erano sta-te ampiamente pubblicate in Eu-ropa. All’elemento architettonicoe figurativo egiziano, fino a quelmomento largamente impiegato(ma di fatto non totalmente ab-bandonato anche dallo stesso Pe-roni e da altri scenografi) si sosti-tuisce la componente assira, ado-perata anche per raffigurare la cit-tà di Babilonia (luogo dell’azionedel Nabucco), le cui vestigia ver-ranno scoperte solo alla finedell’800 con gli scavi diretti dal te-desco Robert Koldewey dal 1899al 1917.

davide nadaliArcheologo

Coglie Giuseppe Verdi nell’etàdi mezzo, nei cosiddetti “an-

ni di galera” in cui maggiore epiù vivida fu la scintilla del suogenio, il busto che ricorda il com-positore nel Conservatorio diMusica di Milano, intitolato pro-prio al “Cigno di Busseto”.Un’intitolazione quasi riparatoriavisto che l’istituzione è passataalla storia per non aver ammessoVerdi tra gli studenti nel 1832. Lacommissione lo considerò, infatti,troppo anziano (aveva 18 anni e14 era l’età massima per l’ammis-sione), accusandolo anche di ave-re un’errata tecnica nella postura della mano. Co-me se non bastasse, era anche straniero, poichéproveniva dal Ducato di Parma. L’episodio è nar-rato dallo stesso Verdi in una lettera a Jacopo Ca-poni dell’11 ottobre 1880: « Non nel 1833, ma nel1832 nel mese di giugno (non avevo compiti 19 anni)feci domanda in iscritto per essere ammesso come alun-no pagante al Conservatorio di Milano. Di più subiiuna specie di esame al Conservatorio presentando alcu-ne mie composizioni e suonando un pezzo sul pianofor-te dinanzi a Basily, a Piantanida, Angeleri ed altri ecc.ecc., più il vecchio Rolla, al quale ero raccomandato dalmio maestro di Busseto, Ferdinando Provesi. Circa ottogiorni dopo mi recai dal Rolla, il quale mi disse: “Nonpensate più al Conservatorio: scegliete un maestro in

città: io vi consiglio o Lavigna o Ne-gri”. Non seppi più nulla del Con-servatorio. Nissuno rispose alla miadomanda. Nissuno mi parlò, né pri-ma, né dopo l’esame, del Regolamen-to. E non so nulla del giudizio di Ba-sily narrato da Fétis. Ecco tutto! »Un busto opera di quell’AchilleAlberti (1860 – 1943) che fu scul-tore apprezzatissimo nella Mila-no di fine’800 inizi ’900 ed a cui sidevono numerose statue ad orna-mento delle tombe nel cimiteromonumentale di Milano, oltrechéil bassorilievo, del 1888, che ri-produce fedelmente il progetto

neogotico della facciata del Duomo di Milano ri-cordando il suo progettista Giuseppe Brentano. Il busto di Verdi dell’Alberti fu collocato nel Con-servatorio milanese nel 1908, anno del Centenariodell’istituzione musicale, nata con Regio Decretonapoleonico nel 1807 che prevedeva nella struttu-ra, sita nei chiostri di uno dei gioielli dell’architet-tura barocca meneghina come la Chiesa di S. Ma-ria della Passione, la pensione completa per gli in-terni. L’inaugurazione del Conservatorio si tenneil 3 settembre 1808, offrendo allora la possibilità distudiare a 18 convittori tra maschi e femmine. Nel-la struttura hanno poi studiato in tanti, tra i qualiCatalani, Ponchielli e Puccini.

Mic. Mar.

Iconografia Verdiana

Il Busto di Verdi al Conservatorio di Milano

11Il GGiornale dei GGrandi EEventi

nabucodonosor

Il 9 marzo 1842, con il trionfoalla Scala di Nabucco iniziò,insieme alla vera e propria

carriera artistica di Verdi, la suaidentificazione con il Risorgi-mento: il giovane compositoredi Busseto divenne l’artista sim-bolo dell’Italia in lotta per lapropria unificazione. Vissuto 88anni, nato nel 1813 quando lasua terra era sotto il dominio na-poleonico, morto nel 1901 in unaItalia unita, ma agitata da lottesociali e dal recente assassinio diUmberto I, Verdi ha in effettivissuto il suo tempo da protago-nista non limitandosi al ruolo dimusicista, ma partecipando atti-vamente, per diversi anni, anchealle vicende politiche.Quando scoppiarono i moti delQuarantotto, Verdi da Parigiscrisse all’amico e librettistaFrancesco Maria Piave per pro-porgli un’opera di soggetto ita-liano, incentrata su «Ferruccio,personaggio gigantesco, uno deipiù grandi martiri della libertà ita-liana».

un Inno per Mazzini

Poi, su invito di Mazzini compo-se anche un Inno su versi di Ma-meli, Suona la tromba che il 18 ot-tobre 1848 inviò allo stesso Maz-zini con poche parole di accom-pagnamento: «Vi mando l’inno esebbene un po’ tardi, spero vi arri-verà in tempo. Ho cercato d’esserepiù popolare e facile che mi sia sta-to possibile…. Possa quest’inno frala musica del cannone essere prestocantato nelle pianure lombarde...».Un Inno, sottolineava Verdi, de-ve essere “facile” e quindi popo-lare. Nel 1859 Verdi si trasformòaddirittura in contrabbandiereper acquistare 172 fucili da do-nare alla Guardia nazionale diBusseto. Scrisse all’amico diret-tore d’orchestra Angelo Marianiil 27 novembre 1859: «La tua del23 m’annuncia che i fucili sarannoora a Piacenza e tu non puoi imma-ginare la mia gioia e la gratitudineche te ne professo. Dio voglia chetutto sia in buon stato e vi siano lerispettive bajonette come spero».L’intervento della Francia ac-canto ai Piemontesi, nel 1859, loentusiasmò: «Finalmente se ne so-no andati – scrisse alla contessa eamica Maffei, il 23 giugno - o al-meno si sono allontanati, e voglia lanostra buona stella allontanarli dipiù in più, finché cacciati oltr’Alpi

vadino a godersi il loro clima […].Quanti prodigi in pochi giorni!Non par vero. E chi avrebbe credu-to tanta generosità nei nostri allea-ti?».Il giorno seguente, 24 giugno, iFrancesi vincevano a Solferino ei Piemontesi a San Martino. Malì si arrestò l’offensiva di Napo-leone III e Verdi, deluso, scrissealla Maffei il 14 luglio: «La pace èfatta... La Venezia rimane all’Au-stria..!!! E dov’è dunque la tantosospirata e promessa Indipendenzad’Italia? Cosa significa il proclamadi Milano? O che la Venezia non èItalia?». II 4 settembre Busseto nominòVerdi suo rappresentante all’As-semblea delle Province Parmen-si. Il 12 quest’assemblea votòl’annessione al regno dell’AltaItalia; il 15 settembre 1859 unaDelegazione di cui faceva parteVerdi fu ricevuta da VittorioEmanuele, cui presentò il voto

plebiscitario di quelle provinceemiliane. Fu quello il primo attopolitico pubblico di Verdi.

Evviva Garibaldi

Il 5 maggio 1860, dalla scoglio diQuarto Garibaldi salpò con iMille alla conquista della Sicilia.«... Evviva dunque Garibaldi – cosìVerdi a Mariani il 27 maggio1860 - Per Dio è un uomo veramen-te da inginocchiarsi davanti!»Amico di Mazzini, estimatore diGaribaldi, inizialmente repub-blicano convinto, Verdi si con-vertì poi alla monarchia ed ebbeil suo idolo in Cavour.Alla fine del 1860 Cavour, torna-

to alla presidenza delConsiglio, aveva deci-so di indire le elezioniper la formazione delprimo Parlamento na-zionale ed il nome diVerdi era stato ventila-to per una candidatu-ra nel collegio di Bor-go San Donnino(l’odierna Fidenza), dicui faceva parte Busse-to, per sfruttarne – iericome oggi – la popola-rità. Verdi era contra-rio: «Non ti sorprenderese mi vedi a Torino –scriveva il 16 gennaio1861 a Mariani - Saiperché sono qui? Per nonessere Deputato. Altribrigano per essere, io fac-cio di tutto il possibileper non esserlo». La de-terminazione di Verdisi era tuttavia già incrinata quan-

do, il 10 gennaio, lo stesso Ca-vour gli aveva scritto: «Ella con-tribuirà al decoro del Parlamentodentro e fuori d’Italia, essa darà cre-dito al gran partito nazionale chevuole costituire la nazione sulle so-lide basi della libertà e dell’ordine,ne imporrà ai nostri imaginosi colle-ghi della parte meridionale d’Italia,suscettibili di subire l’influenza delgenio artistico assai più di noi abita-tori della fredda valle del Po».

deputato in Parlamento

Eletto, Verdi entrò, dunque nelprimo Parlamento italiano, in-sediato il 18 febbraio 1861, pre-sieduto da Urbano Rattazzi.

Il musicista, che nei banchiparlamentari sedette a fianco diQuintino Sella, fu tra l’altropresente alla seduta del 14 mar-zo 1861, che dava a VittorioEmanuele II il titolo di Re d’Ita-lia (titolo che sarà poi sancitodalla Legge n° 4671 del Regnodi Sardegna promulgata il 17marzo) ed anche a quella del 27marzo 1861, in cui Roma (anco-ra pontificia) venne proclamataCapitale del nuovo regno.La morte, il 6 giugno 1861, diCavour, divenuto punto di rife-rimento politico di Verdi, lo ad-dolorò profondamente e lo pri-vò della sua “bussola” nella dif-ficile navigazione parlamenta-re, tanto che gradualmente eglis’allontanò dalla politica attiva.Nei decenni postunitari Verdiguardò in modo sfiduciato allevicende politiche dell’Italia uni-ta, limitandosi a qualche durocommento nelle lettere indiriz-zate agli amici più fidati. Il 27 maggio 1881, ad esempio,scrivendo all’amico Arrivabenechiarì così il suo ideale di uomodi governo: «Poco m’importa laForma o il Colore. Guardo la storia, e leggo grandifatti, grandi delitti, grandi virtùnei Governi dei Rè, dei Preti, delleRepubbliche!... Non m’importa, ripeto; ma quelloche domando si è che quelli chereggono la cosa pubblica sieno Cit-tadini di grande ingegno e di spec-chiata onestà…».

roberto Iovino

L’impegno politico del compositore

Una identificazione risorgimentale, più che vera partecipazione

Verdi presenta a Vittorio Emanuele il plebiscito delle pro-vince emiliane

12 nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Immaginiamo una scena d’opera, di quelle operedi carattere risorgimentale che negli anni Qua-ranta dell’800 entusiasmavano le platee di tutta

Italia. Non solo Verdi affrontava temi patriottici, ri-ferimenti erano disseminati un po’ ovunque, a co-minciare da Donna Caritea di Mercadante. «Chi perla Patria muor/ vissuto è assai» avevano cantato i fra-telli Bandiera al momento della fucilazione, il 25 lu-glio 1844 nel vallone di Rovito vicino a Cosenza.Dunque, immaginiamo nel corso di un atto, il no-stro eroe in scena di fronte al coro, il popolo.Con aria marziale e imponente, forte ed energico, agambe ben piantate in terra, il tenore (perché di te-nore certamente si tratta) attacca: «Fratelli d’Italia,/l’Italia s’è desta/ Dell’elmo di Scipio,/ s’è cinta la testa/Dov’è la Vittoria?/ Le porga la chioma/ Chè schiava diRoma,/ Iddio la creò».Abbiamo giocato con l’immaginazione, natural-mente. Ma è un gioco solo apparente. Il nostro Innoha davvero un piglio teatrale, è figlio di un’epoca,quell’Ottocento che in Italia vedeva l’opera non so-lo come uno spettacolo nazionalpopolare, ma comeil più autentico, diretto, immediato canale di diffu-sione degli ideali patriottici. Possono essere utili al-cuni dati. Nel 1785/86 l’annuale “Indice de’ teatralispettacoli” registrava un centinaio di teatri attivi inItalia. Fra il 1821 e il 1847 il numero si era più o me-no raddoppiato e nel 1871 i teatri presi in conside-

razione per un censimento e una ripartizione in ca-tegorie risultavano 940.

novaro e Mameli

Quando si parla del nostro Inno lo si indica in ge-nere come l’Inno di Mameli. In un Inno patriottico,effettivamente, la musica ha una importanza taleda far passare la parte poetica in secondo piano. Manel caso di Mameli va riconosciuto al patriota ge-novese di aver scritto versi non di circostanza, maprofondamente vissuti e sofferti se pensiamo cheegli fu davvero “pronto alla morte” e morì ad ap-pena 22 anni nel 1849 in difesa di Roma.Tuttavia, il musicista ha la sua rilevanza per la ca-pacità di trasformare dei versi in un canto di facilepercezione, stimolando passione e sentimento.Michele Novaro ha mostrato, nell’arco della sua piùlunga esistenza, una coerenza morale che se non neha fatto un esponente di primo piano della culturaitaliana dell’Ottocento, gli ha consentito di svolgerecon straordinario impegno civile un intenso lavorodi musicista e di didatta spesso al servizio della cau-sa risorgimentale e dei ceti sociali più deboli.Anche lui genovese, Novaro (1818 – 1885) si era for-mato nella Scuola Gratuita di Canto (l’attuale Con-servatorio “Paganini”) dove aveva studiato canto ecomposizione per poi iniziare la sua attività comecantante lirico.

Nel 1847 Novaro sitrasferì a Torinoquale secondo te-nore e maestro deicori al Regio e alCarignano. E pro-prio a Torino com-pose nel giro di po-che ore il “Canto de-gli Italiani”.Una sera di novem-bre, Novaro si tro-vava in casa delloscrittore e patriotaLorenzo Valerioquando arrivò ilpittore Ulisse Bor-zino con un testo diMameli per il mu-sicista. Novaro lolesse rimanendonecolpito, abbozzò lìper lì un tema, poicorse a casa e com-

pose l’Inno. «Tornando a que’ tempi - fu la sua suc-cessiva testimonianza - io non vidi il Mameli se non aMilano, nell’aprile ‘48. Si discorreva in piazza del Duo-mo di tutte le cose nostre genovesi, quando ad un trattola banda Nazionale intuona il “Fratelli d’Italia”. Unurrà generale si levò per la piazza; Goffredo ebbe come unlampo negli occhi, mi gittò le braccia al collo e mi baciò.Fu l’ultima volta che lo vidi…».

Il Canto degli Italiani

Lo stile vocale di Novaro è prevalentemente silla-bico, a volte tendente al declamato piano, disteso. In generale, comunque, anche nell’evoluzione me-lodica più intensa, mantiene un totale rispetto perla parola. Sul piano armonico Novaro concepisceun supporto estremamente semplice. Poche mo-dulazioni, sempre alle tonalità vicine, con fre-quenti casi di lunghe frasi sulla stessa armonia.Anche l’accompagnamento ha i caratteri della es-senzialità e della pienezza per una immediata per-cezione armonica. Ne scaturisce insomma un re-pertorio “facile”, dove la qualifica non è giudizionegativo, ma presupposto alla diffusione.In tal senso occorre interpretare anche il “Canto de-gli Italiani” che appare come il più riuscito lavorodi questo genere musicale. Dal 1831 per tutto il Ri-sorgimento e fino al 1946, inno italiano fu la “Mar-cia reale” di Giuseppe Gabetti, che rimase in uso fi-no al 1946. Il “Canto degli Italiani” fu adottato, difatto e non formalmente, come inno nazionale do-po la proclamazione della Repubblica. E’ interes-sante tuttavia notare che quando nel 1862 Verdicompose l’Inno delle Nazioni per l’Esposizione diLondra, su testo di Arrigo Boito, il musicista vi in-serì tre canti di altrettante Nazioni: per l’Inghilter-ra God save the Queen, per la Francia La Marsigliesee per l’Italia l’”Inno di Mameli”.

roberto Iovino

Il CommentoIn difesa dell’Inno di Mameli

E l’Italia chiamò…Non capisco il revisionismo mu-

sicale che si accanisce periodi-camente sull’Inno di Mameli. Diconoche sia brutto e sgraziato, ed a voltelo accostano all’Alta-re della Patria chequest’anno compie106 anni ed è conside-rato l’equivalente ar-chitettonico di Fratellid’Italia. Ma gli inninazionali, come i no-mi di persona, i mo-numenti e le cose checi sono più care, nonsi dividono in belli ebrutti, ma in signifi-cativi e insignificanti. So benissimoche ci sono canti e inni più belli e for-se più popolari, sia nella lirica, nellamusica classica e nella grande operache nella musica moderna, leggera epopolare. Si, per carità, il coro delterzo atto del Nabucco, il “Va pensie-ro” verdiano, è certamente più belloe solenne, indipendentemente dal-l’uso padano dei leghisti o per la sto-ria di schiavitù che evoca. So, adesempio, che la musica che più è ri-masta nelle orecchie e nel cuore de-gli italiani è Volare di Domenico Mo-dugno o Azzurro di Adriano Celen-tano che avrebbe pure l’alibi croma-tico di ricordare il colore del nostro

amor patrio, dalla storia alla nazio-nale. Allora ci mettiamo Volare o Az-zurro al posto di Fratelli d’Italia? Mal’Inno di Mameli fu scritto ad hoc, fu

testimoniato col san-gue del suo giovaneautore, che riassumenei suoi vent’anni spe-si e sacrificati all’Ita-lia, il senso più alto diun legame con la Pa-tria. E si è legato alleimprese risorgimenta-li, alla Grande Guerra,alle altre imprese eroi-che, ai soldati della se-conda guerra mondia-

le, all’Italia repubblicana che ne se-guì. Un inno nazionale ha valore perquel che si raggruma dentro le suenote e le sue parole, se ricorda la vi-ta, l’anima e il sangue di più genera-zioni, allora merita di restare l’innodi una comunità. Certo, i lupi dellaretorica sono sempre in agguato, an-drebbe fatto conoscere fin nellescuole elementari. Ma in un paeseparricida e a volte anche infanticida,evocare la fratellanza nazionale e unpo’ commuoversi a cantarlo insieme,in piedi, magari con la mano sul cuo-re, è un segno di coesione, di memo-ria e di fiducia. L’Italia chiamò.

Marcello veneziani

La teatralità dell’Inno di Mameli

L’Italia s’è desta…

Goffredo Mameli

Tomba di Goffredo Mameli al Cimitero Verano di Roma. I resti mortali furono però trasferiti nel 1943nell'ossario garibaldino del Gianicolo

13nabucodonosorIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Il concetto di InnoNazionale e lasua funzione isti-

tuzionale sono rela-tivamente recenti,anche se l’origine èda ricercare, comeespressione di idealie sentimenti nazio-nalistici, maturatoper la prima voltaprobabilmente inambiente rivoluzio-nario nelle Fiandreda parte dei ribelliall’oppressione spa-gnola nel 1570. Nel1743 al Drury LaneTheatre di Londrafu eseguito per laprima volta God save the King (oppureQueen, quando regna una Regina), cantopatriottico che divenne talmente popolareda essere ripetuto in ogni manifestazioneconnessa con la Monarchia. Ma il termineed il concetto di Inno Nazionale si affermòsolo nell’Ottocento, ancora a partire dal-l’Inghilterra e da lì si estese via via neglialtri Paesi. L’esecuzione dell’Inno inizial-mente era motivato dalla necessità di ren-dere omaggio ad un Capo di Stato stranie-ro, in seguito l’impiego fu generalizzato atutte le occasioni di particolare ufficialità. Scorrendo tra gli Inni Nazionali, raramen-te questi traggono spunto dal repertoriomusicale di tradizione orale, quello, per in-tenderci, popolare. Normalmente sonobrani appositamente composti, oppurecreati per particolari occasioni e talmenteradicati nello spirito di quel popolo da di-ventarne automaticamente il simbolo mu-sicale.Un Inno, è stato a ragione sostenuto, non sivaluta secondo i parametri usualmente se-guiti nel giudicare qualsiasi altra paginamusicale. Il giudizio dipende in realtà dal-la sua capacità di farsi simbolo, di diventa-re un elemento d’aggregazione, paginadavvero popolare in grado di tradurre conimmediatezza i sentimenti di un intero po-polo.Non c’è dubbio che la Marsigliese sia per iFrancesi il simbolo di quegli ideali che, na-ti dalla Rivoluzione, hanno cambiato nonsolo la loro società, ma tutta l’Europa. Enon c’è dubbio che i Tedeschi si possanoriconoscere nel Kaiserlied scritto da Haydnper l’Impero asburgico, una pagina di ele-gante e nobile espressività. Tra l’altro, nel-l’Impero Austro-Ungarico questo inno, di-venuto dal 1922 l’inno della Germania(Das Lied der Deutschen - Il canto dei Tede-schi) e di quella occidentale nel dopoguer-ra, ne esisteva una variante esclusivamen-te nelle parole da eseguirsi alle presenzadella sola Imperatrice. Ma allargando il di-scorso, tutti gli inni, siano essi allegre e vi-branti marcette o temi più lirici e cantabili,tutti in qualche modo hanno a che fare con

il patrimonio culturale esociale del Paese che li haadottati. Ad esempio laMarcia Trionfale dell’Aidadi Verdi è stata dal 1872(ovvero pochi mesi dopola prima esecuzione) l’in-no egiziano fino al 1979quando è stata sostituitadal Biladi Biladi Biladi (Ter-ra mia, Terra mia, Terramia) di Sayed Darwish cheper il testo adottò un di-scorso di Mustafa Kamil.Anche l’Inno Pontificio haun autore celebre, il fran-cese Chares Gounod.L’autore dell’opera liricaFaust e della soavissimaAve Maria contrappuntata

sul primo preludio di J. S. Bach, lo compo-se come Marciaper l’anniversariodell’incoronazio-ne di Pio IX e ven-ne eseguita per laprima volta l’11aprile 1869 inpiazza San Pietroin occasione delgiubileo sacerdo-tale del Papa. UnInno Ufficiale giàesisteva dal 1857composto dall’au-striaco VittorinoHallmayr. Ma allavigilia dell’AnnoSanto del 1950 PioXII il 16 ottobre1949 disponevache l’Inno Ufficia-le fosse cambiatocon quello Pontifi-cio di Gounod,più consono aitempi, che fu ese-guito per la primavolta come talenel Cortile di S.Damaso il pome-riggio del 24 di-cembre 1949 gior-no dell’aperturadella Porta Santa.Una curiosità èche ufficialmentel’Inno rimase sen-za parole (anchese ne esisteva untesto di mons.Antonio Allegra«Roma immortaledi martiri e di san-ti») fino al 16 otto-bre 1993 quandovenne eseguitocon il testo latinodi mons. Raffaello

Lavagna «O Roma felix, O Roma nobilis» ap-pena ratificato ufficialmente. Nel nostro Paese l’Inno degli Italiani di Gof-fredo Mameli, adottato solo de facto nel1946 al posto della Marcia Reale, è statopiù volte criticato per la sua non grandequalità musicale e poetica. Come inno so-no stati ciclicamente ed a più riprese invo-cati il «Va pensiero» del Nabucco che però èil grido di un popolo in schiavitù e comun-que è stato poi adottato dalla Lega comeproprio simbolo ed anche – forse più a ra-gione - “La leggenda del Piave” di E. A. Ma-rio (iniziali e nome sono uno pseudonimodi un napoletano impiegato delle poste,Giovanni Ermete Gaeta (1884 – 1961)) bra-no che celebra la vittoria che realmente nel1918 creò storicamente e geograficamentela vera ed unica Unità d’Italia.

rob. Iov.

Le note simbolo di una Nazione

Dall’Inno inglese, alla disputa sul “Va’ pensiero…”

Charles Gounod autore dell'Inno Pontificio

L’Intervento

Una musica capace di unirel’Italia sotto una sola bandiera

di Vittorio Emanuele di Savoia

La rappresentazione del Na-bucco di Giuseppe Verdi ècertamente il modo miglio-

re per riportarci sulle ali dellamusica ai gloriosi anni del Ri-sorgimento, fondamento dei Sa-cri Valori della Patria!Con il “Va pensiero” è stato ac-ceso negli ani-mi, da tempoanelanti della li-bertà, quellospirito patriotti-co del qualeVerdi divenneun simbolo. Il suo animosensibile, gene-roso, attento acogliere pensie-ri, desideri ap-pena accennatima profondi cheserpeggiavanotra la sua gente,dai più umili aipiù colti, seppe con la sua musi-ca infondere sentimenti di risve-glio e di unanime ribellione aglioppressori. La sua grande musi-ca, divenuta poi immortale, fucapace di infiammare gli animitanto da far gridare, prima sottovoce, poi sempre più forte, “VI-VA V.E.R.D.I.” un acronimo cherimandava parimenti a VittorioEmanuele Re d’Italia ed al com-

positore bussetano, la cui musi-ca fu recepita dall’opinione pub-blica come sprone di libertà.E quel “moto” unito al “grido didolore” che veniva dal cuore delRe Vittorio Emanuele II, furonoil “leit motiv” che unirono glianimi più illuminati e decisi di

tanti uomini illu-stri, i quali con-tribuirono con laloro intelligenza,impegno e sacri-ficio, ad unificarela nostra Italiasotto una solaBandiera. E pro-prio la straordi-naria musica delnostro grandeVerdi, fece da“colonna sonora”a tutte le impresevittoriose e non,di questo perio-do così intenso e

difficile, ma che tra tante soffe-renze seppe arrivare al traguar-do. Le note immortali di questogrande Musicista e Italiano sia-no sempre simbolo, oggi comeallora, di fratellanza ed unità edamore per la nostra Patria, comeil grande Maestro ci ha insegna-to. 

14 dal mondo della musicaIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Non dovette esseresemplice fare damoglie ad un uo-

mo come Verdi, ma laStrepponi ne fu all’altezza.Giuseppina Strepponi, na-ta a Lodi l’8 settembre1815 studiò musica fin dapiccola col padre Felicia-no, anche se ebbe semprea noia la musica religiosa,preferendole di gran lun-ga quella teatrale. Fu am-messa quindicenne alConservatorio e si rivelòun’ eccellente pianista,tanto da chiedersi se fossepiù adatta a lei la carrieradi strumentista: alla fineopto per la scena, pur con-seguendo, dopo la mortedel padre, sia il diploma dicanto che quello di clavi-cembalo. Uscì dal Conservatorionell’ottobre 1834 e semprea Lodi, appena diciotten-ne, fece il suo debutto indiversi concerti, ammirataper le qualità vocali e so-prattutto per la presenza

scenica. A Udine, Gorizia,Verona, Brescia, Trieste,Piacenza, Vienna, e prestoalla Fenice di Venezia, ot-tenne trionfi nelle operepiù amate dal pubblico:Matilde di Shabran di Ros-sini, Norma di Bellini, An-na Bolena e Lucia di Lam-mermoor di Donizetti. Ilcammino della gloria pas-sava obbligatoriamente at-traverso la “protezione” diun agente o di un impresa-rio abbastanza influente, eMilano era la città che con-tava i personaggi più in

vista della scena. Qui fuintrodotta da AlessandroLanari, detto il “Napoleo-ne degli impresari”, tutta-via Giuseppina dovette iprimi successi a un agenteteatrale di minore impor-tanza, tale Domenico Ci-relli, il quale la conoscevada quando era ancora vivoil padre, e che rappresentòper la giovane una figurapaterna e protettiva, dive-nendone poi amante maanche l’agente che leavrebbe spalancato le por-te dei principali teatri. Gli anni 1836-1837 furonoestremamente intensi: ri-chiestissima, si sottopose aun’incessante attività la-vorativa, moltiplicando gliimpegni e passando da unamante all’altro. Ad ag-gravarle la salute, oltre al-le tensioni, si aggiunserogli effetti devastanti di nu-merose gravidanze che co-strinsero la donna a riposiforzati lontano dalle sce-ne. Nemmeno la paternità

del primo figlio fu certa,ma Cirelli, che figurò co-me compagno quasi uffi-ciale, nonostante fossesposato e padre di fami-glia, fu disposto a ricono-scere il bambino nato aiprimi di gennaio del 1838.Giuseppina fece il suo de-butto al Teatro Argentinanel ruolo di Lucia nellaLucia di Lammermoor ed ot-tenne un successo trionfa-le. Nello stesso periodo in-trattenne una relazionecon un altro impresario,Bartolomeo Merelli, che si

prodigò per portarla sulpalcoscenico della Scala diMilano, per la stagione diprimavera del 1839:avrebbe dovuto interpre-tare il ruolo principale inOberto, conte di San Bonifa-cio, la prima opera di Ver-di, per cinque rappresen-tazioni a settimana. Fu du-rante un breve soggiornoa Milano, dopo aver otte-nuto un enorme successonei Puritani di Bellini enell’ Elisir d’amore di Doni-zetti, che fece la conoscen-za di Verdi. Lui, giovaneprovinciale ancora pocoinserito nel bel mondodella lirica, non poté cherestare folgorato dallapresenza di Giuseppina.Sappiamo che si incontra-rono nell’aprile 1839, e cheebbero lunghe e amiche-voli conversazioni. Tra idue nacque una relazioneche, inizialmente, non an-dò oltre un’amichevolecomplicità.Gli anni 1839-40 furono se-gnati da nuove disavven-ture. Era una donna stra-ziata e depressa quella cheVerdi ritrovò a Milano du-rante le prime prove diNabucco, alla fine del di-cembre 1841. Entrambiprovenivano da esperien-ze traumatiche con nel-l’animo ferite difficili darimarginare. Eppure si ri-conobbero al primo sguar-do: il sentimento di com-plicità di un tempo era se-dimentato e parve essere

maturo per la costruzionedi quel legame che nonterminerà che con la mortedi Giuseppina, cinquanta-sei anni più tardi. Nelfrattempo la prima donnadoveva ancora dare il suoaddio alle scene. Da uncontrollo medico risultòche, proseguendo con i rit-mi della carriera, avrebbemesso a repentaglio lapropria vita. Nonostanteciò, cantò con successo laprima assoluta del Nabuc-co, il 9 marzo 1842 allaScala di Milano. Giuseppi-na divenne poi la collabo-ratrice inseparabile delMaestro, ma il declino del-la sua voce era ormai in at-to e la obbligò a ritirarsiper poi trasferirsi a Parigi.Verdi rimase a Milano fi-no a giugno del 1847,quando sulla via di Lon-dra si fermò nella capitalefrancese. Con la sua “Pep-pina”, Verdi ritrovò unafelicità che aveva dimenti-cato. Lei era affascinante,divertente, sensibile, dot-ta: era inoltre una splendi-da linguista, addiritturauna «Parisienne parfaite»,come disse di lei un edito-re. La coppia frequentò isalotti più importanti, neiquali il famoso soprano, lacui bellissima voce potevaancora reggere per unpubblico limitato, inter-pretava i nuovi pezzi diVerdi, rendendolo ancorapiù famoso nella societàparigina. Un po’ alla volta,

però la coppia si ritiròdalla vita pubblica, prefe-rendo la quiete della cam-pagna. Lasciarono la città(come Violetta ed Alfredo)e comprarono un villotto aPassy, per vivere in pace.La coppia tornò in Italia,nel 1849 ed andò ad abita-re a Sant’Agata, dove Ver-di aveva comprato delleterre. Come gli amanti diDumas, Verdi e Strepponifurono criticati in modoinflessibile dal punto divista morale. QuandoGiuseppina   si trasferì aBusseto si scatenarono lecritiche e i pettegolezzi,ma Verdi si preoccupò dichiarire la situazione sola-mente al suo ex suocero ebenefattore Antonio Ba-rezzi. Durante i cinquantaanni di convivenza, tra latenuta di S. Agata e la resi-denza invernale di Geno-va nel Palazzo Sauli Palla-vicino, l’amore di Giusep-pina rimase sempre unpunto fermo. Tra le varietestimonianze in tal senso,si segnala una lettera data-ta 1860 in cui lei professatutta l’ammirazione perl’uomo e per il genio Giu-seppe Verdi. La loro unio-ne divenne ufficiale il 29agosto 1859, quando i duesi sposarono nella chiesadi Collognes-sous-Saléve,in Savoia, alla presenzadel campanaro e del coc-chiere, unici testimoni delmatrimonio.

li. Mag.

Prima interprete di Abigaille e seconda moglie del compositore

Giuseppina Strepponi e l’amore per Verdi

Giuseppina Strepponi in un ritratto di K. Gyurkovich ed in età matura

Caricatura di Melchiorre Delfico di Verdi e la Stepponi al loro arrivoa Napoli

15dal mondo della musicaIl GGiornale dei GGrandi EEventi

La solidità progettualeè la regola sottesa allaprogrammazione

dell’Accademia Nazionaledi Santa Cecilia, che anchequest’anno, dal 26 ottobre,offre una Stagione di am-pio respiro con repertorivariegati, affidati a un’Or-chestra che, per unicità disuono, duttilità e originali-tà interpretativa, è oggiconsiderata tra le miglioridel panorama nazionale einternazionale. Una Stagio-ne lunga nove mesi, sullaquale calerà il sipario il 17giugno 2014. Per l’inaugu-razione del 26 ottobre, èstata scelta un’opera PeterGrimes di Benjamin Brittendiretta da Antonio Pappa-no, nel centenario della na-scita del compositore in-glese. Si tratta di un titoloin un prologo e tre atti, sulibretto di Montagu Slatertratto dal poema The Bo-rough di George Crabbe,ovviamente in forma diconcerto, continuando co-sì, con un cast eccellente, lafortunata linea dell’Acca-demia di presentare ancheil melodramma a fiancodel repertorio sinfonico.Peter Grimes fu rappresen-tato per la prima volta il 7giugno 1945 al Sadler’sWells di Londra, e fu subi-to un trionfo per il qualeBritten non solo diventòimprovvisamente famoso,ma venne considerato ilnuovo paladino della mu-sica inglese. La rappresen-tazione del Peter Grimes, inuna Londra gravementeferita dalla guerra, era, in-fatti, uno sguardo verso ilfuturo e riposizionava lamusica inglese sulla scenainternazionale. Nel PeterGrimes Britten esalta la mu-sicalità della lingua inglesee la inserisce in un organi-co orchestrale ampio e po-tente, adottando e rinno-vando le convenzioni ope-ristiche ottocentesche perraccontare un dramma checontiene in sé la grandezzadel mare e la chiusura diun piccolo borgo nel qualesi consuma una tragediache nessuno tenta di impe-dire. Gli appuntamenti conantonio Pappano – sem-

pre sul podio dell’Orche-stra e Coro dell’Accademia- saranno caratterizzati, ol-treché dalla varietà deiprogrammi, dalla presenzadi solisti d’eccezione tra iquali pure un debutto,quello della giovane vio-loncellista argentina SolGabetta, divenuta una del-le più apprezzate interpre-ti del panorama internazio-nale e qui impegnata nelConcerto di Elgar. Nellostesso concerto, Pappanoleverà la bacchetta su Gliocchi che si fermano, intensapagina del compositorecontemporaneo FrancescoAntonioni. Di particolareinteresse i programmi deidue concerti di dicembre.Oltre ad accogliere due so-listi del calibro di LeonidasKavakos nel primo e RaduLupu (al pianoforte per ilConcerto n. 23 K 488 di Mo-zart) nel secondo, essi pre-vedono un omaggio aBrahms con il Concerto perviolino e la Sinfonia n. 1,un’incursione di Pappanonel ‘900 italiano con l’Elegiadi Ponchielli e il Magnificatdi Petrassi e infine Brittencon l’esecuzione della suaSinfonia da Requiem. Anco-ra Brahms nel concerto digennaio. Questa volta Pap-pano dedica il suo gesto al-la Sinfonia n. 2 che segue alConcerto per pianoforte n. 2di Prokof’ev, interpretatodalla giovane Yuja Wangche idealmente passa la staf-fetta a Lang Lang nel con-certo di marzo in cui l’al-trettanto straordinario pia-nista si farà interprete delConcerto n. 3 del composi-tore russo. In apertura unomaggio a Meyerbeer dicui nel 2014 ricorrono i 150anni dalla morte, l’Ouver-ture dell’opera Dinorah.Dopo il successo incondi-zionato della Passione se-condo Matteo, Pappanocontinua il suo percorsonell’amatissima musica diBach con la direzione dellaMessa in si minore.Ultimo appuntamento conil direttore anglo-italianoad aprile: ancora Dallapic-cola con Il Prigioniero, Bee-thoven con “Gott! WelchDunkelhier!” dal Fidelio e

con il terzo e quarto movi-mento della Sinfonia n. 9.

direttori: ritorni celebri edebutti importanti

Santa Cecilia è divenuta ri-balta importantissima perle nuove generazioni di di-rettori, che anche quest’an-no guideranno l’Orchestrae il Coro. La nuova stagio-ne, accanto ai “giovani po-di”, riserva una particolareattenzione al gotha dellascena direttoriale mondialeallineando i nomi di Clau-dio Abbado (che sarà pre-sente due volte), Kent Na-gano, Lorin Maazel, ValeryGergiev, Ton Koopman,Yuri Temirkanov, SemyonBychkov, Fabio Luisi, percitarne solo alcuni.claudio abbado, quindi,torna sul podio dell’Orche-stra di Santa Cecilia e del-l’Orchestra Mozart per di-

rigere a novembre la Sinfo-nia n. 2 di Beethoven e laSinfonia n. 2 di Mendel-ssohn “Lobgesang” nell’in-terpretazione di Sara Min-gardo, Julia Kleiter e Maxi-milian Schmitt e a febbraioper un programma dedica-to alle musiche di Haydn,Mozart e Mendelssohn.A dicembre a dirigere saràKent nagano per la Sinfo-nia n. 3 di Bruckner, antici-pata dal mozartiano Con-certo per pianoforte n. 24 K241 nell’interpretazionedel giovane Rafal Blechacz.Sempre per i “grandi podi”a gennaio tornano GeorgesPrêtre e lorin Maazel se-guiti a febbraio da valeryGergiev con la Sinfonia n. 2“Resurrezione” di Mahler.Ad aprile, per due settima-ne, Yuri Temirkanov saràa Santa Cecilia per dirigereil grande repertorio russo:Rimskij-Korsakov, Musor-

gskij, Brahms del quale,inoltre, Rudolf Buchbindersarà interprete del Concerton. 2 per pianoforte.Per i debutti, a novembre ilpodio sarà al femminile edi assoluta originalità: è unsoprano, canadese, accla-mata sulle più importantiribalte internazionali, giàdiretta dai maggiori Mae-stri, e direttore anche lei: èl’avvenente barbara Han-nigan che tra la direzionedi rossini, ligeti, Fauré,Mozart, con un scenderàdal podio e vestirà i pannidi soprano, non tralascian-do la bacchetta. Infine, una nota per il pub-blico: a partire da questastagione i concerti del lu-nedì (Turno B di abbona-mento), avranno inizio alleore 20.30 (con un anticipo,quindi, di mezz’ora rispet-to alle stagioni precedenti).

lo. di di.

Dal 26 ottobre la Stagione sinfonica 2013/’14 di Santa Cecilia

Opera di Britten per inaugurare, poi un direttore che diventa soprano

Nell'ultimo numero, fra gli argomenti relativi alla musicaspicca il saggio con un confronto fra Wagner e Verdi,

coetanei così diversi, attraverso la lettura dei diari di CosimaWagner e gli scritti di Giuseppe Verdi, dai quali si puòcomprendere il giudizio che avevano l'uno dell'altro. Ma c’èanche, in pagine diverse, un’altra analisi dei personaggi emomenti della rinascente vita musicale romana dopo la fine dellaSeconda Guerra Mondiale. Sono due dei 47 saggi dell’edizionen° 74 della Strenna dei Romanisti, quella del 2013 uscitatradizionalmente nel giorno del Natale di Roma, pubblicazioneche racchiude dal 1940 annualmente, una raccolta di saggi ineditisulla Città Eterna, sulla sua cultura, sulle sue tradizioni, concuriosità, spigolature, approfondimenti ed è l’espressione di quel gruppo dei Romanisti,massimo cenacolo di studiosi e cultori di Roma, di cui diversi membri sono nostri insignicollaboratori. Molto affascinante, in tutti gli articoli, visitare le opere dei grandi artisti delpassato, collocandone la creazione in una attualità storica. Così nel saggio su Verdi eWagner, l'autore trae spunto da Roma come argomento centrale delle ambientazioni e cital'opera Rienzi del compositore tedesco, storia del tribuno romano nel medioevo e dellavolontà di Verdi di realizzare un melodramma con lo stesso soggetto a distanza di pochianni. Ma l’excursus romanistico guarda a tutto tondo ed ecco che solletica la curiositàl’approfondimento sul piccolo album da tasca di Bartolomeo Pinelli, appena ritrovato, in cuispicca la spontaneità di tanti minuscoli disegni, ma pure uno sguardo sugli ultimi anni divita del “Sor Meo”, il Pittore di Trastevere. Così anche, in altro saggio, si indaga su EmilioStramucci, architetto romano arbitrum elegantiarum nei Palazzi Reali d’Italia. Non possonomancare, ovviamente, sguardi alla realtà e storia d’Oltretevere, visto che il Vaticano da duemillenni è aspetto fondamentale della Città. Interessante la spigolatura, emersa dalle cartedell’Archivio segreto vaticano, i cui addetti si sono trovati ad un faccia a facciadocumentaristico con Napoleone Bonaparte. Insomma, saggi vari ed eclettici, per un volumeda tenere a portata di mano per rapide, interessanti e rilassanti letture, prima di porloordinatamente in libreria a formare una vera enciclopedia della romanità a tutto tondo.La Strenna dei Romanisti – Pag. 630 + 8 tavole f.t. a colori. rilegata - Editore romaamor

1980 - € 44,00. Tina alfieri

Novità in libreriaLa Strenna dei Romanisti

al suo 74° volume